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Document 62021CC0686

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate l'8 dicembre 2022.
    VW e Legea S.r.l. contro SW e a.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione.
    Rinvio pregiudiziale – Diritto dei marchi – Direttiva 89/104/CEE – Direttiva (UE) 2015/2436 – Regolamento (CE) n. 40/94 – Regolamento (UE) 2017/1001 – Diritti esclusivi del titolare di un marchio – Marchio appartenente a più persone – Condizioni di maggioranza richieste tra i contitolari per la concessione di una licenza del loro marchio e per il recesso dal relativo contratto.
    Causa C-686/21.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:977

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

    presentate l’8 dicembre 2022 ( 1 )

    Causa C‑686/21

    VW,

    Legea Srl

    contro

    SW,

    CQ,

    ET,

    VW,

    Legea Srl

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

    «Procedimento pregiudiziale – Direttiva 89/104/CEE – Articolo 5 – Regolamento (CE) n. 40/94 – Articolo 9 – Diritto esclusivo del titolare di un marchio – Esercizio del diritto esclusivo su un marchio in comproprietà – Formazione del consenso collettivo per disporre dei diritti sul marchio – Diritto applicabile – Legislazione nazionale»

    1.

    La Corte suprema di cassazione (Italia) è chiamata a dirimere una controversia su un marchio di cui sono comproprietarie varie persone, appartenenti alla stessa famiglia. I contitolari hanno deciso, in un determinato momento, di concedere detto marchio in uso a una società, ma uno di loro ha successivamente chiesto di porre fine a tale concessione, ciò a cui gli altri si oppongono.

    2.

    I dubbi del giudice remittente riguardano le norme sulla concessione in uso del marchio da parte del suo titolare in una situazione di comproprietà. Al fine di risolvere tali dubbi, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’articolo 10 della direttiva (UE) 2015/2436 ( 2 ) e l’articolo 9 del regolamento (UE) 2017/1001 ( 3 ).

    3.

    In particolare, la Corte suprema di cassazione chiede se il diritto dell’Unione ( 4 ) disciplini il regime di formazione del consenso collettivo, tanto per la concessione a terzi di una licenza d’uso del marchio quanto per la revoca di tale licenza.

    I. Contesto normativo

    A.   Diritto dell’Unione

    1. Direttiva 89/104

    4.

    L’articolo 5 («Diritti conferiti dal marchio di impresa») così dispone:

    «1.   Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio (...)

    (...)».

    5.

    L’articolo 8 («Licenza») stabilisce quanto segue:

    «1.   Il marchio di impresa può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o parte del territorio di uno Stato membro. Le licenze possono essere esclusive o non esclusive.

    (...)».

    2. Regolamento n. 40/94

    6.

    L’articolo 9 («Diritti conferiti dal marchio comunitario») così recita:

    «1.   Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo (...)

    (…)».

    7.

    Ai sensi dell’articolo 16 («Assimilazione del marchio comunitario al marchio nazionale»):

    «1.   Salvo disposizione contraria degli articoli da 17 a 24, il marchio comunitario in quanto oggetto di proprietà è assimilato, nella sua totalità e per il complesso del territorio della Comunità, a un marchio nazionale registrato nello Stato membro in cui, secondo il registro dei marchi comunitari,

    a)

    il titolare ha la sede o il domicilio alla data considerata, o

    b)

    se la lettera a) non è applicabile, il titolare ha alla data considerata uno stabilimento.

    2.   Nei casi non contemplati al paragrafo 1, lo Stato membro di cui al paragrafo 1 è lo Stato della sede dell’Ufficio.

    3.   Quando più persone sono iscritte nel registro dei marchi comunitari come contitolari, il paragrafo 1 è applicabile al primo iscritto; in mancanza, esso si applica ai contitolari successivi nell’ordine della loro iscrizione. Quando il paragrafo 1 non è applicabile ad alcun contitolare, si applica il paragrafo 2».

    8.

    A tenore dell’articolo 19 («Diritti reali»):

    «1.   Il marchio comunitario può, indipendentemente dall’impresa, essere dato in pegno o essere oggetto di un altro diritto reale.

    (…)».

    9.

    Ai sensi dell’articolo 21 («Procedura di insolvenza»):

    «1.   La sola procedura d’insolvenza nella quale un marchio comunitario può essere incluso è quella che è stata avviata nello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore.

    (…)

    2.   In caso di comproprietà di un marchio comunitario, il paragrafo 1 si applica alla quota del comproprietario.

    (…)».

    10.

    L’articolo 22 («Licenza») dispone quanto segue:

    «1.   Il marchio comunitario può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, e per la totalità o parte della Comunità. Le licenze possono essere esclusive o non esclusive.

    (…)».

    11.

    L’articolo 97 («Diritto applicabile») così recita:

    «1.   I tribunali dei marchi comunitari applicano le disposizioni del presente regolamento.

    2.   Per tutte le questioni che non rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento il tribunale dei marchi comunitari applica la legge nazionale, compreso il suo diritto internazionale privato.

    (…)».

    B.   Diritto italiano

    1. Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 – Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 ( 5 )

    12.

    L’articolo 6 («Comunione») stabilisce quanto segue:

    «1.   Se un diritto di proprietà industriale appartiene a più soggetti, le facoltà relative sono regolate, salvo convenzioni in contrario, dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione in quanto compatibili.

    (…)».

    13.

    L’articolo 20, paragrafo 1, dispone che la registrazione di un marchio conferisce al suo titolare un diritto esclusivo sullo stesso, con conseguente diritto del titolare di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare il marchio nell’attività economica.

    14.

    L’articolo 23 autorizza il titolare a trasferire il marchio per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato e permette che il marchio possa essere oggetto anche di licenza esclusiva.

    2. Regio decreto 16 marzo 1942, n. 262 – Approvazione del testo del Codice civile ( 6 )

    15.

    L’articolo 1108 («Innovazioni e altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione») prevede quanto segue:

    «Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa.

    Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all’interesse di alcuno dei partecipanti.

    È necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni. (...)».

    II. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

    16.

    Nel 1990, VW, SW, CQ e ET hanno costituito una società in nome collettivo che, in data 29 luglio 1992, ha depositato una domanda di registrazione nazionale del marchio Legea per articoli sportivi. La registrazione è stata concessa l’11 maggio 1995 con il numero 650850.

    17.

    Nel 1993, i contitolari del marchio «Legea» accordavano unanimemente alla Legea Srl (in prosieguo: la «società Legea») una licenza d’uso di tale marchio a tempo indeterminato e a titolo gratuito ( 7 ).

    18.

    Nel dicembre 2006, VW manifestava il proprio dissenso a che la concessione proseguisse ulteriormente ( 8 ).

    19.

    Nel 2009, la società Legea avviava un procedimento dinanzi al Tribunale di Napoli (Italia) al fine di ottenere, tra l’altro, la dichiarazione di nullità di taluni marchi registrati da VW che contenevano la denominazione «Legea». VW, dal canto suo, proponeva una domanda riconvenzionale nel medesimo procedimento.

    20.

    In detto procedimento era controverso:

    se la concessione dell’uso del marchio nel 1993 richiedesse il consenso unanime dei comproprietari o, al contrario, fosse sufficiente una deliberazione a maggioranza, e

    se tale concessione potesse essere revocata mediante il ritiro del consenso da parte di uno dei contitolari (VW).

    21.

    L’11 giugno 2014, il Tribunale di Napoli dichiarava con sentenza che l’uso del marchio da parte della società Legea era: a) legittimo fino al 31 dicembre 2006, in quanto era stato effettuato con il consenso unanime di tutti i contitolari, e b) illegittimo dopo il 31 dicembre 2006, stante il dissenso manifestato da VW.

    22.

    Tale sentenza veniva impugnata dinanzi alla Corte d’appello di Napoli (Italia), la quale, con sentenza dell’11 aprile 2016, l’annullava parzialmente.

    23.

    Secondo il giudice di appello, l’uso del marchio da parte della società Legea era lecito anche nel periodo successivo al 31 dicembre 2006, in quanto i contitolari avevano legittimamente deciso, con una maggioranza di tre quarti, di consentire a tale società di continuare a utilizzare il marchio dopo tale data. In caso di contitolarità, non sussisterebbe la necessità di una deliberazione unanime da parte dei contitolari per concedere a terzi l’uso del marchio in via esclusiva.

    24.

    VW ha impugnato la sentenza di appello dinanzi alla Corte suprema di cassazione. Per giustificare la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, detto giudice afferma, in sostanza, quanto segue:

    la disciplina del codice civile in materia di comunione di cose, applicabile ai contitolari di un marchio, nonché al recesso dai contratti, deve essere interpretata alla luce della normativa dell’Unione sui marchi;

    il diritto dell’Unione in tale settore prevede che il marchio possa essere oggetto di licenza e riconosce la possibilità di contitolarità del marchio. Per contro, esso non stabilisce espressamente se l’esercizio dei diritti relativi alla comunione di cose esiga, ai fini della concessione dell’uso esclusivo di un marchio a terzi, a tempo indeterminato e a titolo gratuito, una deliberazione all’unanimità o a maggioranza;

    occorre inoltre chiarire se, nel caso di una concessione di tale tipo all’unanimità, uno dei contitolari possa successivamente dissentire e porre fine alla concessione.

    25.

    In tale contesto, la Corte suprema di cassazione sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se [l’articolo 10 della direttiva 2015/2436 e l’articolo 9 del regolamento 2017/1001], nel prevedere il diritto di esclusiva in capo al titolare di un marchio della UE e nel contempo anche la possibilità che la titolarità appartenga a più persone pro quota, implichino che la concessione in uso del marchio comune a terzi in via esclusiva, a titolo gratuito e a tempo indeterminato, possa essere decisa a maggioranza dei contitolari ovvero se necessiti invece dell’unanimità dei consensi.

    2)

    Se, in questa seconda prospettiva, in caso di marchi nazionali e comunitari in comunione tra più soggetti, sia conforme ai principi di diritto comunitario un’interpretazione che sancisca l’impossibilità di uno dei contitolari del marchio dato in concessione a terzi con decisione unanime, a titolo gratuito e a tempo indeterminato, di esercitare unilateralmente il recesso dalla suddetta decisione; ovvero in alternativa se invece debba considerarsi conforme ai principi comunitari un’interpretazione opposta, che escluda cioè che il contitolare sia vincolato in perpetuo alla manifestazione originaria, per modo da potersi svincolare da essa con effetto sull’atto di concessione».

    III. Procedimento dinanzi alla Corte

    26.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 15 novembre 2021.

    27.

    Hanno presentato osservazioni scritte la società Legea, SW, CQ, ET, VW, il governo polacco e la Commissione europea.

    28.

    Non è stato ritenuto necessario lo svolgimento di un’udienza.

    IV. Analisi

    A.   Osservazione preliminare

    29.

    Il presente procedimento pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di marchi. In esso occorre chiarire come possano essere esercitati i diritti esclusivi associati alla titolarità di un marchio quando quest’ultimo appartenga a più contitolari (o comproprietari) ( 9 ).

    30.

    Il giudice del rinvio indica che «alcuni dei marchi in contestazione sono marchi UE», ma non precisa se il marchio Legea sul quale verte la controversia abbia o meno tale natura ( 10 ).

    31.

    Dalle osservazioni delle parti si evince che vi è stato disaccordo su varie registrazioni (nazionali, dell’Unione e internazionali) del segno Legea ( 11 ), ma, ripeto, dall’ordinanza di rinvio non si può dedurre con certezza se la controversia dinanzi all’EUIPO sia quella corrispondente al presente procedimento pregiudiziale ( 12 ).

    32.

    In siffatto contesto, al fine di contemplare tutte le possibilità, è opportuno analizzare la disciplina tanto dei marchi dell’Unione quanto di quelli nazionali.

    33.

    Il giudice del rinvio solleva le sue questioni pregiudiziali in relazione all’interpretazione del regolamento 2017/1001 e della direttiva 2015/2436. Tuttavia, come ho già anticipato, ritengo che le disposizioni di questi due testi non siano applicabili ai fatti di causa, occorsi nel 1993 e nel dicembre 2006.

    34.

    Infatti:

    la licenza d’uso del marchio è stata concessa nel 1993. Si tratterebbe quindi di un marchio nazionale disciplinato dalla legislazione interna, la cui armonizzazione era perseguita dalla direttiva 89/104. A tale marchio non era applicabile, ratione temporis, la direttiva 2015/2436, bensì la direttiva 89/104;

    la revoca del consenso alla concessione della licenza da parte di VW è avvenuta nel 2006, ossia prima dell’entrata in vigore del regolamento 2017/1001. Qualora fossero applicabili a tale revoca le norme che disciplinavano i marchi comunitari (successivamente marchi dell’Unione), si tratterebbe di quelle contenute nel regolamento n. 40/94 e non di quelle del regolamento 2017/1001 ( 13 ).

    35.

    Ad ogni modo, atteso che il contenuto dei due sistemi normativi (la direttiva 89/104 e il regolamento n. 40/94, da un lato, nonché la direttiva 2015/2436 e il regolamento 2017/1001, dall’altro) è simile in tale materia, le considerazioni relative al primo possono essere applicate anche al secondo. Per evidenziare il parallelismo, indicherò le corrispondenze esistenti.

    B.   Ricevibilità delle questioni pregiudiziali

    36.

    SW, CQ e ET sostengono che la prima questione pregiudiziale non è necessaria ai fini della risoluzione della controversia principale ( 14 ). Osservano che, poiché i contitolari hanno concesso la licenza all’unanimità ( 15 ), è irrilevante stabilire se fosse sufficiente la maggioranza per adottare tale decisione.

    37.

    L’approccio di SW, CQ e ET è probabilmente corretto, ma non si può escludere che la questione del giudice del rinvio sia pertinente, se tale giudice intende attribuire conseguenze giuridiche al fatto che, all’epoca, la decisione unanime dei contitolari del marchio avrebbe potuto essere adottata a maggioranza.

    38.

    In questa prospettiva, la circostanza che il marchio appartenente pro indiviso a più titolari potesse essere concesso a terzi a maggioranza, e non necessariamente all’unanimità, potrebbe eventualmente produrre effetti sulle vicende successive della licenza d’uso (in particolare, per quanto riguarda la sua revoca) ( 16 ).

    39.

    La società Legea ha opposto, quale eccezione di irricevibilità, la mancanza nel diritto dell’Unione di una disciplina delle condizioni alle quali deve formarsi la volontà dei comproprietari di un marchio, tanto per la concessione di una licenza d’uso quanto per la revoca della stessa.

    40.

    L’ordinanza di rinvio lascia intendere che, ad avviso della Corte suprema di cassazione, è tutt’altro che chiaro se il diritto dell’Unione possa fornire una soluzione alla questione controversa. È proprio perché nutre dubbi a tale riguardo che detto giudice solleva i suoi interrogativi.

    41.

    In tali circostanze, le questioni pregiudiziali non solo godono di una presunzione di rilevanza ( 17 ), ma sono altresì idonee a consentire alla Corte di interpretare alcune norme del diritto dell’Unione al fine di stabilire se siano o meno applicabili al procedimento principale.

    C.   Sulla prima questione pregiudiziale

    42.

    Il giudice del rinvio chiede se le norme dell’Unione in tale materia consentano che, quando un marchio appartiene a più comproprietari, la sua concessione in uso, a titolo gratuito e a tempo indeterminato, possa essere decisa a maggioranza ovvero se necessiti invece dell’unanimità dei consensi.

    43.

    A tale interrogativo sottostanno problemi che hanno preoccupato i giuristi fin dal diritto romano. La contitolarità dei beni, la sua natura unitaria o solidale, le maggioranze necessarie per adottare decisioni in funzione della maggiore o minore rilevanza delle stesse per la cosa in comune o della durata dei loro effetti, oppure le maggioranze per approvare gli atti di amministrazione e di disposizione dei beni comuni, sono questioni alle quali non sono sempre state date le stesse risposte ( 18 ).

    44.

    Il diritto dell’Unione concernente i marchi ha mantenuto un significativo (e prudente) silenzio riguardo al regime di contitolarità degli stessi, che deve rispettare le norme nazionali pertinenti. Tenterò di esporlo nelle riflessioni che seguono, tanto per i marchi dell’Unione quanto per quelli nazionali che formano oggetto di armonizzazione. Inizierò analizzando la possibilità stessa che gli uni e gli altri appartengano pro indiviso a più persone.

    1. Comproprietà dei marchi dell’Unione

    45.

    I marchi dell’Unione costituiscono un tipo di proprietà industriale. Ai sensi dell’articolo 5 del regolamento n. 40/94, «[p]ossono essere titolari di marchi [dell’Unione] le persone fisiche o giuridiche, compresi gli enti di diritto pubblico» ( 19 ).

    46.

    Il regolamento n. 40/94 prevede che il marchio dell’Unione possa appartenere a più contitolari. Tale previsione trova esplicitamente espressione in varie disposizioni di detto regolamento:

    l’articolo 16 ( 20 ) riconosce il marchio dell’Unione come oggetto di proprietà e contempla, al paragrafo 3, l’ipotesi che «più persone s[ia]no iscritte nel registro dei marchi comunitari come contitolari» (il corsivo è mio);

    l’articolo 21, paragrafo 2 ( 21 ), relativo alle procedure di insolvenza, prevede il «caso di comproprietà di un marchio [dell’Unione]». In tale ipotesi, il criterio per determinare la procedura di insolvenza nella quale tale marchio può essere incluso ( 22 )«si applica alla quota del comproprietario».

    2. Comproprietà dei marchi nazionali

    47.

    Diversamente da quanto avviene per i marchi dell’Unione, la direttiva 89/104 non contiene riferimenti espliciti alla contitolarità di un marchio. Ciò non significa, tuttavia, che la escluda.

    48.

    Il legislatore nazionale è libero di configurare il diritto di proprietà sul marchio. La direttiva 89/104 non condiziona la sua azione e, di conseguenza, non vieta né impone che le norme interne consentano che un marchio nazionale sia oggetto di comproprietà.

    3. Deliberazione all’unanimità o a maggioranza dei contitolari per concedere a terzi l’uso del marchio?

    49.

    Una volta ammessa la possibilità che i contitolari detengano pro indiviso la proprietà del marchio, si pone la questione di come essi debbano formare la volontà comune per concederlo in uso a terzi mediante una licenza (o, eventualmente, per revocare tale licenza).

    50.

    Farò di nuovo riferimento separatamente al regime dei marchi dell’Unione e a quello dei marchi nazionali.

    a) Marchio dell’Unione

    51.

    Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 40/94 ( 23 ), «[i]l marchio [dell’Unione] può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, e per la totalità o parte dell[’Unione]. [Tali] licenze possono essere esclusive o non esclusive» ( 24 ).

    52.

    L’articolo 97, paragrafo 2, di detto regolamento ( 25 ) prevede che, «[p]er tutte le questioni che non rientrano nel campo di applicazione del [regolamento n. 40/94] il tribunale dei marchi [dell’Unione] applica la legge nazionale».

    53.

    Il regolamento n. 40/94 non specifica le condizioni per la conclusione dei contratti di licenza, né per la loro risoluzione. Da tale silenzio si evince che dette condizioni sono disciplinate dal diritto nazionale, sia che si tratti di un unico proprietario del marchio dell’Unione, sia che la titolarità di quest’ultimo sia condivisa tra più persone ( 26 ).

    54.

    Infatti, come rilevato dalla Commissione ( 27 ), per tutto quanto non regolato direttamente a livello europeo con riferimento alla disciplina del marchio dell’Unione in quanto «oggetto di proprietà», si applica il diritto nazionale pertinente.

    b) Marchio nazionale

    55.

    Se quanto sin qui esposto vale per la disciplina che configura lo status dei marchi dell’Unione, a maggior ragione varrà in un contesto di minore intensità normativa, come quello dell’armonizzazione dei marchi nazionali ai sensi della direttiva 89/104.

    56.

    La direttiva 89/104 sancisce l’esclusività del diritto del titolare sul marchio (articolo 5) e la possibilità di concedere licenze (articolo 8), ma non si addentra nella disciplina degli aspetti relativi alla contitolarità del marchio o alla decisione di concedere dette licenze ( 28 ).

    57.

    In tale contesto, per stabilire come debba formarsi la volontà collettiva per concedere l’uso di un marchio in comproprietà occorre fare riferimento, in primo luogo, alle norme nazionali. Queste possono, a loro volta, fare riferimento agli accordi tra i contitolari. In subordine, si applicheranno le norme generali di diritto civile di ciascuno Stato membro ( 29 ).

    c) Effettività del diritto dell’Unione

    58.

    I principi di cooperazione leale, del primato e dell’effettività del diritto dell’Unione esigono che il diritto nazionale, compresa la disciplina della comproprietà dei marchi, tuteli la piena efficacia del diritto dell’Unione ( 30 ).

    59.

    Nel presente procedimento, nessun elemento menzionato nella domanda di pronuncia pregiudiziale o nelle osservazioni presentate alla Corte induce a ritenere che la disciplina della comproprietà dei marchi in Italia renda impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione.

    D.   Sulla seconda questione pregiudiziale

    60.

    La Corte suprema di cassazione chiede se il diritto dell’Unione:

    osti a che «uno dei contitolari del marchio dato in concessione a terzi con decisione unanime, a titolo gratuito e a tempo indeterminato, [eserciti] unilateralmente il recesso dalla suddetta decisione»,

    o, al contrario, consenta che si «escluda (...) che il contitolare sia vincolato in perpetuo alla manifestazione originaria, per modo da potersi svincolare da essa con effetto sull’atto di concessione».

    61.

    La questione così formulata non individua la norma dell’Unione applicabile, limitandosi ad evocare (senza specificarli) i «principi comunitari». Atteso che tali principi, se esistono, si sono tradotti nelle disposizioni del regolamento n. 40/94 e della direttiva 89/104 (o, eventualmente, del regolamento 2017/1001 e della direttiva 2015/2436), la risposta a tale questione deve basarsi su dette disposizioni.

    62.

    Nel contesto della direttiva 89/104, la Corte ha riconosciuto la possibilità per il titolare di un marchio che ne abbia concesso la licenza d’uso a terzi di revocare tale consenso ( 31 ). Tale dichiarazione può essere applicata senza difficoltà anche al titolare collettivo del marchio (vale a dire, alla comunità di titolari pro indiviso).

    63.

    Tuttavia, come nel caso delle condizioni per conferire a terzi l’uso di un marchio, il diritto dell’Unione non stabilisce come debba essere adottata la decisione di revocare o ritirare la licenza d’uso quando si tratti di marchi in contitolarità. Tale decisione è un atto giuridico riguardo alla cui adozione da parte di una comunità di proprietari, ribadisco, il diritto dell’Unione si astiene dal disciplinare le condizioni.

    64.

    Spetta quindi al diritto nazionale regolare le particolarità delle deliberazioni sulla revoca o sul ritiro di una licenza d’uso del marchio in contitolarità. A tale revoca possono applicarsi, mutatis mutandis, le considerazioni sin qui esposte riguardo alla formazione del consenso collettivo per la concessione della licenza, sia essa relativa a un marchio nazionale o a un marchio dell’Unione.

    V. Conclusione

    65.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla Corte suprema di cassazione (Italia) nei seguenti termini:

    «L’articolo 5 della Prima Direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, e l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario, nonché, se del caso, le corrispondenti disposizioni della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, e del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea

    devono essere interpretati nel senso che

    in caso di contitolarità di un marchio, la formazione del mutuo consenso dei contitolari a concedere a terzi la licenza d’uso di un marchio, sia esso nazionale o dell’Unione europea, o a porre fine a tale licenza, è disciplinata dalle norme applicabili dello Stato membro».


    ( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

    ( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (rifusione) (GU 2015, L 336, pag. 1).

    ( 3 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).

    ( 4 ) Per le ragioni che esporrò nel prosieguo, ritengo che al presente procedimento siano applicabili, ratione temporis, la prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1998, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), e il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), nella versione risultante dal regolamento (CE) n. 422/2004 del Consiglio, del 19 febbraio 2004, che modifica il regolamento (CE) n. 40/94 sul marchio comunitario (GU 2004, L 70, pag. 1).

    ( 5 ) Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 – Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273.

    ( 6 ) Regio decreto 16 marzo 1942, n. 262 – Approvazione del testo del codice civile.

    ( 7 ) Dalle osservazioni scritte delle parti risulta che la società Legea è stata costituita nel 1993, in ambito familiare, tra VW, CQ e un altro fratello, all’epoca minorenne, in parti uguali. La contitolarità del marchio era già stata stabilita, parimenti nell’ambito della famiglia, tra i genitori (SW e ET) e i loro figli (CQ e VW).

    ( 8 ) Secondo VW, tra il 1993 e il 2006, a seguito di una serie di operazioni di aumento di capitale, la sua partecipazione nella società Legea si sarebbe ridotta al 2,5% del totale delle quote sociali. Da tale posizione di minoranza, la sua pretesa nei confronti della società consisterebbe nell’ottenere un compenso per l’uso del marchio.

    ( 9 ) Come rilevato dalla Commissione in riferimento al regolamento 2017/1001, l’utilizzo dei termini «contitolari» all’articolo 19, paragrafo 3, e «comproprietario» all’articolo 24, paragrafo 2, è irrilevante, in quanto i due termini possono essere considerati equivalenti (lo stesso fenomeno si verifica in relazione al regolamento n. 40/94 e ai suoi articoli 16 e 21). Alcune versioni linguistiche utilizzano termini diversi nei due articoli (ad esempio, in quella francese «cotitulaires» e «copropriétaire», in quella spagnola «cotitulares» e «copropietario», in quella tedesca «gemeinsame Inhaber» e «Mitinhabers»), mentre altre non utilizzano termini distinti [in quella inglese, «joint proprietor(s)»].

    ( 10 ) Dalla consultazione del sito Internet dell’EUIPO emerge che il marchio figurativo n. 000788646, Legea, è stato registrato il 14 novembre 2001.

    ( 11 ) Osservazioni scritte della società Legea, punto 8.

    ( 12 ) L’esame delle sentenze di primo grado e di appello induce a ritenere che si tratti effettivamente del marchio che, registrato inizialmente come marchio nazionale, dal 14 novembre 2001 è registrato come marchio dell’Unione. Tuttavia, tale impressione è tutt’altro che chiara. L’ordinanza di rinvio non contribuisce a fare chiarezza: al punto IV essa menziona la concessione dell’uso del marchio Legea nel 1993 come marchio comunitario. Tuttavia, ciò non è possibile in quanto, prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 40/94, il marchio comunitario non esisteva come tale.

    ( 13 ) Nel prosieguo, anche laddove i riferimenti normativi siano fatti al marchio comunitario, utilizzerò la denominazione «marchio dell’Unione».

    ( 14 ) Punti 74 e 75 delle loro osservazioni scritte.

    ( 15 ) Il punto IV dell’ordinanza di rinvio considera pacifico il fatto che la licenza d’uso del marchio Legea fosse stata concessa alla società Legea nel 1993 all’unanimità. La seconda questione pregiudiziale si basa sul medesimo presupposto: essa si riferisce a un «marchio dato in concessione a terzi con decisione unanime».

    ( 16 ) Nel caso specifico, la deliberazione di concessione è stata adottata da tutti i comproprietari, ma un dissenso sopravvenuto potrebbe incidere sui casi in cui la licenza avrebbe potuto essere concessa a maggioranza.

    ( 17 ) Sentenze del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799, punti 3435), e del 6 ottobre 2022, Contship Italia (C‑433/21 e C‑434/21, EU:C:2022:760, punto 24).

    ( 18 ) Nel corso dei secoli, la comproprietà dei beni ha subito notevoli trasformazioni, con lo sviluppo delle persone giuridiche (o formule societarie analoghe, ma senza personalità) come patrimoni ai quali è attribuita la capacità di agire. Generalmente, le norme, statutarie o legali, relative ai diversi tipi di persone giuridiche disciplinano il sistema di maggioranze necessarie per adottare deliberazioni come quelle in discussione nel caso di specie.

    ( 19 ) Corrispondenza con l’articolo 5 del regolamento 2017/1001.

    ( 20 ) Corrispondenza con l’articolo 19 del regolamento 2017/1001.

    ( 21 ) Corrispondenza con l’articolo 24 del regolamento 2017/1001.

    ( 22 ) Che corrisponde a quella «che è stata avviata nello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore».

    ( 23 ) Corrispondenza con l’articolo 25, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001.

    ( 24 ) Dall’articolo 26, paragrafo 3, lettera e), del regolamento 2017/1001 risulta che la licenza può essere accordata a tempo determinato o indeterminato. Il regolamento n. 40/94 taceva su tale aspetto.

    ( 25 ) Corrispondenza con l’articolo 129, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001.

    ( 26 ) Il giudice del rinvio condivide, di fatto, tale parere. Nella sua ordinanza di rinvio (punto VI) esso indica che «non si rinviene [nel regolamento 2017/1001] (...) la disciplina delle modalità di esercizio dei diritti di comunione».

    ( 27 ) Osservazioni scritte della Commissione, punto 27.

    ( 28 ) Gli articoli 5 e 8 della direttiva 89/104 corrispondono, rispettivamente, agli articoli 10 e 25 della direttiva 2015/2436.

    ( 29 ) Secondo la normativa italiana (articolo 6, comma 1, del codice della proprietà industriale), le facoltà dei contitolari del marchio sono regolate, salvo convenzione in contrario, dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione dei beni in quanto compatibili.

    ( 30 ) Sentenza del 19 ottobre 2017, Raimund (C‑425/16, EU:C:2017:776, punti 4041).

    ( 31 ) Sentenza del 19 settembre 2013, Martin Y Paz Diffusion (C‑661/11, EU:C:2013:577), punto 62 e dispositivo. Tale sentenza, tuttavia, riconosce che i giudici nazionali possono «condannare il titolare di un marchio ad una sanzione o al risarcimento del danno subito qualora constati[no] che lo stesso titolare abbia illegittimamente fatto venir meno l’accordo che consentiva ad un terzo di fare uso di segni identici ai suoi marchi» (punto 61).

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