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Document 62021CC0670

Conclusioni dell’avvocato generale A. M. Collins, presentate il 9 febbraio 2023.
BA contro Finanzamt X.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Köln.
Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Libera circolazione dei capitali – Articoli da 63 a 65 TFUE – Imposta di successione – Movimenti di capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi – Beni immobili situati in un paese terzo – Trattamento fiscale più favorevole riservato a beni immobili situati in uno Stato membro o in uno Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo – Restrizione – Giustificazione – Politica dell’edilizia popolare – Efficacia dei controlli fiscali.
Causa C-670/21.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:89

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate il 9 febbraio 2023 ( 1 )

Causa C‑670/21

BA

contro

Finanzamt X

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei capitali – Articoli da 63 a 65 TFUE – Imposta di successione – Immobili dati in locazione in un paese terzo – Trattamento fiscale favorevole per immobili dati in locazione e situati in uno Stato membro o in uno Stato dello Spazio economico europeo – Restrizione – Giustificazione per motivi di politica sociale – Politica dell’edilizia popolare – Proporzionalità»

I. Introduzione

1.

Nelle presenti conclusioni soddisfo la richiesta della Corte di esaminare una nuova questione: gli Stati membri possono perseguire obiettivi di politica sociale nel territorio dell’Unione europea, come la promozione di alloggi destinati alla locazione a prezzi accessibili, attraverso misure che costituiscono una restrizione alla libera circolazione dei capitali da e verso paesi terzi?

II. Contesto normativo

A.   Accordo SEE

2.

L’articolo 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: l’«accordo SEE»), del 2 maggio 1992 ( 2 ), dichiara che, nel quadro delle sue disposizioni, non sussistono fra le Parti contraenti restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti negli Stati membri dell’Unione o negli Stati membri dell’Associazione europea del libero scambio (EFTA) né discriminazioni di trattamento fondate sulla nazionalità o sulla residenza delle parti o sul luogo del collocamento dei capitali.

B.   Diritto tedesco

3.

L’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, dell’Erbschaftsteuer- und Schenkungsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni), del 27 febbraio 1997 ( 3 ), come modificato dal Gesetz zur Reform des Erbschaftsteuer- und Bewertungsrechts (legge di riforma delle norme in materia di imposta sulle successioni e di valutazione dei beni), del 24 dicembre 2008 ( 4 ), applica l’imposta sulle successioni ai trasferimenti mortis causa.

4.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 1, della legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni, l’obbligo tributario sorge:

«(…)

1.   per l’intero patrimonio, nei casi di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punti da 1 a 3, laddove il de cuius, al momento del suo decesso, o il donante, al momento di effettuare la donazione, o il beneficiario, alla data del fatto generatore dell’imposta, possiedano lo status di residenti. Sono considerati residenti:

a)

le persone fisiche aventi il domicilio o la residenza abituale in Germania;

(…)».

5.

Ai sensi dell’articolo 13c ( 5 ) della legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni, intitolato «Norme speciali relative a immobili dati in locazione ad uso abitativo»:

«1)   I beni immobili di cui al paragrafo 3 sono valutati al 90% del loro valore di mercato.

(…)

3)   Il metodo della valutazione a un valore ridotto si applica a beni immobili o parti di essi che:

1.

sono oggetto di locazione ad uso abitativo,

2.

sono situati in Germania, in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato dello Spazio economico europeo, e

3.

non fanno parte del patrimonio aziendale o del patrimonio di un’azienda agricola o di silvicoltura ai sensi dell’articolo 13a.

(…)».

C.   Convenzione tra Germania e Canada sulla doppia imposizione

6.

Il 19 aprile 2001, la Repubblica federale di Germania e il Canada hanno concluso una convenzione diretta a evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e di talune altre imposte, a prevenire l’evasione fiscale e a fornire assistenza in materia di imposte (in prosieguo: la «convenzione sulla doppia imposizione») ( 6 ). Ai sensi dell’articolo 2, la convenzione sulla doppia imposizione non si applica alle imposte di successione. Ciononostante, ai sensi dell’articolo 26:

«1. Le autorità competenti degli Stati contraenti si scambiano le informazioni che risultino pertinenti ai fini dell’applicazione della presente convenzione o della legislazione nazionale degli Stati contraenti per quanto riguarda le imposte che rientrano nella convenzione, nella misura in cui la tassazione ivi prevista non è contraria alla convenzione stessa. Lo scambio di informazioni non è limitato dall’articolo 1. (…)

(…)

4. Ai fini del presente articolo, le imposte che rientrano nella convenzione sono, nonostante le disposizioni dell’articolo 2, tutte le imposte riscosse in uno Stato contraente».

III. Controversia nella causa principale, domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

7.

Al momento del suo decesso nel 2016, A aveva la propria residenza in Germania. Egli lasciava in eredità al figlio BA, anch’egli residente in Germania, una quota di proprietà di un immobile situato in Canada e dato in locazione ad uso abitativo.

8.

Con decisione del 17 luglio 2017, il Finanzamt X (Ufficio delle imposte X, Germania) liquidava l’imposta di successione dovuta da BA in relazione a tale immobile.

9.

Ai sensi dell’articolo 13c, paragrafo 1, della legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni, il 19 marzo 2018 BA ha chiesto che tale liquidazione dell’imposta di successione venisse modificata in modo che l’immobile situato in Canada fosse tassato al 90% del suo valore di mercato. BA sosteneva che l’immobile soddisfaceva tutte le condizioni previste dalla disposizione menzionata, tranne che per l’ubicazione. Poiché la legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni imponeva che, per beneficiare del vantaggio fiscale di cui all’articolo 13c, paragrafo 1, l’immobile fosse situato in Germania, in un altro Stato membro o in uno Stato dello Spazio economico europeo (SEE), BA ha affermato che essa violava il principio della libera circolazione dei capitali tra Stati membri e paesi terzi sancito dall’articolo 63 TFUE.

10.

Con decisione del 25 aprile 2018, l’Ufficio delle imposte X ha respinto la richiesta di BA. Quest’ultimo ha presentato un reclamo amministrativo avverso tale decisione. Il 23 aprile 2019 l’Ufficio delle imposte ha rigettato il suo reclamo, ritenendo che il trattamento favorevole, ai fini dell’imposta di successione, di immobili dati in locazione ad uso abitativo e situati in uno Stato membro o in uno Stato del SEE non fosse in contrasto con l’articolo 63 TFUE. Il 24 maggio 2019, BA ha proposto, dinanzi al Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), un ricorso volto ad annullare la decisione con la quale il suo reclamo era stato respinto.

11.

Nella sua ordinanza di rinvio, tale giudice esprime dubbi sulla compatibilità delle disposizioni pertinenti della legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni con l’articolo 63 TFUE. L’immobile di cui trattasi soddisfa tutte le condizioni previste dalla legislazione nazionale per poter beneficiare della riduzione del 10% della base imponibile, tranne che per la sua ubicazione in uno Stato non appartenente al SEE. Secondo la giurisprudenza, la trasmissione a una o più persone del patrimonio, ivi compresi i beni immobili, lasciato da una persona deceduta, costituisce un movimento di capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE ( 7 ). Il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia) osserva che le restrizioni alla libera circolazione dei capitali comprendono misure che sono idonee a dissuadere i residenti in uno Stato membro dal fare investimenti in altri Stati ( 8 ), compresi i paesi terzi. Il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia) dubita inoltre che tale restrizione alla libera circolazione dei capitali possa essere giustificata dalla clausola di standstill di cui all’articolo 64 TFUE, dai motivi di giustificazione elencati nell’articolo 65 TFUE o da qualsiasi motivo imperativo di interesse generale. Esso ritiene che la clausola di standstill non si possa applicare in quanto il beneficio fiscale in questione è stato introdotto nel 2008. Indipendentemente dalla loro ubicazione in uno Stato membro, in uno Stato del SEE o in un paese terzo, gli immobili dati in locazione ad uso abitativo si trovano nella stessa situazione ai fini dell’applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE. Infine, lo stesso rileva che non sembra esistere alcun motivo imperativo di interesse generale che possa giustificare tale restrizione.

12.

In tale contesto, il Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 63, paragrafo 1, 64 e 65 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostino a una normativa nazionale di uno Stato membro relativa all’imposta di successione che prevede che, ai fini del calcolo dell’imposta medesima, un terreno edificato compreso in un patrimonio privato situato in un paese terzo (nella specie: il Canada) e dato in locazione ad uso abitativo venga preso in considerazione nella misura del suo intero valore, mentre un immobile di un patrimonio privato situato sul territorio nazionale, in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato dello Spazio economico europeo e dato in locazione ad uso abitativo sia preso in considerazione soltanto nella misura del 90% del suo valore».

13.

Il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza del 17 novembre 2022, BA, il governo tedesco e la Commissione hanno esposto osservazioni orali e risposto ai quesiti posti dalla Corte.

14.

In linea con la richiesta della Corte, le presenti conclusioni esaminano se gli Stati membri possano giustificare restrizioni alla libera circolazione dei capitali da e verso paesi terzi invocando motivi imperativi di interesse generale.

IV. Valutazione

A.   Argomenti delle parti

15.

L’articolo 63 TFUE si applica ai flussi di capitali tra Stati membri e paesi terzi. Dal momento che per calcolare l’imposta di successione dovuta per gli immobili situati in un paese terzo viene utilizzata una base più elevata, BA, il governo tedesco e la Commissione concordano sul fatto che le norme nazionali di cui trattasi nel procedimento dinanzi al giudice del rinvio limitano la libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE. Le parti non sono d’accordo sul fatto che tale restrizione possa essere giustificata invocando un motivo imperativo di interesse generale.

16.

All’udienza, BA ha sostenuto che la normativa tedesca applicabile non promuove la disponibilità di alloggi destinati alla locazione a prezzi accessibili, in quanto il vantaggio fiscale si applica a tutti gli immobili, indipendentemente dal loro valore. Non vi è alcun motivo perché gli immobili situati in paesi terzi non debbano beneficiare di tale vantaggio fiscale.

17.

Il governo tedesco ha sottolineato che il procedimento principale riguarda la libera circolazione dei capitali tra Stati membri e paesi terzi, e non la libera circolazione dei capitali tra Stati del SEE. Per valutare l’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale, occorre tenere conto del maggiore livello di integrazione giuridica tra gli Stati membri. Una restrizione alla libera circolazione dei capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi può quindi essere giustificata da motivi che non giustificherebbero una restrizione alla libera circolazione dei capitali tra Stati membri.

18.

In udienza il governo tedesco ha osservato che, nelle principali città tedesche, quattro famiglie su dieci spendono oltre il 30% del loro reddito disponibile per l’affitto. Un problema analogo esiste in altri Stati membri e interessa le rispettive autorità di tali Stati. Come risulta dal progetto della legge di riforma delle norme sull’imposta di successione e sulla valutazione, il legislatore tedesco ha adottato l’articolo 13c per perseguire un obiettivo di interesse generale, ossia quello di aumentare la disponibilità ad uso abitativo di immobili di proprietà di persone fisiche, in modo da ridurre la concentrazione di immobili in locazione ad uso abitativo nelle mani di gruppi di investitori ( 9 ). Il governo tedesco evidenzia che i gruppi di investitori, a differenza delle persone fisiche, non sono soggetti all’imposta di successione. Il vantaggio fiscale è stato concepito per ridurre la pressione, esercitata sulle persone fisiche che acquistano per via successoria un immobile dato in locazione ad uso abitativo, a venderlo per pagare le imposte, mantenendone così l’utilizzo a tale scopo.

19.

Il governo tedesco sostiene che rafforzare la concorrenza sul mercato dell’offerta di alloggi destinati alla locazione contribuisce alla disponibilità e al finanziamento di alloggi economicamente accessibili, il che può costituire un motivo imperativo di interesse generale ( 10 ). Agevolare l’accesso ad alloggi a prezzi accessibili è un obiettivo politico europeo, il che rappresenta il motivo per il quale la normativa tedesca applicabile ha esteso il vantaggio fiscale di cui trattasi agli immobili situati nel SEE. Né il governo tedesco, né l’Unione europea, né il SEE sono tenuti a promuovere la disponibilità di alloggi economicamente accessibili in paesi terzi. Non è possibile valutare il fabbisogno di edilizia sociale in paesi terzi, poiché ciò richiederebbe un livello di cooperazione molto elevato con tali paesi. L’estensione del vantaggio fiscale agli immobili situati in paesi terzi aumenterebbe inoltre il costo della misura per le finanze pubbliche senza procurare alcun beneficio aggiuntivo per la popolazione dell’Unione europea o del SEE. Limitare il beneficio del vantaggio fiscale agli immobili dati in locazione che siano situati nell’Unione europea o nel SEE incentiva gli investimenti in tali beni e contribuisce così al raggiungimento dell’obiettivo sociale perseguito. Il governo tedesco ritiene di poter «tracciare un confine» escludendo dal beneficio del vantaggio fiscale gli immobili situati in paesi terzi.

20.

Il governo tedesco sostiene che una restrizione alla disponibilità del vantaggio fiscale è proporzionata in quanto è idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e non eccede quanto è necessario per raggiungerlo. In tale contesto, lo stesso osserva che la disponibilità del vantaggio fiscale dipende dall’ubicazione dell’immobile e non dalla residenza della persona deceduta o dei suoi eredi.

21.

Il governo tedesco giustifica, inoltre, la restrizione alla disponibilità del vantaggio fiscale con la necessità di tutelare l’efficacia dei controlli fiscali. In assenza di meccanismi di scambio di informazioni con i paesi terzi, le autorità tedesche non sono in grado di verificare se un immobile è dato in locazione ad uso abitativo. All’udienza il governo tedesco ha tuttavia ammesso che la convenzione sulla doppia imposizione consente alle autorità tedesche di richiedere informazioni alle autorità canadesi ai fini della riscossione dell’imposta di successione.

22.

La Commissione ritiene che nessun motivo imperativo di interesse generale possa giustificare la restrizione di cui trattasi nel procedimento principale.

23.

Per quanto riguarda la promozione di alloggi destinati alla locazione a prezzi accessibili, nelle sue osservazioni scritte la Commissione ha sostenuto che non vi sono elementi che dimostrino che gli immobili situati in paesi terzi, come il Canada, non si trovino in una situazione paragonabile a quella di un siffatto immobile situato in Germania, nell’Unione europea o nel SEE. In risposta ai quesiti posti dalla Corte in udienza, la Commissione ha ammesso che la promozione di alloggi destinati alla locazione a prezzi accessibili può costituire una valida giustificazione per una restrizione alla libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri o gli Stati del SEE e i paesi terzi, indipendentemente dall’esistenza di un’esigenza paragonabile in tali paesi terzi. Spetta tuttavia al governo tedesco dimostrare che la sua normativa persegue validamente un obiettivo di politica sociale e che è proporzionata. In tale contesto, la normativa tedesca applicabile solleva almeno due problemi. In primo luogo, una persona che eredita un immobile dato in locazione ad uso abitativo può beneficiare del vantaggio fiscale e poi procedere alla vendita dello stesso a un investitore istituzionale. In secondo luogo, il vantaggio fiscale si applica a tutti gli immobili, compresi quelli di lusso.

24.

Inoltre, la Commissione afferma che la restrizione in questione non può essere giustificata dall’efficacia dei controlli fiscali, in quanto non si può accedere al vantaggio fiscale in relazione agli immobili situati in qualsiasi paese terzo indipendentemente dal fatto che la Repubblica federale di Germania abbia concluso un accordo per lo scambio di informazioni con tale paese, come è avvenuto con il Canada.

B.   Principi generali

25.

Ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, la libera circolazione dei capitali si applica ai movimenti di capitali sia tra gli Stati membri che tra gli Stati membri e i paesi terzi, senza alcuna condizione di reciprocità ( 11 ). Tale caratteristica distingue la libera circolazione dei capitali da tutte le altre libertà relative al mercato interno, poiché queste ultime si applicano esclusivamente nel territorio degli Stati membri ( 12 ).

26.

Il fatto di subordinare la concessione di un vantaggio nell’applicazione dell’imposta di successione alla condizione che un bene sia situato nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato del SEE costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE ( 13 ). Il trattamento fiscale favorevole degli immobili situati negli Stati membri o negli Stati del SEE può scoraggiare gli investimenti in tale classe di attività quando esse sono situate in paesi terzi.

27.

Secondo una giurisprudenza consolidata, la nozione di restrizione alla libera circolazione dei capitali deve essere interpretata allo stesso modo per quanto riguarda le operazioni tra Stati membri, quelle con Stati del SEE ( 14 ) e quelle tra Stati membri e paesi terzi ( 15 ).

28.

Oltre ai motivi di giustificazione elencati nel Trattato, le restrizioni alla libera circolazione dei capitali possono essere accettate quando sono giustificate da un motivo imperativo di interesse generale, purché rispettino il principio di proporzionalità ( 16 ).

29.

La possibilità di invocare motivi imperativi di interesse generale esiste solo a condizione che non esistano misure di armonizzazione dell’Unione a garantire la tutela di tali interessi. In mancanza di siffatte misure di armonizzazione, spetta in linea di principio agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela di tali interessi, nonché il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Tali misure devono rimanere entro i limiti indicati dal Trattato ed essere proporzionate ( 17 ).

30.

In linea di principio, gli Stati membri possono invocare motivi imperativi di interesse generale per giustificare restrizioni ai movimenti di capitali con paesi terzi. Tra tali motivi possono rientrare l’efficacia dei controlli fiscali e la lotta contro le frodi tributarie ( 18 ), la prevenzione delle costruzioni di puro artificio ( 19 ), la salvaguardia della coerenza dei regimi fiscali ( 20 ) e una ripartizione equilibrata del potere impositivo nei rapporti tra gli Stati membri e i paesi terzi ( 21 ). Se è pur vero che la Corte ha spesso respinto le giustificazioni addotte a sostegno di tali restrizioni, in alcuni casi essa ha accolto giustificazioni per restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri e Stati terzi in circostanze in cui non avrebbe accettato restrizioni a movimenti equivalenti tra Stati membri ( 22 ).

31.

L’approccio in esame si spiega con il fatto che i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti si svolgono in un contesto giuridico diverso da quelli che hanno luogo tra gli Stati membri ( 23 ) o all’interno del SEE ( 24 ). In ragione del grado di integrazione giuridica tra gli Stati membri, l’assoggettamento ad imposta di attività economiche transfrontaliere tra gli Stati membri non è sempre paragonabile a quello di attività analoghe tra tali Stati e i paesi terzi. Il fatto che la libera circolazione dei capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi si svolga in un contesto giuridico diverso spiega anche perché l’articolo 64, l’articolo 65, paragrafo 4, e l’articolo 66, TFUE prevedono che gli Stati membri possano adottare deroghe specifiche alla libera circolazione dei capitali tra gli stessi e i paesi terzi. Tale diverso contesto giuridico produce effetti sull’invocazione di motivi imperativi di interesse generale da parte degli Stati membri. In linea di principio, uno Stato membro può essere in grado di dimostrare che una limitazione dei movimenti di capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi sia giustificata da un motivo che non giustificherebbe necessariamente una restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri ( 25 ).

C.   Analisi

32.

Nella presente causa, il governo tedesco fa valere due motivi imperativi di interesse generale per giustificare le restrizioni imposte dalla propria normativa: la promozione di alloggi destinati alla locazione a prezzi accessibili quale obiettivo di politica sociale e l’efficacia dei controlli fiscali.

33.

Per quanto riguarda il primo motivo di giustificazione, la Corte riconosce le giustificazioni relative alla politica sociale quali motivi imperativi di interesse generale nell’ambito della libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri. Nella sentenza Jäger, la Corte ha esaminato la giustificazione del governo tedesco in relazione alla normativa relativa all’imposta di successione che concedeva alla valutazione di una proprietà immobiliare ad uso agricolo e forestale situata in Germania un trattamento più favorevole rispetto a quello riservato a beni analoghi situati in un altro Stato membro. Dopo aver constatato che il trattamento più favorevole dei beni situati sul territorio nazionale costituiva una restrizione alla libera circolazione dei capitali ( 26 ), la Corte ha dichiarato che la funzione sociale dei beni agricoli e forestali, che comprendeva il mantenimento dell’impiego nei casi in cui tali terreni fossero acquisiti per via successoria, costituiva un motivo imperativo di interesse generale ( 27 ). La Corte ha tuttavia concluso che tale restrizione era ingiustificata, poiché nessun elemento consentiva di constatare che l’obiettivo sociale perseguito non fosse ugualmente meritevole di tutela in altri Stati membri ( 28 ).

34.

Nella sentenza Woningstichting Sint Servatius, la Corte ha esaminato un regime di edilizia popolare nei Paesi Bassi che aveva negato l’autorizzazione ad investire in un progetto sperimentale situato in Belgio, vicino al confine con i Paesi Bassi. Sia il requisito della previa autorizzazione che il relativo diniego sono stati considerati restrizioni alla libera circolazione dei capitali ( 29 ). La Corte ha osservato che il regime di edilizia popolare mirava a garantire un’offerta di alloggi sufficiente a persone a basso reddito residenti nei Paesi Bassi ( 30 ). La stessa ha dichiarato che esigenze legate alla politica dell’edilizia popolare possono costituire motivi imperativi di interesse generale ( 31 ). Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, l’obbligo di previa autorizzazione potrebbe essere necessario e adeguato per il conseguimento dell’obiettivo della politica dell’edilizia popolare ( 32 ). La Corte ha tuttavia criticato il regime di previa autorizzazione in quanto esso non si fondava su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, circoscrivendo così l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali. La restrizione alla libera circolazione dei capitali non era giustificata, in quanto l’unico criterio consisteva nel fatto che un progetto si ritenesse realizzato «nell’interesse dell’edilizia popolare nei Paesi Bassi» ( 33 ).

35.

La Corte ha altresì esaminato l’applicazione degli obiettivi della politica relativa all’edilizia popolare degli Stati membri nella sentenza Busley e Cibrián Fernández. La normativa tedesca prevedeva un trattamento fiscale più favorevole per i redditi derivanti dalla locazione di beni immobili situati in Germania rispetto a quelli derivanti dalla locazione di beni immobili situati in altri Stati membri, il che costituiva una restrizione alla libera circolazione dei capitali ( 34 ). La Corte ha ammesso che l’obiettivo di politica sociale perseguito dalla normativa nazionale, vale a dire quello di incentivare la costruzione di alloggi destinati ad uso locativo al fine di soddisfare il fabbisogno della popolazione tedesca, poteva costituire un motivo imperativo di interesse generale. Essa ha tuttavia concluso che tale normativa nazionale non rispettava il principio di proporzionalità, poiché si applicava a tutti gli alloggi ad uso locativo, anche quelli di lusso, e non era mirata alle località della Germania in cui vi era una marcata penuria di alloggi ( 35 ).

36.

Ne consegue che, in linea di principio, uno Stato membro può invocare obiettivi di politica sociale, come la promozione della disponibilità di alloggi a prezzi accessibili, quali motivi imperativi di interesse generale per giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri. In tale contesto, il preambolo del Trattato sull’Unione europea dichiara la determinazione degli Stati membri a promuovere il progresso sociale dei loro popoli. L’articolo 3, paragrafo 3, dello stesso Trattato attribuisce all’Unione europea, tra l’altro, il compito di promuovere la coesione sociale e la solidarietà tra gli Stati membri. Analogamente, l’articolo 151 TFUE, nel titolo X relativo alla «Politica sociale», stabilisce che la finalità di garantire una protezione sociale adeguata costituisce un obiettivo dell’Unione europea e dei suoi Stati membri. È difficile immaginare come gli Stati membri possano portare a termine tale compito senza avere la facoltà di perseguire politiche a livello nazionale al fine di promuovere la coesione sociale e la solidarietà.

37.

La Corte ha inoltre stabilito che, poiché l’Unione europea ha una finalità economica e sociale, i diritti che derivano dal Trattato in relazione alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono essere bilanciati con gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale, tra i quali figura quello di garantire una protezione sociale adeguata ( 36 ). L’articolo 4, paragrafo 2, TFUE indica che l’Unione europea ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri nel settore della politica sociale. Mentre l’articolo 9 TFUE stabilisce che, nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione europea deve garantire un livello adeguato di protezione sociale, l’articolo 153 TFUE indica che l’Unione sostiene e completa l’azione degli Stati membri nella lotta contro l’esclusione sociale.

38.

Non sembra quindi esservi alcun motivo perché uno Stato membro non possa invocare motivi di politica sociale per giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi. Tuttavia, non vi sono elementi, in tali disposizioni o altrove nei Trattati, che obblighino gli Stati membri a perseguire obiettivi di politica sociale in paesi terzi ( 37 ). Ne consegue che la responsabilità delle autorità pubbliche di garantire la protezione sociale si riferisce principalmente alla popolazione dell’Unione europea e che le medesime possono adottare misure a tal fine.

39.

Contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, ritengo che il diritto dell’Unione non imponga agli Stati membri di tener conto della disponibilità di alloggi a prezzi accessibili in paesi terzi per giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali tra l’Unione europea e paesi terzi. Il livello di integrazione giuridica tra gli Stati membri e i loro obiettivi politici comuni, che spiegano il rigoroso approccio della giurisprudenza nei confronti dell’accoglimento di giustificazioni per le restrizioni alla libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri ( 38 ), non possono essere automaticamente trasferiti a tali giustificazioni quando si applicano ai movimenti di capitali tra Stati membri e paesi terzi. Come osservato al paragrafo 31 delle presenti conclusioni, la considerazione di cui trattasi spiega il motivo per il quale la Corte ha stabilito che le restrizioni alla libera circolazione dei capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi possono essere giustificate in circostanze in cui la stessa restrizione ai movimenti di capitali tra Stati membri non sarebbe giustificata.

40.

Su tale conclusione non incide il fatto che uno Stato membro possa estendere un vantaggio fiscale a immobili situati in Stati aderenti all’accordo SEE. Così facendo, tale Stato membro evita semplicemente di creare una restrizione alla libera circolazione dei capitali da o verso Stati del SEE, che, in virtù dell’accordo SEE, presentano, rispetto ai paesi terzi, un livello superiore di integrazione giuridica con l’Unione europea.

41.

Spetta principalmente al giudice del rinvio valutare la conformità della normativa nazionale al principio di proporzionalità. Nell’ambito di tale valutazione, lo stesso dovrebbe riconoscere che gli Stati membri dispongono di un ampio margine discrezionale nella scelta delle misure in grado di conseguire gli obiettivi della loro politica sociale, fermo restando che l’esercizio di tale margine discrezionale non può ledere il godimento, da parte di un soggetto dell’ordinamento, dei diritti sanciti dai Trattati ( 39 ).

42.

Le restrizioni sono ritenute adeguate quando sono idonee a conseguire l’obiettivo di interesse generale che intendono perseguire, nella fattispecie la disponibilità di alloggi destinati alla locazione a prezzi accessibili nell’Unione europea e nel SEE. Spetta al giudice del rinvio stabilire, sulla base delle prove addotte dinanzi ad esso, se una riduzione del 10% della base utilizzata per calcolare il valore degli immobili dati in locazione ad uso abitativo ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione, sia in grado di ridurre la pressione, esercitata sugli eredi, a vendere tali immobili e le conseguenze sulla disponibilità degli immobili destinati alla locazione.

43.

Per valutare se una restrizione va oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito, si pone la questione se misure di un tipo meno vincolante garantiscano la realizzazione dell’obiettivo in maniera altrettanto efficace ( 40 ). Sebbene si tratti ancora una volta di una questione di competenza del giudice del rinvio, se la portata del vantaggio fiscale fosse più ristretta e si limitasse agli immobili il cui valore è inferiore a una determinata soglia, escludendo così i beni di lusso, l’impatto della restrizione sulla libera circolazione dei capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi potrebbe essere attenuato. Una siffatta limitazione potrebbe altresì produrre la conseguenza di rendere progressiva la base imponibile, favorendo in tal modo l’accesso ad alloggi destinati alla locazione a prezzi accessibili.

44.

Propongo pertanto alla Corte di dichiarare che l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE non osta a una normativa nazionale che, ai fini del calcolo dell’imposta di successione, tratti il valore degli immobili dati in locazione a uso abitativo in uno Stato membro o in uno Stato del SEE in modo più favorevole rispetto agli immobili situati in un paese terzo e destinati allo stesso uso, al fine di promuovere la disponibilità di alloggi destinati a locazione a prezzi accessibili nell’Unione europea e nel SEE. Spetta al giudice del rinvio valutare se la normativa nazionale di cui trattasi sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e se esistano misure meno restrittive ma ugualmente efficaci per raggiungere tale obiettivo.

45.

Passo ora al secondo motivo imperativo di interesse generale dedotto dal governo tedesco per giustificare la restrizione, vale a dire l’efficacia dei controlli fiscali.

46.

La giurisprudenza alla quale fa riferimento il paragrafo 30 delle presenti conclusioni contiene numerosi esempi in cui la Corte ha ammesso che l’efficacia dei controlli fiscali giustificava restrizioni alla libera circolazione dei capitali a destinazione di paesi terzi o in provenienza da essi ( 41 ). Quando la normativa nazionale subordina la concessione di un vantaggio fiscale al soddisfacimento di determinate condizioni e non esiste un quadro giuridico per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e i paesi terzi, lo Stato membro potrebbe non essere in grado di verificare che le condizioni per ottenere tale vantaggio fiscale siano state soddisfatte.

47.

Gli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte nella presente causa indicano che l’accesso al vantaggio fiscale di cui trattasi è subordinato alla condizione che l’immobile sia oggetto di locazione ad uso abitativo. Spetta al giudice del rinvio verificare l’esistenza di un quadro giuridico per lo scambio di informazioni tra le autorità tributarie competenti. Benché la convenzione sulla doppia imposizione non si applichi all’imposta di successione, il governo tedesco ha ammesso in udienza che, in virtù dell’articolo 26 della stessa convenzione, l’obbligo di scambio di informazioni riguarda tutte le imposte riscosse dagli Stati contraenti.

48.

Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere al secondo aspetto sollevato dal giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE osta a una normativa nazionale che, ai fini del calcolo dell’imposta di successione, tratti il valore degli immobili dati in locazione a uso abitativo in uno Stato membro o in uno Stato del SEE in modo più favorevole rispetto agli immobili situati in un paese terzo e destinati allo stesso uso, al fine di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, qualora vi sia un quadro giuridico per lo scambio di informazioni pertinenti tra le autorità tributarie competenti.

V. Conclusione

49.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania) come segue:

L’articolo 63, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a una normativa nazionale che, ai fini del calcolo dell’imposta di successione, tratti il valore degli immobili dati in locazione a uso abitativo in uno Stato membro o in uno Stato dello Spazio economico europeo in modo più favorevole rispetto agli immobili situati in un paese terzo e destinati allo stesso uso, al fine di promuovere la disponibilità di alloggi destinati a locazione a prezzi accessibili nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo, purché la normativa nazionale sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e non esistano misure meno restrittive ma ugualmente efficaci per raggiungere tale obiettivo.

esso osta a una normativa nazionale che, ai fini del calcolo dell’imposta di successione, tratti il valore degli immobili dati in locazione a uso abitativo in uno Stato membro o in uno Stato dello Spazio economico europeo in modo più favorevole rispetto agli immobili situati in un paese terzo e destinati allo stesso uso, al fine di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, qualora vi sia un quadro giuridico per lo scambio di informazioni pertinenti tra le autorità tributarie competenti.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 1994, L 1, pag. 3.

( 3 ) BGBl. 1997 I, pag. 378.

( 4 ) BGBl. 2008 I, pag. 3018.

( 5 ) La decisione di rinvio fa riferimento all’articolo 13c della legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni. Tale disposizione è diventata l’articolo 13d della legge relativa all’imposta sulle successioni e donazioni. V. Gesetz zur Anpassung des Erbschaftsteuer- und Schenkungsteuergesetzes an die Rechtsprechung des Bundesverfassungsgerichts [legge di adeguamento della legge in materia di imposta sulle successioni e le donazioni alla giurisprudenza della Corte costituzionale, del 4 novembre 2016 (BGBl. 2016 I, pag. 2464)].

( 6 ) BGBl. 2002 II, pag. 670.

( 7 ) Sentenze del 15 ottobre 2009, Busley e Cibrian Fernandez (C‑35/08, EU:C:2009:625, punto 18), e del 17 ottobre 2013, Welte (C‑181/12, EU:C:2013:662, punto 20).

( 8 ) Sentenza del 22 gennaio 2009, STEKO Industriemontage (C‑377/07, EU:C:2009:29, punto 23).

( 9 ) V. Entwurf eines Gesetzes zur Reform des Erbschaftsteuer- und Bewertungsrechts (progetto della legge di riforma delle norme sull’imposta di successione e sulla valutazione), 16/7918, del 28 gennaio 2008, pagg. 25 e 36.

( 10 ) Sentenza del 1o ottobre 2009, Woningstichting Sint Servatius (C‑567/07, EU:C:2009:593, punto 30).

( 11 ) V., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punti 127128).

( 12 ) È in corso un dibattito sull’utilità economica di una completa liberalizzazione dei capitali in relazione ai paesi terzi. Una panoramica molto sintetica delle due opposte scuole di pensiero è contenuta in Antonaki, I., Capital, Market and the State. Reconciling Free Movement of Capital with Public Interest Objectives, Brill Nijhoff, Leiden, 2022, pag. da 11 a 16. V. altresì Stiglitz, J., «Capital Market Liberalization, Economic Growth and Instability», World Development, vol. 28, sesta edizione, 2000, pag. da 1075 a 1086; Alesina, A., Grilli, V., e Milsei-Ferretti, G.M., «The Political Economy of Capital Controls» in Leiderlman, L., e Razin, A., (ed.), Capital Mobility: The Impact on Consumption, Investment and Growth, Cambridge University Press, 1994, pag. 380.

( 13 ) V., per analogia, sentenze del 22 novembre 2018, Huijbrechts (C‑679/17, EU:C:2018:940, punto 19), e del 17 gennaio 2008, Jäger (C‑256/06, EU:C:2008:20, punto 35).

( 14 ) V., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2009, Commissione/Italia (C‑540/07, EU:C:2009:717, punto 66), e del 5 maggio 2011, Commissione/Portogallo (C‑267/09, EU:C:2011:273, punto 51).

( 15 ) V., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2007, A (C‑101/05, EU:C:2007:804, punti 2831).

( 16 ) Il principio in esame richiede che le restrizioni siano idonee a conseguire gli scopi perseguiti e non vadano oltre quanto necessario per il raggiungimento di questi ultimi. V., in tal senso, sentenze del 13 maggio 2003, Commissione/Spagna (C‑463/00, EU:C:2003:272, punto 68), e del 22 novembre 2018, Huijbrechts (C‑679/17, EU:C:2018:940, punto 30 e giurisprudenza citata).

( 17 ) Sentenza del 28 settembre 2006, Commissione/Paesi Bassi (C‑282/04 e C‑283/04, EU:C:2006:608, punti 3233).

( 18 ) Sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 172); del 18 dicembre 2007, A (C‑101/05, EU:C:2007:804, punto 55); del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 69); del 5 maggio 2011, Commissione/Portogallo (C‑267/09, EU:C:2011:273, punto 42); del 17 ottobre 2013, Welte (C‑181/12, EU:C:2013:662, punto 63); del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 71), e del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punti 7374).

( 19 ) Sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punti 8184).

( 20 ) Sentenze del 17 ottobre 2013, Welte (C‑181/12, EU:C:2013:662, punto 59), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punti 9192).

( 21 ) Sentenze del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punti 118121); del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 98), e del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punto 72).

( 22 ) V., ad esempio, sentenze del 27 gennaio 2009, Persche (C‑318/07, EU:C:2009:33, punti da 6670); del 19 novembre 2009, Commissione/Italia (C‑540/07, EU:C:2009:717, punti 64, 7273), e del 5 maggio 2011, Commissione/Portogallo (C‑267/09, EU:C:2011:273, punti 46, 5758). V., altresì, sentenze del 18 dicembre 2007, A (C‑101/05, EU:C:2007:804, punti da 6066); del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punti da 85 a 88), e del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punti 9495). Tali sentenze indicano che rientra nella competenza dei giudici del rinvio stabilire, alla luce delle circostanze di ciascun caso, se le restrizioni alla libera circolazione dei capitali siano giustificate, in particolare in relazione all’efficacia dei controlli fiscali.

( 23 ) Sentenza del 18 dicembre 2007, A (C‑101/05, EU:C:2007:804, punto 36).

( 24 ) Sentenze del 19 novembre 2009, Commissione/Italia (C‑540/07, EU:C:2009:717, punto 69), e del 5 maggio 2011, Commissione/Portogallo (C‑267/09, EU:C:2011:273, punto 54).

( 25 ) Sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punti 170171), e del 18 dicembre 2007, A (C‑101/05, EU:C:2007:804, punto 37). La dottrina ha osservato che l’aspetto extra-UE della libera circolazione dei capitali, in particolare i motivi di giustificazione, è significativamente poco esplorato. V. Snell, J., «Free movement of capital: evolution as a non-linear process», in Craig., P., e de Búrca, G., (ed.), The evolution of EU Law, Oxford University Press, Oxford, 2021, pag. da 597 a 607.

( 26 ) Sentenza del 17 gennaio 2008, Jäger (C‑256/06, EU:C:2008:20, punto 35).

( 27 ) Ibidem, punti 47 e 50.

( 28 ) Ibidem, punto 52.

( 29 ) Sentenza del 1o ottobre 2009, Woningstichting Sint Servatius (C‑567/07, EU:C:2009:593, punti da 21 a 24).

( 30 ) Ibidem, punto 27.

( 31 ) Ibidem, punto 30.

( 32 ) Ibidem, punti da 32 a 34.

( 33 ) Ibidem, punti da 35 a 38.

( 34 ) Sentenza del 15 ottobre 2009, Busley e Cibrián Fernández (C‑35/08, EU:C:2009:625, punti 2627).

( 35 ) Ibidem, punti 31 e 32.

( 36 ) V. sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 77) e articolo 151, paragrafo 1, TFUE.

( 37 ) Ciò non pregiudica la capacità dell’Unione europea di stipulare accordi internazionali con paesi terzi, come gli accordi commerciali, che possono perseguire svariati obiettivi, tra cui quelli della protezione sociale e ambientale.

( 38 ) V. la giurisprudenza citata ai paragrafi da 33 a 35 delle presenti conclusioni.

( 39 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 81).

( 40 ) V., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, AGET Iraklis (C‑201/15, EU:C:2016:972, punto 93).

( 41 ) La Corte è giunta a tale conclusione in maniera inequivocabile nella sentenza del 5 maggio 2011, Commissione/Portogallo (C‑267/09, EU:C:2011:273, punti da 53 a 58). V., altresì, sentenze del 18 dicembre 2007, A (C‑101/05, EU:C:2007:804, punti da 55 a 66), e del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punti 74 e da 93 a 95), nelle quali la Corte ha suggerito che la restrizione potesse essere giustificata, lasciando però al giudice del rinvio il compito di verificarlo.

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