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Document 62021CC0461

Conclusioni dell’avvocato generale G. Pitruzzella, presentate il 19 gennaio 2023.
SC Cartrans Preda SRL contro Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Ploieşti - Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Prahova.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunalul Prahova.
Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2006/112/CE – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Esenzioni – Operazioni di trasporto su strada direttamente connesse all’importazione di beni – Regime probatorio – Articoli 56 e 57 TFUE – Libera prestazione dei servizi – Recupero dell’IVA effettuato da un non residente – Tassazione del corrispettivo versato a titolo dell’imposta sui redditi delle persone non residenti – Ritenuta alla fonte sui residenti.
Causa C-461/21.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:35

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 19 gennaio 2023 ( 1 )

Causa C‑461/21

SC Cartrans Preda SRL

contro

Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Ploieşti - Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Prahova

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunalul Prahova (Tribunale superiore di Prahova, Romania)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi – Articoli 56 e 57 TFUE – Nozione di “servizio” – Recupero dell’IVA effettuato in diversi Stati membri da un prestatore non residente – Restrizioni – Normativa tributaria – Ritenuta alla fonte dell’imposta sui compensi, effettuata da parte del beneficiario di una prestazione di servizi residente sul compenso dovuto ad un prestatore di servizi non residente – Motivi di giustificazione»

1.

Nella presente causa la Corte è nuovamente chiamata ad affrontare la questione della compatibilità con le disposizioni di diritto dell’Unione in materia di libera prestazione dei servizi di una normativa nazionale che prevede la tassazione dei prestatori di servizi non residenti mediante l’applicazione di una ritenuta alla fonte sui compensi versati dal destinatario dei servizi residente.

2.

La presente causa si inserisce nel quadro di una controversia sorta tra una società rumena, la SC Cartrans Preda SRL (in prosieguo: «Cartrans Preda») e le autorità fiscali rumene relativamente ad un avviso di accertamento da queste inviato alla suddetta società. Con tale avviso di accertamento le autorità rumene hanno ordinato a Cartrans Preda di pagare, da un lato, un importo supplementare a titolo di IVA relativa a dei servizi di trasporto di beni destinati all’importazione in Romania e, dall’altro lato, un importo relativo ad una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sui redditi percepiti da soggetti non residenti. Secondo le autorità rumene, Cartrans Preda avrebbe dovuto trattenere tale importo sui compensi da essa pagati ad una società danese con cui aveva concluso un contratto relativo al recupero dell’IVA e dei diritti di accise in diversi Stati membri.

3.

Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni si limiteranno all’analisi dei quesiti pregiudiziali proposti dal giudice del rinvio riguardo al secondo aspetto dell’avviso di accertamento impugnato da Cartrans Preda, che solleva questioni relative alla libera prestazione dei servizi.

I. Contesto normativo

4.

L’articolo 7, paragrafo 1, del Decretul nr. 389 privind ratificarea Convenției de evitare a dublei impuneri dintre România și Danemarca (decreto n. 389 recante ratifica della convenzione diretta ad evitare la doppia imposizione tra la Romania e la Danimarca; in prosieguo: la «convenzione sulla doppia imposizione») dispone:

«Gli utili realizzati da un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili unicamente in tale Stato, a meno che tale impresa non eserciti la propria attività nell’altro Stato contraente attraverso una stabile organizzazione ivi situata. (…)».

5.

L’articolo 12, paragrafi da 1 a 3, della convenzione sulla doppia imposizione prevede:

«1.   Le commissioni provenienti da uno Stato contraente e pagate ad un residente di un altro Stato contraente possono essere tassate in tale altro Stato.

2.   Siffatte commissioni possono tuttavia essere tassate nello Stato contraente dal quale provengono, conformemente alla legislazione di tale Stato; l’imposta così determinata non può tuttavia superare il 4% dell’importo delle commissioni.

3.   Il termine “commissione” utilizzato nel presente articolo si riferisce ai pagamenti effettuati ad un intermediario, ad un rappresentante commissionario generale o a qualsiasi altra persona assimilata ad un siffatto intermediario o rappresentante dalla legislazione fiscale dello Stato contraente da cui tale pagamento proviene».

6.

Nel diritto tributario rumeno la nozione di «commissione» è definita come «qualsiasi pagamento in contanti o in natura versato ad un intermediario, ad un commissionario generale o a qualsiasi persona equiparata ad un intermediario o a un commissionario generale per i servizi di intermediazione effettuati in connessione con un’operazione commerciale» ( 2 ).

7.

Inoltre, ai sensi del diritto tributario rumeno i soggetti non residenti che percepiscono redditi imponibili provenienti dalla Romania sono tenuti a pagare l’imposta conformemente al diritto rumeno e sono considerati soggetti passivi ( 3 ). Ai sensi di tale diritto, inoltre, le commissioni versate da un residente figurano tra i redditi imponibili provenienti dalla Romania, percepiti in Romania o all’estero ( 4 ).

8.

Le disposizioni del diritto tributario rumeno riguardanti la ritenuta alla fonte a titolo d’imposta sui redditi imponibili provenienti dalla Romania conseguiti da soggetti non residenti dispongono che l’imposta dovuta da tali soggetti sui suddetti redditi è calcolata, trattenuta, dichiarata e versata al bilancio dello Stato dalla persona che versa il reddito. Per ciò che riguarda, in particolare, le commissioni versate da un residente a un soggetto non residente, l’imposta dovuta è calcolata applicando l’aliquota del 16% sui redditi lordi ( 5 ).

II. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

9.

Cartrans Preda, ricorrente dinanzi al giudice del rinvio, è un operatore di servizi di trasporto su strada di merci con sede in Romania.

10.

A seguito di un controllo effettuato dalle autorità fiscali rumene nel periodo compreso fra il 18 novembre 2019 e il 7 febbraio 2020 presso Cartrans Preda, dette autorità hanno emesso un avviso di accertamento che poneva a carico di questa l’obbligo di pagare, da un lato, l’importo di RON 1529 a titolo di IVA supplementare e, dall’altro, l’importo di RON 79478 a titolo di imposta sui redditi percepiti da soggetti non residenti.

11.

Per ciò che riguarda tale secondo aspetto dell’avviso di accertamento, il quale è pertinente nel quadro delle presenti conclusioni, risulta dal fascicolo che Cartrans Preda ha concluso con una società danese, la FDE Holding A/S, un contratto con il quale ha trasferito a quest’ultima il diritto di richiedere in suo nome il rimborso dell’IVA relativa agli acquisti intracomunitari di beni, specificamente il carburante acquistato da Cartrans Preda in diversi Stati membri dell’Unione. In forza di detto contratto, la FDE Holding, in qualità di legale rappresentante di Cartrans Preda, si è occupata di tutte le formalità necessarie ai fini del rimborso dell’IVA. I compensi percepiti per tali servizi erano determinati applicando una percentuale sull’importo dell’IVA rimborsata in ciascun paese.

12.

Risulta dalla decisione di rinvio che secondo le autorità fiscali rumene, suddetti compensi percepiti dalla FDE Holding costituiscono «commissioni». Secondo dette autorità su tali «commissioni» Cartrans Preda avrebbe omesso di operare una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito dei soggetti non residenti per mezzo dell’applicazione ai redditi lordi dell’aliquota del 4% prevista all’articolo 12, paragrafo 2, della convenzione sulla doppia imposizione conclusa tra la Romania e la Danimarca.

13.

Cartrans Preda ha impugnato dinanzi al giudice del rinvio l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti. Per ciò che riguarda l’imposizione a titolo di imposta sui redditi percepiti da soggetti non residenti, Cartrans Preda sostiene, dinanzi a detto giudice, che tali redditi non rappresentano «commissioni». Essi costituirebbero piuttosto il corrispettivo di prestazioni di servizi le quali, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, della convenzione sulla doppia imposizione, sarebbero imponibili solo in Danimarca. Al riguardo, FDE Holding avrebbe attestato che, per i compensi percepiti per i servizi in causa, ivi inclusi quelli provenienti dalla Romania, essa aveva pagato l’imposta dovuta in Danimarca.

14.

Cartrans Preda sostiene altresì di aver concluso con un operatore rumeno un contratto del tutto equivalente vertente sul recupero dell’IVA senza che le autorità fiscali rumene l’avessero considerata tenuta ad operare la ritenuta alla fonte sui redditi corrispondenti ai corrispettivi dei servizi prestati.

15.

Cartrans Preda fa valere che i servizi di recupero dell’IVA all’estero genererebbero un obbligo per il residente rumeno di pagare l’imposta con ritenuta alla fonte unicamente qualora la prestazione del servizio sia negoziata con un residente di un altro Stato membro. Ciò generebbe un trattamento differenziato costitutivo di una restrizione alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione, in violazione degli articoli 56 e 57 TFUE.

16.

Sulla base di tali considerazioni, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla compatibilità con il diritto dell’Unione, in particolare, della qualificazione dei servizi forniti dalla persona giuridica non residente FDE Holding effettuata dalle autorità fiscali rumene e dell’applicazione dell’imposta sui redditi da essa percepiti. Tali dubbi potrebbero portare all’annullamento dell’avviso di accertamento.

17.

In tale contesto, il Tribunalul Prahova. (Tribunale superiore di Prahova, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte sei questioni pregiudiziali, di cui le questioni terza, quarta, quinta e sesta, la cui analisi è oggetto delle presenti conclusioni, concernono una possibile violazione delle disposizioni dell’Unione in materia di libera prestazione dei servizi e hanno il seguente tenore:

«(...)

3)

Se, con riferimento alle previsioni dell’articolo 57 TFUE, il recupero dell’IVA e delle accise presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri costituisca una prestazione di servizi intracomunitaria o l’attività di un agente commissionario generale che interviene come mediatore in un’operazione commerciale.

4)

Se l’articolo 56 TFUE debba essere interpretato nel senso che sussiste una restrizione alla libera circolazione dei servizi quando il destinatario di un servizio fornito da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro è tenuto, in base alla normativa dello Stato membro in cui è stabilito detto destinatario del servizio, a trattenere l’imposta sul compenso dovuto per la prestazione di servizi in discussione, considerato che non sussiste tale obbligo di ritenuta quando negozia il medesimo servizio con un prestatore di servizi stabilito nello stesso Stato membro del destinatario dei servizi.

5)

Se il trattamento fiscale dello Stato di residenza del soggetto che paga il reddito costituisca un elemento che rende meno attraente e ostacola la libera prestazione dei servizi in quanto, per evitare l’applicazione dell’imposta con ritenuta alla fonte nella misura del 4%, il residente deve limitarsi a collaborazioni in materia di recupero dell’IVA e delle accise con enti parimenti residenti e non con altri stabiliti in altri Stati membri.

6)

Se il fatto che per il reddito percepito dal soggetto non residente sia applicata un’imposta del 4% (o, a seconda del caso, del 16%) all’importo lordo, mentre l’imposta sulle società applicata al prestatore di servizi residente nello stesso Stato membro (nella misura in cui realizza utili) è pari al 16% dell’importo netto, possa essere considerata parimenti una violazione dell’articolo 56 TFUE, perché costituisce un altro elemento che rende meno attraente e ostacola la libera prestazione dei servizi di cui trattasi da parte di soggetti non residenti».

III. Analisi giuridica

18.

Come già rilevato al precedente paragrafo 3, conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni analizzano le questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione delle disposizioni di diritto dell’Unione relative alle disposizioni in materia di libera prestazione dei servizi, specificamente gli articoli 56 e 57 TFUE.

A.   Sulla terza questione pregiudiziale

19.

Con la sua terza questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se l’articolo 57 TFUE deve essere interpretato nel senso che una prestazione, come quella in causa nel procedimento principale, consistente nel recupero dell’IVA e delle accise per conto di un’impresa presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri costituisca una prestazione di servizi ai sensi di tale disposizione e ricada quindi nell’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione di cui all’articolo 56 TFUE.

20.

A tale riguardo occorre, innanzitutto, ricordare che, ai sensi dell’articolo 57 TFUE, sono considerati «servizi» le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Il secondo comma di tale articolo elenca, a titolo esemplificativo, talune attività rientranti nella nozione di «servizi», tra cui figurano le attività di carattere commerciale ( 6 ).

21.

Ne consegue che il Trattato FUE fornisce una definizione ampia della nozione di «servizio», così da ricomprendervi qualsiasi prestazione che non ricada nelle altre libertà fondamentali, affinché non vi siano attività economiche che esulino dall’ambito di applicazione delle libertà fondamentali ( 7 ).

22.

Risulta, a mio avviso, dalla definizione ampia della nozione di «servizio», di cui all’articolo 57 TFUE, quale interpretata dalla Corte nella giurisprudenza citata ai due paragrafi precedenti, che un contratto a titolo oneroso in cui la prestazione principale consiste nel recupero dell’IVA e delle accise presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri, come quello concluso tra la Cartrans Preda e la FDE Holding, implica, la prestazione di un «servizio», ai sensi dell’articolo 57 TFUE.

23.

I dubbi del giudice del rinvio sembrano derivare dalla circostanza che le somme versate da Cartrans Preda alla FDE Holding a titolo di tale contratto sono state qualificate dalle autorità fiscali rumene come «commissioni» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, della convenzione sulla doppia imposizione conclusa tra la Romania e la Danimarca.

24.

Tuttavia tale circostanza non è in alcun modo suscettibile di modificare la conclusione secondo cui la prestazione principale del contratto concluso tra Cartrans Preda e la FDE Holding costituisce un servizio ai sensi dell’articolo 57 TFUE.

25.

In effetti, l’articolo 57 TFUE stabilisce che i «servizi» ai sensi dei trattati sono prestazioni «fornite normalmente dietro retribuzione». Al riguardo la Corte ha statuito che la caratteristica essenziale della retribuzione va ravvisata nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo economico della prestazione di cui trattasi ( 8 ) che è normalmente convenuto tra il prestatore e il destinatario del servizio e ha accolto un’interpretazione alquanto ampia della nozione di «retribuzione» ( 9 ).

26.

Nella presente fattispecie è indubbio che le somme pagate da Cartrans Preda costituiscano il corrispettivo economico della prestazione dei servizi effettuata da FDE Holding. Ne consegue che un’eventuale qualificazione di tali corrispettivi versati per la prestazione di un servizio come «commissioni» sulla base del diritto nazionale o sulla base della convenzione sulla doppia imposizione, non incide in nessun modo sulla qualificazione come «servizio» ai sensi dell’articolo 57 TFUE delle prestazioni per cui tali corrispettivi vengono versati.

27.

Del resto, risulta dalla giurisprudenza che, in mancanza di misure di unificazione o di armonizzazione dirette a eliminare la doppia imposizione a livello dell’Unione europea, gli Stati membri, nell’ambito della loro competenza a determinare i criteri d’imposizione sui redditi e sul patrimonio al fine di eliminare, se del caso mediante convenzioni, le doppie imposizioni, restano liberi di qualificare i corrispettivi economici versati per la prestazione di servizi come meglio credono, sempre nel rispetto, tuttavia, delle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE ( 10 ).

28.

In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che occorra rispondere alla terza questione pregiudiziale posta dal giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 57 TFUE deve essere interpretato nel senso che un contratto a titolo oneroso la cui prestazione principale consiste nel recupero dell’IVA e delle accise presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri implica la prestazione di un «servizio», ai sensi di tale disposizione.

B.   Sulla quarta e la quinta questione pregiudiziale

29.

Con la sua quarta e quinta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 56 TFUE debba essere interpretato nel senso che costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi, ai sensi di tale disposizione, l’obbligo imposto al destinatario di servizi, in forza della normativa di uno Stato membro, di procedere alla ritenuta alla fonte dell’imposta sui compensi corrisposti ad un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro che presta dei servizi concretamente effettuati in diversi Stati membri, mentre un siffatto obbligo non sussiste per quanto riguarda i compensi corrisposti ad un prestatore di servizi stabilito nello Stato membro in questione, che presta esattamente gli stessi servizi.

30.

La normativa di cui trattasi nel procedimento principale prevede un obbligo a carico del destinatario di un servizio di procedere alla ritenuta alla fonte dell’imposta sul compenso dovuto per la prestazione del servizio fornito da un prestatore non residente. In tale contesto, occorre, innanzitutto, ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, sebbene la fiscalità diretta rientri nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione e, in particolare, delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE ( 11 ).

31.

Al riguardo, va altresì ricordato che, sempre secondo costante giurisprudenza, l’articolo 56 TFUE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra gli Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro ( 12 ).

32.

Infatti, l’articolo 56 TFUE esige l’eliminazione di ogni restrizione alla libera prestazione dei servizi imposta per il fatto che il prestatore sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui è fornita la prestazione ( 13 ).

33.

Costituiscono restrizioni alla libera prestazione dei servizi le misure nazionali che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà ( 14 ). Al riguardo è sufficiente che la disposizione controversa sia idonea a rendere meno attraente l’esercizio di tale libertà ( 15 ).

34.

Siffatte restrizioni alla libera prestazione dei servizi possono essere ammesse solo se perseguono uno scopo legittimo compatibile con il Trattato FUE e sono giustificate da motivi imperativi di interesse generale, sempreché, in un caso del genere, siano idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto è necessario per raggiungerlo ( 16 ).

35.

Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, della libertà di prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE beneficia tanto il prestatore quanto il destinatario dei servizi ( 17 ).

36.

Nella presente fattispecie, come risulta dalle disposizioni citate ai precedenti paragrafi da 5 a 8, la legislazione nazionale in questione impone ai destinatari di prestazioni di servizi quali quelli in causa nel procedimento principale, prestati da operatori non residenti, di effettuare una ritenuta alla fonte applicando un’aliquota del 16% al reddito lordo, la quale, in virtù delle disposizioni della convenzione sulla doppia imposizione, può essere ridotta ad un’aliquota del 4%. Tale obbligo di ritenuta alla fonte, invece, non si applica in caso di prestazione degli stessi servizi da parte di operatori residenti, i quali, come risulta dal fascicolo, sono tassati a titolo di imposta sulle società, con un’aliquota del 16% sul reddito netto.

37.

A tale riguardo, la Corte ha già avuto modo di affermare che, indipendentemente dagli effetti che la ritenuta alla fonte può avere sulla situazione fiscale dei prestatori di servizi non residenti, l’obbligo di procedere ad una ritenuta siffatta, in quanto comporta un onere amministrativo supplementare, nonché rischi ad esso relativi in materia di responsabilità, può rendere i servizi transfrontalieri meno attraenti per i destinatari di servizi residenti rispetto ai servizi forniti da prestatori di servizi residenti e può, pertanto, dissuadere i suddetti destinatari dal rivolgersi a prestatori di servizi non residenti ( 18 ).

38.

Nella presente fattispecie, come fatto valere da Cartrans Preda, si verifica una disparità di trattamento tra i destinatari di servizi residenti, a seconda che essi si avvalgano del servizio di un prestatore residente oppure di un prestatore non residente. In effetti, nel caso in cui il destinatario dei servizi si avvalga di un prestatore non residente esso è assoggettato all’obbligo di procedere alla ritenuta alla fonte sui compensi corrisposti a tale prestatore ciò che comporta un onere amministrativo supplementare, nonché i rischi ad esso relativi in materia di responsabilità. L’esistenza di tali rischi è del resto dimostrata, in maniera evidente, nel caso di specie in cui Cartrans Preda si è vista notificare, ex post, l’avviso di accertamento contestato dinanzi al giudice del rinvio.

39.

In una situazione del genere, nella disparità di trattamento si ravvisa un trattamento sfavorevole del residente che si avvale del servizio oltre frontiera, di modo che occorre concludere che ci si trova in presenza di una restrizione, in linea di principio vietata, della libera prestazione dei servizi ( 19 ).

40.

Detta constatazione non è rimessa in discussione dagli argomenti presentati dal governo rumeno, fondati sulla sentenza del 22 dicembre 2008, Truck Center (C‑282/07, EU:C:2008:762), secondo cui in materia di imposte dirette la situazione dei soggetti residenti e quella dei soggetti non residenti non sono, di norma, analoghe ( 20 ).

41.

Al riguardo, infatti, la Corte ha già respinto argomenti simili rilevando che, come si desume del resto dalla giurisprudenza menzionata al precedente paragrafo 35, il prestatore e il destinatario dei servizi sono due soggetti di diritto diversi, ciascuno portatore di interessi propri, ognuno dei quali deve potersi avvalere della libera prestazione dei servizi, qualora i suoi diritti subiscano un pregiudizio ( 21 ).

42.

Come risulta dai precedenti paragrafi 38 e 39, in un caso come quello della presente fattispecie, la restrizione sussiste in relazione alla posizione del destinatario dei servizi ed è pertanto indipendente da eventuali incidenze sulla posizione del prestatore del servizio.

43.

Nella stessa prospettiva, ai fini della sussistenza della restrizione è altresì indifferente che il prestatore del servizio possa eventualmente, in forza di una convenzione sulla doppia imposizione, dedurre dalle imposte che paga nel suo Stato di residenza l’importo trattenuto dal destinatario del servizio in ragione dell’obbligo di ritenuta alla fonte posto a suo carico. Come risulta, infatti, dal precedente paragrafo 37, in un caso come quello della presente causa, la sussistenza della restrizione è indipendente dagli effetti che la ritenuta alla fonte può avere sulla situazione fiscale dei prestatori di servizi non residenti ( 22 ).

44.

Il governo rumeno fa tuttavia valere che la normativa nazionale in causa costituirebbe una misura imposta dallo Stato membro per perseguire l’obiettivo di interesse generale di assicurare la percezione dell’imposta dovuta dai soggetti non residenti e sarebbe, quindi, giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione delle imposte.

45.

A tale riguardo, come ricordato al precedente paragrafo 34, secondo una giurisprudenza costante, una restrizione alla libera prestazione dei servizi può essere ammessa per ragioni imperative di interesse generale, a condizione che l’applicazione di tale restrizione sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo ( 23 ).

46.

Per ciò che concerne, in primo luogo, la sussistenza di una ragione imperativa di interesse generale, la Corte ha già dichiarato a diverse riprese che la necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta costituisce una ragione imperativa di interesse generale tale da giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi ( 24 ).

47.

Al riguardo, la Corte ha rilevato che la procedura di ritenuta alla fonte e il sistema di responsabilità che opera come garanzia rappresentano un mezzo legittimo e appropriato per garantire la tassazione dei redditi di un soggetto stabilito al di fuori dello Stato dell’imposizione e per evitare che i redditi in questione sfuggano alla tassazione sia nello Stato di residenza che in quello in cui i servizi sono forniti ( 25 ).

48.

Per ciò che riguarda, in secondo luogo, l’attitudine della misura a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito, nella sentenza del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635) la Corte ha statuito che una ritenuta alla fonte costituisce un mezzo idoneo a garantire l’efficace riscossione dell’imposta dovuta, allorché si tratta di prestatori di servizi che forniscono servizi occasionali in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti, restandovi solo poco tempo ( 26 ).

49.

Ritengo che tale ragionamento valga a maggior ragione allorché, come nel caso della presente fattispecie, da un lato, il prestatore di servizi non residente fornisce ad un residente un servizio che viene concretamente effettuato in una pluralità di Stati membri diversi da quello da cui proviene il reddito e, dall’altro, i compensi per tali servizi vengano, in virtù della normativa nazionale e di una convenzione sulla doppia imposizione, assoggettati ad imposta nello Stato membro di residenza del destinatario dei servizi ( 27 ).

50.

Quanto, in terzo luogo, alla questione se tale misura ecceda quanto necessario per garantire l’efficace riscossione dell’imposta dovuta, la Corte ha avuto modo di considerare che una misura che prevede una ritenuta alla fonte dell’imposta dovuta da un non residente non rappresenta necessariamente una misura più vincolante e gravosa rispetto alla riscossione diretta dell’imposta presso il prestatore di servizi non residente di modo che essa può essere considerata come giustificata dalla necessità di garantire l’efficace riscossione dell’imposta ( 28 ).

51.

Infine, in udienza è stato oggetto di dibattito il rischio di doppia imposizione in una situazione come quella del caso di specie, in cui, in forza della normativa nazionale dello Stato membro del destinatario dei servizi, vengano tassati, mediante l’imposizione di un obbligo di ritenuta alla fonte eseguita ex post, i compensi versati al prestatore relativi ai servizi in questione, allorché detto prestatore abbia già apportato la prova di aver pagato l’imposta nel suo Stato membro di residenza.

52.

Al riguardo, rilevo, tuttavia, da un lato, che in udienza il governo rumeno ha messo in evidenza che la convenzione sulla doppia imposizione ( 29 ) prevede la possibilità di detrarre dalle imposte sui redditi generati in Romania, dovute in Danimarca, le imposte dovute su tali redditi nell’altro Stato membro, ossia in Romania. Il governo rumeno ha altresì chiarito che tale disposizione non si oppone alla circostanza che si possa beneficiare di tali detrazioni ex post, ossia anche allorché l’imposta su tali redditi dovuta nello Stato di residenza del prestatore sia già stata pagata. In tal caso, viene riconosciuto un credito d’imposta che potrà essere preso in considerazione per l’imposta dovuta negli anni fiscali successivi.

53.

Certo, come messo in evidenza dalla Commissione all’udienza, tale possibilità di usufruire di un credito d’imposta non esclude del tutto il rischio di una doppia imposizione su tali redditi. Ciò è il caso, ad esempio, quando il prestatore di servizi non sia tenuto, per qualsivoglia ragione a pagare imposte negli anni successivi nel suo Stato di residenza e quindi non possa usufruire del suddetto credito d’imposta. Tuttavia ciò non comporta necessariamente una situazione di incompatibilità di tale situazione con il diritto dell’Unione. In effetti, al riguardo risulta dalla giurisprudenza che, poiché il diritto dell’Unione, allo stato attuale, non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra gli Stati membri per quanto riguarda l’eliminazione della doppia imposizione all’interno dell’Unione, tale doppia imposizione non è necessariamente esclusa in qualunque circostanza ( 30 ).

54.

Risulta da tutte le considerazioni che precedono che, a mio avviso, occorre rispondere alla quarta e quinta questione pregiudiziale poste dal giudice del rinvio dichiarando che l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che l’obbligo imposto, in forza della normativa di uno Stato membro, al destinatario di servizi di procedere alla ritenuta alla fonte dell’imposta sui compensi corrisposti ai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro che prestano dei servizi concretamente effettuati in diversi Stati membri, mentre un siffatto obbligo non sussiste per quanto riguarda i compensi corrisposti ai prestatori di servizi stabiliti nello Stato membro in questione, costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi ai sensi di tale disposizione, in quanto comporta un onere amministrativo supplementare, nonché i rischi ad esso relativi in materia di responsabilità. Nei limiti in cui la restrizione alla libera prestazione di servizi derivante dalla suddetta normativa nazionale, risulti dall’obbligo di procedere alla ritenuta alla fonte, in quanto comporta un onere amministrativo supplementare nonché i rischi ad esso relativi in materia di responsabilità, tale restrizione può essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficace riscossione dell’imposta e non eccede quanto necessario per la realizzazione di tale obiettivo.

C.   Sulla sesta questione pregiudiziale

55.

Con la sua sesta questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che sussiste una restrizione alla libera prestazione dei servizi qualora l’onere fiscale gravante sui corrispettivi percepiti da un prestatore non residente di determinati servizi – riscosso mediante applicazione della ritenuta alla fonte trattenuta dal destinatario di tali servizi – sia pari al 4%, o a seconda dei casi, al 16%, dell’importo lordo di tali corrispettivi, allorché l’onere fiscale, a titolo di imposta sulle società, sui corrispettivi percepiti da un prestatore residente degli stessi servizi è pari al 16% dell’importo netto di tali corrispettivi.

56.

La questione del giudice del rinvio è diretta a verificare se una ritenuta alla fonte come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisca altresì una restrizione alla libera prestazione dei servizi nell’ipotesi in cui detta ritenuta alla fonte dei redditi percepiti dagli operatori non residenti si applichi sui redditi lordi, mentre l’onere tributario sopportato dagli operatori residenti si applica sui redditi netti.

57.

A tale riguardo occorre osservare che la Corte ha già ha avuto l’occasione di affermare che l’articolo 56 TFUE osta ad una normativa tributaria nazionale la quale, di regola, in sede di imposizione fiscale dei soggetti non residenti, prende in considerazione i redditi lordi, senza deduzione delle spese professionali, mentre i residenti sono tassati sui loro redditi netti, previa deduzione di tali spese ( 31 ).

58.

Nel caso di specie, come risulta dal precedente paragrafo 8, la normativa nazionale impone una ritenuta alla fonte del 16% sui corrispettivi dovuti per prestazioni di servizi quali quella in causa nel procedimento principale forniti da prestatori non residenti. Tale ritenuta alla fonte, ai sensi della convenzione sulla doppia imposizione stipulata tra la Romania e la Danimarca, può essere ridotta al 4%. La ritenuta alla fonte è calcolata sulla base dell’importo lordo dei corrispettivi del prestatore di servizi non residente, mentre l’imposta sulle società a carico del prestatore di servizi residente è pari al 16% dell’importo netto.

59.

Ne consegue che la ritenuta alla fonte del 16%, applicata su base lorda, pone chiaramente il prestatore non residente in posizione di svantaggio rispetto al prestatore residente. Nel caso invece in cui l’aliquota della ritenuta alla fonte prevista dalla convenzione sulla doppia imposizione sia pari al 4% applicabile all’importo lordo del compenso e al prestatore di servizi non residente non sia offerta la possibilità di detrarre le spese professionali connesse a tale prestazione, l’applicazione dell’aliquota del 16% al corrispettivo netto favorirà il prestatore residente qualora l’imposta complessiva dovuta dal prestatore non residente, in applicazione del tasso della ritenuta d’acconto del 4% su base lorda, sia superiore all’imposta che sarebbe da esso dovuta applicando l’aliquota del 16% al reddito netto, ossia se le relative spese professionali potessero essere detratte dal compenso corrisposto dal beneficiario del servizio.

60.

In tale contesto, alla luce della giurisprudenza menzionata al precedente paragrafo 57, occorre concludere che una normativa nazionale come quella controversa nel procedimento principale in forza della quale i prestatori di servizi non residenti sono tassati sui redditi derivanti dai corrispettivi per i servizi prestati senza ottenere la possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse a tali attività, mentre una siffatta possibilità è concessa ai prestatori di servizi residenti, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi, vietata in linea di principio ai sensi dell’articolo 56 TFUE ( 32 ).

61.

La circostanza che ai prestatori di servizi non residenti possa, eventualmente, venire applicata un’aliquota d’imposta più favorevole di quella applicata ai prestatori di servizi residenti non è in grado di giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi come quella indicata al paragrafo precedente.

62.

Al riguardo, in effetti, in primo luogo, la Corte ha reiteratamente dichiarato che un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere considerato compatibile con il diritto dell’Unione per l’esistenza di altri vantaggi, anche supponendo che tali vantaggi esistano ( 33 ).

63.

In secondo luogo, nella sua giurisprudenza la Corte ha differenziato chiaramente le ipotesi, da un lato, della possibilità di far valere le spese professionali e, dall’altro, del livello dell’aliquota fiscale ( 34 ). Essa ha così riconosciuto che il diniego della deduzione di spese professionali direttamente connesse con l’attività gravata da imposta di un soggetto non residente viola già, in quanto tale, la libera prestazione dei servizi ( 35 ).

64.

Di conseguenza la violazione, in via di principio, della libera prestazione dei servizi dei soggetti non residenti in ragione dell’impossibilità di dedurre i costi di finanziamento direttamente connessi con l’attività gravata da imposta, non può essere compensata con un’aliquota fiscale comparativamente minore rispetto ai residenti ( 36 ).

65.

Peraltro, emerge dalla giurisprudenza della Corte che, per spese professionali direttamente connesse ai redditi percepiti nello Stato membro in cui si esercita l’attività si devono intendere le spese originate da tale attività e dunque necessarie per lo svolgimento della medesima ( 37 ).

66.

Al riguardo appare indubbio che le prestazioni in causa nel procedimento principale, ossia il recupero dell’IVA negli Stati membri in cui il destinatario dei servizi fornisce servizi di trasporto su strada, genera delle spese professionali, quali quelle connesse alla presa di contatto con le autorità fiscali di diversi Stati membri o quelle relative ad attività di consulenza fiscale e giuridica.

67.

Spetta peraltro al giudice del rinvio, il quale è investito della controversia principale e deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare, nell’ambito di tale controversia, da un lato, quali, tra le spese eventualmente dichiarate, possano essere considerate come spese professionali direttamente connesse all’attività in questione, ai sensi della normativa nazionale e, dall’altro, quale sia la quota delle spese generali che si può considerare direttamente connessa a tale attività ( 38 ).

68.

In conclusione, risulta dalle considerazioni che precedono che, a mio avviso, occorre rispondere alla sesta questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in forza della quale, di regola, i prestatori di servizi non residenti sono tassati sui redditi derivanti dai corrispettivi per i servizi prestati senza ottenere la possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse a tali attività, mentre una siffatta possibilità è concessa ai prestatori di servizi residenti. Spetta al giudice nazionale valutare, sulla base del suo diritto nazionale, quali siano le spese professionali che possono essere considerate direttamente connesse con l’attività in esame.

IV. Conclusione

69.

Alla luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali da terza a sesta poste dal Tribunalul Prahova (Tribunale superiore di Prahova, Romania):

1)

L’articolo 57 TFUE deve essere interpretato nel senso che:

un contratto a titolo oneroso la cui prestazione principale consiste nel recupero dell’IVA e delle accise presso le amministrazioni finanziarie di più Stati membri implica la prestazione di un «servizio», ai sensi di tale disposizione.

2)

L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che:

l’obbligo imposto, in forza della normativa di uno Stato membro, al destinatario di servizi di procedere alla ritenuta alla fonte dell’imposta sui compensi corrisposti ai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro che prestano dei servizi concretamente effettuati in diversi Stati membri, mentre un siffatto obbligo non sussiste per quanto riguarda i compensi corrisposti ai prestatori di servizi stabiliti nello Stato membro in questione, costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi ai sensi di tale disposizione, in quanto comporta un onere amministrativo supplementare nonché i rischi ad esso relativi in materia di responsabilità.

Nei limiti in cui la restrizione alla libera prestazione di servizi derivante dalla suddetta normativa nazionale, risulti dall’obbligo di procedere alla ritenuta alla fonte, in quanto comporta un onere amministrativo supplementare nonché i rischi ad esso relativi in materia di responsabilità, tale restrizione può essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficace riscossione dell’imposta e non eccede quanto necessario per la realizzazione di tale obiettivo.

3)

L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che:

osta ad una normativa nazionale in forza della quale, di regola, i prestatori di servizi non residenti sono tassati sui redditi derivanti dai corrispettivi per i servizi prestati senza ottenere la possibilità di dedurre le spese professionali direttamente connesse a tali attività, mentre una siffatta possibilità è concessa ai prestatori di servizi residenti.

Spetta al giudice nazionale valutare, sulla base del suo diritto nazionale, quali siano le spese professionali che possono essere considerate direttamente connesse con l’attività in esame.


( 1 ) Lingua originale: l’italiano.

( 2 ) V. articolo 7, paragrafo 1, punto 9, della Legea nr. 571/2003 privind Codul fiscal (legge n. 571/2003 recante il codice tributario, in prosieguo: la «legge n. 571/2003») e articolo 7, paragrafo 1, punto 9, della Legea 227/2015 privind Codul fiscal (legge 227/2015 recante il codice tributario; in prosieguo: la «legge n. 227/2015»).

( 3 ) V. articolo 113 della legge n. 571/2003 e articolo 221 della legge n. 227/2015.

( 4 ) V. articolo 115, paragrafo 1, lettera f), della legge n. 571/2003 e articolo 223, paragrafo 1, lettera f), della legge n. 227/2015.

( 5 ) V. articolo 116, paragrafi 1 e 2, lettera d), della legge n. 571/2003 e articolo 224, paragrafi 1 e 4, lettera d), della legge n. 227/2015.

( 6 ) Sentenza del 9 luglio 2020, RL (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento) (C‑199/19, EU:C:2020:548, punto 31).

( 7 ) Sentenza del 9 luglio 2020, RL (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento) (C‑199/19, EU:C:2020:548, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

( 8 ) V., in particolare, sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) Al riguardo v. l’analisi dettagliata della giurisprudenza contenuta nelle recenti conclusioni dell’avvocato generale Emiliou nella causa (C‑372/21, EU:C:2022:540, ai punti 37 e seguenti e giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) V., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2018, Sauvage e Lejeune (C‑602/17, EU:C:2018:856, punti 2224 e giurisprudenza ivi citata).

( 11 ) V., ex multis, sentenze del 3 marzo 2020, Google Ireland (C‑482/18, EU:C:2020:141, punto 25 e giurisprudenza ivi citata) e, da ultimo, del 24 febbraio 2022, Pharmacie populaire – La Sauvegarde e Pharma Santé – Réseau Solidaris (C‑52/21 e C‑53/21, EU:C:2022:127, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

( 12 ) V., ex multis, sentenza del 24 febbraio 2022, Pharmacie populaire – La Sauvegarde e Pharma Santé – Réseau Solidaris (C‑52/21 e C‑53/21, EU:C:2022:127, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

( 13 ) V., ex multis, sentenza del 24 febbraio 2022, Pharmacie populaire – La Sauvegarde e Pharma Santé – Réseau Solidaris (C‑52/21 e C‑53/21, EU:C:2022:127, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

( 14 ) V., ex multis, sentenza del 27 ottobre 2022, NOWO Communications (C‑411/21, EU:C:2022:836, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

( 15 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa X (C‑498/10, EU:C:2011:870, paragrafo 17 e giurisprudenza ivi citata).

( 16 ) V., ex multis, sentenza del 27 ottobre 2022, NOWO Communications (C‑411/21, EU:C:2022:836, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

( 17 ) V., ex multis, sentenza del 27 ottobre 2022, NOWO Communications (C‑411/21, EU:C:2022:836, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

( 18 ) V. sentenza del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635, punti 2832).

( 19 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa X (C‑498/10, EU:C:2011:870, paragrafo 25).

( 20 ) Il governo rumeno si riferisce in particolare ai punti 38 e 39 della suddetta sentenza.

( 21 ) V. sentenza del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 27).

( 22 ) Al riguardo v. sentenza del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635, punti da 54 a 57).

( 23 ) V. sentenze del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 36), nonché del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 29).

( 24 ) V. sentenze del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen (C‑290/04, EU:C:2006:630, punto 36), del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635 punto 39), nonché del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 39).

( 25 ) V. sentenze del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen (C‑290/04, EU:C:2006:630, punto 36) e del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635 punto 39).

( 26 ) V. punto 42.

( 27 ) A tale proposito, quanto alla discussione sviluppatasi in udienza riguardo all’esercizio del potere fiscale da parte degli Stati membri in una situazione di questo genere, rilevo che, secondo i principi di diritto fiscale internazionale, il principio di territorialità (ampiamente riconosciuto a livello internazionale anche nella giurisprudenza della Corte; al riguardo, v., ex multis, conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Hornbach-Baumarkt (C‑382/16, EU:C:2017:974, paragrafo 20 e giurisprudenza ivi citata) implica due criteri in relazione alla potestà impositiva degli Stati: uno soggettivo, legato alla residenza e l’altro oggettivo relativo alla «fonte del reddito». Così, di norma, uno Stato sottopone a tassazione i propri residenti illimitatamente e i soggetti non residenti limitatamente al reddito generato sul proprio territorio [principio della residenza e principio della fonte, entrambi corollari del principio di territorialità; v. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Google Ireland (C‑482/18, EU:C:2019:728, paragrafo 45) nonché le conclusioni dello stesso avvocato generale Kokott nella causa Oy AA (C‑231/05, EU:C:2006:551, paragrafo 55)]. Provenendo, nel caso di specie, il reddito in causa dallo Stato membro in cui è residente il destinatario del servizio, non sembra, prima facie, porsi un problema di legittimità, almeno dal punto di vista del principio di territorialità, dell’esercizio del potere fiscale di tale Stato membro sui redditi così generati, e ciò anche se le prestazioni oggetto dei servizi sono state concretamente realizzate al di fuori di tale Stato membro. Peraltro la questione relativa ad una eventuale incompatibilità dell’esercizio del potere impositivo da parte dello Stato membro in questione con il diritto dell’Unione costituisce una questione delicata che non è oggetto delle questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio ed esula dall’ambito della presente causa.

( 28 ) V. sentenza del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635 punti 5253).

( 29 ) Il governo rumeno si è riferito all’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della convenzione sulla doppia imposizione.

( 30 ) Al riguardo, v., in tal senso e per analogia, sentenza del 25 febbraio 2021, Société Générale (C‑403/19, EU:C:2021:136, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) Sentenze del 12 giugno 2003, Gerritse (C‑234/01, EU:C:2003:340, punti 2955); del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen (C‑290/04, EU:C:2006:630, punto 42), del 15 febbraio 2007, Centro Equestre da Lezíria Grande (C‑345/04, EU:C:2007:96, punto 23) e del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 24).

( 32 ) V., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 28).

( 33 ) V., in tal senso, sentenze del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punti da 31 a 33 e giurisprudenza ivi citata) e, per analogia, del 22 novembre 2018, Sofina e a. (C‑575/17, EU:C:2018:943, punti 3738).

( 34 ) Sentenza del 12 giugno 2003, Gerritse (C‑234/01, EU:C:2003:340, punti 12 del dispositivo).

( 35 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:182, paragrafo 48).

( 36 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:182, paragrafo 54).

( 37 ) V., in tal senso, sentenze del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 46 e giurisprudenza citata) e sentenza del 6 dicembre 2018, Montag (C‑480/17, EU:C:2018:987, punto 33 e giurisprudenza citata).

( 38 ) V., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 52 e giurisprudenza citata).

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