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Document 62021CC0283

Conclusioni dell’avvocato generale N. Emiliou, presentate il 5 ottobre 2023.
VA contro Deutsche Rentenversicherung Bund.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen.
Rinvio pregiudiziale – Previdenza sociale dei lavoratori migranti – Regolamento (CE) n. 987/2009 – Articolo 44, paragrafo 2 – Ambito di applicazione – Pensione per incapacità totale al lavoro – Calcolo – Presa in considerazione dei periodi maturati in un altro Stato membro a titolo di cura dei figli – Applicabilità – Articolo 21 TFUE – Libera circolazione dei cittadini – Collegamento sufficiente tra tali periodi di cura dei figli e i periodi di assicurazione maturati nello Stato membro debitore della pensione.
Causa C-283/21.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:736

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 5 ottobre 2023 ( 1 )

Causa C‑283/21

VA

contro

Deutsche Rentenversicherung Bund

con l’intervento di:

RB

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen (Tribunale superiore del Land per il contenzioso sociale, Renania settentrionale-Vestfalia, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Sicurezza sociale dei lavoratori migranti – Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – Regolamento (CE) n. 987/2009 – Articolo 44, paragrafo 2 – Ambito di applicazione – Prestazioni di invalidità – Calcolo – Presa in considerazione dei “periodi di cura dei figli” maturati in altri Stati membri – Condizioni – Articolo 21 TFUE – Libera circolazione dei cittadini»

I. Introduzione

1.

I cittadini dell’Unione europea possono vivere e lavorare in diversi Stati membri nel corso della loro vita. Essi possono altresì avvalersi di «interruzioni dell’attività lavorativa» e dedicarsi alla cura dei propri figli. Una persona può iniziare la sua carriera professionale in uno Stato membro (in prosieguo: lo «Stato membro A»), smettere poi di lavorare per crescere i propri figli in un altro Stato membro (in prosieguo: lo «Stato membro B»), prima di riprendere la propria attività lavorativa nello Stato membro A. In una situazione del genere, il diritto dell’Unione esige che, ai fini della concessione di una pensione alla persona interessata, lo Stato membro A applichi la propria legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B e li consideri come se fossero stati compiuti sul suo territorio?

2.

Su tale questione si sono concentrate le cause che hanno dato luogo alle sentenze Elsen ( 2 ), Kauer ( 3 ) e Reichel‑Albert ( 4 ), nell’ambito dell’applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 ( 5 ), abrogato e sostituito dai regolamenti (CE) n. 883/2004 ( 6 ) e n. 987/2009 ( 7 ), nonché, più recentemente, alla sentenza Pensionsversicherungsanstalt (Periodi di cura dei figli all’estero) ( 8 ), che, come il caso di specie, riguardava una situazione disciplinata da questi ultimi due regolamenti.

3.

Nella sentenza Pensionsversicherungsanstalt, la Corte ha dichiarato che, sebbene il legislatore dell’Unione avesse adottato una disposizione particolare relativa alla presa in considerazione, da parte dello Stato membro A, dei «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B, vale a dire l’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, tale disposizione non si poteva applicare in via esclusiva. Pertanto, la soluzione da essa elaborata in sede giurisdizionale nell’ambito dell’applicazione del regolamento n. 1408/71, in un momento in cui il legislatore dell’Unione non aveva ancora adottato alcuna disposizione in materia, continuava ad essere rilevante. Sulla base di ciò, essa ha affermato che, in una situazione in cui i requisiti stabiliti dall’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 non erano soddisfatti, cosicché la persona interessata non poteva invocare tale disposizione, lo Stato membro A era comunque tenuto, ai sensi dell’articolo 21 TFUE, che tutela la libera circolazione dei cittadini dell’Unione, ad applicare la propria normativa ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B e a considerare tali periodi come se fossero stati compiuti sul proprio territorio, purché fossero «sufficientemente collegati» ai «periodi di assicurazione» maturati dall’interessato in tale Stato membro. Ciò si verificherebbe se la persona in questione avesse esclusivamente lavorato e versato contributi nello Stato membro A, tanto anteriormente quanto successivamente al trasferimento della sua residenza nello Stato membro B ( 9 ).

4.

La situazione oggetto del procedimento principale è leggermente diversa. VA, ricorrente nel procedimento principale, ha maturato in Germania, sia prima che dopo aver cresciuto i suoi figli nei Paesi Bassi, quelli che mi risulta siano periodi assimilabili a «periodi di assicurazione». Tuttavia, la stessa ha iniziato a versare contributi al regime legale tedesco di assicurazione pensionistica solo diversi anni dopo aver smesso di dedicarsi alla cura dei figli.

5.

In tale contesto, il fulcro della questione nel caso di specie è se il criterio del «collegamento sufficiente», elaborato dalla Corte nella sua giurisprudenza, sia soddisfatto in una situazione in cui la persona interessata non ha versato contributi al regime legale di assicurazione pensionistica dello Stato membro A prima di dedicarsi alla cura dei propri figli nello Stato membro B. Come spiegherò di seguito, ritengo che a tale questione debba essere data una risposta affermativa. Infatti, a mio avviso, tale circostanza non impedisce, di per sé, di stabilire un «collegamento sufficiente» tra i «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B e i «periodi di assicurazione» maturati nello Stato membro A.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Regolamento n. 883/2004

6.

Il titolo II del regolamento n. 883/2004, rubricato «Determinazione della legislazione applicabile» comprende, tra l’altro, l’articolo 11, che così recita:

«1.   Le persone alle quali si applica il presente regolamento sono soggette alla legislazione di un singolo Stato membro. Tale legislazione è determinata a norma del presente titolo.

(…)

3.   Fatti salvi gli articoli da 12 a 16:

a)

una persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro;

(…)

e)

qualsiasi altra persona che non rientri nelle categorie di cui alle lettere da a) a d) è soggetta alla legislazione dello Stato membro di residenza, fatte salve le altre disposizioni del presente regolamento che le garantiscono l’erogazione di prestazioni in virtù della legislazione di uno o più altri Stati membri.

(…)».

2. Regolamento n. 987/2009

7.

Il regolamento n. 987/2009 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004, conformemente all’articolo 89 di quest’ultimo.

8.

Ai sensi del considerando 14 del regolamento n. 987/2009:

«Sono necessarie regole e procedure specifiche per definire la legislazione applicabile per prendere in considerazione nei vari Stati membri i periodi in cui la persona assicurata si è dedicata alla cura dei figli».

9.

L’articolo 44 di tale regolamento così dispone:

«1.   Ai fini del presente articolo, per “periodo di cura dei figli” s’intende qualsiasi periodo accreditato sotto la legislazione pensionistica di uno Stato membro o che fornisce un’integrazione pensionistica espressamente per il fatto che una persona abbia cresciuto un figlio, indipendentemente dalle modalità di calcolo di tali periodi e a prescindere dal fatto che essi siano maturati all’epoca della cura del figlio o siano riconosciuti retroattivamente.

2.   Qualora, in base alla legislazione dello Stato membro competente ai sensi del titolo II del regolamento [n. 883/2004], non siano presi in considerazione i periodi dedicati alla cura dei figli, l’istituzione dello Stato membro la cui legislazione era applicabile ai sensi del titolo II del regolamento [n. 883/2004] alla persona interessata in quanto esercitava un’attività subordinata o autonoma alla data a decorrere dalla quale, secondo tale legislazione, si è iniziato a prendere in considerazione il periodo dedicato alla cura del figlio in questione, rimane responsabile della presa in considerazione di tale periodo come periodo dedicato alla cura dei figli secondo la propria legislazione, come se il figlio in questione fosse stato cresciuto nel suo territorio.

(…)».

B.   Diritto nazionale

10.

L’articolo 56 del Sozialgesetzbuch Sechstes Buch (libro VI del codice della previdenza sociale; in prosieguo: il «SGB VI»), come modificato dalla legge del 28 novembre 2018 (BGBl. I, pag. 2016), dispone quanto segue:

«1)   I periodi di educazione dei figli sono periodi dedicati alla cura di un figlio durante i suoi primi tre anni di vita. Un periodo dedicato all’educazione di un figlio viene convalidato per uno dei genitori del figlio (…) se:

1. il periodo di educazione del figlio è attribuibile al suddetto genitore,

2. l’educazione del figlio ha avuto luogo nel territorio della Repubblica federale di Germania o è assimilabile ad una siffatta educazione, e

3. la convalida non è esclusa per tale genitore.

(…)

3)   Detta educazione ha avuto luogo nel territorio della Repubblica federale di Germania se il genitore che provvede a tale educazione vi ha risieduto abitualmente con il figlio. Si ha assimilazione ad un’educazione sul territorio della Repubblica federale di Germania qualora il genitore che ha provveduto all’educazione abbia risieduto abitualmente con il figlio all’estero e abbia ivi maturato periodi di contribuzione obbligatoria durante l’educazione o immediatamente prima della nascita del figlio a titolo dell’attività lavorativa subordinata o autonoma che egli ha ivi esercitato (…).

(…)

5)   Il periodo di educazione dei figli inizia a decorrere alla fine del mese in cui il figlio è nato e termina allo scadere di 36 mesi di calendario (…)».

11.

Ai sensi dell’articolo 249, paragrafo 1, del SGB VI, come modificato dalla legge del 23 giugno 2014 (BGBl. I, pag. 787):

«Per i nati anteriormente al 1o gennaio 1992, il periodo di educazione dei figli termina 24 mesi dopo la fine del mese in cui il figlio è nato».

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

12.

VA, ricorrente nel procedimento principale, è una cittadina tedesca nata nel 1958. Dal 1962 al 2010 la stessa ha vissuto a Vaals (Paesi Bassi), una cittadina situata a circa 5 km da Aquisgrana (Germania) ( 10 ). Durante tale periodo, ha frequentato la scuola ad Aquisgrana e, nell’agosto 1975, ha iniziato la formazione, conseguendo il diploma statale riconosciuto di educatrice.

13.

Il 1o agosto 1978, VA ha iniziato un tirocinio professionale di un anno in un asilo situato ad Aquisgrana. In circostanze normali, tale anno sarebbe stato considerato alla stregua di un periodo di attività lavorativa in Germania soggetto a contribuzione obbligatoria. Tuttavia, non essendo disponibili posti di apprendistato retribuiti sufficienti, la stessa ha svolto il suo tirocinio professionale a titolo gratuito e quindi in esenzione da contributi previdenziali. Pertanto, non ha versato contributi al regime legale tedesco di assicurazione pensionistica.

14.

Quando è terminato il suo tirocinio professionale nell’agosto 1979, VA ha ripreso la sua formazione come educatrice riconosciuta dallo Stato ad Aquisgrana e ha conseguito il diploma presso la Fachhochschulreife (maturità tecnica), continuando a vivere nei Paesi Bassi. Al termine della sua formazione, nel luglio 1980, non ha più svolto alcuna attività lavorativa in Germania o nei Paesi Bassi.

15.

VA ha poi avuto due figli. Al momento della loro nascita, VA non aveva ancora versato contributi al regime legale tedesco di assicurazione pensionistica. Ha cresciuto i suoi figli nei Paesi Bassi.

16.

Tra il settembre 1993 e l’agosto 1995 e, successivamente, tra l’aprile 1999 e l’ottobre 2012, la ricorrente ha lavorato in Germania. La sua attività lavorativa, considerata «di modesta entità» in base al diritto tedesco, era esente dall’obbligo assicurativo.

17.

VA si è nuovamente trasferita in Germania nel 2010. Dopo il mese di ottobre 2012, ha iniziato a svolgere un’attività retribuita e ad essere soggetta all’obbligo assicurativo. La ricorrente ha iniziato a versare contributi al regime legale tedesco di assicurazione pensionistica.

18.

Dal marzo 2018, VA riceve una pensione dalla Germania per perdita totale della capacità lavorativa. Nel calcolare l’importo di tale pensione, la Deutsche Rentenversicherung Bund (ente previdenziale federale, Germania), convenuta nel procedimento principale, ha ritenuto che, oltre ai periodi in cui VA ha versato contributi al regime legale tedesco di assicurazione pensionistica (il periodo a partire dal 2012), i periodi rilevanti comprendessero quelli in cui VA aveva svolto la propria formazione professionale in Germania (tra l’agosto 1975 e il luglio 1978 e tra l’agosto 1979 e il luglio 1980), nonché il «periodo di cura dei figli» tra il 1o aprile e il 1o giugno 1999, durante il quale la stessa aveva cresciuto i propri figli nei Paesi Bassi pur svolgendo un’attività lavorativa subordinata in Germania (senza essere soggetta all’obbligo assicurativo).

19.

VA sostiene che la Deutsche Rentenversicherung Bund non ha preso in considerazione, quali periodi rilevanti, i «periodi di cura dei figli» che essa ha compiuto nei Paesi Bassi tra il 15 novembre 1986 e il 31 marzo 1999, durante i quali non ha svolto alcuna attività professionale (in prosieguo: i «periodi controversi»). La ricorrente ha contestato tale rifiuto dinanzi a un giudice di primo grado, ma il suo ricorso non è stato accolto.

20.

VA ha impugnato la decisione del giudice di primo grado dinanzi al Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen (Tribunale superiore del Land per il contenzioso sociale, Renania settentrionale-Vestfalia, Germania).

21.

Tale giudice rileva che un accreditamento dei periodi controversi ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 3, prima frase, del SGB VI è escluso per il fatto che, durante tali periodi, VA non stava crescendo i suoi figli in Germania. I periodi controversi non possono neppure rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 56, paragrafo 3, seconda frase, del SGB VI, in quanto, affinché ciò sia possibile, VA avrebbe dovuto soggiornare abitualmente all’estero con i figli e, durante tali periodi o immediatamente prima degli stessi, avrebbe dovuto maturare periodi di contribuzione obbligatoria in Germania a causa dell’esercizio di un’attività lavorativa subordinata o autonoma all’estero (ossia nei Paesi Bassi). Il medesimo giudice evidenzia altresì che le condizioni previste dall’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 non sono soddisfatte per il motivo che VA non svolgeva un’attività lavorativa subordinata o autonoma in Germania al momento della nascita dei suoi figli, quando i periodi controversi hanno iniziato a decorrere.

22.

Ciò premesso, il giudice del rinvio si chiede se, alla luce delle sentenze della Corte, tra cui, in particolare, la sentenza Reichel‑Albert, i periodi controversi debbano essere presi in considerazione dalla Deutsche Rentenversicherung Bund al fine di concedere una pensione a VA, dal momento che taluni elementi suggeriscono l’esistenza di un «collegamento sufficiente», sulla base dell’articolo 21 TFUE. A tale proposito, lo stesso osserva, da un lato, che la situazione di VA è diversa da quella che ha dato luogo alla summenzionata sentenza; infatti, prima della nascita dei suoi figli, VA non era affatto soggetta all’obbligo assicurativo in Germania. Pertanto, essa non ha versato contributi al regime legale di assicurazione pensionistica di tale Stato membro. Inoltre, essa ha spostato non solo temporaneamente la sua residenza in un altro Stato membro (i Paesi Bassi); di fatto, vi ha vissuto stabilmente.

23.

D’altronde, tale giudice sottolinea che l’intera vita professionale di VA è collegata alla Germania, dove la medesima ha frequentato la scuola in via esclusiva, dove ha svolto un anno di apprendistato (che sarebbe stato soggetto all’obbligo assicurativo se non fosse stato per il fatto che all’epoca non era disponibile un numero sufficiente di posti retribuiti) e dove gli altri anni in cui VA ha seguito una formazione professionale sono stati riportati come «periodi rilevanti ai fini pensionistici». Inoltre, i figli di VA hanno frequentato la scuola in Germania e la sua famiglia ha stabilito la propria residenza nei Paesi Bassi molto vicino al confine tedesco.

24.

Alla luce di tali elementi, il giudice del rinvio si chiede se la mancata presa in considerazione dei periodi controversi secondo il diritto nazionale sia compatibile con l’articolo 21 TFUE.

25.

In tali circostanze, il Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen (Tribunale superiore del Land per il contenzioso sociale, Renania Settentrionale-Vestfalia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, in base alla legislazione dei Paesi Bassi – in qualità di Stato membro competente ai sensi del titolo II del regolamento [n. 883/2004] –, un periodo di cura dei figli sia preso in considerazione, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, del [regolamento n. 987/2009], per il fatto che il periodo di cura dei figli nei Paesi Bassi, in quanto mero periodo di residenza, fonda un diritto alla pensione.

2)

In caso di risposta negativa alla prima questione:

Se [l’articolo] 44, paragrafo 2, del [regolamento n. 987/2009], debba essere interpretato estensivamente, alla luce delle sentenze della Corte [Elsen] e [Reichel‑Albert], nel senso che lo Stato membro competente deve prendere in considerazione il periodo di cura dei figli anche quando, prima e dopo il periodo di cura dei figli, la persona che provvede alla loro cura abbia effettivamente maturato periodi rilevanti ai fini pensionistici, a titolo di lavoro o di formazione, esclusivamente nel regime di tale [Stato membro], ma non abbia versato contributi nell’ambito di tale regime nel periodo immediatamente precedente o successivo al periodo di cura dei figli».

26.

La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 23 aprile 2021, è pervenuta alla cancelleria della Corte il 4 maggio 2021. Hanno presentato osservazioni scritte i governi tedesco, ceco e dei Paesi Bassi nonché la Commissione. Le stesse parti interessate, ad eccezione del governo ceco, erano rappresentate all’udienza tenutasi l’11 maggio 2023.

IV. Analisi

27.

Per calcolare una pensione ( 11 ), le istituzioni competenti degli Stati membri si basano generalmente sul numero di «periodi di assicurazione» o di «periodi di residenza» maturati dalla persona interessata ( 12 ). Alla luce dell’obiettivo generale dei regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009, che consiste nell’«elaborare unicamente un sistema di coordinamento» e, quindi, nel rispettare le caratteristiche proprie delle legislazioni nazionali di sicurezza sociale ( 13 ), spetta a ciascuno Stato membro stabilire ciò che viene considerato un «periodo di assicurazione» o un «periodo di residenza» o ciò che può essere assimilato a tali periodi ( 14 ), purché la sua legislazione sia conforme alle disposizioni del TFUE sulla libera circolazione delle persone, in particolare l’articolo 21 TFUE ( 15 ).

28.

Alcuni Stati membri – ma non tutti – hanno previsto che i «periodi di cura dei figli» siano assimilati ai «periodi di assicurazione» o ai «periodi di residenza» e che, quindi, essi siano presi in considerazione ai fini della concessione di una pensione.

29.

In tale contesto, l’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 introduce una norma speciale, volta a determinare, in una situazione in cui una persona ha lavorato e cresciuto i propri figli in diversi Stati membri, le circostanze in cui lo Stato membro A (lo Stato membro in cui la persona ha lavorato) deve applicare la propria legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B e a imporre, in tal caso, che tali periodi siano considerati come se fossero stati compiuti nello Stato membro A ( 16 ). Tale competenza dello Stato membro A è sussidiaria rispetto alla competenza dello Stato membro B. Infatti, l’obbligo per lo Stato membro A di applicare la propria legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B trova applicazione solo se la legislazione dello Stato membro B non consente già di prendere in considerazione i periodi dedicati alla cura dei figli.

30.

Come spiega il governo ceco, l’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 non mira a garantire che al beneficiario sia applicata la legislazione più vantaggiosa per la sua situazione, né a imporre agli Stati membri l’obbligo di prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» come «periodi di assicurazione» o «periodi di residenza» rilevanti secondo la loro legislazione; esso ha piuttosto lo scopo di evitare situazioni in cui tali periodi non sarebbero accreditati in base alla legislazione di uno Stato membro per il solo motivo che si sono svolti in uno Stato membro diverso. In tal senso, la disposizione in esame riflette quindi il principio generale della parità di trattamento che l’articolo 5 del regolamento n. 883/2004 intende codificare ( 17 ) e che deriva direttamente dall’articolo 21 TFUE.

31.

Come ho spiegato nelle mie conclusioni nella causa Pensionsversicherungsanstalt ( 18 ), l’applicabilità della legislazione dello Stato membro A, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B dipende dalla circostanza che siano cumulativamente soddisfatte le tre seguenti condizioni:

nessun «periodo di cura dei figli» è preso in considerazione dalla legislazione dello Stato membro B;

la legislazione dello Stato membro A era precedentemente applicabile alla persona interessata in quanto essa esercitava un’attività subordinata o autonoma in tale Stato membro; e

tale persona ha continuato ad essere soggetta alla legislazione dello Stato membro A a causa della suddetta attività alla data a decorrere dalla quale, secondo la legislazione del medesimo Stato membro, si è iniziato a prendere in considerazione il periodo dedicato alla cura del figlio in questione ( 19 ).

32.

Dalle informazioni contenute nel fascicolo e dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio deduco che VA non soddisfa la seconda e la terza condizione che ho appena esposto, in quanto non esercitava un’attività lavorativa subordinata o autonoma nello Stato membro A (Germania) e, pertanto, non ha mai versato contributi al regime legale di assicurazione pensionistica in Germania prima della nascita dei suoi figli, sebbene vi abbia effettivamente portato a termine la sua formazione professionale e svolto un tirocinio di un anno in un asilo.

33.

Osservo, tuttavia, che, nella sentenza Pensionsversicherungsanstalt, la Corte ha dichiarato che l’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 non «disciplina in via esclusiva la presa in considerazione dei periodi di cura della prole» ( 20 ). La persona interessata in tale causa non soddisfaceva nemmeno la terza (benché soddisfacesse la seconda) condizione esposta al paragrafo 31 delle presenti conclusioni. Come già affermato al paragrafo 3 delle presenti conclusioni, la Corte ha dichiarato che, sebbene la persona di cui trattasi non potesse, in tali circostanze, invocare l’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, lo Stato membro A era comunque tenuto ad applicare la propria legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B e a prenderli in considerazione come se fossero stati compiuti nel proprio territorio. Essa ha basato tale conclusione sull’articolo 21 TFUE e sull’esistenza di un «collegamento sufficiente» tra tali periodi e i «periodi di assicurazione» (nella fattispecie, i periodi di attività lavorativa subordinata o autonoma) maturati nello Stato membro A ( 21 ).

34.

Alla luce di tale sentenza, la seconda questione sollevata dal giudice del rinvio deve essere intesa nel senso che essa chiede, in sostanza, se il criterio del «collegamento sufficiente», elaborato dalla Corte nella sua giurisprudenza sulla base non dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, ma dell’articolo 21 TFUE, sia soddisfatto in una situazione come quella di cui trattasi al procedimento principale. I dubbi del giudice del rinvio al riguardo derivano dal fatto che, a differenza delle ricorrenti nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze Elsen, Kauer, Reichel‑Albert e Pensionsversicherungsanstalt, in cui la Corte ha ritenuto sussistente un siffatto «collegamento sufficiente», VA non ha versato alcun contributo al regime legale tedesco di assicurazione pensionistica né si poteva ritenere, secondo la legislazione di tale Stato membro, che essa esercitasse un’attività lavorativa subordinata o autonoma in Germania, prima di crescere i propri figli nei Paesi Bassi.

35.

Spiegherò perché, a mio avviso, tale circostanza, di per sé, non esime lo Stato membro A (Germania) dall’obbligo di applicare la sua legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B (Paesi Bassi). Tuttavia, prima di passare a tale tematica, fornirò una risposta alla prima questione relativa all’interpretazione della prima condizione delineata al precedente paragrafo 31, secondo la quale, affinché lo Stato membro A diventi soggetto a un siffatto obbligo, nessun «periodo di cura dei figli» dev’essere preso in considerazione dalla legislazione dello Stato membro B. A tale proposito, osservo che la Commissione sostiene che tale questione è priva di qualsiasi rilevanza nel caso di specie, in quanto la seconda e la terza condizione di cui all’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1781/2003 non sono in ogni caso soddisfatte. Concordo sul fatto che, nel procedimento principale, VA non può invocare tale disposizione. Tuttavia, ciò non significa, a mio avviso, che la questione se lo Stato membro B (nella fattispecie, i Paesi Bassi) non prenda in considerazione i periodi controversi sia irrilevante. Infatti, ritengo che, in una situazione in cui i regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 si applicano ratione temporis (come nel caso di specie), la prima condizione elencata all’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 si applichi mutatis mutandis laddove l’aspetto relativo alla presa in considerazione dei «periodi di cura dei figli» sia disciplinato non dalla disposizione in esame, ma dal criterio del «collegamento sufficiente» elaborato dalla Corte sulla base dell’articolo 21 TFUE.

A.   Prima questione: quando un periodo di cura dei figli è preso in considerazione secondo la legislazione dello Stato membro B?

36.

Con la prima questione, il giudice del rinvio si chiede se la prima condizione, delineata al paragrafo 31 delle presenti condizioni, sia soddisfatta qualora, in base alla legislazione dello Stato membro B (nella fattispecie, i Paesi Bassi), un siffatto periodo fondi un diritto alla pensione non in quanto assimilato a un «periodo di assicurazione», ma in quanto calcolato come «periodo di residenza».

37.

Desidero fin dall’inizio chiarire due punti. Anzitutto, vorrei spiegare perché, come ho già indicato al precedente paragrafo 35, tale condizione, prevista dall’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, si applichi mutatis mutandis quando la persona interessata non può basare la sua domanda su tale disposizione e deve invece invocare l’articolo 21 TFUE e il criterio del «collegamento sufficiente» elaborato dalla Corte nelle sentenze Elsen, Kauer, Reichel‑Albert e Pensionsversicherungsanstalt.

38.

A tal riguardo, per cominciare ricordo che, come ho spiegato nelle mie conclusioni nella causa Pensionsversicherungsanstalt ( 22 ), uno dei principi essenziali dei regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 consiste nel fatto che la persona alla quale tali regolamenti si applicano è «soggett[a] alla legislazione di un singolo Stato membro» ( 23 ).

39.

A mio avviso, il principio essenziale in esame deve essere rispettato non soltanto nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, ma anche nell’applicazione del criterio del «collegamento sufficiente» sulla base dell’articolo 21 TFUE. Infatti, se così non fosse, una persona che cresce i propri figli all’estero potrebbe ottenere, in base a tale criterio, che i «periodi di cura dei figli» rilevanti siano presi in considerazione sia dallo Stato membro A che dallo Stato membro B (doppio conteggio) o potrebbe «scegliere a suo piacimento» quale legislazione – quella dello Stato membro A o quella dello Stato membro B – sia più favorevole per la stessa, dato che entrambe le legislazioni possono essere applicabili alla sua situazione. Ciò implicherebbe che non si potrebbe ritenere che il criterio del «collegamento sufficiente», al pari dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, introduca una competenza meramente sussidiaria a carico dello Stato membro A ( 24 ). Si dovrebbe piuttosto ritenere che esso introduca una doppia competenza (sia nei confronti dello Stato membro A che dello Stato membro B).

40.

Inoltre, osservo che l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE dispone che «[o]gni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi» ( 25 ). Pertanto, sarei propenso a respingere un’interpretazione di tale disposizione che contrasti con la logica generale o uno dei principi fondamentali sottesi ai due regolamenti di cui trattasi ( 26 ).

41.

A tale proposito ricordo altresì che, mentre l’articolo 21 TFUE mira a garantire, in particolare, che i cittadini che esercitano il loro diritto alla libera circolazione non siano oggetto di discriminazione e, come ha affermato la Corte, che non siano disincentivati dall’esercitare tale diritto a causa di ostacoli a tale libertà, la summenzionata disposizione non ha lo scopo di garantire che essi siano posti in una situazione di vantaggio per aver esercitato tale diritto. È chiaro che, se una persona che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione avesse diritto a ottenere la presa in considerazione dei «periodi di cura dei figli» maturati all’estero da parte tanto dello Stato membro A quanto dello Stato membro B o a «scegliere a suo piacimento» quale legislazione debba essere applicata a tali periodi (anziché poter invocare la legislazione dello Stato membro A, solo se la legislazione dello Stato membro B non consente già di tener conto dei «periodi di cura dei figli») tale persona si troverebbe in una situazione più vantaggiosa rispetto a una persona la cui vita è stata circoscritta al territorio di un unico Stato membro. Un risultato del genere eccederebbe quanto previsto dall’articolo 21 TFUE.

42.

Infine, osservo che tutti gli Stati membri qualificati come «Stato membro B» nelle sentenze Elsen, Kauer e Reichel‑Albert, nonché, più recentemente, nella sentenza Pensionsversicherungsanstalt (ossia Francia, Belgio e Ungheria) non prendevano in considerazione i «periodi di cura dei figli» rilevanti in base alla propria legislazione. Di conseguenza, la Corte ha finora applicato il criterio del «collegamento sufficiente» solo in un contesto in cui era chiaro che lo Stato membro B non prendeva in considerazione i «periodi di cura dei figli» rilevanti ( 27 ).

43.

Dalle considerazioni che precedono emerge, a mio avviso, che non è possibile stabilire un «collegamento sufficiente» tra i «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B e i «periodi di assicurazione» maturati nello Stato membro A, a meno che non risulti chiaramente che lo Stato membro B non prende in considerazione i «periodi di cura dei figli» secondo la propria legislazione. Tale condizione, espressamente inserita dal legislatore dell’Unione nell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, deve essere considerata applicabile, mutatis mutandis, quando ci si avvale del criterio del «collegamento sufficiente» elaborato dalla Corte sulla base dell’articolo 21 TFUE, in un contesto in cui gli Stati membri sono tenuti a rispettare sia la richiamata disposizione sia detto criterio.

44.

Ciò premesso, vorrei, in secondo luogo, chiarire che in una situazione in cui le condizioni per l’applicazione dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 sono soddisfatte, si può ritenere che lo Stato membro B prenda in considerazione i «periodi di cura dei figli» in base alla propria legislazione anche quando tali periodi sono assimilati a «periodi di residenza» e non a «periodi di assicurazione». Infatti, l’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 stabilisce che per «periodo di cura dei figli» s’intende «qualsiasi periodo accreditato sotto la legislazione pensionistica di uno Stato membro o che fornisce un’integrazione pensionistica espressamente per il fatto che una persona abbia cresciuto un figlio, indipendentemente dalle modalità di calcolo di tali periodi».

45.

Da tale ampia definizione risulta che, per determinare se i «periodi di cura dei figli» siano presi in considerazione secondo la legislazione dello Stato membro B, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, di tale regolamento, è sufficiente verificare se tali periodi siano accreditati (o se si ritiene che essi forniscano un’integrazione pensionistica) sotto la legislazione pensionistica dello stesso Stato membro. Le modalità esatte con cui tali periodi sono accreditati, compreso il fatto che siano accreditati come «periodo di assicurazione» o «periodo di residenza», sono irrilevanti.

46.

A mio avviso, e seguendo la stessa logica di cui ai precedenti paragrafi 39 e 40, tale definizione si applica mutatis mutandis nell’ambito dell’applicazione del criterio del «collegamento sufficiente» elaborato sulla base dell’articolo 21 TFUE. Infatti, in caso contrario, una persona avrebbe il diritto di ottenere due volte la presa in considerazione del periodo dedicato alla cura dei figli (sia in base alla legislazione dello Stato membro A che in base a quella dello Stato membro B), purché lo Stato membro B prenda in considerazione tale periodo solo come «periodo di residenza» e non come «periodo di assicurazione» ( 28 ). Un siffatto risultato sarebbe contrario alla logica generale dei regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 ed eccederebbe quanto richiesto in base all’articolo 21 TFUE. Allo stesso tempo, un simile risultato potrebbe altresì pregiudicare il diritto dei cittadini dell’Unione di esercitare la loro libertà di circolazione, dal momento che, nell’ipotesi contraria, tali cittadini non potrebbero ottenere che lo Stato membro A prenda in considerazione il tempo dedicato alla cura dei figli nello Stato membro B qualora, in forza della legislazione di quest’ultimo, un siffatto periodo dovesse essere considerato un «periodo di residenza» e non un «periodo di assicurazione». A tal riguardo, ricordo che dalla sentenza Pensionsversicherungsanstalt emerge che, nell’adottare l’articolo 44 del regolamento n. 987/2009, il legislatore dell’Unione ha concretizzato solo alcuni degli obblighi relativi alla presa in considerazione dei «periodi di cura dei figli» derivanti dall’articolo 21 TFUE. Poiché tali obblighi hanno una portata più ampia rispetto a quelli previsti da tale atto di diritto derivato, mi sembra che la definizione della nozione di «periodi di cura dei figli» non possa essere più restrittiva ai sensi dell’articolo 21 TFUE di quanto lo sia in base all’articolo 44 del regolamento n. 987/2009.

47.

Nel caso in esame nel procedimento principale, spetta al giudice del rinvio stabilire se i «periodi di cura dei figli» siano già presi in considerazione secondo la legislazione dello Stato membro B (Paesi Bassi). Fatta salva la verifica che dovrà essere effettuata da tale giudice, ricordo che la controversia oggetto del procedimento principale riguarda il diritto di VA a prestazioni di invalidità e non a una pensione di vecchiaia ( 29 ). All’udienza, il governo dei Paesi Bassi ha spiegato che il suo ordinamento nazionale non consente di concedere prestazioni di invalidità a lavoratori autonomi come VA e che solo ai fini della concessione di un diverso tipo di pensione, ossia la pensione di vecchiaia, i «periodi di cura dei figli» sono assimilati a «periodi di residenza». Inoltre, esso ha affermato che, nella misura in cui il procedimento principale riguarda solo la concessione di prestazioni di invalidità, si deve ritenere che secondo la legislazione di tale Stato membro non debba essere preso in considerazione nessun periodo di cura dei figli ( 30 ).

48.

Avendo formulato tali osservazioni per fornire una risposta alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio, passerò ora a verificare se il criterio del «collegamento sufficiente» applicato dalla Corte nelle sentenze Elsen, Kauer e Reichel‑Albert, nonché, più recentemente, nella sentenza Pensionsversicherungsanstalt, sia rilevante nella presente causa.

B.   Seconda questione: cosa costituisce un «collegamento sufficiente»?

49.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se l’obbligo, derivante dall’articolo 21 TFUE, per lo Stato membro A (nella fattispecie, la Germania) di prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» si applichi anche nel caso in cui, come avviene nel procedimento principale, la persona in questione abbia versato contributi a causa dell’attività lavorativa subordinata o autonoma svolta in tale Stato membro solo dopo aver cresciuto i propri figli in uno o più altri Stati membri, e non prima della nascita dei figli. In tale contesto, il giudice del rinvio fa espresso riferimento alle sentenze Elsen, Kauer e Reichel‑Albert, nelle quali la Corte ha coniato ed elaborato il criterio del «collegamento sufficiente».

50.

Spiegherò, da un lato, perché, a mio avviso, in un ambito in cui i regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 si applicano ratione temporis, si dovrebbe resistere alla tentazione di estendere eccessivamente il «collegamento sufficiente» e, dall’altro, perché ritengo che un siffatto collegamento possa esistere anche se una persona non ha versato contributi per la sua attività lavorativa subordinata o autonoma al regime legale di assicurazione pensionistica dello Stato membro A prima di trasferirsi nello Stato membro B per crescervi i propri figli.

1. Criterio del «collegamento sufficiente» dopo la sentenza Pensionsversicherungsanstalt

51.

Come ho spiegato nelle mie conclusioni nella causa Pensionsversicherungsanstalt ( 31 ), mi pare che, nell’adottare l’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, il legislatore dell’Unione abbia compiuto la scelta consapevole di non fare riferimento al criterio del «collegamento sufficiente» formulato dalla Corte nell’ambito del regime applicabile in precedenza (vale a dire in un contesto di applicazione ratione temporis del regolamento n. 1408/71). Infatti, poiché tale disposizione è successiva alle sentenze Elsen e Kauer (ma non alla sentenza Reichel‑Albert), se avesse voluto, il legislatore dell’Unione avrebbe potuto adottarla expressis verbis, in modo da integrare completamente tale criterio nel diritto derivato dell’Unione. Tuttavia, forse a causa del fatto che il summenzionato criterio non è intrinsecamente altrettanto chiaro quanto le tre condizioni, definite chiaramente, di cui all’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 (ed è formulato in maniera più aperta delle stesse) e che la disposizione in esame mirava a introdurre un’eccezione (limitata e chiaramente delineata) alle norme sulla competenza di cui al titolo II del regolamento n. 883/2004, esso ha scelto di non procedere in tal senso ( 32 ).

52.

Le stesse ragioni esposte, nonché talune ulteriori ragioni ( 33 ), mi inducono a ritenere che, sebbene la Corte abbia ora deciso, contrariamente a quanto da me suggerito ( 34 ), che il criterio del «collegamento sufficiente» continua ad essere rilevante in una situazione in cui i regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 (e non il regolamento n. 1408/71) si applicano ratione temporis, si dovrebbe resistere alla tentazione di incentivare l’inclusione di una gamma sempre più ampia di situazioni nell’ambito di applicazione del criterio del «collegamento sufficiente» sulla base non di tali regolamenti, ma dell’articolo 21 TFUE.

53.

Diversi fattori potrebbero contribuire a tale fenomeno. In primo luogo, non è chiaro, come ho appena spiegato, cosa costituisca un «collegamento sufficiente». Per sua natura, il criterio del «collegamento sufficiente» è aperto e dipende da quali circostanze possono essere considerate rilevanti in ciascun caso. Nelle sentenze Elsen, Kauer, Reichel‑Albert e Pensionsversicherungsanstalt sono stati sottolineati diversi fattori, tra cui il fatto che le ricorrenti avessero lavorato esclusivamente nello Stato membro A o che avessero versato contributi esclusivamente in tale Stato membro, senza che nessuno di essi sia stato individuato come decisivo ( 35 ). In secondo luogo, la Corte ha, ad oggi, sempre concluso che esisteva un «collegamento sufficiente», e mai che quest’ultimo mancava. In effetti, le sentenze passate in cui è stato applicato tale criterio mostrano la tendenza della Corte ad ampliare piuttosto che a limitare il numero di situazioni in cui lo Stato membro A può essere tenuto ad applicare la sua legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B. Ad esempio, mentre sia nella sentenza Elsen che nella sentenza Kauer le ricorrenti erano rimaste soggette alla legislazione dello Stato membro A fino all’inizio dei «periodi di cura dei figli» trascorsi all’estero ( 36 ), lo stesso non valeva per le ricorrenti nella sentenza Reichel‑Albert e nella sentenza Pensionsversicherungsanstalt ( 37 ) e, tuttavia, ciò non ha impedito alla Corte di concludere che esisteva un «collegamento sufficiente».

54.

Alla luce di tali considerazioni, non sorprende che, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio abbia indicato una serie di circostanze (come il fatto che l’intera vita professionale di VA sia collegata alla Germania, che la medesima abbia frequentato la scuola esclusivamente in Germania, che abbia stabilito la propria residenza nei Paesi Bassi a pochi chilometri dal confine tedesco e che i suoi figli abbiano frequentato la scuola in Germania) come potenzialmente rilevanti per stabilire l’esistenza di un «collegamento sufficiente» ( 38 ).

55.

Nelle sezioni che seguono, proverò a chiarire la portata del criterio di cui trattasi. Inizierò precisando (a) le considerazioni che, a mio avviso, non sono rilevanti per stabilire l’esistenza di un siffatto collegamento, prima di insistere su (b) quelle che ritengo, invece, determinanti.

a) Considerazioni prive di rilevanza

56.

In primo luogo, dato che il criterio del «collegamento sufficiente» è stato elaborato in cause in cui la Corte ha esaminato due aspetti (vale a dire, da un lato, se lo Stato membro A fosse tenuto ad applicare la propria legislazione ai periodi di cura dei figli maturati nello Stato membro B e, dall’altro, in caso affermativo, se tale legislazione considerasse tali periodi come se fossero stati compiuti nel suo territorio e fosse, quindi, compatibile con l’articolo 21 TFUE) ( 39 ), si può essere tentati di ritenere che la giurisprudenza rilevante per il secondo di tali aspetti sia rilevante anche per il primo.

57.

A tal proposito, osservo che, nella sua sentenza Pensionsversicherungsanstalt, la Corte ha ricordato, ad esempio, che una normativa nazionale che svantaggi determinati cittadini nazionali solo per aver esercitato la loro libertà di circolazione e di soggiorno in un altro Stato membro deve essere considerata tale da provocare una disparità di trattamento contraria ai principi sottesi allo status di cittadino dell’Unione nell’esercizio della propria libertà di circolazione ( 40 ). Concordo sul fatto che, nel caso di specie, se VA avesse cresciuto i propri figli in Germania, i «periodi di cura dei figli» rilevanti sarebbero stati automaticamente presi in considerazione in base alla legislazione tedesca applicabile (ossia ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 3, prima frase, del SGB VI). Pertanto, proprio come le ricorrenti nei procedimenti oggetto delle sentenze Elsen, Kauer, Reichel‑Albert e Pensionsversicherungsanstalt, VA è stata svantaggiata per il solo motivo di aver cresciuto i propri figli nei Paesi Bassi anziché in Germania.

58.

Tuttavia, ritengo che il fatto che una persona, come VA nel procedimento principale, subisca uno svantaggio per il motivo che i «periodi di cura dei figli» compiuti all’estero non possono essere presi in considerazione dallo Stato membro A non sia, di per sé, rilevante per stabilire se esista un «collegamento sufficiente» tra i «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B e i «periodi di assicurazione» maturati nello Stato membro A. Per contro, tale aspetto riguarda la questione della compatibilità della legislazione dello Stato membro A con l’articolo 21 TFUE.

59.

A mio avviso, queste due questioni sono distinte l’una dall’altra e non possono sovrapporsi. Ciò è stato confermato dalla Corte nella sentenza Pensionsversicherungsanstalt ( 41 ). Pertanto, il mero fatto che una persona come VA subisca uno svantaggio in quanto i «periodi di cura dei figli» che ha maturato nello Stato membro B non possono essere presi in considerazione dallo Stato membro A non può essere invocato per ampliare la gamma di situazioni in cui esiste un «collegamento sufficiente» ( 42 ).

60.

In secondo luogo, rilevo che la maggior parte degli argomenti dedotti dal governo tedesco in udienza si sono concentrati sul fatto che VA ha legami più forti con i Paesi Bassi che con la Germania. Secondo il governo tedesco, la Germania non sarebbe, per tale motivo, tenuta ad applicare la propria legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati da VA nei Paesi Bassi.

61.

Non condivido tale analisi. A mio avviso, il mero fatto che la persona interessata abbia anche legami con il sistema di sicurezza sociale dello Stato membro B durante i «periodi di cura dei figli» rilevanti (ad esempio, perché a tale soggetto è imposto un obbligo assicurativo in tale Stato membro nel corso di tali periodi) non impedisce alla legislazione dello Stato membro A di essere applicata ad essi. Come ho spiegato rispondendo alla prima questione, lo scopo del criterio del «collegamento sufficiente»non consiste nel determinare, a seconda del sistema di sicurezza sociale con cui il richiedente ha i legami più stretti, quale legislazione trovi applicazione: quella dello Stato membro A o quella dello Stato membro B. Per contro, tale criterio mira a introdurre una competenza sussidiaria (residuale) per lo Stato membro A, il che non pregiudica il fatto che, se i «periodi di cura dei figli» sono presi in considerazione dalla legislazione dello Stato membro B, trova applicazione solo la legislazione di tale Stato membro.

62.

A tale riguardo, ricordo che, come sottolineato dalla Commissione in udienza, il criterio del «collegamento sufficiente» è stato anzitutto elaborato dalla Corte nella sentenza Elsen, che riguardava una lavoratrice frontaliera. I lavoratori frontalieri hanno inevitabilmente collegamenti sia con lo Stato membro in cui lavorano sia con quello in cui risiedono. Di conseguenza, è chiaro che il mero fatto che una persona abbia legami con lo Stato membro B non impedisce alla stessa di avere anche un «collegamento sufficiente» con il sistema di sicurezza sociale dello Stato membro A.

63.

In terzo luogo, si potrebbe altresì sostenere che, per stabilire un «collegamento sufficiente», il richiedente deve aver lavorato esclusivamente in uno Stato membro (lo Stato membro A) nel corso della sua vita. In effetti, la Corte ha sottolineato tale elemento nelle sentenze Elsen, Kauer, Reichel‑Albert e Pensionsversicherungsanstalt.

64.

Tuttavia, riscontro due problemi nell’approccio in esame. Anzitutto, esso svantaggerebbe i cittadini dell’Unione che hanno lavorato in diversi Stati membri e che hanno quindi esercitato il loro diritto alla libera circolazione in applicazione delle disposizioni del TFUE. Una persona può, ad esempio, aver lavorato solo nello Stato membro A sia prima che immediatamente dopo aver cresciuto un figlio nello Stato membro B. La medesima persona dovrebbe essere privata della possibilità di invocare la legislazione dello Stato membro A per i «periodi di cura dei figli» che ha compiuto nello Stato membro B semplicemente perché in seguito la medesima lavora nello Stato membro C o persino nello Stato membro B, e non più nello Stato membro A?

65.

In secondo luogo, tale approccio potrebbe altresì produrre obblighi sproporzionati per lo Stato membro A. Si immagini l’ipotesi in cui la persona interessata non abbia avuto alcun collegamento con lo Stato membro A prima di aver cresciuto i propri figli nello Stato membro B, ma successivamente abbia lavorato soltanto nello Stato membro A. Tale Stato membro dovrebbe essere tenuto ad applicare la propria legislazione ai «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B, anche se la persona interessata ha iniziato a lavorare nel suo territorio solo molti anni dopo, per il solo motivo che si può affermare che essa vi abbia lavorato esclusivamente?

66.

Infine, non ritengo che l’esistenza di un «collegamento sufficiente» possa basarsi, come dichiara il giudice del rinvio, sul mero fatto che la vita della persona interessata, dopo la nascita dei figli, sia «prevalentemente orientata» verso il sistema giuridico, economico e sociale dello Stato membro A (ad esempio, perché i figli frequentano la scuola nello Stato membro A o perché essa risiedeva soltanto a pochi chilometri di distanza dalla frontiera di tale Stato membro). Il criterio in questione è troppo incerto e imprevedibile e non fornirebbe maggiore chiarezza al criterio del «collegamento sufficiente».

67.

Effettuate tali precisazioni, non mi resta che delineare quali considerazioni siano determinanti al fine di stabilire l’esistenza di un «collegamento sufficiente».

b) Considerazioni determinanti

68.

Mi sembra chiaro che il fattore determinante per stabilire la sussistenza di un «collegamento sufficiente» è che la persona interessata abbia maturato «periodi di assicurazione» nello Stato membro A prima (ma non necessariamente dopo), aver cresciuto i suoi figli nello Stato membro B (prima condizione). A mio avviso, il fatto che l’interessato sia tornato a lavorare nello Stato membro A dopo aver concluso i «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B può rafforzare la conclusione della Corte che esista un «collegamento sufficiente». Tuttavia, non si tratta di una condizione indispensabile per l’esistenza di tale collegamento.

69.

Infatti, se la persona interessata fosse tenuta, per beneficiare della legislazione dello Stato membro A, a lavorare nuovamente o a maturare ulteriori «periodi di assicurazione» in tale Stato membro dopo aver cresciuto i propri figli nello Stato membro B, sarebbe semplicemente pregiudicato l’esercizio del suo diritto di circolare e soggiornare liberamente in altri Stati membri ai sensi dell’articolo 21 TFUE (poiché, tranne nel caso dei lavoratori frontalieri, l’interessato sarebbe effettivamente tenuto a tornare nello Stato membro A per maturare tali ulteriori «periodi di assicurazione»).

70.

Inoltre, ritengo che, sebbene non sia necessario che i «periodi di assicurazione» maturati nello Stato membro A precedano immediatamente i periodi dedicati alla cura dei figli, lo Stato membro A deve essere l’ultimo in cui la persona interessata ha maturato «periodi di assicurazione» prima di crescere i propri figli nello Stato membro B (seconda condizione). Infatti, a mio avviso, se una persona matura «periodi di assicurazione» nello Stato membro A e, successivamente, nello Stato membro C, prima di crescere i figli nello Stato membro B, i «periodi di cura dei figli» maturati in quest’ultimo devono essere considerati più strettamente collegati ai «periodi di assicurazione» compiuti nello Stato membro C che a quelli compiuti nello Stato membro A. In una situazione del genere, lo Stato membro C, e non lo Stato membro A, deve applicare la propria legislazione ( 43 ).

71.

Aggiungo che tale seconda condizione è compatibile con la regola, stabilita dall’articolo 44, paragrafo 3, del regolamento n. 987/2009, in base a cui l’obbligo per lo Stato membro A di prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B secondo la propria legislazione non trova più applicazione «se la persona interessata è o diventa soggetta alla legislazione di un altro Stato membro per il fatto che vi eserciti un’attività subordinata o autonoma».

72.

Ne consegue che il criterio del «collegamento sufficiente» deve, a mio avviso, basarsi su due elementi essenziali. Anzitutto, la persona interessata deve aver maturato «periodi di assicurazione» nello Stato membro A prima (ma non necessariamente dopo) aver cresciuto i propri figli nello Stato membro B. In secondo luogo, lo Stato membro A deve essere l’ultimo Stato membro in cui la persona interessata ha maturato tali «periodi di assicurazione» prima di crescere i propri figli nello Stato membro B.

2. Applicazione a una situazione come quella oggetto del procedimento principale

73.

Nel dispositivo della sentenza Pensionsversicherungsanstalt, la Corte ha espressamente sottolineato che la persona interessata aveva esclusivamente versato contributi nello Stato membro A, tanto anteriormente quanto successivamente al trasferimento della sua residenza in un altro Stato membro, ove essa si era dedicata alla cura dei propri figli. Alla luce di tale formulazione, ci si può chiedere, al pari del giudice del rinvio nella presente causa, se il criterio del «collegamento sufficiente» sia soddisfatto in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui VA ha maturato quelli che mi risulta siano periodi assimilabili a «periodi di assicurazione» nello Stato membro A (Germania) prima di crescere i figli nello Stato membro B (Paesi Bassi), ma ha iniziato a versare contributi al regime legale di assicurazione pensionistica del primo Stato membro solo diversi anni dopo aver smesso di dedicarsi alla cura dei figli.

74.

A mio avviso, tale circostanza non può, di per sé, impedire, come ho già affermato al paragrafo 35 supra, l’applicabilità della legislazione dello Stato membro A (Germania) ai periodi controversi.

75.

A tale riguardo, devo riconoscere che è logico, in linea di principio, subordinare il diritto di una persona ad una pensione alla circostanza che l’interessato abbia versato contributi al regime legale di assicurazione pensionistica dello Stato membro competente per la concessione di una siffatta pensione. Pertanto, posso capire perché alcuni Stati membri potrebbero voler limitare quello che deve essere considerato un «periodo di assicurazione» ai periodi in cui la persona interessata ha effettivamente versato contributi a causa della sua attività lavorativa subordinata o autonoma. Tuttavia, ciò non toglie che altri Stati membri, tra cui la Germania, consentano di assimilare ai «periodi di assicurazione» taluni periodi della vita di una persona, durante i quali essa non ha versato contributi e non ha svolto un’attività lavorativa subordinata o autonoma (e quindi non era soggetta a un obbligo assicurativo).

76.

Su tale punto, ricordo che, ai sensi dell’articolo 1, lettera t), del regolamento n. 883/2004 l’espressione «periodo di assicurazione» non è limitato ai «periodi di contribuzione, di occupazione o di attività lavorativa autonoma». La locuzione in esame si applica altresì a «tutti i periodi (…) riconosciuti da tale legislazione come equivalenti ai periodi di assicurazione». Ne consegue che i «periodi di assicurazione», conformemente a tale disposizione, possono essere maturati da una persona in uno Stato membro, anche se la stessa non versa contributi al regime legale di assicurazione pensionistica (e non svolge un’attività lavorativa subordinata o autonoma) in tale Stato membro.

77.

Nel caso di specie, mi sembra che il governo tedesco indichi che i periodi di formazione professionale che VA ha maturato in Germania prima di dedicarsi a crescere i propri figli nei Paesi Bassi sono assimilati a «periodi di assicurazione» ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, del SGB VI. Il giudice del rinvio effettua una dichiarazione simile nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale. Infatti, esso rileva che nell’estratto conto contributivo di VA sono stati riportati i corrispondenti «periodi da accreditare» o «periodi rilevanti ai fini pensionistici» per i periodi in cui la ricorrente ha svolto tale formazione professionale.

78.

Inoltre, la Germania è l’ultimo Stato membro in cui VA ha maturato «periodi di assicurazione» prima di trasferirsi nei Paesi Bassi.

79.

Di conseguenza, e fatta salva la verifica che dovrà essere effettuata dal giudice del rinvio, sarei propenso a ritenere, alla luce delle considerazioni che ho sottolineato ai paragrafi da 68 a 72 delle presenti conclusioni, che la legislazione dello Stato membro A (Germania) si applichi ai periodi controversi e che tale Stato membro sia tenuto, ai sensi dell’articolo 21 TFUE, a prendere in considerazione tali periodi come se fossero stati compiuti sul suo territorio ( 44 ).

V. Conclusione

80.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Landessozialgericht Nordrhein-Westfalen (Tribunale superiore del Land per il contenzioso sociale, Renania Settentrionale-Vestfalia, Germania) come segue:

L’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale

deve essere interpretato nel senso che lo Stato membro al quale spetta l’erogazione della pensione è tenuto ad applicare la propria legislazione e a prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» maturati in un altro Stato membro come se tali periodi fossero stati compiuti sul suo territorio, ai sensi dell’articolo 21 TFUE, a condizione, da un lato, che la persona interessata abbia maturato «periodi di assicurazione» nel primo Stato membro prima di svolgere tali «periodi di cura dei figli» e, dall’altro, che tale Stato membro sia stato l’ultimo Stato membro in cui la stessa ha maturato tali «periodi di assicurazione» prima di trasferirsi. L’obbligo per il primo Stato membro di prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» maturati nel secondo Stato membro non si applica se quest’ultimo Stato membro tiene già conto di tali periodi in base alla propria legislazione. Un «periodo di assicurazione» può comprendere un periodo assimilato a un «periodo di assicurazione» in base alla legislazione nazionale dello Stato membro al quale spetta l’erogazione della pensione, durante il quale non sono stati versati contributi al regime legale di assicurazione pensionistica di tale Stato membro.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Sentenza del 23 novembre 2000 (C‑135/99, EU:C:2000:647; in prosieguo: la «sentenza Elsen»).

( 3 ) Sentenza del 7 febbraio 2002 (C‑28/00, EU:C:2002:82; in prosieguo: la «sentenza Kauer»).

( 4 ) Sentenza del 19 luglio 2012 (C‑522/10, EU:C:2012:475; in prosieguo: la «sentenza Reichel‑Albert»).

( 5 ) Regolamento del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2).

( 6 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L200, pag.1).

( 7 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2009, L 284, pag. 1).

( 8 ) Sentenza del 7 luglio 2022 (C‑576/20, EU:C:2022:525; in prosieguo: la «sentenza Pensionsversicherungsanstalt»).

( 9 ) Ibidem, punto 63.

( 10 ) Il giudice del rinvio indica che VA ha vissuto nei Paesi Bassi in maniera discontinua tra il 1962 e il 1975. Ha iniziato a risiedervi in modo permanente nel 1975.

( 11 ) In base all’articolo 1, lettera w), del regolamento n. 883/2004, la definizione di «pensione» comprende «non solo le pensioni, ma anche le rendite, le prestazioni in capitale che possono esser sostituite alle pensioni o alle rendite e i versamenti effettuati a titolo di rimborso di contributi nonché, fatte salve le disposizioni del titolo III, le maggiorazioni di rivalutazione o gli assegni supplementari». Essa comprende l’erogazione di prestazioni di invalidità come quelle a cui VA sostiene di avere diritto nel caso di specie (v. capitolo 4, intitolato «Prestazioni di invalidità»). V. altresì l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, il quale precisa che tale atto si applica non solo alle prestazioni di vecchiaia, ma anche a quelle di invalidità.

( 12 ) V., in casu, l’articolo 45 del regolamento n. 883/2004, che precisa che la legislazione di uno Stato membro può subordinare l’acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni di invalidità al maturare di periodi di assicurazione o di residenza.

( 13 ) V., tra l’altro, considerando 4 del regolamento n. 883/2004.

( 14 ) Per la definizione di «periodo di assicurazione» e «periodo di residenza», v. rispettivamente lettere t) e v), dell’articolo 1 del regolamento n. 883/2004. Entrambe le nozioni sono definite con riferimento alla «legislazione sotto la quale sono maturati o sono considerati maturati».

( 15 ) V. sentenza Pensionsversicherungsanstalt (punto 49 e giurisprudenza citata).

( 16 ) Concretamente, ciò significa che, nella misura in cui la legislazione di uno Stato membro consente in generale di prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» ai fini della concessione di una pensione, tale legislazione non può considerare i «periodi di cura dei figli» maturati in uno o più altri Stati membri in modo diverso da quelli maturati a livello nazionale.

( 17 ) V. altresì, in tal senso, il considerando 5 di quest’ultimo regolamento.

( 18 ) C‑576/20, EU:C:2022:75, paragrafo 32.

( 19 ) Rilevo, incidentalmente, che l’articolo 44, paragrafo 3, del regolamento n. 987/2009 precisa che l’obbligo previsto al paragrafo 2 del medesimo articolo non trova applicazione se la persona interessata è o diventa soggetta alla legislazione di un altro Stato membro per il fatto che vi eserciti un’attività subordinata o autonoma.

( 20 ) V. sentenza Pensionsversicherungsanstalt, cit., punto 55.

( 21 ) Ibidem, punto 66.

( 22 ) C‑576/20, EU:C:2022:75, paragrafi 6465.

( 23 ) V. articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004. Il sistema di coordinamento istituito da tale regolamento e dal regolamento n. 987/2009 persegue un duplice scopo, che consiste, da un lato, nell’impedire che le persone rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 restino senza tutela previdenziale per mancanza di una legislazione che sia loro applicabile e, dall’altro, nell’evitare la simultanea applicazione di più legislazioni nazionali e le complicazioni che possono derivarne [v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2020, Pensionsversicherungsanstalt (Indennità di riabilitazione) (C‑135/19, EU:C:2020:177, punto 46)].

( 24 ) Ibidem, punto 46.

( 25 ) Il corsivo è mio.

( 26 ) Come spiegherò di seguito, ciò non incide, naturalmente, sul fatto che la conformità di una disposizione nazionale a una disposizione di un atto di diritto derivato dell’Unione (come, in casu, l’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009) non produce necessariamente l’effetto di sottrarre tale normativa alle disposizioni del TFUE [v., a tale riguardo, sentenza dell’11 aprile 2013, Jeltes e a. (C‑443/11, EU:C:2013:224, punto 41 e giurisprudenza citata)].

( 27 ) Poiché la Corte non ha dichiarato apertamente, nelle sentenze Elsen, Kauer, Reichel-Albert o Pensionsversicherungsanstalt, che la legislazione dello Stato membro B non prevedeva la presa in considerazione dei «periodi di cura dei figli» rilevanti, tali sentenze potrebbero essere interpretate anche nel senso che la legislazione dello Stato membro A dovrebbe applicarsi a tali periodi escludendo la legislazione dello Stato membro B [v., a sostegno di tale interpretazione, sentenze Elsen (punto 28) e Kauer (punti 30 e 31)]. Tuttavia, a mio avviso, tale interpretazione sarebbe errata, almeno in una situazione in cui i regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 si applicano ratione temporis (cosa che non è avvenuta nelle sentenze Elsen, Kauer, Reichel‑Albert). Infatti, ciò significherebbe che, in base al criterio del «collegamento sufficiente», una persona potrebbe invocare soltanto la legislazione dello Stato membro A, mentre, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, tale persona potrebbe invocare la legislazione dello Stato membro B e, qualora nessun «periodo di cura dei figli» venga preso in considerazione secondo tale legislazione, la legislazione dello Stato membro A (la medesima otterrebbe, in sostanza, una doppia «possibilità» di ottenere la presa in considerazione dei periodi di cui trattasi). A mio avviso, il criterio del «collegamento sufficiente», elaborato sulla base dell’articolo 21 TFUE, non può offrire ai cittadini dell’Unione un livello di protezione inferiore a quello di tale disposizione.

( 28 ) In un’ipotesi del genere, si riterrebbe che lo Stato membro B non consenta di prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» secondo la propria legislazione. Lo Stato membro A sarebbe quindi obbligato ad applicare la propria legislazione ai periodi dedicati alla cura dei figli nello Stato membro B in applicazione del criterio del «collegamento sufficiente». Tuttavia, in pratica, tali periodi verrebbero ancora accreditati come «periodi di residenza» secondo la legislazione dello Stato membro B.

( 29 ) Rilevo che il governo tedesco sostiene che, affinché i «periodi di cura dei figli» si possano ritenere «presi in considerazione» ai sensi della legislazione dello Stato membro B, occorre unicamente che, ai sensi di tale legislazione, essi siano accreditati ai fini della concessione di qualsiasi tipo di pensione (sia essa una pensione di vecchiaia o una pensione di invalidità). Non sono d’accordo. A mio avviso, si deve valutare se essi siano accreditati per il tipo specifico di pensione in questione.

( 30 ) Per completezza, rilevo che il governo dei Paesi Bassi sostiene che, nel caso di specie, lo Stato membro competente ai sensi del titolo II del regolamento n. 883/2004 non sono i Paesi Bassi, bensì la Germania, dato che l’invalidità di VA è sorta quando la stessa viveva e lavorava in Germania. Tale interpretazione è, a mio avviso, chiaramente errata. Infatti, per stabilire quale legislazione debba essere applicata a un determinato periodo (come, in casu, un «periodo di cura dei figli»), occorre considerare la situazione della persona interessata nel corso di un siffatto periodo, non la data in cui tale persona ha maturato il diritto alla pensione.

( 31 ) C‑576/20, EU:C:2022:75, paragrafi da 60 a 63.

( 32 ) Ibidem, paragrafi 64 e 65.

( 33 ) Legate, in particolare, al fatto che la legislazione di uno Stato membro che rispecchi perfettamente i contenuti dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009 potrebbe, a seguito della sentenza Pensionsversicherungsanstalt, essere considerata contraria all’articolo 21 TFUE, qualora essa non consenta di prendere in considerazione i «periodi di cura dei figli» in altre situazioni (situazioni difficili da prevedere, dato che il criterio del «collegamento sufficiente» è intrinsecamente poco chiaro).

( 34 ) V. le mie conclusioni nella causa Pensionsversicherungsanstalt.

( 35 ) Ad esempio, nella sentenza Elsen, la Corte ha dichiarato che, poiché esisteva uno «stretto legame» tra tali periodi e i periodi di attività della sig.ra Elsen in Germania, non si poteva ritenere che la sig.ra Elsen avesse cessato qualsiasi «attività lavorativa» o che fosse soggetta per tale motivo alla legislazione dello Stato membro di residenza (Francia). Nella sentenza Reichel‑Albert, invece, mi sembra che la conclusione della Corte sia stata in qualche modo influenzata da considerazioni diverse. Anzitutto, la sig.ra Reichel‑Albert aveva esclusivamente lavorato e versato contributi in uno stesso e unico Stato membro (Germania), tanto anteriormente quanto successivamente al trasferimento temporaneo della sua residenza in un altro Stato membro (Belgio) in cui non aveva mai lavorato. In secondo luogo, la sig.ra Reichel‑Albert si era trasferita in Belgio per motivi strettamente familiari e direttamente dalla Germania, dove la stessa aveva esercitato un’attività dipendente fino al mese precedente il suo trasferimento.

( 36 ) V. sentenze Elsen (punto 26) e Kauer (punto 32).

( 37 ) In effetti, in entrambe le cause, la ricorrente aveva smesso di essere soggetta alla legislazione dello Stato membro A diversi mesi o addirittura più di un anno prima che tali periodi iniziassero a decorrere.

( 38 ) V. paragrafo 23 supra.

( 39 ) Infatti, come ho spiegato nelle mie conclusioni nella causa Pensionsversicherungsanstalt (C‑576/20, EU:C:2022:75, paragrafo 38), prima dell’entrata in vigore dei regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009, la giurisprudenza della Corte, come la intendo, ruotava intorno a un approccio in due fasi basato sull’applicabilità della legislazione dello Stato membro A ai «periodi di cura dei figli» compiuti nello Stato membro B, purché esistesse uno «stretto legame» o un «collegamento sufficiente» tra tali periodi e i periodi di attività lavorativa maturati nello Stato membro A (fase 1) e sull’obbligo, derivante dall’articolo 21 TFUE, per tale legislazione di considerare i «periodi di cura dei figli» maturati nello Stato membro B come se fossero stati compiuti nello Stato membro A (cioè, di considerarli allo stesso modo) (fase 2).

( 40 ) V. sentenze Pensionsversicherungsanstalt (punto 61) e Reichel‑Albert (punto 42 e giurisprudenza citata).

( 41 ) V., in particolare, punti 63 e 64 di tale sentenza.

( 42 ) Aggiungo che, se ogni volta che una persona ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione in applicazione delle disposizioni del TFUE, l’unico criterio fosse quello di stabilire se tale persona sarebbe svantaggiata o meno qualora non potesse continuare a invocare la legislazione dello Stato membro che le poteva essere applicata in precedenza, allora le disposizioni che fanno parte del sistema di coordinamento istituito dai regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 diventerebbero nel loro insieme superflue. Un risultato del genere creerebbe molta incertezza non solo per gli Stati membri, ma anche per gli stessi cittadini dell’Unione (e potrebbe quindi, in ultima analisi, pregiudicare, anziché agevolare, l’esercizio del diritto alla libera circolazione tutelato da tali disposizioni).

( 43 ) A tal riguardo, ricordo altresì che, per quanto riguarda l’articolo 45 TFUE, che riguarda la libera circolazione, la Corte ha già dichiarato che una situazione che riposa su una serie di circostanze eccessivamente aleatorie e indirette non è tale da esercitare un’influenza sulla scelta del lavoratore di avvalersi della libertà di circolazione e non può essere considerata idonea ad ostacolare la libera circolazione dei lavoratori [v. sentenza del 24 novembre 2022, MCM (Aiuti finanziari per studi all’estero) (C‑638/20, EU:C:2022:916, punto 35 e giurisprudenza citata)]. A mio avviso, tali considerazioni valgono anche nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 21 TFUE. Pertanto, i «periodi di cura dei figli» non possono essere troppo lontani o troppo separati dai «periodi di assicurazione» maturati nello Stato membro A.

( 44 ) Per quanto riguarda la questione relativa alla conformità della normativa nazionale oggetto del procedimento principale all’articolo 21 TFUE (la fase 2 a cui ho fatto riferimento alla nota 39 supra), osservo che, nelle sentenze Elsen (punto 34) e Reichel‑Albert (punto 39), la Corte ha già colto l’occasione per affermare, rispetto a versioni precedenti (identiche) delle disposizioni oggetto dei procedimenti principali, che tali disposizioni sfavorivano i cittadini dell’Unione che avevano esercitato il loro diritto di circolare e soggiornare liberamente negli Stati membri, garantito dall’articolo 21 TFUE, ed erano, pertanto, contrarie a tale disposizione. A mio avviso, tale conclusione è ancora valida.

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