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Document 62020TJ0480

Sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 1° marzo 2023 (Estratti).
Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE e Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE contro Commissione europea.
Sovvenzioni – Importazioni di alcuni prodotti in fibra di vetro tessuti o cuciti originari della Repubblica popolare cinese e dell’Egitto – Regolamento di esecuzione (UE) 2020/776 – Dazio compensativo definitivo – Calcolo dell’importo della sovvenzione – Imputabilità della sovvenzione – Diritti della difesa – Errore manifesto di valutazione – Sistema di restituzione dei dazi all’importazione – Trattamento fiscale delle perdite sui cambi – Calcolo del margine di undercutting.
Causa T-480/20.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2023:90

 SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

1o marzo 2023 ( *1 )

«Sovvenzioni – Importazioni di alcuni prodotti in fibra di vetro tessuti o cuciti originari della Repubblica popolare cinese e dell’Egitto – Regolamento di esecuzione (UE) 2020/776 – Dazio compensativo definitivo – Calcolo dell’importo della sovvenzione – Imputabilità della sovvenzione – Diritti della difesa – Errore manifesto di valutazione – Sistema di restituzione dei dazi all’importazione – Trattamento fiscale delle perdite sui cambi – Calcolo del margine di undercutting»

Nella causa T‑480/20,

Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE, con sede in Ain Soukhna (Egitto),

Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE, con sede in Ain Soukhna,

rappresentate da B. Servais e V. Crochet, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Kienapfel, G. Luengo e P. Němečková, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Tech-Fab Europe eV, con sede in Francoforte sul Meno (Germania), rappresentata da L. Ruessmann e J. Beck, avvocati,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da H. Kanninen, presidente, M. Jaeger, N. Półtorak, O. Porchia e M. Stancu (relatrice), giudici,

cancelliere: M. Zwozdziak-Carbonne, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 22 marzo 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza ( 1 )

1

Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, le società Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE (in prosieguo: la «Hengshi») e Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE (in prosieguo: la «Jushi»), ricorrenti, chiedono l’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2020/776 della Commissione, del 12 giugno 2020, che istituisce dazi compensativi definitivi sulle importazioni di alcuni prodotti in fibra di vetro tessuti e/o cuciti originari della Repubblica popolare cinese e dell’Egitto e che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2020/492 della Commissione che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di alcuni prodotti in fibra di vetro tessuti e/o cuciti originari della Repubblica popolare cinese e dell’Egitto (GU 2020, L 189, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione impugnato»), nella misura in cui tale regolamento le riguarda.

I. Fatti

2

Le ricorrenti sono due società costituite conformemente alla normativa della Repubblica araba d’Egitto, i cui azionisti sono entità cinesi. Entrambe appartengono al gruppo China National Building Material (CNBM) (in prosieguo: il «gruppo CNBM»). L’attività delle ricorrenti consiste nella produzione e nell’esportazione di alcuni prodotti in fibra di vetro («glass fibre fabrics»; in prosieguo: i «GFF») tessuti o cuciti e di filati accoppiati in parallelo senza torsione in fibra di vetro («glass fibre rovings»; in prosieguo: i «GFR»). Questi ultimi costituiscono la principale materia prima utilizzata per produrre i GFF. Tali prodotti sono venduti, in particolare, all’interno dell’Unione europea.

A.   Sulla zona di cooperazione economica e commerciale sino-egiziana di Suez

3

Le ricorrenti sono entrambe stabilite nella zona di cooperazione economica e commerciale sino-egiziana di Suez (Egitto) (in prosieguo: la «zona SETC»). La zona SETC è stata istituita di concerto dalla Repubblica araba d’Egitto e dalla Repubblica popolare cinese. Le sue origini risalgono agli anni ’90. Nel 1997, i Primi ministri della Cina e dell’Egitto hanno firmato un memorandum d’intesa secondo il quale i due paesi convenivano di «cooperare allo sviluppo di una libera zona economica a nord del Golfo di Suez».

4

Nel 2002, una più vasta zona di 20 km2, comprendente la zona SETC, è stata classificata come zona economica speciale dal governo egiziano, che ha reso così le disposizioni della legge egiziana n. 83/2002 sulle zone economiche a carattere speciale (in prosieguo: la «legge n. 83/2002») applicabili anche alla zona SETC.

5

Inoltre, entità statali cinesi ed egiziane hanno costituito la società Egypt TEDA Investment Co. (in prosieguo: la «Egypt TEDA»), le cui azioni sono detenute all’80% dal governo cinese e al restante 20% dal governo egiziano.

6

Nel 2012, in occasione di una visita in Cina, il presidente egiziano qualificava la zona SETC come un progetto essenziale nell’ambito della cooperazione bilaterale tra i due paesi. Egli ha altresì auspicato che un numero crescente di imprese cinesi investissero nella zona SETC partecipando così al programma di ripresa economica dell’Egitto.

7

Nel 2013, la zona SETC è stata estesa di 6 km2, in forza di un contratto tra Egypt TEDA e il governo egiziano. A partire dallo stesso anno, la zona SETC è stata sviluppata nell’ambito dell’iniziativa cinese «One Belt, One Road». Tale iniziativa, in base ai pareri orientativi del Consiglio di Stato cinese in materia di promozione della capacità produttiva internazionale e di cooperazione per la fabbricazione di apparecchiature, del 13 maggio 2015, comprende la possibilità per le società «che svolgono attività all’estero» di beneficiare di politiche favorevoli di sostegno fiscale e tributario, di prestiti agevolati, di sostegno finanziario attraverso prestiti sindacati, di crediti all’esportazione, di finanziamento di progetti, di investimenti azionari e di assicurazione dei crediti all’esportazione.

8

Nel 2015, la zona economica speciale menzionata al precedente punto 4, di cui faceva parte la zona SETC, è stata ufficialmente incorporata nella più ampia zona economica del Canale di Suez (in prosieguo: la «zona SC»), che comprende la regione circostante il Canale di Suez ed è disciplinata dalla legge n. 83/2002, nel contesto del «piano di sviluppo del corridoio del Canale di Suez» avviato dall’Egitto.

9

Nel 2016, i presidenti cinese ed egiziano hanno inaugurato ufficialmente il progetto di espansione di 6 km2 della zona SETC e hanno firmato un accordo fra i governi della Cina e dell’Egitto (in prosieguo: l’«accordo di cooperazione del 2016») che chiarisce la portata e lo status giuridico della zona SETC.

10

In base all’accordo di cooperazione del 2016, i governi dei due paesi sviluppano congiuntamente la zona SETC. Lo sviluppo avviene conformemente alle rispettive strategie nazionali, vale a dire l’iniziativa «One Belt, One Road» per la parte cinese e il piano di sviluppo del corridoio del Canale di Suez per la parte egiziana. A tal fine, il governo egiziano fornisce i terreni, la manodopera e determinate agevolazioni fiscali, mentre le società cinesi che operano nella zona gestiscono l’impianto di produzione fornendo beni e manager. Per compensare la mancanza di fondi egiziani, il governo cinese offre il proprio sostegno anche erogando i necessari mezzi finanziari a Egypt TEDA e alle imprese cinesi che operano nella zona SETC.

B.   Sul procedimento che ha condotto all’adozione del regolamento di esecuzione impugnato

11

A seguito di una denuncia presentata il 1o aprile 2019 ai sensi dell’articolo 10 del regolamento (UE) 2016/1037 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 55; in prosieguo: il «regolamento antisovvenzioni di base»), dalla società Tech-Fab Europe eV, interveniente, per conto di produttori che rappresentano oltre il 25% della produzione totale di GFF dell’Unione, la Commissione europea ha aperto, sulla base del suddetto articolo, un’inchiesta antisovvenzioni relativa alle importazioni nell’Unione di GFF originari della Cina e dell’Egitto. Il 16 maggio 2019 la Commissione ha pubblicato un avviso di apertura nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2019, C 167, pag. 11).

12

Più precisamente, come risulta dal considerando 127 del regolamento di esecuzione impugnato, il prodotto oggetto dell’inchiesta è costituito da tessuti di filati tessili e/o filati accoppiati in parallelo senza torsione («rovings») in fibra di vetro a filamento continuo, tessuti e/o cuciti, con o senza altri elementi, esclusi i prodotti che sono impregnati o preimpregnati e i tessuti a maglia aperta con celle di lunghezza e larghezza superiori a 1,8 mm e di peso superiore a 35 g/m2, attualmente classificati con i codici NC ex70193900, ex70194000, ex70195900 ed ex70199000 (codici TARIC 7019390080, 7019400080, 7019590080 e 7019900080).

13

L’inchiesta relativa alle sovvenzioni e al pregiudizio ha riguardato il periodo dal 1o gennaio al 31 dicembre 2018. L’analisi delle tendenze utili per valutare il pregiudizio e il nesso di causalità ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2015 e la fine del periodo dell’inchiesta.

14

Durante il periodo dell’inchiesta, Jushi ha prodotto sia GFF che GFR. Per fabbricare i GFF Jushi ha utilizzato i propri GFR autoprodotti, pur vendendo, allo stesso tempo, GFR ad acquirenti indipendenti, sia in Egitto sia all’estero, nonché a Hengshi. Quest’ultima fabbricava GFF a partire dai GFR acquistati presso Jushi nonché presso un’altra società collegata e una società indipendente, entrambe stabilite in Cina.

15

Jushi ha venduto GFF direttamente ad acquirenti indipendenti in Egitto e nell’Unione. Essa ha inoltre esportato GFF presso tre acquirenti collegati nell’Unione, vale a dire le società Jushi Spain SA, Jushi France SAS e Jushi ltalia Srl. Jushi ha inoltre venduto GFF nell’Unione tramite una società collegata stabilita al di fuori dell’Unione, la società Jushi Group (HK) Sinosia Composite Materials Co. Ltd. Le vendite di GFF effettuate da Jushi all’interno dell’Unione rappresentavano circa il [riservato] ( 2 )% delle vendite totali di tale prodotto realizzate dalle ricorrenti durante il periodo dell’inchiesta.

16

Hengshi, che produce solo GFF, non ne ha venduti nel mercato egiziano, ma ne ha venduti nell’Unione, direttamente ad acquirenti indipendenti nonché tramite una società collegata stabilita al di fuori dell’Unione, la società Huajin Capital Ltd. Le vendite di GFF effettuate da Hengshi all’interno dell’Unione rappresentavano circa il [riservato] % delle vendite totali di tale prodotto realizzate dalle ricorrenti durante il periodo dell’inchiesta.

17

Il 21 febbraio 2019 la Commissione ha aperto un’inchiesta antidumping distinta relativa alle importazioni nell’Unione di GFF originari della Cina e dell’Egitto (in prosieguo: l’«inchiesta antidumping parallela»). Il 7 giugno 2019 essa avviava altresì un’inchiesta antisovvenzioni riguardante le importazioni di GFF originari dell’Egitto (in prosieguo: l’«inchiesta antisovvenzioni parallela sui GFF»).

18

Il 14 giugno 2019 le ricorrenti hanno formulato osservazioni sulle sovvenzioni, sul pregiudizio e sull’interesse dell’Unione. Esse hanno depositato la loro risposta al questionario antisovvenzioni il 1o luglio 2019. Il 27 settembre 2019 le ricorrenti hanno trasmesso la loro risposta alla richiesta di maggiori informazioni della Commissione. Quest’ultima ha effettuato visite di verifica presso i locali delle ricorrenti nonché in quelli delle loro collegate.

19

Il 26 luglio 2019 il governo egiziano ha depositato la propria risposta al questionario antisovvenzioni. Il 15 ottobre 2019 ha trasmesso la propria risposta alla richiesta di maggiori informazioni della Commissione. Il 23 dicembre 2019 quest’ultima ha informato il governo egiziano della propria intenzione di applicare l’articolo 28 del regolamento antisovvenzioni di base, alla luce di talune informazioni relative al contesto giuridico e istituzionale e all’esistenza di accordi intergovernativi tra la Repubblica popolare cinese e la Repubblica araba d’Egitto riguardanti la zona SETC. Il 3 gennaio 2020 il governo egiziano ha risposto alla Commissione e le ha trasmesso le informazioni desiderate.

20

Il 27 febbraio 2020 la Commissione ha comunicato alle ricorrenti la divulgazione finale delle informazioni, in relazione alla quale esse hanno presentato le loro osservazioni il 20 marzo 2020. Su tali informazioni si è svolta un’audizione con la Commissione.

21

Il 17 aprile 2020 la Commissione ha adottato un’ulteriore divulgazione finale, in relazione alla quale le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni il 22 aprile 2020. In relazione a tale divulgazione si è svolta un’audizione con la Commissione.

22

Il 12 giugno 2020 la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione impugnato. Tale regolamento di esecuzione è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 15 giugno 2020 ed è entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.

23

Detto regolamento istituisce un dazio compensativo definitivo del 10,9% sulle importazioni dei GFF delle ricorrenti nell’Unione.

II. Conclusioni delle parti

24

Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

annullare il regolamento di esecuzione impugnato nella misura in cui tale regolamento le riguarda;

condannare la Commissione alle spese;

condannare l’interveniente a farsi carico delle proprie spese.

25

La Commissione e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

[omissis]

B.   Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, lettere a) e b), dell’articolo 3, punto 1, lettera a), nonché dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento antisovvenzioni di base

[omissis]

1. Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, lettere a) e b), nonché dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base

71

Le ricorrenti deducono tre censure principali a sostegno di tale parte del motivo. In primo luogo, a loro avviso, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base non è giustificata alla luce del diritto dell’Unione. In secondo luogo, la Commissione avrebbe invocato infondatamente le norme dell’OMC al fine dell’interpretazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), di tale regolamento. In terzo luogo, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (in prosieguo: l’«accordo SMC») non rispetterebbe la giurisprudenza dell’OMC e il diritto internazionale pubblico.

72

A sostegno della prima censura, le ricorrenti fanno valere che dall’interpretazione letterale dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base, il cui testo sarebbe chiaro e preciso, e senza che sia peraltro necessario interpretarlo alla luce della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (in prosieguo: la «convenzione di Vienna»), e del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti, come adottato nel 2001 dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite (in prosieguo: gli «articoli dell’ILC»), risulta che non solo la pubblica amministrazione che fornisce un contributo finanziario, ma il contributo finanziario stesso, devono essere entro il territorio del paese d’origine o di esportazione. Tale interpretazione sarebbe confortata dal contesto globale del regolamento antisovvenzioni di base, in particolare dall’articolo 10, paragrafo 7, e dall’articolo 13, paragrafo 1, di quest’ultimo.

73

A sostegno della seconda censura, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha erroneamente interpretato l’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base alla luce delle norme dell’OMC. Esse indicano che, sebbene, secondo la giurisprudenza, il giudice dell’Unione possa controllare la legittimità di un atto dell’Unione alla luce delle norme dell’OMC quando l’Unione intende dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, nel caso di specie non si può, tuttavia, ricorrere a un’interpretazione alla luce delle norme dell’OMC per disposizioni del regolamento antisovvenzioni di base che differiscono dalle norme dell’accordo SMC. Orbene, secondo le ricorrenti, i termini dell’accordo SMC differiscono manifestamente da quelli utilizzati da tale regolamento per quanto riguarda la definizione della nozione di «sovvenzione».

74

A sostegno della terza censura, le ricorrenti fanno valere che, anche ammettendo che si debba tener conto delle norme dell’OMC per interpretare l’espressione «pubblica amministrazione» che figura nel regolamento antisovvenzioni di base, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC resta errata, in quanto viola l’articolo 31, paragrafi 1 e 3, della convenzione di Vienna. Infatti, da tale articolo dell’accordo SMC risulterebbe chiaramente che gli atti dei governi di paesi terzi non possono essere attribuiti ai governi del paese d’origine o di esportazione. Tale interpretazione sarebbe confermata da altre disposizioni di tale accordo, quali l’articolo 13, paragrafi 1, 2 e 4, e l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a).

75

Inoltre, l’articolo 11 degli articoli dell’ILC non sarebbe una norma di diritto internazionale «pertinente», ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Vienna, ai fini dell’interpretazione dell’espressione «governo» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC. L’organo di appello dell’OMC non avrebbe deciso diversamente nella controversia «Stati Uniti – Dazi antidumping e dazi compensativi definitivi su alcuni prodotti originari della Cina» (WT/DS 379/AB/R). Nella replica, le ricorrenti aggiungono che, se la normativa applicabile nella presente inchiesta fosse stata l’accordo SMC anziché il regolamento antisovvenzioni di base, la Commissione avrebbe potuto qualificare come sovvenzioni, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’accordo SMC, i contributi finanziari erogati da entità cinesi alle ricorrenti, e ciò senza dover «attribuire» tali contributi finanziari al governo egiziano sulla base dell’articolo 11 degli articoli dell’ILC. Ad ogni modo, l’articolo 11 degli articoli dell’ILC non sarebbe applicabile nel caso di specie, in quanto esso mira a disciplinare il comportamento di uno Stato integrato in un altro Stato in seguito all’acquisizione di un territorio, che è attribuibile allo Stato successore, o ancora l’adozione successiva, da parte di uno Stato, di un comportamento censurabile privato che è stato commesso o è in procinto di esserlo. Sarebbero invece gli articoli da 16 a 18 degli articoli dell’ILC a disciplinare la responsabilità dello Stato per il fatto di un altro Stato, e non l’articolo 11 di tali articoli.

76

La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta tali argomenti.

77

Come risulta dal precedente punto 72, secondo le ricorrenti, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base, in particolare della nozione di «pubblica amministrazione» del paese d’origine o di esportazione, non è giustificata alla luce del diritto dell’Unione.

78

Per rispondere a tale questione, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, ciascuna disposizione del diritto dell’Unione deve essere ricollocata nel suo contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione alla data in cui va data applicazione alla disposizione in parola (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement, C‑379/15, EU:C:2016:603, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

79

A tal riguardo, anzitutto, occorre ricordare che l’articolo 3 del regolamento antisovvenzioni di base dispone che vi è una sovvenzione se le condizioni enunciate ai suoi punti 1 e 2 sono soddisfatte, vale a dire se sussiste un «contributo finanziario» della pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione e se viene in tal modo conferito un «vantaggio».

80

L’articolo 2, lettera b), di detto regolamento definisce la nozione di «pubblica amministrazione» come qualsiasi ente pubblico entro il territorio del paese d’origine o di esportazione.

81

Orbene, la definizione di «pubblica amministrazione» contenuta in tale articolo si limita a interpretare la nozione di «pubblica amministrazione» nel senso di includervi gli enti pubblici del paese d’origine o di esportazione. Tuttavia, tale disposizione non esclude che il contributo finanziario possa essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione del prodotto in questione, sulla base degli specifici elementi di prova disponibili.

82

Sotto un secondo profilo, occorre rilevare che il considerando 5 di tale regolamento dispone che, «[n]el determinare l’esistenza di una sovvenzione, è necessario dimostrare che c’è stato un contributo finanziario da parte di una pubblica amministrazione o di un ente pubblico nel territorio di un paese, o che c’è stata una forma qualunque di sostegno dei redditi o dei prezzi ai sensi dell’articolo XVI del GATT 1994, e che in tal modo è stato conferito un vantaggio all’impresa beneficiaria».

83

Orbene, l’espressione «nel territorio di un paese» utilizzata in tale considerando non implica che il contributo finanziario debba provenire direttamente dalla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione. Al contrario, l’uso di tale espressione, come rileva la Commissione, non esclude la possibilità di concludere che i contributi finanziari possano essere imputati alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione del prodotto considerato.

84

Pertanto, il regolamento antisovvenzioni di base non esclude che, anche se il contributo finanziario non proviene direttamente dalla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione, tale contributo possa esserle imputato.

85

La conclusione che precede è tanto più pertinente nel contesto specifico della zona SETC, nella quale sono stabilite le ricorrenti.

86

In primo luogo, la Commissione ha preso in considerazione, al considerando 690 del regolamento di esecuzione impugnato, due dichiarazioni di due presidenti egiziani relative alla zona SETC. Una prima, risalente al 2012, qualificava tale zona come progetto essenziale nell’ambito della cooperazione bilaterale tra l’Egitto e la Cina. Una seconda, del 2014, riguardava l’iniziativa «One Belt, One Road» e precisava, in particolare, che tale iniziativa rappresentava un’opportunità significativa per la ripresa dell’Egitto e che la parte egiziana era pronta a garantire partecipazione attiva e sostegno. La parte egiziana desiderava cooperare con la Cina allo sviluppo dei progetti del corridoio del Canale di Suez e della zona SETC nonché attrarre imprese cinesi affinché investissero in Egitto.

87

A tal riguardo, il considerando 691 del regolamento di esecuzione impugnato indica che le caratteristiche dell’iniziativa cinese «One Belt, One Road» sono di dominio pubblico e che, secondo i pareri orientativi del Consiglio di Stato in materia di promozione della capacità produttiva internazionale e di cooperazione per la fabbricazione di apparecchiature, del 13 maggio 2015, le misure di cui possono usufruire le società «che svolgono attività all’estero» comprendono in particolare le politiche di sostegno fiscale e tributario, prestiti agevolati, sostegno finanziario attraverso prestiti sindacati, crediti all’esportazione, finanziamento di progetti, investimenti azionari e, infine, assicurazione dei crediti all’esportazione.

88

In secondo luogo, la Commissione ha preso in considerazione, al considerando 693 del regolamento di esecuzione impugnato, il fatto che la zona SETC sia stata oggetto dell’accordo di cooperazione del 2016 tra i governi cinese e egiziano. Orbene, tale accordo prevede in particolare, secondo il suo articolo 1, di concedere alla Repubblica popolare cinese la possibilità di applicare sue leggi nella zona SETC. L’articolo 4, paragrafo 1, di detto accordo enuncia che «[i]l governo cinese considera la zona [SETC] come zona di cooperazione economica e commerciale d’oltremare» e che «[l]a zona di cooperazione, durante la costruzione, l’attrazione degli operatori e lo sfruttamento, ha diritto al sostegno politico e alle agevolazioni concessi dal governo cinese alle zone di cooperazione economica e commerciale d’oltremare». L’articolo 5, paragrafo 1, di tale accordo aggiunge che il governo cinese sostiene la zona di cooperazione «incoraggiando gli istituti finanziari competenti a fornire strumenti di finanziamento per (…) progetti di investimento all’interno della zona di cooperazione, a condizione che siano soddisfatte le condizioni di prestito e i requisiti per il suo utilizzo».

89

In terzo luogo, il considerando 660 del regolamento di esecuzione impugnato indica che, al fine di garantire l’attuazione dell’accordo di cooperazione del 2016, i governi cinese ed egiziano hanno istituito un meccanismo di consultazione a tre livelli, costituito in particolare da un accordo di cooperazione sull’istituzione di una commissione amministrativa responsabile della zona SETC, da un comitato di gestione della zona e, infine, dalla previsione che Egypt TEDA e le controparti egiziane competenti riferiscano i problemi e le difficoltà. Risulta peraltro dal considerando 652 del medesimo regolamento che Egypt TEDA è detenuta all’80% dal governo cinese e al 20% dal governo egiziano e che il suo scopo è dirigere lo sviluppo della zona SETC in Egitto.

90

Infine, dai considerando 726 e 745 del regolamento di esecuzione impugnato risulta che il sostegno finanziario erogato alle società cinesi stabilite in Egitto era particolarmente significativo.

91

I governi cinese ed egiziano hanno quindi istituito, in stretta collaborazione, la zona SETC come zona con peculiarità giuridiche ed economiche che consentivano al governo cinese di concedere direttamente tutte le agevolazioni inerenti all’iniziativa cinese «One Belt, One Road» alle imprese cinesi stabilite in tale zona.

92

In tali circostanze, non si può ammettere che una costruzione economica e giuridica dell’ampiezza della zona SETC, concepita in stretta collaborazione tra i governi cinese ed egiziano al più alto livello, sia sottratta al regolamento antisovvenzioni di base, senza che ciò pregiudichi l’effetto utile di quest’ultimo o la sua finalità e i suoi obiettivi.

93

Sotto un terzo profilo, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, l’interpretazione della Commissione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base non è contraria né all’articolo 10, paragrafo 7, né all’articolo 13, paragrafo 1, del medesimo regolamento. Infatti, per quanto riguarda l’articolo 10, paragrafo 7, il regolamento antisovvenzioni di base non esclude affatto che la pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione possa essere consultata sui contributi finanziari che le sono imputabili. Nel caso di specie, risulta del resto dal fascicolo che la Commissione ha ben invitato la pubblica amministrazione egiziana a procedere a consultazioni su questioni quali i prestiti agevolati accordati da entità cinesi.

94

Quanto all’articolo 13, paragrafo 1, di detto regolamento, che consente in particolare al paese d’origine o di esportazione di eliminare la sovvenzione, di limitarla o di adottare altre misure relative ai suoi effetti, una tale possibilità vale anche nei casi in cui il contributo finanziario può essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione. Nel caso di specie, la pubblica amministrazione egiziana aveva la possibilità di porre fine alla stretta cooperazione con la pubblica amministrazione cinese riguardo ai contributi finanziari o di proporre misure che limitassero gli effetti delle sovvenzioni di cui trattasi.

95

In considerazione di quanto precede, si deve concludere che né l’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base né l’economia generale di quest’ultimo escludono che un contributo finanziario concesso dalla pubblica amministrazione di un paese terzo possa essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione in un caso come quello in esame, alla luce degli specifici elementi di prova disponibili, come esposti ai precedenti punti da 86 a 91.

96

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, tale conclusione è corroborata dalle disposizioni dell’articolo 1 dell’accordo SMC, alla luce del quale occorre interpretare il regolamento antisovvenzioni di base. A tal riguardo, occorre ricordare che, nel caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto dell’Unione rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, il giudice dell’Unione è tenuto a controllare la legittimità dell’atto dell’Unione controverso alla luce delle norme dell’OMC (v., per analogia, sentenza del 14 luglio 2021, Interpipe Niko Tube e Interpipe Nizhnednevsky Tube Rolling Plant/Commissione, T‑716/19, EU:T:2021:457, punto 95).

97

Orbene, dal considerando 3 del regolamento antisovvenzioni di base risulta che quest’ultimo mira in particolare a «recepire» nella legislazione dell’Unione, «nella massima misura possibile» i termini dell’accordo SMC.

98

Inoltre, è già stato stabilito dalla giurisprudenza che l’articolo 3 del regolamento antisovvenzioni di base, intitolato «Definizione di sovvenzione», e l’articolo 1 dell’accordo SMC sono in ampia misura identici nella loro formulazione e pienamente identici nella loro sostanza (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punto 99).

99

Dai considerando del regolamento antisovvenzioni di base, poi, non emerge alcuna volontà del legislatore di discostarsi dalla sostanza dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC. Al contrario, come risulta dal considerando 3 di tale regolamento citato al precedente punto 97, il legislatore ha voluto dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’accordo SMC ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 96.

100

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, le disposizioni del regolamento antisovvenzioni di base devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce delle disposizioni corrispondenti dell’accordo SMC (sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punto 101). Lo stesso vale per l’articolo 3 di tale regolamento, che mira a dare attuazione al contenuto dell’articolo 1 dell’accordo SMC (sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punto 102).

101

Per quanto riguarda l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC, occorre rilevare, in primo luogo, che quest’ultimo definisce la sovvenzione come un contributo finanziario del governo o di un organismo pubblico nel territorio di «un» membro dell’OMC. Tale formulazione non esclude quindi la possibilità che un contributo finanziario concesso da un paese terzo possa essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione, essendo sufficiente che il contributo finanziario del governo o dell’organismo pubblico provenga dal territorio di «un» membro dell’OMC.

102

In secondo luogo, gli articoli 13 e 18 dell’accordo SMC, che vertono rispettivamente sulle consultazioni e sugli impegni, non rimettono in discussione le considerazioni che precedono. Infatti, il tenore letterale e l’oggetto di tali disposizioni non escludono le situazioni in cui il contributo finanziario è imputato a un membro dell’OMC, dal momento che, da un lato, i membri i cui prodotti potranno essere oggetto di un’inchiesta possono essere consultati sui contributi finanziari a loro imputabili e, dall’altro, i membri i cui prodotti potranno essere oggetto di un’inchiesta possono imporre limitazioni alle sovvenzioni a loro imputabili.

103

Ciò considerato, occorre rilevare che, poiché la Commissione ha correttamente interpretato il regolamento antisovvenzioni di base alla luce dell’accordo SMC, la circostanza che essa abbia o meno preso in considerazione l’articolo 11 degli articoli dell’ILC è inoperante. Pertanto, occorre respingere anche la terza censura della presente parte e, di conseguenza, quest’ultima nella sua interezza.

[omissis]

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE e Jushi Egypt for Fiberglass Fabrics Industry SAE sopporteranno, oltre alle loro proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

3)

Tech-Fab Europe eV sopporterà le sue proprie spese.

 

Kanninen

Jaeger

Półtorak

Porchia

Stancu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1o marzo 2023.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.

( 2 ) Dati riservati occultati.

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