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Document 62020CJ0682

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 marzo 2023.
    Les Mousquetaires e ITM Entreprises SAS contro Commissione europea.
    Impugnazione – Concorrenza – Intese – Decisione della Commissione europea che ordina un accertamento – Mezzi di ricorso contro lo svolgimento dell’accertamento – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 19 – Regolamento (CE) n. 773/2004 – Articolo 3 – Registrazione dei colloqui effettuati dalla Commissione nell’ambito delle sue indagini – Punto di partenza dell’indagine della Commissione.
    Causa C-682/20 P.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:170

     SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    9 marzo 2023 ( *1 )

    [Testo rettificato con ordinanza del 27 aprile 2023]

    «Impugnazione – Concorrenza – Intese – Decisione della Commissione europea che ordina un accertamento – Mezzi di ricorso contro lo svolgimento dell’accertamento – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 19 – Regolamento (CE) n. 773/2004 – Articolo 3 – Registrazione dei colloqui effettuati dalla Commissione nell’ambito delle sue indagini – Punto di partenza dell’indagine della Commissione»

    Nella causa C‑682/20 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 15 dicembre 2020,

    Les Mousquetaires SAS, con sede in Parigi (Francia),

    ITM Entreprises SAS, con sede in Parigi,

    [Come rettificato con ordinanza del 27 aprile 2023] rappresentate da N. Jalabert‑Doury e K. Mebarek, avocats,

    ricorrenti,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Commissione europea, rappresentata da P. Berghe, A. Cleenewerck de Crayencour, A. Dawes e I.V. Rogalski, in qualità di agenti,

    convenuta in primo grado,

    Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A.‑L. Meyer e O. Segnana, in qualità di agenti,

    interveniente in primo grado,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, P.G. Xuereb (relatore), A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

    avvocato generale: G. Pitruzzella

    cancelliere: V. Giacobbo, amministratrice

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 febbraio 2022,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 luglio 2022,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la loro impugnazione, la Les Mousquetaires SAS e la ITM Entreprises SAS (in prosieguo: la «Intermarché») chiedono l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 ottobre 2020, Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (T‑255/17; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2020:460), con la quale quest’ultimo ha parzialmente respinto il loro ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE diretto ad ottenere l’annullamento della decisione C(2017) 1057 final della Commissione, del 9 febbraio 2017, che ordina alla Intermarché e a tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate di sottoporsi ad un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1) (in prosieguo: la «prima decisione controversa»), e della decisione C(2017) 1361 final della Commissione, del 21 febbraio 2017, che ordina alla Les Mousquetaires e ad ogni società da essa direttamente o indirettamente controllata di sottoporsi a un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1) (in prosieguo: la «seconda decisione controversa» e, considerata congiuntamente alla prima decisione controversa, le «decisioni controverse»).

    Contesto normativo

    Regolamento (CE) n. 1/2003

    2

    A termini del considerando 25 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1):

    «Poiché diventa sempre più difficile individuare le infrazioni delle regole di concorrenza, per far sì che questa sia efficacemente tutelata è necessario ampliare i poteri di indagine della Commissione [europea]. La Commissione dovrebbe in particolare avere la facoltà di sentire chiunque possa disporre di informazioni utili e di verbalizzarne le dichiarazioni. Nel corso degli accertamenti, gli agenti incaricati dalla Commissione dovrebbero poter apporre sigilli per il tempo necessario agli accertamenti. I sigilli dovrebbero di norma essere apposti per non più di 72 ore. Gli agenti autorizzati dalla Commissione dovrebbero inoltre poter chiedere qualsiasi informazione in relazione all’oggetto e allo scopo dell’accertamento stesso».

    3

    Nel capitolo V, intitolato «Poteri di indagine», figura l’articolo 17 di tale regolamento, a sua volta intitolato «Indagini per settore economico e per tipo di accordi» il quale, al paragrafo 1, enuncia quanto segue:

    «Se l’evoluzione degli scambi fra Stati membri, la rigidità dei prezzi o altre circostanze fanno presumere che la concorrenza può essere ristretta o falsata all’interno del mercato comune, la Commissione può procedere ad una sua indagine in un settore specifico dell’economia o nell’ambito di un tipo particolare di accordi in vari settori. Nel corso di tale indagine la Commissione può richiedere alle imprese o alle associazioni di imprese interessate di fornire le informazioni necessarie per l’applicazione degli articoli [101] e [102 TFUE] e svolgere i necessari accertamenti».

    4

    L’articolo 19 di detto regolamento, intitolato «Potere di raccogliere dichiarazioni», prevede quanto segue:

    «1.   Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può sentire ogni persona fisica o giuridica che vi acconsenta ai fini della raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine.

    2.   Se l’audizione di cui al paragrafo 1 si svolge nei locali di un’impresa, la Commissione ne informa l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio ha luogo l’audizione. I funzionari di quest’ultima possono, su richiesta di detta autorità, assistere gli agenti della Commissione e le altre persone che li accompagnano incaricati di svolgere l’audizione».

    5

    L’articolo 20 del medesimo regolamento, intitolato «Poteri della Commissione in materia di accertamenti», così dispone:

    «1.   Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese e associazioni di imprese.

    2.   Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere agli accertamenti dispongono dei seguenti poteri:

    a)

    accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto di imprese e associazioni di imprese;

    b)

    controllare i libri e qualsiasi altro documento connesso all’azienda, su qualsiasi forma di supporto;

    c)

    fare o ottenere sotto qualsiasi forma copie o estratti dei suddetti libri o documenti;

    d)

    apporre sigilli a tutti i locali e libri o documenti aziendali per la durata degli accertamenti e nella misura necessaria al loro espletamento;

    e)

    chiedere a qualsiasi rappresentante o membro del personale dell’impresa o dell’associazione di imprese spiegazioni su fatti o documenti relativi all’oggetto e allo scopo dell’ispezione e verbalizzarne le risposte.

    3.   Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere agli accertamenti esercitano i loro poteri su presentazione di un mandato scritto che precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, nonché la sanzione prevista dall’articolo 23 per il caso in cui i libri e gli altri documenti connessi all’azienda richiesti siano presentati in modo incompleto e per il caso in cui le risposte fornite alle domande poste in applicazione del paragrafo 2 del presente articolo siano inesatte o fuorvianti. Prima degli accertamenti, la Commissione avvisa in tempo utile l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio essi devono essere compiuti.

    4.   Le imprese e le associazioni di imprese sono obbligate a sottoporsi agli accertamenti ordinati dalla Commissione mediante decisione. La decisione precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, ne fissa la data di inizio ed indica le sanzioni previste dagli articoli 23 e 24, nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia [dell’Unione europea] avverso la decisione. La Commissione adotta tali decisioni dopo aver sentito l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti.

    5.   Gli agenti dell’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti o le persone da essa autorizzate o incaricate, su domanda di tale autorità o della Commissione, prestano attivamente assistenza agli agenti e alle altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione. Essi dispongono a tal fine dei poteri definiti al paragrafo 2.

    6.   Qualora gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione constatino che un’impresa si oppone ad un accertamento ordinato a norma del presente articolo, lo Stato membro interessato presta loro l’assistenza necessaria per l’esecuzione degli accertamenti, ricorrendo se del caso alla forza pubblica o a un’autorità equivalente incaricata dell’applicazione della legge.

    7.   Se l’assistenza di cui al paragrafo 6 richiede l’autorizzazione di un’autorità giudiziaria ai sensi della legislazione nazionale, tale autorizzazione viene richiesta. Essa può anche essere richiesta in via preventiva.

    8.   Qualora sia richiesta l’autorizzazione di cui al paragrafo 7, l’autorità giudiziaria nazionale controlla l’autenticità della decisione della Commissione e verifica che le misure coercitive previste non siano né arbitrarie né sproporzionate rispetto all’oggetto degli accertamenti. Nel verificare la proporzionalità delle misure coercitive, l’autorità giudiziaria nazionale può chiedere alla Commissione, direttamente o attraverso l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro, una spiegazione dettagliata, in particolare, dei motivi per i quali la Commissione sospetta un’infrazione agli articoli [101] e [102 TFUE] nonché della gravità della presunta infrazione e della natura del coinvolgimento dell’impresa interessata. Tuttavia la autorità giudiziaria nazionale non può né mettere in discussione la necessità degli accertamenti né chiedere che siano fornite informazioni contenute nel fascicolo della Commissione. Il controllo della legittimità della decisione della Commissione è riservato alla Corte di giustizia».

    6

    L’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, intitolato «Ammende», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

    «La Commissione può, mediante decisione, irrogare alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende il cui importo può giungere fino all’1% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente, quando esse, intenzionalmente o per negligenza:

    (...)

    c)

    presentano in maniera incompleta, nel corso degli accertamenti effettuati a norma dell’articolo 20, i libri o altri documenti richiesti, connessi all’azienda, o rifiutano di sottoporsi agli accertamenti ordinati mediante decisione adottata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4;

    d)

    in risposta ad una domanda posta a norma dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera e),

    forniscono una risposta inesatta o fuorviante,

    non rettificano entro un termine stabilito dalla Commissione una risposta inesatta, incompleta o fuorviante data da un membro del personale, oppure

    non forniscono o rifiutano di fornire una risposta completa su fatti inerenti all’oggetto e allo scopo di accertamenti ordinati mediante decisione adottata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4;

    e)

    sono stati infranti i sigilli apposti, in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera d), dagli agenti o dalle persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione».

    Regolamento (CE) n. 773/2004

    7

    L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), intitolato «Avvio del procedimento», al paragrafo 3, prevede quanto segue:

    «La Commissione può esercitare i poteri di indagine a norma del capitolo V del regolamento [n. 1/2003] prima dell’avvio del procedimento».

    8

    Nel capo III, intitolato «Indagini effettuate dalla Commissione», figura l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, a sua volta intitolato «Potere di assumere dichiarazioni», che così dispone:

    «1.   Quando la Commissione sente una persona con il consenso di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento [n. 1/2003], essa deve, all’inizio del colloquio, indicare la base giuridica e la finalità dello stesso e ricordarne la natura facoltativa. Essa informa inoltre la persona sentita qualora intenda effettuare una registrazione del colloquio.

    2.   Il colloquio può svolgersi con qualsiasi mezzo, inclusi il telefono e le vie elettroniche.

    3.   La Commissione può registrare in qualsiasi forma le dichiarazioni rese dalle persone sentite. Una copia dell’eventuale registrazione viene messa a disposizione della persona sentita per l’approvazione. All’occorrenza la Commissione può stabilire il termine entro il quale la persona sentita può comunicare eventuali correzioni da apportare alla dichiarazione resa».

    Fatti e decisioni controverse

    9

    I fatti all’origine della controversia, che figurano ai punti da 2 a 11 della sentenza impugnata, possono essere riassunti, ai fini del presente procedimento, come segue.

    10

    La Les Mousquetaires è la società holding di un gruppo che esercita le proprie attività nel settore della distribuzione alimentare e non alimentare in Francia e in Belgio. La Intermarché è la sua società figlia.

    11

    Dopo avere ricevuto informazioni relative a scambi di informazioni tra la Intermarché e talune imprese concorrenti, in particolare la Casino, la Commissione ha ordinato, con la prima decisione controversa, un accertamento presso i locali della Intermarché e delle sue società figlie.

    12

    Il dispositivo di tale decisione così recita:

    «Articolo 1

    (...) La Intermarché (...) nonché tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate sono tenute a sottoporsi a un accertamento riguardante la loro eventuale partecipazione a pratiche concordate contrarie all’articolo 101 [TFUE] nei mercati dell’approvvigionamento di beni di largo consumo, nel mercato delle vendite di servizi ai fabbricanti di prodotti di marca e nei mercati di vendita ai consumatori di beni di largo consumo. Tali pratiche concordate consistono in:

    a)

    scambi di informazioni, a partire dal 2015, tra imprese e/o associazioni di imprese, in particolare la AgeCore e/o i suoi membri, in particolare la Intermarché, e la [International Casino Dia Corporation (ICDC)] (...) e/o i suoi membri, in particolare la Casino, riguardanti gli sconti ottenuti dai medesimi sui mercati dell’approvvigionamento di beni di largo consumo nei settori dei prodotti alimentari, dei prodotti per l’igiene e dei prodotti per la pulizia e i prezzi sul mercato delle vendite di servizi ai fabbricanti di prodotti di marca nei settori dei prodotti alimentari, dei prodotti per l’igiene e dei prodotti per la pulizia, in vari Stati membri dell’Unione europea, in particolare [in] Francia, e

    b)

    scambi di informazioni, almeno a partire dal 2016, tra la Casino e la Intermarché riguardanti le loro future strategie commerciali, in particolare in termini di assortimento, di sviluppo di negozi, di e‑commerce e di politica promozionale sui mercati dell’approvvigionamento di beni di largo consumo e sui mercati di vendita ai consumatori di beni di largo consumo, in Francia.

    Tale accertamento può aver luogo in qualsiasi locale dell’impresa (…).

    La Intermarché autorizza i funzionari e le altre persone incaricate dalla Commissione a procedere a un accertamento e i funzionari e le altre persone incaricate dall’autorità garante della concorrenza dello Stato membro interessato a prestare loro assistenza, o nominate da quest’ultimo a tal fine, ad accedere a tutti i suoi locali e mezzi di trasporto durante il normale orario d’ufficio. Essa sottopone ad accertamento i libri e qualsiasi altro documento aziendale, su qualsiasi forma di supporto, se i funzionari e le altre persone incaricate ne fanno richiesta e consente loro di esaminarli in loco e di fare o ottenere, sotto qualsiasi forma, copie o estratti dei suddetti libri o documenti. Essa autorizza l’apposizione di sigilli a tutti i locali aziendali e a libri o documenti per la durata degli accertamenti e nella misura necessaria al loro espletamento. Essa fornisce in loco, senza indugio e oralmente, chiarimenti relativi all’oggetto e allo scopo dell’accertamento se detti funzionari o persone ne fanno richiesta e autorizza qualsiasi rappresentante o membro del personale a fornire tali chiarimenti. Essa autorizza la verbalizzazione di tali chiarimenti in qualsiasi forma.

    Articolo 2

    L’accertamento può avere inizio il 20 febbraio 2017 o poco tempo dopo.

    Articolo 3

    La Intermarché (...) e tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate sono destinatarie della presente decisione.

    La presente decisione è notificata, immediatamente prima dell’accertamento, all’impresa che ne è destinataria, ai sensi dell’articolo 297, paragrafo 2, [TFUE]».

    13

    Dopo essere stata informata di tale accertamento dalla Commissione, l’Autorité de la concurrence (Autorità garante della concorrenza, Francia) ha adito il juge des libertés et de la détention du tribunal de grande instance d’Evry (giudice competente per l’adozione di misure restrittive della libertà personale presso il Tribunale di primo grado di Evry, Francia), al fine di chiedere l’autorizzazione ad effettuare operazioni di perquisizione e di sequestro nei locali delle ricorrenti. Con ordinanza del 17 febbraio 2017, detto giudice ha autorizzato le perquisizioni e i sequestri richiesti in via preventiva. Poiché nessuna delle misure adottate al momento dell’accertamento ha richiesto l’uso dei «poteri coercitivi», ai sensi dell’articolo 20, paragrafi da 6 a 8, del regolamento n. 1/2003, tale ordinanza non è stata notificata alle ricorrenti.

    14

    L’accertamento ha avuto inizio il 20 febbraio 2017, data in cui gli ispettori della Commissione, accompagnati da rappresentanti dell’Autorità garante della concorrenza, si sono presentati presso i locali della Intermarché.

    15

    Poiché sussistevano dubbi sulla qualità di dipendente della Intermarché di una delle persone interessate dall’accertamento, la Commissione ha adottato la seconda decisione controversa, che ordina un accertamento presso i locali della società holding, la Les Mousquetaires, e delle sue controllate, sulla base degli stessi motivi di cui alla prima decisione controversa.

    16

    Nell’ambito di tale accertamento, la Commissione ha effettuato, in particolare, una perquisizione degli uffici, sequestrato materiale informatico (computer portatili, telefoni cellulari, tablet, dispositivi di archiviazione), copiato informazioni ivi contenute e sentito diverse persone.

    17

    Con lettere del 24 febbraio 2017, le ricorrenti hanno espresso alla Commissione riserve riguardo alle decisioni controverse e agli accertamenti da esse ordinati, contestando in particolare la copiatura di documenti asseritamente relativi alla vita privata dei membri del loro personale. Con lettera del 13 aprile 2017, le ricorrenti hanno chiesto alla Commissione la restituzione di alcuni di tali documenti.

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    18

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2017, le ricorrenti hanno proposto, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto, in particolare, all’annullamento delle decisioni controverse. A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti hanno dedotto, in sostanza, cinque motivi. Il primo era basato su un’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, il secondo verteva sulla mancanza di regolare notifica delle decisioni controverse, il terzo sulla privazione del loro diritto di difendersi contro l’accertamento, il quarto sulla violazione dell’obbligo di motivazione e il quinto sulla violazione del diritto all’inviolabilità del domicilio.

    19

    Nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha invitato la Commissione a produrre gli indizi di presunte infrazioni dei quali essa disponeva alla data delle decisioni controverse.

    20

    In risposta a tale invito, la Commissione ha, tra l’altro, prodotto resoconti di colloqui tenutisi nel 2016 e nel 2017 con tredici fornitori dei prodotti di largo consumo interessati che concludevano regolarmente accordi con la Casino e la Intermarché (allegati da Q.1 a Q.13 della risposta della Commissione del 10 gennaio 2019) (in prosieguo: i «colloqui con i fornitori»).

    21

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale, avendo considerato che la Commissione non possedeva indizi sufficientemente seri da legittimare il sospetto dell’esistenza di un’infrazione consistente in scambi di informazioni tra la Casino e la Intermarché riguardanti le loro future strategie commerciali, ha annullato l’articolo 1, lettera b), di ciascuna delle decisioni controverse e ha respinto il ricorso per il resto.

    Conclusioni delle parti

    22

    Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

    annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata;

    accogliere le loro conclusioni presentate in primo grado e annullare le decisioni controverse, e

    condannare la Commissione all’integralità delle spese dell’intero procedimento, ivi comprese quelle del procedimento dinanzi al Tribunale.

    23

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione e

    condannare le ricorrenti alle spese.

    24

    Il Consiglio dell’Unione europea chiede che la Corte voglia:

    respingere il primo motivo di impugnazione e

    condannare le ricorrenti alle spese dell’impugnazione.

    Sull’impugnazione

    25

    A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono cinque motivi. Il primo motivo verte su errori di diritto e su un difetto di motivazione commessi dal Tribunale nell’ambito della sua analisi dell’effettività dei mezzi di ricorso riguardanti lo svolgimento degli accertamenti. Il secondo motivo verte sulla violazione degli articoli 6 e 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), dell’articolo 296 TFUE e dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, in quanto il Tribunale avrebbe violato l’obbligo di motivazione e di limitazione delle decisioni di accertamento. Il terzo motivo verte su un errore di diritto e su una violazione del regolamento n. 1/2003, in quanto il Tribunale avrebbe qualificato come non soggetta a tale regolamento una fase procedurale «anteriore all’adozione di misure che implicano la contestazione di aver commesso un’infrazione». Il quarto motivo verte sulla violazione degli articoli 6 e 8 della CEDU e dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 in quanto il Tribunale ha qualificato come «indizi sufficientemente seri» elementi inficiati da irregolarità formali e sostanziali. Infine, il quinto motivo verte sul difetto di motivazione risultante dall’assenza di controllo del valore probatorio di tali indizi e da un errore riguardo alla qualificazione come «indizio».

    Sul primo motivo, vertente su errori di diritto e su un difetto di motivazione della sentenza impugnata nell’ambito dell’analisi dell’effettività dei mezzi di ricorso riguardanti lo svolgimento degli accertamenti

    Argomentazione delle parti

    26

    Le ricorrenti contestano i punti da 83 a 112 della sentenza impugnata con i quali il Tribunale ha respinto l’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, basata sull’assenza di un ricorso effettivo che consenta di contestare lo svolgimento degli accertamenti.

    27

    Con la prima parte del primo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato il suo obbligo di motivazione nell’ambito dell’analisi dell’effettività dei mezzi di ricorso riguardanti lo svolgimento degli accertamenti.

    28

    Con la seconda parte del primo motivo, le ricorrenti deducono una violazione del diritto a un ricorso effettivo. Esse sottolineano che, nella sentenza del 2 ottobre 2014, Delta Pekárny a.s. c. Repubblica ceca (CE:ECHR:2014:1002JUD000009711), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che la conformità alla CEDU di un’ingerenza, come quella causata da un accertamento, richiede, tra l’altro, un ricorso effettivo che consenta di contestare, tanto in diritto quanto in fatto, non solo la legittimità dell’autorizzazione, ma altresì le condizioni di svolgimento di un accertamento al quale l’impresa ha l’obbligo di sottoporsi.

    29

    Con la prima censura della seconda parte del primo motivo, le ricorrenti contestano i motivi per i quali il Tribunale ha considerato, ai punti 83 e 87 della sentenza impugnata, che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo consente di verificare il rispetto del diritto a un ricorso effettivo contro i provvedimenti adottati nell’ambito di un accertamento, procedendo a un’analisi non individuale, bensì globale di tali mezzi di ricorso.

    30

    A questo proposito, dal punto 42 della sentenza della Corte EDU del 21 dicembre 2010, Société Canal Plus e a. c. Francia (CE:ECHR:2010:1221JUD002940808), risulterebbe che tanto il ricorso per contestare la legittimità dell’autorizzazione di un accertamento quanto il ricorso per contestare provvedimenti adottati nell’ambito di tali accertamenti devono essere effettivi.

    31

    Di conseguenza, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto, ai punti 83 e da 99 a 111 della sentenza impugnata, nell’esaminare, congiuntamente, tali mezzi di ricorso e nel considerare che gli inconvenienti di uno di detti mezzi di ricorso potevano essere compensati dai vantaggi dell’altro.

    32

    Secondo le ricorrenti, se il Tribunale avesse esaminato i menzionati mezzi di ricorso separatamente, avrebbe dovuto escludere tre dei sei mezzi di ricorso che ha riconosciuto come effettivi, vale a dire il ricorso avverso la decisione che conclude il procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE, il ricorso avverso la decisione di accertamento e, infine, il ricorso per responsabilità extracontrattuale. Tutti gli altri mezzi di ricorso sarebbero parziali e non consentirebbero di verificare, in diritto e in fatto, che tutte le condizioni di svolgimento di un accertamento abbiano soddisfatto l’articolo 8 della CEDU, neppure esperendoli tutti.

    33

    Con la seconda censura della seconda parte del primo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale, dichiarando che ricorsi parziali sono effettivi, fa gravare sul singolo l’onere di creare le condizioni necessarie per avvalersi di tutti i mezzi di ricorso in questione.

    34

    Tuttavia, sia la domanda di provvedimenti provvisori sia l’azione ex post in materia di protezione dei dati e il ricorso sul fondamento della giurisprudenza risultante dalla sentenza del 17 settembre 2007, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (T‑125/03 e T‑253/03, EU:T:2007:287), in materia di protezione delle comunicazioni tra avvocati e clienti presupporrebbero che l’impresa, sottraendosi all’accertamento in corso, arrivi a provocare una decisione esplicita o implicita della Commissione che violi il diritto di preservare la riservatezza della corrispondenza tra avvocati e clienti o, eventualmente, il diritto al rispetto della vita privata. Tali mezzi di ricorso si baserebbero inoltre sul consenso della Commissione a mettere i dati in una busta sigillata in attesa della decisione del Tribunale. La domanda di provvedimenti provvisori durante l’accertamento presupporrebbe inoltre che l’impresa si sottragga all’accertamento in corso, cui essa è tenuta a cooperare attivamente.

    35

    Per quanto riguarda il ricorso avverso una decisione che sanziona un caso di ostruzionismo all’accertamento, l’esistenza di tale mezzo di ricorso richiederebbe che l’impresa si renda colpevole di un ostruzionismo al punto da vedersi infliggere una sanzione. Orbene, tale esigenza sarebbe in contrasto con l’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

    36

    Con la terza censura della seconda parte del primo motivo, le ricorrenti rilevano che, ai punti 94 e 96 della sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove ha esaminato la possibilità di ammettere due mezzi di ricorso finora inediti, ossia, da un lato, una domanda di provvedimenti provvisori diretta alla sospensione dell’accertamento stesso e, dall’altro, un ricorso ex post riguardante la protezione dei dati privati dei dirigenti e dei dipendenti. Infatti, i ricorsi ipotetici non potrebbero essere qualificati come ricorsi effettivi.

    37

    La Commissione e il Consiglio ritengono che l’argomentazione delle ricorrenti non sia fondata. Il Consiglio considera inoltre che la censura relativa a un difetto di motivazione è irricevibile, in quanto le ricorrenti non identificano con la necessaria precisione gli elementi criticati della sentenza impugnata e non sviluppano alcuna argomentazione giuridica a sostegno di tale censura.

    Giudizio della Corte

    38

    Con la prima parte del primo motivo di impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato il suo obbligo di motivazione nell’ambito dell’analisi dell’effettività dei mezzi di ricorso riguardanti lo svolgimento degli accertamenti.

    39

    Per quanto riguarda la ricevibilità di tale parte, che è messa in discussione dal Consiglio, occorre ricordare anzitutto che, secondo costante giurisprudenza, il difetto o l’insufficienza di motivazione rientra nell’inosservanza delle forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263 TFUE e costituisce un motivo di ordine pubblico che può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (sentenze del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 34, e del 28 gennaio 2016, Quimitécnica.com e de Mello/Commissione, C‑415/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:58, punto 57). Ne consegue che l’argomentazione del Consiglio relativa all’irricevibilità della prima parte del primo motivo deve essere respinta.

    40

    Per quanto riguarda la fondatezza di tale parte, occorre ricordare che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione di una sentenza deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale (sentenza del 25 marzo 2021, Deutsche Telekom/Commissione, C‑152/19 P, EU:C:2021:238, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

    41

    Nel caso di specie, ai punti da 78 a 82 della sentenza impugnata, il Tribunale ha anzitutto ricordato che il diritto a un ricorso effettivo è sancito all’articolo 47 della Carta nonché agli articoli 6 e 13 della CEDU. Dopo avere ricordato che la CEDU non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione, cosicché il controllo di legittimità deve essere svolto alla luce unicamente dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta, il Tribunale ha sottolineato che sia dall’articolo 52 della Carta sia dalle spiegazioni relative a detto articolo risulta che le disposizioni della CEDU e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relative a tali disposizioni devono essere prese in considerazione in sede di interpretazione e di applicazione delle disposizioni della Carta in una determinata fattispecie.

    42

    Il Tribunale ha considerato, a tal riguardo, che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il rispetto del diritto a un ricorso effettivo deve essere esaminato, in materia di perquisizioni domiciliari, alla luce delle quattro condizioni seguenti: in primo luogo, deve esistere un controllo giurisdizionale effettivo, in fatto e in diritto, della regolarità della decisione di effettuare tali perquisizioni o delle misure adottate nel loro ambito, in secondo luogo, il ricorso o i ricorsi disponibili devono consentire, in caso di constatazione di irregolarità, o di prevenire il verificarsi dell’operazione o, nell’ipotesi in cui un’operazione irregolare abbia già avuto luogo, di fornire all’interessato un rimedio adeguato, in terzo luogo, l’accessibilità del ricorso di cui trattasi deve essere certa e, in quarto luogo, il controllo giurisdizionale deve avvenire entro un termine ragionevole.

    43

    Il Tribunale ha poi rilevato, al punto 83 della sentenza impugnata, che risulta altresì da tale giurisprudenza che lo svolgimento di un’operazione di accertamento deve poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo e che il controllo deve essere effettivo nelle particolari circostanze del caso di specie, il che implica la presa in considerazione di tutti i mezzi di ricorso disponibili per un’impresa sottoposta a un accertamento e quindi un’analisi globale di tali mezzi di ricorso. Il Tribunale ha considerato, ai punti 86 e 87 della sentenza impugnata, che, poiché la verifica del rispetto del diritto a un ricorso effettivo deve basarsi su un’analisi globale dei mezzi di ricorso che possono dar luogo al controllo delle misure adottate nell’ambito di un accertamento, è irrilevante il fatto che, considerato singolarmente, ciascuno di tali mezzi di ricorso non soddisfi le quattro condizioni richieste perché sia ammessa l’esistenza di un diritto a un ricorso effettivo.

    44

    In tale contesto, il Tribunale ha inoltre indicato, ai punti 88 e 89 della sentenza impugnata, che, oltre alla possibilità di rivolgere richieste al consigliere‑auditore della Commissione, esistono sei mezzi di ricorso che consentono di portare dinanzi al giudice dell’Unione contestazioni relative a un’operazione di accertamento, ossia il ricorso avverso la decisione di accertamento, il ricorso avverso la decisione della Commissione che sanziona un ostruzionismo all’accertamento sulla base all’articolo 23, paragrafo 1, lettere da c) a e), del regolamento n. 1/2003, il ricorso avverso qualsiasi atto che soddisfi le condizioni giurisprudenziali dell’atto impugnabile che la Commissione adotterebbe a seguito della decisione di accertamento e nell’ambito dello svolgimento delle operazioni di accertamento, come una decisione di rigetto di una domanda di tutela di documenti a titolo della riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti, il ricorso avverso la decisione che conclude il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 101 TFUE, la domanda di provvedimenti provvisori e il ricorso per responsabilità extracontrattuale.

    45

    Il Tribunale ha precisato, ai punti da 90 a 98 della sentenza impugnata, i motivi per i quali considera che tali mezzi di ricorso consentono di portare dinanzi al giudice dell’Unione contestazioni relative allo svolgimento degli accertamenti.

    46

    Infine, il Tribunale ha dichiarato, al termine di un’analisi effettuata ai punti da 100 a 110 della sentenza impugnata, che si può ritenere che il sistema di controllo dello svolgimento delle operazioni di accertamento costituito dall’insieme dei mezzi di ricorso elencati al punto 44 della presente sentenza soddisfi le quattro condizioni derivanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

    47

    Pertanto, al punto 111 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’eccezione di illegittimità dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 basata sulla violazione del diritto a un ricorso effettivo.

    48

    In tali circostanze, si deve constatare che, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, i motivi per i quali il Tribunale ha respinto l’argomentazione concernente la mancanza di un ricorso effettivo in relazione alle condizioni di svolgimento degli accertamenti emergono in modo chiaro e non equivoco dai punti da 78 a 111 della sentenza impugnata, riassunti ai punti da 41 a 47 della presente sentenza. Tali motivi hanno consentito alle ricorrenti di conoscere le giustificazioni della sentenza impugnata, come risulta, peraltro, dal contenuto della loro impugnazione, e consentono alla Corte di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale.

    49

    Pertanto, occorre respingere in quanto infondata la prima parte del primo motivo, relativa a un difetto di motivazione.

    50

    Con la seconda parte del primo motivo, le ricorrenti deducono la violazione del diritto a un ricorso effettivo.

    51

    Per quanto riguarda la prima censura della seconda parte del primo motivo, relativa al fatto che il Tribunale avrebbe dovuto procedere a un esame individuale dei diversi mezzi di ricorso al fine di verificare se fosse garantito il diritto a un ricorso effettivo contro le misure adottate nell’ambito di un accertamento, si deve ricordare che il diritto a un ricorso effettivo è sancito dall’articolo 47 della Carta.

    52

    Occorre rammentare altresì che l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta precisa che, laddove essa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti da detta Convenzione [sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 116].

    53

    Orbene, come risulta dalle spiegazioni relative all’articolo 47 della Carta, che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione per l’interpretazione di quest’ultima, i commi primo e secondo di tale articolo 47 corrispondono rispettivamente all’articolo 13 e all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU [sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 117]. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU costituisce una lex specialis rispetto all’articolo 13 di tale Convenzione, in quanto i requisiti del secondo sono inclusi in quelli, più rigorosi, del primo (Corte EDU, 15 marzo 2022, Grzęda c. Polonia, CE:ECHR:2022:0315JUD004357218, § 352 e giurisprudenza ivi citata).

    54

    La Corte ha inoltre dichiarato di doversi sincerare che l’interpretazione da essa fornita all’articolo 47, primo comma, della Carta assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito all’articolo 13 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo [v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (Effetto sospensivo dell’appello),C‑175/17, EU:C:2018:776, punto 35].

    55

    A questo proposito, si deve rilevare che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che la protezione offerta dall’articolo 13 della CEDU non si spinge fino a richiedere una forma specifica di ricorso (Corte EDU, 20 marzo 2008, Boudaïeva e a. c. Russia, CE:ECHR:2008:0320JUD001533902, § 190) e che anche se nessun ricorso offerto dal diritto interno, considerato isolatamente, soddisfa di per sé i requisiti del citato articolo 13, ciò può verificarsi nel caso di tali ricorsi, considerati nel loro complesso (Corte EDU, 10 luglio 2020, Mugemangango c. Belgio, CE:ECHR:2020:0710JUD000031015, § 131 e giurisprudenza ivi citata).

    56

    Inoltre, in caso di violazione del diritto al rispetto del domicilio, sancito dall’articolo 8 della CEDU, un ricorso è effettivo, ai sensi dell’articolo 13 della CEDU, se il ricorrente ha accesso a una procedura che gli consenta di contestare la regolarità delle perquisizioni e dei sequestri effettuati e di ottenere un rimedio adeguato qualora tali misure siano state disposte o eseguite in modo illegittimo (Corte EDU, 19 gennaio 2017, Posevini c. Bulgaria, CE:ECHR:2017:0119JUD006363814, § 84).

    57

    A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 6, paragrafo 1, o all’articolo 8 della CEDU, risulta che, in materia di perquisizioni domiciliari, l’assenza del previo rilascio di un’autorizzazione dell’accertamento da parte di un giudice, che avrebbe potuto circoscrivere o controllare lo svolgimento di tale accertamento, può essere compensata da un controllo giurisdizionale ex post facto sulla legittimità e sulla necessità di una simile misura istruttoria, purché detto controllo sia efficace nelle particolari circostanze del caso di specie. Ciò implica che gli interessati possano ottenere un controllo giurisdizionale effettivo, tanto in fatto quanto in diritto, della misura controversa e del suo svolgimento. Quando un’operazione dichiarata irregolare abbia già avuto luogo, il ricorso o i ricorsi disponibili devono permettere di fornire all’interessato un rimedio adeguato (Corte EDU, 2 ottobre 2014, Delta Pekárny a.s. c. Repubblica ceca, CE:ECHR:2014:1002JUD000009711, § 86 e § 87 nonché giurisprudenza ivi citata).

    58

    Pertanto, dato che il controllo giurisdizionale a posteriori dell’accertamento può, a determinate condizioni, compensare l’assenza di previo controllo giurisdizionale e che deve essere fornito un rimedio adeguato mediante «il ricorso o i ricorsi disponibili», si deve ritenere che, in linea di principio, occorra tenere conto di tutti i rimedi disponibili al fine di stabilire se i requisiti di cui all’articolo 47 della Carta siano soddisfatti.

    59

    Inoltre, poiché le ricorrenti avevano dedotto, con un’eccezione, l’illegittimità dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, il Tribunale, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, era tenuto, per pronunciarsi su tale eccezione, ad effettuare una valutazione globale del sistema di controllo giurisdizionale dei provvedimenti adottati nell’ambito degli accertamenti, che andasse oltre le particolari circostanze del caso di specie.

    60

    In siffatto contesto, si deve constatare che le ricorrenti sostengono erroneamente che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’effettuare un’analisi globale di tutti i mezzi di ricorso disponibili per contestare lo svolgimento degli accertamenti.

    61

    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui il Tribunale non avrebbe potuto ponderare gli svantaggi di un ricorso contro i provvedimenti adottati nell’ambito di un accertamento con i vantaggi di un ricorso per contestare la legittimità della decisione di accertamento, è sufficiente rilevare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi 46 e 47 delle sue conclusioni, che tale argomento deriva da una lettura erronea della sentenza impugnata. Infatti, dai punti da 90 a 98 di detta sentenza risulta che il Tribunale ha esaminato in che misura i diversi mezzi di ricorso a disposizione delle ricorrenti, compreso il ricorso avverso la decisione di accertamento, consentissero di sottoporre ad un giudice censure relative alla regolarità dello svolgimento dell’accertamento e quindi in che misura, nonostante l’assenza di un unico mezzo di ricorso, detto svolgimento potesse essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti da 55 a 57 della presente sentenza.

    62

    Infine, per quanto riguarda l’argomentazione delle ricorrenti secondo cui, se il Tribunale avesse proceduto a un esame separato dei diversi mezzi di ricorso, avrebbe dovuto, da un lato, escludere tre dei sei mezzi di ricorso che ha riconosciuto come effettivi, vale a dire il ricorso avverso la decisione che conclude il procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE, il ricorso avverso la decisione di accertamento e, infine, il ricorso per responsabilità extracontrattuale, e, dall’altro, dichiarare che tutti gli altri mezzi di ricorso erano parziali, è sufficiente rilevare che tale argomentazione deve essere respinta in quanto si basa sulla premessa erronea secondo cui il Tribunale non poteva effettuare un’analisi globale di tutti i mezzi di ricorso disponibili per contestare lo svolgimento degli accertamenti.

    63

    La prima censura della seconda parte del primo motivo deve pertanto essere respinta.

    64

    Per quanto riguarda la seconda e la terza censura, relative al fatto che il Tribunale, dichiarando che ricorsi parziali e la cui disponibilità non è chiara sono effettivi, farebbe gravare sugli interessati l’onere di creare le condizioni per esperire tali ricorsi, la cui certezza non sarebbe pacifica, è sufficiente rilevare, da un lato, che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo richiamata al punto 57 della presente sentenza, non è richiesto che tutte le censure che possono essere sollevate contro i provvedimenti adottati dalla pubblica autorità sulla base della decisione che dispone la perquisizione siano presentate nell’ambito di un unico mezzo di ricorso e, dall’altro, come ha sostanzialmente rilevato l’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, l’assenza di una prassi giudiziaria consolidata può non essere determinante per negare l’effettività di un mezzo di ricorso.

    65

    Ne consegue che tali censure non sono fondate.

    66

    Risulta da quanto precede che il primo motivo deve essere integralmente respinto in quanto infondato.

    Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto per quanto riguarda la regolarità formale degli indizi che giustificano gli accertamenti

    Argomentazione delle parti

    67

    Con il terzo motivo, le ricorrenti addebitano, in sostanza, al Tribunale di avere commesso un errore di diritto e di avere violato il regolamento n. 1/2003, da un lato, nel dichiarare, al punto 193 della sentenza impugnata, che la Commissione non è tenuta a rispettare le norme che disciplinano i suoi poteri di indagine, in particolare l’obbligo di registrazione dei colloqui, risultante dal combinato disposto dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, quando non sia stata ancora formalmente avviata un’indagine, e, dall’altro, nel rifiutare, al punto 206 della sentenza impugnata, di escludere gli indizi emersi dai colloqui con i fornitori in quanto viziati da un’irregolarità formale.

    68

    Esse sostengono che il Tribunale ha considerato erroneamente, ai punti 189, 192, 193, 196 e 198 della sentenza impugnata, che la valutazione del carattere sufficientemente serio degli indizi di cui dispone la Commissione deve essere effettuata prendendo in considerazione la circostanza che la decisione di accertamento si inserisce nell’ambito della fase di indagine preliminare, prima ancora che sia stata avviata un’indagine, ai sensi del capitolo V del regolamento n. 1/2003, il che giustifica il fatto che la Commissione non sia tenuta a rispettare talune norme cogenti di tale regolamento, tra cui quelle relative all’obbligo di registrare i colloqui dai quali sono emersi gli indizi in parola. Esse criticano la distinzione così operata dal Tribunale tra i provvedimenti successivi all’avvio formale di un’indagine, che sarebbero disciplinati dal regolamento n. 1/2003, e quelli, anteriori a tale avvio, che non rientrerebbero nell’ambito di applicazione di detto regolamento.

    69

    Con la prima parte del terzo motivo, le ricorrenti fanno valere che siffatta distinzione si basa su una lettura erronea della giurisprudenza citata al punto 194 della sentenza impugnata. Infatti, tale giurisprudenza opererebbe una distinzione tra la fase istruttoria anteriore alla comunicazione degli addebiti e il seguito del procedimento amministrativo. Inoltre, la suddetta giurisprudenza definirebbe il punto di partenza non già dell’indagine, bensì del periodo da prendere in considerazione per stabilire se la durata del procedimento fosse ragionevole.

    70

    Con la seconda parte del terzo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare, al punto 193 della sentenza impugnata, che il regolamento n. 1/2003 non si applica prima dell’adozione di una prima decisione di accertamento.

    71

    Infatti, dal considerando 25 del regolamento n. 1/2003 e dall’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 risulterebbe che il regolamento n. 1/2003 si applica a tutti gli atti della Commissione adottati per l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, a partire dalla fase di individuazione delle pratiche di cui trattasi. Esse sottolineano, a tale proposito, che quest’ultimo regolamento si applica alle indagini settoriali e alle dichiarazioni effettuate al fine di beneficiare del trattamento favorevole, senza che sia stata adottata dalla Commissione alcuna misura che implichi l’addebito di una violazione. Sottrarre all’applicazione del regolamento n. 1/2003 gli atti di indagine compiuti prima di una decisione di accertamento rischierebbe di privare le imprese e i terzi dei loro diritti procedurali nonché del loro diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo avverso una decisione siffatta.

    72

    Con la terza parte del terzo motivo, le ricorrenti contestano la distinzione operata dal Tribunale, al punto 193 della sentenza impugnata, tra le prove di un’infrazione e gli indizi che fondano una decisione di accertamento, distinzione secondo la quale gli indizi non sarebbero sottoposti allo stesso grado di formalismo relativo alle prove. Secondo le ricorrenti, gli indizi e le prove devono essere soggetti alle medesime formalità e alle medesime norme procedurali volte a garantire l’autenticità, la correttezza e l’attendibilità delle prove.

    73

    La Commissione contesta tale argomentazione.

    74

    In via preliminare, la Commissione precisa che l’avvio dell’indagine è diverso sia dall’apertura di un fascicolo sia dall’avvio del procedimento, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004. L’avvio dell’indagine avverrebbe al momento del primo esercizio dei suoi poteri di indagine e dell’adozione di misure che implicano l’addebito di un’infrazione e comportano ripercussioni significative sulla situazione delle entità sospettate. L’apertura del fascicolo sarebbe un atto interno adottato dalla cancelleria della Direzione generale della Concorrenza della Commissione allorché attribuisce un numero di pratica, e il cui solo scopo sarebbe quello di conservare documenti. L’avvio del procedimento corrisponderebbe alla data in cui la Commissione adotta una decisione ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004, in vista dell’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento n. 1/2003.

    75

    Ciò premesso, la Commissione sostiene, in primo luogo, di non essere tenuta a rispettare le formalità dei regolamenti n. 1/2003 e n. 773/2004 prima di avviare un’indagine.

    76

    Sotto un primo profilo, la Commissione nega che tale obbligo derivi dalla giurisprudenza e sostiene che il Tribunale non ha snaturato la giurisprudenza citata al punto 194 della sentenza impugnata. Il fatto che detta giurisprudenza riguardi la valutazione della durata ragionevole del procedimento sarebbe irrilevante al riguardo.

    77

    Sotto un secondo profilo, la Commissione ritiene che dai regolamenti n. 1/2003 e n. 773/2004 non risulti che essa sia tenuta a rispettare le formalità dei menzionati regolamenti prima ancora di avere avviato un’indagine.

    78

    Inoltre, l’argomento delle ricorrenti, basato sull’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, deriverebbe da una confusione tra l’avvio dell’indagine e l’avvio del procedimento, che tuttavia avverrebbero in momenti diversi e avrebbero conseguenze giuridiche diverse.

    79

    Oltre a ciò, secondo la Commissione, sarebbero irrilevanti i riferimenti operati dalle ricorrenti sia al considerando 25 del regolamento n. 1/2003 sia alle indagini settoriali o alle dichiarazioni effettuate al fine di beneficiare del trattamento favorevole.

    80

    Sotto un terzo profilo, le ricorrenti non potrebbero sostenere che consentire alla Commissione di esentarsi dalle formalità dei regolamenti n. 1/2003 e n. 773/2004 prima dell’avvio dell’indagine leda il loro diritto a un ricorso effettivo che consenta di controllare, in diritto e in fatto, la legittimità delle decisioni di accertamento. Da un lato, tale affermazione sarebbe contraddetta dal controllo degli indizi effettuato dal Tribunale nel caso di specie, che ha condotto all’annullamento parziale delle decisioni controverse. Dall’altro, quand’anche una testimonianza orale non fosse stata oggetto di registrazione, il Tribunale potrebbe procedere all’audizione dei testimoni, conformemente all’articolo 94 del suo regolamento di procedura.

    81

    L’applicazione delle formalità dei regolamenti n. 1/2003 e n. 773/2004 prima dell’avvio dell’indagine pregiudicherebbe l’attuazione del diritto della concorrenza da parte della Commissione, impedendole di raccogliere e di utilizzare indizi ricevuti in forma orale. Impedire alla Commissione di raccogliere indizi in forma orale comprometterebbe l’efficacia delle indagini ritardando la data degli accertamenti.

    82

    In secondo luogo, la Commissione sostiene, anzitutto, che, poiché lo scopo dell’accertamento consiste nel raccogliere gli elementi necessari per verificare la sussistenza e la portata della presunta infrazione sulla base degli indizi in suo possesso, gli indizi sono necessariamente soggetti a un grado di formalismo inferiore rispetto alle prove e, in particolare, essa non sarebbe tenuta a registrare tali indizi ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004.

    83

    Inoltre, detta istituzione afferma che sottoporre gli indizi a un grado di formalismo inferiore rispetto a quello delle prove consente di conciliare, da un lato, l’imperativo di celerità che guida l’adozione delle decisioni di accertamento con l’efficacia dell’indagine della Commissione e, dall’altro, la salvaguardia dei diritti della difesa delle imprese interessate.

    84

    Infine, l’autenticità di una prova non sarebbe un presupposto necessario della sua attendibilità. La Corte avrebbe infatti ricordato, ai punti da 65 a 69 della sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773), che il principio che prevale nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento delle prove, da cui deriverebbe che il solo criterio pertinente di apprezzamento del valore probatorio delle prove regolarmente prodotte è la loro attendibilità. Di conseguenza, il valore probatorio di una prova andrebbe valutato globalmente, cosicché addurre semplici dubbi non confermati circa l’autenticità di una prova non sarebbe sufficiente a comprometterne l’attendibilità. Tali principi si applicherebbero a maggior ragione agli indizi, il cui valore probatorio è per definizione inferiore.

    Giudizio della Corte

    85

    Con il terzo motivo, considerato nelle sue tre parti, le ricorrenti addebitano, in sostanza, al Tribunale di avere commesso un errore di diritto, al punto 193 della sentenza impugnata, nel considerare che la Commissione non è tenuta a rispettare l’obbligo di registrazione dei colloqui risultante dal combinato disposto dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 prima di avere avviato formalmente un’indagine ed esercitato i poteri di indagine ad essa conferiti in particolare dagli articoli da 18 a 20 del regolamento n. 1/2003.

    86

    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione richiede di tener conto non soltanto della sua formulazione, ma anche del contesto in cui essa si inserisce nonché degli obiettivi e della finalità che l’atto di cui essa fa parte persegue (sentenza del 1o agosto 2022, HOLD Alapkezelő, C‑352/20, EU:C:2022:606, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

    87

    In primo luogo, risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 che quest’ultimo è inteso applicarsi a qualunque audizione diretta alla raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 84).

    88

    L’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, che assoggetta i colloqui basati sull’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 al rispetto di talune formalità, non fornisce precisazioni in ordine all’ambito di applicazione di quest’ultima disposizione.

    89

    Orbene, è importante ricordare che la Corte ha dichiarato che, in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, grava sulla Commissione l’obbligo di registrare, nella forma di sua scelta, qualsiasi colloquio da essa tenuto, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, al fine di raccogliere informazioni relative all’oggetto di un’indagine da essa condotta (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti 9091).

    90

    Occorre quindi precisare che si deve operare una distinzione in base allo scopo dei colloqui effettuati dalla Commissione, in quanto soltanto quelli volti a raccogliere informazioni relative all’oggetto di un’indagine della Commissione rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e, pertanto, dell’obbligo di registrazione.

    91

    Ciò precisato, nessun elemento tratto dal testo dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 o dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 consente di desumere che l’applicazione di tale obbligo di registrazione dipende dalla questione se il colloquio svolto dalla Commissione abbia avuto luogo prima dell’avvio formale di un’indagine, al fine di raccogliere indizi di un’infrazione, o successivamente, al fine di raccogliere prove di un’infrazione.

    92

    Infatti, le succitate disposizioni non prevedono affatto che l’applicazione dell’obbligo di registrazione dipenda dalla questione se le informazioni che ne costituiscono l’oggetto possano essere qualificate come indizi o come prove. Al contrario, a motivo del carattere generico del termine «informazioni», che figura all’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, si deve considerare che detta disposizione si applica indistintamente a ciascuna di tali categorie.

    93

    È vero che le nozioni di «indizi» e di «prove» non possono essere confuse, dato che un indizio non può, per sua natura e a differenza di una prova, essere sufficiente a dimostrare un determinato fatto.

    94

    Ciò non toglie che la qualificazione come indizio o come prova non dipende da una fase specifica del procedimento, bensì dal valore probatorio delle informazioni di cui trattasi, degli indizi sufficientemente seri e convergenti, riuniti in un «complesso», che possano di per sé dimostrare un’infrazione ed essere utilizzati nella decisione finale della Commissione adottata sulla base dell’articolo 101 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2010, Knauf Gips/CommissioneC‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 47).

    95

    Pertanto, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 141 delle sue conclusioni, l’obbligo di registrazione delle audizioni non può dipendere dalla qualificazione delle informazioni raccolte come indizi o come prove, in quanto il valore probatorio di dette informazioni può essere valutato dalla Commissione solo al termine di tali audizioni, durante le fasi successive del procedimento.

    96

    Inoltre, l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 non prevedono neppure che l’applicazione dell’obbligo di registrazione dipende dalla fase del procedimento in cui vengono effettuate le audizioni. È vero che l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede che le audizioni basate su tale disposizione sono quelle svolte ai fini della raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine, il che presuppone che un’indagine sia in corso. Tuttavia, da detta disposizione non risulta che tali audizioni debbano avere luogo dopo l’avvio formale di un’indagine, quale definita dal Tribunale al punto 193 della sentenza impugnata, come momento in cui la Commissione adotta una misura che implichi l’addebito di una violazione.

    97

    In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, occorre rilevare, da un lato, che tale articolo è contenuto nel capitolo V del medesimo regolamento, relativo ai poteri di indagine della Commissione. Orbene, l’applicazione delle disposizioni del citato capitolo non è necessariamente subordinata all’adozione, da parte di detta istituzione, di una misura che implichi l’addebito di una violazione.

    98

    Così, la Commissione può, ai sensi dell’articolo 17 del menzionato regolamento, svolgere indagini settoriali, le quali non richiedono la previa adozione di misure di tale natura nei confronti di imprese.

    99

    Dall’altro, si deve rilevare che l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, ai sensi del quale «[l]a Commissione può esercitare i poteri di indagine a norma del capitolo V del regolamento [n. 1/2003] prima dell’avvio del procedimento», avvalora l’interpretazione secondo cui le disposizioni relative ai poteri di indagine della Commissione elencati in detto capitolo – compreso l’articolo 19 – possono trovare applicazione prima che l’indagine sia formalmente avviata, contrariamente a quanto risulta dal punto 193 della sentenza impugnata.

    100

    È vero che, nelle cause sfociate nelle sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 182), e del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione (C‑105/04 P, EU:C:2006:592, punto 38), citate al punto 194 della sentenza impugnata, la Corte ha individuato il punto di partenza dell’indagine preliminare condotta dalla Commissione, in materia di concorrenza, nella data in cui tale istituzione, esercitando i poteri conferitile dal legislatore dell’Unione, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione e comportano ripercussioni significative sulla situazione delle imprese sospettate.

    101

    Tuttavia, le cause all’origine di tali sentenze riguardavano la determinazione del punto di partenza del procedimento amministrativo al fine di verificare il rispetto, da parte della Commissione, del principio del termine ragionevole. Orbene, detta verifica richiede di esaminare se tale istituzione abbia agito in modo diligente a partire dalla data in cui ha informato dell’esistenza di un’indagine l’impresa sospettata di avere commesso una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione.

    102

    Per contro, tale data non può essere presa in considerazione al fine di stabilire il momento a partire dal quale la Commissione è tenuta a rispettare l’obbligo di registrazione dei colloqui derivante dal combinato disposto dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004. Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 150 delle sue conclusioni, un’impresa può essere interessata dalle dichiarazioni di terzi raccolte durante detti colloqui, senza esserne a conoscenza. Pertanto, la presa in considerazione della suddetta data equivarrebbe a rinviare l’applicazione dell’obbligo di registrazione e delle relative garanzie procedurali, previste dalle succitate disposizioni a beneficio dei terzi sentiti e dell’impresa sospettata, fino a quando la Commissione non abbia adottato un provvedimento che informi l’impresa in questione dell’esistenza di sospetti nei suoi confronti. In conseguenza di tale rinvio, i colloqui con i terzi effettuati prima di un simile provvedimento sarebbero sottratti dall’ambito di applicazione dell’obbligo di registrazione dei colloqui e delle garanzie procedurali ad essi applicabili.

    103

    In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda la finalità del regolamento n. 1/2003, dal considerando 25 di detto regolamento risulta che, poiché diventa sempre più difficile individuare le infrazioni delle regole di concorrenza, l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 mira ad ampliare i poteri di indagine della Commissione consentendo, in particolare, a quest’ultima di sentire chiunque possa disporre di informazioni utili e di verbalizzare le dichiarazioni (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 85). Orbene, l’espressione «individuare le infrazioni», contenuta in tale considerando, avvalora l’interpretazione secondo cui i colloqui effettuati dalla Commissione, in una fase preliminare, al fine di raccogliere indizi relativi all’oggetto di un’indagine rientrano parimenti nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

    104

    Inoltre, è importante precisare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, la Commissione può registrare i colloqui in qualsiasi forma. La Commissione non può quindi validamente sostenere che il fatto di imporle un obbligo di registrazione le impedirebbe di raccogliere e di utilizzare indizi quando essi possano assumere solo forma orale e comprometterebbe l’efficacia delle indagini ritardando la data dell’accertamento. Analogamente, la Commissione non può sostenere che tale obbligo abbia un effetto dissuasivo, in quanto essa può proteggere l’identità delle persone sentite.

    105

    In tali circostanze, si deve constatare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare, al punto 193 della sentenza impugnata, che si devono escludere dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1/2003 i colloqui nel corso dei quali siano stati raccolti indizi che hanno successivamente costituito la base di una decisione che ha disposto l’accertamento presso un’impresa, per il motivo che in quel momento non era stata avviata alcuna indagine ai sensi del capitolo V di tale regolamento, in quanto la Commissione non aveva adottato alcuna misura che implicasse, nei confronti di detta impresa, l’addebito di una violazione. Per stabilire se i colloqui in parola rientrassero in tale ambito di applicazione, il Tribunale avrebbe dovuto verificare se essi fossero finalizzati alla raccolta delle informazioni relative all’oggetto di un’indagine, tenendo conto del loro contenuto e del loro contesto.

    106

    Nel caso di specie, come risulta dai punti 205 e 206 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che gli indizi risultanti dai colloqui con i fornitori non potevano essere esclusi in quanto viziati da un’irregolarità formale dovuta all’inosservanza dell’obbligo di registrazione previsto dall’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dall’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, segnatamente in quanto tali colloqui si erano svolti prima dell’avvio di un’indagine ai sensi del regolamento n. 1/2003 e non implicavano, nei confronti delle ricorrenti e a fortiori nei confronti dei fornitori, un qualsivoglia addebito di una violazione.

    107

    Orbene, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 155 delle sue conclusioni, è sufficiente indicare, a questo proposito, che la Commissione, quando procede a colloqui, il cui oggetto sia definito in anticipo e il cui scopo consista chiaramente nell’ottenere informazioni sul funzionamento di un determinato mercato e sul comportamento degli operatori di detto mercato al fine di individuare eventuali comportamenti illeciti o di consolidare i propri sospetti quanto all’esistenza di tali comportamenti, esercita il suo potere di raccogliere dichiarazioni ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003.

    108

    Di conseguenza, i colloqui con i fornitori rientravano nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e la Commissione era tenuta a registrare tali dichiarazioni conformemente all’articolo 3 del regolamento n. 773/2004.

    109

    Ne consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto quando ha dichiarato, al punto 206 della sentenza impugnata, che l’obbligo di registrazione di cui all’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e all’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 non si applicava ai colloqui con i fornitori e che gli indizi risultanti da tali colloqui non erano viziati da un’irregolarità formale.

    110

    Da tutto quanto precede risulta che le tre parti del terzo motivo sono fondate e che, di conseguenza, occorre accogliere l’impugnazione ed annullare il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha respinto per il resto il ricorso avverso le decisioni controverse, senza che sia necessario statuire sugli altri motivi di impugnazione. Conseguentemente, occorre altresì annullare il punto 3, relativo alle spese, del dispositivo della sentenza impugnata.

    Sul ricorso dinanzi al Tribunale

    111

    Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

    112

    Tale ipotesi ricorre nel caso di specie.

    113

    Occorre pertanto esaminare la censura, dedotta dalle ricorrenti dinanzi al Tribunale nell’ambito del loro motivo vertente sulla violazione del diritto all’inviolabilità del domicilio, basata, in sostanza, sul fatto che gli indizi risultanti dai colloqui con i fornitori debbano essere esclusi in ragione dell’inosservanza, da parte della Commissione, dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004.

    114

    A sostegno di tale censura, le ricorrenti affermano che i resoconti dei colloqui con i fornitori non erano registrazioni conformi alle succitate disposizioni, in quanto, segnatamente, non erano stati sottoposti all’approvazione delle persone sentite.

    115

    La Commissione replica di avere soddisfatto il proprio obbligo di registrazione, avendo redatto resoconti esaustivi che rispecchivaano fedelmente il contenuto delle dichiarazioni dei fornitori e avendoli versati al fascicolo, con un numero di identificazione ufficiale. Questo tipo di resoconto costituirebbe una delle forme di registrazione cui l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004 consente alla Commissione di ricorrere, al pari di una registrazione audio o audiovisiva o di una trascrizione letterale.

    116

    A tal riguardo, si deve rilevare che l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, a termini del quale la Commissione «può registrare in qualsiasi forma le dichiarazioni rese dalle persone sentite», implica che la Commissione, laddove decida, con il consenso della persona interrogata, di procedere a un colloquio ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, è tenuta a registrare tale colloquio integralmente, ferma restando la possibilità di scelta, lasciata alla Commissione, riguardo alla forma di tale registrazione (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 90).

    117

    Inoltre, dall’articolo 3, paragrafo 3, seconda e terza frase, del regolamento n. 773/2004 risulta che la Commissione deve mettere una copia della registrazione a disposizione della persona sentita per approvazione e, se necessario, stabilire il termine entro il quale tale persona può comunicare eventuali correzioni da apportare alla dichiarazione resa.

    118

    Nel caso di specie, la Commissione non ha affermato né a fortiori dimostrato di avere messo a disposizione dei fornitori per l’approvazione i resoconti da essa redatti.

    119

    Orbene, l’obbligo imposto alla Commissione di mettere una copia della registrazione a disposizione della persona sentita per approvazione, previsto dall’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, è volto, in particolare, ad assicurare l’autenticità delle dichiarazioni rese dalla persona sentita, garantendo che tali dichiarazioni debbano essere effettivamente attribuite a quest’ultima e che il loro contenuto rispecchi fedelmente e integralmente dette dichiarazioni e non l’interpretazione datane dalla Commissione.

    120

    Pertanto, un indizio, ricavato da una dichiarazione raccolta dalla Commissione senza che sia stato rispettato tale obbligo, imposto dall’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, deve essere considerato inammissibile e conseguentemente escluso.

    121

    Così, tali resoconti, di natura puramente interna, non possono essere considerati conformi alle prescrizioni dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, che si applica ai colloqui rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003.

    122

    Tale constatazione non può essere inficiata dai punti da 65 a 69 della sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773).

    123

    È vero che la Corte ha dichiarato che il principio vigente nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento delle prove, da cui deriva che il solo criterio pertinente di apprezzamento del valore probatorio delle prove regolarmente prodotte è la loro attendibilità e che, di conseguenza, il valore probatorio di una prova deve essere valutato globalmente, cosicché addurre semplici dubbi non confermati circa l’autenticità di una prova non è sufficiente a comprometterne l’attendibilità (sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punti da 65 a 69).

    124

    Tuttavia, nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, la prova di cui veniva rimessa in discussione l’autenticità era un messaggio di posta elettronica interno a un’impresa e non la registrazione di una dichiarazione raccolta dalla Commissione inficiata da una violazione dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004.

    125

    Pertanto, il principio del libero apprezzamento delle prove non può essere invocato per sfuggire alle norme in materia di forma applicabili alla registrazione delle dichiarazioni raccolte dalla Commissione ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003. A questo proposito, occorre rilevare che la conseguenza di un’irregolarità nella raccolta di indizi, alla luce dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, risiede nell’impossibilità per la Commissione di usare tali indizi nel prosieguo del procedimento (v., per analogia, sentenza del 18 giugno 2015, Deutsche Bahn e a./Commissione, C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

    126

    Nel caso di specie, dal momento che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 208 delle sue conclusioni, le informazioni emerse dai colloqui con i fornitori costituivano la parte essenziale degli indizi sui quali si sono basate le decisioni controverse e che esse sono viziate da un’irregolarità formale a motivo dell’inosservanza dell’obbligo di registrazione di cui all’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, si deve concludere che la Commissione non era in possesso, alla data di adozione delle decisioni controverse, di indizi sufficientemente seri che essa potesse legittimamente utilizzare e che giustificassero le presunzioni enunciate all’articolo 1, lettera a), di tali decisioni. Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre annullare integralmente dette decisioni.

    Sulle spese

    127

    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

    128

    L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti hanno chiesto la condanna della Commissione alle spese, quest’ultima, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalle ricorrenti nell’ambito della presente impugnazione. Inoltre, dato che le decisioni controverse sono state annullate, la Commissione è condannata a sopportare la totalità delle spese sostenute dalle ricorrenti nell’ambito del procedimento di primo grado.

    129

    A norma dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura della Corte, una parte interveniente in primo grado, che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, può essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. In tal caso, la Corte può decidere che le spese da essa sostenute restino a suo carico. Poiché il Consiglio, interveniente in primo grado, ha partecipato alla fase scritta e alla fase orale del procedimento dinanzi alla Corte, si deve disporre che esso sopporterà le proprie spese relative sia al procedimento di impugnazione sia al procedimento di primo grado.

     

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il punto 2 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 ottobre 2020, Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (T‑255/17, EU:T:2020:460), è annullato nella parte in cui ha respinto per il resto il ricorso delle ricorrenti avverso la decisione C(2017) 1057 final della Commissione, del 9 febbraio 2017, che ordina alla Intermarché e a tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate di sottoporsi ad un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1), e la decisione C(2017) 1361 final della Commissione, del 21 febbraio 2017, che ordina alla Les Mousquetaires e ad ogni società da essa direttamente o indirettamente controllata di sottoporsi a un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1).

     

    2)

    Il punto 3 del dispositivo della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 ottobre 2020, Les Mousquetaires e ITM Entreprises/Commissione (T‑255/17, EU:T:2020:460), è annullato nella parte in cui ha statuito sulle spese.

     

    3)

    La decisione C(2017) 1057 final della Commissione, del 9 febbraio 2017, che ordina alla Intermarché e a tutte le società da essa direttamente o indirettamente controllate di sottoporsi ad un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1), e la decisione C(2017) 1361 final della Commissione, del 21 febbraio 2017, che ordina alla Les Mousquetaires e ad ogni società da essa direttamente o indirettamente controllata di sottoporsi a un accertamento conformemente all’articolo 20, paragrafi 1 e 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (AT.40466 – Tute 1), sono annullate.

     

    4)

    La Commissione europea è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Les Mousquetaires SAS e dalla ITM Entreprises SAS, relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione.

     

    5)

    Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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