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Document 62020CJ0638

    Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 24 novembre 2022.
    MCM contro Centrala studiestödsnämnden.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Överklagandenämnden för studiestöd.
    Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Articolo 45 TFUE – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Aiuto finanziario per gli studi superiori in un altro Stato membro – Requisito della residenza – Condizione alternativa d’integrazione sociale per gli studenti non residenti – Situazione di uno studente, cittadino dello Stato che concede l’aiuto, che risiede dalla nascita nello Stato in cui svolge i suoi studi.
    Causa C-638/20.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:916

     SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

    24 novembre 2022 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Articolo 45 TFUE – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Aiuto finanziario per gli studi superiori in un altro Stato membro – Requisito della residenza – Condizione alternativa d’integrazione sociale per gli studenti non residenti – Situazione di uno studente, cittadino dello Stato che concede l’aiuto, che risiede dalla nascita nello Stato in cui svolge i suoi studi»

    Nella causa C‑638/20,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Överklagandenämnden för studiestöd (commissione di ricorso in materia di aiuti finanziari agli studi, Svezia), con decisione del 14 ottobre 2020, pervenuta in cancelleria il 25 novembre 2020, nel procedimento

    MCM

    contro

    Centrala studiestödsnämnden,

    LA CORTE (Seconda Sezione),

    composta da A. Prechal, presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún, F. Biltgen (relatore), N. Wahl e J. Passer, giudici,

    avvocato generale: L. Medina

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per MCM, da lui stesso;

    per il governo svedese, da H. Eklinder, C. Meyer-Seitz, A. Runeskjöld, M. Salborn Hodgson, R. Shahsavan Eriksson, H. Shev, J. Lundberg e O. Simonsson, in qualità di agenti;

    per il governo danese, da J. Nymann-Lindegren e M. Søndahl Wolff, in qualità di agenti;

    per il governo austriaco, da A. Posch, E. Samoilova e J. Schmoll, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da P. Carlin e B.-R. Killmann, in qualità di agenti;

    per il governo norvegese, da E.S. Eikeland e T.H. Aarthun, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 aprile 2022,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45 TFUE e dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra MCM e la Centrala studiestödsnämnden (Consiglio nazionale di sostegno agli studenti, Svezia; in prosieguo: il «CSN») in merito al diritto di MCM di ricevere un aiuto finanziario dallo Stato svedese per svolgere i suoi studi in Spagna.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011 prevede quanto segue:

    «1.   Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

    2.   Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

    4

    Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, di tale regolamento:

    «I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d’insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono».

    Diritto svedese

    5

    Ai sensi dell’articolo 23, primo comma, del capo 3 della Studiestödslag (1999:1395) [legge (1999:1395) sull’aiuto finanziario agli studi; in prosieguo: la «legge sull’aiuto finanziario agli studi»], il diritto di uno studente di percepire un aiuto finanziario per seguire studi postsecondari al di fuori della Svezia è subordinato alla condizione che quest’ultimo abbia risieduto in Svezia per un periodo ininterrotto di almeno due anni nel corso degli ultimi cinque anni precedenti la domanda di aiuto (in prosieguo: il «requisito della residenza»).

    6

    Il governo o l’autorità designata da quest’ultimo può tuttavia adottare disposizioni particolari che consentano di derogare al requisito della residenza e prevedere norme supplementari che disciplinino gli aiuti finanziari concessi agli studenti scolarizzati all’estero.

    7

    In tal senso, la legge sull’aiuto finanziario agli studi è stata precisata dalle Centrala studiestödsnämndens föreskrifter och allmänna råd om beviljning av studiemedel (CSNFS 2001:1) (istruzioni e consigli generali per il CSN sulla concessione del finanziamento degli studi; in prosieguo: le «istruzioni e consigli generali per il CSN»). Tali istruzioni e consigli generali dispongono, all’articolo 6 del capo 12, che il requisito della residenza previsto all’articolo 23 del capo 3 di tale legge non si applica a una persona che soddisfaceva tale requisito, ove essa abbia iniziato a studiare all’estero beneficiando di un aiuto agli studi ai sensi di detta legge o di una borsa di formazione per dottorandi e che prosegua i propri studi senza interruzioni beneficiando di tale sostegno. L’articolo 6 a di tale capo 12 prevede che il requisito della residenza non si applichi neppure al cittadino svedese che soggiorna all’estero per causa di malattia se ha risieduto in precedenza in Svezia. Infine, l’articolo 6 b di detto capo 12 precisa che, qualora circostanze particolari lo giustifichino, l’aiuto agli studi può essere concesso ad uno studente anche quando non soddisfi il requisito della residenza.

    8

    Nei casi particolari in cui ritiene incompatibile con il diritto dell’Unione il requisito della residenza, il CSN concede una deroga a quest’ultima esigendo invece che la persona abbia un collegamento con la società svedese. Pertanto, le Centrala studiestödsnämndens rättsliga ställningstaganden dnr 2013-113-9290 samt dnr 2014-112-8426 (istruzioni interne del CSN n. 2013-113-9290 e n. 2014-112-8426) prevedono che il requisito della residenza, di cui all’articolo 23, primo comma, del capo 3 della legge sull’aiuto finanziario agli studi, non sia imposto, in base all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, alle persone in Svezia riconosciute come lavoratori migranti o loro familiari dal CSN. Per contro, tali persone, ad eccezione dei figli, devono avere un collegamento con la società svedese affinché sia concesso un aiuto finanziario agli studi.

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    9

    MCM, cittadino svedese, risiede dalla nascita in Spagna.

    10

    Nel marzo 2020, MCM ha presentato al CSN una domanda di aiuto finanziario per seguire studi universitari in Spagna. MCM ha indicato che suo padre, anch’egli cittadino svedese, che vive e lavora in Svezia dal novembre 2011, aveva svolto un’attività in qualità di lavoratore migrante in Spagna per circa 20 anni.

    11

    Il CSN ha respinto la domanda con la motivazione che MCM non soddisfaceva il requisito della residenza in Svezia previsto al primo comma dell’articolo 23 del capo 3 della legge sull’aiuto finanziario agli studi e non soddisfaceva nessuno dei criteri fissati dalle disposizioni derogatorie di cui agli articoli 6, 6 a e 6 b del capo 12 delle istruzioni e dei consigli generali per il CSN, sulla base dei quali tale aiuto avrebbe potuto essergli concesso. Inoltre, essa ha ritenuto che MCM non potesse richiedere l’aiuto sulla base del suo status di familiare di un lavoratore migrante, in quanto il padre esercitava ormai un’attività professionale in Svezia, suo Stato membro d’origine, e non soddisfacesse la condizione alternativa di integrazione nella società svedese che consentiva di derogare al requisito della residenza.

    12

    Avverso tale decisione MCM ha proposto ricorso dinanzi all’Överklagandenämnden för studiestöd (commissione di ricorso in materia di aiuti finanziari agli studi, Svezia), giudice del rinvio. Nelle sue osservazioni, il CSN ha confermato la sua valutazione. Esso ha altresì affermato che il rifiuto di concedere a MCM un aiuto finanziario per i suoi studi avrebbe potuto dissuadere il padre dall’emigrare in Spagna e costituisce pertanto un ostacolo alla libera circolazione del padre. Tuttavia, esso si è chiesto a questo proposito se la situazione in questione continuasse a rientrare nell’ambito d’applicazione del diritto dell’Unione, dato che il padre di MCM ha smesso di avvalersi della libertà di circolazione come lavoratore migrante dal 2011. Esso ha altresì messo in dubbio che un lavoratore migrante che sia tornato nel suo paese d’origine possa invocare senza limiti di tempo nei confronti di tale paese le garanzie di cui beneficiano, lui e i suoi familiari, in forza del regolamento n. 492/2011.

    13

    Il giudice del rinvio rileva che gli aiuti finanziari agli studi possono essere concessi ai cittadini svedesi e ai cittadini di altri Stati membri per seguire studi postsecondari all’estero.

    14

    Esso ricorda che, conformemente al primo comma dell’articolo 23 del capo 3 della legge sugli aiuti finanziari agli studi, il diritto a tale aiuto, che non dipende né dai redditi dei genitori del richiedente, né da qualsiasi altra situazione sociale, è subordinato alla condizione che lo studente richiedente abbia risieduto in Svezia per un periodo ininterrotto di almeno due anni nel corso degli ultimi cinque anni. Se il requisito della residenza non può essere soddisfatto, l’aiuto può tuttavia essere concesso qualora sussistano circostanze particolari ai sensi dell’articolo 6 b del capo 12 delle istruzioni e consigli generali per il CSN.

    15

    Il giudice del rinvio aggiunge che, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, il requisito della residenza non è imposto ai lavoratori migranti o ai loro familiari. Tuttavia, ad eccezione del caso in cui il richiedente sia figlio di un lavoratore migrante, il CSN richiede, in applicazione delle sue istruzioni interne, un fattore di collegamento con la società svedese per beneficiare dell’aiuto finanziario agli studi.

    16

    Tale giudice precisa inoltre che il requisito della residenza subisce del pari una deroga per le persone, ivi compresi i cittadini svedesi, che non risiedono in Svezia e che chiedono aiuti finanziari per seguire studi in un altro Stato membro dell’Unione. In tal caso, il CSN subordina la concessione di tale aiuto ad una condizione relativa ad un collegamento con la società svedese, fondandosi sulla sentenza della Corte del 18 luglio 2013, Prinz e Seeberger (C‑523/11 e C‑585/11, EU:C:2013:524, punto 38).

    17

    Esso si chiede se una condizione relativa all’esistenza di un fattore di collegamento con lo Stato membro d’origine possa essere imposta al figlio, che risiede nell’Unione, di un lavoratore migrante che ha lasciato lo Stato membro ospitante nel quale svolgeva un’attività lavorativa per vivere nel suo Stato membro d’origine. Infatti, secondo tale giudice, una siffatta condizione può essere contraria all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 e dissuadere taluni genitori o futuri genitori dall’esercitare la loro libertà di circolazione in quanto lavoratori, ai sensi dell’articolo 45 TFUE.

    18

    Esso considera che una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori deve poter essere giustificata da motivi attinenti agli interessi finanziari dello Stato membro d’origine e si chiede, tuttavia, se si debba applicare al caso di specie, per analogia, la giurisprudenza che consente di giustificare restrizioni alla libera circolazione dei cittadini ai sensi degli articoli 20 e 21 TFUE.

    19

    È in tale contesto che l’Överklagandenämnden för studiestöd (commissione di ricorso in materia di aiuti finanziari agli studi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se uno Stato membro (il paese d’origine), nonostante quanto disposto all’articolo 45 TFUE e all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, e tenendo conto degli interessi di bilancio del paese d’origine, possa stabilire il requisito, per il figlio del lavoratore migrante, qualora quest’ultimo sia rientrato nel paese d’origine, di avere un collegamento con il paese d’origine al fine di concedere a tale figlio studente un aiuto finanziario per studiare all’estero, nell’altro Stato membro dell’UE in cui il genitore del figlio ha precedentemente lavorato (il paese ospitante), in una situazione in cui:

    1)

    dopo il ritorno dal paese ospitante, il genitore abbia vissuto e lavorato nel paese d’origine per almeno otto anni,

    2)

    il figlio non abbia accompagnato il genitore nel paese d’origine, ma sia rimasto fin dalla nascita nel paese ospitante, e

    3)

    il paese d’origine preveda lo stesso requisito di un collegamento per gli altri cittadini del paese d’origine che non soddisfano il requisito di residenza e che chiedono un aiuto finanziario agli studi per studiare all’estero in un altro paese dell’Unione europea».

    Sulla questione pregiudiziale

    20

    Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 del regolamento n. 492/2011 e l’articolo 45 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro che subordini la concessione, al figlio di una persona che ha lasciato lo Stato membro ospitante in cui ha lavorato per tornare a vivere nel primo Stato membro di cui è cittadina, di un aiuto finanziario per studiare nello Stato membro ospitante, alla condizione che tale figlio presenti un fattore di collegamento con lo Stato membro d’origine, in una situazione in cui, da un lato, il suddetto figlio risiede dalla nascita nello Stato membro ospitante e, dall’altro, lo Stato membro d’origine assoggetta gli altri cittadini che non soddisfano il requisito della residenza e che richiedono tale aiuto finanziario per studiare in un altro Stato membro alla condizione attinente all’esistenza di un fattore di collegamento.

    21

    Occorre ricordare che l’articolo 45 TFUE vieta qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Peraltro, poiché l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011 costituisce solo l’espressione particolare di detto principio di non discriminazione nel settore specifico delle condizioni di occupazione e di lavoro, esso deve essere interpretato allo stesso modo dell’articolo 45 TFUE (sentenze del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken, C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 23 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 12 maggio 2021, CAF, C‑27/20, EU:C:2021:383, punto 24).

    22

    Analogamente, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, il quale prevede che il lavoratore cittadino di uno Stato membro goda, nel territorio degli altri Stati membri, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali, incorpora, nel campo specifico della concessione di vantaggi sociali, il principio della parità di trattamento sancito dall’articolo 45 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 20 giugno 2013, Giersch e a., C‑20/12, EU:C:2013:411, punto 35, e del 2 aprile 2020, PF e a., C‑830/18, EU:C:2020:275, punto 29).

    23

    La nozione di «vantaggio sociale», ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, comprende tutti i vantaggi che, connessi o meno a un contratto di lavoro, sono generalmente riconosciuti ai lavoratori nazionali, in ragione principalmente del loro status obiettivo di lavoratore o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale (sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld, C‑181/19, EU:C:2020:794, punto 41).

    24

    Secondo costante giurisprudenza, un aiuto concesso per il mantenimento e la formazione, allo scopo di compiere studi universitari sanciti da un titolo abilitante all’esercizio di un’attività professionale, costituisce un vantaggio sociale ai sensi di detta disposizione (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2019, Aubriet, C‑410/18, EU:C:2019:582, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

    25

    Nel caso di specie, è pacifico che la prestazione di cui trattasi costituisce un vantaggio sociale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

    26

    Tuttavia, occorre sottolineare che risulta dalla formulazione sia dell’articolo 7 del regolamento n. 492/2011, in forza del quale il lavoratore migrante non può essere trattato diversamente nel territorio «degli altri Stati membri», sia dall’articolo 10 di tale regolamento, secondo il quale i figli del lavoratore migrante sono trattati nel territorio «di un altro Stato membro» alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato, che tali articoli mirano a proteggere contro le discriminazioni alle quali il lavoratore migrante e i suoi familiari potrebbero essere confrontati nello Stato membro ospitante.

    27

    Come parimenti rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 56 e 57 delle sue conclusioni, sebbene il lavoratore migrante e i suoi familiari possano avvalersi del diritto alla parità di trattamento nei confronti delle autorità dello Stato membro ospitante, ciò non avviene tuttavia qualora la situazione, che può essere costitutiva di una discriminazione, riguardi lo Stato membro di origine del lavoratore.

    28

    Orbene, nel procedimento principale, poiché il diritto alla parità di trattamento è invocato nei confronti delle autorità dello Stato membro d’origine, l’articolo 7 del regolamento n. 492/2011 non è applicabile.

    29

    Tuttavia, nonostante il fatto che la situazione di cui trattasi nel procedimento principale non rientri nell’ambito d’applicazione dell’articolo 7 regolamento n. 492/2011, occorre esaminare tale situazione, alla luce dell’articolo 45 TFUE, che vieta non solo qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri, ma anche qualsiasi altra misura che possa costituire un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.

    30

    A tal riguardo, occorre ricordare che l’insieme delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione delle persone, così come quelle del regolamento n. 492/2011, mirano ad agevolare, per i cittadini degli Stati membri, l’esercizio di attività lavorative di qualsiasi tipo nel territorio dell’Unione ed ostano alle misure che potrebbero sfavorire detti cittadini quando intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (sentenza del 10 ottobre 2019, Krah, C‑703/17, EU:C:2019:850, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    31

    In tal contesto, i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il rispettivo Stato membro d’origine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di esercitarvi un’attività. Di conseguenza, l’articolo 45 TFUE osta a qualsiasi misura nazionale che possa rendere più difficile od ostacolare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà fondamentale garantita da detto articolo (sentenza del 10 ottobre 2019, Krah, C‑703/17, EU:C:2019:850, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

    32

    Infatti, come ricordato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, l’articolo 45 TFUE può essere invocato nei confronti di uno Stato membro dai propri cittadini per quanto riguarda le misure atte ad impedire o a dissuadere tali cittadini dal lasciare il loro paese d’origine.

    33

    Nel procedimento principale, il lavoratore di cui trattasi, dopo aver lasciato il suo Stato membro d’origine per lavorare in un altro Stato membro e risiedervi con la sua famiglia, è tornato a vivere e lavorare nel suo Stato membro d’origine. Per contro, suo figlio non ha mai risieduto in quest’ultimo Stato membro, ma vive dalla nascita nello Stato membro ospitante. In applicazione della normativa dello Stato membro d’origine, al figlio di un lavoratore siffatto può essere concesso, da quest’ultimo Stato membro, un aiuto finanziario per seguire studi nello Stato membro ospitante solo se presenta un fattore di collegamento con lo Stato membro d’origine.

    34

    Per quanto riguarda la questione se una siffatta normativa possa ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio, da parte del lavoratore interessato, della libertà di circolazione, libertà fondamentale garantita dall’articolo 45 TFUE, occorre osservare, come ha sostanzialmente rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 49 e 50 delle sue conclusioni, che, qualora tale lavoratore intenda esercitare tale libertà, la concessione di un aiuto finanziario agli studi postsecondari all’estero non dipenderebbe unicamente dalle sue scelte, ma anche dalle eventuali future scelte di suo figlio e da una serie di elementi futuri ipotetici e aleatori, cioè in particolare dal fatto che il lavoratore abbia effettivamente un figlio in futuro, che suo figlio scelga di restare nello Stato membro ospitante anche qualora il suo genitore decida di tornare nel suo Stato membro d’origine, che suo figlio non sia integrato nella società di quest’ultimo Stato membro e decida, venuto il momento, di intraprendere studi postsecondari.

    35

    Di conseguenza, tale situazione, che riposa su un insieme di circostanze eccessivamente aleatorie e indirette, non è tale da esercitare un’influenza sulla scelta del lavoratore di avvalersi della libertà di circolazione e non può essere considerata idonea ad ostacolare la libera circolazione dei lavoratori (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2019, Gemeinsamer Betriebsrat EurothermenResort Bad Schallerbach, C‑437/17, EU:C:2019:193, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    36

    Da quanto precede risulta che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale non può essere qualificata come un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, vietato ai sensi dell’articolo 45 TFUE.

    37

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 devono essere interpretati nel senso che tali disposizioni non ostano alla normativa di uno Stato membro che subordina la concessione, al figlio di una persona che ha lasciato lo Stato membro ospitante in cui ha lavorato per tornare a vivere nel primo Stato membro di cui è cittadina, di un aiuto finanziario per studiare nello Stato membro ospitante, alla condizione che tale figlio presenti un fattore di collegamento con lo Stato membro d’origine, in una situazione in cui, da un lato, il suddetto figlio risiede dalla nascita nello Stato membro ospitante e, dall’altro, lo Stato membro d’origine assoggetta gli altri cittadini che non soddisfano il requisito della residenza e che richiedono tale aiuto finanziario per studiare in un altro Stato membro alla condizione attinente all’esistenza di un fattore di collegamento.

    Sulle spese

    38

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione,

     

    devono essere interpretati nel senso che:

     

    tali disposizioni non ostano alla normativa di uno Stato membro che subordina la concessione, al figlio di una persona che ha lasciato lo Stato membro ospitante in cui ha lavorato per tornare a vivere nel primo Stato membro di cui è cittadina, di un aiuto finanziario per studiare nello Stato membro ospitante, alla condizione che tale figlio presenti un fattore di collegamento con lo Stato membro d’origine, in una situazione in cui, da un lato, il suddetto figlio risiede dalla nascita nello Stato membro ospitante e, dall’altro, lo Stato membro d’origine assoggetta gli altri cittadini che non soddisfano il requisito della residenza e che richiedono tale aiuto finanziario per studiare in un altro Stato membro alla condizione attinente all’esistenza di un fattore di collegamento.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: lo svedese.

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