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Document 62020CJ0420

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 15 settembre 2022.
Procedimento penale a carico di HN.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski rayonen sad.
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 47 e 48 – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – Articolo 6 – Direttiva (UE) 2016/343 – Rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali – Articolo 8 – Diritto di presenziare al processo – Decisione di rimpatrio corredata di un divieto d’ingresso di durata quinquennale – Condizioni ai fini dello svolgimento di un processo in assenza dell’interessato – Obbligo di presenziare al processo previsto dal diritto nazionale.
Causa C-420/20.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:679

 SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

15 settembre 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 47 e 48 – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – Articolo 6 – Direttiva (UE) 2016/343 – Rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali – Articolo 8 – Diritto di presenziare al processo – Decisione di rimpatrio corredata di un divieto d’ingresso di durata quinquennale – Condizioni ai fini dello svolgimento di un processo in assenza dell’interessato – Obbligo di presenziare al processo previsto dal diritto nazionale»

Nella causa C‑420/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sofiyski Rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria), con decisione del 7 agosto 2020, pervenuta in cancelleria il 9 settembre 2020, nel procedimento penale a carico di

HN,

con l’intervento di:

Sofiyska rayonna prokuratura,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente della Corte, I. Ziemele, P.G. Xuereb e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 dicembre 2021,

considerate le osservazioni presentate:

per HN, da N. Nikolova, аdvokat;

per il governo tedesco, da F. Halabi, M. Hellmann, R. Kanitz e J. Möller, in qualità di agenti;

per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e R. Kissné Berta, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e M.H.S. Gijzen, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. Wasmeier e I. Zaloguin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 marzo 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 8 della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU 2016, L 65, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale promosso a carico di HN per uso di documenti falsi.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2008/115/CE

3

L’articolo 1 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98), prevede quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto [dell’Unione] e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

4

L’articolo 11, paragrafi 1 e 3, della direttiva in esame così dispone:

«1.   Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d’ingresso:

a)

qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure

b)

qualora non sia stato ottemperato all’obbligo di rimpatrio.

In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d’ingresso.

(...)

3.   Gli Stati membri valutano la possibilità di revocare o sospendere un divieto d’ingresso qualora un cittadino di un paese terzo colpito da un divieto d’ingresso disposto in conformità del paragrafo 1, secondo comma, possa dimostrare di aver lasciato il territorio di uno Stato membro in piena ottemperanza di una decisione di rimpatrio.

(...)

In casi individuali gli Stati membri possono astenersi per motivi umanitari dall’emettere, revocare o sospendere un divieto d’ingresso.

In casi individuali o in talune categorie di casi gli Stati membri possono revocare o sospendere un divieto d’ingresso per altri motivi».

Direttiva 2016/343

5

I considerando 9, 10, 35, 36 e 48 della direttiva 2016/343 sono del seguente tenore:

«(9)

La presente direttiva intende rafforzare il diritto a un equo processo nei procedimenti penali, stabilendo norme minime comuni relative ad alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo.

(10)

Stabilendo norme minime comuni sulla protezione dei diritti procedurali di indagati e imputati, la presente direttiva mira a rafforzare la fiducia degli Stati membri nei reciproci sistemi di giustizia penale e, quindi, a facilitare il riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale. Tali norme minime comuni possono altresì rimuovere taluni ostacoli alla libera circolazione dei cittadini nel territorio degli Stati membri.

(...)

(35)

Il diritto degli indagati e imputati di presenziare al processo non è assoluto: a determinate condizioni, gli indagati e imputati dovrebbero avere la possibilità di rinunciarvi, esplicitamente o tacitamente, purché in modo inequivocabile.

(36)

In determinate circostanze, dovrebbe essere possibile pronunciare una decisione sulla colpevolezza o innocenza dell’indagato o imputato anche se l’interessato non è presente al processo. Ciò potrebbe verificarsi qualora l’indagato o imputato sia stato informato in tempo utile del processo e delle conseguenze di una mancata comparizione e ciò nonostante non compaia in giudizio. Il fatto che l’indagato o imputato sia informato del processo dovrebbe essere inteso nel senso che l’interessato è citato personalmente o è informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo in modo tale da consentirgli di venire a conoscenza del processo. Il fatto che l’indagato o imputato sia informato delle conseguenze di una mancata comparizione dovrebbe essere inteso, in particolare, nel senso che l’interessato è informato del fatto che potrebbe essere pronunciata la decisione nel caso in cui non compaia in giudizio.

(...)

(48)

Poiché la presente direttiva stabilisce norme minime, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di ampliare i diritti da essa previsti al fine di assicurare un livello di tutela più elevato. Il livello di tutela previsto dagli Stati membri non dovrebbe mai essere inferiore alle norme della Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea] o della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950], come interpretate dalla Corte di giustizia e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo».

6

L’articolo 1 di tale direttiva così recita:

«La presente direttiva stabilisce norme minime comuni concernenti:

a)

alcuni aspetti della presunzione di innocenza nei procedimenti penali;

b)

il diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali».

7

L’articolo 8, paragrafi da 1 a 4, di detta direttiva è così formulato:

«1.   Gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano il diritto di presenziare al proprio processo.

2.   Gli Stati membri possono prevedere che un processo che può concludersi con una decisione di colpevolezza o innocenza dell’indagato o imputato possa svolgersi in assenza di quest’ultimo, a condizione che:

a)

l’indagato o imputato sia stato informato in un tempo adeguato del processo e delle conseguenze della mancata comparizione; oppure

b)

l’indagato o imputato, informato del processo, sia rappresentato da un difensore incaricato, nominato dall’indagato o imputato oppure dallo Stato.

3.   Una decisione adottata a norma del paragrafo 2 può essere eseguita nei confronti dell’indagato o imputato.

4.   Qualora gli Stati membri prevedano la possibilità di svolgimento di processi in assenza dell’indagato o imputato, ma non sia possibile soddisfare le condizioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo perché l’indagato o imputato non può essere rintracciato nonostante i ragionevoli sforzi profusi, gli Stati membri possono consentire comunque l’adozione di una decisione e l’esecuzione della stessa. In tal caso, gli Stati membri garantiscono che gli indagati o imputati, una volta informati della decisione, in particolare quando siano arrestati, siano informati anche della possibilità di impugnare la decisione e del diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, in conformità dell’articolo 9».

Diritto bulgaro

8

L’articolo 93 del Nakazatelen kodeks (codice penale), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: l’«NK»), è del seguente tenore:

«I termini e le espressioni riportati in appresso sono utilizzati nel presente codice nel senso seguente:

(...)

7)

“Reato grave”: un reato punibile con una pena privativa della libertà superiore a cinque anni, con la pena dell’ergastolo o con l’ergastolo senza possibilità di commutazione.

(...)».

9

A norma dell’articolo 308 dell’NK:

«1.   Chiunque rediga un falso documento ufficiale o falsifichi il contenuto di un documento ufficiale ai fini del suo utilizzo è punito, per falsità in atti, con una pena privativa della libertà fino a tre anni.

2.   Se l’atto di cui al paragrafo 1 ha ad oggetto (...) documenti d’identità bulgari o stranieri (...), la pena privativa della libertà è fino ad otto anni».

10

L’articolo 316 dell’NK così dispone:

«La pena prevista nei precedenti articoli del presente capitolo è inflitta anche a chiunque faccia consapevolmente uso di un documento falso o contraffatto, di un documento inesatto o di un documento come quello previsto dall’articolo precedente, qualora non possa essere considerato responsabile di averlo redatto direttamente».

11

L’articolo 269 del Nakazatelno protsesualen kodeks (codice di procedura penale), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: l’«NPK»), così recita:

«1.   Nelle cause penali in cui l’imputato è accusato di un reato grave, la sua presenza all’udienza è obbligatoria.

2.   Il giudice può disporre che l’imputato compaia anche nelle cause in cui la sua presenza non è obbligatoria ove ciò risulti necessario per determinare la verità oggettiva.

3.   La causa può essere esaminata in assenza dell’imputato, qualora ciò non impedisca di accertare la verità oggettiva, se:

1.

quest’ultimo non si trovi all’indirizzo da lui indicato o abbia cambiato indirizzo senza informarne l’autorità competente;

2.

il suo luogo di residenza in Bulgaria non sia conosciuto e non sia stato individuato a seguito di una ricerca approfondita;

3.

debitamente convocato, questi non abbia addotto alcuna ragione valida che giustifichi la sua mancata comparizione e sia stata rispettata la procedura di cui all’articolo 247b, paragrafo 1;

4.

quest’ultimo si trovi al di fuori del territorio della Repubblica di Bulgaria e:

a)

il suo luogo di residenza sia sconosciuto;

b)

non possa essere citato per altri motivi;

c)

sia stato debitamente convocato e non abbia addotto alcuna ragione valida per la sua mancata comparizione».

12

L’articolo 10, paragrafo 1, dello Zakon za chuzhdentsite v Republika Bulgaria (legge sugli stranieri nella Repubblica di Bulgaria) (DV n. 153, del 23 dicembre 1998), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale, enuncia quanto segue:

«Il rilascio di un visto o l’ingresso nel paese di uno straniero è rifiutato se:

(…)

7)

questi ha tentato di entrare o di transitare nel territorio utilizzando documenti, un visto o un permesso di soggiorno falsi o contraffatti;

(…)».

13

L’articolo 41 della legge in parola prevede quanto segue:

«Il rimpatrio è disposto, se:

(...)

5)

viene accertato che lo straniero è entrato nel paese attraversando legittimamente la frontiera, ma ha tentato di lasciare il paese tramite un passaggio non autorizzato a tal fine o con un passaporto o documento sostitutivo falso o contraffatto».

14

L’articolo 42h, paragrafo 1, di detta legge è redatto nei seguenti termini:

«Un divieto d’ingresso e di soggiorno nel territorio degli Stati membri dell’Unione europea è imposto se:

1.

sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1;

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15

HN, cittadino albanese, è sospettato di aver esibito, l’11 marzo 2020, un passaporto falso e una falsa carta d’identità, che si presentavano come documenti emessi dalle competenti autorità elleniche, al valico di frontiera dell’aeroporto di Sofia (Bulgaria), al fine di imbarcarsi su un volo a destinazione di Bristol (Regno Unito).

16

Dopo essere stato arrestato lo stesso giorno dalle forze di polizia, veniva avviato un procedimento istruttorio presso il Sofiyska rayonna prokuratura (procura distrettuale di Sofia, Bulgaria) per uso di documenti falsi.

17

Il giorno seguente, il direttore del Granichno politseysko upravlenie – Sofia (amministrazione della polizia di frontiera di Sofia, Bulgaria) ha adottato nei confronti di HN una decisione di rimpatrio corredata di un divieto d’ingresso di durata quinquennale, con decorrenza dal 12 marzo 2020 e scadenza l’11 marzo 2025.

18

Il 23 aprile 2020 HN è stato incriminato per uso di documenti falsi con decisione dell’autorità inquirente. Tale decisione è stata presentata a HN e al suo avvocato il 27 aprile 2020. In tale occasione, HN è stato informato sui suoi diritti, in particolare quelli derivanti dall’articolo 269 dell’NPK, relativo allo svolgimento di un procedimento in contumacia, e sulle conseguenze di un siffatto procedimento.

19

Durante l’audizione tenutasi lo stesso giorno, HN ha dichiarato di comprendere i diritti che gli erano stati illustrati, di non intendere comparire nel procedimento, in quanto una siffatta comparizione gli avrebbe imposto spese sproporzionate, e di fare pieno affidamento sul suo avvocato per rappresentarlo nell’ambito di un procedimento in contumacia.

20

Il 27 maggio 2020 l’atto di imputazione redatto nei confronti di HN per il reato di cui all’articolo 316 dell’NK, in combinato disposto con l’articolo 308 dell’NK, è stato sottoposto all’esame del giudice del rinvio, il Sofiyski Rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria).

21

Con ordinanza del 24 giugno 2020, tale giudice ha fissato la data dell’udienza pubblica preliminare al 23 luglio 2020 e il giudice relatore ha ordinato la consegna a HN, tramite il Ministero dell’Interno bulgaro, di una traduzione in lingua albanese di tale ordinanza nonché dell’atto di imputazione. Detta ordinanza indicava altresì che la presenza in udienza dell’imputato era obbligatoria, conformemente al paragrafo 1 dell’articolo 269 dell’NPK e che il procedimento poteva svolgersi in contumacia solo nel rispetto delle condizioni previste al paragrafo 3 di tale articolo.

22

Il 16 luglio 2020 tale giudice è stato informato dal suddetto Ministero del fatto che HN era stato accompagnato alla frontiera bulgara il 16 giugno 2020, in esecuzione della decisione di rimpatrio adottata nei suoi confronti dall’amministrazione della polizia di frontiera, circostanza che ha impedito a HN di essere debitamente informato del procedimento giurisdizionale avviato nei suoi confronti.

23

Ciò premesso, il Sofiyski Rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se una limitazione del diritto dell’imputato di presenziare al processo che lo riguarda, di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della [direttiva 2016/343] prevista dalla normativa nazionale, in forza della quale può essere adottato nei confronti di imputati stranieri un divieto amministrativo di ingresso e soggiorno nel paese in cui il procedimento penale è in corso, sia consentita.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettere a) o b), della [direttiva 2016/343], debbano ritenersi osservate, per lo svolgimento del processo in assenza dell’imputato straniero, qualora quest’ultimo sia stato debitamente informato del procedimento penale e delle conseguenze della mancata comparizione e sia rappresentato da un difensore incaricato, nominato dall’imputato o dallo Stato, ma sia tuttavia impossibilitato a comparire in forza di un divieto d’ingresso e soggiorno nel paese in cui il procedimento penale è in corso, emesso in un procedimento amministrativo.

3)

Se sia consentito che il diritto dell’imputato di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della [direttiva 2016/343], sia convertito dalla normativa nazionale in un obbligo processuale a carico di tale persona. In particolare: se gli Stati membri assicurino in tal modo un livello di tutela più elevato ai sensi del considerando 48, o se piuttosto tale approccio sia incompatibile con il considerando 35 della direttiva, secondo il quale il diritto dell’imputato non è assoluto e vi si può rinunciare.

4)

Se una rinuncia preventiva dell’imputato al diritto di presenziare al processo che lo riguarda, di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della [direttiva 2016/343], espressa in modo inequivocabile nel corso delle indagini preliminari, sia consentita, nei limiti in cui l’imputato sia stato informato delle conseguenze della mancata comparizione».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla terza questione

24

Con la sua terza questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede l’obbligo per gli indagati e imputati nell’ambito di un procedimento penale di presenziare al proprio processo.

Sulla ricevibilità

25

La Commissione europea dubita della ricevibilità della terza questione, che presenterebbe un interesse piuttosto teorico nella presente causa, tenuto conto dell’impossibilità per l’imputato di recarsi nello Stato membro in cui si svolge il suo processo.

26

A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C‑709/20, EU:C:2021:602, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

27

Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sottoposta da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione, o valutazione della validità, di una norma del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, o qualora il problema sia di natura ipotetica, o ancora qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 28 aprile 2022, Caruter, C‑642/20, EU:C:2022:308, punto 29, e giurisprudenza ivi citata).

28

Orbene, dalla decisione di rinvio risulta che il diritto bulgaro prevede un obbligo di presenza al processo per gli imputati per un reato grave, come quello contestato a HN nel caso di specie, e che quest’ultimo soggiace quindi, in forza del diritto bulgaro, a tale obbligo.

29

In tale contesto, la circostanza che HN si trovi al di fuori del territorio bulgaro e che gli sia vietato farvi ingresso non è sufficiente a dimostrare che la terza questione, che si riferisce alla compatibilità di un siffatto obbligo con il diritto dell’Unione, non abbia manifestamente alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale e, pertanto, a rovesciare la presunzione di rilevanza di cui gode tale questione.

30

Ne consegue che la terza questione è ricevibile.

Nel merito

31

L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 prevede che gli Stati membri garantiscano che gli indagati e imputati abbiano il diritto di presenziare al proprio processo.

32

Dalla formulazione di tale disposizione risulta chiaramente che gli Stati membri devono consentire agli indagati e imputati di essere presenti al proprio processo.

33

Per contro, detta disposizione non fornisce alcuna precisazione quanto alla possibilità per gli Stati membri di prevedere che una siffatta presenza sia obbligatoria.

34

Inoltre, altre disposizioni della direttiva in esame indicano che gli Stati membri hanno la facoltà di organizzare un processo in assenza dell’interessato.

35

In tal senso, l’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva enuncia che gli Stati membri possono prevedere che un processo che può concludersi con una decisione di colpevolezza o innocenza dell’indagato o imputato possa svolgersi in assenza di quest’ultimo, purché siano soddisfatte talune condizioni.

36

Il contesto nel quale si collocano tali condizioni è precisato al considerando 35 della direttiva 2016/343, il quale consente di evidenziare la logica attuata all’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva, secondo la quale determinate condotte prive di ambiguità, che riflettono la volontà dell’indagato o imputato di rinunciare al suo diritto di presenziare al processo, devono consentire di tenere un processo in sua assenza [v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante)C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 35].

37

Sebbene tale disposizione consenta quindi agli Stati membri, a determinate condizioni, di prevedere che un processo penale possa svolgersi in assenza dell’indagato o imputato, essa non impone affatto agli Stati membri di prevedere una siffatta possibilità nel loro diritto nazionale.

38

Del pari, il paragrafo 4 dell’articolo 8 della direttiva in esame dispone che, qualora gli Stati membri prevedano la possibilità di svolgimento di processi in assenza dell’indagato o imputato, ma non sia possibile soddisfare le condizioni di cui al paragrafo 2 di tale articolo in quanto l’indagato o imputato non può essere rintracciato nonostante i ragionevoli sforzi profusi, gli Stati membri possono consentire comunque l’adozione di una decisione e l’esecuzione della stessa.

39

Risulta quindi dal testo dell’articolo 8, paragrafo 4, della medesima direttiva, in particolare dall’uso del termine «qualora», che il legislatore dell’Unione ha unicamente inteso accordare agli Stati membri la facoltà di prevedere l’organizzazione di un processo in assenza dell’interessato.

40

Dalle considerazioni che precedono emerge che l’articolo 8 della direttiva 2016/343 si limita a prevedere e a delimitare il diritto degli indagati e imputati di presenziare al proprio processo nonché le eccezioni a tale diritto, senza tuttavia imporre o vietare agli Stati membri di istituire un obbligo per ogni indagato o imputato di presenziare al proprio processo.

41

In tale contesto, occorre ricordare che dall’articolo 1 della direttiva in esame discende che l’obiettivo di quest’ultima è quello di stabilire norme minime comuni relative ad alcuni aspetti della presunzione di innocenza nei procedimenti penali nonché il diritto di presenziare al processo in tali procedimenti, e non di realizzare un’armonizzazione esaustiva del procedimento penale [v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante), C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].

42

Pertanto, stante la portata limitata dell’armonizzazione operata da detta direttiva e la circostanza che quest’ultima non disciplina la questione se gli Stati membri possano esigere la comparizione dell’indagato o dell’imputato al processo a suo carico, una siffatta questione rientra unicamente nel diritto nazionale.

43

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede l’obbligo per gli indagati e imputati nell’ambito di un procedimento penale di presenziare al proprio processo.

Sulla quarta questione

44

Dalla decisione di rinvio si evince che la quarta questione è posta per il caso in cui si risponda alla terza questione nel senso che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 osta a una normativa nazionale che preveda un obbligo di comparizione al processo penale.

45

Pertanto, tenuto conto della risposta fornita alla terza questione, non occorre rispondere alla quarta questione.

Sulle questioni prima e seconda

46

Con le sue questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che consenta lo svolgimento di un processo in assenza dell’indagato o dell’imputato, mentre tale persona si trova al di fuori di tale Stato membro e nell’impossibilità di entrare nel territorio di quest’ultimo, a causa di un divieto d’ingresso emesso nei suoi confronti dalle autorità competenti del suddetto Stato membro.

47

Come rilevato ai punti 32 e 40 della presente sentenza, l’articolo 8 della direttiva 2016/343 prevede e disciplina gli obblighi che incombono agli Stati membri per consentire agli indagati ed imputati di essere presenti al proprio processo.

48

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva in parola, gli Stati membri possono prevedere che un processo che può concludersi con una decisione di colpevolezza o innocenza dell’indagato o imputato possa svolgersi in assenza di quest’ultimo, purché tale persona sia stata informata, in tempo adeguato, del processo e delle conseguenze della mancata comparizione al processo o che, informato del processo, sia rappresentato da un difensore incaricato, nominato dall’indagato o imputato oppure dallo Stato.

49

Certamente, nessuna delle condizioni previste da tale disposizione riguarda espressamente la facoltà, per detta persona, di recarsi fisicamente nel territorio dello Stato membro in cui si svolge il processo penale che lo riguarda, al fine di presenziarvi.

50

Ciò premesso, come rilevato ai punti 35 e 36 della presente sentenza, le condizioni enunciate in tale disposizione mirano a limitare l’esercizio di una siffatta facoltà concessa agli Stati membri alle situazioni in cui si deve ritenere che l’interessato abbia rinunciato volontariamente ed inequivocabilmente ad essere presente al proprio processo.

51

In tale contesto, occorre rilevare che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 attribuisce particolare importanza all’informazione dell’interessato, in quanto subordina espressamente qualsiasi possibilità di organizzare un processo in absentia alla condizione che tale persona sia stata informata dello svolgimento del processo.

52

In tal senso, il considerando 36 della direttiva 2016/343 precisa che il fatto che l’indagato o imputato sia informato dello svolgimento del processo dovrebbe essere inteso nel senso che l’interessato è citato personalmente o è informato ufficialmente, con altri mezzi, della data e del luogo fissati per il processo in modo tale da consentirgli di venire a conoscenza del processo.

53

Occorre altresì rilevare che la finalità di detta direttiva consiste, come enunciato dai suoi considerando 9 e 10, nel rafforzare il diritto a un processo equo nei procedimenti penali, in modo da rafforzare la fiducia degli Stati membri nel sistema di giustizia penale degli altri Stati membri e, di conseguenza, nel facilitare il riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale [sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante), C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 36].

54

A tal riguardo, va ricordato che il diritto di presenziare al proprio processo nell’ambito di procedimenti penali costituisce un elemento essenziale del diritto a un equo processo, sancito dall’articolo 47, secondo e terzo comma, e dall’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali, che, come precisato dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17), corrispondono all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») [v., in tal senso, sentenze del 24 maggio 2016, Dworzecki, C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346, punto 42, e del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante), C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 51].

55

La Corte deve, pertanto, sincerarsi che l’interpretazione da essa fornita dell’articolo 47, secondo e terzo comma, e dell’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali assicuri un livello di protezione che non si discosti da quello garantito dall’articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità della decisione di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 101).

56

Orbene, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che la comparizione di un imputato riveste un’importanza fondamentale nell’interesse di un processo penale equo e giusto e che l’obbligo di garantire all’incriminato il diritto di essere presente nell’aula d’udienza è uno degli elementi essenziali dell’articolo 6 della CEDU (Corte EDU, 18 ottobre 2006, Hermi c. Italia, CE:ECHR:2006:1018JUD001811402, § 58).

57

Secondo la giurisprudenza sopra citata, né la lettera né lo spirito dell’articolo 6 della CEDU impediscono a una persona di rinunciare di sua spontanea volontà alle garanzie di un processo equo in modo espresso o tacito. Tuttavia, la rinuncia al diritto di partecipare all’udienza deve risultare in modo inequivocabile ed essere accompagnata da garanzie minime corrispondenti alla sua gravità (Corte EDU, 1o marzo 2006, Sejdovic c. Italia, CE:ECHR:2006:0301JUD005658100, § 86, nonché Corte EDU, 13 marzo 2018, Vilches Coronado e altri c. Spagna, CE:ECHR:2018:0313JUD005551714, § 36).

58

Da tali considerazioni risulta che le condizioni alle quali l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 subordina l’esercizio della facoltà concessa agli Stati membri da tale disposizione di prevedere l’organizzazione di un processo in assenza dell’interessato, in particolare la condizione d’informazione di tale persona, mirano a limitare l’esercizio di tale facoltà alle situazioni in cui detta persona ha avuto la possibilità effettiva di presenziarvi e vi ha rinunciato volontariamente e inequivocabilmente.

59

Orbene, uno Stato membro che si limitasse ad informare l’interessato, cui è vietato l’ingresso nel suo territorio, dello svolgimento del processo, senza prevedere, in siffatte circostanze, misure che consentano di autorizzare il suo ingresso in tale territorio nonostante detto divieto, priverebbe il suddetto interessato di qualsiasi reale possibilità di esercitare effettivamente il suo diritto di presenziare al processo e priverebbe quindi le condizioni previste da tale disposizione di ogni effetto utile.

60

Infatti, una situazione del genere si distingue da quella in cui l’interessato rinunci volontariamente e inequivocabilmente al suo diritto di presenziare al suo processo.

61

Alla luce di tutti gli elementi suesposti, si deve ritenere che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 osti implicitamente a che uno Stato membro organizzi un processo in assenza dell’interessato, cui è vietato l’ingresso nel suo territorio, senza prevedere misure che consentano di autorizzare il suo ingresso in tale territorio nonostante il suddetto divieto.

62

Poiché dalla decisione di rinvio risulta che, nel caso di specie, all’interessato è impedito l’ingresso nel territorio dello Stato membro in cui si svolge il processo che lo riguarda, a causa di un divieto d’ingresso emesso nei suoi confronti dalle autorità competenti di tale Stato membro, occorre anche verificare se la direttiva 2008/115 osti a che, in una situazione del genere, lo Stato membro interessato revochi o sospenda il divieto d’ingresso imposto a tale persona.

63

A tal riguardo, occorre ricordare che la direttiva in parola, che stabilisce norme e procedure comuni da applicare negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, consente agli Stati membri, come previsto dal paragrafo 3 del suo articolo 11, nei casi in cui una decisione di rimpatrio sia corredata di un divieto d’ingresso, di revocare o sospendere un simile divieto.

64

Così, il quarto comma di tale paragrafo precisa che, in casi individuali o per talune categorie di casi, tale facoltà è riconosciuta agli Stati membri per altri motivi.

65

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 87 delle sue conclusioni, l’articolo 11, paragrafo 3, quarto comma, della direttiva 2008/115 concede agli Stati membri un ampio potere discrezionale per definire i casi in cui essi ritengono che occorra sospendere o revocare un divieto d’ingresso disposto a corredo di una decisione di rimpatrio e, pertanto, permette loro di revocare o sospendere tale divieto d’ingresso al fine di consentire ad un indagato o imputato di recarsi nel loro territorio per presenziare al proprio processo.

66

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro che consente lo svolgimento di un processo in assenza dell’indagato o imputato, mentre tale persona si trova al di fuori di tale Stato membro e nell’impossibilità di entrare nel territorio di quest’ultimo a causa di un divieto d’ingresso emesso nei suoi confronti dalle autorità competenti di detto Stato membro.

Sulle spese

67

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a una normativa nazionale che preveda l’obbligo per gli indagati e imputati nell’ambito di un procedimento penale di presenziare al proprio processo.

 

2)

L’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343

deve essere interpretato nel senso che:

osta a una normativa di uno Stato membro che consenta lo svolgimento di un processo in assenza dell’indagato o imputato, mentre tale persona si trova al di fuori di tale Stato membro e nell’impossibilità di entrare nel territorio di quest’ultimo a causa di un divieto d’ingresso emesso nei suoi confronti dalle autorità competenti di detto Stato membro.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.

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