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Document 62020CJ0306

Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 18 novembre 2021.
«Visma Enterprise» contro Konkurences padome.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Administratīvā apgabaltiesa.
Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Intese – Articolo 101, paragrafi 1 e 3, TFUE – Accordi verticali – Restrizione “per oggetto” o “per effetto” – Esenzione – Registrazione da parte del distributore della potenziale transazione con l’utente finale – Clausola che conferisce al distributore una “priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita” per un periodo di sei mesi dalla registrazione – Eccezione – Opposizione dell’utente – Competenza della Corte – Situazione puramente interna – Normativa nazionale che si conforma alle soluzioni accolte dal diritto dell’Unione.
Causa C-306/20.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:935

 SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

18 novembre 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Intese – Articolo 101, paragrafi 1 e 3, TFUE – Accordi verticali – Restrizione “per oggetto” o “per effetto” – Esenzione – Registrazione da parte del distributore della potenziale transazione con l’utente finale – Clausola che conferisce al distributore una “priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita” per un periodo di sei mesi dalla registrazione – Eccezione – Opposizione dell’utente – Competenza della Corte – Situazione puramente interna – Normativa nazionale che si conforma alle soluzioni accolte dal diritto dell’Unione»

Nella causa C‑306/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia), con decisione del 4 giugno 2020, pervenuta in cancelleria il 9 luglio 2020, nel procedimento

«Visma Enterprise» SIA

contro

Konkurences padome,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Settima Sezione, T. von Danwitz e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la «Visma Enterprise» SIA, da Z. Norenberga;

per il Konkurences padome, da V. Hitrovs;

per il governo lettone, inizialmente da K. Pommere, V. Soņeca e L. Juškeviča, successivamente da K. Pommere, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, inizialmente da N. Khan, P. Berghe e I. Naglis, successivamente da N. Khan e P. Berghe in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3, TFUE, nonché dell’articolo 2 e dell’articolo 4, lettera b), del regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU 2010, L 102, pag. 1).

2

La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia sorta tra la «Visma Enterprise» SIA (già «FMS Software» SIA e «FMS» SIA) e il Konkurences padome (Consiglio per la concorrenza, Lettonia) in merito alla decisione di quest’ultimo di irrogare un’ammenda alla Visma Enterprise per violazione del diritto lettone della concorrenza che essa avrebbe commesso.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 330/2010 così dispone:

«Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e salvo il disposto del presente regolamento, l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è dichiarato inapplicabile agli accordi verticali.

[...]».

Diritto lettone

4

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del Konkurences likums (legge sulla concorrenza):

«Sono vietati e nulli sin dalla loro conclusione gli accordi tra operatori che hanno per oggetto o per effetto di ostacolare, limitare o falsare la concorrenza nel territorio della Lettonia, ivi compresi gli accordi relativi:

1)

alla fissazione diretta o indiretta di prezzi o di tariffe, in qualsiasi forma, oppure alle clausole per la loro formazione, nonché allo scambio di informazioni sul prezzo o sulle condizioni di vendita;

2)

alla limitazione o al controllo del volume della produzione o delle vendite, dei mercati, dello sviluppo tecnico o degli investimenti;

3)

alla ripartizione dei mercati in funzione del territorio, dei clienti, dei fornitori o di altri criteri;

4)

a clausole che subordinano la conclusione, la modifica o la risoluzione di un contratto con un terzo all’accettazione, da parte di quest’ultimo, di obbligazioni che, secondo gli usi commerciali, non sono applicabili alla transazione in questione;

5)

alla partecipazione a o all’astensione da procedure di appalto o aste oppure alle clausole relative a tali partecipazioni (o astensioni), salvi i casi in cui i concorrenti abbiano annunciato pubblicamente la loro offerta congiunta e tale offerta non abbia per oggetto di ostacolare, restringere o falsare la concorrenza;

6)

all’applicazione di condizioni diverse a transazioni equivalenti con terzi, che determinano per questi ultimi condizioni sfavorevoli in termini di concorrenza;

7)

ad atti (o astensioni) che impongono a un altro operatore di abbandonare un determinato mercato o che ostacolano l’ingresso di un altro potenziale operatore in un determinato mercato».

5

L’articolo 11, paragrafo 2, della legge citata ammette la validità degli accordi che permettono il miglioramento della produzione o della vendita dei beni oppure il progresso economico e che vanno, pertanto, a vantaggio dei consumatori; il divieto previsto al paragrafo 1 di tale articolo non si applica a tali accordi, nella misura in cui essi non impongono agli operatori interessati restrizioni non necessarie per raggiungere i predetti obiettivi e, inoltre, nella misura in cui essi non consentono di eliminare la concorrenza di una parte sostanziale del mercato in questione.

6

L’articolo 11, paragrafo 4, della predetta legge prevede che il Ministru kabinets (Consiglio dei ministri, Lettonia) stabilisca quali sono gli accordi tra gli operatori che non pregiudicano in modo sostanziale la concorrenza, nonché i criteri in base ai quali gli accordi conclusi tra gli operatori non sono soggetti ai divieti stabiliti al paragrafo 1 di tale articolo.

7

Il Ministru kabineta noteikumi Nr.797 «Noteikumi par atsevišķu vertikālo vienošanos nepakļaušanu Konkurences likuma 11.panta pirmajā daļā noteiktajam vienošanās aizliegumam» (decreto n. 797 del Consiglio dei ministri, sulle «Disposizioni relative all’esenzione di taluni accordi verticali dal divieto di intese di cui all’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza»), del 29 settembre 2008 (in prosieguo: il «decreto n. 797/2008»), adottato in base all’articolo 11, paragrafo 4, della legge sulla concorrenza, si applica ad alcuni tipi di accordi verticali e prevede talune esenzioni al riguardo.

8

Il punto 8.2.1 del decreto n. 797/2008 consente, in casi eccezionali, di restringere le vendite attive (il comportamento dei distributori consistente nella ricerca attiva di clienti in un territorio illimitato o con riferimento a caso di un numero illimitato di clienti), ma vieta di restringere le vendite passive (il caso in cui il distributore è contattato da un cliente che non rientra nel territorio o nella clientela riservata esclusivamente a tale distributore).

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9

Con decisione del 9 dicembre 2013, relativa all’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza a talune pratiche della FMS Software, della «RGP» SIA, della «Zemgales IT centrs» SIA, della «PC Konsultants» SIA, della «Guno M» SIA, della «Softserviss» SIA, della «I. R. Finanses» SIA, della «FMS», della «FOX» SIA (in prosieguo: la «decisione impugnata»), il Consiglio per la concorrenza ha condannato la FMS Software e la FMS, congiuntamente e in solido, al pagamento di un’ammenda di 45000 lats lettoni (LVL) (circa EUR 64000).

10

In tale decisione il Consiglio per la concorrenza ha constatato che la FMS Software, la quale è titolare dei diritti d’autore relativi ai software di contabilità Horizon e Horizon Start, aveva concluso con diversi distributori un accordo relativo alla distribuzione di detti software che prevedeva un vantaggio nell’ambito del processo di vendita in favore di taluni distributori, con l’effetto di restringere il gioco della concorrenza tra detti distributori. La FMS era succeduta alla FMS Software in una delle sue attività economiche, nell’ambito della quale è stata accertata la violazione del diritto della concorrenza.

11

Dopo aver esaminato i contratti di collaborazione stipulati tra la FMS Software e i suoi distributori per la distribuzione dei software di contabilità Horizon e Horizon Start, nonché una copia del contratto standard di collaborazione tra tale società e detti distributori per l’anno 2011, il Consiglio per la concorrenza ha constatato che la clausola 4.1 di quest’ultimo contratto prevedeva che, all’avvio del processo di vendita con l’utente finale, il distributore fosse tenuto a registrare la potenziale transazione in una banca dati creata dalla FMS Software, inviando un modulo elettronico tipo contenente talune informazioni relative all’utente in questione. Ai sensi di tale clausola, il distributore che ha registrato per primo la potenziale transazione con un utente finale gode di una priorità nella finalizzazione dell’operazione di vendita, salvo che detto utente vi si opponga. La citata clausola prevedeva, altresì, che tale priorità fosse mantenuta per sei mesi a decorrere dalla registrazione della potenziale transazione (in prosieguo: l’«accordo controverso»).

12

Il Consiglio per la concorrenza ha ritenuto che la creazione di una banca dati relativa ai potenziali clienti dei distributori della FMS Software non fosse vietata, ma che il vantaggio derivante dalla «priorità per l’operazione di vendita», conferito al distributore che ha registrato il potenziale cliente, rivelasse l’esistenza di una regolamentazione dei rapporti tra i distributori, di modo che solo il distributore che ha informato per primo la FMS Software può finalizzare, durante un periodo determinato, l’operazione di vendita con tale cliente, a condizione che quest’ultimo non vi si opponga. L’accordo controverso mirerebbe a limitare la concorrenza tra i distributori nell’ambito della commercializzazione dei software di contabilità Horizon e Horizon Start. Poiché la registrazione riguarderebbe potenziali clienti ai quali il prodotto in questione non è ancora stato venduto, i distributori non avrebbero la possibilità di competere tra loro per offrire software di contabilità a condizioni più favorevoli. Ebbene, ciò limiterebbe il beneficio che i clienti traggono dalla concorrenza tra i distributori, cosicché la concessione del vantaggio previsto dall’accordo controverso, che può essere assimilato a una ripartizione del mercato in funzione della clientela, mirerebbe a restringere il gioco della concorrenza tra i distributori di software di contabilità. Tale accordo avrebbe per oggetto di restringere la concorrenza e, di conseguenza, non sarebbe necessario verificare né dimostrare che esso abbia un effetto restrittivo di quest’ultima né fornire la prova della sua applicazione o della sua effettiva attuazione.

13

Inoltre, il Consiglio per la concorrenza ha ritenuto che l’accordo controverso non fosse esentato dal divieto previsto all’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza in forza del punto 8.2.1 del decreto n. 797/2008, in quanto limiterebbe la clientela a cui i distributori possono vendere i software di contabilità Horizon e Horizon Start.

14

Secondo il Consiglio per la concorrenza, l’infrazione così accertata è durata più di cinque anni ed è cessata su iniziativa della FMS Software. La citata autorità ha, inoltre, considerato che non fosse opportuno né necessario dichiarare responsabili di tale infrazione le altre parti dell’accordo controverso, vale a dire i distributori della FMS Software, sulla base del rilievo che questi ultimi non avevano partecipato attivamente alla sua conclusione e che il loro rispettivo potere di mercato nei confronti di detta società era insignificante.

15

La Visma Enterprise ha proposto dinanzi all’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia) un ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata, facendo valere, in particolare, che quest’ultima sarebbe viziata da errori materiali relativi alla valutazione dell’accordo controverso e all’interpretazione del suo oggetto, nonché all’interpretazione dei criteri in base ai quali verificare se taluni accordi verticali siano esentati dal divieto di intese previsto all’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza.

16

Secondo la Visma Enterprise, l’accordo controverso non elimina la concorrenza tra i distributori, poiché non impedisce a questi ultimi di presentare le loro offerte a un cliente già registrato. Non esisterebbe nessuna circostanza esterna a tale accordo che riveli un obiettivo comune delle parti di ripartire il mercato in funzione della clientela. Infatti, i distributori non sarebbero informati del fatto che vi sia una riserva sui clienti.

17

La Visma Enterprise ha altresì sostenuto che, per dimostrare l’esistenza di un’intesa, il Consiglio per la concorrenza avrebbe dovuto identificare due o più autori dell’infrazione. L’esclusione, da parte di tale autorità, della responsabilità dei distributori della Visma Enterprise per l’infrazione rilevata confermerebbe che non è stata realizzata alcuna infrazione. Inoltre, la circostanza che i distributori non siano stati attivi nella fase di conclusione dell’accordo controverso e che il loro potere di mercato nei confronti della FMS Software fosse insignificante non consentirebbe di escludere la loro responsabilità a titolo di violazione del divieto sancito all’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza. Peraltro, il Consiglio per la concorrenza dovrebbe verificare, innanzitutto, se le condizioni della collaborazione tra la FMS Software e i suoi distributori fossero o meno oggetto di esenzione e, solo in un secondo momento, se l’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza fosse o meno applicabile.

18

Il Consiglio per la concorrenza ha sostenuto che l’accordo controverso mira a ripartire i clienti tra i distributori per sei mesi dalla registrazione e a eliminare la concorrenza tra questi ultimi. Esso tenderebbe, dato il suo oggetto, a restringere il gioco della concorrenza, dal momento che, in particolare, la Visma Enterprise non avrebbe indicato alcun motivo che giustificasse la necessità di limitare il diritto di un distributore di offrire i propri servizi a un cliente riservato da un altro distributore.

19

Con sentenza dell’8 maggio 2015, l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) ha parzialmente accolto il ricorso della Visma Enterprise e ha annullato la parte della decisione impugnata relativa alla condanna in solido al pagamento dell’ammenda. Tale giudice ha ordinato al Consiglio per la concorrenza di adottare un nuovo atto amministrativo diretto ad applicare un’ammenda alla FMS Software e ad escludere dal calcolo dell’ammenda il fatturato netto della FMS nell’ultimo esercizio sociale precedente l’adozione della decisione impugnata. Il ricorso è stato respinto quanto al resto.

20

La Visma Enterprise e il Consiglio per la concorrenza hanno entrambi proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza.

21

Con sentenza del 16 giugno 2017 il Senāta Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione del contenzioso amministrativo, Lettonia) ha annullato la sentenza dell’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) dell’8 maggio 2015 e ha rinviato la causa dinanzi a tale giudice per una nuova statuizione.

22

Le parti nel procedimento principale hanno depositato memorie supplementari.

23

La Visma Enterprise ha dedotto, in particolare, che la priorità accordata al distributore che ha presentato la sua domanda per primo comporta che la Visma Enterprise fornisca sostegno nell’elaborazione dell’offerta e delle soluzioni tecniche. Tale accordo non conterrebbe alcuna promessa, da parte della Visma Enterprise, che la registrazione garantirà che gli altri distributori non presentino offerte a un determinato cliente o che la Visma Enterprise non consulti altri distributori in merito a un cliente specifico. Analogamente, l’accordo non prevederebbe alcuna misura coercitiva o sanzionatoria. La Visma Enterprise non impedirebbe affatto agli altri distributori di condurre operazioni di vendita con clienti a cui uno dei distributori della Visma Enterprise abbia già fornito servizi. I distributori sarebbero trattati sulla base del principio «primo arrivato, primo servito», il che garantirebbe la parità di trattamento. Peraltro, la collaborazione con un distributore specifico non priverebbe il cliente della possibilità di acquistare da un altro distributore una licenza di software di contabilità per un periodo successivo. Né la Visma Enterprise né i distributori impedirebbero al cliente di cambiare distributore. Il cliente potrebbe anche concludere un contratto con un distributore diverso da quello che l’ha registrato per primo, il che escluderebbe la possibilità di una ripartizione del mercato.

24

L’accordo controverso incoraggerebbe i distributori a essere attivi nella distribuzione dei software di contabilità, conducendo attivamente le loro operazioni di vendita in concorrenza tra loro. Esso sarebbe necessario a causa delle specificità del settore e del prodotto in questione, nonché a causa della peculiarità del sistema di distribuzione, il quale implica che diversi distributori agiscano simultaneamente, svolgendo una funzione equivalente sul mercato. Il sistema di registrazione mirerebbe a garantire che la consegna del prodotto al cliente e i servizi che gli vengono forniti siano efficaci e di qualità, nonché ad assicurare il monitoraggio del lavoro dei distributori, dal momento che questi ultimi non sarebbero in grado, da soli, di comprendere le specificità dei servizi forniti ai clienti.

25

La registrazione, garantendo che la Visma Enterprise sia informata in tempo utile e consentendole di colmare le lacune conoscitive del distributore, mirerebbe pertanto a evitare che venga pregiudicata la reputazione del prodotto o che il cliente riceva un’impressione fuorviante del software e delle sue funzionalità. La fornitura di un servizio di qualità da parte di un distributore competente consentirebbe alla Visma Enterprise di risparmiare risorse.

26

L’obiettivo dell’accordo controverso sarebbe, quindi, quello di incoraggiare l’attività dei distributori che chiedono di contrattare con la Visma Enterprise, affinché quest’ultima sia in grado, tenendo conto degli introiti previsti, del settore di attività e degli interessi dei potenziali clienti, di pianificare le proprie entrate, di individuare la potenziale clientela, di prendere decisioni sugli investimenti nello sviluppo del suo prodotto, nonché di concedere al cliente uno sconto del produttore su richiesta del distributore. Tale accordo perseguirebbe, quindi, un obiettivo legittimo, in quanto consentirebbe di organizzare la collaborazione con il distributore, di valutare la conformità del prodotto alle esigenze dell’acquirente, di instaurare modalità di collaborazione paritarie con i distributori e di utilizzare le risorse in modo razionale.

27

Il Consiglio per la concorrenza ha replicato che la Visma Enterprise opera una ripartizione coordinata dei clienti tra i distributori. Non vi sarebbe alcuna spiegazione razionale ed economicamente giustificata dell’avvio del processo di registrazione prima ancora che il potenziale cliente abbia confermato di voler cominciare a utilizzare il software sviluppato dalla Visma Enterprise. La valutazione relativa all’individuazione dei potenziali clienti e all’investimento necessario allo sviluppo del prodotto potrebbe avvenire solo quando l’utente finale abbia accettato di cominciare a utilizzare il software commercializzato.

28

La Visma Enterprise non controllerebbe le attività e le competenze dei distributori nell’ambito della rivendita del software. Essa verificherebbe le conoscenze dei distributori prima di avviare una collaborazione con loro e organizzerebbe regolarmente seminari per i distributori, al fine di integrare le loro conoscenze e di sviluppare le loro competenze. L’espressione «salvo che l’utente finale vi si opponga», contenuta nell’accordo controverso, avrebbe scarsa rilevanza ai fini della valutazione del livello di prova in materia di effetti restrittivi della concorrenza. La valutazione del comportamento probabile di un cliente equivarrebbe a verificare se la clausola controversa sia stata effettivamente attuata. Orbene, non si dovrebbe tener conto dell’attuazione di tale clausola, a meno che non si voglia far dipendere l’esistenza di una restrizione della concorrenza dalla volontà di un terzo.

29

Il Consiglio per la concorrenza ha sostenuto, inoltre, che l’attuazione dell’accordo controverso non avrebbe istituito né un sistema di distribuzione esclusiva, né un sistema di distribuzione selettiva. Non occorrerebbe, quindi, valutare l’esistenza di eventuali restrizioni delle vendite passive.

30

Con sentenza del 13 settembre 2018 l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) ha respinto il ricorso, dichiarando legittima e fondata la decisione impugnata. Dopo aver valutato la rilevanza dell’inserimento dell’espressione «salvo che l’utente finale vi si opponga» nell’accordo controverso, tale giudice ne ha escluso l’importanza, sulla base del rilievo che essa aveva carattere formale e che il consumatore finale non era a conoscenza dell’accordo di ripartizione della clientela. Secondo detto giudice, l’accertamento di un’intesa non può dipendere dal comportamento dei clienti, eccetto che nel caso di accordi orizzontali, in cui l’esistenza di un’intesa può essere accertata solo se i clienti acquistano prodotti al prezzo collusivo in questione.

31

La Visma Enterprise ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza.

32

Con sentenza del 26 novembre 2019, il Senāta Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione del contenzioso amministrativo) ha annullato la sentenza dell’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) del 13 settembre 2018.

33

Il Senāta Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione del contenzioso amministrativo) ha ritenuto che l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) non avesse proceduto a una corretta valutazione del contesto giuridico ed economico dell’accordo controverso. La natura, la portata e i limiti di tale accordo risulterebbero dalle sue modalità di attuazione, previste dalle parti all’intesa, il che comprenderebbe anche il modo in cui le eventuali obiezioni dei clienti vengono recepite e influenzano il margine di manovra del venditore. Inoltre, avrebbe scarsa rilevanza il fatto che il cliente sia a conoscenza dell’esistenza della clausola che gli consente di opporsi alla priorità del distributore che l’ha registrato per primo o del contenuto dell’accordo controverso in via generale.

34

Al contrario, ciò che rileverebbe è sapere come i distributori dovrebbero agire nell’ambito del processo di vendita qualora vengano ricevute siffatte obiezioni. Tale punto potrebbe essere chiarito tenendo in considerazione sia la formulazione di tale accordo, che la sua attuazione. La necessità di valutare tale clausola in conformità al contenuto dell’accordo controverso non potrebbe essere equiparata alla prova della sua effettiva attuazione come condizione preliminare dell’accertamento dell’infrazione. Sarebbe necessario valutare il contenuto dell’accordo alla luce sia del suo tenore letterale che delle prove fornite dalle parti del procedimento, che possono indicare la sua vera natura.

35

Il giudice del rinvio osserva che nel procedimento principale è pacifico che l’accordo controverso non è tale da incidere sugli scambi tra gli Stati membri. Pertanto, si dovrebbe decidere sulla presente controversia applicando il diritto lettone, ossia la legge sulla concorrenza e il decreto n. 797/2008.

36

Tuttavia, in particolare nella sentenza del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a. (C‑32/11, EU:C:2013:160), la Corte si sarebbe già dichiarata competente a statuire sulle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui i fatti si collocavano al di fuori della sfera di applicazione diretta del diritto dell’Unione, ma nelle quali tali disposizioni erano state rese applicabili dalla normativa nazionale, la quale si uniformava, per le soluzioni date a fattispecie puramente interne, a quelle adottate dal diritto dell’Unione. Infatti, in simili casi vi sarebbe un sicuro interesse dell’Unione europea a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate.

37

Inoltre, dalla giurisprudenza del Senāta Administratīvo lietu departaments (Corte suprema, sezione del contenzioso amministrativo) risulterebbe che, per quanto riguarda i probabili effetti degli accordi sulla concorrenza, l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza stabiliscono il medesimo quadro normativo. Ciò significherebbe che l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza non dovrebbe differire da quella dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Sarebbe essenziale evitare che in Lettonia siano ammessi criteri di valutazione diversi da quelli previsti dal diritto dell’Unione per accertare l’esistenza di accordi verticali vietati. La certezza del diritto risultante da una prassi istituzionale e giurisdizionale prevedibile sarebbe conforme ai principi generali comuni al diritto della Repubblica di Lettonia e a quello dell’Unione.

38

Inoltre, un approccio sostanzialmente diverso in merito alla definizione delle infrazioni al diritto della concorrenza potrebbe determinare differenze tra gli Stati membri che potrebbero ostacolare il funzionamento del mercato interno.

39

Nel procedimento principale occorre stabilire se, nel caso di un accordo che prevede che al distributore che ha registrato per primo la transazione venga concessa, per un periodo di sei mesi dalla registrazione, la priorità per la finalizzazione del processo di vendita con l’utente finale interessato, salvo che quest’ultimo vi si opponga, la natura dell’accordo sia di per sé sufficiente per affermare che si tratta di un accordo avente per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza sul mercato.

40

Ciò premesso, l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’accordo tra un produttore e taluni distributori esaminato nel caso di specie (in forza del quale, per un periodo di sei mesi dalla registrazione di una potenziale transazione, il distributore che ha registrato per primo la potenziale transazione gode di una priorità per la finalizzazione del processo di vendita con l’utente finale interessato, salvo che quest’ultimo si opponga) possa essere considerato, secondo una corretta interpretazione del Trattato FUE, un accordo tra imprese avente per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, [TFUE].

2)

Se l’accordo tra un produttore e taluni distributori esaminato nel caso di specie, interpretato conformemente alle disposizioni del Trattato [FUE], contenga elementi che permettano di accertare se tale accordo non sia esente dal divieto generale di intese.

3)

Se l’accordo tra un produttore e taluni distributori esaminato nel caso di specie, interpretato conformemente alle disposizioni del Trattato [FUE], debba ritenersi esente dal suddetto divieto. Se l’esenzione che consente la conclusione di accordi verticali che prevedono una restrizione delle vendite attive nel territorio esclusivo o alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questo attribuiti ad un altro acquirente, laddove tale restrizione non limiti le vendite da parte dei clienti dell’acquirente e la quota di mercato del fornitore non superi il 30%, si applichi unicamente ai sistemi di distribuzione esclusivi.

4)

Se l’oggetto dell’accordo tra un produttore e taluni distributori esaminato nel caso di specie, interpretato conformemente al Trattato [FUE], possa consistere unicamente nel comportamento illecito di un solo operatore economico. Se, nelle circostanze del caso in esame, interpretate in conformità alle disposizioni del Trattato [FUE], sussistano indizi della partecipazione di un solo operatore economico ad un’intesa vietata.

5)

Se, nelle circostanze del caso di specie, interpretate conformemente alle disposizioni del Trattato [FUE], sussistano indizi di una restrizione (distorsione) della concorrenza all’interno del sistema di distribuzione, o di un vantaggio per la [Visma Enterprise], o di un effetto negativo sulla concorrenza.

6)

Se, nelle circostanze del caso di specie, interpretate conformemente alle disposizioni del Trattato [FUE], laddove la quota di mercato della rete di distribuzione non superi il 30% [considerato che la Visma Enterprise è un produttore e la sua quota di mercato include pertanto anche il fatturato dei suoi distributori], sussistano indizi di effetti negativi sulla concorrenza nel sistema di distribuzione e/o al di fuori di esso, e se il suddetto accordo sia soggetto al divieto di intese.

7)

Se, conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE e all’articolo 2 del regolamento n. 330/2010, [in combinato disposto] con l’articolo 4, lettera b), del medesimo regolamento:

l’esenzione sia applicabile a un sistema di distribuzione nel quale: i) lo stesso distributore (commerciante) sceglie il potenziale cliente con il quale collaborerà; ii) il fornitore non ha precedentemente determinato, sulla base di criteri oggettivi, chiaramente noti e verificabili, un gruppo specifico di clienti a cui ciascun distributore presterà i propri servizi; iii) il fornitore, su richiesta del distributore (commerciante), effettua una riserva di potenziali clienti in favore di tale distributore; iv) gli altri distributori non conoscono o non sono previamente informati della riserva del potenziale cliente; oppure nel quale v) l’unico criterio per la riserva di un potenziale cliente e per stabilire il conseguente sistema di distribuzione esclusiva in favore di un determinato distributore è la richiesta di tale distributore, e tale sistema non è stabilito dal fornitore; oppure in virtù del quale vi) la riserva rimane in vigore per 6 – sei – mesi dalla registrazione della potenziale transazione (dopo di che la distribuzione esclusiva cessa di essere in vigore);

si debba ritenere che le vendite passive non sono soggette a restrizioni qualora l’accordo concluso tra il fornitore e il distributore includa la condizione che l’acquirente (utente finale) possa opporsi alla riserva summenzionata, ma quest’ultimo non sia stato informato di tale condizione. Se il comportamento dell’acquirente (utente finale) possa influire su (giustificare) i termini dell’accordo tra il fornitore e il distributore».

Sulla competenza della Corte

41

Il giudice del rinvio rileva che l’accordo controverso riguarda una situazione puramente interna e non incide sul commercio tra gli Stati membri. Ad avviso di tale giudice, di conseguenza, si dovrebbe decidere sulla controversia applicando il diritto lettone. Tuttavia, detto giudice precisa che, secondo la giurisprudenza della Corte suprema lettone, l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza stabiliscono il medesimo quadro normativo per quanto riguarda i probabili effetti degli accordi sulla concorrenza e l’applicazione di queste due disposizioni non dovrebbe essere diversa. A parere del giudice del rinvio, è essenziale evitare che in Lettonia siano ammessi criteri di accertamento dell’esistenza di accordi verticali vietati diversi da quelli previsti dalle regole di concorrenza dell’Unione.

42

Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punti 3435, nonché del 10 dicembre 2020, J & S Service, C‑620/19, EU:C:2020:1011, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

43

Tuttavia, sempre secondo costante giurisprudenza, spetta alla Corte esaminare le condizioni in presenza delle quali essa viene adita dal giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza (sentenza del 10 dicembre 2020, J & S Service, C‑620/19, EU:C:2020:1011, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

44

Al riguardo, occorre ricordare che la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire sulle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui i fatti del procedimento principale si collocavano al di fuori della sfera di applicazione del diritto medesimo, ma nelle quali le suddette disposizioni erano state rese applicabili dalla normativa nazionale, la quale si uniformava, per le soluzioni date a fattispecie puramente interne, a quelle adottate dal diritto dell’Unione (sentenza del 21 luglio 2016, VM Remonts e a., C‑542/14, EU:C:2016:578, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

45

Una siffatta competenza è giustificata dall’interesse manifesto dell’ordinamento giuridico dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 37, nonché del 10 dicembre 2020, J & S Service, C‑620/19, EU:C:2020:1011, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

46

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, in sostanza, l’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza stabilisce un quadro normativo identico a quello previsto dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e che detto articolo 11, paragrafo 1, viene interpretato come l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

47

Inoltre, tale circostanza ha già condotto la Corte a dichiararsi competente a statuire su domande di pronuncia pregiudiziale vertenti sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in situazioni puramente interne, prive d’incidenza sul commercio tra gli Stati membri, in cui trovava applicazione l’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2015, Maxima Latvija, C‑345/14, EU:C:2015:784, punti da 11 a 14, nonché del 21 luglio 2016, VM Remonts e a., C‑542/14, EU:C:2016:578, punti da 1619).

48

In tali circostanze si deve concludere che la Corte è competente a rispondere alle questioni sollevate nella misura in cui esse vertono sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, nonché dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, il cui contenuto essenziale è ripreso dall’articolo 11, paragrafo 2, della legge sulla concorrenza.

49

Al contrario, in forza della giurisprudenza richiamata al punto 44 della presente sentenza, la Corte non è competente a rispondere alle questioni sollevate nella misura in cui esse vertono sull’interpretazione del regolamento n. 330/2010. Infatti, dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento risulta che esso ha per oggetto di stabilire le condizioni in cui l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE è dichiarato inapplicabile agli accordi verticali, conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Orbene, dalla decisione di rinvio non emerge che la legislazione lettone abbia reso applicabili le soluzioni adottate dal regolamento n. 330/2010 a situazioni come quella oggetto del procedimento principale, che non ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE e, pertanto, nemmeno nell’ambito di applicazione di detto regolamento.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni prima, quinta e sesta

50

Con le sue questioni prima, quinta e sesta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che un accordo concluso tra un fornitore e un distributore in forza del quale il distributore che ha registrato per primo una potenziale transazione con l’utente finale gode, per un periodo di sei mesi dalla registrazione, di una «priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita», salvo che detto utente vi si opponga, può essere qualificato come «accordo avente per oggetto» o «per effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi della disposizione citata.

51

A questo proposito occorre ricordare che, nell’ambito del procedimento previsto dall’articolo 267 TFUE, basato su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il ruolo di quest’ultima è limitato all’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione sulle quali essa viene interpellata nella fattispecie, in merito all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Pertanto non spetta alla Corte, bensì al giudice del rinvio, valutare in definitiva se, alla luce dell’insieme degli elementi pertinenti che caratterizzano la situazione oggetto del procedimento principale, nonché del contesto economico e giuridico nel quale quest’ultima si colloca, l’accordo in questione abbia per oggetto una restrizione della concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 29, nonché del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 59).

52

Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può, in base agli elementi del fascicolo a sua disposizione, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice del rinvio nella sua interpretazione, affinché quest’ultimo possa risolvere la controversia (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

53

In forza dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi conclusi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno.

54

Per ricadere nell’ambito di tale divieto, un accordo deve avere «per oggetto o per effetto» di impedire, restringere o falsare sensibilmente la concorrenza nel mercato interno [v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, EU:C:2012:795, punti 16, 1720 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 31].

55

Secondo una giurisprudenza costante della Corte a partire dalla sentenza del 30 giugno 1966, LTM (56/65, EU:C:1966:38), l’alternatività di tale condizione, espressa dalla disgiunzione «o», rende necessario innanzitutto considerare l’oggetto stesso dell’accordo (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

56

Ne consegue che tale disposizione, come interpretata dalla Corte, opera una distinzione netta tra la nozione di «restrizione per oggetto» e quella di «restrizione per effetto», ciascuna soggetta ad un regime probatorio diverso [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 63].

57

Infatti, dalla giurisprudenza della Corte emerge che taluni tipi di coordinamento tra imprese rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per essere qualificati come «restrizione per oggetto», cosicché l’esame dei loro effetti non è necessario. Tale giurisprudenza si fonda sulla circostanza che talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del gioco della concorrenza (sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

58

Pertanto, per quanto riguarda gli accordi qualificati come «restrizioni per oggetto», non occorre ricercarne né, a fortiori, dimostrarne gli effetti sulla concorrenza al fine di qualificarli come «restrizione della concorrenza», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto l’esperienza dimostra che siffatti accordi determinano riduzioni della produzione e aumenti dei prezzi, dando luogo ad una cattiva allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 64 e giurisprudenza ivi citata]. Affinché un accordo abbia un oggetto anticoncorrenziale, dunque, è sufficiente che esso sia concretamente idoneo ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza in seno al mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 38).

59

Il criterio giuridico essenziale per determinare se un accordo comporti una restrizione della concorrenza «per oggetto» risiede quindi nel rilievo che un simile accordo presenta, di per sé, un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per ritenere che non sia necessario individuarne gli effetti (sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

60

Inoltre, la nozione di «restrizione della concorrenza per oggetto» deve essere interpretata restrittivamente. Infatti, tale nozione può essere applicata solo ad alcuni tipi di coordinamento tra imprese che presentano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

61

Ciò premesso, la circostanza che un accordo costituisca un accordo verticale non esclude la possibilità che esso determini una restrizione della concorrenza «per oggetto». Infatti, se è pur vero che gli accordi verticali spesso sono, per loro natura, meno dannosi per la concorrenza degli accordi orizzontali, anch’essi possono però, in determinate circostanze, avere un potenziale restrittivo particolarmente elevato (v., in tal senso, sentenze del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a., C‑32/11, EU:C:2013:160, punto 43, nonché del 26 novembre 2015, Maxima Latvija, C‑345/14, EU:C:2015:784, punto 21).

62

Per valutare se un accordo tra imprese o una decisione di associazione di imprese presentino un grado di dannosità sufficiente per essere considerati come una restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre riferirsi al tenore delle loro disposizioni, agli obiettivi che essi mirano a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale essi si collocano. Nella valutazione di tale contesto, occorre prendere in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

63

Il fatto che si ritenga che una misura persegua un obiettivo legittimo non esclude che, in considerazione dell’esistenza di un altro obiettivo da essa perseguito e che deve essere ritenuto, dal canto suo, illegittimo, tenuto conto anche del tenore delle disposizioni di tale misura e del contesto in cui si inserisce, detta misura possa essere considerata come avente un oggetto restrittivo della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

64

Per quanto riguarda, innanzitutto, il tenore dell’accordo controverso, risulta dalla decisione di rinvio che la clausola 4.1 del contratto standard di collaborazione concluso tra la Visma Enterprise e i suoi distributori prevede che, per un periodo di sei mesi dalla registrazione di una potenziale transazione, il distributore che ha registrato per primo tale transazione con l’utente finale gode di una «priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita», salvo che detto utente vi si opponga.

65

Occorre rilevare, al riguardo, che dalla formulazione di detta clausola, come riportata nella decisione di rinvio, non emerge in che cosa consista tale priorità. Nella decisione impugnata il Consiglio per la concorrenza ha ritenuto che solo il distributore che ha registrato il potenziale cliente per primo possa finalizzare l’operazione di vendita con quest’ultimo, circostanza che la Visma Enterprise ha contestato.

66

Come ha rilevato la Commissione europea nelle sue osservazioni scritte presentate alla Corte, la stessa clausola, di per sé, non appare vietare espressamente ai distributori della Visma Enterprise di rivolgersi in modo attivo al potenziale cliente o di rispondere alle sue richieste. Spetta, quindi, al giudice del rinvio determinare il contenuto esatto dell’accordo controverso.

67

Inoltre, occorre rilevare che le parti del procedimento principale non concordano nemmeno sull’obiettivo di tale accordo, in quanto la Visma Enterprise ha sostenuto che quest’ultimo mira a organizzare la collaborazione con i distributori, a valutare la conformità del prodotto alle esigenze dell’acquirente, a instaurare modalità di collaborazione eque con i distributori e a utilizzare le risorse in modo razionale.

68

Conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 51 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio valutare gli obiettivi perseguiti dall’accordo controverso.

69

A tal riguardo, si deve ricordare che, sebbene l’intenzione delle parti non costituisca un elemento necessario per determinare la natura restrittiva di un accordo tra imprese, nulla vieta alle autorità garanti della concorrenza o ai giudici nazionali e dell’Unione di tenerne conto (sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

70

Infine, spetta al giudice del rinvio esaminare il contesto economico e giuridico nel quale si colloca l’accordo controverso.

71

Nel caso in cui tale accordo non possa essere qualificato come «restrizione per oggetto», il giudice del rinvio dovrà esaminarne gli effetti e, per poterlo qualificare come «restrizione della concorrenza» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dovrà accertare la sussistenza di tutti gli elementi comprovanti che il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo significativo (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Budapest Bank e a., C‑228/18, EU:C:2020:265, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

72

A tal fine, occorre prendere in considerazione la situazione concreta in cui detto accordo si inquadra, e in particolare il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 116 e giurisprudenza ivi citata].

73

Conformemente alla costante giurisprudenza, gli effetti restrittivi della concorrenza possono essere sia reali che potenziali ma, in ogni caso, devono essere sufficientemente sensibili [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 117 e giurisprudenza ivi citata].

74

Per valutare gli effetti di un accordo sotto il profilo dell’articolo 101 TFUE occorre considerare il gioco della concorrenza nel concreto quadro in cui si svolgerebbe in assenza dell’accordo controverso [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 118 e giurisprudenza ivi citata].

75

A tale scopo si devono prendere in considerazione, in particolare, la natura e la quantità, limitata o no, dei prodotti oggetto dell’accordo, la posizione e l’importanza delle parti sul mercato dei prodotti di cui trattasi, il carattere isolato di tale accordo o, al contrario, la sua posizione in un complesso di accordi. A questo proposito, l’esistenza di contratti analoghi, pur non essendo necessariamente determinante, è una circostanza che, assieme ad altre, può costituire il contesto economico e giuridico nel quale detto accordo deve essere valutato (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 1980, L’Oréal, 31/80, EU:C:1980:289, punto 19).

76

La ricostruzione dello scenario controfattuale ha lo scopo di dimostrare le possibilità realistiche di comportamento degli operatori economici in assenza dell’accordo di cui trattasi e di determinare, così, il probabile gioco del mercato nonché la struttura di quest’ultimo in assenza della conclusione di tale accordo [v., in questo senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 120].

77

Spetta al giudice nazionale stabilire, in base a tutti i dati pertinenti, se l’accordo controverso possegga effettivamente tutti i requisiti per ricadere sotto il divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza dell’11 dicembre 1980, L’Oréal, 31/80, EU:C:1980:289, punto 20).

78

Peraltro, come ha in sostanza rilevato la Commissione, gli accordi verticali possono, in linea di principio, essere meno dannosi per la concorrenza rispetto agli accordi orizzontali. Infatti, una restrizione della concorrenza tra distributori della stessa marca (intra-brand competition) è, in linea di principio, problematica solo in caso di riduzione della concorrenza effettiva tra marche diverse nel mercato interessato (inter-brand competition) (v., per analogia, sentenza del 25 ottobre 1977, Metro SB-Großmärkte/Commissione, 26/76, EU:C:1977:167, punto 22).

79

Dalle considerazioni che precedono risulta che spetterà al giudice del rinvio determinare, in particolare, le caratteristiche del mercato in questione e la posizione delle parti su di esso.

80

A tal riguardo, dalla formulazione delle questioni pregiudiziali emerge che la quota di mercato della Visma Enterprise non supera il 30%. Tale circostanza, unitamente ad altri elementi, dovrebbe essere presa in considerazione al fine di determinare la struttura del mercato in questione, ivi compresa la posizione della Visma Enterprise su di esso, il che può rientrare nel contesto economico nel quale deve essere valutato l’accordo controverso.

81

Il giudice del rinvio dovrà, poi, esaminare gli effetti sulla concorrenza della «riserva» del potenziale cliente da parte di un distributore alla luce, in particolare, della circostanza – che in base alla formulazione delle questioni pregiudiziali appare accertata – che i distributori non sono preventivamente informati della «riserva» del potenziale cliente e che il cliente finale non è informato della possibilità di opporsi a tale riserva, nonché alla luce della durata di quest’ultima.

82

In base a tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni prima, quinta e sesta dichiarando che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che un accordo concluso tra un fornitore e un distributore in forza del quale il distributore che ha registrato per primo una potenziale transazione con l’utente finale gode, per un periodo di sei mesi dalla registrazione, di una «priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita», salvo che detto utente vi si opponga, non può essere qualificato come «accordo avente per oggetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi della disposizione citata, a meno che si possa ritenere che detto accordo, in considerazione del suo tenore letterale, dei suoi obiettivi e del suo contesto, presenti un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per essere qualificato in tal modo. Nell’ipotesi in cui un siffatto accordo non costituisca una restrizione della concorrenza «per oggetto», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, il giudice nazionale deve esaminare se, alla luce di tutte le circostanze rilevanti del procedimento principale, vale a dire, segnatamente, il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o dei servizi coinvolti, nonché le condizioni effettive di funzionamento e la struttura del mercato in questione, tale accordo possa essere considerato restrittivo della concorrenza in modo sufficientemente sensibile in ragione dei suoi effetti reali o potenziali.

Sulle questioni seconda, terza e settima

83

Con le sue questioni seconda, terza e settima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE debba essere interpretato nel senso che un accordo concluso tra un fornitore e un distributore in forza del quale il distributore che ha registrato per primo una potenziale transazione con l’utente finale gode, per un periodo di sei mesi dalla registrazione, di una «priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita», salvo che detto utente vi si opponga, possa beneficiare, nel caso in cui costituisca un accordo avente «per oggetto» o «per effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, di un’esenzione a norma del paragrafo 3 di detto articolo.

84

A tal proposito, occorre ricordare che un accordo che risulti essere incompatibile con quanto disposto dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può fruire di un’esenzione a norma del paragrafo 3 di questo articolo solo se soddisfa le condizioni cumulative in esso figuranti, compresa quella di contribuire a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 230 e giurisprudenza ivi citata).

85

Per costante giurisprudenza, inoltre, il miglioramento di cui alla prima condizione prevista dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, non può consistere in un vantaggio qualsiasi che i contraenti traggano dall’accordo per quanto riguarda la loro attività di produzione o di distribuzione. Tale miglioramento deve presentare, segnatamente, vantaggi oggettivi sensibili, tali da compensare gli inconvenienti che derivano dall’accordo sul piano della concorrenza (sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 234 e giurisprudenza ivi citata).

86

L’esame di un accordo, al fine di accertare se questo contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico e se l’accordo medesimo sia fonte di rilevanti vantaggi oggettivi, deve essere compiuto alla luce degli argomenti di fatto e degli elementi di prova forniti dalle imprese (sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 235 e giurisprudenza ivi citata).

87

Tale esame può richiedere che si tenga conto delle caratteristiche e delle eventuali specificità del settore interessato dall’accordo, se tali caratteristiche e specificità risultano decisive ai fini del risultato dell’esame. Peraltro, alla luce dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, ciò che deve essere preso in considerazione è il carattere favorevole degli effetti sull’insieme dei consumatori nei mercati rilevanti (sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 236 e giurisprudenza ivi citata).

88

Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che la Visma Enterprise ha sostenuto che l’accordo controverso ha per effetto, in particolare, di migliorare la distribuzione del suo prodotto, di fornire un prodotto di migliore qualità, nonché di ridurre i costi.

89

In tali circostanze spetta a detto giudice valutare se l’accordo in questione contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale e se soddisfi le altre condizioni previste dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

90

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni seconda, terza e settima dichiarando che l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE deve essere interpretato nel senso che un accordo concluso tra un fornitore e un distributore in forza del quale il distributore che ha registrato per primo una potenziale transazione con l’utente finale gode, per un periodo di sei mesi dalla registrazione, di una «priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita», salvo che detto utente vi si opponga, può beneficiare, nel caso in cui costituisca un accordo avente «per oggetto» o «per effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, di un’esenzione a norma del paragrafo 3 di detto articolo solo se soddisfa le condizioni cumulative ivi previste.

Sulla quarta questione

91

Dalla decisione di rinvio risulta che l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale) ha sollevato la quarta questione nell’ambito della censura formulata dalla Visma Enterprise nei confronti della parte della decisione impugnata in cui il Consiglio per la concorrenza aveva ritenuto che non fosse opportuno né necessario dichiarare responsabili dell’infrazione accertata i distributori della FMS Software. Con tale censura la Visma Enterprise aveva sostenuto, in sostanza, che, poiché l’articolo 11, paragrafo 1, della legge sulla concorrenza, il quale riprende il contenuto essenziale dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, riguarda gli accordi tra imprese, il Consiglio per la concorrenza non avrebbe potuto sanzionare una sola parte dell’accordo controverso, a meno di riconoscere che non sussisteva alcuna violazione di tali disposizioni.

92

Pertanto, occorre intendere la quarta questione nel senso che con essa il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che l’esistenza di un accordo che viola tale disposizione sia esclusa qualora l’autorità competente ad attuare tale disposizione abbia effettuato una valutazione differenziata in merito all’attribuzione della responsabilità dell’infrazione.

93

A questo riguardo, come ricordato al punto 53 della presente sentenza, in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi conclusi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno.

94

Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, affinché sussista un «accordo», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, è sufficiente che le imprese di cui trattasi abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo (sentenza del 14 gennaio 2021, Kilpailu- ja kuluttajavirasto, C‑450/19, EU:C:2021:10, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

95

L’accertamento di un’infrazione all’articolo 101 TFUE deve, quindi, fondarsi su una valutazione sotto il profilo delle condizioni previste da tale disposizione.

96

Ne consegue che la questione dell’esistenza di un accordo vietato ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE è, in linea di principio, diversa da quella dell’attribuzione della responsabilità dell’infrazione e dell’applicazione di una sanzione a una parte di tale accordo, benché taluni elementi di fatto possano risultare rilevanti nella valutazione di entrambe le problematiche.

97

Infatti, la prima questione riguarda i presupposti di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, mentre la seconda è relativa alle conseguenze della violazione di tale disposizione e viene in rilievo, in linea di principio, solo qualora sia previamente accertata un’infrazione a detta disposizione.

98

Pertanto, sempreché sia dimostrata l’esistenza di un accordo che violi l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, conformemente ai criteri enunciati da detta disposizione, la valutazione dell’autorità competente ad attuare tale disposizione in merito all’attribuzione della responsabilità dell’infrazione alle parti di tale accordo non può, in linea di principio, incidere sulla constatazione della predetta infrazione.

99

La questione relativa ai presupposti di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE è, inoltre, distinta dalla questione se l’autorità competente ad attuare tale disposizione possa imputare la responsabilità di un’infrazione a tale disposizione solo a una parte dell’accordo costitutivo di detta infrazione, questione questa che non è stata sollevata nel procedimento principale.

100

In tali circostanze si deve rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che l’esistenza di un accordo vietato da detta disposizione non può essere esclusa per la sola ragione che l’autorità competente ad attuare tale disposizione abbia effettuato una valutazione differenziata in merito all’attribuzione della responsabilità dell’infrazione alle parti di tale accordo.

Sulle spese

101

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che un accordo concluso tra un fornitore e un distributore in forza del quale il distributore che ha registrato per primo una potenziale transazione con l’utente finale gode, per un periodo di sei mesi dalla registrazione, di una «priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita», salvo che detto utente vi si opponga, non può essere qualificato come «accordo avente per oggetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi della disposizione citata, a meno che si possa ritenere che detto accordo, in considerazione del suo tenore letterale, dei suoi obiettivi e del suo contesto, presenti un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente per essere qualificato in tal modo.

Nell’ipotesi in cui un siffatto accordo non costituisca una restrizione della concorrenza «per oggetto», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, il giudice nazionale deve esaminare se, alla luce di tutte le circostanze rilevanti del procedimento principale, vale a dire, segnatamente, il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o dei servizi coinvolti, nonché le condizioni effettive di funzionamento e la struttura del mercato in questione, tale accordo possa essere considerato restrittivo della concorrenza in modo sufficientemente sensibile in ragione dei suoi effetti reali o potenziali.

 

2)

L’articolo 101, paragrafo 3, TFUE deve essere interpretato nel senso che un accordo concluso tra un fornitore e un distributore in forza del quale il distributore che ha registrato per primo una potenziale transazione con l’utente finale gode, per un periodo di sei mesi dalla registrazione, di una «priorità per la finalizzazione dell’operazione di vendita», salvo che detto utente vi si opponga, può beneficiare, nel caso in cui costituisca un accordo avente «per oggetto» o «per effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, di un’esenzione a norma del paragrafo 3 di detto articolo solo se soddisfa le condizioni cumulative ivi previste.

 

3)

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che l’esistenza di un accordo vietato da detta disposizione non può essere esclusa per la sola ragione che l’autorità competente ad attuare tale disposizione abbia effettuato una valutazione differenziata in merito all’attribuzione della responsabilità dell’infrazione alle parti di tale accordo.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il lettone.

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