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Document 62020CC0577

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 10 marzo 2022.
Causa promossa da A.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus.
Rinvio pregiudiziale – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Direttiva 2005/36/CE – Articolo 2 – Ambito di applicazione – Articolo 13, paragrafo 2 – Professioni regolamentate – Condizioni per ottenere il diritto di accesso al titolo di psicoterapeuta in uno Stato membro sulla base di un diploma in psicoterapia rilasciato da un’università stabilita in un altro Stato membro – Articoli 45 e 49 TFUE – Libertà di circolazione e di stabilimento – Valutazione dell’equipollenza della formazione in questione – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione tra gli Stati membri – Messa in discussione da parte dello Stato membro ospitante del livello delle conoscenze e delle qualifiche che si possono presumere sulla base di un diploma rilasciato in un altro Stato membro – Presupposti.
Causa C-577/20.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:179

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 10 marzo 2022 ( 1 )

Causa C‑577/20

A

in presenza di:

Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone e dei servizi – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Condizioni per ottenere il diritto di accesso al titolo di psicoterapeuta sulla base di un diploma in psicoterapia di un altro Stato membro – Valutazione dell’equipollenza della formazione in questione»

I. Introduzione

1.

La direttiva 2005/36/CE ( 2 ) relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali è una colonna portante dell’edificio del mercato interno, in quanto permette ai cittadini degli Stati membri di esercitare una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui essi hanno acquisito le loro qualifiche professionali. Essa concretizza pertanto le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento delle persone.

2.

Essa è altresì al centro della presente controversia, che offre alla Corte l’opportunità di definire i contorni della sua applicazione.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

3.

I considerando 1, 3, 6, 11 e 17 della direttiva 2005/36 sono così formulati:

«(1)

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del Trattato, l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi tra Stati membri è uno degli obiettivi della Comunità. Per i cittadini degli Stati membri, essa comporta, tra l’altro, la facoltà di esercitare, come lavoratore autonomo o subordinato, una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito la relativa qualifica professionale. Inoltre, l’articolo 47, paragrafo 1, del trattato prevede l’approvazione di direttive miranti al reciproco riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli.

(...)

(3)

La garanzia, conferita dalla presente direttiva a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro, di accedere alla stessa professione e di esercitarla in un altro Stato membro con gli stessi diritti dei cittadini di quest’ultimo non esonera il professionista migrante dal rispetto di eventuali condizioni di esercizio non discriminatorie che potrebbero essere imposte dallo Stato membro in questione, purché obiettivamente giustificate e proporzionate.

(...)

(6)

L’agevolazione della prestazione di servizi deve essere garantita nel contesto della stretta osservanza della salute e della sicurezza pubblica nonché della tutela dei consumatori. Dovrebbero essere pertanto previste disposizioni specifiche per le professioni regolamentate aventi implicazioni in materia di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, che prestano servizi transfrontalieri su base temporanea o occasionale.

(...)

(11)

Per le professioni coperte dal regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, di seguito denominato “il regime generale”, gli Stati membri dovrebbero continuare a fissare il livello minimo di qualificazione necessaria in modo da garantire la qualità delle prestazioni fornite sul loro territorio. Tuttavia, ai sensi degli articoli 10, 39 e 43 del trattato, non dovrebbero imporre a un cittadino di uno Stato membro di acquisire qualifiche che essi in genere si limitano a definire soltanto in termini di diplomi rilasciati in seno al loro sistema nazionale d’insegnamento, mentre l’interessato ha già acquisito tali qualifiche, o parte di esse, in un altro Stato membro. È perciò opportuno prevedere che ogni Stato membro ospitante che regolamenti una professione sia obbligato a tenere conto delle qualifiche acquisite in un altro Stato membro e verificare se esse corrispondano a quelle che esso richiede. Tuttavia, tale regime generale di riconoscimento non impedisce che uno Stato membro imponga, a chiunque eserciti una professione nel suo territorio, requisiti specifici motivati dall’applicazione delle norme professionali giustificate dall’interesse pubblico generale. Tali requisiti riguardano, ad esempio, le norme in materia di organizzazione della professione, le norme professionali, comprese quelle deontologiche, le norme di controllo e di responsabilità. Infine, la presente direttiva non ha l’obiettivo di interferire nell’interesse legittimo degli Stati membri a impedire che taluni dei loro cittadini possano sottrarsi abusivamente all’applicazione del diritto nazionale in materia di professioni.

(...)

(17)

Per contemplare tutte le situazioni per le quali non esistono ancora norme relative al riconoscimento delle qualifiche professionali, il regime generale andrebbe esteso ai casi non inclusi in un regime specifico, sia nel caso in cui la professione interessata non sia disciplinata da uno di tali regimi sia nel caso in cui, pur essendo la professione disciplinata da un regime specifico, il richiedente per una ragione particolare ed eccezionale non soddisfi le condizioni per beneficiarne».

4.

L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», dispone:

«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato “Stato membro ospitante”), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati “Stati membri d’origine”) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione.

La presente direttiva definisce altresì le regole relative all’accesso parziale a una professione regolamentata nonché al riconoscimento di tirocini professionali effettuati in un altro Stato membro».

5.

L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», prevede, al paragrafo 1:

«La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali».

6.

L’articolo 3 della stessa direttiva, dal titolo «Definizioni», dispone, al paragrafo 1:

«Ai fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:

a)

“professione regolamentata”: attività, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali; in particolare costituisce una modalità di esercizio l’impiego di un titolo professionale riservato da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a chi possiede una specifica qualifica professionale. Quando non si applica la prima frase, è assimilata ad una professione regolamentata una professione di cui al paragrafo 2;

b)

“qualifiche professionali”: le qualifiche attestate da un titolo di formazione, un attestato di competenza – di cui all’articolo 11, lettera a), punto i) – e/o un’esperienza professionale;

c)

“titolo di formazione”: diplomi, certificati e altri titoli rilasciati da un’autorità di uno Stato membro designata ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale Stato membro e che sanciscono una formazione professionale acquisita in maniera preponderante nella Comunità. Quando non si applica la prima frase, è assimilato ad un titolo di formazione un titolo di cui al paragrafo 3;

d)

“autorità competente”: qualsiasi autorità o organismo abilitato da uno Stato membro in particolare a rilasciare o a ricevere titoli di formazione e altri documenti o informazioni, nonché a ricevere le domande e ad adottare le decisioni di cui alla presente direttiva;

e)

“formazione regolamentata”: qualsiasi formazione specificamente orientata all’esercizio di una professione determinata e consistente in un ciclo di studi completato, eventualmente, da una formazione professionale, un tirocinio professionale o una pratica professionale.

La struttura e il livello della formazione professionale, del tirocinio professionale o della pratica professionale sono stabiliti dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro in questione e sono soggetti a controllo o autorizzazione dell’autorità designata a tal fine».

7.

L’articolo 4 della direttiva 2005/36, intitolato «Effetti del riconoscimento», stabilisce:

«1.   Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette ai beneficiari di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale essi sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato membro.

2.   Ai fini della presente direttiva, la professione che l’interessato intende esercitare nello Stato membro ospitante sarà quella per la quale è qualificato nel proprio Stato membro d’origine, se le attività coperte sono comparabili.

(...)».

8.

L’articolo 13 di detta direttiva, dal titolo «Condizioni del riconoscimento», dispone:

«1.   Se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio.

Gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un’autorità competente in uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro.

2.   L’accesso a una professione e il suo esercizio descritti al paragrafo 1 sono consentiti anche ai richiedenti che, nel corso dei precedenti dieci anni, abbiano esercitato a tempo pieno tale professione per un anno, o per una durata complessiva equivalente a tempo parziale, in un altro Stato membro che non regolamenta detta professione e che abbiano uno o più attestati di competenza o uno o più titoli di formazione rilasciati da un altro Stato membro che non regolamenta tale professione.

Gli attestati di competenza e i titoli di formazione soddisfano le seguenti condizioni:

a)

sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro;

b)

attestano la preparazione del titolare all’esercizio della professione in questione.

Tuttavia, l’anno di esperienza professionale di cui al primo comma non può essere richiesto se i titoli di formazione posseduti dal richiedente sanciscono una formazione e un’istruzione regolamentata.

(...)».

B.   Diritto finlandese

1. La legge sui professionisti sanitari

9.

Ai sensi dell’articolo 2, primo comma, punto 2, della laki terveydenhuollon ammattihenkilöistä (559/1994), ammattihenkilölaki [legge sui professionisti sanitari (559/1994)], nella sua versione applicabile ai fatti del procedimento principale, ai fini di tale legge si intende per «professionista sanitario» segnatamente una persona che ha il diritto, sulla base della detta legge, di utilizzare il titolo professionale di professionista sanitario (professionista con titolo professionale protetto) disciplinato da un regolamento governativo. Ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, della stessa legge, un professionista autorizzato o abilitato ovvero un professionista con un titolo professionale protetto è legittimato ad esercitare la professione in questione e ad utilizzare il titolo professionale pertinente. Nella professione di un professionista con titolo professionale protetto possono essere attive anche altre persone che dispongono di una sufficiente formazione, esperienza e competenza professionale.

10.

Ai sensi dell’articolo 3 bis, terzo comma, della legge sui professionisti sanitari, la Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (in prosieguo: la «Valvira») è, per i professionisti sanitari, l’autorità competente menzionata nella direttiva 2005/36 e nella laki ammattipätevyyden tunnustamisesta (1384/2015) [legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali (1384/2015)].

11.

Ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, della legge sui professionisti sanitari, una persona che ha completato la sua formazione per una professione regolamentata da un regolamento governativo in Finlandia ha il diritto di utilizzare il relativo titolo professionale.

2. Il regolamento sui professionisti sanitari

12.

Ai sensi dell’articolo 1 dello asetus terveydenhuollon ammattihenkilöistä (564/1994), [regolamento sui professionisti sanitari (564/1994)], nella versione applicabile alla fattispecie, tra i titoli professionali per i professionisti titolari di un titolo professionale protetto, di cui all’articolo 2, primo comma, punto 2, della legge sui professionisti sanitari figura, in particolare, il titolo di «psicoterapeuta».

13.

Ai sensi dell’articolo 2 bis, primo comma, di tale regolamento, perché una persona sia autorizzata a far uso del titolo professionale protetto di «psicoterapeuta», essa deve aver completato una formazione di psicoterapeuta impartita da un’Università ovvero da un’Università insieme ad un altro istituto di insegnamento.

3. La legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali

14.

Ai sensi dell’articolo 6, primo comma, della legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali, il riconoscimento di una qualifica professionale si basa su un certificato di idoneità professionale, un attestato di formazione individuale o una combinazione di documenti di questo tipo, che un’autorità competente ha rilasciato in un altro Stato membro. Una condizione per il riconoscimento di una qualifica professionale è che una persona abbia il diritto di lavorare nel suo Stato membro di origine nella professione, per il cui esercizio richiede la decisione sul riconoscimento della qualifica professionale.

15.

Ai sensi dell’articolo 6, secondo comma, di tale legge, il riconoscimento delle qualifiche professionali vale anche per i richiedenti che, durante gli ultimi dieci anni, hanno esercitato la loro professione a tempo pieno per un anno ovvero a tempo parziale per un periodo corrispondente in un altro Stato membro, nel quale la professione in questione non è regolamentata, e dispongono di uno o più certificati di idoneità professionale o di formazione. Questi documenti devono attestare l’abilitazione del titolare all’esercizio della professione in questione. L’esperienza professionale di un anno non è tuttavia richiesta, se nei certificati di formazione del richiedente è attestata una formazione professionale regolamentata.

III. Fatti del procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

16.

A ha seguito, in Finlandia e in lingua finnica, un programma di formazione organizzato dall’Helsingin Psykoterapiainstituutti Oy (in prosieguo: l’«HPI»), una società per azioni finlandese che svolge le sue attività in Finlandia, in cooperazione con l’University of West England, Bristol (Università dell’Inghilterra dell’Ovest, Bristol, Regno Unito; in prosieguo: l’«UWE»).

17.

In seguito al conseguimento del suo diploma di laurea in psicoterapia rilasciato il 27 novembre 2017 dall’UWE, A ha richiesto alla Valvira il diritto di far uso del titolo professionale di psicoterapeuta, che è protetto dalla normativa nazionale in vigore.

18.

Nel corso dell’anno 2017, la Valvira è stata contattata da ex partecipanti a tale programma di formazione che le hanno manifestato le loro preoccupazioni in ordine a numerose carenze nel contenuto effettivo della formazione e alle sue modalità pratiche rispetto agli obiettivi previsti. La Valvira stessa ha contattato altre persone che vi avevano partecipato e che hanno descritto esperienze simili.

19.

Con decisione del 29 giugno 2018, la Valvira ha respinto la domanda di A diretta ad ottenere l’autorizzazione a far uso del titolo professionale di psicoterapeuta protetto dalla normativa vigente per il motivo principale che l’interessato non le aveva fornito informazioni sufficienti sul contenuto della sua formazione.

20.

Con decisione del 10 settembre 2018, la Valvira ha parimenti respinto il reclamo di A, considerando che il programma di formazione controverso era stato seguito da A in un sistema di istruzione all’estero, di modo che essa non aveva potuto accertarsi che tale formazione si fosse svolta in maniera tale da soddisfare alle condizioni a cui è soggetta la formazione in psicoterapia in Finlandia.

21.

Il ricorso proposto in primo grado da A avverso tale decisione dinanzi allo Helsingin hallinto-oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki, Finlandia) è stato respinto con sentenza del 25 aprile 2019. Tale giudice ha dichiarato che la formazione controversa doveva essere considerata come compiuta nel Regno Unito malgrado il fatto che, in pratica, essa fosse stata organizzata in Finlandia e in lingua finnica. Il regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione previsto dalla direttiva 2005/36 non obbligherebbe ad accogliere la domanda dell’interessato poiché quest’ultimo non avrebbe esercitato la professione di psicoterapeuta né nel Regno Unito, in cui la professione e la formazione di psicoterapeuta non sono regolamentate, né in un altro Stato membro avente un regime analogo.

22.

L’Helsingin hallinto-oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki) ha considerato accertato il fatto che la formazione controversa presentava notevoli carenze e differenze rispetto alla formazione di psicoterapeuta in Finlandia. A suo parere, la Valvira poteva pertanto legittimamente ritenere che A non avesse dimostrato che le sue conoscenze e qualifiche fossero equivalenti a quelle in possesso di una persona che avesse seguito un corso di formazione come psicoterapeuta in Finlandia.

23.

Nella sua impugnazione proposta contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, A sostiene che la sua formazione dev’essere considerata come impartita in Finlandia e che l’UWE ha affermato, in quanto autorità competente, che tale formazione è conforme ai requisiti del regolamento sui professionisti sanitari. La sua formazione dovrebbe pertanto essere riconosciuta tale da conferirgli il diritto al titolo professionale di psicoterapeuta in Finlandia.

24.

Secondo A, nel caso in cui la sua formazione non fosse riconosciuta come compiuta in Finlandia, la sua equivalenza dovrebbe essere valutata sulla base dei documenti riguardanti il corso di studi e la qualità del programma di formazione previsto, forniti da A e dai responsabili della formazione. La Valvira non avrebbe operato tale valutazione ma, per contro, si sarebbe basata su lettere anonime, su un parere richiesto presso un’Università concorrente dell’UWE e su interviste da essa stessa condotte. Orbene, il principio di lealtà del diritto dell’Unione implicherebbe che la Valvira non metta in discussione il contenuto di un documento rilasciato dall’UWE nella sua qualità di autorità competente di un altro Stato membro.

25.

La Valvira considera che la formazione di psicoterapeuta compiuta in un altro Stato membro dev’essere confrontata con quella impartita dalle Università finlandesi. Orbene, secondo la Valvira, la formazione di A non soddisfa i requisiti contenutistici e qualitativi richiesti in Finlandia, di modo che essa non può dar diritto all’utilizzo del titolo professionale di psicoterapeuta. La Valvira aggiunge che, in linea di principio, essa riconosce i certificati rilasciati dalle Università e dagli altri istituti preposti all’istruzione degli altri Stati membri nonché le informazioni da loro fornite sul contenuto e sulle modalità pratiche delle formazioni offerte, e che essa le esamina solo nei limiti di quanto necessario per determinare se esistano differenze tra la formazione finlandese e quella estera.

26.

Il giudice del rinvio precisa di aver già dichiarato, in un’altra causa, che la formazione controversa nel procedimento principale non poteva essere considerata come «formazione compiuta in Finlandia» ai sensi dell’articolo 5 della legge sui professionisti sanitari.

27.

Tale giudice specifica che, in Finlandia, la professione di psicoterapeuta è una professione regolamentata ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36, poiché il diritto all’utilizzo del titolo professionale in questione sarebbe conferito soltanto alle persone che soddisfano alle qualificazioni professionali richieste dalla normativa finlandese in materia. La professione di psicoterapeuta sarebbe soggetta al regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione previsto, in particolare, agli articoli da 10 a 14 di tale direttiva. Dato che, nel Regno Unito, la professione di psicoterapeuta e la relativa formazione non sono regolamentate, si applicherebbe l’articolo 13, paragrafo 2, di detta direttiva.

28.

Il giudice del rinvio afferma che, alla luce delle disposizioni della direttiva 2005/36, A, non avendo esercitato la professione di psicoterapeuta in un altro Stato membro nel quale tale professione non è regolamentata, non ha il diritto di accedere a tale professione.

29.

Tale giudice si chiede se, malgrado le disposizioni di tale direttiva, occorra esaminare la situazione in esame anche alla luce delle libertà fondamentali garantite agli articoli 45 e 49 TFUE nonché della relativa giurisprudenza della Corte. Nel caso in cui si dovessero prendere in considerazione le libertà fondamentali, occorrerebbe, a suo parere, decidere sulla qualificazione da attribuire al diploma dell’interessato. In tale contesto, sarebbe altresì necessario determinare se l’autorità competente dello Stato membro ospitante, per accertarsi che il diploma estero attesti, da parte del suo titolare, il possesso di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quanto meno equivalenti a quelle attestate dal diploma nazionale, possa basarsi anche su informazioni diverse da quelle da essa ottenute sulle modalità della formazione in questione ovvero se essa debba attenersi, anche nelle particolari circostanze del caso di specie, alle formazioni fornite al riguardo da un’Università di un altro Stato membro.

30.

Di conseguenza, il Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE e la direttiva 2005/36 debbano essere interpretate nel senso che l’autorità competente dello Stato membro ospitante deve esaminare il diritto del richiedente all’esercizio di una professione regolamentata secondo gli articoli 45 e 49 TFUE e la giurisprudenza in materia (in particolare, sentenza del 7 maggio 1991, Vlassopoulou, C‑340/89, EU:C:1991:193, e sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C‑298/14, EU:C:2015:652), sebbene si presuma che l’articolo 13, comma 2, della direttiva 2005/36/CE armonizzi le condizioni per l’esercizio di una professione regolamentata alle quali lo Stato membro ospitante deve consentire l’esercizio della professione ad un richiedente che abbia un titolo di formazione di uno Stato, nel quale la professione non è regolamentata, ma che non soddisfi i requisiti per l’esercizio della professione fissate in detta disposizione della direttiva.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione pregiudiziale: ci si chiede se il diritto dell’Unione – in considerazione delle affermazioni nella sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 55) sui criteri di valutazione esclusivi per l’equipollenza dei diplomi – osti al fatto che l’autorità competente dello Stato membro ospitante in una situazione come quella di cui trattasi nel presente procedimento basi la propria valutazione sull’equipollenza di una formazione anche su informazioni diverse da quelle ottenute dal titolare della formazione o dalle autorità dell’altro Stato membro circa il contenuto esatto e la modalità di attuazione della formazione».

31.

Hanno presentato osservazioni scritte A, la Valvira, i governi finlandese, francese, olandese e norvegese, nonché la Commissione europea. Le stesse parti, ad eccezione del governo olandese, hanno partecipato all’udienza tenutasi il 2 dicembre 2021.

IV. Analisi

A.   Osservazioni preliminari

32.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 45 e 49 del TFUE e l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 debbano essere interpretati nel senso che una domanda diretta all’accesso e all’esercizio di una professione regolamentata in seno ad uno Stato membro ospitante dev’essere valutata alla luce delle disposizioni del Trattato qualora il richiedente non soddisfi le condizioni fissate all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 che consentono tale accesso.

33.

Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 45 e 49 del Trattato FUE ostino a che l’autorità competente dello Stato membro ospitante basi la sua valutazione sull’equipollenza della formazione del richiedente su informazioni relative al contenuto esatto e alle modalità di attuazione di tale formazione, qualora tali informazioni le siano state fornite da fonti esterne rispetto ai responsabili di tale formazione o alle autorità competenti dello Stato membro d’origine.

34.

Tali due questioni si basano sul presupposto che la domanda di A di accedere alla professione di psicoterapeuta è fondata su qualifiche professionali ottenute in un altro Stato membro. Ne deriverebbe che la situazione di A rientra, in linea di principio, nell’ambito di applicazione delle disposizioni della direttiva 2005/36, e, in particolare, dell’articolo 13, paragrafo 2 di quest’ultima, o, in caso contrario, in quello delle disposizioni relative alle libertà fondamentali del Trattato.

35.

Il giudice del rinvio afferma infatti di aver già dichiarato che la formazione controversa nel procedimento principale non poteva essere qualificata come formazione compiuta in Finlandia. Tuttavia, sulla base degli accertamenti di fatto che risultano della decisione di rinvio, è, a mio avviso, lecito dubitare della rilevanza delle disposizioni di diritto dell’Unione fatta valere in una situazione come quella controversa nella causa principale.

36.

Formulerò pertanto alcune osservazioni preliminari relative all’applicabilità della direttiva 2005/36 e delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento alla situazione di un cittadino di uno Stato membro ospitante che abbia conseguito il proprio diploma in esito ad una formazione rilasciata in cooperazione con un’Università di un altro Stato membro.

37.

La direttiva 2005/36 contribuisce all’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e dei servizi in seno all’Unione permettendo, ai cittadini degli Stati membri, di esercitare una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito la relativa qualifica professionale ( 3 ).

38.

Più precisamente, la direttiva 2005/36 fissa le regole con cui uno Stato membro, che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri ( 4 ).

39.

A tal fine, il titolo III della direttiva 2005/36 prevede tre diversi regimi di riconoscimento delle qualifiche professionali, ossia il regime di riconoscimento automatico per le professioni le cui condizioni minime di formazione sono state coordinate (capo III), il regime di riconoscimento sulla base dell’esperienza professionale (capo II) e il regime generale di riconoscimento delle qualifiche professionali (capo I), per tutte le professioni non coperte dalle disposizioni dei capi II e III ( 5 ).

40.

Come prevede l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2005/36, tali disposizioni si applicano a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

41.

Tale elemento mi sembra determinante.

42.

La direttiva 2005/36 riguarda quindi le situazioni in cui una persona ha conseguito, in uno Stato membro, talune qualifiche professionali che lo abilitano all’accesso o all’esercizio di una determinata attività nello stesso Stato membro, e intende, in seguito, ottenere il riconoscimento di tali qualifiche in un altro Stato membro al fine di poter accedere ad una professione o di esercitarla al pari dei cittadini di tale Stato membro ospitante.

43.

Si tratta pertanto di garantire, in uno Stato membro A, il riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute in uno Stato membro B, al fine di consentire la libertà di stabilimento del detentore di tali qualifiche professionali nello Stato membro A, quand’anche il suo diploma lo predestinasse, in teoria, ad esercitare una professione nello Stato membro B.

44.

Orbene, la situazione controversa nel procedimento principale si distingue da quelle considerate dalla direttiva 2005/36.

45.

Il diploma di cui è titolare il ricorrente nel procedimento principale è stato rilasciato al termine di una formazione impartita in Finlandia, nella lingua di tale Stato, in cooperazione con un istituto stabilito nello stesso Stato membro. Il giudice del rinvio precisa inoltre che l’Università britannica da cui è rilasciato il diploma sostiene di aver predisposto la formazione impartita in maniera tale da renderla conforme alle condizioni del regolamento finlandese relativo ai professionisti sanitari.

46.

Sulla base di tali elementi, si può concludere che la formazione impartita mirava esclusivamente a consentire l’esercizio della professione di psicoterapeuta in Finlandia. Il fatto che il diploma in questione sia rilasciato in cooperazione con un’istituzione di un altro Stato membro non può influire sulla constatazione che in una situazione del genere lo Stato membro d’origine e lo Stato membro ospitante si confondono. In realtà, non si trattava per il richiedente di avvalersi del suo diritto alla libertà di stabilimento sulla base di qualifiche professionali conseguite in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine. Di conseguenza, una situazione del genere, a mio avviso, esula dall’ambito di applicazione della direttiva 2005/36, di modo che essa non può essere esaminata alla luce delle disposizioni di quest’ultima.

47.

Risulta altresì da tali elementi che la situazione di A, così come esposta dal giudice del rinvio, non presenta elementi di collegamento con le disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali ( 6 ). Il solo fatto che il diploma in questione sia stato rilasciato in cooperazione con un’Università di un altro Stato membro non permette di accertare l’esistenza di un elemento di collegamento sufficiente con la situazione di A qualora esso sia rilasciato al termine di una formazione avvenuta nello Stato membro ospitante, nella lingua di quest’ultimo, diretta esclusivamente a consentire l’accesso alla professione di psicoterapeuta in Finlandia. Dal punto di vista di A, il coinvolgimento dell’Università estera presenta, a mio avviso, un carattere meramente accessorio ( 7 ). In tali circostanze, gli articoli 45 e 49 del Trattato FUE, che mirano a tutelare le persone che fanno un uso effettivo delle libertà fondamentali, non sono idonei ad attribuire diritti ad A ( 8 ). Quest’ultimo non può avvalersene nell’ambito della sua domanda di accesso alla professione di psicoterapeuta e al suo esercizio.

48.

Tale conclusione non significa certo che il diritto dell’Unione non abbia alcuna rilevanza in una situazione come quella oggetto della causa principale. Tuttavia, essa mi sembra rientrare unicamente nell’ambito di applicazione delle disposizioni relative alla libera prestazione di servizi o alla libertà di stabilimento dell’UWE, in quanto istituzione di uno Stato membro che instaura un rapporto di cooperazione con un’istituzione di un altro Stato membro per impartire una formazione in quest’ultimo Stato membro. L’eventuale ostacolo alle disposizioni relative alle libertà fondamentali previste dal Trattato dovrebbe allora essere principalmente ricercata nei confronti dell’Università estera.

49.

Orbene, tale questione eccede, a mio modo di vedere, l’ambito delle questioni pregiudiziali proposte dal giudice del rinvio, e richiederebbe una diversa analisi che la Corte, alla luce degli elementi trasmessi nella decisione di rinvio, non è in grado di condurre.

50.

Il contesto fattuale sottostante alla seconda questione pregiudiziale mostra inoltre che la situazione di A non rientra nell’ambito di applicazione né delle disposizioni della direttiva 2005/36, né delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali. Infatti, si tratta, nell’ambito di questa seconda questione pregiudiziale, di determinare se la Valvira, in quanto autorità competente, potesse procedere ad un esame approfondito delle qualifiche professionali di cui si avvale il ricorrente al fine di determinare se tali qualifiche gli consentano, in Finlandia, l’accesso alla professione di psicoterapeuta.

51.

Orbene, il fatto stesso di ricorrere ad informazioni relative al contenuto esatto e alle modalità di attuazione della formazione compiuta indicano, a mio avviso, che, indipendentemente da tali elementi, tale formazione permette effettivamente, in teoria, di accedere in Finlandia alla professione di psicoterapeuta. Se la formazione effettuata avesse un oggetto del tutto diverso, o se risultasse chiaramente che la formazione controversa fosse soltanto parziale alla luce dei requisiti della legge finlandese, una siffatta constatazione basterebbe a respingere la domanda di accesso a tale professione.

52.

Pertanto, è solo in quanto la formazione ha effettivamente lo scopo di formare psicoterapeuti in Finlandia che la Valvira procede a tale esame approfondito, diretto a verificare che la formazione risponda, in pratica, ai requisiti della legge finlandese.

53.

Basandosi su informazioni relative al contenuto esatto e alle modalità di attuazione della formazione, la Valvira non cerca quindi di verificare l’equipollenza di una formazione impartita da un’istituzione di un altro Stato membro rispetto a quelle impartite in Finlandia, ma a controllare invece che la formazione impartita in Finlandia risponda ai requisiti fissati dalla legge finlandese per consentire l’accesso alla professione di psicoterapeuta.

54.

Di conseguenza, sono del parere che la formazione controversa dovrebbe essere considerata come formazione impartita in Finlandia ai sensi delle disposizioni del diritto dell’Unione, di modo che la situazione di A non può essere esaminata né alla luce delle disposizioni della direttiva 2005/36, né alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla sua libertà di stabilimento.

55.

Pertanto, tenuto conto delle considerazioni che precedono, sono del parere che occorra rispondere alle questioni pregiudiziali nel senso che la domanda di accesso ad una professione e al relativo esercizio formulate da uno studente che abbia conseguito un diploma rilasciato in cooperazione con un’Università di un altro Stato membro al termine di una formazione compiuta esclusivamente nello Stato membro ospitante, nella lingua di tale Stato, allo scopo di esercitare la professione in questione nello stesso Stato non può essere esaminata alla luce della direttiva 2005/36 o degli articoli 49 e 45 del Trattato FUE.

56.

Tuttavia, nell’ipotesi in cui la Corte fosse del parere che la direttiva 2005/36 e le disposizioni relative alla libertà di stabilimento di A siano applicabili in una fattispecie come quella oggetto della causa principale, procederò all’analisi delle questioni pregiudiziali.

B.   Sulla prima questione pregiudiziale

57.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se gli articoli 45 e 49 del TFUE e l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 debbano essere interpretati nel senso che una domanda di accesso ad una professione regolamentata e di esercizio della stessa in seno ad uno Stato membro ospitante dev’essere valutata alla luce delle disposizioni del Trattato qualora il richiedente non soddisfi le condizioni previste in quest’ultima disposizione, che consente tale accesso.

58.

In seno al regime generale previsto dalla direttiva 2005/36, l’articolo 13, paragrafo 2, di tale direttiva disciplina le condizioni alle quali uno Stato membro ospitante autorizza l’accesso ad una professione regolamentata e l’esercizio della stessa qualora il richiedente sia titolare di un titolo di formazione rilasciato in uno Stato membro in cui tale professione non è regolamentata.

59.

Come rileva il giudice del rinvio, la professione di psicoterapeuta non è considerata dal regime di riconoscimento automatico, ed è quindi soggetta alle disposizioni del regime generale. Inoltre, dal contesto normativo e fattuale esposto dal giudice del rinvio risulta che la professione di psicoterapeuta è una professione regolamentata in Finlandia ai sensi della direttiva 2005/36, a differenza del Regno Unito, in cui essa non è subordinata al possesso di qualifiche professionali specifiche.

60.

È tuttavia pacifico che il ricorrente nel procedimento principale non soddisfa le condizioni previste all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36. Si pone allora la questione se l’accesso alla professione di psicoterapeuta e al suo esercizio possa nondimeno essere riconosciuto sulla base delle libertà fondamentali previste dal Trattato FUE.

61.

Come sostengono i governi francese e finlandese, la risposta a tale questione dipende dal grado di armonizzazione operato dalla direttiva 2005/36. Infatti, secondo giurisprudenza costante, qualsiasi misura nazionale in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello dell’Unione deve essere valutata alla luce non delle disposizioni del diritto primario, ma di quelle di tale misura di armonizzazione ( 9 ). Tale effetto di sostituzione dell’atto di diritto derivato nei confronti delle norme del Trattato si produce tuttavia unicamente quando l’atto normativo dell’Unione regola una materia in modo esaustivo ( 10 ).

62.

In altri termini, se dovesse essere dichiarato che l’armonizzazione operata dall’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 è esaustiva, una domanda di accesso alla professione di psicoterapeuta in uno Stato membro ospitante sulla base di qualifiche professionali conseguite in un altro Stato membro non potrebbe più essere valutata alla luce del diritto primario.

63.

A nonché i governi francese e finlandese sostengono tale tesi, mentre il governo olandese e la Commissione vi si oppongono. A loro parere, il fatto che le condizioni dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 non siano soddisfatte non implica che la domanda di accesso alla professione di psicoterapeuta non possa essere esaminata alla luce delle disposizioni del Trattato.

64.

Condivido tale parere. L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 non opera, a mio modo di vedere, alcuna armonizzazione esaustiva e il fatto che non ricorrano le condizioni previste da tale disposizione non osta all’esame di una domanda di accesso ad una professione e di esercizio della stessa sul fondamento del Trattato FUE.

1. Sull’intensità dell’armonizzazione operata dalla direttiva 2005/36

65.

Risulta dalla giurisprudenza della Corte che l’intensità dell’armonizzazione operata dalle disposizioni di una direttiva va ricercata tenendo conto non solo del tenore delle disposizioni di quest’ultima, ma anche del loro contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui esse fanno parte ( 11 ).

66.

La Corte ha dichiarato che le direttive relative al riconoscimento reciproco dei diplomi mirano a facilitare il riconoscimento reciproco dei diplomi, dei certificati ed altri titoli stabilendo regole e criteri comuni ( 12 ). Risulta inoltre dal considerando 40 della direttiva 2005/36 che gli obiettivi di quest’ultima sono «la razionalizzazione, la semplificazione e il miglioramento delle norme sul riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali», al fine di consentire ai cittadini degli Stati membri di esercitare una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui essi hanno acquisito la relativa qualifica professionale ( 13 ).

67.

A tal fine, la direttiva 2005/36 conferisce alle persone che hanno acquisito la loro qualifica professionale in uno Stato membro una garanzia di accedere alla stessa professione e di esercitarla in un altro Stato membro con gli stessi diritti dei cittadini di quest’ultimo ( 14 ).

68.

Tali obiettivi di semplificazione e di miglioramento del riconoscimento delle qualifiche professionali, uniti all’idea di una garanzia conferita dalla direttiva 2005/36, indicano chiaramente la volontà del legislatore dell’Unione di assicurare il diritto alla libertà di stabilimento dei cittadini degli Stati membri in Stati membri ospitanti qualora le condizioni fissate dalla direttiva 2005/36 siano soddisfatte. Non ne consegue invece che il riconoscimento delle qualifiche professionali possa avvenire solo a tali condizioni.

69.

In altri termini, alla luce degli obiettivi della direttiva 2005/36, anche se il riconoscimento delle qualifiche professionali è facilitato sulla base delle disposizioni di tale direttiva e se il soddisfacimento delle condizioni ivi stabilite garantisce al loro titolare il diritto di accedere ad una professione e al relativo esercizio in un altro Stato membro, non se ne può dedurre che tale diritto possa essere riconosciuto solo in tali ipotesi.

70.

Anche la formulazione dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, intitolato «Condizioni del riconoscimento», lo dimostra. Infatti, vi si afferma che l’accesso alla professione e il suo esercizio «sono consentiti» ai richiedenti che soddisfano le condizioni prescritte. Una siffatta formulazione implica che, qualora tali condizioni siano soddisfatte, lo Stato membro ospitante è tenuto a riconoscere le qualifiche professionali in questione e a permettere l’accesso alla professione. L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 è in questo senso l’espressione della garanzia enunciata nei considerando della direttiva 2005/36.

71.

Non se ne può tuttavia dedurre che tali condizioni siano le uniche che possono consentire l’accesso ad una professione e il relativo esercizio. Esse sono invece effettivamente le uniche condizioni che garantiscono l’accesso a tale professione.

72.

La lettura degli obiettivi della direttiva 2005/36 e della formulazione letterale dell’articolo 13, paragrafo 2, di quest’ultima indica, a mio modo di vedere, che tale atto normativo non opera un’armonizzazione esaustiva. Benché l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 preveda quindi le condizioni alle quali gli Stati membri sono tenuti a riconoscere le qualifiche professionali ottenute in un altro Stato membro, esso non può essere interpretato nel senso che imponga agli Stati membri di negare sistematicamente l’accesso ad una professione ed il relativo esercizio qualora non ricorrano tali condizioni.

2. Il collegamento tra la direttiva 2005/36 e le disposizioni del Trattato

73.

Rilevo che la Corte ha già dichiarato che il principio insito nelle libertà fondamentali sancite dal Trattato FUE non può perdere una parte della sua forza in conseguenza dell’adozione di direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi. Infatti, tali direttive non hanno come obiettivo e non possono avere come effetto quello di rendere più difficile il riconoscimento di tali diplomi, certificati ed altri titoli nelle situazioni da esse non contemplate ( 15 ).

74.

Debbo sottolineare che, benché i termini «situazioni non contemplate» sembrino designare le situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione delle direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi, tale giurisprudenza è stata tuttavia nel contempo elaborata nel contesto di tali situazioni ( 16 ) e in quello di situazioni in cui le condizioni previste da tali direttive non erano soddisfatte ( 17 ).

75.

In altre parole, la direttiva 2005/36 procede all’armonizzazione delle condizioni di riconoscimento delle qualifiche professionali secondo le condizioni da essa fissate. Essa non prescrive invece alcuna norma di riconoscimento (o di non riconoscimento) delle qualifiche professionali per le situazioni che esulano dal suo ambito di applicazione, o nelle quali le condizioni previste dalle disposizioni della direttiva 2005/36 non sono soddisfatte.

76.

Ne risulta, a mio modo di vedere, che le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE sono quindi effettivamente destinate ad applicarsi ad una situazione rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/36, ma non rispondente alle condizioni fissate al suo articolo 13, paragrafo 2.

77.

Una siffatta interpretazione mi sembra rafforzata alla lettura della recente giurisprudenza della Corte relativa all’applicazione delle disposizioni del Trattato FUE qualora la direttiva 2005/36 non si applichi in quanto, non avendo ultimato il suo corso di studi, il richiedente non dispone di un titolo di formazione attestante la sua qualifica professionale di farmacista ( 18 ) o quando il richiedente, benché titolare di un titolo di formazione, non produca il certificato di esperienza che accompagna il titolo di formazione che condiziona il diritto di esercitare pienamente la professione di medico nello Stato membro di origine ( 19 ).

78.

Mi sembrerebbe paradossale ammettere che una domanda di accesso possa essere esaminata sul fondamento di disposizioni diverse da quelle della direttiva 2005/36 qualora il richiedente non disponga di un titolo di formazione, mentre ciò non possa avvenire qualora quest’ultimo, pur disponendo di un titolo di formazione, non soddisfacesse le condizioni previste dalla direttiva 2005/36. Un richiedente senza titolo di formazione sarebbe allora posto in una situazione più favorevole rispetto a chi possiede una qualifica professionale senza però soddisfare le condizioni previste all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36.

79.

Ciò vale tanto più in quanto, riguardo a tali situazioni, constato che il confine tra quanto rientra nell’ambito di applicazione della direttiva e quanto ne è escluso può rivelarsi difficile da stabilire. Infatti, si potrebbe del pari sostenere, relativamente ad una situazione in cui il richiedente non dispone di un diploma, che, benché applicabili, le condizioni dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 non sono soddisfatte, dato che il richiedente non dichiara il possesso di un titolo di formazione ai sensi della direttiva 2005/36.

80.

Di conseguenza, mi pare che sia difficilmente ammissibile trattare in maniera distinta tali due situazioni. In queste due ipotesi, la direttiva 2005/36 non prevede alcuna disposizione particolare e non impone allo Stato di negare il riconoscimento delle qualifiche professionali in possesso del richiedente.

81.

Aggiungerei ancora che, contrariamente a quanto sostiene il governo francese, non vedo il rischio che una siffatta interpretazione presenterebbe per l’effetto utile dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36.

82.

Le condizioni previste da tale disposizione restano le sole condizioni che garantiscono al richiedente l’accesso ad una professione e il relativo esercizio, dato che, qualora esse siano soddisfatte, lo Stato membro è tenuto ad accogliere la sua domanda. Il fatto di permettere al richiedente che non soddisfa tali condizioni di far esaminare la sua domanda sulla base del Trattato FUE non infirma tale constatazione. In tale ipotesi, detto richiedente non dispone di alcuna garanzia che lo Stato membro la accolga, dato che l’esame delle sue qualifiche professionali ai fini dell’accesso ad una professione dipende da altri fattori ( 20 ).

83.

Pertanto, sono del parere che occorra interpretare gli articoli 45 e 49 TFUE e l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36 nel senso che una domanda di accesso ad una professione regolamentata e di esercizio della stessa in seno ad uno Stato membro ospitante dev’essere valutata alla luce delle disposizioni del Trattato FUE qualora il richiedente non soddisfi le condizioni previste da quest’ultima disposizione che consentono tale accesso.

C.   Sulla seconda questione pregiudiziale

84.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 45 e 49 TFUE ostino a che l’autorità competente dello Stato membro ospitante fondi la sua valutazione dell’equipollenza della formazione del richiedente su informazioni relative al contenuto esatto e alle modalità di attuazione di tale formazione qualora tali informazioni le siano state fornite da fonti diverse dal responsabile di tale formazione o dalle autorità competenti dello Stato membro di origine.

85.

Procederò ad un breve riepilogo della giurisprudenza relativa all’esame delle domande di accesso ad una professione in uno Stato membro ospitante sul fondamento delle disposizioni del Trattato FUE, che opera una presunzione di acquisizione di conoscenze e di qualificazioni fondata sul diploma fatto valere dal richiedente. Esaminerò poi se, ed eventualmente a quali condizioni, tale presunzione possa essere confutata.

1. La giurisprudenza relativa all’applicazione degli articoli 45 e 49 TFUE all’esame da parte dello Stato membro ospitante di una domanda di accesso ad una professione e di esercizio della stessa: l’esistenza di una presunzione

86.

È pacifico in giurisprudenza che, in mancanza di un’armonizzazione dei requisiti per l’accesso a una professione, gli Stati membri hanno il diritto di definire le conoscenze e le qualifiche necessarie all’esercizio di tale professione e di pretendere la produzione di un diploma che attesti il possesso di dette conoscenze e qualifiche ( 21 ).

87.

Tuttavia, gli Stati membri devono esercitare le loro competenze in quest’ambito nel rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE ( 22 ). In particolare, le disposizioni nazionali adottate a tale riguardo non possono costituire un ostacolo ingiustificato all’esercizio effettivo delle libertà fondamentali garantite dagli articoli 45 e 49 TFUE ( 23 ).

88.

Pertanto, secondo la giurisprudenza della Corte, norme nazionali che stabiliscono presupposti per la qualifica, anche se applicate senza discriminazioni collegate alla cittadinanza, possono avere l’effetto di ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali se le norme nazionali in questione prescindono dalle conoscenze e dalle qualifiche già acquisite dall’interessato in un altro Stato membro ( 24 ).

89.

In tale contesto, le autorità di uno Stato membro, investite di una domanda di autorizzazione, presentata da un cittadino dell’Unione, ad esercitare una professione il cui accesso, in base alla normativa nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o ancora a periodi di tirocinio pratico, sono tenute a prendere in considerazione il complesso dei diplomi, certificati e altri titoli, nonché l’esperienza pertinente dell’interessato, effettuando un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e qualifiche richieste dalla normativa nazionale ( 25 ).

90.

Tale procedura di valutazione comparativa deve consentire alle autorità dello Stato membro ospitante di assicurarsi obiettivamente che il diploma straniero attesti da parte del suo titolare il possesso di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quantomeno equipollenti a quelle attestate dal diploma nazionale. Tale valutazione dell’equipollenza del diploma straniero deve effettuarsi esclusivamente in considerazione del livello delle conoscenze e delle qualifiche che questo diploma, tenuto conto della natura e della durata degli studi e della formazione pratica di cui attesta il compimento, consente di presumere in possesso del titolare ( 26 ).

91.

In altre parole, l’autorità dello Stato membro ospitante è tenuta a fidarsi delle conoscenze e delle qualifiche che il diploma fatto valere dal richiedente permette di acquisire. In tal senso, tale meccanismo, fondato sulla fiducia tra gli Stati membri, instaura una presunzione che il richiedente disponga delle conoscenze e delle qualifiche attestate dal diploma in questione, senza che sia consentito allo Stato membro ospitante verificare se tali conoscenze e qualifiche siano effettivamente acquisite dal richiedente.

92.

Più precisamente, la procedura di valutazione comparativa mira soltanto a determinare il contenuto della formazione, la natura degli insegnamenti impartiti, e la durata della formazione, al fine di determinare se le qualifiche attestate dal diploma estero corrispondono a quelle richieste dalle disposizioni dello Stato membro ospitante ( 27 ). Invece, come rileva la Commissione, l’analisi comparativa condotta dallo Stato membro ospitante non può in nessun caso giungere sino a permettere una valutazione della qualità della formazione impartita o una verifica dell’effettiva acquisizione delle conoscenze attestate dal diploma.

93.

Una siffatta verifica sarebbe non soltanto in contrasto con l’idea di una presunzione instaurata dalla giurisprudenza e fondata sul solo diploma in possesso del richiedente, ma pregiudicherebbe inoltre la fiducia tra gli Stati membri e le loro autorità competenti, e, infine, impedirebbe il riconoscimento dei diplomi.

94.

Di conseguenza, sono del parere che gli articoli 45 e 49 TFUE ostino, in linea di principio, a che l’autorità competente dello Stato membro ospitante fondi la sua valutazione dell’equipollenza della formulazione del richiedente su informazioni relative al contenuto esatto e alle modalità concrete di tale formazione, qualora tali informazioni le siano state fornite da fonti esterne rispetto ai responsabili di tale formazione o alle autorità competenti dello Stato membro di origine. La presa in considerazione di tali elementi mi pare infatti eccedere quanto consentito dalla giurisprudenza della Corte, e pregiudicherebbe il sistema di reciproco riconoscimento delle qualifiche in seno all’Unione.

2. La confutazione della presunzione

95.

Benché risulti chiaramente dalla giurisprudenza che l’esame comparativo dei diplomi condotto dall’autorità competente dello Stato membro ospitante è fondato sulle qualifiche che il diploma fatto valere dal richiedente permette di presumere, sono altresì del parere che una presunzione del genere, in casi circoscritti, possa essere confutata e che sia allora consentito all’autorità competente dello Stato membro ospitante procedere a verifiche al di là delle qualifiche attestate dal diploma del richiedente.

96.

A mio modo di vedere, una siffatta possibilità è in realtà insita nelle libertà fondamentali previste dal Trattato, che garantiscono la libertà di stabilimento e il riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite in un altro Stato membro o al termine di una formazione impartita da un’istituzione di un altro Stato membro, pur prevedendo eccezioni a tali principi in taluni casi circoscritti.

97.

Pertanto, pur essendo chiaro, come dichiara la Corte, che norme nazionali che stabiliscono condizioni di qualificazione, anche applicate senza discriminazioni riguardo alla cittadinanza, possono avere la conseguenza di ostacolare l’esercizio delle libertà fondamentali qualora le norme nazionali in questione prescindano dalle conoscenze e dalle qualifiche già acquisite dall’interessato in un altro Stato membro, mi sembra tuttavia che un siffatto ostacolo possa essere giustificato da motivi imperativi di interesse generale, purché esse siano tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedano quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.

98.

Come rilevano i governi francese e finlandese, la professione in questione nel procedimento principale è quella di professionisti sanitari che assistono pazienti. Di conseguenza, l’esame comparativo condotto dall’autorità competente e eccedente la presunzione fondata sul diploma fatto valere dal richiedente mira a garantire la sicurezza dei pazienti, ed è quindi diretto a provvedere alla tutela della salute pubblica, che costituisce un motivo imperativo di interesse generale, idoneo a giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento ( 28 ).

99.

Tuttavia, occorre inoltre verificare che un siffatto esame sia idoneo a garantire l’obiettivo di tutela della salute pubblica e non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

100.

A mio avviso, al fine di soddisfare i requisiti di proporzionalità e di necessità, un esame comparativo delle qualifiche professionali che prenda in considerazione elementi diversi dalle sole qualifiche professionali che il diploma posseduto permette di presumere al fine di garantire la tutela della salute pubblica può avvenire solo in un caso in cui esista appunto un rischio certo per la sicurezza dei pazienti e per la salute pubblica ove il richiedente dovesse accedere alla professione in questione e al suo esercizio.

101.

L’esistenza di un rischio del genere dev’essere accertata dall’autorità competente dello Stato membro ospitante, la quale può fondarsi su una serie di indizi concordanti relativi a carenze sistemiche quanto alla formazione compiuta dal richiedente. Essa non può invece basarsi soltanto su segnalazioni anonime e isolate, senza procedere ad altre verifiche, e ciò tanto più qualora la formazione sia stata in realtà compiuta in tale Stato membro, ed essa disponga quindi di ampi mezzi per farlo.

102.

In particolare, come rileva il governo francese, dev’essere permesso all’autorità che ha rilasciato il diploma controverso di fornire elementi di chiarimento qualora l’autorità competente dello Stato membro ospitante individui la possibilità di un rischio per la salute pubblica in ragione della formazione compiuta.

103.

In altri termini, anche se la tutela della salute pubblica può giustificare un esame comparativo dei diplomi che non sia fondato soltanto sulle qualifiche professionali che il diploma fatto valere dal ricorrente permette di presumere, l’autorità competente è sempre tenuta, in ogni caso, a prendere in considerazione non soltanto le competenze professionali di cui dispone effettivamente il richiedente, ma ogni elemento rilevante che consenta l’accesso ad una professione e il relativo esercizio.

104.

Pertanto, sono del parere che occorra rispondere alla seconda questione pregiudiziale nel senso che gli articoli 45 e 49 del Trattato FUE non ostano a che l’autorità competente dello Stato membro ospitante prenda in considerazione informazioni relative al contenuto esatto e alle modalità di attuazione di tale formazione, qualora tali informazioni le siano state fornite da fonti affidabili esterne rispetto ai responsabili di detta formazione o alle autorità competenti dello Stato membro di origine, al fine di stabilire l’esistenza di un rischio certo per la sicurezza dei pazienti. L’autorità competente dello Stato membro ospitante non può tuttavia fondarsi esclusivamente su elementi del genere per negare l’accesso ad una professione e il relativo esercizio ad un cittadino di uno Stato membro che abbia conseguito il suo diploma presso un’Università di un altro Stato membro.

V. Conclusione

105.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo di rispondere alle questioni proposte dal Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia) come segue:

Una domanda di accesso ad una professione e al relativo esercizio formulata da uno studente che abbia conseguito un diploma rilasciato in cooperazione con un’Università di un altro Stato membro al termine di una formazione effettuata esclusivamente nello Stato membro ospitante, nella lingua di tale Stato, e allo scopo di esercitare la professione in questione nello stesso Stato non può essere esaminata alla luce della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013. Neppure gli articoli 45 e 49 TFUE, che mirano a tutelare le persone che fanno uso effettivo delle libertà fondamentali, si applicano alla situazione di un siffatto studente, di modo che quest’ultimo non può avvalersene nell’ambito della sua domanda di accesso ad una professione e al relativo esercizio.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).

( 3 ) Considerando 1 della direttiva 2005/36. Per una presentazione della direttiva 2005/36 e dei regimi di riconoscimento da essa stabiliti, v. mie conclusioni nella causa Angerer (C‑477/13, EU:C:2014:2338, paragrafi da 19 a 23).

( 4 ) Articolo 1 della direttiva 2005/36.

( 5 ) Per un’analisi dettagliata dei vari regimi di riconoscimento delle qualifiche professionali previste dalla direttiva 2005/36, v. Barnard, C., The Substantive Law of the EU. The Four Freedoms, 6a ed., Oxford University Press, Oxford, 2019, pag. 320.

( 6 ) Sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 57).

( 7 ) Anche se la situazione di A non presenta quindi elementi di collegamento con le libertà fondamentali, queste ultime possono tuttavia avere influenza nel contesto fattuale quale descritto dal giudice del rinvio, per quanto riguarda la situazione dell’Università di un altro Stato membro. V. paragrafo 48 delle presenti conclusioni.

( 8 ) Sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 57).

( 9 ) Sentenze del 12 ottobre 1993, Vanacker e Lesage (C‑37/92, EU:C:1993:836); dell’11 dicembre 2003, Deutscher Apothekerverband (C‑322/01, EU:C:2003:664, punto 64), nonché dell’11 giugno 2020, KOB (C‑206/19, EU:C:2020:463, punto 30).

( 10 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Commissione/Francia (C‑216/11, EU:C:2012:819, paragrafo 35).

( 11 ) Sentenza del 16 luglio 2015, UNIC e Uni.co.pel (C‑95/14, EU:C:2015:492, punto 35).

( 12 ) Sentenza dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija (C‑166/20, EU:C:2021:554, punto 36).

( 13 ) Considerando 1 della direttiva 2005/36.

( 14 ) Considerando 3 della direttiva 2005/36.

( 15 ) Sentenze del 14 settembre 2000, Hocsman (C‑238/98, EU:C:2000:440, punti 3134); del 22 gennaio 2002, Dreessen (C‑31/00, EU:C:2002:35, punti 2526); dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija (C‑166/20, EU:C:2021:554, punti 3536) e del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base) (C‑634/20, EU:C:2022:149, punto 37).

( 16 ) Sentenze del 22 gennaio 2002, Dreessen (C‑31/00, EU:C:2002:35); dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija (C‑166/20, EU:C:2021:554) e del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base) (C‑634/20, EU:C:2022:149)

( 17 ) Sentenza del 14 settembre 2000, Hocsman (C‑238/98, EU:C:2000:440, punto 34).

( 18 ) Sentenza dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija (C‑166/20, EU:C:2021:554). Anche se si trattava, in tale causa, di una professione rientrante nel regime di riconoscimento automatico, lo stesso ragionamento si applica tuttavia relativamente ad una professione che non vi rientri.

( 19 ) Sentenza del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base) (C‑634/20, EU:C:2022:149).

( 20 ) V. mia analisi relativa alla seconda questione pregiudiziale.

( 21 ) Sentenze del 7 maggio 1991, Vlassopoulou (C‑340/89, EU:C:1991:193, punto 9), e del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 48).

( 22 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 51).

( 23 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 52).

( 24 ) Sentenze del 7 maggio 1991, Vlassopoulou (C‑340/89, EU:C:1991:193, punto 15), e del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 53).

( 25 ) Sentenze del 7 maggio 1991, Vlassopoulou (C‑340/89, EU:C:1991:193, punto 16); del 22 gennaio 2002, Dreessen (C‑31/00, EU:C:2002:35, punto 24); del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 53); dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija (C‑166/20, EU:C:2021:554, punto 34) e del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base) (C‑634/20, EU:C:2022:149).

( 26 ) Sentenze del 7 maggio 1991, Vlassopoulou (C‑340/89, EU:C:1991:193, punto 17), e del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 55).

( 27 ) Sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 57).

( 28 ) Sentenza del 21 settembre 2017, Malta Dental Technologists Association e Reynaud (C-125/16, EU:C:2017:707, punto 58).

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