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Document 62020CC0110

    Conclusioni dell’avvocato generale G. Hogan, presentate il 24 giugno 2021.
    Regione Puglia contro Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e a.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato.
    Rinvio pregiudiziale – Energia – Direttiva 94/22/CE – Condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi – Autorizzazione alla prospezione di idrocarburi in un’area geografica specifica per un determinato periodo di tempo – Aree contigue – Rilascio di più autorizzazioni allo stesso operatore – Direttiva 2011/92/UE – Articolo 4, paragrafi 2 e 3 – Valutazione dell’impatto ambientale.
    Causa C-110/20.

    ;

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:517

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    GERARD HOGAN

    presentate il 24 giugno 2021 ( 1 )

    Causa C‑110/20

    Regione Puglia

    contro

    Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare,

    Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo,

    Ministero dello Sviluppo economico,

    Presidenza del Consiglio dei Ministri,

    Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale,

    intervenienti:

    Global Petroleum Ltd

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato, Italia)

    «Rinvio pregiudiziale – Direttiva 94/22/CE – Energia – Condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi – Autorizzazione alla prospezione di idrocarburi in un’area geografica specifica per un determinato periodo di tempo – Delimitazione dell’estensione delle aree coperte da un’autorizzazione – Aree contigue – Rilascio di più autorizzazioni allo stesso operatore – Procedura di gara»

    I. Introduzione

    1.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, proposta dal Consiglio di Stato (Italia) (in prosieguo: il «giudice del rinvio»), concerne l’interpretazione di talune disposizioni della direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi ( 2 ).

    2.

    In sostanza, il giudice del rinvio desidera sapere se la direttiva 94/22 obblighi uno Stato membro a fissare e imporre un limite assoluto all’estensione geografica dell’area in riferimento alla quale può essere concessa a un operatore un’autorizzazione per attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (in prosieguo: «E&P») ( 3 ).

    3.

    Prima di esaminare i fatti e le questioni giuridiche che si pongono, occorre anzitutto illustrare le disposizioni giuridiche pertinenti.

    II. Contesto normativo

    A.   Diritto dell’Unione

    4.

    Il quarto considerando e i considerando dal sesto al nono della direttiva 94/22 così recitano:

    «(...) gli Stati membri hanno sovranità e diritti sovrani sulle risorse di idrocarburi che si trovano nel loro territorio;

    (…)

    (…) occorre garantire l’accesso non discriminatorio alle attività di prospezione, di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi e al loro esercizio, secondo modalità che favoriscono una maggiore concorrenza nel settore, onde contribuire ad una prospezione, ricerca e coltivazione ottimali delle risorse negli Stati membri e rafforzare l’integrazione del mercato interno dell’energia;

    (...) a tal fine occorre introdurre norme comuni affinché ai procedimenti di concessione delle autorizzazioni per la prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi possano partecipare tutti gli enti provvisti dei necessari requisiti; (...) il rilascio delle autorizzazioni deve basarsi su criteri obiettivi, resi noti mediante pubblicazione; (...) le condizioni cui esso è subordinato devono essere rese note in anticipo a tutti gli enti che partecipano al procedimento;

    (…) gli Stati membri devono mantenere la facoltà di subordinare l’accesso e l’esercizio di tali attività a limitazioni giustificate da motivi di interesse pubblico e al versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi, stabilendo le modalità del versamento in modo da non interferire nella gestione degli enti; (...) questa facoltà deve esercitarsi in maniera non discriminatoria; (...) ad eccezione degli obblighi legati all’esercizio di tale facoltà, non si devono imporre agli enti condizioni e obblighi non giustificati dalla necessità di gestire correttamente l’attività; (...) il controllo sulle attività degli enti deve limitarsi a quanto necessario per l’osservanza di tali obblighi e condizioni;

    (...) l’estensione delle aree costituenti oggetto di autorizzazioni e la durata di quest’ultime devono essere limitate in modo da evitare di riservare ad un unico ente un diritto esclusivo su aree per le quali la prospezione, ricerca e coltivazione possono essere avviate in modo più efficace da diversi enti;

    (…)».

    5.

    L’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 94/22 definisce il termine «autorizzazione» come segue:

    «autorizzazione: ogni disposizione legislativa, regolamentare, amministrativa o contrattuale, o strumento emanato in sua applicazione, in base alla quale le autorità competenti degli Stati membri autorizzano un ente ad esercitare, per proprio conto e a proprio rischio, il diritto esclusivo di prospezione, ricerca o coltivazione di idrocarburi in un’area geografica. Un’autorizzazione può essere rilasciata separatamente per ciascuna attività o congiuntamente per più attività».

    6.

    L’articolo 2 della direttiva 94/22 così dispone:

    «1.   Gli Stati membri mantengono il diritto di determinare, all’interno del loro territorio, le aree da rendere disponibili per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.

    2.   Se un’area è resa disponibile per le attività di cui al paragrafo 1, gli Stati membri garantiscono che non vi siano discriminazioni tra gli enti per quanto riguarda l’accesso a tali attività ed il loro esercizio da parte degli enti.

    (…)».

    7.

    L’articolo 3, paragrafi 1, 2 e 4, della direttiva 94/22 concerne la procedura da seguire per il rilascio di autorizzazioni:

    «1.   Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché le autorizzazioni siano rilasciate in esito a procedimenti nei quali tutti gli enti interessati possano presentare domanda ai sensi del paragrafo 2 o del paragrafo 3.

    2.   Questo procedimento è avviato:

    a)

    su iniziativa delle autorità competenti, mediante avviso che invita a presentare domande da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee almeno 90 giorni prima della data limite per la presentazione delle domande; oppure

    b)

    mediante un avviso che invita a presentare domande, da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee dopo che un ente ha presentato una domanda, fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 1. Ogni altro ente interessato dispone di un termine di almeno 90 giorni a decorrere dalla data di pubblicazione per presentare una domanda.

    L’avviso specifica il tipo di autorizzazione, l’area o le aree geografiche che sono o possono essere, in parte o interamente, oggetto della domanda, nonché la data proposta o il termine ultimo per il rilascio dell’autorizzazione.

    (…)

    4.   Uno Stato membro può decidere di non applicare il paragrafo 1 nell’ipotesi e nella misura in cui considerazioni di tipo geologico o produttivo giustifichino il rilascio dell’autorizzazione per una certa area al titolare di un’autorizzazione relativa ad un’area contigua. Lo Stato membro in questione assicura che i titolari di autorizzazioni per le altre aree contigue possano, in questo caso, presentare domanda e dispongano di tempo sufficiente per farlo.

    (…)».

    8.

    L’articolo 4 della direttiva 94/22 è così formulato:

    «Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché:

    a)

    se la delimitazione delle aree geografiche non risulta da una precedente divisione geometrica del territorio, la superficie di ciascuna di esse sia determinata in modo da non eccedere quanto giustificato dall’esercizio ottimale delle attività sotto il profilo tecnico ed economico. Nel caso di rilascio di autorizzazioni in base ai procedimenti di cui all’articolo 3, paragrafo 2, sono stabiliti criteri oggettivi, di cui gli enti possono prendere conoscenza prima di presentare le domande;

    b)

    la durata dell’autorizzazione non superi il periodo necessario per portare a buon fine le attività per le quali essa è stata concessa. Tuttavia le autorità competenti possono prorogare la durata dell’autorizzazione se la durata stabilita non è sufficiente per completare l’attività in questione e se l’attività è stata condotta conformemente all’autorizzazione;

    c)

    gli enti non godano di diritti esclusivi nell’area geografica per la quale hanno ottenuto un’autorizzazione per un periodo più lungo di quanto sia necessario per il corretto esercizio delle attività autorizzate».

    9.

    L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 94/22 prevede quanto segue:

    «Gli Stati membri, se così giustificato da motivi di sicurezza nazionale, sicurezza pubblica, pubblica sanità, sicurezza dei trasporti, protezione dell’ambiente, tutela di risorse biologiche e del patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico, sicurezza degli impianti e degli addetti, gestione pianificata di risorse di idrocarburi (ad esempio, tasso di sfruttamento degli idrocarburi o ottimizzazione del loro recupero) o dalla necessità di garantire un gettito fiscale, possono stabilire condizioni e requisiti per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 1».

    10.

    L’articolo 7 di detta direttiva così dispone:

    «Fatte salve le disposizioni concernenti singole autorizzazioni o contenute nelle stesse e le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 5, lettera b), le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che conferiscono ad un unico ente il diritto di ottenere autorizzazioni in un’area geografica specifica, compresa nel territorio di uno Stato membro, sono abolite dagli Stati membri interessati prima del 1o gennaio 1997».

    B.   Diritto italiano

    1. Legge n. 9/1991

    11.

    Il decreto legislativo del 25 novembre 1996, n. 625 – Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi ( 4 ) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 625/1996») ha recepito la direttiva 94/22 nel diritto italiano. Esso ha modificato l’articolo 6 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, in materia di permesso di ricerca degli idrocarburi ( 5 ) (in prosieguo: la «legge n. 9/1991»), che prevede quanto segue:

    «1.   Il permesso di ricerca è accordato con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentiti il Comitato tecnico per gli idrocarburi e la geotermia, e la regione o la provincia autonoma di Trento o di Bolzano territorialmente interessata di concerto, per le rispettive competenze, con il Ministro dell’ambiente e con il Ministro della marina mercantile (...).

    2.   L’area del permesso di ricerca deve essere tale da consentire il razionale sviluppo del programma di ricerca e non può comunque superare l’estensione di 750 chilometri quadrati; nell’area del permesso possono essere comprese zone adiacenti di terraferma e mare.

    3.   Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, qualora valuti che l’area richiesta non abbia dimensioni sufficienti e configurazione razionale in relazione alle finalità ottimali della ricerca, ha facoltà di non accordare il permesso di ricerca fino a quando non si renda possibile l’accorpamento dell’area stessa con aree finitime.

    4.   La durata del permesso è di sei anni.

    5.   Il titolare del permesso ha diritto a due successive proroghe di tre anni ciascuna, se ha adempiuto agli obblighi derivanti dal permesso stesso.

    6.   Al titolare del permesso può essere accordata un’ulteriore proroga qualora (...) siano ancora in corso lavori (...) per motivi non imputabili a sua inerzia, negligenza o imperizia. (...)

    (...)».

    2. Decreto direttoriale 22 marzo 2011 / Decreto direttoriale 15 luglio 2015

    12.

    Il procedimento di rilascio dei permessi di ricerca era disciplinato da decreti amministrativi adottati dal Ministero dello Sviluppo economico italiano (in prosieguo: il «MISE»). Inizialmente, l’atto di riferimento era il decreto direttoriale 22 marzo 2011 ( 6 ), vigente dalla data di presentazione delle domande di permesso fino al 4 settembre 2015. A partire da tale momento, e fino alla data di adozione dei decreti che hanno dichiarato la compatibilità ambientale dei progetti, era applicabile il decreto direttoriale 15 luglio 2015 ( 7 ). Tale decreto è rimasto in vigore fino al 3 aprile 2017. Tali decreti prevedevano un procedimento unico per il rilascio del permesso per attività di E&P, che esigeva altresì una valutazione ambientale, la quale doveva formare oggetto di un’istanza separata. Lo Stato e le autorità regionali interessate hanno partecipato a tale procedimento unico, nell’ambito del quale dovevano essere acquisiti i pareri delle amministrazioni ( 8 ), l’esito della procedura di valutazione ambientale e il consenso della regione per la terraferma.

    13.

    L’articolo 9, comma 1, del decreto direttoriale 22 marzo 2011 e l’articolo 14, comma 1, del decreto direttoriale 15 luglio 2015 prevedono entrambi che possono essere accordati ad uno stesso soggetto più permessi di ricerca o titoli concessori unici, purché l’area complessiva non risulti superiore a 10.000 km2.

    III. Fatti del procedimento principale

    14.

    Il 27 agosto 2013 la Global Petroleum Ltd, una società australiana attiva in tutto il mondo nel settore degli idrocarburi offshore, ha presentato quattro distinte istanze al MISE. Essa ha richiesto quattro permessi di ricerca in aree adiacenti localizzate al largo della costa pugliese, ciascuna dotata di una superficie di poco inferiore ai 750 km2 e, dunque, per una superficie totale di circa 3000 km2.

    15.

    Conformemente alle norme procedurali italiane applicabili, era necessario presentare separatamente le istanze per la valutazione di impatto ambientale. La Global Petroleum ha proceduto in tal senso il 30 maggio 2014, quando ha chiesto al MATTM le necessarie pronunce di compatibilità ambientale relative a indagini sismiche a due dimensioni, ed eventualmente a tre dimensioni, da effettuare con la tecnica del cosiddetto «air gun» nelle aree interessate.

    16.

    Con quattro distinti decreti, adottati in tre date, rispettivamente il 14 ottobre 2016, il 31 agosto 2017 e il 26 settembre 2017 (in prosieguo: i «decreti di cui trattasi»), il MATTM, di concerto con il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (in prosieguo: il «MIBAC»), ha dichiarato la compatibilità ambientale dei progetti. Il MATTM ha rilevato che la Global Petroleum non aveva potuto presentare un’istanza unica, poiché la legge n. 9/1991 prevedeva che l’area del permesso di ricerca di idrocarburi doveva essere tale da consentire il razionale sviluppo del programma di ricerca e non poteva, in ogni caso, superare l’estensione di 750 km2, aggiungendo tuttavia che, al fine di poter valutare gli impatti cumulativi dei progetti, la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale aveva richiesto alla Global Petroleum maggiori informazioni.

    17.

    La Regione Puglia, ente che ha partecipato al procedimento, ha impugnato tutti i decreti di cui trattasi, proponendo quattro distinti ricorsi presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia). Essa ha sostenuto che i decreti di cui trattasi violavano l’articolo 6, comma 2, della legge n. 9/1991, poiché applicavano il limite dei 750 km2 soltanto ai singoli permessi anziché all’operatore. Ciò implicava che un operatore avrebbe potuto ottenere autorizzazioni per un’area totale di superficie maggiore rispetto a tale limite.

    18.

    Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto i ricorsi. Esso ha dichiarato che la legge in questione non mirava a tutelare l’ambiente, bensì a favorire lo sfruttamento razionale delle risorse di idrocarburi e, quindi, la concorrenza fra gli operatori del settore. Esso ha quindi concluso che il singolo operatore ben potrebbe ottenere più titoli abilitativi, anche per aree contigue, purché presenti ciascuna istanza per un’area inferiore ai 750 km2 e ottenga ogni autorizzazione all’esito di un distinto procedimento.

    19.

    La Regione Puglia ha proposto impugnazione avverso tutte e quattro le sentenze dinanzi al giudice del rinvio.

    20.

    Tale giudice si interroga sulla conformità della normativa italiana con la direttiva 94/22. Esso nutre dubbi in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 4 di tale direttiva. A suo avviso, tale disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso di promuovere una «concorrenza “di mercato”», ovvero basata sulla compresenza del maggior numero di operatori in competizione fra loro, e non una semplice «concorrenza “per il mercato”», in cui si seleziona con meccanismi concorrenziali chi poi gestirà un certo mercato. Tuttavia, ai fini del recepimento in Italia della direttiva, è stata scelta quest’ultima formula, che non proibisce, e quindi consente, il rilascio di più permessi al medesimo operatore, purché esso li abbia ottenuti all’esito di distinti procedimenti amministrativi.

    21.

    Di converso, il giudice del rinvio sostiene che l’articolo 4 della direttiva 94/22 impone agli Stati membri di individuare una e una sola dimensione ottimale di spazio e di tempo ai fini dell’autorizzazione di un singolo operatore ad attività di E&P, al fine di garantire una «concorrenza “di mercato”» fra vari operatori anziché fra pochi soggetti o, al limite, uno soltanto. Il giudice del rinvio teme che, in caso contrario, i permessi potrebbero essere concentrati nelle mani di pochi operatori o di uno soltanto.

    22.

    Il giudice del rinvio spiega inoltre, facendo riferimento alla formulazione della normativa italiana, di essere impossibilitato a interpretare le norme nazionali di attuazione conformemente a quella che ritiene essere la corretta interpretazione del diritto dell’Unione, ossia nel senso di consentire un solo permesso per richiedente. Come affermato da tale giudice, per quanto concerne la concessione di permessi per la ricerca di idrocarburi, la normativa italiana ha sempre stabilito due limiti distinti: il primo riguardava la superficie massima coperta da un singolo permesso ( 9 ). Il secondo limite riguardava la superficie massima complessiva coperta dai permessi detenuti da una sola persona o da un ente giuridico ( 10 ). Pertanto, secondo il giudice del rinvio, la soppressione di tale secondo limite può essere interpretata soltanto nel senso che non esiste alcuna limitazione al numero di permessi che un operatore potrebbe ottenere ( 11 ). Tuttavia, ad avviso del giudice del rinvio, ciò contrasta con l’obiettivo della direttiva 94/22. Il giudice del rinvio rileva che ciò vale anche qualora si consideri il limite massimo di 10000 km2 ( 12 ) previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto direttoriale 22 marzo 2011 e dall’articolo 14, comma 1, del decreto direttoriale 15 luglio 2015, poiché tale limite è pari a più di 13 volte il «limite ottimale» per un’area destinata ad attività di E&P, fissato a 750 km2.

    IV. Questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

    23.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

    «Se la direttiva 94/22 (...) vada interpretata nel senso di ostare ad una legislazione nazionale quale quella descritta, che da un lato individua come ottimale ai fini del rilascio di un permesso di ricerca di idrocarburi un’area di una data estensione, concessa per un periodo di tempo determinato – nella specie un’area di 750 chilometri quadrati per sei anni – e dall’altro lato consente di superare tali limiti con il rilascio di più permessi di ricerca contigui allo stesso soggetto, purché rilasciati all’esito di distinti procedimenti amministrativi».

    24.

    La Regione Puglia, la Global Petroleum Ltd, i governi italiano, polacco e cipriota nonché la Commissione hanno depositato osservazioni scritte.

    A.   Analisi

    1. Ricevibilità

    25.

    Nelle sue osservazioni scritte, l’Italia sostiene l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. I motivi che essa adduce riguardano, da un lato, il fatto che i decreti di cui trattasi hanno ad oggetto la valutazione di impatto ambientale, che si fonda sull’applicazione di norme in materia ambientale, mentre la questione concerne la corretta applicazione della direttiva 94/22. Essa sostiene altresì che la Regione Puglia non ha un interesse attuale e concreto nella questione poiché le istanze di permesso di ricerca di cui trattasi riguardano aree limitrofe alla costa rientranti nel mare territoriale. Ciò significa che esse rientrano nella competenza esclusiva dello Stato. Inoltre, l’Italia informa la Corte che i permessi di ricerca di cui trattasi non sono ancora stati rilasciati, poiché la loro concessione – come quella di ogni altro permesso di ricerca – è attualmente sospesa per effetto dell’entrata in vigore del decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135 ( 13 ), che subordina il rilascio dei permessi di ricerca per attività di E&P alla preventiva approvazione di un «piano di sviluppo» ( 14 ).

    26.

    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Pertanto, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma giuridica dell’Unione, la Corte, in linea di principio, è tenuta a statuire, salvo che risulti che l’interpretazione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile a tali questioni ( 15 ).

    27.

    Per quanto riguarda la causa in esame, ritengo che la domanda di pronuncia pregiudiziale debba essere dichiarata ricevibile. In primo luogo, secondo il giudice del rinvio, la Global Petroleum era tenuta a chiedere, anche se separatamente, le valutazioni di impatto ambientale, al fine di ottenere i permessi di ricerca desiderati. La procedura di valutazione ambientale faceva quindi parte integrante del procedimento per il rilascio dei permessi ( 16 ). In secondo luogo, la questione se il fatto che soltanto lo Stato italiano sia competente per quanto concerne attività di E&P nel mare territoriale implichi o meno che la Regione Puglia non sia legittimata a impugnare i decreti di cui trattasi è una questione che attiene al procedimento dinanzi ai giudici italiani. Essa non produce effetti sulla ricevibilità di un rinvio pregiudiziale. Lo stesso dicasi per la questione se e in che modo l’entrata in vigore del decreto-legge del 14 dicembre 2018, n. 135 possa influenzare il procedimento dinanzi ai giudici italiani. Nella misura in cui il procedimento è pendente dinanzi al giudice del rinvio, le questioni non possono essere considerate ipotetiche. In terzo luogo, sebbene i decreti di cui trattasi concernano l’impatto ambientale delle indagini sismiche che la Global Petroleum si propone di realizzare mediante la tecnica dell’«air gun», i decreti sulla compatibilità ambientale fanno specificamente riferimento al fatto che, a causa delle disposizioni della legge n. 9/1991, la Global Petroleum non ha potuto chiedere un unico permesso per tali quattro aree finitime. In quarto luogo, nella sua contestazione dei quattro decreti, la Regione Puglia si fonda, di fatto, sull’articolo 6, paragrafo 2, della legge n. 9/1991. Poiché si tratta di una disposizione di attuazione della direttiva 94/22, è chiaro che l’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva è necessaria affinché il giudice del rinvio possa statuire sulla controversia principale.

    2. Risposta alla questione pregiudiziale

    28.

    Allorché il giudice del rinvio chiede se uno Stati membro possa «eludere» una limitazione geografica della superficie delle aree da esso sancita nella sua normativa di attuazione dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22, concedendo più autorizzazioni allo stesso ente nel caso in cui esso abbia presentato più istanze di permesso distinte, la questione è se la direttiva 94/22 imponga agli Stati membri di limitare la superficie geografica delle autorizzazioni da rilasciare a un singolo ente. Il giudice del rinvio non si interroga soltanto sulla limitazione geografica [articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22], ma anche sulla limitazione temporale di qualsiasi autorizzazione [articolo 4, lettere b) e c), della direttiva 94/22]. Il limite di durata di cui all’articolo 4, lettera b) è più flessibile rispetto al limite geografico, nel senso che consente una proroga se la durata stabilita non è sufficiente per completare l’attività in questione e se l’attività è stata condotta conformemente all’autorizzazione ( 17 ). Inoltre, come emerge dalla decisione di rinvio, tale limite non rappresenta un problema nella causa in esame. Mi concentrerò quindi sull’aspetto geografico, pur non dubitando che qualsiasi soluzione raggiunta sia applicabile anche all’aspetto temporale.

    29.

    Ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, le direttive vincolano gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi per raggiungerlo. Pertanto, la questione principale che si pone in questa sede è se la direttiva 94/22 abbia inteso obbligare gli Stati membri a fissare un limite massimo per le aree nelle quali un singolo ente è legittimato a svolgere attività di E&P in ciascuno Stato membro.

    30.

    Tale questione dovrà essere risolta applicando i metodi interpretativi impiegati nella giurisprudenza costante della Corte. Essi consistono nel tener conto non soltanto della lettera della disposizione di cui trattasi, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte ( 18 ).

    a) Interpretazione letterale

    31.

    Poiché nessuna disposizione della direttiva 94/22 fornisce una risposta chiara alla questione se gli Stati membri debbano stabilire un’area geografica massima in cui possono essere svolte attività di E&P da un singolo operatore, è opportuno esaminare se disposizioni connesse o il sistema in cui esse si inseriscono contribuiscano a chiarire tale questione.

    32.

    L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 94/22 precisa che gli Stati membri mantengono il diritto di determinare, all’interno del loro territorio, le aree da rendere disponibili per attività di E&P. Questa è la premessa sulla base della quale la direttiva 94/22 opera un’armonizzazione non esaustiva di dette attività ( 19 ).

    33.

    La disposizione che, in concreto, si occupa della «superficie di [aree]» – il termine rilevante qui è «area», e non vi è alcun riferimento in tale frase a una o più autorizzazioni ( 20 ) – è l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22. Esso prevede che se la delimitazione delle aree geografiche non risulta da una precedente divisione geometrica del territorio, «la superficie di ciascuna di esse [è] determinata in modo da non eccedere quanto giustificato dall’esercizio ottimale delle attività sotto il profilo tecnico ed economico». Tale disposizione non impone agli Stati membri di delimitare una superficie massima in cifre assolute applicabile in ogni caso in ogni Stato membro. Essa non si occupa neppure della questione se tale limite implichi che dette aree rappresentino anche il limite per ciascun operatore che eserciti le attività summenzionate. Di conseguenza, essa non contiene neppure norme per aree finitime.

    34.

    Ciò che l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 esige è che, qualora le autorizzazioni siano concesse in base al procedimento descritto all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 94/22 (in prosieguo: il «sistema delle tornate di autorizzazioni»), «sono stabiliti criteri oggettivi, di cui gli enti possono prendere conoscenza prima di presentare le domande». Ciò implica due cose. In primo luogo, se uno Stato membro avvia una tornata di autorizzazioni, è fondamentale la pubblicità dei criteri di fissazione di tale limite ( 21 ). In secondo luogo, la prima disposizione implica che, se sono rilasciate autorizzazioni ai sensi degli altri due sistemi, ossia il «sistema della porta aperta» di cui all’articolo 3, paragrafo 3, di tale direttiva ( 22 ) e il sistema disciplinato all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 94/22 – del quale mi occuperò a breve – gli Stati membri dovranno altresì rispettare il requisito secondo cui la superficie di ciascuna area non deve eccedere quanto giustificato dall’esercizio ottimale delle attività sotto il profilo tecnico ed economico.

    35.

    L’articolo 3 della direttiva 94/22 si occupa delle questioni procedurali concernenti il rilascio delle autorizzazioni. Al suo secondo comma, esso descrive il sistema al quale ho già fatto riferimento, ossia il «sistema delle tornate di autorizzazioni», nell’ambito del quale i richiedenti sono invitati a presentare una domanda di autorizzazione, su iniziativa dell’autorità competente oppure in risposta alla domanda di un ente qualora lo Stato membro interessato desideri in seguito mettere a disposizione il territorio in questione per attività di E&P. Tali inviti devono essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ( 23 ). L’articolo 3, paragrafo 3, della stessa direttiva prevede, per casi specifici, il «sistema della porta aperta» che, tuttavia, esige parimenti una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Entrambi i procedimenti mirano a consentire l’accesso al procedimento a tutte le parti interessate a parteciparvi.

    36.

    L’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 94/22 prevede un’esenzione da tali procedimenti «nell’ipotesi e nella misura in cui considerazioni di tipo geologico o produttivo giustifichino il rilascio dell’autorizzazione per una certa area al titolare di un’autorizzazione relativa ad un’area contigua». Secondo la Polonia, tale disposizione si limita a consentire agli Stati membri di rilasciare autorizzazioni senza dover dare a tutte le parti interessate la possibilità di partecipare. Trattandosi dell’unica esenzione prevista ai sensi di tale disposizione, la Polonia sostiene che quest’ultima presuppone che le autorizzazioni per le aree contigue possano, di fatto, essere concesse a un unico operatore. La formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 94/22 sembra confermare, in una certa misura, tale interpretazione, poiché precisa che, nei casi di cui all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché le autorizzazioni siano rilasciate in esito a procedimenti nei quali tutti gli enti interessati possano presentare domanda ai sensi del paragrafo 2 o del paragrafo 3. Tale disposizione riconosce pertanto che la procedura eccezionale prevista dall’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 94/22 non richiede l’accesso a tale procedimento da parte di tutti gli enti interessati. Infatti, l’articolo 3 della direttiva 94/22 si occupa soltanto di questioni procedurali relative al rilascio di autorizzazioni.

    37.

    Di converso, la Regione Puglia ritiene che l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 94/22 contenga non soltanto un’esenzione da un requisito procedurale, ma anche da ciò che essa considera un principio generale, ossia che le autorizzazioni per le aree contigue possono essere concesse soltanto nelle circostanze specifiche previste in tale disposizione. Occorre ricordare che detta disposizione riguarda unicamente il rilascio di autorizzazioni per aree contigue in circostanze specifiche. L’articolo 3 della direttiva 94/22 (o invero qualche altra disposizione) né stabilisce che le autorizzazioni per le aree contigue possano essere concesse solo nelle circostanze di cui all’articolo 3, paragrafo 4, di tale direttiva, né si occupa dei limiti geografici di tali aree (nel loro complesso). Pertanto, qualora si ritenga che l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 obblighi uno Stato membro a prevedere un limite assoluto alla superficie delle aree concesse a un operatore, mi chiedo per quale motivo le domande per aree contigue non dovrebbero essere accolte se dette aree contigue non raggiungono tale limite ( 24 ). Tale conclusione non trova alcun fondamento nel testo della direttiva 94/22. Neppure l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 94/22 prevede un’esenzione dal limite previsto dall’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 nell’ipotesi in cui si interpreti quest’ultima disposizione nel senso che prevede un limite assoluto.

    38.

    Dunque, nella direttiva 94/22 non vi è traccia di un principio generale secondo cui non dovrebbero essere concesse autorizzazioni per aree contigue, come sostenuto dalla Regione Puglia. Tuttavia, ciò non è sufficiente a rispondere alla questione se l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 limiti la superficie delle aree che possono essere concesse a un unico operatore.

    39.

    Un’altra disposizione pertinente è l’articolo 5 della direttiva 94/22. Esso prevede i criteri per il rilascio di autorizzazioni agli operatori ( 25 ). L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 94/22 contiene una serie assai limitata di criteri per il rilascio di un’autorizzazione e prevede che tali criteri debbano essere formulati e pubblicati nella Gazzetta ufficiale prima del decorrere del periodo di presentazione delle domande. Gli altri paragrafi dell’articolo 5 della direttiva 94/22 mirano a garantire che tutte le condizioni e i requisiti relativi all’esercizio e alla cessazione dell’attività, ivi comprese le informazioni sui cambiamenti, siano resi noti a tutte le parti interessate. Lo stesso vale per quanto riguarda la comunicazione del motivo di rigetto di una domanda al richiedente, nel caso in cui questi ne faccia richiesta. Inoltre, tale disposizione obbliga gli Stati membri ad applicare in modo non discriminatorio tali criteri, condizioni e requisiti.

    40.

    L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 94/22 è interessante per quanto riguarda gli aspetti ambientali menzionati dalla Regione Puglia e dalla Commissione. Esso autorizza gli Stati membri a imporre condizioni e requisiti per l’esercizio delle attività di E&P, nella misura in cui ciò è giustificato, in particolare, dalla protezione dell’ambiente.

    41.

    L’articolo 7 della direttiva 94/22 reca un messaggio in materia di concorrenza. Esso impone agli Stati membri di abolire le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che conferiscono a un unico ente il diritto di ottenere autorizzazioni in un’area geografica specifica, compresa nel territorio di uno Stato membro, entro il 1o gennaio 1997.

    42.

    Se dall’articolo 7 e dal sesto considerando della direttiva 94/22 risulta chiaramente che il legislatore desidera accrescere la concorrenza in tale settore, l’articolo 7 della direttiva tratta di un problema che esisteva al momento della sua entrata in vigore. Tale problema consisteva nel fatto che in numerosi paesi vi erano disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che riservavano a un unico ente il diritto di ottenere autorizzazioni per attività di E&P in determinate aree. Tale situazione doveva essere eliminata entro il 1o gennaio 1997 ( 26 ). Detta disposizione, tuttavia, non contiene alcuna norma per quanto concerne il periodo successivo a tale data. Inoltre, come risulta chiaramente dalla formulazione del sesto considerando, le misure da adottare ai sensi di tale direttiva riguardano l’accesso e l’esercizio non discriminatorio delle attività da essa contemplate, secondo modalità che «favoriscono una maggiore concorrenza nel settore, onde contribuire ad una prospezione, ricerca e coltivazione ottimali delle risorse negli Stati membri e rafforzare l’integrazione del mercato interno dell’energia».

    43.

    Occorre inoltre tener presente che l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 esige soltanto la determinazione di un’area «in modo da non eccedere quanto giustificato dall’esercizio ottimale delle attività sotto il profilo tecnico ed economico»se la delimitazione delle aree geografiche non risulta da una precedente divisione geometrica del territorio ( 27 ). Pertanto, se l’intenzione era garantire le stesse condizioni di concorrenza per quanto riguarda la superficie delle aree per tutti i potenziali operatori in uno Stato membro, sarebbe sempre in modo incompleto ( 28 ).

    44.

    Inoltre, l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 impone agli Stati membri soltanto di stabilire criteri oggettivi per la determinazione di tale area. Essa non obbliga gli Stati membri a determinare una superficie geografica specifica in cifre assolute per tutte le aree situate nel loro territorio (potrebbe non trattarsi del metodo più efficiente dal punto di vista tecnico ed economico, a causa delle differenze geografiche o geologiche esistenti nelle varie parti del territorio di uno Stato membro). Fissare una superficie massima per tali attività in cifre assolute costituisce un criterio oggettivo ( 29 ). Tuttavia, poiché non si tratta dell’unico modo in cui uno Stato membro può attuare l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22, non ritengo che si tratti di un’indicazione chiara che un limite come quello dei 750 km2 debba essere considerato un limite assoluto imposto dalla direttiva.

    45.

    La formulazione più chiara a sostegno di tale interpretazione si rinviene, probabilmente, nel nono considerando. Esso stabilisce che «l’estensione delle aree costituenti oggetto di autorizzazioni e la durata di quest’ultime devono essere limitate in modo da evitare di riservare ad un unico ente un diritto esclusivo su aree per le quali la prospezione, ricerca e coltivazione possono essere avviate in modo più efficace da diversi enti» ( 30 ). Poiché ciò riguarda chiaramente i criteri di cui all’articolo 4, lettere a) e b), della direttiva 94/22, tale disposizione potrebbe essere interpretata, alla luce del nono considerando, nel senso che tali criteri mirano a impedire che ciascun operatore/ente riceva più di un’autorizzazione, in qualsiasi momento, per attività di E&P in un dato Stato membro.

    46.

    Mentre l’interpretazione dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 nel senso che deve essere fissato un limite assoluto all’area per la quale possono essere concesse (una o più) autorizzazioni a un singolo ente potrebbe aumentare il numero di concorrenti nelle attività di E&P, essa produce anche effetti potenzialmente negativi. Come sottolineato dalla Commissione, detta interpretazione potrebbe limitare la concorrenza per i permessi, poiché escluderebbe dal processo, nel corso del tempo e in funzione della durata delle autorizzazioni, un numero sempre maggiore di enti, qualora essi esercitino già tali attività in uno Stato membro.

    47.

    Sebbene tale analisi puramente testuale non consenta di concludere che gli operatori possano ottenere un solo permesso di ricerca, esaminerò ora comunque gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 94/22.

    b) Interpretazione contestuale e teleologica

    48.

    Ai sensi del sesto considerando della direttiva 94/22, quest’ultima persegue due obiettivi interconnessi. In primo luogo, essa mira a garantire l’accesso non discriminatorio alle attività di E&P e al loro esercizio, e intende così incoraggiare e favorire le migliori attività di prospezione, ricerca e produzione delle risorse situate nell’Unione europea. Come risulta dal suo terzo considerando, tale aspetto riveste grande importanza, considerato che, all’epoca dell’entrata in vigore della direttiva 94/22, per il suo approvvigionamento di idrocarburi l’Unione europea dipendeva, e dipende tuttora largamente, da importazioni.

    49.

    La direttiva 94/22 è stata adottata sulla base dell’articolo 57, paragrafo 2, prima e terza frase, nonché degli articoli 66 e 100A del Trattato CE ( 31 ). Già da tale elemento emerge chiaramente che lo scopo principale della direttiva è l’instaurazione del mercato interno. Il suo obiettivo principale è garantire un accesso non discriminatorio a tutti gli enti, indipendentemente dalla loro nazionalità o dal loro carattere pubblico o privato, ad attività di E&P ( 32 ). Ciò risulta chiaramente dalle sue norme che, come si è visto, si concentrano sull’informazione di tutte le parti potenzialmente interessate al rilascio di un’autorizzazione ( 33 ) e sulla fissazione di un numero limitato di criteri pertinenti ai fini di tale rilascio ( 34 ). Questa seconda misura mira a circoscrivere la possibilità, per gli Stati membri, di fissare criteri su misura per i loro operatori (nazionali) preferiti. Tali principi possono essere raggruppati sotto la rubrica «trasparenza e non discriminazione» ( 35 ).

    50.

    Secondo la Regione Puglia, la direttiva 94/22 garantisce una concorrenza di mercato che, a suo avviso, è possibile soltanto se le sue disposizioni sono interpretate nel senso di impedire che un ente possa acquisire una posizione dominante o che le autorizzazioni siano concentrate nelle mani di pochi operatori. La Regione Puglia sostiene che la direttiva 94/22 mira a evitare la creazione di diritti esclusivi in aree geografiche, che impedirebbero una «reale concorrenza di mercato». Essa ritiene che se aree più ampie sono assegnate a un solo ente per attività di E&P, ciò avrà efficacia distorsiva sul mercato. Secondo la Regione Puglia, il limite imposto ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22, ossia il limite di 750 km2, ha l’obiettivo di prevenire tale situazione.

    51.

    Non condivido questo ragionamento. In primo luogo, le regole enunciate nella direttiva 94/22 fanno parte del corpus delle norme in materia di appalti pubblici, e non delle regole di concorrenza. Sebbene entrambi questi insiemi di regole abbiano lo scopo di agevolare la concorrenza all’interno dell’Unione, il che mira, a sua volta, a promuovere la creazione di un mercato interno, esse si fondano su premesse diverse. Mentre il diritto degli appalti pubblici disciplina il comportamento delle autorità pubbliche, delle imprese pubbliche e delle imprese che operano sulla base di diritti speciali o esclusivi concessi da uno Stato membro, le regole di concorrenza si occupano delle attività economiche delle imprese ( 36 ). In quanto tali, le rispettive regole operano su livelli diversi. Mentre gli articoli 101 e 102 TFUE limitano taluni comportamenti anticoncorrenziali e il regolamento sulle concentrazioni ( 37 ) mira a prevenire i cambiamenti strutturali del mercato dovuti a concentrazioni che ostacolerebbero notevolmente una concorrenza effettiva, le norme in materia di appalti pubblici mirano a consentire pari accesso al mercato a tutti i soggetti interessati, applicando i principi di trasparenza e di non discriminazione. Soltanto il regolamento sulle concentrazioni impedisce la creazione di una posizione dominante, e unicamente in caso di concentrazione.

    52.

    Il fatto che la direttiva 94/22 appartenga al secondo insieme di disposizioni è confermato anche dall’articolo 12 della direttiva 94/22, che collega direttamente tale direttiva alla direttiva 93/38 ( 38 ). Ai sensi di tale direttiva, nonché delle direttive che la sostituiscono, «lo sfruttamento di un’area geografica ai fini della (...) prospezione o estrazione di petrolio [o] gas naturale» costituiva un’attività rilevante ai fini della direttiva ( 39 ). Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 93/38, era tuttavia possibile ottenere una deroga all’applicazione della direttiva «settori speciali» qualora fossero soddisfatti taluni criteri, segnatamente criteri di trasparenza e non discriminazione nel rilascio delle autorizzazioni. Gli Stati membri dovevano quindi rispettare, nel quadro di tali autorizzazioni, i principi di non discriminazione e concorrenza nel rilascio dell’autorizzazione all’ente titolare, nonché comunicare alla Commissione informazioni relative all’aggiudicazione dei contratti. L’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 93/38, aggiunto dall’articolo 12 della direttiva 94/22, prevedeva che i criteri di trasparenza e di non discriminazione dovessero essere considerati rispettati allorché uno Stato membro si era conformato alle disposizioni della direttiva 94/22 ( 40 ).

    53.

    Ciò dimostra che la direttiva 94/22 e le sue disposizioni sono un anello della catena delle misure adottate per spingere settori che funzionavano in mercati chiusi verso un’azione basata su una concorrenza nell’intera Unione e verso l’applicazione di norme in materia di appalti pubblici, il che era stato ostacolato dai diritti esclusivi concessi dalle autorità nazionali per lo sfruttamento di date aree geografiche ( 41 ).

    54.

    È in tale contesto che occorre considerare le limitazioni previste in base all’articolo 4 della direttiva 94/22. Se è chiaro che le attività di E&P che richiedono un grande investimento possono essere svolte in un’area soltanto qualora ciò possa avvenire in forma esclusiva ( 42 ), ciascuno di tali diritti esclusivi implica che, nell’area geografica di cui trattasi e per la durata della relativa autorizzazione, cessa di esservi concorrenza. Di conseguenza, l’effettiva eliminazione della concorrenza deve essere il più ragionevolmente limitata possibile, in termini spaziali e temporali, permettendo al contempo ai titolari delle autorizzazioni (almeno in teoria) ( 43 ) di recuperare gli investimenti ( 44 ).

    55.

    La Corte ha sottolineato che le norme dell’Unione in materia di appalti pubblici sono state adottate ai fini dell’istituzione di un mercato unico, il cui scopo è assicurare la libera circolazione ed eliminare le restrizioni alla concorrenza e che, in tale contesto, è nell’interesse del diritto dell’Unione che sia garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti a una gara d’appalto ( 45 ). Conformemente a ciò, la Corte si è sempre opposta ai tentativi di ampliare i motivi di esclusione di imprenditori dalle procedure di appalto pubblico al di là di quelli stabiliti nelle relative direttive, salvo nei casi in cui essi erano diretti a garantire «il rispetto dei principi di parità di trattamento di tutti gli offerenti e di trasparenza, che costituiscono la base delle direttive dell’Unione relative alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, a condizione che venga rispettato il principio di proporzionalità» ( 46 ). Sebbene dette statuizioni siano intervenute nel settore dell’aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, lo stesso obiettivo di non restringere indebitamente l’accesso agli appalti è presente, parimenti, nei settori speciali ( 47 ).

    56.

    Pertanto, l’obiettivo della direttiva 94/22 non è limitare il numero dei richiedenti un’autorizzazione, bensì l’esatto opposto, ossia garantire che il maggior numero possibile di enti idonei competano per l’autorizzazione. Non favorisce la concorrenza escludere taluni concorrenti dal mercato quando si realizza il procedimento, vale a dire al momento del rilascio delle autorizzazioni, per il solo fatto che le autorizzazioni di cui sono titolari raggiungono già il limite fissato conformemente all’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22. Se è vero che enti già titolari di autorizzazioni per attività di E&P, in particolare di autorizzazioni per aree finitime, potrebbero trovarsi in una posizione migliore per soddisfare i criteri di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 94/22 e ottenere altre autorizzazioni, non è il diritto degli appalti pubblici a impedirlo. E, come ho già osservato, neppure le disposizioni del diritto della concorrenza ostano all’eventuale raggiungimento di una posizione dominante qualora ciò avvenga per effetto delle prestazioni sul mercato e non in conseguenza a un’operazione di concentrazione.

    57.

    Se il fatto che un unico ente disponga di varie autorizzazioni determina il raggiungimento, da parte di tale ente, di una posizione dominante sul mercato dei servizi di E&P che, come è già stato rilevato, è un mercato mondiale, e qualora detto ente abusi di tale posizione, in tal caso esso violerebbe la normativa in materia di concorrenza, chiaramente applicabile. Tuttavia, è opinabile, in primis, che un mercato funzioni nel modo migliore nel caso in cui siano legittimati a scendere in campo soltanto gli operatori che non svolgono già attività simili nello stesso paese.

    3. Considerazioni di carattere ambientale

    58.

    Sebbene il giudice del rinvio non abbia sollevato tale problema nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, la Regione Puglia e la Commissione si sono interrogate sulla questione se debbano essere tenuti in considerazione aspetti ambientali. Benché nutra dubbi quanto alla loro pertinenza nella causa in esame, vorrei comunque affrontare brevemente i problemi sollevati.

    59.

    Come sottolineato dalla Commissione, le attività di prospezione mediante l’impiego della tecnica dell’«air gun» esigono una valutazione ambientale prima del rilascio di un’autorizzazione ( 48 ). Nel decidere, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2011/92, se debba essere condotta una valutazione di impatto ambientale, le autorità nazionali competenti devono tenere conto dell’effetto cumulativo dei progetti, conformemente all’allegato III, punto 1, lettera b), di tale direttiva, al fine di evitare che l’obiettivo della normativa dell’Unione sia aggirato tramite il frazionamento di più progetti nel caso in cui essi, considerati congiuntamente, possano avere un notevole impatto ambientale ( 49 ). A tale riguardo, la Regione Puglia sembra sostenere che il fatto che lo stesso operatore richieda (più) autorizzazioni in procedimenti distinti determini una situazione in cui la necessaria o le necessarie valutazioni di impatto ambientale vertono unicamente sull’impatto di ciascuna misura individuale (oggetto del singolo procedimento), anziché sull’impatto cumulativo di tutte le misure di cui trattasi ( 50 ). Inoltre, l’articolo 11 TFUE prevede che le esigenze connesse alla tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione europea, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile ( 51 ). Tale principio è stato riconosciuto dalla Corte in vari settori ( 52 ).

    60.

    Secondo il giudice del rinvio, l’articolo 3, comma 9, del decreto direttoriale 7 dicembre 2016 ( 53 ) del MISE prevede un procedimento unico nel corso del quale è effettuata la valutazione dell’impatto ambientale. Vari ministeri partecipano a tale procedimento. A tal fine, la Global Petroleum aveva presentato al MATTM quattro istanze per la valutazione ambientale dell’uso della tecnica dell’«air gun» nelle aree per le quali aveva richiesto i permessi. I decreti che ne hanno dichiarato la compatibilità ambientale sono oggetto del procedimento giudiziario all’origine del rinvio pregiudiziale in esame. Nella decisione del rinvio si informa altresì che i decreti indicavano che non era stato possibile, conformemente al diritto italiano applicabile, chiedere una sola valutazione dell’impatto ambientale, ma che, al fine comunque di valutare l’impatto cumulativo, erano state richieste informazioni supplementari alla Global Petroleum su tale aspetto. Pertanto, nulla indica che il procedimento italiano non garantisca il corretto adempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 2011/92. Di converso, le esigenze in materia di tutela dell’ambiente sono state integrate nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione per attività di E&P, come previsto dall’articolo 11 TFUE.

    61.

    Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 94/22 prevede che gli Stati membri possono, se così giustificato da motivi di protezione dell’ambiente e delle risorse biologiche, stabilire condizioni e requisiti per l’esercizio delle attività di E&P. Tuttavia, il giudice del rinvio non ha fornito informazioni in merito al fatto se l’Italia abbia imposto siffatte condizioni o requisiti.

    62.

    Oltre a ciò, soprattutto, non risulta chiaramente in che modo la circostanza che un unico operatore riceva più autorizzazioni che gli consentono di svolgere attività di E&P in un’area di superficie superiore a 750 km2 potrebbe incidere sulla valutazione dell’impatto ambientale.

    63.

    Per questo motivo, ritengo che le considerazioni di carattere ambientale, tra cui la direttiva 2011/92, non svolgano alcun ruolo nell’interpretazione dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22.

    V. Conclusione

    64.

    Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere alla questione sollevata dal Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:

    L’articolo 4 della direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, deve essere interpretato nel senso che non osta a che una normativa nazionale consenta il rilascio di più permessi di ricerca (anche per zone contigue) allo stesso ente, in esito a procedimenti amministrativi distinti, anche qualora ciò implichi che un ente ottenga permessi di ricerca per un’area geografica più estesa (e per una durata superiore) rispetto a quella fissata ai sensi di tale disposizione.


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) GU 1994, L 164, pag. 3.

    ( 3 ) E&P è l’abbreviazione normalmente utilizzata per indicare le attività di ricerca e coltivazione (di idrocarburi) («exploration and production» in lingua inglese). Nelle presenti conclusioni utilizzerò tale abbreviazione includendovi anche la fase della prospezione, ossia dell’analisi geologica che precede la successiva ricerca, poiché la direttiva 94/22 si occupa specificamente di tutte e tre tali fasi.

    ( 4 ) GURI n. 293 del 14 dicembre 1996.

    ( 5 ) GURI n. 13 del 16 gennaio 1991.

    ( 6 ) Decreto 22 marzo 2011, Procedure operative di attuazione del decreto ministeriale 4 marzo 2011 e modalità di svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi e dei relativi controlli ai sensi dell’articolo 15, comma 5 del decreto ministeriale 4 marzo 2011 (GURI n. 89 del 18 aprile 2011).

    ( 7 ) Decreto 15 luglio 2015, Procedure operative di attuazione del decreto 25 marzo 2015 e modalità di svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi e dei relativi controlli, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, dello stesso decreto (GURI n. 204 del 3 settembre 2015).

    ( 8 ) Per quanto concerne le attività offshore si trattava, in particolare, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (in prosieguo: il «MATTM»), del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

    ( 9 ) Tale limite, inizialmente fissato a 50000 ettari (100 ettari corrispondono a 1 km2) dalle disposizioni della legge 11 gennaio 1957, n. 6 (in prosieguo: la «legge n. 6/1957»), è stato in seguito innalzato a 70000 ettari dalle disposizioni transitorie della legge 21 luglio 1967, n. 613 (in prosieguo: la «legge n. 613/1967») e, infine, a 100000 ettari ai sensi delle disposizioni della stessa legge. Tale limite è stato mantenuto nella formulazione originale dell’articolo 6 della legge n. 9/1991 (prima della sua modifica ad opera del decreto legislativo n. 625/1996).

    ( 10 ) Questo secondo limite, fissato a 300000 ettari in tutto il territorio nazionale e a 150000 ettari nella stessa regione ai sensi delle disposizioni della legge n. 6/1957 (con divieto di rilascio di permessi per aree adiacenti) è stato innalzato a 500000 ettari dalle disposizioni transitorie della legge n. 613/1967. Questo valore è stato portato a 1000000 di ettari ai sensi della stessa legge, nonché della legge n. 9/1991 (prima della sua modifica ad opera del decreto legislativo n. 625/1996), prevedendo un’eccezione a favore dell’Ente nazionale Idrocarburi (ora ENI; in prosieguo: l’«ENI SpA»).

    ( 11 ) Il giudice del rinvio illustra che la stessa tesi è accolta anche in una sentenza del Consiglio di Stato (Italia), Sezione VI, del 4 gennaio 2019, n. 92. Tuttavia, il giudice del rinvio non condivide la conclusione raggiunta da tale Sezione, secondo cui dalla normativa europea, segnatamente dalla direttiva 94/22, non potrebbe desumersi un divieto di rilasciare più permessi a un singolo operatore (con il risultato di superare il limite dell’area prevista per un singolo operatore).

    ( 12 ) Che corrisponde al limite di 1000000 di ettari previsto nella legge n. 9/1991 prima della sua modifica ad opera del decreto legislativo n. 625/1996.

    ( 13 ) Decreto-legge del 14 dicembre 2018, n. 135 – Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione, successivamente convertito in legge 11 febbraio 2019 n. 12.

    ( 14 ) Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee.

    ( 15 ) V., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2021, PROFI CREDIT Slovakia (C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 16 ) La questione se tale decisione, che può essere considerata una decisione intermedia ai fini del rilascio di un permesso di ricerca, possa essere impugnata, o se sia impugnabile soltanto il rilascio definitivo di tale permesso, è una materia che rientra interamente nel diritto nazionale.

    ( 17 ) Tuttavia, l’articolo 4, lettera c), della direttiva 94/22 stabilisce chiaramente che occorre garantire che gli enti non godano di diritti esclusivi in un’area geografica per un periodo più lungo di quanto sia necessario per il corretto esercizio delle attività autorizzate.

    ( 18 ) V. in tal senso, ad esempio, sentenza del 29 aprile 2021, Natumi (C‑815/19, EU:C:2021:336, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 19 ) V. anche, in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nelle cause riunite Eni e Shell Italia E&P (C‑364/18 e C‑365/18, EU:C:2019:503, paragrafi 3839).

    ( 20 ) Ciò a differenza dell’articolo 4, lettera b), della direttiva 94/22, che si riferisce alla «durata dell’autorizzazione». Di converso, ciò non esclude che possano essere concesse più autorizzazioni a un singolo ente.

    ( 21 ) Di conseguenza, anche tali criteri possono essere impugnati.

    ( 22 ) Il «sistema della porta aperta» è un sistema in cui le aree individuate per attività di E&P rimangono disponibili su base permanente e possono formare oggetto di una domanda di rilascio di un’autorizzazione in qualsiasi momento, sulla base di un procedimento individuale di negoziazione delle autorizzazioni.

    ( 23 ) Al momento dell’entrata in vigore della direttiva 94/22, si trattava della Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

    ( 24 ) La Regione Puglia concorda sul fatto che un ente dovrebbe essere legittimato a ottenere vari permessi di ricerca, purché l’area coperta da tutti i permessi non superi il limite di 750 km2.

    ( 25 ) Infatti, solo l’articolo 5, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 94/22 fa riferimento agli «operator[i]». In generale, la direttiva utilizza il termine «enti». L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 94/22 stabilisce che per «enti» si intendono «le persone fisiche o giuridiche o le associazioni di tali persone che chiedono, possono chiedere o detengono un’autorizzazione». L’espressione «operatore di un ente», «operator of an entity» (in lingua inglese), «Betreiber eines Unternehmens» (in lingua tedesca), «l’exploitant de l’entité» (in lingua francese), «agente de una entidad» (in lingua spagnola), contenuta nell’articolo 5, paragrafo 1, quarto comma, appare, in un certo senso, inconsueta. Interpretata in combinato disposto con il terzo comma di tale disposizione, che si esprime in termini di «composizione di un ente a cui possono rilasciare un’autorizzazione» tale espressione sembra indicare che detto ente possa essere composto da gruppi di società che svolgono le loro attività, ad esempio in forma di consorzio (v. anche articolo 3, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva 94/22). La distinzione tra «ente» e «operatore» non cambia nulla ai fini della causa in esame e un ente cui è stata rilasciata un’autorizzazione necessiterà di un operatore o dovrà agire esso stesso in veste di operatore per svolgere concretamente le attività di E&P.

    ( 26 ) Ciò non si applica alle disposizioni che si occupano delle autorizzazioni individuali o ivi contenute e alle disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 94/22.

    ( 27 ) È stato altresì sottolineato da Wangelow, V.P., «Petroleum licensing in the European Union: the allocation of E&P rights in Denmark», The Journal of World Energy Law & Business, vol. 11(2), OUP, Oxford, 2018, pagg. da 145 a 163, in particolare pag. 155 che la direttiva 94/22 ha risentito del fatto che la maggior parte delle aree geografiche era già stata assegnata prima della sua emanazione (v. un elenco delle disposizioni giuridiche negli Stati membri che, all’epoca, garantivano tali autorizzazioni nell’allegato IV della direttiva 93/38/CEE, del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, GU 1993, L 199, pag. 84).

    ( 28 ) Inoltre, ciò riguarderebbe soltanto i singoli Stati membri, mentre il mercato – presumo, senza entrare nei dettagli, e poiché la materia non è stata oggetto di discussione o approfondimenti, che il mercato dei prodotti sia quello della ricerca di petrolio greggio e gas naturale (la Commissione ha considerato tali mercati congiuntamente, poiché il contenuto delle riserve sotterranee non è noto nella fase della ricerca) – di tali attività non è necessariamente quello dei singoli Stati membri. Infatti, la Commissione ha affermato, in diverse decisioni, che il mercato dei servizi di E&P deve essere considerato un mercato mondiale. V., ad esempio, la decisione di esecuzione della Commissione del 24 giugno 2011, che esonera la prospezione di giacimenti di petrolio e di gas e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi in Italia dall’applicazione della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, (GU 2011, L 166, pag. 28, punti 9 e 14) e, per quanto concerne le attività di ricerca, la decisione di esecuzione (UE) 2015/1120 della Commissione, dell’8 luglio 2015, che esonera la prospezione di giacimenti petroliferi e di gas in Grecia dall’applicazione della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2015, L 182, pag. 88, punto 12), nonché la decisione della Commissione del 7 marzo 2019 nel caso M.9175 – Total / Chevron Denmark, (GU 2019, C 126, pag. 1) punto 19, anche per quanto concerne la definizione del mercato dei prodotti di cui supra.

    ( 29 ) La Global Petroleum sottolinea che la ricerca di idrocarburi in mare è generalmente molto costosa, comportando notevoli costi iniziali, talora di decine di milioni di euro, a seconda della profondità delle acque, e garanzie finanziarie comprese tra EUR 200 milioni ed EUR 500 milioni per coprire i danni che potrebbero verificarsi nel corso della ricerca (ai sensi del diritto italiano). Secondo tale parte e l’Italia, gli enti non sarebbero interessati a intraprendere attività di E&P se queste fossero limitate a una superficie di 750 km2. Tuttavia, ciò potrebbe soltanto fungere da argomento per affermare che il limite fissato dall’Italia a 750 km2 è troppo rigido. Tuttavia, l’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 non impedisce all’Italia di stabilire un limite inferiore, subottimale, poiché tale disposizione obbliga gli Stati membri soltanto ad adottare misure per garantire che le aree geografiche disponibili per attività di E&P «non ecced[ano]» quanto giustificato dall’esercizio ottimale delle attività sotto il profilo tecnico ed economico» (il corsivo è mio).

    ( 30 ) Il corsivo è mio.

    ( 31 ) Attuali articolo 53, paragrafo 1, e articoli 62 e 114 TFUE.

    ( 32 ) V. anche, in tal senso, relazione della Commissione del 29 luglio 1998 al Consiglio sulla direttiva 94/22/CE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, COM(1998) 447 def. (in prosieguo: la «relazione sulla direttiva 94/22»).

    ( 33 ) In particolare ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della direttiva 94/22.

    ( 34 ) Articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 94/22.

    ( 35 ) Tali principi sono principi generali del diritto degli appalti pubblici, che trovano espressione anche nelle direttive «settori speciali». La seconda parte del principio era già stata specificamente enunciata all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/38. Le direttive «settori speciali» successive contengono un articolo che enuncia tali principi di aggiudicazione dei contratti. V., ad esempio, articolo 10 della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1) e articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU 2014, L 94, pag. 243).

    ( 36 ) Ciò non significa che un’autorità pubblica non possa essere considerata un’impresa ai sensi del diritto della concorrenza qualora eserciti attività economiche.

    ( 37 ) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (in prosieguo: il «regolamento sulle concentrazioni»), (GU 2004, L 24, pag. 1).

    ( 38 ) Tale collegamento opera attraverso l’articolo 45, paragrafo 4, di tale direttiva che dispone che i riferimenti alla direttiva 90/531/CEE del Consiglio, del 17 settembre 1990, relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU 1990, L297,pag. 1) – la direttiva che l’articolo 12 della direttiva 94/22 ha modificato – devono essere interpretati come riferimenti alla direttiva 94/22. Considerato che la direttiva 93/38 doveva essere attuata entro il 1o luglio 1994 secondo il suo articolo 45, paragrafo 1, mentre la direttiva 94/22 secondo il suo articolo 14, paragrafo 1, doveva essere attuata (soltanto) entro il 1o luglio 1995, il riferimento iniziale alla direttiva 90/531 era di scarsa rilevanza pratica.

    ( 39 ) Articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 93/38, articolo 7, lettera a), della direttiva 2004/17 e articolo 14, lettera a), della direttiva 2014/25.

    ( 40 ) Tale soluzione è stata infatti ripresa nella direttiva 2004/17 dal suo articolo 30, paragrafo 3, in combinato disposto con l’allegato XI G. Poiché era stato constatato che la direttiva 94/22 era stata regolarmente recepita e funzionava correttamente, la direttiva 2004/17 ha soppresso il regime specifico creato per le attività di E&P e lo ha sostituito con una procedura generale che permette l’esenzione di settori in cui l’attività è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili (considerando 38 e articolo 30 della direttiva 2004/17). La direttiva 2014/25, attualmente applicabile, ha completamente escluso dal suo ambito di applicazione «gli appalti finalizzati alla ricerca di petrolio e gas». Il motivo di ciò è che «tale settore è stato costantemente oggetto di un’estrema pressione concorrenziale, così da rendere non più necessaria la disciplina contenuta nelle norme unionali in materia di appalti» (considerando 25 della direttiva 2014/25), mentre l’estrazione di petrolio e di gas continua a rientrare nel suo campo di applicazione. Tuttavia, tale mercato è considerato liberamente accessibile se lo Stato membro ha attuato e applicato le norme della direttiva 94/22 (v. considerando 25 e articolo 34, paragrafo 3, della direttiva, in combinato disposto con il suo allegato III G).

    ( 41 ) V. considerando 11 della direttiva 93/38 e considerando 1 della direttiva 2014/25.

    ( 42 ) L’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 94/22 definisce un’autorizzazione come la titolarità dell’esercizio di un diritto esclusivo.

    ( 43 ) Dato che le attività di prospezione e ricerca sono dirette a verificare la presenza e la localizzazione di risorse di idrocarburi sfruttabili, è evidente che vi è sempre la possibilità che non siano trovati idrocarburi o, perlomeno, idrocarburi il cui sfruttamento sia economicamente sostenibile.

    ( 44 ) La stessa idea è sottesa alla limitazione nel tempo delle concessioni ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1). V. anche il considerando 52 di tale direttiva.

    ( 45 ) V., in tal senso, sentenze del 19 maggio 2009, Assitur (C‑538/07, EU:C:2009:317, punti 2526), e dell’8 febbraio 2018, Lloyd’s of London (C‑144/17, EU:C:2018:78, punti 3334 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 46 ) Sentenza del 16 dicembre 2008, Michaniki (C‑213/07, EU:C:2008:731, punti 4344) per quanto concerne l’articolo 24, primo comma, della direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU 1993, L 199, pag. 54), e sentenza dell’8 febbraio 2018, Lloyd’s of London (C‑144/17, EU:C:2018:78, punti 29, 30, 36 e giurisprudenza ivi citata) per quanto riguarda i motivi di esclusione dalla partecipazione a una gara d’appalto a causa della situazione personale del candidato o dell’offerente previsti dall’articolo 45 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114).

    ( 47 ) V. considerando 71, 73 e 106, terzo comma, della direttiva 2014/25.

    ( 48 ) Tale valutazione è stata introdotta nel diritto italiano come previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, in combinato disposto con il punto 2, lettera e) dell’allegato II, della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (codificazione) (GU 2012, L 26, pag. 1).

    ( 49 ) V., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2008, Ecologistas en Acción-CODA (C‑142/07, EU:C:2008:445, punto 4 e giurisprudenza ivi citata); del 10 dicembre 2009, Umweltanwalt von Kärnten (C‑205/08, EU:C:2009:767, punto 53); del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a. (C‑275/09, EU:C:2011:154, punto 36); del 15 dicembre 2011, Commissione/Spagna (C‑560/08, non pubblicata, EU:C:2011:835, punto 80); del 21 marzo 2013, Salzburger Flughafen (C‑244/12, EU:C:2013:203, punto 37), dell’11 febbraio 2015, Marktgemeinde Straßwalchen e a. (C‑531/13, EU:C:2015:79, punti 4345), per quanto concerne la direttiva 85/337, che ha preceduto la direttiva 2011/92, nonché sentenza del 14 gennaio 2016, Commissione/Bulgaria (C‑141/14, EU:C:2016:8, punto 95).

    ( 50 ) La Regione Puglia fa riferimento all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 94/22, all’articolo 3, paragrafo 3, TUE e alla direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) (GU 2008, L 164, pag. 19), senza tuttavia precisare chiaramente in che modo l’interpretazione dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 94/22 nel senso che non fissa un limite complessivo per le aree geografiche per le quali possono essere rilasciate autorizzazioni a un operatore violerebbe tali disposizioni.

    ( 51 ) V. anche articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

    ( 52 ) Ad esempio nel settore degli appalti pubblici.

    ( 53 ) Decreto 7 dicembre 2016, Disciplinare tipo per il rilascio e l'esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale (GURI n. 78 del 3 aprile 2017).

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