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Document 62020CC0100

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 12 maggio 2021.


Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:387

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 12 maggio 2021 ( 1 )

Causa C‑100/20

XY

contro

Hauptzollamt B

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Imposte – Quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità – Direttiva 2003/96 – Articolo 5 – Aliquote d’imposta differenziate – Articolo 17, paragrafo 1, lettera a) – Riduzione dell’imposta sull’energia elettrica a favore delle imprese a forte consumo di energia – Articolo 21, paragrafo 5 – Assoggettamento all’imposta sull’elettricità al momento della fornitura da parte del distributore o del ridistributore – Ricarica di accumulatori – Norme per il rimborso dell’imposta riscossa in violazione del diritto dell’Unione – Esenzioni e riduzioni facoltativa dell’imposta – Pagamento degli interessi»

Introduzione

1.

La questione pregiudiziale proposta nella presente causa dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) riguarda un argomento piuttosto insolito, ossia i diritti di un contribuente che ha pagato indebitamente un’imposta disciplinata dal diritto dell’Unione, nell’ipotesi in cui l’illegittimità dell’imposizione non derivi da una violazione del diritto vincolante dell’Unione, ma soltanto da una violazione della normativa nazionale che lo Stato membro ha adottato sulla base di un’autorizzazione facoltativa prevista nel diritto dell’Unione.

2.

Tale situazione non è univoca perché, da un lato, non si è verificata una violazione delle norme chiare e incondizionate di diritto dell’Unione e, dall’altro, l’atto illegittimo è avvenuto nel contesto dell’applicazione di tale diritto da parte di uno Stato membro. Come spiegherò in queste conclusioni, è anche difficile dare una risposta univoca a questa domanda.

3.

Nella presente causa emerge, tuttavia, anche un’altra questione, non meno interessante, ossia come deve essere trattato, dal punto di vista delle accise sull’elettricità, l’immagazzinamento di questa energia in accumulatori al fine della sua successiva fornitura agli utenti finali. Anche se il giudice del rinvio non propone tale questione, basandosi sulla propria interpretazione adottata in questa materia, a mio avviso la Corte, nella sua sentenza, dovrebbe almeno sottolineare che la risposta alla questione pregiudiziale non costituisce una conferma dell’interpretazione adottata dal giudice del rinvio.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

4.

L’articolo 1 della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità ( 2 ), così dispone:

«Gli Stati membri tassano i prodotti energetici e l’elettricità conformemente alla presente direttiva».

5.

Ai sensi dell’articolo 5, quarto trattino, di tale direttiva:

«Gli Stati membri possono applicare, sotto controllo fiscale, aliquote d’imposta differenziate a condizione che dette aliquote rispettino i livelli minimi di tassazione stabiliti nella presente direttiva e siano compatibili con il diritto [dell’Unione], nei seguenti casi:

(…)

tra uso commerciale e non commerciale, per i prodotti energetici e l’elettricità di cui agli articoli 9 e 10».

6.

L’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della suddetta direttiva prevede che:

«A condizione che i livelli minimi di tassazione previsti nella presente direttiva siano rispettati in media per ciascuna impresa, gli Stati membri possono applicare sgravi fiscali (…) sull’elettricità nei seguenti casi:

a)

a favore delle imprese a forte consumo di energia

(…)».

7.

Infine, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, primo comma, della direttiva 2003/96:

«Ai fini dell’applicazione degli articoli 5 e 6 della direttiva 92/12/CEE [ ( 3 )], l’elettricità e il gas naturale sono soggetti ad imposizione e diventano imponibili al momento della fornitura da parte del distributore o del ridistributore. (…)».

Diritto tedesco

8.

Per quanto riguarda la tassazione dell’elettricità, la direttiva 2003/96 è stata attuata in diritto tedesco mediante disposizioni dello Stromsteuergesetz (legge in materia di imposta sull’elettricità; in prosieguo: lo «StromStG») ( 4 ). L’articolo 3 di tale legge, nella versione in vigore fino al 19 dicembre 2008, prevedeva quanto segue:

«L’aliquota d’imposta è pari a EUR 20,50 per megawatt/ora».

9.

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, StromStG:

«All’elettricità è applicata (…) un’aliquota ridotta di EUR 12,30 per megawatt/ora, quando questa è prelevata da imprese che svolgono l’attività nel settore manifatturiero o da aziende del settore agricolo e forestale per finalità aziendali e non è esente da imposta a norma del paragrafo 1».

Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

10.

XY è una società di diritto tedesco. Nell’ambito della sua attività, che secondo il giudice del rinvio rientra nel settore manifatturiero («Produzierende Gewerbe»), ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, StromStG, tale società preleva l’elettricità, sotto forma di corrente alternata, dalla rete di distribuzione e dopo la sua trasformazione in corrente continua la immagazzina in accumulatori. Successivamente, essa presta ai propri clienti, imprese del settore delle telecomunicazioni, un servizio globale consistente nella fornitura dell’elettricità, tra cui l’alimentazione d’emergenza, nonché la climatizzazione («fornitura fredda»), alle infrastrutture di telecomunicazione ( 5 ).

11.

Nella dichiarazione d’imposta per l’anno fiscale 2010, la società XY ha dichiarato che l’elettricità prelevata è stata utilizzata per la sua attività e ha applicato l’aliquota ridotta dell’imposta sull’elettricità ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, dello StromStG. Tuttavia, l’amministrazione finanziaria ha emesso un accertamento in cui stabiliva che avrebbe dovuto essere applicata l’aliquota d’imposta ordinaria.

12.

In un procedimento separato relativo all’esercizio fiscale 2006, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso che la società XY aveva il diritto di applicare l’aliquota ridotta dell’imposta sull’energia elettrica. In base a questa decisione l’autorità fiscale ha modificato l’accertamento relativo all’esercizio 2010 e ha rimborsato l’imposta pagata in eccesso. Nel 2014 la società XY ha chiesto gli interessi su tale somma pagata in eccesso ma l’amministrazione finanziaria ha rigettato tale richiesta. Il ricorso della società XY proposto davanti all’organo giurisdizionale di primo grado è stato respinto. Infatti, tale organo giurisdizionale ha deciso, in particolare, che l’aliquota ridotta dell’imposta prevista dall’articolo 9, paragrafo 3, StromStG ha, dal punto di vista del diritto dell’Unione, carattere facoltativo; pertanto la riscossione dell’imposta per l’importo corrispondente all’applicazione dell’aliquota ordinaria, anche se in contrasto con il diritto nazionale, non viola il diritto dell’Unione. Conseguentemente non trova applicazione l’obbligo di rimborso dell’imposta con gli interessi, come emerge dalla giurisprudenza della Corte. La società XY ha proposto ricorso per cassazione (Revision) avverso tale sentenza.

13.

In tali circostanze il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, a norma del diritto dell’Unione, debbano essere applicati interessi su un credito derivante dal rimborso di un’imposta sull’energia elettrica indebitamente accertata, quando l’accertamento di un importo inferiore a titolo di detta imposta era giustificato dallo sgravio fiscale facoltativo ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (direttiva 2003/96), e l’accertamento dell’imposta per un importo eccessivo era imputabile unicamente a un errore in sede di applicazione al caso controverso della disposizione nazionale emanata ai fini del recepimento dell’articolo succitato».

14.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 26 febbraio 2020. Osservazioni scritte sono state depositate dalla società XY, dal governo tedesco e dalla Commissione europea. Dette parti, nonché lo Hauptzollamt B (ufficio doganale centrale B, Germania), hanno anche risposto per iscritto ai quesiti della Corte.

Analisi

15.

La questione pregiudiziale nella presente causa si fonda sul presupposto che l’elettricità che la società XY prelevava dalla rete di distribuzione fosse assoggettata all’imposta al momento del prelievo e che, al contempo, in base alle disposizioni di diritto nazionale, si applicasse l’aliquota ridotta dell’imposta sull’elettricità. Tuttavia, il governo tedesco, nelle sue osservazioni, contesta tale assunto, sostenendo che esso derivi da una classificazione dell’attività della società XY in contrasto con la direttiva 2003/96 e che a tale attività non si dovrebbe applicare l’aliquota ridotta di tale imposta. Se si accettasse la tesi del governo tedesco, si potrebbe contestare la ricevibilità stessa della domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa, poiché la questione contenuta in tale domanda avrebbe carattere teorico.

16.

La Corte ha posto alle parti ulteriori quesiti relativi a tale questione. Prima di esaminare il problema giuridico sollevato con la questione pregiudiziale concedo, pertanto, un po’ di spazio all’analisi della corretta interpretazione delle disposizioni della suddetta direttiva in relazione alle circostanze di cui al procedimento principale.

Sulla qualificazione dell’immagazzinamento dell’elettricità in accumulatori dal punto di vista delle disposizioni della direttiva 2003/96

Fornitura dell’elettricità in accumulatori come (ri)distribuzione ( 6 )

17.

Proponendo la questione pregiudiziale nella presente causa il giudice del rinvio si basa sulla sua precedente decisione, contenuta in particolare nella sua sentenza nella causa relativa alla tassazione dell’elettricità utilizzata dalla società XY nell’esercizio fiscale 2006 ( 7 ). Ai sensi di tale decisione la società XY consuma l’elettricità prelevata dalla rete di distribuzione mediante la sua trasformazione in energia chimica negli accumulatori ( 8 ). Il consumo avviene ai fini dell’attività della società XY, in quanto l’elettricità, accumulata nelle batterie sotto forma di corrente continua, viene utilizzata nell’ambito della prestazione di un unico servizio globale in favore dei propri clienti, consistente nella fornitura di elettricità per alimentare gli impianti di telecomunicazione, nella prestazione dei servizi di climatizzazione di tali impianti («fornitura a freddo», ai sensi della formulazione della sentenza in esame) nonché nel garantire la sicurezza dell’alimentazione in caso di un’avaria («Reservezeit»).

18.

Secondo il governo tedesco, invece, tale qualificazione dell’attività della società XY comporterebbe una violazione delle disposizioni della direttiva 2003/96. Infatti, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, primo comma, della direttiva, l’elettricità è soggetta ad imposizione al momento della fornitura da parte del distributore o del ridistributore. La società XY, secondo il governo tedesco, dovrebbe essere invece ritenuta un intermediario nella fornitura dell’elettricità, ossia un ridistributore. Tale società non consumerebbe, infatti, l’energia per le esigenze della sua attività, ma la immagazzinerebbe soltanto in accumulatori al fine di fornirla successivamente ai propri clienti, che sono gli utilizzatori finali di tale elettricità.

19.

Questo è rilevante poiché, per quanto la società XY sia stata qualificata come operante nel settore manifatturiero, al quale si applica lo sgravio fiscale previsto dall’articolo 9, paragrafo 3, StromStG, i suoi clienti, che prestano i servizi di telecomunicazione, non rientrano in tale settore e non possono beneficiare di siffatto sgravio. Pertanto, l’elettricità che la società XY fornisce ai propri clienti dovrebbe essere soggetta all’aliquota d’imposta ordinaria. In tale situazione non potrebbe parlarsi di rimborso dell’imposta versata in eccesso e di interessi, e l’intero procedimento principale, insieme alla domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa, diventerebbe irrilevante.

20.

Condivido i dubbi del governo tedesco sulla correttezza della qualificazione, effettuata dal giudice del rinvio, dell’utilizzo dell’elettricità da parte della società XY come consumo per le esigenze della propria attività.

21.

La decisione del giudice del rinvio sul punto si basa sulla peculiarità dell’attività della società XY. Questa peculiarità consiste nel fatto che la società XY fornisce elettricità solo nell’ambito di un servizio globale, che include altri servizi, solo a imprese appartenenti ad un unico gruppo di società (verosimilmente a quello di cui essa stessa è membro) e attraverso reti separate, senza utilizzare la rete di distribuzione dell’elettricità aperta al pubblico.

22.

Tuttavia, non ritengo che tali circostanze siano decisive per la qualificazione dell’attività della società XY dal punto di vista della direttiva 2003/96. Il modo in cui la società XY fornisce servizi e la scelta dei suoi contraenti sono circostanze specifiche dell’attività proprio di tale impresa. Tuttavia, queste circostanze non cambiano il fatto che, nell’ambito della sua attività, tale società fornisca una quantità specifica e misurabile di elettricità a soggetti che devono essere considerati come imprese indipendenti rispetto alla stessa e che utilizzano l’elettricità per alimentare impianti di telecomunicazione, ossia secondo l’uso normale dell’elettricità ( 9 ). Pertanto, questi soggetti e non la società XY sono gli utilizzatori finali dell’elettricità fornita loro dalla società stessa.

23.

Per quanto riguarda, invece, l’uso di una rete di distribuzione dell’elettricità aperta al pubblico, non mi sembra che si tratti di una condizione per poter considerare un soggetto come un distributore o un ridistributore di elettricità ai sensi della direttiva 2003/96. La direttiva non definisce i concetti di «distributore» e «ridistributore», ma nulla suggerisce che essi debbano limitarsi a soggetti che utilizzino un determinato tipo di rete di distribuzione. In particolare, la Corte ha già avuto occasione di decidere ( 10 ) che tali termini non devono essere interpretati alla luce della nozione di «distribuzione» ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2003/54/CE ( 11 ). La direttiva 2003/96 adotta, più che altro, un significato funzionale della nozione di distributore. Lo dimostra maggiormente l’articolo 21, paragrafo 5, terzo comma, della direttiva medesima, ai sensi del quale «un’entità che produce elettricità per uso proprio è considerata un distributore».

24.

Pertanto, non ritengo che la peculiarità dell’attività della società XY rendesse impossibile considerarla un ridistributore di elettricità ai fini della tassazione di tale elettricità ai sensi delle disposizioni della direttiva 2003/96.

25.

Invece, la posizione assunta dal giudice del rinvio nella propria giurisprudenza conduce a risultati contrastanti con gli scopi di tale direttiva.

26.

In primo luogo, dalla motivazione della proposta della direttiva 2003/96, citata dalla Commissione nella sua risposta alle domande della Corte ( 12 ), emerge che l’obiettivo della tassazione dell’energia elettrica al momento della fornitura (output) era quello di dare agli Stati membri la possibilità di applicare un’imposta differente per le diverse categorie di utilizzatori finali. Il corretto funzionamento di tale regime d’imposizione differente è, tuttavia, possibile soltanto nel caso in cui l’assoggettamento all’imposta avvenga nella fase finale di distribuzione, ossia nella fase di fornitura ai clienti finali. L’assoggettamento all’imposta in una fase antecedente violerebbe il funzionamento di tale regime in quanto il livello di imposizione potrebbe essere non adeguato al modo in cui l’elettricità viene effettivamente utilizzata.

27.

Ciò è perfettamente illustrato dalla presente causa. La società XY ha ottenuto, infatti, una riduzione dell’aliquota d’imposta sull’elettricità che prelevava dalla rete di distribuzione, in quanto ritenuta un’impresa del settore manifatturiero, alla quale spetta il diritto a tale riduzione in base alla legge nazionale. Tuttavia, quest’elettricità non è utilizzata in definitiva dalla società, ma dai suoi clienti, che non rientrano nel settore manifatturiero e che in un caso diverso non avrebbero potuto beneficiare della riduzione. Da ciò deriva quindi, se ho capito bene, l’esercizio intellettuale volto a dimostrare che la società XY sia l’utente finale dell’elettricità.

28.

In secondo luogo, un altro obiettivo della tassazione dell’elettricità al momento della fornitura da parte del distributore o del ridistributore è quello di tassare tale elettricità nello Stato membro di consumo effettivo, come avviene per altri prodotti soggetti ad accisa. La Corte l’ha sottolineato chiaramente nella sentenza Commissione/Polonia, accettando gli argomenti della Commissione su questo punto ( 13 ). Tuttavia, nell’ipotesi in cui l’elettricità venga tassata al momento del prelievo dalla rete di distribuzione per essere immagazzinata in accumulatori e poi fornita ad altri soggetti, questo obiettivo potrebbe non essere raggiunto. Nulla impedisce che la fornitura di elettricità immagazzinata in accumulatori sia effettuata su base transfrontaliera.

29.

In terzo e ultimo luogo, il regime di tassazione dell’elettricità previsto dalla direttiva 2003/96 mira anche ad evitare la tassazione di quella parte di energia che viene persa. Anche questo è un principio che si applica a tutti i prodotti soggetti ad accisa ( 14 ). Per quanto riguarda l’elettricità, questa regola è particolarmente importante perché la sua trasmissione e il suo stoccaggio comportano inevitabilmente delle perdite considerevoli. Solo la tassazione dell’elettricità nella fase della fornitura al consumatore finale consente di evitare, o almeno di ridurre al minimo, la tassazione dell’energia che si perde.

30.

La Commissione fornisce come esempio la tassazione del gas usato come carburante per motori. Tale gas è tassato quando viene immesso nel serbatoio del veicolo, il che evita in particolare la tassazione delle perdite di gas dovute allo stoccaggio e alla compressione. Come correttamente osservato dalla Commissione, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, primo comma, della direttiva 2003/96, il momento della tassazione del gas naturale e dell’elettricità dovrebbe essere il medesimo. Analogamente a quanto avviene nel caso del gas, le perdite di elettricità causate dal suo stoccaggio non dovrebbero essere soggette a tassazione. Infatti, l’efficienza dei tipi di accumulatori più comuni, intesa come il rapporto tra la carica elettrica prelevata durante la scarica dell’accumulatore e la carica elettrica fornita durante il processo di carica, è di circa il 70-80% ( 15 ). Tassare l’elettricità usata per ricaricare gli accumulatori, invece dell’elettricità fornita agli utenti finali da questi accumulatori, significa quindi tassare perdite di elettricità relativamente elevate. L’applicazione di un’aliquota ridotta di tale imposta non costituisce un modo, compatibile con la direttiva 2003/96, di compensazione di tale imposizione eccessiva ( 16 ).

31.

Non è rilevante, altresì, l’argomento della società XY, secondo il quale, in base alla decisione 2016/2266 ( 17 ), è la fornitura dell’elettricità per ricaricare accumulatori a dover essere considerata una distribuzione di tale energia e non il prelievo della corrente dagli accumulatori stessi. Tale decisione riguardava l’elettricità destinata a ricaricare gli accumulatori delle auto elettriche. In tal caso l’elettricità della batteria viene utilizzata per alimentare l’auto dall’utilizzatore della medesima, che è anche l’utilizzatore della batteria. L’utilizzatore della batteria è quindi contemporaneamente anche l’utilizzatore finale dell’elettricità, pertanto la fornitura di tale elettricità per ricaricare la batteria costituisce una fornitura di energia all’utilizzatore finale, che è un fatto generatore di imposta ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, primo comma, della direttiva 2003/96. La società XY non è invece l’utilizzatore finale dell’elettricità che preleva dalla rete di distribuzione per ricaricare gli accumulatori e per la successiva fornitura dell’elettricità ai suoi clienti. Non vi è quindi alcuna analogia con la situazione trattata nella summenzionata decisione.

32.

Ne consegue che, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi della direttiva 2003/96 in relazione alla tassazione dell’elettricità, la società XY deve essere considerata un ridistributore di elettricità, conformemente alle osservazioni del governo tedesco. Sono d’accordo, tuttavia, con la Commissione che il governo tedesco valuta in modo errato l’effetto di tale riconoscimento alla luce delle circostanze di cui al procedimento principale.

33.

Il governo tedesco desume dalle sue argomentazioni la conclusione che l’elettricità prelevata dalla società XY, e successivamente immagazzinata in accumulatori per essere destinata ai suoi clienti, non dovrebbe essere soggetta all’aliquota ridotta dell’imposta sull’elettricità, ma all’aliquota ordinaria di tale imposta. Non dovrebbe, quindi, parlarsi di alcun rimborso di imposta pagata in eccesso o di interessi.

34.

Tuttavia, il governo tedesco non tiene conto del fatto che, se la società XY dovesse essere considerata un ridistributore, l’elettricità dovrebbe essere tassata solo nel momento in cui viene fornita da questa società ai suoi clienti. Mentre nel momento in cui la società XY preleva l’elettricità dalla rete di distribuzione l’imposta non dovrebbe essere applicata, né all’aliquota ordinaria né a quella ridotta. In tal caso l’intera imposta riscossa dall’amministrazione fiscale nel procedimento principale dovrebbe essere considerata riscossa in violazione della direttiva 2003/96 e dovrebbe, dunque, essere rimborsata integralmente con gli interessi, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte ( 18 ).

Sull’elettricità immagazzinata nelle batterie come elettricità utilizzata per produrre elettricità

35.

La Corte ha, inoltre, sottoposto alle parti il quesito, se, qualora dovesse accettarsi la tesi del giudice del rinvio secondo la quale la società XY consuma l’elettricità che preleva dalla rete di distribuzione per caricare le sue batterie ai fini della sua attività, tale elettricità non avrebbe dovuto essere esentata dall’imposta ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96 in quanto elettricità utilizzata nella produzione di elettricità.

36.

Sia la società XY che il governo tedesco e la Commissione respingono fermamente questa possibilità. Tali parti concordano sul fatto che la società XY immagazzina soltanto in accumulatori l’elettricità prelevata dalla rete, mentre l’esenzione di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96 riguarda la produzione di «nuova» elettricità.

37.

Secondo la mia opinione tale posizione si basa su due presupposti errati.

38.

In primo luogo, parlando di immagazzinamento di elettricità negli accumulatori, le suddette parti sembrano confondere la nozione di elettricità con la nozione di energia in generale. Allo stato attuale dello sviluppo tecnologico non esistono metodi di immagazzinamento dell’elettricità in quanto tale, che possano essere utilizzati su scala industriale ( 19 ). Lo stoccaggio dell’elettricità richiede la sua conversione in un’altra forma di energia, che può essere immagazzinata, e poi la sua ulteriore conversione in elettricità. Nel caso delle batterie, l’energia è immagazzinata sotto forma di energia chimica, cioè un’energia (potenziale) derivante da reazioni elettrochimiche che avvengono nei composti chimici all’interno della batteria a causa del flusso di corrente. Siffatte reazioni sono reversibili, permettendo così alla batteria di essere caricata e scaricata ripetutamente ( 20 ).

39.

Da ciò consegue che la nozione di immagazzinamento dell’elettricità costituisce una sorta di semplificazione. In sostanza, si tratta di conversione dell’elettricità in un’altra forma di energia e la successiva riconversione nella forma di energia elettrica.

40.

Questo ci conduce al secondo presupposto errato su cui poggia l’argomentazione delle parti del procedimento, ossia la distinzione categorica tra l’immagazzinamento e la produzione di elettricità.

41.

Dal punto di vista della fisica non esiste un fenomeno come la produzione di energia. Si tratta di uno dei principi fondamentali della fisica, ossia del principio di conservazione dell’energia. La cosiddetta «produzione di energia», compresa l’elettricità, costituisce, come nel caso di immagazzinamento dell’energia, soltanto una conversione di una forma di energia in un’altra. Nel caso della produzione di elettricità può trattarsi della conversione dell’energia chimica, contenuta nei combustibili fossili ( 21 ), durante il processo di combustione, della conversione dell’energia cinetica nelle tecnologie eoliche e idroenergetiche o anche dell’energia nucleare nel processo di fissione nucleare.

42.

La produzione di elettricità richiede spesso conversioni multiple di diverse forme di energia, ad esempio nelle centrali termiche (ossia, basate su combustibili fossili o su energia nucleare) l’energia primaria immagazzinata nel combustibile (o il cosiddetto combustibile nucleare) viene convertita in energia termica, che a sua volta viene convertita in energia cinetica, la quale viene poi convertita in elettricità. Le singole forme di energia richiedono specifici vettori energetici, ad esempio il vettore energetico nelle centrali elettriche è di solito il vapore acqueo, così come il vettore dell’energia chimica in una batteria è l’elettrolita.

43.

Non sussiste quindi un limite fondamentale e insuperabile tra la produzione di elettricità e il suo stoccaggio o, per essere più precisi, il recupero dell’elettricità immagazzinata in altre forme di energia. Gli impianti di pompaggio sono il miglior esempio in questo caso. Essi funzionano in base al meccanismo di pompaggio, utilizzando l’elettricità, dell’acqua da un serbatoio posto più in basso in un serbatoio posto più in alto e successivo utilizzo dell’energia cinetica dell’acqua in caduta per azionare un generatore della corrente ( 22 ). Tale centrale elettrica non produce una «nuova» elettricità ma, al contrario, utilizza più energia di quanta ne produca. Pertanto, le centrali di pompaggio sono considerate come un metodo per immagazzinare e non per produrre l’elettricità. Attualmente si tratta di un metodo di immagazzinare energia decisamente dominante per quanto riguarda la capienza ( 23 ). Questo metodo consiste nella conversione dell’elettricità in una potenziale energia dell’acqua e nella successiva riconversione dell’energia cinetica in elettricità. Ciò non cambia il fatto che in questo processo l’elettricità venga utilizzata per pompare l’acqua e poi prodotta di nuovo esattamente allo stesso modo delle normali centrali idroelettriche, che utilizzano il flusso naturale dell’acqua senza doverla prima pompare.

44.

Anche l’immagazzinamento dell’elettricità nelle batterie consiste, da un punto di vista tecnico, nel consumo di elettricità ai fini della sua conversione in un’altra forma di energia e nella successiva riconversione nella forma di energia elettrica. Non vedo quindi alcun ostacolo fondamentale che possa impedire di considerare l’elettricità destinata alla conversione in una batteria come elettricità utilizzata per la produzione di elettricità ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96.

45.

Ammetto, tuttavia, che altri motivi depongono a favore della classificazione dell’immagazzinamento dell’elettricità, ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/96, come una fase di distribuzione e non di produzione, come lo vorrebbero il governo tedesco e la Commissione. Tuttavia, questo esclude la tesi del giudice del rinvio, sostenuta anche dalla società XY, ai sensi della quale tale società consumerebbe elettricità per i fini della sua attività. Ciò significherebbe, invero, che la società consumi l’elettricità e la immagazzini allo stesso tempo, il che è impossibile, così come è impossibile mangiare una torta e avere una torta allo stesso tempo. Questo significherebbe anche che l’elettricità fornita dalla società XY ai propri clienti dovrebbe essere assoggetta ad imposta, pertanto sarebbe assoggettata ad imposta due volte, una prima volta al momento del prelievo dalla rete e una seconda volta al momento della fornitura agli utenti finali. Correttamente, il giudice del rinvio ha ritenuto che tale doppia imposizione debba essere evitata. Il modo per farlo, tuttavia, non è quello di escludere, in contrasto con l’articolo 21, paragrafo 5, primo comma, della direttiva 2003/96, l’imposizione sulla fornitura di elettricità da parte della società XY ai suoi clienti, ma quello di garantire un corretto trattamento fiscale dell’elettricità che tale società preleva dalla rete di distribuzione.

Considerazioni finali e conclusioni su questa parte di osservazioni

46.

Nella sua risposta ai quesiti aggiuntivi della Corte, la società XY contesta la fondatezza delle osservazioni proposte dal governo tedesco in merito ai presupposti, ritenuti errati da tale governo, sui quali il giudice del rinvio basa la sua domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa. Secondo la società XY, questo aspetto rientra nell’ambito dell’accertamento dei fatti, per il quale solo il giudice del rinvio è competente. La Corte dovrebbe invece basarsi su questi accertamenti e limitarsi a rispondere alla questione pregiudiziale.

47.

Le obiezioni della società XY sono tuttavia, a mio avviso, infondate. Le circostanze materiali del procedimento principale non sono in discussione. Esse consistono nel fatto che la società XY preleva l’elettricità dalla rete di distribuzione, la immagazzina in batterie sotto forma di energia chimica e poi la fornisce ai suoi clienti come parte di un servizio globale che comprende anche altri servizi. Rimane invece la questione di come classificare una tale attività dal punto di vista delle disposizioni della direttiva 2003/96, e questa rientra proprio nell’ambito dell’interpretazione di tali disposizioni che è di competenza della Corte.

48.

Il giudice del rinvio ha effettuato una classificazione dell’attività della società XY secondo la quale l’elettricità, che la società preleva dalla rete ai fini di ricaricare gli accumulatori, è soggetta ad un’aliquota ridotta dell’imposta sull’elettricità. Tuttavia, come emerge dalle considerazioni che precedono ( 24 ), tale elettricità non dovrebbe essere tassata affatto nella fase del suo prelievo dalla rete da parte della società XY, né come elettricità destinata ad essere ulteriormente distribuita ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, primo comma, della direttiva 2003/96, né come elettricità utilizzata per la produzione di elettricità ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva.

49.

Di conseguenza, si deve ritenere che l’imposta sull’elettricità, oggetto del procedimento principale, sia stata riscossa per intero in violazione del diritto dell’Unione e, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte ( 25 ), dovrebbe essere rimborsata integralmente con gli interessi ( 26 ). Questo renderebbe la questione pregiudiziale irrilevante.

50.

Il giudice del rinvio constata, tuttavia, che la sua sentenza sulla classificazione giuridica dell’attività della società XY, emessa nel procedimento relativo all’esercizio fiscale 2006, è passata in giudicato. Il giudice del rinvio non precisa se lo stesso valga per il procedimento relativo all’esercizio fiscale 2010, nell’ambito del quale esso ha proposto alla Corte la domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa. Tuttavia, il giudice informa che la decisione dell’amministrazione finanziaria sull’applicazione di un’aliquota ridotta dell’imposta sull’elettricità alla società XY è diventata definitiva.

51.

Invero, secondo giurisprudenza costante della Corte, il diritto dell’Unione non esige che, per tener conto dell’interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto adottata dalla Corte, un organo giurisdizionale nazionale debba, necessariamente, modificare una decisione avente autorità di cosa giudicata. Ciò trova applicazione anche in relazione al rimborso delle imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione europea ( 27 ).

52.

Alla luce di quanto precede, propongo che la Corte risponda alla questione pregiudiziale nella presente causa. Ritengo, tuttavia, che la Corte debba sottolineare chiaramente nella sentenza che la risposta alla questione non significa che la Corte accetti il modo in cui è stata qualificata dal giudice del rinvio l’attività della società XY dal punto di vista della direttiva 2003/96. Il trattamento fiscale dell’immagazzinamento dell’elettricità dovrebbe, infatti, essere oggetto di discussione a livello dell’Unione, se necessario nel quadro di un procedimento specifico davanti alla Corte. Una tale discussione è auspicabile se non altro in considerazione dell’importanza che l’immagazzinamento dell’elettricità assume nel passaggio dell’economia dell’UE alle fonti di energia rinnovabile ( 28 ).

Sulla questione pregiudiziale

La formulazione della questione

53.

Con la questione pregiudiziale proposta nella presente causa il giudice del rinvio mira a determinare se il diritto dell’Unione imponga il rimborso con gli interessi di un’imposta indebitamente riscossa, nell’ipotesi in cui l’errata determinazione dell’ammontare dell’imposta derivi dalla mancata applicazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di una riduzione dell’aliquota d’imposta alla quale il contribuente aveva diritto e che è stata introdotta nell’ordinamento nazionale in base a un’autorizzazione facoltativa concessa agli Stati membri dall’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96.

54.

Il governo tedesco osserva tuttavia che la riduzione dell’aliquota dell’imposta sull’elettricità, di cui trattasi nel procedimento principale, non deriva dalla trasposizione nell’ordinamento tedesco dell’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96, bensì dalla facoltà di differenziare le aliquote d’imposta a seconda dell’uso commerciale o non commerciale dell’elettricità, concessa agli Stati membri dall’articolo 5, quarto trattino, di tale direttiva. A sostegno della sua tesi, il governo tedesco cita la decisione della Commissione relativa all’approvazione dell’aiuto di Stato che consiste nella summenzionata differenziazione delle aliquote d’imposta ( 29 ). Tale decisione afferma chiaramente che l’articolo 5 della direttiva 2003/96 costituisce una base per la riduzione dell’aliquota d’imposta. Anche la società XY propone di estendere la portata della questione pregiudiziale ad altre disposizioni della direttiva 2003/96, diverse dall’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), tra cui l’articolo 5, quarto trattino, della direttiva stessa.

55.

Inoltre, occorre osservare che l’articolo 9, paragrafo 3, dello StromStG non menziona in alcun modo le imprese a forte consumo di energia alle quali si riferisce l’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96. La riduzione dell’aliquota d’imposta prevista nel suddetto articolo 9, paragrafo 3, riguarda in generale le imprese dell’industria manifatturiera e del settore agricolo e forestale.

56.

Ciò non rende, tuttavia, inutile la questione pregiudiziale proposta. Sia lo sgravio fiscale per le imprese a forte consumo di energia di cui all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96, sia la differenziazione della tassazione a seconda dell’uso commerciale o non commerciale dell’elettricità, di cui all’articolo 5, quarto trattino, della medesima direttiva, hanno carattere facoltativo per gli Stati membri. La soluzione della questione giuridica sollevata con la domanda pregiudiziale può quindi avere rilevanza ai fini dell’esito del procedimento principale, indipendentemente dal fondamento su cui si è basato il legislatore tedesco per introdurre la differenziazione dell’aliquota d’imposta in esame.

57.

Propongo pertanto di assumere che il giudice del rinvio miri a determinare se il diritto dell’Unione esiga il rimborso, con gli interessi, dell’imposta indebitamente riscossa nell’ipotesi in cui l’errato accertamento dell’ammontare dell’imposta derivi dalla mancata applicazione, da parte dell’amministrazione fiscale, di una riduzione dell’aliquota d’imposta, alla quale il soggetto passivo aveva diritto, prevista dal diritto nazionale sulla base di una autorizzazione facoltativa degli Stati membri, contenuta in una disposizione della direttiva 2003/96.

Obbligo di rimborso dell’imposta riscossa in violazione del diritto dell’Unione unitamente agli interessi

58.

A titolo di promemoria, la società XY è stata assoggettata all’imposta sull’elettricità in base all’aliquota ordinaria. Tuttavia, nel corso del procedimento giudiziario è stato accertato che essa aveva diritto a beneficiare dell’aliquota ridotta ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 3, dello StromStG, che a sua volta si basa, secondo la tesi del governo tedesco, sull’articolo 5, quarto trattino, della direttiva 2003/96. Di conseguenza l’amministrazione finanziaria ha rimborsato l’imposta sull’elettricità pagata in eccesso, ma senza interessi, poiché il diritto nazionale non prevede l’obbligo di pagare interessi in tale ipotesi. La società XY pretendeva tuttavia il pagamento degli interessi, richiamando il principio vigente nel diritto dell’Unione, ai sensi del quale le imposte riscosse in violazione di tale diritto devono essere rimborsate con gli interessi.

59.

Sorge quindi la questione giuridica se il summenzionato principio si applichi anche nell’ipotesi in cui l’imposta sia stata riscossa in violazione non tanto del diritto dell’Unione, quanto di una normativa nazionale che, nel contesto del recepimento della direttiva, stabilisce uno sgravio fiscale sulla base di un’autorizzazione facoltativa concessa agli Stati membri dalla direttiva stessa. L’ambiguità di una tale situazione deriva dal fatto che, da un lato, l’imposizione di una tassazione più elevata non viola direttamente il diritto dell’Unione, poiché lo sgravio fiscale in questione non ha carattere obbligatorio ai sensi del diritto dell’Unione, mentre, dall’altro, si verifica comunque una violazione di una disposizione di diritto nazionale adottata al fine di recepire la direttiva.

60.

Occorre sottolineare che, sebbene la controversia nel procedimento principale non riguardi di per sé il rimborso dell’imposta indebitamente riscossa ma degli interessi, la soluzione della suddetta questione riguarderà sia il pagamento degli interessi che l’obbligo di rimborso dell’imposta stessa. Infatti, sia l’obbligo di rimborso che l’obbligo di pagare gli interessi hanno la stessa base nel diritto dell’Unione.

61.

Il diritto al rimborso con gli interessi delle imposte riscosse da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione deriva dalla giurisprudenza consolidata della Corte. Si tratta di una conseguenza e di un completamento dei diritti conferiti ai soggetti giuridici dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali imposte ( 30 ). L’obbligo di rimborso riguarda non solo l’importo dell’imposta riscossa in violazione del diritto dell’Unione ma anche di tutte le somme corrisposte o trattenute dallo Stato membro in relazione a tale imposta. Tale rimborso comprende anche le perdite derivanti dall’indisponibilità di somme di denaro a seguito della riscossione indebita dell’imposta. Il risarcimento di tali perdite avviene attraverso il pagamento degli interessi sulla parte dell’imposta riscossa indebitamente ( 31 ).

62.

Come emerge dalle sentenze della Corte che sono alla base di tale giurisprudenza, i diritti, cui corollario e completamento è l’obbligo di rimborso delle imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione, sono diritti che i singoli traggono da disposizioni del diritto dell’Unione aventi efficacia diretta ( 32 ). Infatti, i giudici nazionali devono tutelare proprio tali diritti, imponendo, in caso di necessità, l’obbligo di rimborso dell’imposta riscossa indebitamente.

63.

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, per quanto riguarda le disposizioni di una direttiva, i soggetti giuridici possono farle valere nei confronti di uno Stato membro, davanti agli organi giurisdizionali, nei casi in cui uno Stato non abbia recepito una direttiva nell’ordinamento nazionale entro il termine prescritto o l’abbia recepita in modo scorretto, a condizione che tali disposizioni siano, per il loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise ( 33 ). A mio avviso, un’applicazione scorretta delle disposizioni nazionali che recepiscono una direttiva, che comporta una violazione anche di quest’ultima, deve essere equiparata al recepimento scorretto di tale direttiva. Dal punto di vista dell’interessato, è irrilevante che la violazione dei suoi diritti, derivanti dal diritto dell’Unione, sia causata da carenze legislative di uno Stato membro o da una scorretta prassi amministrativa. In entrambi i casi, i suoi diritti vengono violati ed egli dovrebbe godere di una tutela simile.

64.

Una disposizione del diritto dell’Unione è, da un lato, incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri e, dall’altro, sufficientemente precisa per poter essere invocata da un soggetto giuridico ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini inequivocabili ( 34 ).

65.

La Corte ha inoltre dichiarato che, anche se una direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per l’adozione delle modalità della sua attuazione, una disposizione di tale direttiva può essere considerata di carattere incondizionato e preciso se impone agli Stati membri, in termini inequivocabili, un obbligo di risultato preciso e assolutamente incondizionato quanto all’applicazione della norma da essa enunciata ( 35 ).

66.

Per quanto riguarda la direttiva 2003/96, essa prevede un livello minimo di tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità ( 36 ). Al di sopra di tale livello, gli Stati membri possono determinare liberamente l’ammontare della tassazione. La direttiva prevede, altresì, numerose facoltà per gli Stati membri ai fini della strutturazione diversificata dei livelli di tassazione, tra cui quella di applicare esenzioni. Tali facoltà sono previste, in particolare, all’articolo 5, all’articolo 7, paragrafi 2 e 4, agli articoli 15, 16 e 17, nonché, in relazione ai singoli Stati membri, agli articoli 18, 18 bis e 18 ter della direttiva in esame. Inoltre, ai sensi dell’articolo 19 della direttiva medesima, il Consiglio può autorizzare gli Stati membri ad applicare ulteriori esenzioni o riduzioni in base a specifiche considerazioni politiche. La direttiva 2003/96 contiene, altresì, un certo numero di esenzioni obbligatorie. Tali esenzioni sono elencate al suo articolo 14.

67.

La possibilità di applicare aliquote d’imposta differenziate in base all’uso commerciale o non commerciale dell’elettricità, prevista all’articolo 5, quarto trattino, della direttiva 2003/96, rientra tra le suesposte facoltà degli Stati membri ( 37 ). Pur essendo vero che l’allegato I, tabella C, alla direttiva 2003/96 stabilisce aliquote minime di tassazione differenziate per l’elettricità, a seconda che sia destinata ad uso commerciale o non commerciale, è l’articolo 5 di tale direttiva a stabilire espressamente che gli Stati membri possono applicare tale differenziazione. Essi possono quindi applicare anche un’aliquota unica di tassazione, che deve rispettare l’aliquota minima di tassazione stabilita nella direttiva 2003/96 per l’uso non commerciale, che è più elevata.

68.

A questo proposito è opportuno segnalare che l’aliquota d’imposta applicata in Germania durante il periodo considerato nel procedimento principale era diverse volte superiore ai minimi previsti dalla direttiva, sia per l’energia utilizzata a fini commerciali che per quelli non commerciali. Mentre questi minimi erano rispettivamente di EUR 0,50 e EUR 1 per megawatt/ora, le aliquote previste dallo StromStG erano di EUR 12,30 e EUR 20,50 per megawatt/ora.

69.

Le disposizioni di carattere facoltativo, come quella di cui all’articolo 5, quarto trattino, della direttiva 2003/96 ( 38 ), non sono incondizionate, poiché la loro applicazione dipende dalle decisioni dei singoli Stati membri, che in tale ambito non hanno alcun obbligo derivante dal diritto dell’Unione. Gli sgravi fiscali previsti da tali disposizioni non istituiscono, quindi, in favore dei contribuenti, diritti direttamente efficaci, che essi potrebbero far valere dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali ( 39 ). Non esiste quindi alcun diritto dei contribuenti derivante dal diritto dell’Unione e, di conseguenza, non si applica nemmeno l’obbligo, derivante dalla giurisprudenza della Corte, di rimborso delle imposte, riscosse in violazione di tale diritto, con gli interessi.

70.

Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non esige il rimborso con gli interessi dell’imposta indebitamente riscossa, nell’ipotesi in cui l’accertamento errato dell’ammontare dell’imposta derivi dalla mancata applicazione, da parte di un’amministrazione fiscale, di una riduzione dell’aliquota d’imposta, alla quale il soggetto passivo aveva diritto, prevista dal diritto nazionale in base ad un’autorizzazione facoltativa concessa agli Stati membri da una disposizione della direttiva 2003/96.

71.

Tuttavia, a mio parere, questo non esaurisce l’analisi della questione giuridica in esame.

Principi di parità di trattamento e di neutralità fiscale

72.

Il fatto che un’autorizzazione facoltativa degli Stati membri di ridurre il livello di tassazione prevista nella direttiva non faccia sorgere, in capo ai contribuenti, diritti derivanti dalle disposizioni dell’ordinamento giuridico dell’Unione, che gli stessi potrebbero far valere in giudizio, non significa invero che un’azione intrapresa dagli Stati membri sulla base di tale autorizzazione esuli dall’ambito di applicazione della direttiva stessa e, più in generale, del diritto dell’Unione. Al contrario, agendo sulla base di un’autorizzazione contenuta in una direttiva, gli Stati membri operano chiaramente sulla base di tale direttiva e quindi in una sfera compresa nel diritto dell’Unione. La natura facoltativa di questa azione non cambia nulla riguardo a questo aspetto.

73.

Di conseguenza, quando gli Stati membri si avvalgono dell’autorizzazione a differenziare le aliquote d’imposta sull’elettricità, contenuta nella direttiva 2003/96, devono agire nel rispetto del diritto dell’Unione. Ciò è del resto esplicitamente menzionato nell’articolo 5 della medesima direttiva, ai sensi del quale queste aliquote d’imposta differenziate possono essere applicate «a condizione che (...) siano compatibili con il diritto [dell’Unione]».

74.

Ciò significa che gli Stati membri, quando si avvalgono delle autorizzazioni di carattere facoltativo contenute in una direttiva, come quelle derivanti dall’articolo 5, quarto trattino, della direttiva 2003/96, sono tenuti a rispettare, tra l’altro, i principi generali del diritto dell’Unione. In una situazione come quella di cui al procedimento principale possono avere rilevanza, in particolare, i principi di neutralità fiscale e di parità di trattamento. Una violazione di tali principi può, di per sé, dare fondamento al diritto del contribuente di ottenere il rimborso con gli interessi dell’imposta pagata in eccesso, anche nell’ipotesi in cui un tale diritto non possa basarsi su una disposizione della direttiva che giustifichi il comportamento dello Stato membro, per mancanza di efficacia diretta di tale disposizione.

75.

La Corte ha avuto occasione di pronunciarsi in modo analogo in relazione alle esenzioni fiscali mantenute in vigore dagli Stati membri sulla base di un’autorizzazione facoltativa contenuta nella direttiva sul sistema comune d’imposta sul valore aggiunto. La Corte ha stabilito infatti che anche se tali esenzioni non creano in favore dei contribuenti alcun diritto derivante dal diritto dell’Unione, tuttavia i principi generali, tra cui il principio di neutralità fiscale, attribuiscono al contribuente il diritto di recuperare le somme indebitamente riscosse a causa dell’interpretazione errata di disposizioni nazionali che prevedano tali esenzioni ( 40 ).

76.

Per quanto riguarda il principio di neutralità fiscale, nella giurisprudenza della Corte questo principio viene considerato come un riflesso, nell’ambito del diritto fiscale dell’Unione (in particolare delle disposizioni riguardanti l’imposta sul valore aggiunto), del principio di parità di trattamento ( 41 ). Questa affermazione è, ovviamente, vera in linea di principio. Tuttavia, bisogna tenere presente che la nozione di neutralità fiscale ha un suo significato teorico speciale nella dottrina fiscale e per questo motivo viene utilizzata, in diritto tributario, accanto o, a volte, in sostituzione, al concetto di parità di trattamento. Il punto è che il sistema fiscale dovrebbe essere costruito in modo tale che un diverso trattamento fiscale di beni, servizi o attività simili non influenzi decisioni economiche degli operatori del mercato, poiché queste decisioni dovrebbero essere prese esclusivamente sulla base di criteri economici ( 42 ).

77.

Il principio di neutralità fiscale così inteso si riferisce più che altro alle disposizioni di diritto tributario, poiché tali disposizioni, grazie alla loro prevedibilità, sono idonee a influenzare il comportamento dei soggetti economici. Invece è più difficile supporre che tale comportamento possa essere influenzato da decisioni puntuali degli organi che applicano il diritto tributario, soprattutto quando sono di natura consequenziale, ossia quando riguardano le modalità di tassazione di operazioni già compiute da contribuenti ( 43 ). Di conseguenza, non credo che l’errata applicazione della normativa tributaria tedesca, oggetto del procedimento principale, possa essere considerata una violazione del principio di neutralità fiscale.

78.

È irrilevante, al riguardo, il fatto che sia il legislatore tedesco che le amministrazioni finanziarie, agendo nell’ambito del recepimento della direttiva 2003/96, siano obbligati a rispettare il principio generale del diritto dell’Unione, ossia il principio della parità di trattamento.

79.

Un’eventuale violazione di tale principio nel contesto del procedimento principale non è stata esaminata nella domanda di pronuncia pregiudiziale, né è stata oggetto di discussione tra le parti interessate nel presente procedimento. La Corte non è quindi sufficientemente informata per decidere tale questione. L’esame della violazione del principio di parità di trattamento in una situazione come quella di cui al procedimento principale richiede, invero, un’analisi dei fatti del caso concreto e della situazione di un determinato soggetto. Spetterà quindi al giudice del rinvio accertare se l’applicazione errata delle disposizioni dello StromStG ponga la società XY in una posizione meno favorevole rispetto a soggetti che si trovano in una situazione analoga, di modo che si verifichi una violazione del principio di parità di trattamento. Si tratta, in particolare, dei soggetti che svolgono un’attività simile a quella della società e che possono quindi essere suoi concorrenti.

80.

Qualora il giudice del rinvio dovesse accertare che si è verificata una violazione del principio di parità di trattamento, questa violazione potrà dare, di per sé, fondamento, ai sensi del diritto dell’Unione, alla domanda della società XY, di rimborso con gli interessi dell’importo dell’imposta sull’elettricità indebitamente riscossa.

81.

Naturalmente, in tale situazione, le condizioni di rimborso saranno soggette al principio di equivalenza e di efficacia. Questo significa che tali condizioni non possono essere meno favorevoli di quelle che regolano misure analoghe di natura interna e, in pratica, non possono rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei poteri conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione ( 44 ).

Diritto di proprietà

82.

Nel diritto dell’Unione la proprietà è tutelata, in particolare, in forza dell’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ai sensi dell’articolo 51 della Carta, la stessa si applica agli Stati membri nella parte in cui questi Stati attuano il diritto dell’Unione. Ciò si riferisce senza dubbio ai casi in cui uno Stato membro recepisce una direttiva ed in particolare anche quando si avvale delle autorizzazioni facoltative contenute in tale direttiva. Anche l’applicazione, da parte delle autorità amministrative, di disposizioni di diritto nazionale che costituiscono il recepimento di una direttiva deve essere considerata come un’applicazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro.

83.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, laddove la stessa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma, il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. Per quanto riguarda l’articolo 17 della Carta, in base ai chiarimenti riguardanti la Carta dei diritti fondamentali ( 45 ), tale articolo corrisponde all’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU. Di conseguenza, l’articolo 17 della Carta deve essere interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») riguardante quest’ultima disposizione ( 46 ).

84.

Per quanto riguarda il problema del rimborso delle imposte indebitamente riscosse, la Corte EDU adotta la tesi che un credito accertato con un sufficiente grado di certezza costituisca un «bene», ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU. Il diritto al rimborso dell’imposta pagata in eccesso, riconosciuto da un’autorità amministrativa, costituisce un credito di questo tipo ( 47 ). Secondo la Corte EDU, ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU, il pagamento degli interessi permette di risarcire il danno subito dall’interessato a causa del tempo trascorso durante il quale non ha potuto disporre delle somme indebitamente riscosse dalle autorità amministrative. Le condizioni per il rimborso dell’imposta indebitamente pagata non devono, infatti, essere tali da imporre un onere eccessivo all’interessato o compromettere in modo rilevante la sua situazione finanziaria ( 48 ). Nell’ipotesi in cui il rimborso dell’imposta indebitamente pagata avvenga dopo un lungo periodo, il mancato pagamento degli interessi sull’ammontare dell’imposta pagata in eccesso può, quindi, alterare l’equilibrio tra l’interesse pubblico e l’interesse individuale e, conseguentemente, costituire una violazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU ( 49 ).

85.

Alla luce della summenzionata giurisprudenza bisogna ritenere che il mancato pagamento degli interessi sull’ammontare dell’imposta indebitamente riscossa possa configurare una violazione dell’articolo 17 della Carta, se la riscossione di tale imposta da parte di uno Stato membro sia avvenuta nel contesto dell’applicazione del diritto dell’Unione. Ciò avviene in particolare nel caso in cui il mancato pagamento degli interessi comporti per il contribuente interessato un onere finanziario sproporzionato, ad esempio a causa del trascorrere di un lungo periodo di tempo durante il quale non ha potuto disporre della somma pagata in eccesso. L’accertamento dell’esistenza di una tale violazione dell’articolo 17 richiede una valutazione delle circostanze del caso concreto da parte degli organi giurisdizionali nazionali.

86.

Tale violazione, se accertata, costituisce un autonomo fondamento, basato sul diritto dell’Unione, della pretesa del contribuente di ottenere il pagamento degli interessi sull’importo dell’imposta pagata in eccesso.

Proposta di soluzione

87.

Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere alla questione pregiudiziale nel senso che il diritto dell’Unione non impone il rimborso con gli interessi di un’imposta indebitamente riscossa, nell’ipotesi in cui l’errata determinazione dell’ammontare dell’imposta derivi dalla mancata applicazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di una riduzione dell’aliquota d’imposta alla quale il contribuente aveva diritto e che è stata introdotta nell’ordinamento nazionale in base ad un’autorizzazione facoltativa concessa agli Stati membri da una delle disposizioni della direttiva 2003/96, ad eccezione dei casi in cui la mancanza di tale rimborso possa costituire una violazione del principio della parità di trattamento o dell’articolo 17 della Carta, ipotesi che spetta al giudice nazionale verificare, alla luce delle circostanze del caso concreto.

Conclusioni

88.

In base a tutte le considerazioni che precedono, propongo di rispondere alla questione pregiudiziale formulata dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) nei seguenti termini:

Il diritto dell’Unione non impone il rimborso con gli interessi di un’imposta indebitamente riscossa, nell’ipotesi in cui l’errata determinazione dell’ammontare dell’imposta derivi dalla mancata applicazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di una riduzione dell’aliquota d’imposta alla quale il contribuente aveva diritto e che è stata introdotta nell’ordinamento nazionale in base ad un’autorizzazione facoltativa concessa agli Stati membri da una delle disposizioni della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, ad eccezione dei casi in cui la mancanza di tale rimborso possa costituire una violazione del principio della parità di trattamento o dell’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ipotesi che spetta al giudice nazionale verificare, alla luce delle circostanze del caso concreto.


( 1 ) Lingua originale: il polacco.

( 2 ) GU 2003, L 283, pag. 51.

( 3 ) Direttiva del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU 1992, L 76, pag. 1), attualmente sostituita dalla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12).

( 4 ) BGBl 2008 I, pag. 2794.

( 5 ) Le suddette informazioni si basano in parte sui chiarimenti forniti dal governo tedesco nelle sue osservazioni scritte.

( 6 ) Occorre sottolineare che la seguente analisi si riferisce esclusivamente alla fornitura di energia elettrica da accumulatori stazionari, che rimangono in possesso del fornitore di tale energia. Non mi occupo quindi della fornitura di batterie cariche o di altre fonti portatili di energia elettrica.

( 7 ) Sentenza del Bundesfinazhof del 19 giugno 2012, VII R 32/10. Tale sentenza è stata allegata alle osservazioni sia del governo tedesco che alle risposte della società XY ai quesiti aggiuntivi della Corte.

( 8 ) Per quanto riguarda l’aspetto della conversione dell’energia vedi in prosieguo, in particolare il paragrafo 39.

( 9 ) Si tratta in questo caso ovviamente solo dell’elettricità che la società XY immagazzina negli accumulatori e successivamente fornisce ai propri clienti. Per quanto riguarda l’elettricità che la società utilizza per scopi diversi, ad esempio al fine di prestare servizi di climatizzazione, è proprio la società XY l’utilizzatore finale.

( 10 ) Sentenza del 12 febbraio 2009, Commissione/Polonia (C‑475/07, non pubblicata, EU:C:2009:86, punto 57).

( 11 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE (GU 2003, L 176, pag. 37).

( 12 ) COM(97) 30 def., pag. 5.

( 13 ) V. sentenza del 12 febbraio 2009, Commissione/Polonia (C‑475/07, non pubblicata, EU:C:2009:86, punti 20, 2156).

( 14 ) V. articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/118.

( 15 ) Bednarek, K., Bugała, A., Własności użytkowe akumulatorów kwasowo-ołowiowych, Poznan University of Technology Academic Journals, n. 92/2017, pagg. da 47 a 60, alla pag. 52.

( 16 ) V., analogamente, sentenza del 12 febbraio 2009, Commissione/Polonia (C‑475/07, non pubblicata, EU:C:2009:86, punti 5356).

( 17 ) Decisione di esecuzione del Consiglio (UE), del 6 dicembre 2016, che autorizza i Paesi Bassi ad applicare un’aliquota d’imposta ridotta sull’energia elettrica erogata alle stazioni di ricarica dei veicoli elettrici (GU 2016, L 342, pag. 30).

( 18 ) V., da ultimo, sentenza dell’11 settembre 2019, Călin (C‑676/17, EU:C:2019:700, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

( 19 ) Le tecnologie di immagazzinamento dell’energia elettrica sotto forma di elettricità, ad esempio basate su cosiddetti supercondensatori, sono soltanto nella fase di sviluppo e non sono disponibili su larga scala.

( 20 ) Tale questione non è controversa nel procedimento principale. Se ho capito bene, è su questa conversione in energia chimica che il giudice del rinvio basa la sua tesi secondo la quale la società XY consuma l’elettricità.

( 21 ) Non a caso tali carburanti sono definiti nella direttiva 2003/96 come «prodotti energetici».

( 22 ) Il senso di tale operazione consiste nel fatto che l’acqua viene pompata durante i periodi di bassa domanda di elettricità e drenata durante il picco di tale domanda, permettendo la generazione di elettricità. Questo permette di bilanciare il carico sulla rete di distribuzione e, allo stesso tempo, di rendere redditizia tale attività grazie alle variazioni del prezzo dell’elettricità in base alla domanda.

( 23 ) Revesz, R.L., & Unel, B., Managing the Future of the Electricity Grid: Energy Storage and Greenhouse Gas Emissions, Harvard Environmental Law Review, n. 42/2018, pagg. da 139 a 196.

( 24 ) Paragrafi 34 e 45.

( 25 ) V., da ultimo, sentenza dell’11 settembre 2019, Călin (C‑676/17, EU:C:2019:700, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

( 26 ) Occorre, tuttavia, tener conto anche della giurisprudenza della Corte, ai sensi della quale il rimborso dell’imposta pagata in eccesso non dovrebbe essere fonte di arricchimento senza causa, in particolare nell’ipotesi in cui il contribuente abbia trasferito l’onere finanziario di tale imposta all’acquirente (v., in particolare, sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer-Danfoss, C‑94/10, EU:C:2011:674, punti 2122).

( 27 ) V., da ultimo, sentenza dell’11 settembre 2019, Călin (C‑676/17, EU:C:2019:700, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) V. sul punto la risoluzione del Parlamento europeo del 10 luglio 2020, sull’approccio europeo globale in relazione all’immagazzinamento dell’energia [P9 TA(2020)0198].

( 29 ) K (2007) 2416 final, aiuti di Stato N 775/2005 – Germania.

( 30 ) V., da ultimo, sentenza dell’11 settembre 2019, Călin (C‑676/17, EU:C:2019:700, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) V., in particolare, sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478, punti 2526).

( 32 ) V., in particolare, sentenze del 26 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (33/76, EU:C:1976:188, punto 5, prima e seconda frase), del 27 marzo 1980, Denkavit italiana (61/79, EU:C:1980:100, punto 1, lettera a, del dispositivo), e del 9 novembre 1983, San Giorgio (199/82, EU:C:1983:318, punto 12).

( 33 ) V., da ultimo, sentenza del 14 gennaio 2021, RTS infra e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel (C‑387/19, EU:C:2021:13, punto 44).

( 34 ) Sentenza del 14 gennaio 2021, RTS infra e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel (C‑387/19, EU:C:2021:13, punto 46).

( 35 ) Sentenza del 14 gennaio 2021, RTS infra e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel (C‑387/19, EU:C:2021:13, punto 47).

( 36 ) Articolo 4 direttiva 2003/96.

( 37 ) In modo analogo, per altro, alla possibilità di ridurre l’imposta a favore delle imprese a forte consumo di energia disciplinata all’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva, menzionata nella questione pregiudiziale, che tuttavia sembra non trovare in realtà applicazione nel procedimento principale.

( 38 ) O l’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva.

( 39 ) V., in senso analogo, sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer (C‑309/06, EU:C:2008:211, punto 28).

( 40 ) Sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer (C‑309/06, EU:C:2008:211, punti 12 del dispositivo).

( 41 ) V., da ultimo, sentenza del 17 dicembre 2020, WEG Tevesstraße (C‑449/19, EU:C:2020:1038, punto 48).

( 42 ) V.: OECD International VAT/GST Guidelines. Guidelines on Neutrality (https://www.oecd.org/ctp/consumption/guidelinesneutrality2011.pdf), nonché: Maitrot de la Motte, A., Droit fiscal de l’Union européenne, Bruxelles, Bruylant, 2016, pagg. 393 e 394.

( 43 ) Tuttavia una prassi amministrativa consolidata, come nella causa definita con la sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer (C‑309/06, EU:C:2008:211), dove l’interpretazione errata delle disposizioni fiscali nazionali era applicata ininterrottamente dal 1973 al 1994 (v. punto 9 di tale sentenza), può plasmare il comportamento degli operatori del mercato analogamente alle disposizioni giuridiche e violare il principio di neutralità fiscale.

( 44 ) Sentenza del 14 ottobre 2020, Valoris (C‑677/19, EU:C:2020:825, punto 21).

( 45 ) GU 2007, C 303, pag. 17.

( 46 ) Sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 72).

( 47 ) Sentenza CEDU del 9 marzo 2006, Eko-Elda Avee c. Grecia (CE:ECHR:2006:0309JUD001016202, §§ 26, 27 e giurisprudenza ivi citata).

( 48 ) Sentenza CEDU del 9 marzo 2006, Eko-Elda Avee c. Grecia (CE:ECHR:2006:0309JUD001016202, §§ 29, 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 49 ) Sentenza CEDU del 9 marzo 2006, Eko-Elda Avee c. Grecia (CE:ECHR:2006:0309JUD001016202, § 31).

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