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Document 62020CC0009

Conclusioni dell’avvocato generale E. Tanchev, presentate il 9 settembre 2021.


; Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:730

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 9 settembre 2021 ( 1 )

Causa C‑9/20

Grundstücksgemeinschaft Kollaustraße 136

contro

Finanzamt Hamburg-Oberalster

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo, Germania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 66, lettera b) – Articolo 167 – Momento in cui sorge il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte – Affitto e subaffitto di beni immobili destinati a uso industriale o commerciale»

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte su quale sia il momento appropriato in cui un soggetto passivo può detrarre l’IVA assolta a monte per servizi di locazione forniti da un soggetto passivo che utilizza il metodo di contabilizzazione dell’IVA per cassa.

2.

Più precisamente, il soggetto passivo che ha ricevuto i servizi in questione ha richiesto le corrispondenti detrazioni dell’IVA assolta a monte nel momento in cui ha effettuato pagamenti al suo fornitore che anche utilizza il metodo di contabilizzazione dell’IVA per cassa (in prosieguo: il «fornitore che usa la contabilità di cassa»), in apparente conformità all’articolo 167 della direttiva IVA ( 2 ), in combinato disposto con l’articolo 66, lettera b), di tale direttiva. Tali pagamenti erano stati in parte effettuati molto più tardi rispetto ai periodi di affitto ai quali erano imputabili. L’amministrazione tributaria tedesca ha di conseguenza sostenuto che le detrazioni avrebbero dovuto essere applicate al momento della prestazione, vale a dire nel momento in cui il bene affittato era stato messo a disposizione del contribuente in quanto destinatario dei servizi locativi.

3.

Il giudice del rinvio ha sollevato due questioni pregiudiziali a tale riguardo. Conformemente alla richiesta della Corte, nelle presenti conclusioni mi limiterò ad esaminare la prima delle questioni pregiudiziali, che verte sull’interpretazione dell’articolo 167 della direttiva IVA.

I. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione europea

1. La direttiva IVA

4.

L’articolo 63 della direttiva IVA è così formulato:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

5.

L’articolo 66 della direttiva IVA stabilisce quanto segue:

«In deroga agli articoli 63, 64 e 65, gli Stati membri possono stabilire che, per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi, l’imposta diventi esigibile in uno dei momenti seguenti:

(…)

(b) non oltre il momento dell’incasso del prezzo;

(...)».

6.

L’articolo 167 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».

7.

Ai sensi dell’articolo 167 bis della direttiva IVA:

«Gli Stati membri possono prevedere, nel quadro di un regime opzionale, che il diritto a detrazione di un soggetto passivo per il quale l’IVA diventa esigibile solamente a norma dell’articolo 66, lettera b), sia posposto fino al pagamento dell’IVA, al suo fornitore/prestatore, relativa ai beni ceduti o servizi resi a detto soggetto passivo.

(…)».

8.

L’articolo 226 della direttiva IVA stabilisce quanto segue:

«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

(…)

7 bis)

se l’IVA diventa esigibile al momento dell’incasso in conformità dell’articolo 66, lettera b), e il diritto a detrazione sorge nel momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile, la dicitura “contabilità di cassa”;

(…)».

B.   Diritto tedesco

Ai fini delle presenti conclusioni, per la descrizione del diritto tedesco applicabile, rinvio al punto 11 dell’ordinanza di rinvio.

II. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

9.

La Grundstücksgemeinschaft Kollaustraße 136 (la ricorrente nella causa principale; in prosieguo: la «GK») è una società tedesca di diritto civile che ha conseguito proventi affittando un bene immobile commerciale a diversi locatari nel corso degli anni controversi. La GK, a sua volta, aveva preso in affitto tale bene dalla sua locatrice. Sia la GK sia la locatrice avevano rinunciato all’esenzione dal pagamento dell’IVA per tali proventi derivanti dall’affitto, optando per il pagamento dell’IVA. Entrambe sono state autorizzate dall’amministrazione tributaria tedesca a calcolare l’imposta non in funzione del corrispettivo convenuto, bensì di quello riscosso, ai sensi dell’articolo 20 dell’Umsatzsteuergesetz (legge tedesca relativa all’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStG»). Con il contratto di affitto, la GK disponeva di una ordinaria fattura permanente per il canone che pagava alla sua locatrice.

10.

A partire dall’anno 2004, i pagamenti di parte degli affitti sono stati parzialmente dilazionati. Ciò ha comportato che la GK effettuasse i pagamenti per l’affitto del bene relativo agli anni tra il 2009 e il 2012 nei successivi anni controversi, vale a dire dal 2013 al 2016. Inoltre, nell’anno 2016 la locatrice ha concesso alla GK la remissione del debito residuo per un ammontare pari a EUR 22462,62. Pertanto, tale canone di affitto non è mai stato pagato.

11.

In ciascuno dei menzionati pagamenti era incluso il 19% a titolo di IVA. La GK ha presentato richiesta di detrazione, indipendentemente dal periodo di affitto ai quali erano imputabili i pagamenti, sempre nel periodo della dichiarazione ovvero nell’anno civile nel quale aveva avuto luogo il versamento.

12.

Nell’ambito di una verifica esterna, il Finanzamt Hamburg-Oberalster (in prosieguo: il «Finanzamt») ha ritenuto che gli anni corretti nei quali la GK avrebbe potuto usufruire delle detrazioni dell’IVA assolta a monte sui canoni versati alla sua locatrice erano gli anni di affitto cui erano imputabili i pagamenti, e non gli anni (successivi) dell’effettivo pagamento. L’amministrazione tributaria ha ritenuto che, indipendentemente dal fatto che la locatrice della GK utilizzasse la contabilità dell’IVA per cassa (denominato «Ist-Versteuerung»), il diritto alla detrazione della GK sorgesse comunque al momento della prestazione, vale a dire nel momento in cui l’immobile era stato messo a disposizione della GK secondo l’accordo di affitto. Di conseguenza, il Finanzamt ha respinto la detrazione dell’IVA assolta a monte, che ha ritenuto essere stata imputata agli anni errati. Per i periodi d’imposta precedenti ai quali il Finanzamt ha imputato le detrazioni dell’IVA assolta a monte, al momento dell’emissione degli avvisi di accertamento dell’IVA era in parte intervenuta la prescrizione, di modo che la GK si è vista negare tali detrazioni dell’IVA assolta a monte.

13.

Il 3 luglio 2017 la GK ha proposto reclamo avverso gli avvisi di accertamento o gli avvisi provvisori di accertamento dell’IVA del 15 giugno 2017 per gli anni dal 2013 al 2016. I reclami sono stati respinti in data 8 novembre 2017. Pertanto, il 28 novembre 2017 la GK ha inoltrato ricorso dinanzi al giudice del rinvio. In tale contesto, la GK sostiene che gli avvisi impugnati sono in contrasto con la direttiva IVA. Secondo la GK, la tesi del Finanzamt, secondo la quale il diritto alla detrazione sorge sempre già al momento della realizzazione dell’operazione, non sarebbe corretta. Se il prestatore di servizi calcolasse la sua imposta sulla base dei corrispettivi riscossi, il diritto del destinatario della prestazione a detrazione dell’IVA assolta a monte sorgerebbe, piuttosto, solamente a seguito del versamento del corrispettivo da parte di questi. Dunque, giustamente la GK avrebbe presentato richiesta di detrazione sempre nell’anno del versamento.

14.

Nell’ordinanza di rinvio, il giudice del rinvio afferma che, secondo il diritto nazionale, così come interpretato dal giudice del rinvio, il diritto a detrazione del destinatario del servizio sorge nel momento in cui viene generato il fatturato, a prescindere dal fatto che il prestatore di servizi utilizzai il metodo di contabilizzazione dell’IVA per cassa o quello per competenza ( 3 ). Ciò implica che la tesi del Finanzamt sarebbe corretta su questo punto, ai sensi del diritto nazionale. Tuttavia, il giudice del rinvio si chiede se la normativa nazionale sia compatibile con talune disposizioni della direttiva IVA.

15.

Date tali circostanze, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 167 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, osti a una normativa nazionale in virtù della quale il diritto a detrazione dell’imposta assolta a monte sorge già al momento della realizzazione dell’operazione, anche nel caso in cui in forza del diritto nazionale l’imposta diventa esigibile nei confronti del fornitore o del prestatore di servizi solo al momento dell’incasso del corrispettivo e il corrispettivo non è stato ancora versato;

2)

In caso di risposta negativa alla prima questione, se l’articolo 167 della [direttiva 2006/112/CE], osti a una normativa nazionale in virtù della quale il diritto a detrazione dell’imposta assolta a monte non può essere invocato per il periodo d’imposta per il quale il corrispettivo è stato versato qualora l’imposta diventi esigibile nei confronti del fornitore o del prestatore di servizi solo a seguito dell’incasso del corrispettivo, la prestazione sia già stata eseguita nel corso di un periodo d’imposta precedente e il diritto a detrazione non possa essere esercitato per tale periodo d’imposta per intervenuta prescrizione».

16.

Hanno presentato osservazioni scritte la Grundstücksgemeinschaft Kollaustraße 136, i governi tedesco e svedese e la Commissione europea. Non essendone stata fatta richiesta, non si è tenuta udienza.

17.

Come ho indicato al precedente paragrafo 3, limiterò le presenti conclusioni all’esame della prima di tali due questioni.

III. Analisi

A.   Osservazioni preliminari

18.

È pacifico che la GK soddisfacesse le condizioni sostanziali del diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte di cui trattasi. È altresì pacifico che la GK detenesse una valida fattura permanente nella forma di un accordo di affitto con la propria locatrice e che soddisfaceva quindi tale requisito formale ai fini delle detrazioni di cui trattasi. La controversia tra le parti nel procedimento principale riguarda il momento corretto nel quale la GK poteva esercitare il suo diritto a tali detrazioni.

19.

Tuttavia, in pratica, secondo la GK, la tesi del Finanzamt comporterebbe la perdita effettiva di una parte di tali detrazioni, poiché, per alcuni degli anni nei quali, secondo il Finanzamt, avrebbero dovuto essere richieste le detrazioni, è ormai intervenuta la prescrizione.

20.

Le difficoltà interpretative riscontrate dal giudice del rinvio e gli argomenti addotti dai governi tedesco e svedese riguardano due distinte questioni.

21.

In primo luogo, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 167 della direttiva IVA costituisca di per sé una disposizione imperativa che gli Stati membri sono tenuti a osservare in sede di attuazione della direttiva IVA, o se si limiti a esprimere un «principio guida» (l’ordinanza di rinvio usa l’espressione «Leitidee») al quale gli Stati membri possono derogare nell’attuare la direttiva IVA. A titolo di possibile sostegno a tale tesi, il giudice del rinvio fa riferimento a una dichiarazione inserita nel verbale del Consiglio, che fa riferimento alla disposizione che ha preceduto l’articolo 167 della direttiva IVA, vale a dire l’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA, all’epoca dell’adozione di tale direttiva.

22.

In secondo luogo, i governi tedesco e svedese sostengono entrambi, in sostanza, che il riferimento, figurante all’articolo 167 della direttiva IVA, a «quando l’imposta detraibile diventa esigibile» dovrebbe essere inteso come un riferimento al momento in cui l’imposta detraibile sarebbe divenuta esigibile in forza dell’articolo 63 della direttiva IVA qualora non fosse stata applicata alcuna deroga, non tenendo conto in particolare dell’effetto di un’eventuale deroga nazionale ai sensi dell’articolo 66, lettera b), di tale direttiva.

23.

Affronterò innanzitutto il dubbio espresso dal giudice del rinvio circa la natura imperativa dell’articolo 167 della direttiva IVA. Tenuto conto dei fatti di causa nel procedimento principale e degli argomenti dedotti, in particolare dai governi tedesco e svedese, ritengo utile esaminare poi brevemente il trattamento dell’IVA che deriverebbe da un’applicazione diretta della formulazione chiara e inequivocabile dell’articolo 167 della direttiva IVA a un soggetto passivo che riceve servizi da un altro soggetto passivo che versa l’IVA secondo il metodo di contabilizzazione per cassa conformemente a una deroga nazionale ai sensi dell’articolo 66, lettera b), quale la «Ist-Besteuerung» tedesca di cui trattasi nel procedimento principale, prima di rispondere a taluni argomenti dedotti dei governi tedesco e svedese e spiegare perché tali argomenti a mio avviso non persuadono.

B.   Sulla natura imperativa dell’articolo 167 della direttiva IVA

24.

Nell’ordinanza di rinvio, il giudice del rinvio si esprime nel senso che le norme tedesche in materia di IVA siano in contraddizione con un’applicazione rigorosa dell’articolo 167 della direttiva IVA, secondo la sua formulazione letterale ( 4 ).

25.

Il giudice del rinvio rileva, tuttavia, che la normativa tedesca in materia di IVA di cui trattasi potrebbe essere conciliabile con l’articolo 167 della direttiva IVA, allorché lo si consideri non come una disposizione imperativa, ma come un semplice «principio guida» e si chiede specificamente se una dichiarazione inserita nel verbale del Consiglio relativa all’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA ( 5 ) possa essere invocata a sostegno di tale interpretazione dell’articolo 167 della direttiva IVA ( 6 ). Il Consiglio e la Commissione affermano in tale dichiarazione che gli Stati membri possono discostarsi dalla regola generale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, se il fornitore o il prestatore di servizi è tassato secondo i redditi ( 7 ).

26.

Il giudice del rinvio fa riferimento al riguardo alla sentenza della Corte del 19 giugno 2008, Commissione/Lussemburgo ( 8 ), in cui la Corte ha ammesso che una dichiarazione del Consiglio e della Commissione, inserita nei verbali del Consiglio al momento dell’adozione della direttiva 96/71/CE ( 9 ), poteva rappresentare un ausilio nell’interpretazione di una disposizione di tale direttiva, ma rileva altresì che, secondo la giurisprudenza della Corte, ciò non vale, in linea generale, se il contenuto di siffatte dichiarazioni non è stato recepito nella formulazione delle norme pertinenti ( 10 ). Né il governo tedesco né il governo svedese hanno inteso, nelle loro osservazioni, dedurre l’argomento secondo cui l’articolo 167 della direttiva IVA esprime un semplice principio guida né hanno sostenuto che la dichiarazione menzionata al paragrafo 25 delle presenti conclusioni implichi che l’articolo 167 di tale direttiva non è vincolante per gli Stati membri.

27.

Aggiungo che, oltre alla dichiarazione inserita nel verbale del Consiglio relativa alla sesta direttiva IVA, cui fa espresso riferimento il giudice del rinvio, nel verbale del Consiglio è stata inserita un’altra dichiarazione del Consiglio e della Commissione riguardante l’articolo 167 bis in relazione all’adozione di tale disposizione nella direttiva 2010/45/UE ( 11 ). Tale dichiarazione così recita: «Il Consiglio e la Commissione dichiarano che gli Stati membri possono discostarsi dal principio espresso dall’articolo 167 della direttiva 2006/112/CE, se il fornitore di beni o il prestatore di servizi è tassato secondo i redditi» ( 12 ).

28.

A mio avviso, nessuna delle due dichiarazioni menzionate ai paragrafi 25 e 27 delle presenti conclusioni supporta la tesi secondo la quale l’articolo 167 della direttiva IVA dovrebbe essere considerato come un semplice principio guida o nel senso di conferire agli Stati membri il diritto di derogare al chiaro tenore letterale di tale disposizione.

29.

La Corte ha più volte esaminato il valore interpretativo delle dichiarazioni inserite nei verbali del Consiglio al momento dell’adozione del diritto derivato. La Corte ha già dichiarato, nella sentenza 23 febbraio 1988, Commissione/Italia ( 13 ), che «un argomento basato su una dichiarazione del Consiglio non può giustificare un’interpretazione diversa da quella che si evince dalla lettera stessa dell[a pertinente disposizione di diritto derivato di cui trattasi]».

30.

Successivamente, la Corte ha dichiarato, nella sentenza del 26 febbraio 1991, Antonissen ( 14 ), che «[una dichiarazione contenuta nel verbale del Consiglio emessa in occasione dell’adozione del diritto derivato pertinente] non può essere presa in considerazione per interpretare una disposizione del diritto derivato quando (…) il contenuto della dichiarazione non trova alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi» e che tale dichiarazione «non [aveva] pertanto portata giuridica».

31.

Il criterio «Antonissen» per l’utilizzazione delle dichiarazioni contenute nel verbale del Consiglio ai fini dell’interpretazione del diritto derivato è stato confermato da tempo in numerose decisioni, sia precedenti sia successive alla sentenza Lussemburgo, concernenti l’interpretazione del diritto derivato su materie molto diverse, come il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi ( 15 ), la responsabilità per danno da prodotti difettosi ( 16 ), l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile autoveicoli ( 17 ) e le norme comuni per i regimi di sostegno diretto a favore degli agricoltori nell’ambito della politica agricola comune ( 18 ), fra le altre, e anche in materia di interpretazione delle varie direttive IVA ( 19 ). Il criterio Antonissen costituisce quindi giurisprudenza ben consolidata della Corte.

32.

È evidente, a mio avviso, che nessuna delle due dichiarazioni contenute nei verbali del Consiglio e relative, rispettivamente, all’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA e all’articolo 167 bis della direttiva IVA, soddisfa il criterio Antonissen. Né l’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA né l’articolo 167 della direttiva IVA contengono il benché minimo riferimento alle dichiarazioni in questione.

33.

Tuttavia, nella sentenza Lussemburgo, la Corte ha ammesso che una dichiarazione del Consiglio e della Commissione, contenuta nei verbali del Consiglio ed emessa in occasione dell’adozione della direttiva 96/71, poteva rappresentare un ausilio nell’interpretazione di un’espressione contenuta in una disposizione di tale direttiva. Tale dichiarazione era intitolata «Dichiarazione n. 10 sull’articolo 3, paragrafo 10, della direttiva 96/71» e forniva precisazioni sul modo in cui occorreva interpretare l’espressione «disposizioni di ordine pubblico» che figura in tale disposizione.

34.

L’articolo 3, paragrafo 10, della direttiva 96/71 non contiene riferimenti alla dichiarazione, il che sembrerebbe porre la sentenza Lussemburgo in contrasto con la giurisprudenza della Corte nella causa Antonissen. Tuttavia, contrariamente a quest’ultima sentenza, la dichiarazione di cui trattasi nella sentenza Lussemburgo aveva fornito una spiegazione coeva dell’esatto significato inteso da una particolare espressione. Essa non intendeva modificare il contenuto della disposizione di cui trattasi né il significato dei termini utilizzati nell’espressione. Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale Trstenjak nelle sue conclusioni relative alla causa Commissione/Lussemburgo, la dichiarazione n. 10 non era in contrasto con la nozione di ordine pubblico, ma contribuiva piuttosto a determinare il contenuto della disposizione derogatoria in senso conforme alla giurisprudenza della Corte ( 20 ).

35.

Per di più, la sentenza Lussemburgo riguardava una causa per inadempimento avviata dalla Commissione in seguito all’inadempimento del Lussemburgo agli obblighi ad esso incombenti in forza della pertinente disposizione della direttiva in questione e delle pertinenti disposizioni del Trattato. L’espressione «disposizioni di ordine pubblico» figurava in una disposizione ( 21 ) i cui destinatari erano gli Stati membri, che consentiva loro, in via di deroga, di applicare talune «condizioni di lavoro e di occupazione» diverse da quelle enunciate all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71. La dichiarazione in questione consentiva di ritenere che gli Stati membri disponessero di un margine discrezionale più limitato di quello sostenuto dall’interpretazione data dal Lussemburgo. Come ha sottolineato l’avvocato generale Trstenjak nelle sue conclusioni in tale causa, il governo lussemburghese, quale legittimo rappresentante di uno Stato membro presente in Consiglio, non poteva negare di conoscere la dichiarazione n. 10. La mancata pubblicazione della dichiarazione n. 10 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea non aveva pertanto sminuito la sua portata giuridica in una causa contro tale Stato membro.

36.

Al contrario, nella presente causa, la dichiarazione alla quale fa riferimento il giudice del rinvio nella sua ordinanza di rinvio è in diretto contrasto con il chiaro testo dell’articolo 167 della direttiva IVA, così come lo è la dichiarazione contenuta nei verbali del Consiglio relativa all’articolo 167 bis della direttiva IVA ed emessa in occasione dell’adozione di tale disposizione. Invocare l’una o l’altra dichiarazione nella presente causa per negare la natura imperativa dell’articolo 167 della direttiva IVA comporterebbe, nella causa di cui la Corte è investita, un danno a un soggetto passivo da cui non si dovrebbe pretendere che vada alla ricerca di documenti interni del Consiglio, quali i suoi verbali. Come precisato dalla Corte nella sentenza Denkavit International ( 22 ) e Gaz de France – Berliner Investissement ( 23 ): «[Le] norme positive (…) sono infatti destinate agli amministrati che devono poter fare affidamento sul loro contenuto, conformemente alle prescrizioni del principio della certezza del diritto».

37.

Il giudice del rinvio manifesta altresì l’opinione, nell’ordinanza di rinvio, che l’applicazione della dichiarazione contenuta nei verbali del Consiglio relativa all’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA ai fini dell’interpretazione della direttiva IVA, dipenda dalla questione «se il contenuto della dichiarazione del protocollo abbia trovato ingresso nelle disposizioni della direttiva IVA». Esso ritiene che ciò non valga nel caso dell’articolo 167, ma si chiede se la dichiarazione contenuta nei verbali del Consiglio relativa all’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA abbia potuto trovare espressione nell’articolo 226, punto 7 bis, della direttiva IVA ( 24 ).

38.

Esistono, a mio avviso, almeno quattro valide ragioni per le quali l’articolo 226, punto 7 bis, della direttiva IVA non può essere invocato a tale scopo.

39.

In primo luogo, conformemente al criterio Antonissen, il riferimento alla dichiarazione deve essere fatto nella disposizione di cui trattasi. La dichiarazione citata dal giudice del rinvio riguarda l’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA e la dichiarazione alla quale faccio riferimento al paragrafo 27 delle presenti conclusioni riguarda l’articolo 167 della direttiva IVA; pertanto, un riferimento contenuto nell’articolo 226, punto 7 bis, non soddisferebbe tale requisito.

40.

In secondo luogo, l’articolo 226, punto 7 bis, della direttiva IVA non contiene alcun riferimento all’una o all’altra dichiarazione.

41.

In terzo luogo, il criterio Antonissen si applica alle dichiarazioni inserite nei verbali del Consiglio al momento dell’adozione della disposizione da interpretare. È manifesto che nessuna delle due dichiarazioni soddisfa tale requisito di contemporaneità per quanto riguarda l’articolo 167 della direttiva IVA. Per quanto riguarda la dichiarazione cui fa riferimento il giudice del rinvio e relativa all’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA, sarebbe in teoria possibile sostenere che la dichiarazione, che è contemporanea all’adozione di tale articolo, in qualche modo e con qualche mezzo continui ad avere un effetto anche sulla disposizione che è subentrata a tale articolo in occasione dell’adozione della direttiva IVA ( 25 ). Non vedo come si possa plausibilmente sostenere che ciò sia avvenuto attraverso l’inserimento dell’articolo 226, punto 7 bis, nella direttiva IVA, dato che tale disposizione è stata aggiunta in occasione dell’adozione della direttiva 2010/45, ovvero quasi quattro anni dopo l’adozione della direttiva IVA. Parimenti, nemmeno la dichiarazione inserita nel verbale del Consiglio al momento dell’adozione della direttiva «fatturazione» e relativa all’articolo 167 bis della direttiva IVA è contemporanea all’adozione dell’articolo 167 della direttiva IVA.

42.

In quarto luogo, il contenuto e la genesi dell’articolo 226, punto 7 bis, della direttiva IVA non consentono di ritenere che detto articolo 167 non sia vincolante per gli Stati membri. Le informazioni che, ai sensi dell’articolo 226, punto 7 bis, della direttiva IVA, devono figurare in una fattura sono necessarie al fine di garantire che ogni soggetto passivo sia in grado di conoscere il momento in cui detrarre l’IVA assolta a monte per i beni ceduti o i servizi forniti da un fornitore che utilizza la contabilità di cassa. Vorrei osservare che almeno uno dei principali commentatori tedeschi in materia di IVA ha addirittura ritenuto che l’adozione dell’articolo 226, punto 7 bis, rende ormai imperativa l’applicazione dell’articolo 167 della direttiva IVA, in base alla lettera della norma ( 26 ).

43.

Per tutti questi motivi, ritengo che le dichiarazioni inserite nei verbali del Consiglio e relative all’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA e all’articolo 167 bis della direttiva IVA non possano essere utilizzate ai fini dell’interpretazione dell’articolo 167 della direttiva IVA e sono prive di qualsiasi portata giuridica.

C.   Applicazione della deroga tedesca di cui all’articolo 66, lettera b), e dell’articolo 167 della direttiva IVA nel caso di fornitore che applica la contabilità di cassa

44.

Dall’ordinanza di rinvio risulta che la locatrice della GK aveva chiesto e ottenuto dall’amministrazione tributaria tedesca l’autorizzazione ad utilizzare il metodo di contabilità di cassa ai fini dell’IVA. Di conseguenza, l’IVA è diventata esigibile presso la locatrice, in relazione al pagamento di un canone ricevuto dalla GK, al momento dell’incasso del pagamento da parte della locatrice.

45.

Secondo la chiara formulazione del suddetto articolo 167, correlativamente, il diritto alla detrazione sorgerebbe per la GK in tale momento, vale a dire quando la GK ha pagato le somme dovute e la locatrice ha incassato tale pagamento per i vari periodi di affitto.

46.

Vorrei sottolineare che il fatto che anche la GK abbia utilizzato il metodo di contabilizzazione dell’IVA per cassa è irrilevante a tal proposito. Si sarebbe pervenuti allo stesso risultato anche se la GK avesse utilizzato il metodo di contabilizzazione dell’IVA per competenza, il quale consegue dalla semplice applicazione del chiaro e inequivocabile testo dell’articolo 167 quando il fornitore (vale a dire il destinatario del pagamento) è un soggetto passivo che utilizza la contabilità di cassa e l’IVA relativa ad una determinata cessione di beni o prestazione di servizi è divenuta di conseguenza esigibile nei confronti di tale soggetto al momento del pagamento. Il metodo di contabilizzazione dell’IVA assolta a valle utilizzato dal destinatario dei beni o dei servizi è irrilevante al riguardo ( 27 ).

D.   Punti essenziali nelle osservazioni presentate dalle parti alla Corte

1. L’articolo 63 della direttiva IVA stabilisce il momento della detrazione dell’IVA assolta a monte

47.

Il governo tedesco sostiene, nelle sue osservazioni scritte presentate alla Corte, che la prima questione pregiudiziale dovrebbe ricevere risposta negativa.

48.

A sostegno di tale tesi, il governo tedesco ritiene che l’articolo 63 della direttiva IVA enunci il principio di base secondo cui l’IVA diventa esigibile nel momento della realizzazione della cessione di beni o della prestazione di servizi. L’articolo 167, a sua volta, collega il diritto a detrazione a tale momento. Pertanto, è nello stesso momento che l’imposta diviene esigibile e sorge il diritto a detrazione. Secondo il governo tedesco, tuttavia, ciò non è per forza il caso quando uno Stato membro si avvale della facoltà prevista all’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA di derogare al principio di base enunciato all’articolo 63 di tale direttiva, istituendo un regime di contabilità di cassa come la «Ist-Versteuerung» in Germania. In tali circostanze, un destinatario di servizi può comunque usufruire della detrazione dell’IVA sulla base del metodo di contabilizzazione dell’IVA per competenza (vale a dire, al momento della cessione o prestazione, o più precisamente in Germania, in applicazione del cosiddetto «Soll-Versteuerung»), anche laddove tali servizi sono ricevuti da un prestatore di servizi tassato in base all’«Ist-Versteuerung» tedesco, come avviene per la GK.

49.

A tal riguardo, devo rilevare che la lettura data dal governo tedesco dell’articolo 167 della direttiva IVA è in diretto contrasto con la chiara formulazione letterale di tale disposizione. L’articolo 167 della direttiva IVA collega il momento della detrazione (dell’IVA assolta a monte, per il destinatario di beni o di servizi) al momento in cui l’IVA corrispondente diventa esigibile (presso il fornitore). Tale momento è definito in modo specifico all’articolo 62, paragrafo 2, della direttiva IVA, come il momento in cui «l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore [il diritto a]l pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito». L’articolo 167 della direttiva IVA esprime in tal modo una regola generale e un principio generale, in forza dei quali la detrazione dell’IVA assolta a monte da parte del destinatario è abbinata, tramite la realizzazione di un’operazione, al momento in cui l’IVA assolta a valle diventa esigibile presso il fornitore. A tal riguardo, detto articolo 167 non privilegia in alcun modo il principio enunciato all’articolo 63 della direttiva IVA rispetto alle modifiche, le eccezioni o le deroghe previste agli articoli da 64 a 66 di tale direttiva.

50.

L’articolo 63 della direttiva IVA non solo stabilisce la regola generale (fatte salve le modifiche, le eccezioni e le deroghe di cui agli articoli da 64 a 66 della direttiva) per il momento in cui l’IVA «diventa esigibile». Esso stabilisce altresì la regola generale in base alla quale si verifica il «fatto generatore dell’imposta», definito all’articolo 62, paragrafo 1, della direttiva IVA come «il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta». Ai sensi dell’articolo 63 della direttiva IVA, sia il «fatto generatore dell’imposta» sia il momento in cui l’imposta «diventa esigibile» si verificano «nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi». Il momento in cui si verifica il fatto generatore dell’imposta non subisce modifiche ad opera delle norme contenute negli articoli da 64 a 66 della direttiva IVA, mentre il momento in cui l’IVA diventa esigibile è soggetto a tali modifiche, eccezioni e deroghe.

51.

Devo anche sottolineare che se il legislatore dell’Unione avesse voluto che il diritto alla detrazione sorgesse invariabilmente al momento della cessione o della prestazione, come sembra sostenere il governo tedesco, avrebbe potuto collegare il momento in cui sorge il diritto a detrazione al fatto generatore dell’imposta, che non è modificato dalle norme speciali di cui agli articoli da 64 a 66 della direttiva IVA, piuttosto che al momento in cui l’IVA diventa esigibile, che è soggetto a tali norme.

52.

Dalla chiara formulazione dell’articolo 167 della direttiva IVA risulta quindi che quando il momento in cui l’IVA (a valle) diventa esigibile presso il fornitore è determinato ai sensi degli articoli 64, 65 o 66 della direttiva IVA, il diritto a detrazione per il destinatario dei servizi sorge correlativamente in quello stesso momento. Tale risultato è altresì coerente con il contesto dell’articolo 167.

53.

Ciò è avvalorato dalla giurisprudenza della Corte relativa al funzionamento dell’articolo 167 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 65 di tale direttiva. Ai sensi di quest’ultima disposizione, l’IVA «diventa esigibile» al momento dell’incasso e a concorrenza dell’importo incassato, qualora il versamento di acconti avvenga prima della cessione o della prestazione. Nelle sentenze del 13 marzo 2014, FIRIN ( 28 ) e del 31 maggio 2018, Kollroß e Wirtl ( 29 ) la Corte ha trattato situazioni in cui il destinatario aveva pagato acconti ad un fornitore per una cessione di beni che non aveva mai avuto luogo. La Corte ha ricordato nelle sentenze Kollroß e Wirtl che, «secondo l’articolo 167 della direttiva 2006/112, il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte sorge nel momento in cui l’imposta diventa esigibile» e ha dichiarato che, qualora siano soddisfatte talune condizioni particolari previste all’articolo 65 della direttiva IVA, il diritto a detrazione sorge e il soggetto che ha versato tale acconto può esercitare tale diritto a partire dal momento in cui il fornitore ha incassato l’acconto ( 30 ).

54.

Il governo tedesco non ha fornito alcuna ragione che giustifichi, nel caso dell’articolo 65 di tale direttiva, una diversa applicazione dell’articolo 167 della direttiva IVA, rispetto all’articolo 66, lettera b), di tale direttiva.

2. Il contesto sistematico dell’articolo 167 della direttiva IVA

55.

Il governo tedesco ammette che una lettura dell’articolo 167 della direttiva IVA senza tener conto del suo contesto sistematico potrebbe portare all’interpretazione esposta sopra al paragrafo 44 e seguenti, secondo cui il diritto a detrazione sorge nel momento in cui l’IVA in questione diventa esigibile presso il fornitore anche nel caso in cui il fornitore abbia optato per la contabilità di cassa secondo il regime tedesco «Ist-Versteuerung», vale a dire al momento del pagamento. Tuttavia, il governo tedesco sostiene che la sua tesi è avvalorata dal contesto sistematico degli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA e, segnatamente, dall’articolo 167 bis della stessa. In sintesi, il governo tedesco sostiene che l’articolo 167 bis, paragrafo 1, della direttiva IVA consente di derogare alla regola di base di cui all’articolo 167 della direttiva IVA e che tale deroga, e di conseguenza tale disposizione, perderebbe il suo ambito di applicazione se il diritto a detrazione di cui all’articolo 167 della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 66, lettera b), di tale direttiva, fosse sorto in occasione di un pagamento ancor prima dell’applicazione della deroga in forza dell’articolo 167 bis di detta direttiva. Il governo tedesco si richiama inoltre alla giurisprudenza della Corte secondo cui le disposizioni del diritto dell’Unione non possono essere interpretate in modo da essere svuotate di contenuto.

56.

Ritengo che tale argomento sia errato. Infatti, non è esatto, da un punto di vista fattuale, che l’articolo 167 bis della direttiva IVA sia svuotato di contenuto o perda il suo ambito di applicazione, se si interpretasse l’articolo 167 di tale direttiva nel senso enunciato dai termini chiari di tale disposizione. L’argomento del governo tedesco mi sembra quindi fondato su una premessa errata.

57.

L’articolo 167 della direttiva IVA collega il momento del diritto a detrazione per il destinatario di beni o servizi al momento in cui l’IVA diventa esigibile presso il fornitore di tali beni o servizi. Quando tale disposizione opera in combinato disposto con l’articolo 66, lettera b), di tale direttiva, vale a dire quando il fornitore utilizza la contabilità di cassa, il diritto del destinatario alla detrazione dell’IVA assolta a monte sorge quando il fornitore incassa il pagamento (che coincide con il momento in cui il destinatario dei beni o dei servizi in questione effettua il pagamento). Il metodo generalmente applicato dal destinatario per la contabilizzazione dell’IVA assolta a valle – per cassa o per competenza – è ininfluente. L’articolo 167 esige un trattamento coerente dell’operazione di cui trattasi da parte del fornitore e del destinatario.

58.

L’articolo 167 bis, in via di eccezione, consente agli Stati membri di imporre a un soggetto passivo che, in qualità di fornitore, utilizza la contabilità di cassa dell’IVA assolta a valle, di utilizzare tale metodo contabile anche per procedere alla detrazione dell’IVA assolta a monte per i beni o servizi ricevuti. L’articolo 167 bis richiede quindi un trattamento coerente del soggetto passivo di cui trattasi.

59.

A titolo di esempio:

Il soggetto passivo «A» utilizza il metodo di contabilizzazione dell’IVA per cassa in base a una deroga nazionale conforme all’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA. Lo stesso vale per il soggetto passivo «B».

Il soggetto passivo «C» utilizza il metodo di contabilizzazione per competenza ai sensi dell’articolo 63 della direttiva IVA.

Il soggetto passivo «A» riceve i servizi forniti dal soggetto passivo «B» e dal soggetto passivo «C». Come esposti ai paragrafi 44 e seguenti, il diritto a detrazione del soggetto passivo «A» sorge al momento del pagamento dei servizi forniti dal soggetto passivo «B» e al momento dell’esecuzione della prestazione dei servizi forniti dal soggetto passivo «C».

Mentre il fatto che lo Stato membro interessato si avvalga della sua facoltà ai sensi dell’articolo 167 bis e obblighi il soggetto passivo «A» a differire il diritto a detrazione fino al pagamento non modifica il momento in cui sorge il diritto a detrazione del soggetto passivo «A» a titolo dell’IVA assolta a monte per le prestazioni rese dal soggetto passivo «B», tale fatto modifica il momento in cui sorge il diritto a detrarre l’IVA assolta a monte per le prestazioni rese dal soggetto passivo «C». Tali detrazioni sarebbero allora posposte fino al pagamento.

60.

Pertanto, il governo tedesco erra in fatto quando afferma che l’articolo 167 bis della direttiva IVA sarebbe svuotato di contenuto, se si considerasse l’articolo 167 nel suo significato letterale. Pertanto, tale argomento deve essere respinto.

3. Sulla genesi degli articoli 167 bis e 226, punto 7 bis, della direttiva IVA

61.

Il governo tedesco sostiene che la genesi degli articoli 167 bis e 226, punto 7 bis, della direttiva IVA corrobori la sua tesi.

62.

A tal riguardo, il governo tedesco rileva che, prima dell’adozione dell’articolo 167 bis della direttiva IVA, taluni Stati membri erano autorizzati a derogare all’articolo 167 di tale direttiva. Il governo tedesco fa riferimento a tal riguardo alla decisione n. 2007/133/CE del Consiglio ( 31 ), con cui il Consiglio ha autorizzato, ai sensi dell’articolo 395, paragrafo 1, l’Estonia, la Slovenia, la Svezia e il Regno Unito a introdurre taluni regimi semplificati di contabilità di cassa. Il governo tedesco afferma che questa possibilità di deroga è stata estesa a tutti gli Stati membri mediante l’introduzione dell’articolo 167 bis nella direttiva IVA con l’adozione della direttiva fatturazione. Il governo tedesco sostiene inoltre che né le precedenti autorizzazioni singole né l’aggiunta dell’articolo 167 bis della direttiva IVA sarebbero state necessarie se il diritto a detrazione fosse sorto al momento del pagamento ai sensi dell’articolo 167 della direttiva IVA.

63.

Non condivido la tesi del governo tedesco, che ritengo sia errata in diritto. L’articolo 167 della direttiva IVA prevede che il diritto a detrazione sorga nel momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile, il che, secondo gli articoli da 63 a 66 di tale direttiva, può avvenire al momento della cessione o della prestazione (articolo 63), al momento del pagamento [deroga nazionale a norma dell’articolo 66, lettera b), o in caso di pagamento di acconto, conformemente all’articolo 65], o in altri momenti [ad esempio l’articolo 66, lettera a), e l’articolo 66, lettera c)].

64.

Come descritto nell’esempio di cui al paragrafo 59, per qualsiasi soggetto passivo – sia che esso stesso utilizzi il metodo di contabilizzazione dell’IVA per competenza sia che utilizzi un metodo di contabilità di cassa in base a una deroga nazionale ai sensi dell’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA – la detrazione dell’IVA assolta a monte può sorgere per le operazioni in cui l’imposta detraibile diventa esigibile al momento della cessione o della prestazione (ai sensi dell’articolo 63 della direttiva IVA) o al momento del pagamento [ai sensi di una deroga nazionale conforme all’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA, o, per quanto possa qui interessare, sebbene non sia direttamente rilevante nel caso di specie, ai sensi dell’articolo 65 di tale direttiva].

65.

L’introduzione dell’articolo 167 bis della direttiva IVA e delle precedenti autorizzazioni singole relative ai sistemi di contabilità di cassa hanno modificato quanto esposto solo in taluni casi limitati. Tali precedenti regimi di contabilità di cassa, che si applicavano solo ad imprese minori il cui volume d’affari annuale non superava determinati massimali, erano regimi opzionali ai quali l’impresa ammissibile aveva facoltà di accedere. Tale sistema è stato riportato nell’articolo 167 bis della direttiva IVA, il quale contiene anch’esso il requisito dell’esercizio dell’opzione e un massimale annuo per il volume d’affari. L’articolo 167 bis della direttiva IVA riguarda quindi solo una parte limitata di ciò che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA.

66.

L’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA, che è succeduta all’articolo 10, paragrafo 2, terzo comma, della sesta direttiva IVA, autorizza gli Stati membri a derogare per «talune operazioni» o per «talune categorie di soggetti passivi». Tale disposizione ha un ambito di applicazione molto più ampio rispetto all’articolo 167 bis della direttiva IVA e non è stato inizialmente introdotto tenendo in mente il metodo per cassa dei regimi di contabilità delle imprese minori. Non è previsto alcun massimale del volume d’affari e non è richiesto che la deroga consista nell’esercizio di un’«opzione» da parte dei soggetti passivi interessati. Lo Stato membro in questione può definire la categoria «talune operazioni» in modo tanto ampio da potervi ricomprendere tutti i servizi ( 32 ).

67.

Il governo tedesco afferma che l’articolo 226, punto 7 bis, della direttiva IVA integra i regimi di contabilità di cassa consentiti dall’articolo 167 bis di tale direttiva ampliando le indicazioni richieste sulle fatture al fine di rendere tali regimi di contabilità di cassa attuabili nella pratica.

68.

Questo argomento non mi pare convincente.

69.

In primo luogo, l’articolo 226, punto 7 bis, della direttiva IVA non fa riferimento all’articolo 167 bis di tale direttiva, ma fa riferimento all’articolo 66, lettera b), di tale direttiva.

70.

In secondo luogo, un soggetto passivo il cui diritto a detrazione è posposto nell’ambito di un sistema facoltativo di contabilità di cassa in virtù di una deroga nazionale ai sensi dell’articolo 167 bis della direttiva IVA, ne è a conoscenza. Il soggetto passivo ha optato per tale regime e, a differenza di un soggetto passivo che non l’ha fatto, è effettivamente dipendente dalla ricezione di informazioni relative al trattamento contabile dell’operazione in materia di IVA, poiché, indipendentemente dal trattamento applicato dal fornitore a tale operazione, tale soggetto passivo è autorizzato a esercitare il suo diritto a detrazione solo quando «[è stata pagata] l’IVA, al suo fornitore/prestatore, relativa ai beni ceduti o servizi resi a detto soggetto passivo». Tale momento è, ovviamente, ben noto al soggetto passivo, trattandosi di colui che effettua il pagamento.

71.

Nell’esempio di cui al paragrafo 59, il soggetto passivo «A», che non è soggetto a un trattamento conforme a una deroga nazionale ai sensi dell’articolo 167 bis della direttiva IVA, non può sapere quando esercitare il suo diritto a detrazione se non conosce il trattamento dell’operazione da parte del fornitore. Questa è esattamente la questione affrontata dall’articolo 226, punto 7 bis.

72.

Prima dell’entrata in vigore dell’articolo 226, punto 7 bis, si poteva sostenere che il destinatario di beni e servizi, poiché spesso non era in grado di conoscere il trattamento dell’IVA assolta a valle per una data cessione di beni o prestazione di servizi dal fornitore, doveva essere autorizzato ad applicare la detrazione al momento della cessione o della prestazione. Sembra che il regime tedesco dell’Ist-Versteuerung possa conseguire questo risultato.

73.

Tale argomento, che sembra essere stata la base per il parere di almeno un commentatore tedesco, secondo cui l’articolo 167 della direttiva IVA era un semplice «principio guida» ( 33 ), non mi sembra convincente. L’articolo 66, lettera b), della direttiva offre agli Stati membri la facoltà di derogare, della quale essi possono scegliere di avvalersi, se lo desiderano. Non è un obbligo.

74.

Se uno Stato membro opta per avvalersi di tale facoltà, spetta a tale Stato membro farlo in modo da consentire ai suoi soggetti passivi di ottemperare ai loro obblighi ed esercitare i diritti che derivano dalle direttive IVA. Il fatto che la Germania possa aver scelto di promulgare, secondo la deroga prevista all’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA, un regime che comporta problemi pratici di conformità per i soggetti passivi tedeschi, non può avere l’effetto di rendere il chiaro testo dell’articolo 167 – «il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile» – un «principio guida» non vincolante né di renderlo un riferimento a qualcosa che non sia il momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile.

75.

Aggiungerei che si può immaginare che numerosi tipi di deroga ai sensi dell’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA non implichino i problemi che evidentemente caratterizzano il sistema tedesco di contabilità di cassa. A titolo di esempio, la deroga italiana oggetto della causa Italittica comprendeva tutti i servizi. I destinatari dei servizi presumibilmente sapevano se le prestazioni fossero correttamente qualificate come beni o servizi e presumibilmente non avrebbero avuto problemi a individuare il momento corretto per le detrazioni dell’IVA assolta a monte in relazione a tali operazioni. A titolo puramente esemplificativo, nemmeno una deroga applicabile esclusivamente a professioni specifiche avrebbe provocato tali difficoltà, anche prima dell’adozione dell’articolo 226, punto 7 bis.

76.

Dopo l’adozione dell’articolo 226, punto 7 bis, l’argomento di cui al paragrafo 72 perde qualsiasi validità. Il destinatario di beni e servizi ha ormai il diritto, in applicazione delle disposizioni della direttiva IVA, di ricevere le informazioni necessarie.

77.

Ritengo pertanto che un’analisi corretta della genesi e del contesto degli articoli 167 bis e 226, punto 7 bis, della direttiva IVA deponga fortemente a favore di una risposta in senso affermativo alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio.

4. I lavori preparatori della direttiva 2010/45

78.

Il governo svedese sostiene, nelle sue osservazioni, che i lavori preparatori della direttiva 2010/45 avvalorano la tesi secondo la quale il diritto a detrazione in un caso come quello di cui trattasi nel procedimento principale sorgerebbe al momento della consegna o della prestazione, e non al momento (generalmente successivo) in cui il fornitore che applica la contabilità di cassa riceve il pagamento. Il governo svedese cita specificamente, a tal riguardo, un estratto della relazione alla «Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione» del 28 gennaio 2009, secondo cui «occorre prevedere un’eccezione che autorizzi i destinatari delle cessioni/prestazioni» provenienti da un fornitore/prestatore che contabilizza l’IVA al momento del ricevimento del pagamento «a far valere un diritto a detrazione immediato».

79.

Per essere chiari, la proposta cui fa riferimento il governo svedese prevedeva una modifica normativa nel senso che un destinatario di beni o servizi (come la GK) provenienti da un soggetto passivo che applica il metodo per cassa (come la locatrice della GK) avrebbe dovuto essere autorizzato, dopo tale modifica, a detrarre l’IVA a monte al momento in cui i beni sono ceduti o i servizi resi. Tale proposta di modifica è stata introdotta nella proposta come nuovo articolo 167 bis, paragrafo 1, con il seguente tenore:

«Quando l’imposta detraibile diventa esigibile al ricevimento del pagamento, gli Stati membri possono disporre che il diritto a detrazione sorga quando i beni sono ceduti o i servizi resi o al momento dell’emissione della fattura».

80.

Implicitamente, la proposta di direttiva e la relazione annessa erano fondate sull’idea che il diritto a detrazione dell’IVA a monte per una cessione effettuata da un soggetto passivo che usa la contabilità di cassa, prima dell’adozione della modifica proposta, sorgesse al momento dell’esigibilità dell’imposta detraibile, come previsto dall’articolo 167 della direttiva IVA, vale a dire al momento del pagamento.

81.

Inoltre, il testo proposto era stato redatto come un’autorizzazione agli Stati membri a derogare al collegamento stabilito dall’articolo 167 tra il momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile (presso il fornitore) e il momento in cui sorge il corrispondente diritto a detrazione (per il destinatario delle prestazioni). Inoltre, implicitamente, la proposta di direttiva e la relazione annessa ritenevano quindi che, anche dopo l’adozione del proposto articolo 167 bis, paragrafo 1, la regola principale, in mancanza di deroga nazionale ai sensi di tale disposizione, sarebbe stata comunque che il diritto a detrazione sarebbe sorto nel momento in cui l’imposta detraibile sarebbe diventata esigibile.

82.

Il proposto articolo 167 bis, paragrafo 1, non è mai stato adottato. Tuttavia, una dichiarazione relativa alla versione da ultimo adottata dell’articolo 167 bis è stata inserita nel verbale del Consiglio. Ho parlato di tale dichiarazione e dei motivi per cui essa non ha alcuna portata giuridica ai paragrafi 31 e seguenti delle presenti conclusioni.

83.

Pertanto, la parte dei lavori preparatori citata dal governo svedese non consente affatto di sostenere la sua tesi: in primo luogo, perché riguarda una disposizione che non è mai stata promulgata, e in secondo luogo perché l’opinione che la Commissione stava esprimendo con riguardo al diritto applicabile prima della modifica proposta è l’opposto di quello che il governo svedese sta cercando di sostenere.

84.

Questo diventa ancora più chiaro se si legge anche la sezione immediatamente successiva della relazione, che afferma:

«La proposta contiene anche una modifica dei dati che devono figurare sulla fattura IVA completa che obbligherà il fornitore/prestatore a indicare sulla fattura la data di esigibilità dell’imposta. Attualmente, in mancanza di tale obbligo, in alcuni casi il beneficiario non sa a partire da quando può fare valere il suo diritto a detrazione» (il corsivo è mio).

85.

Tale relazione verteva sulla proposta afferente l’articolo 226, punto 7, e punto 7 bis, ai sensi della quale:

«(...)[A]i fini dell’IVA, nelle fatture sono obbligatorie soltanto le indicazioni seguenti (...):

7)

la data in cui l’IVA diventa esigibile, se detta data è diversa dalla data di emissione della fattura, o, qualora la data in cui l’IVA diventa esigibile sia sconosciuta, un riferimento al fatto generatore;

7 bis)

se l’IVA diventa esigibile al momento del ricevimento del pagamento, la data della cessione dei beni o della prestazione dei servizi, se precedente alla data di pagamento».

86.

Questa affermazione presente nella relazione non avrebbe senso se il diritto a detrazione sorgesse sempre al momento della cessione/prestazione. Il momento della cessione/prestazione è generalmente noto al destinatario di beni o di servizi, ma il destinatario di solito conoscerà solo il modo in cui il suo fornitore contabilizza l’operazione, per cassa o per competenza, se ne è informato, o se la deroga nazionale prevista all’articolo 66, lettera b), della direttiva IVA riguarda categorie di operazioni o di soggetti passivi facilmente identificabili per il destinatario.

87.

Le modifiche infine adottate hanno preso una direzione diversa. Invece di richiedere l’indicazione della data in cui l’IVA diventa esigibile (necessaria affinché il destinatario delle cessioni/prestazioni conosca il momento in cui applicare la detrazione dell’IVA assolta a monte, ai sensi dell’articolo 167 della direttiva IVA) e la data della cessione/prestazione, quando l’IVA diventa esigibile al momento del ricevimento del pagamento e la data della cessione/prestazione è anteriore [necessaria se lo Stato membro in questione si fosse avvalso del diritto di deroga ai sensi del proposto, articolo 167 bis, paragrafo 1), che non è stato adottato], il legislatore dell’Unione, nella versione dell’articolo 226, punto 7, che è stata adottata, richiede l’indicazione della data in cui è effettuata o ultimata la cessione di beni o la prestazione di servizi (necessaria per le operazioni per le quali il momento in cui sorge il diritto a detrazione è disciplinato dall’articolo 167 in combinato disposto con l’articolo 63) o la data in cui è corrisposto l’acconto (necessaria per le operazioni per le quali il momento in cui sorge il diritto a detrazione è disciplinato dall’articolo 167 in combinato disposto con l’articolo 65), sempreché tale data sia determinata e diversa dalla data di emissione della fattura.

88.

L’articolo 226, punto 7 bis, come adottato, richiede la dicitura «Contabilità di cassa» se l’IVA assolta a valle diventa esigibile presso il fornitore al momento in cui il pagamento è incassato dal fornitore. Tali informazioni sono rilevanti per il destinatario della fattura, perché comunicano al destinatario della fattura avente ad oggetto le cessioni/prestazioni di cui trattasi quale serie di norme si applicano al fornitore rispetto a tale fornitura – contabilità di cassa o per competenza – consentendo così al destinatario delle prestazioni di determinare il momento in cui sorge il suo diritto a detrazione della corrispondente IVA assolta a monte. Senza questa informazione, un destinatario di cessioni/prestazioni non saprebbe quando esercitare correttamente il suo diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

89.

Non credo quindi che i lavori preparatori richiamati dal governo svedese confermino la sua tesi.

E.   Rilievi conclusivi

90.

Ritengo utile, da ultimo, andare oltre gli argomenti giuridici e affrontare brevemente il trattamento del soggetto passivo di cui trattasi, dal punto di vista di quest’ultimo. Come già esposto ai paragrafi 44 e seguenti delle presenti conclusioni, il chiaro linguaggio della direttiva IVA impone alla GK, in quanto soggetto passivo e in quanto destinatario di servizi di locazione, di detrarre l’IVA assolta a monte su tali servizi di locazione nel momento in cui l’IVA (assolta a valle) è divenuta esigibile presso la locatrice. La GK, sapendo che la sua locatrice utilizzava il metodo di contabilizzazione dell’IVA per cassa, ha fatto esattamente questo.

91.

Il fascicolo a disposizione della Corte non suggerisce il benché minimo tentativo da parte della GK di ottenere un qualsivoglia vantaggio, né tantomeno di trarre alcun vantaggio indebito. Dinanzi alla Corte non è emersa alcuna accusa di frode. Al contrario, applicare la detrazione dell’IVA a monte nel momento anteriore, come richiesto in linea con la tesi del Finanzamt, comporterebbe un notevole vantaggio in termini di liquidità a favore della GK, a danno dell’amministrazione finanziaria.

92.

Il soggetto passivo in questione ha rispettato alla lettera la direttiva IVA. Il soggetto passivo non ha ottenuto alcun vantaggio in termini di IVA agendo in tal modo.

93.

Sulla base di tutto quanto precede, non vedo alcun argomento che giustifichi un’interpretazione diversa del chiaro significato dei termini della direttiva IVA.

IV. Conclusione

94.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione sollevata dal Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo, Germania) nel modo seguente:

L’articolo 167 della direttiva 2006/112/CE, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione nazionale secondo la quale il diritto a detrazione dell’imposta assolta a monte sorge già al momento della realizzazione dell’operazione anche se, in forza di una deroga nazionale ai sensi dell’articolo 66, lettera b), di tale direttiva, l’imposta diventa esigibile nei confronti del fornitore o del prestatore di servizi solo al momento dell’incasso del corrispettivo e il corrispettivo non è stato ancora versato.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

( 3 ) Punti 14 e 18 dell’ordinanza di rinvio.

( 4 ) Ordinanza di rinvio, punto 20, penultima frase.

( 5 ) Sesta direttiva del Consiglio, 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).

( 6 ) L’articolo 167 della direttiva IVA è sostanzialmente identico alla disposizione che lo ha preceduto, vale a dire l’articolo 17, paragrafo 1, della sesta direttiva IVA.

( 7 ) La versione in lingua tedesca della dichiarazione è riprodotta in Frye, in Rau/Dürrwächter, UStG, § 20 Anm. 47,1 – nota 1 (nella versione: 169° aggiornamento – ottobre 2016).

( 8 ) C‑319/06, EU:C:2008:350 (in prosieguo: «la sentenza Lussemburgo»).

( 9 ) Direttiva 96/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1).

( 10 ) Il giudice del rinvio fa specifico riferimento alle sentenze del 23 febbraio 1988, Commissione/Italia (429/85, EU:C:1988:83, punto 9); del 26 febbraio 1991, Antonissen (C‑292/89, EU:C:1991:80, punto 18); del 29 maggio 1997, VAG Sverige (C‑329/95, EU:C:1997:256, punto 23), e del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583, punto 26).

( 11 ) Direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva fatturazione»).

( 12 ) Riprodotta in Ben Terra, Kajus: Commentary on European VAT, pag. 1595. V. verbale della 3027a sessione del Consiglio dell’Unione europea (AFFARI ECONOMICI e FINANZIARI), tenutasi a Bruxelles il 13 luglio 2010.

( 13 ) Causa 429/85, EU:C:1988:83, punto 9. V. anche sentenza del 16 ottobre 2003, Flughafen Hannover-Langenhagen (C‑363/01, EU:C:2003:548, punto 51).

( 14 ) C‑292/89, EU:C:1991:80, punti 1718.

( 15 ) Sentenza dell’8 giugno 2000, Epson Europe (C‑375/98, EU:C:2000:302, punto 26).

( 16 ) Sentenza del 10 gennaio 2006, Skov e Bilka (C‑402/03, EU:C:2006:6, punti 4142).

( 17 ) Sentenza del 19 aprile 2007, Farrell (C‑356/05, EU:C:2007:229, punto 31).

( 18 ) Sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle (C‑545/11, EU:C:2013:169, punto 52).

( 19 ) Sentenze del 15 giugno 2006, Commissione/Finlandia (C‑249/05, non pubblicata, EU:C:2006:411, punti 5152); del 22 ottobre 2009, Swiss Re Germany Holding (C‑242/08, EU:C:2009:647, punto 62); e del 17 dicembre 2020, WEG Tevesstraße (C‑449/19, EU:C:2020:1038, punto 44).

( 20 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Commissione/Lussemburgo (C‑319/06, EU:C:2007:516, paragrafo 45).

( 21 ) Articolo 3, paragrafo 10, della direttiva 96/71.

( 22 ) Sentenza del 17 ottobre 1996, Denkavit e a. (C‑283/94, C‑291/94 e C‑292/94, EU:C:1996:387, punto 29).

( 23 ) Sentenza del 1o ottobre 2009, C‑247/08, EU:C:2009:600, punto 39.

( 24 ) Ordinanza di rinvio, punto 26.

( 25 ) Tale dichiarazione sarebbe comunque irrilevante perché non soddisfa il criterio Antonissen menzionato al paragrafo 30 delle presenti conclusioni, L’articolo 17, paragrafo 1, della Sesta direttiva IVA non fa menzione di questa dichiarazione. Detta dichiarazione darebbe altresì luogo a un’interpretazione diversa da quella risultante dall’effettiva formulazione dell’articolo 167 della direttiva IVA. V. sentenza Commissione/Italia, citata al paragrafo 29 delle presenti conclusioni.

( 26 ) V. in Frye, in Rau/Dürwächter, UStG, § 20 Anm. 47-47.1 e 49 (169° aggiornamento – ottobre 2016). V. anche la discussione sul medesimo argomento in, H. Stadie, in Rau/Dürrwächter, UStG, § 15 Anm. 80-81 (170° aggiornamento – gennaio 2017). Come ho esposto ai paragrafi da 72a 76 delle presenti conclusioni, non condivido il punto di vista espresso da Frye e da Stadie, secondo cui l’articolo 167 della direttiva IVA non aveva natura imperativa prima dell’adozione dell’articolo 226, punto 7 bis.

( 27 ) Il risultato non cambia secondo la versione in lingua tedesca della direttiva IVA (o, per quanto qui interessa, delle versioni in lingua bulgara, danese, francese o svedese).

( 28 ) C‑107/13, EU:C:2014:151.

( 29 ) C‑660/16 e C‑661/16, EU:C:2018:372.

( 30 ) Idem, punti 37 e 48. L’articolo 65 della direttiva IVA, in quanto eccezione all’articolo 63, deve essere oggetto di interpretazione restrittiva e non può essere applicato qualora la realizzazione della cessione o della prestazione sia incerta al momento del versamento dell’acconto. Idem, punti da 39 a 41. V., nello stesso senso, sentenza FIRIN, punti da 37 a 39 e 42.

( 31 ) Decisione del Consiglio, del 30 gennaio 2007, che autorizza l’Estonia, la Slovenia, la Svezia e il Regno Unito ad introdurre una misura particolare di deroga all’articolo 167 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2007, L 57, pag. 12). Oltre alla decisione menzionata dal governo tedesco, il Consiglio ha adottato varie altre decisioni di autorizzazione per quanto riguarda i sistemi di contabilità di cassa, comprese le decisioni del Consiglio 2009/938/UE, 2009/939/UE e 2009/1022/UE, con effetto più o meno analogo.

( 32 ) V., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 1995, Italittica (C‑144/94, EU:C:1995:355, punti da 14a 21 e punto 1 del dispositivo di tale sentenza). Secondo le osservazioni del governo francese all’udienza in tale causa, il Consiglio aveva adottato l’articolo 10, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva in modo che alcuni Stati membri, quali la Repubblica italiana e la Repubblica francese, potessero conservare la loro normativa, la quale dispone che l’imposta sui servizi è esigibile all’atto del pagamento. Idem, punto 15.

( 33 ) V., ad esempio, H. Stadie, in Rau/Dürrwächter, UStG, § 15 Anm. 80-81 (170° aggiornamento – gennaio 2017).

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