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Document 62019TJ0301

Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) del 7 dicembre 2022.
PNB Banka AS contro Banca centrale europea.
Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale sugli enti creditizi – Articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento (UE) n. 1024/2013 – Necessità di una vigilanza diretta da parte della BCE di un ente creditizio meno significativo – Richiesta dell’autorità nazionale competente – Articolo 68, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 468/2014 – Decisione della BCE recante classificazione della PNB Banka come soggetto significativo sottoposto alla sua vigilanza prudenziale diretta – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Diritti della difesa – Accesso al fascicolo amministrativo – Relazione prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 – Articolo 106 del regolamento di procedura – Domanda di udienza priva di motivazione.
Causa T-301/19.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2022:774

 SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

7 dicembre 2022 ( *1 )

«Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale sugli enti creditizi – Articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento (UE) n. 1024/2013 – Necessità di una vigilanza diretta da parte della BCE di un ente creditizio meno significativo – Richiesta dell’autorità nazionale competente – Articolo 68, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 468/2014 – Decisione della BCE recante classificazione della PNB Banka come soggetto significativo sottoposto alla sua vigilanza prudenziale diretta – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Diritti della difesa – Accesso al fascicolo amministrativo – Relazione prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 – Articolo 106 del regolamento di procedura – Domanda di udienza priva di motivazione»

Nella causa T‑301/19,

PNB Banka AS, con sede in Riga (Lettonia), rappresentata da O. Behrends, avvocato,

ricorrente,

contro

Banca centrale europea (BCE), rappresentata da C. Hernández Saseta, F. Bonnard e D. Segoin, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da S. Gervasoni (relatore), presidente, L. Madise, P. Nihoul, R. Frendo e J. Martín y Pérez de Nanclares, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la PNB Banka AS, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della Banca centrale europea (BCE), notificata con lettera del 1o marzo 2019, di classificarla come soggetto significativo sottoposto alla sua vigilanza prudenziale diretta (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

I. Contesto normativo

2

L’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), così dispone: «Riguardo agli enti creditizi [meno significativi], e nel quadro definito nel paragrafo 7 [di detto articolo,] allorché necessario per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, la BCE può decidere in qualsiasi momento, di propria iniziativa dopo essersi consultata con le autorità nazionali competenti o su richiesta di un’autorità nazionale competente, di esercitare direttamente tutti i pertinenti poteri per uno o più enti creditizi [meno significativi], ivi compreso il caso in cui è stata richiesta o ricevuta indirettamente l’assistenza finanziaria dal [Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF)] o dal [meccanismo europeo di stabilità (MES)]».

3

L’articolo 67 del regolamento (UE) n. 468/2014 della BCE, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (GU 2014, L 141, pag. 1), dal titolo «Criteri per una decisione della BCE ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento [n. 1024/2013]», elenca, nel suo paragrafo 2, diversi fattori di cui la BCE deve tener conto, in particolare, prima di adottare la decisione di esercitare direttamente la vigilanza, segnatamente, su un soggetto vigilato meno significativo.

4

L’articolo 68 del regolamento n. 468/2014, recante il titolo «Procedura per la predisposizione di una decisione della BCE ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento [n. 1024/2013] su richiesta di un’[autorità nazionale competente (ANC)]», dispone quanto segue:

«(...)

3.   La richiesta dell’ANC è accompagnata da una relazione che indica i trascorsi prudenziali e il profilo di rischio del soggetto o del gruppo vigilato meno significativo in questione.

(…)

5.   La BCE, se decide che la vigilanza diretta della BCE sul soggetto o sul gruppo vigilato meno significativo è necessaria al fine di garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, adotta una decisione della BCE in conformità al titolo 2 [della parte IV di detto regolamento]».

II. Fatti

5

Alla data della decisione impugnata, la ricorrente era un ente creditizio meno significativo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1024/2013 (in prosieguo: un «ente creditizio meno significativo») con sede in Lettonia. Per tale ragione, essa era sottoposta alla vigilanza prudenziale diretta della Finanšu un kapitāla tirgus komisija (Commissione dei mercati finanziari e dei capitali, Lettonia; in prosieguo: la «CMFC»).

6

All’atto dell’introduzione del ricorso, CR era il principale azionista della ricorrente.

7

Il 25 agosto 2017 la ricorrente nonché CR e altri membri della famiglia di quest’ultimo, azionisti della ricorrente, hanno, secondo la ricorrente, «notificato» alla Repubblica di Lettonia una controversia relativa alla protezione dei loro investimenti. Essi lamentavano il carattere ingiustificato e irragionevole dei requisiti prudenziali imposti dalla CMFC alla ricorrente.

8

Nell’agosto 2017, secondo la ricorrente, CR ha presentato una denuncia alle autorità del Regno Unito riguardante fatti di corruzione di cui si sarebbe reso colpevole A, governatore della Latvijas Banka (Banca centrale di Lettonia). I fatti di corruzione denunciati consistevano nei tentativi di quest’ultimo di ottenere, grazie alla sua influenza sulla CMFC, tangenti da CR.

9

Nel settembre 2017 la ricorrente è stata classificata come «ente meno significativo in crisi», ai sensi del quadro di cooperazione per la gestione delle crisi degli enti meno significativi, il che ha avuto come conseguenza una vigilanza specifica della ricorrente da parte di un gruppo di gestione delle crisi composto dalla CMFC e dalla BCE.

10

Il 16 novembre 2017 la CMFC ha chiesto alla BCE di assumere la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente. Tale domanda si fondava, in particolare, su tre elementi: in primo luogo, i risultati di un’ispezione in loco effettuata dalla CMFC e il loro impatto sul coefficiente di adeguatezza patrimoniale della ricorrente; in secondo luogo, la violazione ripetuta del limite delle grandi esposizioni, la cui eliminazione potrebbe avere un ulteriore impatto negativo aggiuntivo sul coefficiente di adeguatezza patrimoniale, e, in terzo luogo, la notifica da parte della ricorrente e del suo principale azionista di una controversia concernente la protezione degli investimenti.

11

Dopo aver esaminato la domanda di cui al precedente punto 10 nel corso di una riunione del consiglio di vigilanza del 28 novembre 2017, la BCE l’ha rigettata.

12

Il 12 dicembre 2017 la ricorrente, CR e altri membri della famiglia di quest’ultimo, azionisti della ricorrente, hanno avviato un procedimento arbitrale nei confronti della Repubblica di Lettonia dinanzi al Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID), sulla base del Trattato del 24 gennaio 1994 per la promozione e la tutela degli investimenti tra il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Repubblica di Lettonia (in prosieguo: il «procedimento arbitrale»). Essi sostenevano che la ricorrente era soggetta, dalla fine del 2015, a una vigilanza prudenziale eccessiva e arbitraria da parte della CMFC, che comportava aumenti del capitale regolamentare e restrizioni di attività. Essi hanno osservato che tale vigilanza prudenziale eccessiva e arbitraria era dovuta all’influenza che A esercitava sulla CMFC al fine di ottenere tangenti dalla ricorrente e da CR.

13

Nel dicembre 2017, secondo la ricorrente, CR ha denunciato alle autorità lettoni i fatti di corruzione menzionati al punto 8 supra.

14

Il 17 febbraio 2018 A è stato arrestato in seguito all’avvio, il 15 febbraio 2018, di un’indagine penale preliminare a suo carico da parte del Korupcijas novēršanas un apkarošanas birojs (Ufficio per la prevenzione e la lotta alla corruzione, Lettonia; in prosieguo: il «KNAB»). Tale indagine aveva ad oggetto accuse di corruzione in relazione alla procedura di vigilanza prudenziale nei confronti di una banca lettone diversa dalla ricorrente. Con decisione del 19 febbraio 2018, allorché A è stato rilasciato, il KNAB gli ha imposto varie misure di sicurezza, tra cui il divieto di svolgere le sue funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia.

15

Il 28 giugno 2018 A è stato incriminato dalla procuratrice incaricata dell’indagine menzionata al punto 14 supra. L’atto di imputazione, integrato il 24 maggio 2019, conteneva tre capi di accusa. Il primo capo di accusa riguardava l’accettazione, nel 2010, di un’offerta di tangente proposta dal presidente del consiglio di vigilanza di una banca lettone diversa dalla ricorrente, e della tangente stessa, in cambio della quale A avrebbe fornito consigli al fine di consentire a detta banca di sottrarsi alla vigilanza della CMFC e si sarebbe astenuto dal partecipare alle riunioni della CMFC in cui sono state discusse le questioni relative alla vigilanza di tale banca. Il secondo capo di accusa riguardava, da un lato, l’accettazione, dopo il 23 agosto 2012, di un’offerta di tangente proposta dal vicepresidente del consiglio di amministrazione della medesima banca, in cambio di consigli da parte di A per ottenere la revoca delle restrizioni delle attività disposte dalla CMFC e di evitare altre restrizioni, e, dall’altro, l’accettazione da parte di A del pagamento della metà di tale tangente. Il terzo capo di accusa riguardava il riciclaggio di denaro destinato ad occultare l’origine, i trasferimenti e la proprietà dei fondi versati ad A corrispondenti alla tangente di cui al secondo capo di accusa.

16

Con lettere del 5 luglio e del 12 settembre 2018, la ricorrente e CR hanno informato la presidente del consiglio di vigilanza della BCE che era in corso l’indagine sui fatti di corruzione menzionati al punto 8 supra. Essi hanno affermato che, dopo il suo arresto nel febbraio 2018, A aveva rilasciato dichiarazioni pubbliche ostili ed erronee nei loro confronti, sostenendo che l’acquisizione della ricorrente da parte di CR presentava un carattere fraudolento. Essi hanno sostenuto che i requisiti prudenziali della CMFC nei confronti della ricorrente erano eccessivi e discriminatori e hanno chiesto alla BCE di intervenire conducendo un’indagine e adottando misure adeguate, quali appropriate sostituzioni del personale incaricato della vigilanza prudenziale sulla ricorrente. In tale occasione, hanno scritto quanto segue: «Una delle idee sottese al [Meccanismo di vigilanza unico (MVU)] era che una vigilanza più obiettiva e imparziale può essere assicurata dalla BCE piuttosto che dalle autorità di vigilanza locali. La [ricorrente] e [CR] sono ansiosi di collaborare con la BCE a tal fine» (lettera del 5 luglio 2018, pagina 13).

17

Il 30 settembre 2018 l’ICSID ha emanato misure provvisorie con le quali ha raccomandato alla Repubblica di Lettonia di astenersi dall’adottare provvedimenti per la revoca dell’autorizzazione della ricorrente riferendosi ad un’asserita non conformità ad uno dei requisiti regolamentari soggetti al termine ultimo fissato in una decisione della CMFC del 27 febbraio 2018 (in prosieguo: la «raccomandazione dell’ICSID»).

18

L’8 ottobre 2018 la presidente del consiglio di vigilanza della BCE ha comunicato alla ricorrente e a CR, in risposta alle loro lettere del 5 luglio e del 12 settembre 2018, che, nell’ambito del suo compito di controllo del funzionamento del MVU, la BCE condivideva il parere della CMFC secondo cui la situazione della ricorrente in termini di capitali propri necessitava di una vigilanza specifica. Ella ha indicato che la ricorrente aveva beneficiato di ripetute proroghe dei termini per adottare misure in materia di capitali propri e, malgrado la persistenza dei problemi di tale natura, la ricorrente non era stata oggetto, da parte della CMFC, di misure di vigilanza severe diverse dalle richieste di rafforzamento di capitali propri, da misure di recupero e da accantonamenti aggiuntivi. Ha considerato che la ricorrente aveva violato per vari anni il limite delle grandi esposizioni verso un terzo e aveva beneficiato di ripetute proroghe del termine per porvi rimedio. Ha ritenuto di non avere alcuna indicazione del fatto che le misure di vigilanza imposte alla ricorrente fossero eccessive o sproporzionate e ha concluso annunciando che intendeva esercitare il suo compito di controllo prestando un’attenzione particolare alle misure adottate dalla ricorrente per porre rimedio alle violazioni dei requisiti prudenziali.

19

Il 21 dicembre 2018 la CMFC ha nuovamente chiesto alla BCE di assumere la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente. Essa ha richiamato la propria precedente domanda del 16 novembre 2017 e fatto riferimento alla raccomandazione dell’ICSID. Ha sottolineato che potevano passare vari mesi prima di ottenere una pronuncia dell’ICSID sui provvedimenti provvisori, il che implicava che la CMFC fosse impossibilitata a svolgere i suoi compiti di vigilanza per un periodo indeterminato. Secondo la CMFC, l’assunzione della vigilanza prudenziale diretta da parte della BCE impedirebbe alla ricorrente di avvalersi dell’asserito conflitto di interessi quale argomento da opporre alle attività di vigilanza prudenziale e consentirebbe di uscire da una situazione in cui una banca viola costantemente i suoi obblighi e l’autorità di regolamentazione è impossibilitata ad adottare le misure appropriate che consentano di porre fine a tali condotte. La CMFC ha ritenuto che le informazioni già in possesso della BCE avrebbero agevolato il trasferimento dei compiti di vigilanza. Essa ha precisato che non era stata data esecuzione alla sua decisione del 27 febbraio 2018, vale a dire che la situazione della ricorrente continuava a non essere conforme ai requisiti in materia di capitali propri e ai limiti delle grandi esposizioni, e che in un prossimo futuro non era prevedibile alcuna soluzione praticabile e credibile. La CMFC ha osservato che, a partire dall’introduzione del procedimento arbitrale, la reazione della ricorrente a quasi tutte le attività di vigilanza non dimostrava alcuna volontà di porre in essere una collaborazione proficua. Essa ha indicato che, secondo la ricorrente, qualsiasi richiesta da parte della CMFC era oggetto della controversia arbitrale e rappresentava una prova aggiuntiva di un approccio arbitrario. Ha aggiunto che CR sosteneva che avrebbe dato seguito alle sue richieste, ossia il rafforzamento dei fondi propri della ricorrente, solo se verificate da un terzo indipendente. Essa ne ha concluso di essere del tutto impossibilitata a esercitare una vigilanza di standard elevato nei confronti della ricorrente.

20

L’11 febbraio 2019 la BCE ha comunicato alla ricorrente, per eventuali osservazioni, un progetto di decisione volto a far assumere alla BCE la vigilanza prudenziale diretta su di essa.

21

Il 22 febbraio 2019 la ricorrente ha risposto che respingeva l’affermazione secondo cui non avrebbe dimostrato la propria volontà di porre in essere una proficua collaborazione. Essa ha rilevato che, al contrario, sino a quel momento, né la CMFC, né la BCE avevano risposto in maniera adeguata ai suoi ripetuti tentativi, così come a quelli dei suoi azionisti, di ricercare una collaborazione costruttiva, in particolare, per quanto attiene agli episodi di corruzione di cui la BCE era a conoscenza. Essa ne ha concluso che si opponeva a detto progetto di decisione.

22

Con sentenza del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs e BCE/Lettonia (C‑202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139), la Corte ha annullato la decisione del KNAB del 19 febbraio 2018 nella parte in cui vietava ad A l’esercizio delle sue funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia. Essa ha considerato che la Repubblica di Lettonia non aveva dimostrato che il sollevamento di A dall’incarico di governatore della Banca centrale di Lettonia fosse fondato sull’esistenza di indizi sufficienti del fatto che egli aveva commesso gravi mancanze ai sensi dell’articolo 14.2, secondo comma, dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della BCE.

23

Il 1o marzo 2019 il segretario del consiglio direttivo della BCE ha notificato alla ricorrente la decisione impugnata, adottata sulla base di una proposta del consiglio di vigilanza fondata sull’articolo 26, paragrafo 8, del regolamento n. 1024/2013, in applicazione delle disposizioni combinate dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), di detto regolamento e dell’articolo 39, paragrafo 5, del regolamento n. 468/2014.

24

Il segretario del consiglio direttivo ha indicato che la BCE, quale autorità competente, avrebbe assunto la vigilanza diretta sulla ricorrente. Esso ha precisato che la decisione impugnata era stata così adottata in conformità all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 e alla parte IV del regolamento n. 468/2014. Egli ha aggiunto che la ricorrente sarebbe inclusa nell’elenco dei soggetti che ricadono sotto la sua vigilanza diretta, che la BCE pubblicava e aggiornava conformemente all’articolo 49, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014.

25

Per quanto attiene ai fatti alla base della decisione impugnata (parte 1 di detta decisione), il segretario del consiglio direttivo ha osservato che la ricorrente non soddisfaceva i criteri previsti all’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1024/2013 ed era, quindi, attualmente classificata come soggetto meno significativo sottoposto alla vigilanza prudenziale diretta della CMFC. Egli ha ricordato la composizione dell’azionariato della ricorrente e la struttura del gruppo e ha citato l’introduzione del procedimento arbitrale nonché la raccomandazione dell’ICSID. Egli ha poi menzionato le tappe del procedimento amministrativo che hanno preceduto la decisione impugnata.

26

Per quanto attiene alla valutazione dei fatti (parte 2 della decisione impugnata), il segretario del consiglio direttivo ha indicato che la BCE aveva ritenuto che l’assunzione della vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente fosse necessaria per garantire un’applicazione coerente di una vigilanza prudenziale di alto livello. Tale conclusione si fonderebbe sulle seguenti considerazioni. Nella sua domanda, la CMFC avrebbe sottolineato che, a partire dall’introduzione del procedimento arbitrale, la reazione della ricorrente a quasi tutte le attività di vigilanza continuava a non dimostrare alcuna volontà di porre in essere una proficua collaborazione. La CMFC stessa si sarebbe considerata del tutto priva della capacità di esercitare nei confronti della ricorrente una vigilanza di alto livello in linea con le norme dell’Unione e del MVU. La CMFC riterrebbe che l’assunzione della vigilanza prudenziale da parte della BCE fosse l’opzione più adatta per garantire una vigilanza adeguata della ricorrente. Il segretario del consiglio direttivo ha concluso che, secondo la BCE, l’assunzione della vigilanza diretta era necessaria ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013. Egli ha precisato che detta conclusione non era rimessa in discussione dalle osservazioni formulate dalla ricorrente nell’ambito del procedimento amministrativo che aveva preceduto la decisione impugnata, posto che essa non aveva fornito alcun argomento o informazione che non fosse già stato considerato dalla BCE.

27

Infine, il segretario del consiglio direttivo ha precisato che era possibile proporre un ricorso dinanzi alla commissione amministrativa del riesame della BCE e un ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

28

La decisione impugnata ha acquisito efficacia il 4 aprile 2019.

29

Con lettera del 18 aprile 2019, la BCE ha comunicato alla ricorrente, in risposta a una richiesta da essa inviatale il 27 novembre 2018, l’elenco dei documenti di cui era in possesso concernenti la sua vigilanza prudenziale. La BCE ha precisato che il diritto di accesso al fascicolo amministrativo non si estendeva alle informazioni riservate e che, di conseguenza, l’elenco comprendeva, per ciascun documento, una classificazione a seconda che il documento considerato fosse o meno riservato.

30

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2019, la ricorrente, CR e CT hanno proposto il ricorso in esame.

III. Fatti successivi alla proposizione del ricorso

31

Il 15 agosto 2019 la BCE ha concluso che la ricorrente era in dissesto o a rischio di dissesto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1). In pari data, il Comitato di risoluzione unico (CRU) ha deciso di non adottare un programma di risoluzione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, di detto regolamento nei confronti della ricorrente.

32

Il 22 agosto 2019 la CMFC ha chiesto al Rīgas pilsētas Vidzemes priekšpilsētas tiesa (Tribunale cittadino di Riga, circoscrizione suburbana di Vidzeme, Lettonia) di dichiarare l’insolvenza della ricorrente.

33

Il 12 settembre 2019 il Rīgas pilsētas Vidzemes priekšpilsētas tiesa (Tribunale cittadino di Riga, circoscrizione suburbana di Vidzeme) ha dichiarato l’insolvenza della ricorrente. Esso ha nominato un curatore fallimentare incaricato della procedura di insolvenza (in prosieguo: il «curatore fallimentare») e gli ha trasferito tutti i poteri della ricorrente e del suo consiglio di amministrazione. Esso ha respinto la richiesta del consiglio di amministrazione della ricorrente di mantenere i propri diritti di rappresentare quest’ultima nell’ambito del ricorso avverso la valutazione della BCE, del 15 agosto 2019, che constatava che la ricorrente era in dissesto o a rischio di dissesto, avverso la decisione del CRU, dello stesso giorno, di non adottare un programma di risoluzione nei confronti della ricorrente stessa e avverso la decisione della CMFC di avviare una procedura di insolvenza. Detto giudice ha aggiunto che ciò non escludeva la possibilità per il consiglio di amministrazione della ricorrente di sottoporre una domanda separata al curatore fallimentare in relazione ai diritti di rappresentanza nell’ambito di compiti specifici.

34

Sempre il 12 settembre 2019, la CMFC ha chiesto alla BCE di revocare l’autorizzazione della ricorrente.

35

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 ottobre 2019 (causa T‑732/19), la ricorrente e altri azionisti o potenziali azionisti della ricorrente hanno chiesto l’annullamento della decisione del CRU del 15 agosto 2019 di non adottare un programma di risoluzione nei confronti della ricorrente.

36

Il 21 dicembre 2019 A ha smesso di ricoprire le funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia.

37

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 gennaio 2020 (causa T‑50/20), la ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione della BCE del 19 novembre 2019 recante diniego di ingiungere al curatore fallimentare di concedere all’avvocato nominato dal consiglio di amministrazione della ricorrente l’accesso ai suoi locali, alle informazioni da essa detenute, al suo personale e alle sue risorse.

38

Il 17 febbraio 2020 la BCE ha proceduto alla revoca dell’autorizzazione della ricorrente. Tale revoca ha preso effetto il giorno successivo.

39

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 aprile 2020 (causa T‑230/20), la ricorrente ha proposto un ricorso avverso detta decisione.

IV. Procedimento e conclusioni delle parti

40

Il 31 luglio 2019 la BCE ha depositato un controricorso presso la cancelleria del Tribunale.

41

Il 28 aprile 2020 il presidente della Quarta Sezione ha deciso, in applicazione dell’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, di sospendere il procedimento in attesa della pronuncia della decisione del Tribunale nella causa T‑50/20. Con ordinanza del 12 marzo 2021, PNB Banka/BCE (T‑50/20, EU:T:2021:141), il Tribunale ha pronunciato la propria decisione nella suddetta causa e il procedimento nella presente causa è ripreso a tale data.

42

Il 27 aprile 2021, e successivamente il 28 giugno 2021, la ricorrente, CR e CT hanno chiesto la sospensione del procedimento sino alla pronuncia della Corte nella causa C‑321/21 P, relativa all’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del 12 marzo 2021, PNB Banka/BCE (T‑50/20, EU:T:2021:141). Il 20 maggio 2021, e successivamente il 6 agosto 2021, il Presidente della Quarta Sezione, sentita la BCE, ha deciso di non sospendere il procedimento.

43

Con lettera dell’8 luglio 2021, il rappresentante della parte ricorrente ha informato il Tribunale che non rappresentava più CR e CT. Con ordinanza del 21 dicembre 2021, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso, sulla base dell’articolo 131, paragrafo 2, del regolamento di procedura, che non vi era più luogo a statuire sul presente ricorso nei limiti in cui era stato proposto da CR e CT.

44

Il termine per il deposito della replica è stato fissato da ultimo al 30 settembre 2021. La ricorrente non ha depositato una replica entro il termine impartito.

45

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare la BCE alle spese.

46

La BCE chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare la ricorrente alle spese.

V. In diritto

A.   Sull’esistenza di un mandato del rappresentante che ha proposto il ricorso a nome della ricorrente

47

Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura, gli avvocati, quando la parte che rappresentano è una persona giuridica di diritto privato, sono tenuti a depositare in cancelleria un mandato rilasciato da quest’ultima.

48

Nel fascicolo figura un mandato rilasciato dal presidente del consiglio di amministrazione della ricorrente il 5 marzo 2019 (allegato A.2).

49

La ricorrente afferma che il curatore fallimentare ha negato all’avvocato da essa designato per rappresentarla l’accesso ai suoi documenti, ai suoi locali, al suo personale e alle sue risorse. Nell’ambito della sua risposta del 13 marzo 2020 a un quesito posto dal Tribunale, essa ha prodotto una lettera del curatore fallimentare del 16 settembre 2019 in cui si indicava che il suo avvocato doveva, in primo luogo, «sottoporre al curatore [fallimentare] una relazione scritta sullo stato di avanzamento dell’accordo [relativo alla fornitura di servizi giuridici], specificando nel dettaglio le istruzioni ricevute dalla [ricorrente], i compiti svolti [dall’avvocato] e se vi fossero effettivamente lavori in corso», in secondo luogo, «informare il curatore [fallimentare] in merito ai pagamenti (…)», in terzo luogo, «astenersi da qualsiasi attività a nome della [ricorrente] senza previa consultazione con il curatore [fallimentare], in particolare cessare di fornire servizi fatturabili alla [ricorrente]».

50

Nonostante la suddetta lettera del curatore fallimentare del 16 settembre 2019, dai documenti del fascicolo non risulta e non viene affermato né dalla ricorrente né dalla BCE che il curatore fallimentare abbia proceduto alla revoca del mandato conferito dal presidente del consiglio di amministrazione della ricorrente il 5 marzo 2019. Detta lettera non menziona una revoca siffatta, pur indicando che l’avvocato designato dal presidente del consiglio di amministrazione deve astenersi da qualsiasi attività a nome della ricorrente senza previa consultazione con il curatore fallimentare.

51

Pertanto, il Tribunale constata che la ricorrente ha depositato un mandato che autorizza il suo avvocato a presentare un ricorso ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

B.   Sulle domande di sospensione del procedimento presentate il 27 aprile 2021 e successivamente il 28 giugno 2021

52

Il 27 aprile 2021, e successivamente il 28 giugno 2021, la ricorrente ha chiesto la sospensione del procedimento. A fondamento delle sue domande di sospensione, essa ha sostenuto di avere la necessità di accedere ai propri locali, ai propri documenti e alle proprie risorse finanziarie e che, nonostante la sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923), il curatore fallimentare non collaborava al fine di assicurare la sua rappresentanza effettiva.

53

Pur non essendo tenuto ad esporre i motivi per i quali decide di sospendere o meno un procedimento, sulla base dell’articolo 69, lettere c) o d), del regolamento di procedura, il Tribunale ritiene utile, in via eccezionale, precisare quanto segue.

54

La decisione di sospendere o meno un procedimento sul fondamento dell’articolo 69, lettere c) o d), del regolamento di procedura, rientra nella competenza discrezionale del Tribunale (v., in tal senso, ordinanze del 20 ottobre 2011, DTL/UAMI, C‑67/11 P, non pubblicata, EU:C:2011:683, punti 3233; del 15 ottobre 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, C‑554/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:629, punto 37, e del 17 gennaio 2018, Josel/EUIPO, C‑536/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:14, punto 5).

55

Nel caso di specie, il 28 aprile 2020, il procedimento è stato sospeso fino alla pronuncia della decisione del Tribunale nella causa T‑50/20, con cui la ricorrente aveva chiesto l’annullamento della decisione della BCE del 19 novembre 2019 recante diniego di ingiungere al curatore fallimentare di consentire all’avvocato nominato dal consiglio di amministrazione della ricorrente l’accesso ai suoi locali, alle informazioni da essa detenute, al suo personale e alle sue risorse.

56

Con ordinanza del 12 marzo 2021, PNB Banka/BCE (T‑50/20, EU:T:2021:141), il Tribunale ha respinto il ricorso della ricorrente. Esso ha considerato, in particolare, che la BCE era manifestamente priva della competenza per dare seguito alla domanda del consiglio di amministrazione della ricorrente di ordinare al curatore fallimentare di consentire all’avvocato nominato da detto consiglio di accedere ai locali, alle informazioni, al personale e alle risorse della ricorrente (punto 73). Esso ha altresì ritenuto che le decisioni adottate dalle autorità nazionali nel contesto di una procedura d’insolvenza, come quella di cui la ricorrente è oggetto, in risposta a un’eventuale domanda di accesso ai documenti, ai locali, al personale o alle risorse dell’ente creditizio di cui trattasi sono, in linea di principio, soggette al sindacato dei giudici nazionali che possono, se del caso, sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE qualora incontrino difficoltà nell’interpretare o nell’applicare il diritto dell’Unione (punto 72).

57

Si deve inoltre constatare che, nonostante, in particolare, la sospensione del procedimento dal 28 aprile 2020 al 12 marzo 2021, la ricorrente non dimostra, né tantomeno afferma, nemmeno nella sua domanda di sospensione del procedimento del 28 giugno 2021, di aver avviato un procedimento giurisdizionale nei confronti del curatore fallimentare, al quale addebita tuttavia, dinanzi al Tribunale, di privare l’avvocato nominato dal suo consiglio di amministrazione di accedere ai suoi locali, alle sue informazioni, al suo personale e alle sue risorse fin dalla fine del 2019.

58

Dopo aver prodotto scambi di lettere e di messaggi di posta elettronica con il curatore fallimentare intervenuti il 12 e il 16 settembre 2019 nonché nel novembre 2019, la ricorrente si è limitata a far valere, nella sua domanda di sospensione del procedimento depositata presso la cancelleria del Tribunale il 27 aprile 2021, che stava «intensificando i propri sforzi» nei riguardi del curatore fallimentare e dei giudici lettoni, senza fornire precisazioni in merito alla natura di tali sforzi.

59

Inoltre, dalla decisione del 12 settembre 2019 del Rīgas pilsētas Vidzemes priekšpilsētas tiesa (Tribunale cittadino di Riga, circoscrizione suburbana di Vidzeme), di cui al precedente punto 33, non risulta che alla ricorrente sia precluso di sottoporre ai giudici lettoni un’eventuale controversia con il curatore fallimentare. Non solo la suddetta decisione indica che non è esclusa la possibilità per il consiglio di amministrazione della ricorrente di presentare una domanda separata al curatore fallimentare per quanto riguarda i diritti di rappresentanza nell’ambito di specifici compiti, ma la sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923), invocata dalla ricorrente per sostenere che il curatore fallimentare non coopera in maniera soddisfacente per garantire la sua rappresentanza effettiva, è successiva alla suddetta decisione, di modo che la ricorrente poteva a priori far valere detta sentenza come elemento nuovo dinanzi al giudice nazionale.

60

Di conseguenza, il Tribunale ritiene che non occorra sospendere nuovamente il procedimento.

C.   Sulla fase orale del procedimento

61

Ai sensi dell’articolo 106 del regolamento di procedura:

«1.   Il procedimento dinanzi al Tribunale comporta, nella sua fase orale, un’udienza di discussione organizzata d’ufficio o su domanda di una parte principale.

2.   La domanda di udienza di discussione presentata da una parte principale indica i motivi per i quali quest’ultima desidera essere ascoltata. (…)

3.   In assenza di una domanda ai sensi del paragrafo 2, il Tribunale, qualora si ritenga sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa, può decidere di statuire su un ricorso senza fase orale. (…)».

62

Dalla formulazione dell’articolo 106 del regolamento di procedura risulta quindi che, in mancanza di una domanda di udienza di discussione che indichi i motivi per i quali una parte principale desidera essere ascoltata, il Tribunale, qualora si ritenga sufficientemente edotto, può decidere di statuire sul ricorso senza fase orale.

63

La motivazione del progetto di regolamento di procedura del 14 marzo 2014, accessibile al pubblico sul sito Internet della Corte di giustizia dell’Unione europea, conferma peraltro che, tenuto conto, in particolare, delle esigenze di buona amministrazione della giustizia e di economia processuale, «il Tribunale intende potersi esimere dall’organizzazione di un’udienza qualora non la ritenga necessaria, a meno che una parte principale non presenti una domanda, indicando i motivi per i quali essa desidera essere ascoltata».

64

Le norme pratiche di esecuzione del regolamento di procedura (in prosieguo: le «NPE») enunciano, al punto 142, che la parte principale che desidera essere sentita in un’udienza di discussione deve presentare, entro il termine di tre settimane dalla notifica alle parti della chiusura della fase scritta del procedimento, una domanda motivata in tal senso. Detto punto precisa che tale motivazione deve risultare da una valutazione concreta dell’utilità di un’udienza di discussione per la parte in causa e indicare gli elementi del fascicolo di causa «o» dell’argomentazione che tale parte ritiene necessario esporre «o» confutare più ampiamente in un’udienza di discussione. Esso indica che, al fine di meglio orientare la discussione nell’ambito di quest’ultima, è «auspicabile» che la motivazione non sia generica e che non si limiti, ad esempio, a fare riferimento all’importanza della causa. Il punto 143 delle NPE prevede che, qualora nessuna parte principale presenti una domanda motivata entro il termine impartitole, il Tribunale può decidere di statuire sul ricorso senza fase orale del procedimento.

65

Dall’articolo 106 del regolamento di procedura e dai punti 142 e 143 delle NPE risulta quindi che, in assenza di una domanda di udienza di discussione o in presenza di una domanda di udienza di discussione priva di motivazione, il Tribunale può decidere di statuire sul ricorso senza fase orale del procedimento, qualora si ritenga sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa.

66

Nel caso di specie, la ricorrente, con lettera del 29 novembre 2021, ha preso posizione nei seguenti termini sullo svolgimento di un’udienza:

«1. Confermo che, per le ragioni che ho già esposto in modo dettagliato, non vi è attualmente alcuna rappresentanza effettiva della [ricorrente]. Al solo fine di rispettare il termine applicabile, con la presente chiedo che si tenga un’udienza. Tuttavia, occorrerebbe prima ripristinare la rappresentanza effettiva [della ricorrente].

2. Non è possibile preparare o partecipare a un’udienza nelle attuali circostanze».

67

Da detta lettera del 29 novembre 2021 risulta che la domanda di svolgimento di un’udienza formulata dalla ricorrente è priva di motivazione. Tale domanda non indica infatti alcun motivo per il quale la ricorrente desidera essere ascoltata.

68

Per di più, nella lettera del 25 ottobre 2021 con cui ha informato le parti principali della chiusura della fase scritta del procedimento, il cancelliere del Tribunale ha ricordato le disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura nonché quelle del punto 142 delle NPE e ha richiamato l’attenzione delle parti principali sul fatto che, nel contesto della crisi sanitaria, la motivazione doveva soddisfare i requisiti di cui al suddetto punto delle NPE.

69

È vero che la ricorrente ha fatto valere, nella sua domanda di udienza, che si riteneva privata di una rappresentanza effettiva.

70

Anche supponendo che la ricorrente tenti, così facendo, di giustificare implicitamente l’assenza di motivazione della sua domanda di udienza, il che tuttavia non risulta da detta domanda, si deve ritenere che la sua argomentazione relativa a un’assenza di rappresentanza effettiva non possa essere considerata una giustificazione dell’assenza di motivazione di tale domanda. In particolare, la circostanza che la ricorrente sia privata di rappresentanza effettiva, nel senso da essa esposto, non le impediva affatto di dedurre elementi circostanziati a sostegno di una domanda di udienza.

71

Di conseguenza, dal momento che la ricorrente non ha presentato alcuna motivazione nella sua domanda di udienza e, inoltre, l’obbligo di motivare tale domanda le era stato espressamente ricordato dal cancelliere del Tribunale, si deve ritenere che detta domanda di udienza non soddisfi l’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

72

In tali circostanze, il Tribunale, ritenendosi sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa, decide di statuire sul ricorso senza fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

D.   Nel merito

1. Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, in quanto detta disposizione non prevede una decisione di classificazione dell’ente interessato come significativo

73

La ricorrente sostiene che la decisione impugnata, nella misura in cui ha disposto la sua classificazione come soggetto significativo, contrasta con l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013. Infatti, detto articolo prevederebbe non una decisione di classificazione, ma una decisione della BCE di esercitare direttamente tutti i pertinenti poteri di un’autorità nazionale competente per uno o più enti creditizi, allorché necessario per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati.

74

La ricorrente fa valere che l’articolo 39, paragrafo 5, seconda frase, del regolamento n. 468/2014 non dovrebbe essere interpretato in maniera incompatibile con l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013. In subordine, essa deduce l’illegittimità dell’articolo 39, paragrafo 5, seconda frase, del regolamento n. 468/2014, qualora detto articolo dovesse essere interpretato nel senso che modifica la natura della decisione fondata sull’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

75

La ricorrente precisa che la decisione adottata in forza dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 non corrisponde a un cambiamento di status di un ente creditizio. Si tratterebbe di un intervento della BCE giustificato da una preoccupazione riguardante la qualità della vigilanza prestata dall’autorità nazionale competente, e non da una preoccupazione legata al livello di conformità dell’ente creditizio interessato. Quest’ultimo dovrebbe mantenere il diritto al medesimo trattamento degli enti meno significativi e non dovrebbe essere assoggettato a una vigilanza adeguata solo per enti «veramente» significativi. La ricorrente osserva che l’armonizzazione della vigilanza nel quadro del MVU è un processo progressivo e che, nei diversi Stati membri, permangono ancora differenze sotto il profilo della vigilanza bancaria. Essa aggiunge che l’articolo 47, paragrafo 4, del regolamento n. 468/2014, che disciplina l’actus contrarius interessato, conferma che non è necessaria una decisione di riclassificazione.

76

La BCE contesta tale argomentazione.

77

L’articolo 39, paragrafo 5, del regolamento n. 468/2014 così dispone: «La BCE, inoltre, esercita la vigilanza diretta su un soggetto o gruppo vigilato meno significativo in virtù di una decisione della BCE adottata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento [n. 1024/2013], per effetto della quale la BCE esercita direttamente tutti i relativi poteri di cui all’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento [n. 1024/2013]. Ai fini del MVU, tale soggetto o gruppo vigilato meno significativo è classificato come significativo».

78

Inoltre, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 5, del regolamento n. 468/2014, la BCE, se decide che la vigilanza diretta che essa esercita sul soggetto o sul gruppo vigilato meno significativo è necessaria al fine di garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, adotta una decisione della BCE in conformità al titolo 2 della parte IV di detto regolamento.

79

Una «decisione della BCE in conformità al titolo 2 [della parte IV del regolamento n. 468/2014]», come prevista all’articolo 68, paragrafo 5, di detto regolamento, corrisponde a una decisione di classificazione di un soggetto vigilato come significativo, come indica la rubrica del suddetto titolo 2, vale a dire «Procedura per la classificazione dei soggetti vigilati come significativi».

80

Pertanto, dalla formulazione chiara dell’articolo 39, paragrafo 5, del regolamento n. 468/2014, corroborata da quella dell’articolo 68, paragrafo 5, di detto regolamento, risulta che la BCE, quando decide di esercitare una vigilanza prudenziale diretta nei confronti di un ente creditizio meno significativo sulla base dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, deve adottare una decisione che classifica tale ente come significativo.

81

La ricorrente sostiene tuttavia che l’articolo 39, paragrafo 5, seconda frase, del regolamento n. 468/2014 è contrario all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, poiché modificherebbe la natura della decisione prevista in tale ultimo articolo.

82

Tuttavia, l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, pur non indicando che la BCE, quando decide di esercitare direttamente tutti i pertinenti poteri per un ente creditizio meno significativo, adotta una decisione che classifica detto ente come significativo, nemmeno lo esclude.

83

Parimenti, se è vero che l’articolo 47, paragrafo 4, del regolamento n. 468/2014, riguardante la situazione opposta, in cui la BCE decide di porre fine alla vigilanza prudenziale diretta nel caso di un soggetto sottoposto a tale vigilanza in virtù di una precedente decisione della BCE adottata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, non precisa che, in tale ipotesi, la BCE adotta una decisione che classifica il soggetto interessato come meno significativo, esso nemmeno lo esclude. A questo proposito, va osservato che il succitato articolo 47 rientra anch’esso nel titolo 2 della parte IV del regolamento n. 468/2014, dal titolo «Procedura per la classificazione dei soggetti vigilati come significativi», e che detto articolo è rubricato «Motivi per la cessazione della vigilanza diretta della BCE», vale a dire, il suo oggetto è, in linea di principio, di illustrare detti motivi e non di precisare se la decisione che pone fine alla vigilanza prudenziale diretta comporti l’adozione, da parte della BCE, di una decisione che classifica il soggetto interessato come meno significativo.

84

Inoltre, nella misura in cui l’articolo 39, paragrafo 5, seconda frase, del regolamento n. 468/2014 prevede la classificazione di un soggetto come significativo, esso non rimette in discussione la natura della decisione adottata sulla base dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, che è una decisione relativa alla ripartizione delle attribuzioni in materia di vigilanza prudenziale tra la BCE e le competenti autorità nazionali.

85

Infatti, la decisione di classificare un soggetto come significativo comporta unicamente che la BCE ne assume la vigilanza prudenziale diretta, conformemente all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

86

La classificazione di un soggetto come significativo quando la BCE decide di esercitare una vigilanza prudenziale diretta su di esso in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, non è contraria al principio della parità di trattamento come sembra sostenere la ricorrente.

87

A tal proposito, occorre osservare che una siffatta decisione, che verte unicamente sulla determinazione dell’autorità competente, non modifica né le norme prudenziali applicabili a detto soggetto, né i poteri di vigilanza di cui l’autorità competente dispone nei suoi confronti ai fini dei compiti di vigilanza affidati alla BCE dal MVU.

88

Pertanto, l’articolo 39, paragrafo 5, seconda frase, del regolamento n. 468/2014 non è contrario all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

89

Da quanto precede risulta che la decisione impugnata, nella misura in cui prevede la classificazione della ricorrente come soggetto significativo, non è contraria all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

90

Il primo motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

2. Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione delle forme sostanziali

91

Nella specie, è opportuno esaminare quindi il quarto motivo, vertente sulla violazione delle forme sostanziali, prima degli altri motivi, relativi alla fondatezza della decisione impugnata.

92

Nell’ambito del quarto motivo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata è viziata da molteplici violazioni delle forme sostanziali.

93

In primo luogo, la ricorrente sostiene che non è stata predisposta la relazione prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014.

94

La ricorrente sostiene che, nell’ambito del procedimento arbitrale, la Repubblica di Lettonia ha ammesso che detta relazione non era presente, invocando i buoni rapporti di collaborazione in essere tra la CMFC e la BCE. Orbene, tali asseriti buoni rapporti di collaborazione non sarebbero tali da giustificare la mancata presentazione della relazione di cui trattasi, posto che quest’ultima costituirebbe un elemento essenziale della procedura, avrebbe carattere obbligatorio e sarebbe volta a tutelare gli interessi della ricorrente nel quadro di un processo trasparente soggetto al controllo giurisdizionale.

95

Inoltre, la ricorrente osserva che la controversia tra la Repubblica di Lettonia e la BCE, nella parte concernente A, lascia supporre che i rapporti di collaborazione tra la BCE e la CMFC non fossero privi di difficoltà. Infatti, A dovrebbe essere rimosso dalle sue funzioni se le accuse formulate a suo carico fossero suffragate da prove che, secondo la Repubblica di Lettonia, esisterebbero, ma non sarebbero state divulgate alla Corte nell’ambito della causa C‑238/18, che la contrappone alla BCE. La ricorrente si troverebbe di fronte a problemi di corruzione irrisolti e a una perdita di fiducia nel processo di regolamentazione a causa della mancata collaborazione tra la BCE e le autorità lettoni, segnatamente, la CMFC. Peraltro, l’affermata esistenza di buoni rapporti di collaborazione tra la BCE e la CMFC contrasterebbe con una decisione adottata sulla base dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, nella misura in cui una siffatta decisione presupporrebbe una situazione in cui la BCE non è soddisfatta della vigilanza esercitata dall’autorità nazionale competente e riterrebbe che istruzioni generali e raccomandazioni in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 1024/2013 non siano sufficienti per porre rimedio a detta situazione.

96

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la BCE non l’ha messa a conoscenza della richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018. Tale richiesta sarebbe un passaggio della procedura previsto all’articolo 68 del regolamento n. 468/2014 e la decisione impugnata si fonderebbe sul suo contenuto. Pertanto, il progetto di decisione comunicato alla ricorrente prima dell’adozione della decisione impugnata non sarebbe stato completo, di modo che tale decisione le sarebbe stata comunicata anche in maniera incompleta. Il fatto di non averle comunicato detta richiesta e di non averle concesso di presentare le proprie osservazioni al riguardo, violerebbe i suoi diritti della difesa, il suo diritto di essere ascoltata e il suo diritto di accesso al fascicolo amministrativo.

97

In terzo luogo, la ricorrente deduce che la BCE non l’ha messa a conoscenza della prima richiesta della CMFC di assumere la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, datata 16 novembre 2017. La ricorrente avrebbe appreso della sua esistenza solo con una lettera del 20 marzo 2019 del consulente legale della Repubblica di Lettonia intervenuta nell’ambito del procedimento arbitrale. La produzione di detta richiesta da parte del consulente legale confermerebbe che si trattava di una reazione all’avvio del procedimento arbitrale. Il fatto di non aver comunicato la richiesta in parola alla ricorrente violerebbe i suoi diritti della difesa, il suo diritto di essere ascoltata e il suo diritto di accesso al fascicolo amministrativo.

98

In quarto luogo, la ricorrente sostiene che la BCE non ha adottato alcuna decisione su detta richiesta della CMFC del 16 novembre 2017, in violazione dell’articolo 68 del regolamento n. 468/2014.

99

In quinto luogo, la ricorrente afferma che il suo diritto di essere ascoltata non è stato rispettato, poiché tale diritto implicava la possibilità di formulare osservazioni sulle concrete affermazioni dedotte a fondamento del punto della motivazione della decisione impugnata secondo cui a seguito dell’avvio del procedimento arbitrale, essa non ha dimostrato una sufficiente volontà di collaborare.

100

In sesto e ultimo luogo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata non è sufficientemente motivata. Infatti, la decisione in parola non spiegherebbe le ragioni per cui la BCE ha ritenuto necessario assumere la vigilanza diretta sulla ricorrente.

101

La BCE contesta tale argomentazione.

102

Occorre esaminare anzitutto l’argomentazione della ricorrente nella parte in cui ritiene che la BCE abbia violato il suo obbligo di motivazione, a seguire, nella parte in cui sostiene che la BCE ha violato i suoi diritti della difesa, il suo diritto di essere ascoltata e il suo diritto di accesso al fascicolo amministrativo, poi, nella parte in cui invoca un’irregolarità relativa alla mancanza della relazione di cui all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 e, infine, nella parte in cui sostiene che la BCE non ha adottato la decisione sulla richiesta della CMFC del 16 novembre 2017.

a) Sulla censura relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione

103

La motivazione richiesta, in particolare, dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo (v. sentenza dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punto 85 e giurisprudenza citata).

104

L’obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o soggetti terzi, da questo colpiti direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi imposti dall’articolo 296 TFUE deve essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punto 87 e giurisprudenza citata).

105

L’obbligo di motivare gli atti delle istituzioni dell’Unione previsto all’articolo 296 TFUE costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 181 e giurisprudenza citata).

106

Per quanto attiene alla motivazione di una decisione di classificazione su base individuale di un soggetto vigilato come significativo, l’articolo 39, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014 dispone che «[u]n soggetto vigilato è considerato un soggetto vigilato significativo se la BCE così stabilisce in una decisione della BCE, adottata nei confronti del soggetto in questione ai sensi degli articoli da 43 a 49 [di detto regolamento], in cui sono esposti i motivi posti alla base di tale decisione».

107

Inoltre, l’articolo 33 del regolamento n. 468/2014, recante il titolo «Motivazione delle decisioni di vigilanza della BCE», dispone, al suo paragrafo 2, che la motivazione di una decisione di vigilanza prudenziale della BCE espone i fatti rilevanti e le ragioni giuridiche su cui detta decisione è fondata.

108

Nella specie, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente in maniera sommaria nell’ambito del quarto motivo, la decisione impugnata, la cui motivazione è stata sintetizzata ai punti da 23 a 27 supra, indica le ragioni per cui la BCE ha reputato necessario assumere la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente. Essa indica, con chiarezza e senza ambiguità, il suo fondamento giuridico, i fatti su cui si fonda, segnatamente, la raccomandazione dell’ICSID, e la valutazione della BCE. Da detta valutazione emerge che la BCE ha deciso di assumere la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente per il motivo che, secondo la CMFC, a partire dall’introduzione del procedimento arbitrale, la reazione della ricorrente a quasi tutte le attività di vigilanza continuava a non dimostrare alcuna volontà di porre in essere una proficua collaborazione e la CMFC si considerava del tutto priva di ogni capacità di esercitare nei confronti della ricorrente una vigilanza di alto livello in linea con le norme dell’Unione e del MVU.

109

Va aggiunto, ad abundantiam, che la decisione impugnata è stata adottata in un contesto noto alla ricorrente. Quest’ultima era regolarmente in contatto con la CMFC, la quale monitorava con attenzione i rischi cui essa era esposta. Essa era altresì in contatto diretto con la BCE, dato che le aveva scritto il 5 luglio e il 12 settembre 2018 per chiederle di intervenire nella sua vigilanza prudenziale e la presidente del consiglio di vigilanza della BCE le aveva risposto, con lettera dell’8 ottobre 2018, che condivideva il parere della CMFC secondo cui la situazione della ricorrente richiedeva una vigilanza prudenziale specifica. Infine, essa era a conoscenza di tutti gli aspetti del procedimento arbitrale, che aveva essa stessa introdotto.

110

La motivazione della decisione impugnata era, quindi, sufficiente per consentire alla ricorrente di conoscere le ragioni di tale decisione al fine di valutarne la fondatezza e al Tribunale di esercitare il suo controllo.

111

Pertanto, la ricorrente non può sostenere che la BCE ha violato l’obbligo di motivazione previsto, segnatamente, dall’articolo 296 TFUE e dal regolamento n. 468/2014.

b) Sulle censure relative alla violazione dei diritti della difesa, del diritto di essere ascoltato e del diritto di accesso al fascicolo amministrativo

112

L’articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dispone che il diritto ad una buona amministrazione comprende, in particolare, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio e il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale.

113

In particolare, il diritto di essere ascoltato, che costituisce parte integrante del principio generale del rispetto dei diritti della difesa, garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (v. sentenza del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 87 e giurisprudenza citata).

114

In applicazione dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014, quando assume decisioni relative alla classificazione come significativo di un soggetto o di un gruppo vigilato ai sensi del titolo 2 della parte IV di detto regolamento, e salvo che sia disposto altrimenti, la BCE applica le norme procedurali di cui al titolo 2 della parte III di detto regolamento. In applicazione del paragrafo 4 dello stesso articolo, la BCE offre a tutti i soggetti vigilati interessati la possibilità di presentare osservazioni scritte prima dell’adozione di una decisione della BCE ai sensi del suddetto paragrafo 1.

115

Ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014, prima che la BCE possa adottare, nei confronti di una parte, una decisione di vigilanza prudenziale che possa incidere negativamente sui diritti della stessa, deve essere garantita alla parte la possibilità di presentare alla BCE osservazioni scritte sui fatti e sugli addebiti concernenti la decisione di vigilanza prudenziale della BCE; se la BCE lo ritiene opportuno, può concedere alle parti la possibilità di presentare, nel corso di un incontro, osservazioni sui fatti, sugli addebiti e sui fondamenti giuridici pertinenti alla decisione di vigilanza prudenziale della BCE; la notifica attraverso la quale la BCE offre alla parte la possibilità di presentare le proprie osservazioni indica il contenuto sostanziale della decisione di vigilanza prudenziale che si intenderebbe adottare, nonché i fatti rilevanti, gli addebiti e i fondamenti giuridici sui quali la BCE intende basarla.

116

L’articolo 32 del regolamento n. 468/2014, dal titolo «Accesso al fascicolo in una procedura di vigilanza della BCE», dispone, al suo paragrafo 1, che nelle procedure di vigilanza della BCE i diritti alla difesa delle parti interessate sono pienamente garantiti; a tal fine, e a seguito dell’avvio di una procedura di vigilanza prudenziale della BCE, le parti hanno diritto di accedere al fascicolo della BCE, fatto salvo l’interesse legittimo delle persone giuridiche e fisiche diverse dalla parte interessata alla tutela del segreto commerciale; il diritto di accesso al fascicolo non si estende alle informazioni riservate; le autorità nazionali competenti inoltrano alla BCE, senza indebito ritardo, ogni richiesta relativa all’accesso a fascicoli collegati a procedure di vigilanza prudenziale della BCE ad esse pervenuta.

117

In via preliminare, posto che la ricorrente ha sviluppato un’argomentazione fondata sulla violazione del rispetto dei diritti della difesa, del diritto di essere ascoltato e del diritto di accesso al fascicolo amministrativo, occorre pronunciarsi su tale argomentazione, senza che si renda necessario esaminare se i diritti in parola costituiscano, in quanto tali, forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

118

Nel caso di specie, la BCE ha presentato alla ricorrente un progetto di decisione per eventuali osservazioni.

119

Si può, anzitutto, osservare che la ricorrente non sostiene che la decisione impugnata si fonda su elementi di fatto e di diritto che non sarebbero stati menzionati nel progetto di decisione comunicatole.

120

Inoltre, nella misura in cui la ricorrente fa valere che la BCE non le ha comunicato la richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018 relativa all’esercizio, da parte della BCE, della vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, va osservato che detta richiesta rappresentava il primo passaggio del procedimento amministrativo, ma si trattava di un atto distinto dalla decisione impugnata e non vincolava la BCE, posto che quest’ultima poteva decidere di assumere la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente per ragioni diverse da quelle indicate nella richiesta di cui trattasi, o di propria iniziativa.

121

Inoltre, nessuna disposizione del regolamento n. 468/2014 impone alla BCE di comunicare d’ufficio una siffatta richiesta dell’autorità nazionale competente al soggetto meno significativo cui si riferisce tale richiesta Quest’ultima è parte del fascicolo amministrativo e la ricorrente avrebbe potuto avervi accesso, ai sensi dell’articolo 32 del regolamento in parola, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, qualora avesse fatto richiesta di accesso al fascicolo.

122

Peraltro, benché, nella decisione impugnata, la BCE si sia fondata su talune considerazioni contenute nella richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018, essa ha posto adeguatamente in rilievo dette considerazioni nel progetto di decisione inviato alla ricorrente e nella decisione impugnata stessa, senza che sia pertanto necessario riferirsi alla richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018 per conoscere le ragioni della decisione impugnata.

123

Nella misura in cui la ricorrente sostiene che la BCE non le ha comunicato la richiesta della CMFC del 16 novembre 2017, con cui quest’ultima aveva in precedenza domandato alla BCE di assumere la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, va osservato che tale richiesta non costituiva un passaggio del procedimento amministrativo sfociato nella decisione impugnata e che i motivi alla base della decisione impugnata non figurano in detta anteriore richiesta. Pertanto, tale censura non opera a supporto delle conclusioni formulate contro la decisione impugnata.

124

Infine, nella misura in cui la ricorrente sostiene di non essere stata messa nella condizione di presentare osservazioni sulle concrete affermazioni dedotte a fondamento del punto della motivazione della decisione impugnata secondo cui, a detta della CMFC, essa non avrebbe dimostrato dopo l’avvio del procedimento arbitrale una sufficiente volontà di collaborare, va osservato che la ricorrente è stata messa nella condizione di presentare osservazioni su detto punto della motivazione, il quale figurava nel progetto di decisione che le è stato comunicato e non è accompagnato da ulteriori affermazioni.

125

Inviando alla ricorrente il progetto di decisione senza trasmetterle d’ufficio altri documenti o elementi, come la richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018, la BCE ha, quindi, nel caso di specie, messo la ricorrente nella condizione di far valere in modo utile ed efficace il suo punto di vista nel corso del procedimento amministrativo.

126

Per quanto attiene al diritto di una parte interessata di accedere ai fascicoli nell’ambito di una procedura di vigilanza prudenziale, l’articolo 32 del regolamento n. 468/2014, le cui disposizioni sono ricordate al precedente punto 116, prevede che le autorità nazionali competenti inoltrino alla BCE, senza indebito ritardo, ogni richiesta relativa all’accesso ai fascicoli ad esse pervenuta. Dalla disposizione di cui trattasi emerge che l’accesso al fascicolo presuppone la presentazione di una richiesta della parte interessata.

127

A questo proposto, dalla giurisprudenza emerge che, qualora siano state comunicate informazioni sufficientemente precise, che consentano al soggetto interessato di far conoscere utilmente il suo punto di vista sulla misura prevista, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica l’obbligo per la BCE di concedere spontaneamente l’accesso ai documenti contenuti nel suo fascicolo. È soltanto su richiesta del soggetto interessato che la BCE è tenuta a dare accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 31 gennaio 2019, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio, C‑225/17 P, EU:C:2019:82, punto 89 e giurisprudenza citata).

128

Orbene, nella specie, da un lato, come osservato al precedente punto 125, la ricorrente ha ricevuto informazioni sufficienti per far conoscere in modo utile ed efficace il suo punto di vista nel corso del procedimento amministrativo. Dall’altro lato, non è stato dimostrato, né tantomeno dedotto, che la ricorrente abbia chiesto la comunicazione delle richieste della CMFC del 16 novembre 2017 e del 21 dicembre 2018 né, in ogni caso, che la BCE le abbia a torto negato l’accesso a detti documenti. Di conseguenza, la ricorrente non può eccepire la violazione del suo diritto di accedere al fascicolo che la riguarda.

129

Ad abundantiam, una violazione dei diritti della difesa, in particolare, del diritto di essere ascoltato, giustifica l’annullamento di una decisione adottata al termine di un procedimento amministrativo solo se, in assenza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso (v. sentenza del 4 aprile 2019, OZ/BEI, C‑558/17 P, EU:C:2019:289, punto 76 e giurisprudenza citata).

130

Orbene, nel caso di specie, dai documenti del fascicolo non risulta che il procedimento avrebbe potuto avere un esito diverso se le richieste della CMFC del 16 novembre 2017 e del 21 dicembre 2018 fossero state comunicate alla ricorrente. La ricorrente, peraltro, nulla deduce in tal senso.

131

Pertanto, la ricorrente non può sostenere che la BCE ha violato il principio del rispetto dei diritti della difesa, il suo diritto di essere ascoltata e il suo diritto di accesso al fascicolo amministrativo.

c) Sulla censura relativa alla violazione dell’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, in assenza della relazione prevista in detta disposizione

132

Ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, la richiesta dell’autorità nazionale competente affinché la BCE eserciti una vigilanza prudenziale diretta su un soggetto o gruppo vigilato meno significativo è accompagnata da una relazione che indica i trascorsi prudenziali e il profilo di rischio del soggetto o del gruppo in questione.

133

Nella specie, è pacifico che la richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018 non era accompagnata dalla relazione di cui all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, indicante i trascorsi prudenziali e il profilo di rischio della ricorrente.

134

La relazione prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 consente alla BCE, come da quest’ultima sostenuto, di valutare la richiesta di assunzione della vigilanza prudenziale presentata dall’autorità nazionale competente e contribuisce ad assicurare, in caso di suo accoglimento da parte della BCE, un trasferimento armonioso delle competenze afferenti a tale vigilanza.

135

Il ruolo di detta relazione nella cooperazione tra la BCE e l’autorità nazionale competente ai fini di assicurare l’ordinato trasferimento delle competenze in materia di vigilanza prudenziale è menzionato peraltro all’articolo 43, paragrafo 6, del regolamento n. 468/2014.

136

Così, la relazione prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, pur avendo carattere obbligatorio, mira segnatamente ad assicurare l’ordinato trasferimento delle informazioni tra l’autorità nazionale competente e la BCE e non costituisce, come correttamente sottolinea quest’ultima, una garanzia procedurale destinata a tutelare gli interessi dell’ente creditizio interessato, né, tanto meno, una forma sostanziale ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

137

Tale considerazione è corroborata dal fatto che, quando la BCE decide di esercitare d’ufficio la vigilanza prudenziale diretta su un soggetto meno significativo, la richiesta all’autorità nazionale competente di presentare una siffatta relazione rappresenta soltanto una possibilità offerta alla BCE, a norma dell’articolo 69, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014.

138

Inoltre, nel caso di specie, dalla richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018 emerge che quest’ultima ha indicato, in tale richiesta, elementi relativi ai trascorsi prudenziali della ricorrente e ha rinviato ad altri elementi specifici già in possesso della BCE, in particolare, a informazioni scambiate in seno al gruppo di gestione della crisi costituito nel corso del mese di settembre 2017, all’interno del quale la BCE e la CMFC hanno confrontato con regolarità il proprio rispettivo punto di vista sulla situazione prudenziale della ricorrente e le eventuali misure di vigilanza da adottare.

139

In tali circostanze, occorre ritenere che la richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018, benché non formalmente accompagnata dalla relazione prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, contenesse le informazioni che devono figurare in tale relazione o, quanto meno, rinviasse a dette informazioni già in possesso della BCE.

140

Per quanto attiene all’argomentazione della ricorrente volta a rimettere in discussione quella sviluppato dalla Repubblica di Lettonia nell’ambito del procedimento arbitrale, secondo cui i rapporti di collaborazione tra la BCE e la CFMC erano buoni, occorre osservare che detta argomentazione non è idonea a dimostrare che la BCE non era in possesso di tutti gli elementi pertinenti che devono figurare nella relazione di cui all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014, prima di pronunciarsi sulla richiesta ad essa rivolta dalla CMFC di esercitare la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente.

141

Pertanto, l’assenza della relazione prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 non poteva, nella specie, determinare l’illegittimità della decisione impugnata.

142

Inoltre, anche ammettendo che la mancanza della relazione integri un’irregolarità procedurale, tale irregolarità potrebbe comportare l’annullamento totale o parziale della decisione impugnata soltanto qualora si dimostri che, in assenza della stessa, la decisione in parola avrebbe potuto avere un contenuto diverso (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2021, Autostrada Wielkopolska/Commissione e Polonia, C‑933/19 P, EU:C:2021:905, punto 67 e giurisprudenza citata).

143

Nel caso di specie, dai documenti del fascicolo di causa non emerge che la decisione impugnata avrebbe potuto avere un contenuto diverso in caso di redazione di una relazione come prevista all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014. A questo proposito, il Tribunale osserva che la ricorrente nulla deduce in tal senso.

144

La censura sollevata dalla ricorrente e relativa all’assenza della relazione di cui all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 468/2014 deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

d) Sulla censura relativa all’assenza di una decisione della BCE sulla richiesta della CMFC del 16 novembre 2017

145

Per quanto concerne la censura della ricorrente, vertente sul fatto che la BCE non avrebbe adottato alcuna decisione sulla richiesta della CMFC del 16 novembre 2017, con cui quest’ultima aveva in precedenza domandato alla BCE di esercitare la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, basti osservare che la mancata pronuncia della BCE su detta richiesta anteriore non può comportare l’annullamento della decisione impugnata, concernente un procedimento differente avviato con la richiesta della CMFC del 21 dicembre 2018.

146

Pertanto, la censura in questione, che non riguarda peraltro una forma sostanziale ai sensi dell’articolo 263 TFUE, deve essere respinta come inoperante.

147

La censura di cui trattasi deve altresì essere considerata come infondata in punto di fatto, posto che, da un lato, la BCE rileva, senza essere contraddetta, di aver respinto la richiesta della CMFC del 16 novembre 2017 in occasione della riunione del consiglio di vigilanza del 28 novembre 2017 e che, dall’altro, a norma dell’articolo 68, paragrafo 5, del regolamento n. 468/2014, è nel caso in cui decide di esercitare la vigilanza prudenziale diretta sul soggetto meno significativo che essa adotta una decisione conformemente al titolo 2 della parte IV di detto regolamento, vale a dire una decisione di classificazione notificata al soggetto interessato, e non quando decide di non dar seguito alla richiesta dell’autorità nazionale competente.

148

Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto.

3. Sul secondo motivo di ricorso, vertente sull’errata interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 nella parte riguardante le condizioni e l’oggetto di detta disposizione

149

La ricorrente sostiene che la decisione impugnata è fondata su un’errata interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 con riferimento a tre aspetti relativi alle condizioni di applicazione e all’oggetto di detto articolo.

150

In primo luogo, la ricorrente rileva che la BCE non ha tenuto conto del fatto che una decisione adottata in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 è destinata a porre rimedio a problemi di qualità della vigilanza, esercitata nella specie dalla CMFC e non a violazioni della normativa da parte dell’ente interessato. La BCE avrebbe erroneamente interpretato il riferimento a «standard di vigilanza elevati» presente in tale disposizione come un rimando a «standard di conformità elevati». Tale errata interpretazione sarebbe analoga alla errata riqualificazione della natura della decisione impugnata dedotta nel primo motivo. La prassi della BCE confermerebbe l’esistenza di un errore di interpretazione, posto che, ad oggi, l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 sarebbe stato applicato in un solo caso, che non era fondato su asserite violazioni da parte dell’ente creditizio interessato. La BCE non avrebbe assunto la vigilanza prudenziale nemmeno nel caso in cui le violazioni dell’ente creditizio erano talmente importati da disporre una revoca dell’autorizzazione.

151

In secondo luogo, la ricorrente osserva che la BCE non ha tenuto conto del fatto che l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 si riferisce specificamente all’applicazione «coerente» di standard di vigilanza elevati. L’unica decisione anteriore in cui è stata data applicazione a detta disposizione illustrerebbe tale obiettivo, poiché tale decisione era destinata a garantire la coerenza della vigilanza con riferimento a un gruppo di soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale in più Stati membri. Tale aspetto relativo alla coerenza della vigilanza non sarebbe stato affrontato nella decisione impugnata.

152

In terzo e ultimo luogo, la ricorrente osserva che la decisione impugnata non riconosce il carattere eccezionale di una decisione adottata in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013. La BCE avrebbe, a torto, presunto che l’assunzione della vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente fosse una decisione di routine per la BCE.

153

La BCE sostiene di non aver commesso gli errori di diritto che la ricorrente le contesta.

154

Con il suo secondo motivo, la ricorrente contesta alla BCE di aver violato l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 sotto tre profili, che occorre esaminare in successione.

155

Come emerge dalla formulazione stessa dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, l’obiettivo della disposizione di cui trattasi è garantire un’applicazione coerente di standard di vigilanza elevata.

156

Come risulta dall’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento n. 468/2014, molti fattori possono giustificare l’adozione di una decisione fondata sull’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

157

In primo luogo, la ricorrente sostiene che la BCE avrebbe erroneamente interpretato l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 come destinato a porre rimedio a problemi legati al mancato rispetto, da parte del soggetto interessato, della regolamentazione prudenziale, invece che a problemi nella qualità della vigilanza prudenziale garantita dall’autorità nazionale competente.

158

Tuttavia, va osservato che la BCE non ha adottato la decisione impugnata per il motivo che la ricorrente non ha rispettato la regolamentazione prudenziale. La ricorrente non indica peraltro alcun motivo della decisione a supporto della sua argomentazione.

159

In particolare, nella decisione impugnata la BCE ha osservato che la CMFC, nella sua richiesta volta a che la BCE esercitasse la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, aveva sottolineato che, a partire dall’introduzione del procedimento arbitrale, la reazione della ricorrente a quasi tutte le attività di vigilanza continuava a non dimostrare alcuna volontà di porre in essere una proficua collaborazione e che la CMFC riteneva di essere totalmente priva della capacità di esercitare nei confronti della ricorrente una vigilanza di alto livello.

160

Pertanto, la BCE ha adottato la decisione impugnata per ragioni vertenti sull’incapacità della CMFC di esercitare nei confronti della ricorrente una vigilanza di alto livello, constatazione questa che quest’ultima non rimette peraltro in discussione.

161

La BCE non ha, quindi, commesso l’errore di diritto che la ricorrente le contesta.

162

In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la BCE non abbia tenuto conto del fatto che l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 si riferisce specificamente all’applicazione «coerente» di standard di vigilanza elevati.

163

Tuttavia, ancora una volta, la ricorrente non indica alcun punto della decisione impugnata a supporto della sua argomentazione. Peraltro, dal punto 2.1 di tale decisione, emerge espressamente che, secondo la BCE, l’assunzione da parte sua della vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente era necessaria per garantire un’applicazione «coerente» di standard di vigilanza elevati, in linea con l’obiettivo fissato dall’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

164

La seconda censura della ricorrente deve, quindi, essere respinta.

165

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata non riconosce il carattere eccezionale di una decisione adottata in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

166

A tal proposito, va constatato che né dai termini dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, né peraltro dalle disposizioni del regolamento n. 468/2014, risulta che la decisione della BCE di esercitare direttamente tutti i pertinenti poteri per uno o più enti creditizi meno significativi debba rivestire carattere eccezionale.

167

La ricorrente sostiene che la presidente del consiglio di vigilanza della BCE ha indicato, in una lettera del 23 aprile 2018 indirizzata a un membro del Parlamento europeo, che le chiedeva con quale frequenza fosse stata attuata la competenza prevista all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, che detta competenza rivestiva carattere eccezionale.

168

Tuttavia, la lettera di cui al precedente punto 167 non può aggiungere un criterio all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, il quale non subordina la relativa competenza alla presenza di circostanze eccezionali.

169

Del resto, tenuto conto della raccomandazione dell’ICSID, la ricorrente si trovava evidentemente in una posizione inusuale dal punto di vista della vigilanza prudenziale sugli istituti di credito.

170

Pertanto, la BCE non ha violato l’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 per non aver menzionato, nella decisione impugnata, l’esistenza di circostanze eccezionali.

171

Il secondo motivo deve quindi essere respinto in quanto infondato.

4. Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di esaminare e di valutare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi del caso di specie al fine di stabilire la necessità di una decisione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013

172

La ricorrente sostiene che la BCE non ha effettuato un’analisi imparziale dei fatti. La BCE si sarebbe fondata su generiche censure riguardanti la condotta della ricorrente a seguito dell’avvio del procedimento arbitrale invece che su un’ipotesi concreta di mancata collaborazione. Essa non avrebbe affrontato la questione della fondatezza delle contestazioni sollevate dalla CMFC nei confronti della ricorrente. Tale approccio non sarebbe accettabile a motivo del carattere inusuale della decisione impugnata, che dovrebbe essere giustificata da circostanze inconsuete. Inoltre, la BCE si sarebbe basata eccessivamente sulle valutazioni della CMFC, senza esprimere il proprio punto di vista, aspetto questo paradossale trattandosi di una decisione di tale natura. Infatti, una siffatta decisione presupporrebbe che la BCE non possa più affidarsi unicamente alla vigilanza assicurata dall’autorità nazionale competente.

173

La BCE contesta tale argomentazione.

174

A sostegno del suo terzo motivo, la ricorrente sostiene in sostanza che, per adottare la decisione impugnata, la BCE si sarebbe fondata su generiche censure formulate dalla CMFC riguardanti la sua condotta a seguito dell’avvio del procedimento arbitrale, invece di riferirsi a un’ipotesi concreta di mancata cooperazione, e non avrebbe espresso il proprio punto di vista sulle valutazioni della CMFC.

175

Tuttavia, la BCE non ha commesso alcun errore di diritto astenendosi dall’esaminare la fondatezza o meno dell’osservazione della CMFC, secondo cui, con la propria condotta, la ricorrente non aveva dimostrato alcuna volontà di collaborare in maniera proficua.

176

Infatti, posto che una decisione adottata sulla base dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 mira a garantire un’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati e non a far fronte a un’asserita violazione della regolamentazione prudenziale da parte di un soggetto vigilato, la BCE può decidere di esercitare una vigilanza prudenziale diretta su un ente meno significativo senza fondarsi su una siffatta violazione.

177

Nella specie, a seguito dell’introduzione del procedimento arbitrale e dell’adozione di provvedimenti provvisori da parte dell’ICSID, la CMFC riteneva che la ricorrente non avesse dimostrato alcuna volontà di collaborare in maniera proficua. Essa riteneva altresì di essere totalmente priva della capacità di esercitare nei confronti della ricorrente una vigilanza di alto livello in linea con le norme dell’Unione e del MVU.

178

A questo proposito, va osservato che la valutazione della CMFC sulla propria totale incapacità di esercitare una vigilanza di alto livello, la quale è debitamente suffragata dalla raccomandazione dell’ICSID e non è stata in alcun modo contestata dalla ricorrente nel procedimento amministrativo o dinanzi al Tribunale, era, da sola, idonea a far sorgere un serio dubbio sulla capacità della CMFC di garantire il rispetto di standard di vigilanza elevati nei confronti della ricorrente e a giustificare la necessità per la BCE di assumere la vigilanza prudenziale.

179

Pertanto, la BCE poteva decidere di esercitare la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, allo scopo di garantire un’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, senza esaminare se fosse stata dimostrata la mancanza di volontà di collaborare in maniera proficua da parte della ricorrente asserita dalla CMFC, né, a fortiori, essere tenuta a basarsi su un’ipotesi concreta di mancata collaborazione.

180

Inoltre, benché la BCE abbia effettivamente tenuto in grande considerazione le valutazioni della CMFC concernenti la vigilanza prudenziale sulla ricorrente, essa non si è sentita vincolata da dette valutazioni, ma ha valutato in modo autonomo la necessità di esercitare una vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, come risulta espressamente dai punti 2.1 e 2.5 della decisione impugnata, in cui la BCE riconosce chiaramente siffatta necessità.

181

In particolare, il fatto che la BCE non abbia ulteriormente motivato la decisione impugnata sulla questione se la CMFC fosse del tutto incapace di esercitare nei confronti della ricorrente una vigilanza di alto livello, non consente di concludere che essa non abbia valutato in modo accurato e imparziale tutti gli elementi del caso di specie, posto che la ricorrente non ha contestato la valutazione della CMFC su detto punto.

182

Il terzo motivo deve pertanto essere respinto come infondato.

5. Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 nella misura in cui la BCE non ha esercitato il suo potere discrezionale conformemente a detta disposizione

183

La ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la BCE non ha preso in considerazione il carattere discrezionale delle competenze di cui dispone in materia [invocando a tal proposito l’impiego del termine «può» all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013]. La BCE non potrebbe sostenere di aver esercitato il proprio potere discrezionale se ciò non emerge dalla decisione impugnata e se, al contrario, quest’ultima è fondata sul principio che la sua adozione è una conseguenza necessaria del soddisfacimento delle condizioni previste all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

184

La BCE contesta tale argomentazione.

185

Come riconosciuto dalle parti, la BCE dispone di un ampio margine di discrezionalità quando adotta, come nel caso di specie, un atto relativo alla vigilanza prudenziale su un ente creditizio (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punto 86).

186

Tale conclusione trova conferma nella formulazione stessa dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 61).

187

Tuttavia, quando l’amministrazione dispone di un ampio margine di discrezionalità per adottare una decisione, né l’obbligo di motivazione imposto dall’articolo 296 TFUE, né nessun’altra norma la obbliga a farne menzione nella decisione di cui trattasi.

188

Nella specie, da nessuno dei documenti del fascicolo di causa emerge che la BCE avrebbe erroneamente creduto di non disporre di un siffatto margine di discrezionalità.

189

In particolare, il solo fatto di aver riconosciuto, al punto 2.5 della decisione impugnata, che le condizioni per l’assunzione della vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente da parte della BCE erano soddisfatte non significa che quest’ultima si sia ritenuta, a torto, posta in una situazione di competenza vincolata e che non si sia servita del proprio ampio margine di discrezionalità per pervenire a detta conclusione o, ancora, che abbia commesso un errore di diritto in sede di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

190

Il quinto motivo deve, pertanto, essere respinto in quanto infondato.

6. Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

191

La ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola il principio di proporzionalità. La BCE non potrebbe sostenere di aver compiuto un’analisi della proporzionalità se ciò non emerge dalla decisione impugnata e se, invece, quest’ultima lascia intendere il contrario, vale a dire che essa si sarebbe fondata sul principio secondo cui è sufficiente il soddisfacimento delle condizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

192

La ricorrente osserva che nella decisione impugnata non viene riconosciuto che una decisione di tale natura deve essere riservata ai casi in cui la vigilanza diretta da parte della BCE rappresenti una risposta adeguata a uno specifico problema regolamentare e sia idonea a conseguire un obiettivo concreto di vigilanza, allorché non sia ipotizzabile nessun’altra soluzione meno restrittiva e l’onere imposto all’ente interessato sia appropriato alla luce del problema sottostante e dell’obiettivo perseguito. La decisione impugnata non descriverebbe in maniera corretta il problema sottostante. Il motivo per cui la vigilanza diretta da parte della BCE rappresenterebbe un mezzo idoneo per far fronte al problema sarebbe anche ambiguo. Inoltre, la BCE non avrebbe analizzato le altre misure possibili, in particolare uno sforzo da parte sua per ripristinare la fiducia nella vigilanza regolamentare affrontando i problemi di corruzione.

193

La ricorrente osserva che l’importanza del principio di proporzionalità è stata sottolineata dalla presidente del consiglio di vigilanza nella sua lettera del 23 aprile 2018 al Parlamento europeo. Come illustrato nell’ambito del primo e del secondo motivo, la BCE, non avendo tenuto conto del fatto che la decisione di esercitare la vigilanza prudenziale diretta mira principalmente a risolvere problemi di vigilanza (e non violazioni dell’ente creditizio interessato), non avrebbe valutato altri metodi che consentano una vigilanza più adeguata da parte dell’autorità nazionale competente, ad esempio, la prestazione di un’adeguata consulenza. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, un livello costantemente elevato di vigilanza dovrebbe essere garantito, in primo luogo, dai regolamenti, dagli orientamenti o dalle istruzioni generali rivolti alle autorità nazionali competenti. La BCE dovrebbe valutare in che misura l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati può essere garantita mediante adeguate istruzioni generali.

194

La BCE nega di aver violato il principio di proporzionalità.

195

Il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tali obiettivi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere eccessivi rispetto agli scopi perseguiti (sentenze del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 50, e del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 206).

196

La valutazione della proporzionalità di una misura deve conciliarsi con il rispetto del margine di discrezionalità eventualmente riconosciuto alle istituzioni dell’Unione in occasione della sua adozione (v. sentenza dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punto 53 e giurisprudenza citata).

197

Nella specie, la decisione impugnata era idonea a realizzare l’obiettivo di garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati.

198

Infatti, la decisione impugnata era idonea a porre rimedio ai timori nutriti dalla CMFC in merito alla vigilanza prudenziale, garantendo che la ricorrente sia ora vigilata direttamente da un’autorità che fosse in grado di servirsi di tutti i suoi poteri di vigilanza.

199

A questo proposito, occorre sottolineare che, come sostiene la BCE, quest’ultima, tenuto conto della raccomandazione dell’ICSID, era in una posizione migliore della CMFC per garantire la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente.

200

Inoltre, le misure alternative suggerite dalla ricorrente, vale a dire, da un lato, l’esame da parte della BCE dei problemi di corruzione e, dall’altro, la fornitura da parte di quest’ultima di consulenza o la trasmissione da parte sua di regolamenti, orientamenti o istruzioni generali alla CMFC, non costituivano misure meno restrittive appropriate alla luce dell’obiettivo perseguito.

201

La BCE sostiene, infatti, correttamente di non avere la competenza per condurre, essa stessa, un’indagine su eventuali episodi di corruzione e di collaborare, a tal riguardo, con le autorità nazionali competenti. Parimenti, la BCE non è competente a trasmettere orientamenti individuali a un’autorità nazionale competente (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 61).

202

In ogni caso, le misure alternative suggerite dalla ricorrente non avrebbero consentito di fornire una risposta ai timori nutriti dalla CMFC che hanno giustificato la decisione impugnata. Posto che la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente sarebbe rimasta nella competenza della CMFC, quest’ultima si sarebbe sempre considerata incapace di esercitare i medesimi poteri di vigilanza riconosciuti a tutte le altre autorità di vigilanza in seno al MVU.

203

Inoltre, dai documenti del fascicolo di causa non emerge che la decisione impugnata abbia causato inconvenienti alla ricorrente, cosicché le misure alternative da essa suggerite non possono essere considerate come meno restrittive di quelle attuate con la decisione impugnata.

204

Infatti, la decisione impugnata, che si limita a modificare le rispettive attribuzioni della BCE e della CMFC, non ha modificato né le norme prudenziali applicabili, né i poteri di vigilanza di cui l’autorità competente disponeva nei confronti della ricorrente ai fini dei compiti di vigilanza affidati alla BCE dal MVU.

205

Infine, l’affermazione della ricorrente in merito a un «onere imposto all’ente interessato» non è né suffragata, né dimostrata.

206

Il sesto motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

7. Sul settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans

207

La ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola l’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans, posto che né la CMFC né la BCE avrebbero tenuto conto della propria responsabilità nella perdita di credibilità del processo di vigilanza, che sarebbe il risultato del loro rifiuto o della loro incapacità di affrontare in maniera efficace i problemi di corruzione, come testimonierebbe la controversia che ha contrapposto la Repubblica di Lettonia alla BCE dinanzi alla Corte.

208

La BCE contesta tale argomentazione.

209

Secondo l’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans, nessuno può trarre vantaggio dal proprio comportamento illecito.

210

Per avvalersi dell’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans, occorre che sia dimostrato un comportamento illecito imputabile alla BCE (v., per analogia, sentenza del 20 gennaio 2021, ABLV Bank/CRU, T‑758/18, EU:T:2021:28, punto 170).

211

Orbene, la ricorrente non indica quale atto preciso essa contesti alla BCE nel riferirsi al rifiuto o all’incapacità della BCE e della CMFC di affrontare efficacemente i problemi di corruzione. Inoltre, per quanto attiene alla natura degli episodi di corruzione di cui trattasi, occorre osservare che, da un lato, l’indagine penale che ha portato all’incriminazione di A non riguarda la ricorrente, ma una banca lettone terza, e, dall’altro, per quanto attiene agli episodi di corruzione denunciati da CR, la ricorrente indica che le autorità lettoni non hanno correttamente condotto le indagini e non sono riuscite a consegnare alla giustizia A e i suoi complici.

212

Ammettendo che la ricorrente ritenga che la BCE fosse tenuta ad indagare sugli episodi di corruzione denunciati da CR, aspetto questo che non emerge dall’argomentazione da essa sviluppata a supporto del presente motivo, la BCE osserva correttamente che essa non è competente a condurre direttamente un’indagine su episodi del genere e che collabora, a tal riguardo, con le autorità nazionali competenti.

213

Inoltre, anche ipotizzando che la BCE abbia commesso un illecito non effettuando un’indagine sugli episodi di corruzione denunciati da CR, non è dimostrato che tale illecito fosse idoneo a comportare l’illegittimità della decisione impugnata, fondata non sull’incapacità sistematica della CMFC di svolgere i suoi compiti, ma sulla sua incapacità di esercitare una vigilanza prudenziale di alto livello nei confronti della ricorrente a causa della raccomandazione dell’ICSID.

214

La proposizione da parte della BCE di un ricorso giurisdizionale avverso la decisione del 19 febbraio 2018 con cui il KNAB aveva vietato provvisoriamente ad A di esercitare le sue funzioni di governatore della Banca centrale di Lettonia (causa C‑238/18), invocata dalla ricorrente, non può essere un elemento idoneo a dimostrare che la BCE abbia commesso un errore.

215

Inoltre, la ricorrente non precisa in che modo si dovrebbe ritenere che la BCE stesse cercando di avvalersi del proprio comportamento illecito nell’ambito della presente causa.

216

Pertanto, non è dimostrata la violazione dell’adagio nemo auditur propriam turpitudinem allegans.

217

Il settimo motivo deve, quindi, essere respinto in quanto infondato.

8. Sull’ottavo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento

218

La ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola il principio della parità di trattamento. Detta decisione le applicherebbe un trattamento diverso da quello riservato ad altri enti creditizi meno significativi. Benché siano stati sollevati seri dubbi in merito alla vigilanza esercitata dalla CMFC, non sarebbe chiara la ragione per cui la ricorrente sia stata la sola a vedersi infliggere un trattamento particolare da parte della CMFC e della BCE. Il fatto che la ricorrente e i suoi azionisti abbiano rifiutato una collaborazione fondata su episodi di corruzione non sarebbe un motivo legittimo per imporre oneri particolari alla ricorrente. Quest’ultima invoca taluni casi in cui la BCE non avrebbe assunto la vigilanza diretta benché fosse necessario revocare l’autorizzazione delle banche interessate e la BCE avesse elencato, nella decisione di revoca dell’autorizzazione, episodi concreti di mancata collaborazione.

219

La BCE contesta l’argomentazione della ricorrente.

220

Il principio generale della parità di trattamento, quale principio generale del diritto dell’Unione, impone che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 6 giugno 2019, P.M. e a., C‑264/18, EU:C:2019:472, punto 28 e giurisprudenza citata).

221

La violazione del principio di parità di trattamento a causa di un trattamento differenziato presuppone che le situazioni considerate siano comparabili alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano (sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 25).

222

Va osservato che, benché la ricorrente invochi una violazione del principio di parità di trattamento rispetto ad altri enti creditizi meno significativi che non sono stati oggetto di una decisione di assunzione della vigilanza prudenziale diretta da parte della BCE, non è stato dimostrato che detti enti si trovassero in una situazione comparabile a quella della ricorrente.

223

A questo proposito, nella misura in cui la ricorrente sostiene che la BCE non ha assunto la vigilanza prudenziale diretta su enti creditizi la cui autorizzazione doveva essere revocata in considerazione di episodi concreti di mancata collaborazione, va osservato che la situazione di detti enti non è comparabile con quella della ricorrente, poiché essi non erano stati oggetto di una misura come la raccomandazione dell’ICSID.

224

Inoltre, garantendo che la ricorrente sia ora direttamente vigilata, al pari di tutti gli altri enti creditizi vigilati nell’ambito del MVU, da un’autorità di vigilanza in grado di servirsi di tutti i propri poteri in materia, la decisione impugnata concorre a garantire l’applicazione del principio di parità di trattamento.

225

Per di più, tenuto conto di quanto osservato ai precedenti punti 204 e 205, non è dimostrato che gli enti creditizi soggetti alla vigilanza prudenziale diretta della BCE siano sottoposti a un trattamento diverso rispetto agli enti soggetti alla vigilanza diretta della CMFC né, a fortiori, che essi si vedano imporre un onere particolare.

226

L’ottavo motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

9. Sul nono motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto

227

La ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto.

228

In primo luogo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata non è chiara e genera un’ingiustificata incertezza. La decisione di assumere la vigilanza prudenziale diretta dovrebbe indicare in che modo cambieranno i requisiti prudenziali e per quanto tempo la BCE sarà la principale autorità di vigilanza prudenziale. Orbene, la decisione impugnata non conterrebbe alcuna indicazione in merito ai suddetti aspetti, poiché non identificherebbe alcuno specifico problema che essa dovrebbe trattare. Essa lascerebbe intendere vagamente che la ricorrente deve essere sanzionata in quanto la CMFC ritiene che essa non abbia dimostrato la sua volontà di collaborare a seguito dell’avvio del procedimento arbitrale. Una lettura letterale della decisione impugnata lascerebbe pensare che la vigilanza diretta da parte della BCE si concluderà quando quest’ultima si sarà convinta che la ricorrente ha dimostrato la propria volontà di collaborare. Cosa sia concretamente richiesto a tal fine non sarebbe chiaro, poiché la decisione impugnata non indicherebbe nemmeno un esempio di mancata collaborazione della ricorrente con la CMFC. Ciò potrebbe significare che, affinché la ricorrente sia liberata dalla vigilanza diretta della BCE, sarebbe richiesta l’interruzione del procedimento arbitrale e l’astensione della ricorrente dall’avvalersi di ogni ulteriore mezzo di ricorso, il che costituirebbe un obiettivo illegittimo.

229

La ricorrente sostiene inoltre che, posto che la decisione impugnata non descrive il problema sottostante cui essa deve porre rimedio, è impossibile prevedere quali cambiamenti sostanziali subiranno i requisiti di vigilanza in ragione dell’intervento della BCE. L’esperienza iniziale della ricorrente con la BCE, in particolare, in occasione dell’ispezione in loco decisa da quest’ultima, lascerebbe pensare che la BCE adotti un approccio nuovo e non si consideri vincolata da una valutazione anteriore della CMFC, come quella relativa alla valutazione degli attivi. Ciò comporterebbe per la ricorrente un’incertezza giuridica eccessiva non giustificata da nessun obiettivo legittimo di vigilanza.

230

In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la decisione impugnata sia contraria al rispetto del legittimo affidamento fondato sulle sue pregresse interazioni con la CMFC e con la BCE. Infatti, sebbene il principio della tutela del legittimo affidamento sia di importanza centrale nel quadro della vigilanza bancaria, nessuna delle interazioni tra la ricorrente e la CMFC o la BCE avrebbe lasciato presagire l’adozione di una decisione fondata sull’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013. L’accordo provvisorio intervenuto nel procedimento arbitrale suggerirebbe il contrario, così come il fatto che la BCE non avrebbe dato alcuna risposta concreta ai numerosi tentativi della ricorrente di avviare un dialogo costruttivo con essa.

231

La BCE nega di aver violato i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto.

232

Il principio della certezza del diritto esige, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano avere conseguenze sfavorevoli per gli individui e le imprese [v. sentenza del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Quota di pesca del pesce spada nel Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 111 e giurisprudenza citata].

233

Quale corollario del principio della certezza del diritto, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a qualunque soggetto che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto nascere in lui fondate aspettative. Costituiscono assicurazioni idonee a far nascere siffatte aspettative, quale che sia la forma in cui vengono comunicate, eventuali informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanino da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento in assenza di precise assicurazioni che gli siano state fornite dall’amministrazione [v. sentenza del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Quota di pesca del pesce spada nel Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 112].

234

In primo luogo, occorre constatare che la decisione impugnata è priva di ambiguità.

235

In particolare, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, una decisione adottata in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 non deve indicare quali modifiche subiranno i requisiti prudenziali, posto che detta decisione non incide, per l’appunto, di per sé, sulle norme prudenziali applicabili. A tal proposito, l’affermazione della ricorrente secondo cui la sua esperienza con la BCE, in particolare, in occasione dell’ispezione in loco disposta da quest’ultima, «lascerebbe pensare» che la BCE adotti un approccio nuovo è irrilevante poiché non attiene alla chiarezza della decisione impugnata stessa. Detta affermazione è, inoltre, infondata in mancanza di elementi idonei a dimostrare la sussistenza effettiva dell’asserito nuovo approccio.

236

Una decisione adottata in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013 non deve, inoltre, indicare per quanto tempo la BCE assumerà la vigilanza prudenziale diretta sull’ente interessato, posto che, a norma dell’articolo 47, paragrafo 4, del regolamento n. 468/2014, la BCE adotta une decisione che pone fine alla propria vigilanza prudenziale diretta, se, sulla base dell’esercizio di una ragionevole discrezionalità, tale vigilanza non è più necessaria per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati.

237

In secondo luogo, e in ogni caso, dai documenti del fascicolo di causa emerge che la ricorrente non ha ricevuto assicurazioni precise che la BCE non avrebbe assunto la sua vigilanza prudenziale diretta.

238

A questo proposito, la ricorrente fa riferimento alla raccomandazione dell’ICSID, ma non spiega in che modo tali misure, che non provengono dalla BCE, avrebbero potuto costituire siffatte assicurazioni precise.

239

Per quanto attiene agli scambi intervenuti tra la ricorrente e la BCE, va osservato che non solo la BCE non si è, in tale contesto, impegnata a non adottare una decisione sulla base dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013, ma la ricorrente stessa ha sollecitato, con lettera del 5 luglio 2018, l’intervento della BCE nella sua vigilanza prudenziale.

240

Di conseguenza, la ricorrente non può sostenere che la BCE ha violato i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.

241

Il nono motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

10. Sul decimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 19 e del considerando 75 del regolamento n. 1024/2013 e su uno sviamento di potere

242

La ricorrente sostiene che la BCE ha violato l’articolo 19 e il considerando 75 del regolamento n. 1024/2013, che imporrebbero alla BCE di assolvere i suoi obblighi libera da indebite influenze politiche, requisito questo che la BCE avrebbe violato adottando una decisione che rappresenterebbe anzitutto una risposta all’avvio del procedimento arbitrale. Quest’ultimo corrisponderebbe all’uso legittimo di un mezzo di ricorso e rappresenterebbe una forma costruttiva di risoluzione dei conflitti, e non un atto di ostilità. Inoltre, la decisione impugnata sarebbe motivata dalla volontà di ledere l’effetto utile del procedimento arbitrale e, in particolare, dell’accordo provvisorio raggiunto nell’ambito di tale procedimento. L’esistenza di una richiesta anteriore non divulgata della CMFC volta a far sì che la BCE assuma la vigilanza sulla ricorrente lo confermerebbe. Posto che l’arbitrato è una forma di risoluzione dei conflitti e, di conseguenza, di collaborazione, sarebbe la CMFC, e non la ricorrente, a rifiutarsi di collaborare.

243

La BCE contesta tale argomentazione.

244

Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, nell’assolvimento dei compiti ad esse attribuiti da detto regolamento, la BCE e le autorità nazionali competenti che operano nel quadro del MVU agiscono in modo indipendente e i membri del consiglio di vigilanza e il comitato direttivo agiscono in piena indipendenza e obiettività nell’interesse dell’Unione nel suo complesso, senza chiedere né ricevere istruzioni da parte di istituzioni od organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri o da altri soggetti pubblici o privati.

245

Il considerando 75 di detto regolamento indica che, per assolvere efficacemente i suoi compiti di vigilanza, la BCE dovrebbe esercitare i compiti di vigilanza attribuitile in piena indipendenza, in particolare libera da indebite influenze politiche e da qualsiasi ingerenza degli operatori del settore, che potrebbero comprometterne l’indipendenza operativa.

246

Un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base a indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta essere stato adottato esclusivamente o quanto meno in maniera determinante per fini diversi da quelli per i quali il potere di cui trattasi è stato conferito o allo scopo di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato FUE per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenze del 14 dicembre 2004, Swedish Match, C‑210/03, EU:C:2004:802, punto 75, e dell’8 dicembre 2020, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑620/18, EU:C:2020:1001, punto 82).

247

Nella specie, dai documenti del fascicolo di causa non emerge che la decisione impugnata sia stata adottata per fini diversi dall’obiettivo di garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati nei confronti della ricorrente, a norma dell’articolo 6, paragrafo 5, lettera b), del regolamento n. 1024/2013.

248

In particolare, benché la decisione impugnata tenga conto della raccomandazione dell’ICSID, dai documenti del fascicolo di causa non emerge che essa fosse diretta ad impedire alla ricorrente di portare avanti un procedimento arbitrale nei confronti della Repubblica di Lettonia.

249

La ricorrente non deduce, inoltre, che la raccomandazione dell’ICSID debba essere interpretata come avente per effetto utile di limitare l’esercizio da parte della BCE dei suoi poteri di vigilanza prudenziale nei confronti della ricorrente o di sottrarre quest’ultima alla vigilanza prudenziale di un’autorità diversa dalla CMFC che disponga di tutti i propri poteri di vigilanza. Come già osservato, con lettera del 5 luglio 2018 la ricorrente aveva, essa stessa, sollecitato l’intervento della BCE nella sua vigilanza prudenziale.

250

Quanto alla prima richiesta della CMFC del 16 novembre 2017 volta ad ottenere che la BCE assumesse la vigilanza prudenziale diretta sulla ricorrente, benché la BCE non neghi che la ricorrente non ne era stata informata all’epoca dell’invio di detta richiesta alla BCE, tale circostanza non può, di per sé, dimostrare che la decisione impugnata avrebbe perseguito un obiettivo diverso da quello di vigilanza. Come osservato al precedente punto 121, nessuna disposizione del regolamento n. 468/2014 prevede che una siffatta richiesta sia comunicata d’ufficio al soggetto interessato. Inoltre, la richiesta di cui trattasi è contenuta nel fascicolo di causa e la ricorrente è stata messa nelle condizioni di presentare eventuali osservazioni su di essa.

251

Il decimo motivo deve, pertanto, essere respinto in quanto infondato.

252

Alla luce di tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

VI. Sulle spese

253

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese sostenute dalla BCE, conformemente alla domanda di quest’ultima.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La PNB Banka AS sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Banca centrale europea (BCE).

 

Gervasoni

Madise

Nihoul

Frendo

Martín y Pérez de Nanclares

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 dicembre 2022.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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