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Document 62019CJ0788
Judgment of the Court (First Chamber) of 27 January 2022.#European Commission v Kingdom of Spain.#Failure of a Member State to fulfil obligations – Article 258 TFEU – Free movement of capital – Obligation to provide information concerning assets or rights held in other Member States of the European Union or the European Economic Area (EEA) – Failure to comply with that obligation – Limitation – Penalties.#Case C-788/19.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 27 gennaio 2022.
Commissione europea contro Regno di Spagna.
Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Libertà di circolazione dei capitali – Obbligo di informazione riguardo ai beni o ai diritti detenuti in altri Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo (SEE) – Inosservanza di tale obbligo – Prescrizione – Sanzioni.
Causa C-788/19.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 27 gennaio 2022.
Commissione europea contro Regno di Spagna.
Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Libertà di circolazione dei capitali – Obbligo di informazione riguardo ai beni o ai diritti detenuti in altri Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo (SEE) – Inosservanza di tale obbligo – Prescrizione – Sanzioni.
Causa C-788/19.
Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:55
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
27 gennaio 2022 ( *1 )
«Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Libertà di circolazione dei capitali – Obbligo di informazione riguardo ai beni o ai diritti detenuti in altri Stati membri dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo (SEE) – Inosservanza di tale obbligo – Prescrizione – Sanzioni»
Nella causa C‑788/19,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 23 ottobre 2019,
Commissione europea, rappresentata inizialmente da C. Perrin, N. Gossement e M. Jáuregui Gómez, in qualità di agenti, successivamente da C. Perrin e N. Gossement, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Regno di Spagna, rappresentato da L. Aguilera Ruiz e S. Jiménez García, in qualità di agenti,
convenuto,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, J.-C. Bonichot (relatore) e M. Safjan, giudici,
avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 luglio 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che:
il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 21, 45, 49, 56 e 63 TFUE nonché degli articoli 28, 31, 36 e 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»). |
Contesto normativo
2 |
La diciottesima disposizione aggiuntiva alla Ley 58/2003 General Tributaria (legge 58/2003, recante il codice generale dei tributi), del 17 dicembre 2003, come modificata dalla legge 7/2012 (in prosieguo: il «codice generale dei tributi») dispone quanto segue: «1. Ai sensi degli articoli 29 e 93 della presente legge, i soggetti passivi sono tenuti a fornire alle autorità fiscali, alle condizioni previste per via regolamentare, le seguenti informazioni:
(...) 2. Regime di infrazioni e di sanzioni. Costituisce infrazione fiscale la mancata presentazione, nel termine prescritto, delle dichiarazioni informative previste nella presente disposizione aggiuntiva o l’inserimento di informazioni incomplete, inesatte o false. Qualora sia prevista la presentazione con modalità elettronica, informatica e telematica, costituisce inoltre infrazione fiscale la presentazione delle suddette dichiarazioni con modalità diverse. Le condotte succitate costituiscono infrazioni di elevata gravità e sono sanzionate in conformità alle regole di seguito indicate:
3. Le leggi che disciplinano le singole imposte possono prevedere conseguenze specifiche in caso di inadempimento dell’obbligo di informazione previsto dalla presente disposizione aggiuntiva». |
3 |
L’articolo 39 della Ley 35/2006 del Impuesto sobre la Renta de las Personas Físicas y de Modificación Parcial de las Leyes de los Impuestos sobre Sociedades, sobre la Renta de no Residentes y sobre el Patrimonio (legge 35/2006, relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche e che modifica parzialmente le leggi relative alle imposte sulle società, sui redditi dei non residenti e sul patrimonio), del 28 novembre 2006, come modificata dalla legge 7/2012 (in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche»), intitolato «Plusvalenze patrimoniali non giustificate», così dispone: «1. Sono considerati plusvalenze patrimoniali non giustificate i beni o i diritti il cui possesso, la cui dichiarazione o il cui acquisto non corrispondono a redditi o capitali dichiarati dal contribuente, nonché l’indicazione di debiti inesistenti in una dichiarazione relativa all’imposta di cui trattasi o all’imposta sul patrimonio o la loro registrazione nei libri o registri ufficiali. Le plusvalenze patrimoniali non giustificate sono inserite nella base imponibile generale del periodo di imposta nel corso del quale sono state individuate, salvo che il contribuente dimostri di aver acquisito la titolarità dei diritti o dei beni di cui trattasi nel corso di un periodo di imposta prescritto. 2. Il possesso, la dichiarazione o l’acquisto di beni o di diritti rispetto ai quali non è stato adempiuto l’obbligo di informazione di cui alla diciottesima disposizione aggiuntiva al [codice generale dei tributi] entro il termine stabilito sono trattati in ogni caso come plusvalenze patrimoniali non giustificate e sono inseriti nella base imponibile generale del più risalente tra i periodi di imposta non prescritti e per i quali è ancora possibile una rettifica. Tuttavia, le disposizioni del presente paragrafo non si applicano se il contribuente fornisce la prova che i beni o i diritti da lui detenuti sono stati acquistati mediante redditi dichiarati o percepiti nel corso di periodi di imposta per i quali lo stesso non era assoggettato all’imposta di cui trattasi». |
4 |
L’articolo 121 della Ley 27/2014 del Impuesto sobre Sociedades (legge 27/2014, relativa all’imposta sulle società), del 27 novembre 2014 (in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sulle società»), intitolato «Beni e diritti non contabilizzati o non dichiarati: presunta realizzazione di redditi», prevede quanto segue: «1. Gli elementi patrimoniali detenuti dal contribuente e da questi non inseriti in contabilità si presumono acquistati mediante redditi non dichiarati. Tale presunzione opera anche in caso di parziale occultamento del valore di acquisto. 2. Gli elementi patrimoniali non inseriti in contabilità si presumono appartenere al contribuente dal momento in cui questi ne ha il possesso. 3. L’ammontare dei redditi non dichiarati si presume pari al valore di acquisto dei beni o dei diritti non inseriti in contabilità detratto l’importo degli effettivi debiti contratti per finanziare detto acquisto, anch’essi non contabilizzati. L’importo non può in nessun caso essere negativo. L’ammontare del valore d’acquisto è verificato alla luce dei corrispondenti documenti giustificativi o, ove ciò non sia possibile, alla luce dei criteri di valutazione previsti dal [codice generale dei tributi]. 4. La presenza di redditi non dichiarati è presunta in caso di registrazione di debiti inesistenti nella contabilità del contribuente. 5. L’ammontare dei redditi accertato in forza delle succitate presunzioni è imputato al più risalente tra i periodi di imposta non prescritti salvo che il contribuente dimostri che esso si riferisce a uno o più periodi diversi. 6. I beni o i diritti rispetto ai quali non è stato adempiuto l’obbligo di informazione di cui alla diciottesima disposizione aggiuntiva al [codice generale dei tributi] entro il termine stabilito sono considerati in ogni caso come ottenuti mediante redditi non dichiarati imputabili al più risalente tra i periodi di imposta non prescritti e per i quali è ancora possibile una rettifica. Tuttavia, le disposizioni del presente paragrafo non si applicano se il contribuente fornisce la prova che i beni o i diritti da lui detenuti sono stati acquistati mediante redditi dichiarati o percepiti nel corso di periodi di imposta per i quali lo stesso non era assoggettato all’imposta di cui trattasi. (...)». |
5 |
La prima disposizione aggiuntiva alla legge 7/2012, intitolata «Regime sanzionatorio in caso di plusvalenze patrimoniali non giustificate e di presunta realizzazione di redditi», è così formulata: «L’applicazione delle disposizioni dell’articolo 39, paragrafo 2, della [legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche] e dell’articolo 134, paragrafo 6, del testo consolidato della legge relativa all’imposta sulle società, approvato con regio decreto legislativo 4/2004, del 5 marzo 2004 [, le cui disposizioni sono state successivamente riprese all’articolo 121, paragrafo 6, della legge relativa all’imposta sulle società], determina l’infrazione fiscale considerata di elevata gravità e punita con una sanzione pari al 150% dell’importo della sanzione base. La sanzione base è determinata in ragione del valore dell’importo complessivo risultante dall’applicazione degli articoli di cui al paragrafo che precede. (...)». |
Procedimento precontenzioso
6 |
Con lettera di messa in mora del 20 novembre 2015, la Commissione ha richiamato l’attenzione delle autorità spagnole sull’incompatibilità con il diritto dell’Unione di taluni aspetti dell’obbligo di dichiarare i beni o i diritti situati all’estero mediante il «Modello 720». Ad avviso della Commissione, le conseguenze connesse all’inadempimento di tale obbligo erano sproporzionate rispetto all’obiettivo perseguito dalla normativa spagnola. |
7 |
A seguito della risposta trasmessa dal Regno di Spagna il 29 febbraio 2016, nella quale tale Stato membro contestava l’esistenza di una qualsivoglia incompatibilità con il diritto dell’Unione, la Commissione ha emesso, il 15 febbraio 2017, un parere motivato nel quale manteneva la posizione comunicata nella sua lettera di messa in mora. |
8 |
Con lettere del 12 aprile 2017 e del 31 maggio 2019, il Regno di Spagna ha risposto a tale parere motivato. Il Regno di Spagna affermava, in sostanza, basandosi su taluni esempi pratici, che la normativa di cui trattasi era compatibile con il diritto dell’Unione. |
9 |
Non essendo stata persuasa dagli argomenti del Regno di Spagna, il 23 ottobre 2019 la Commissione ha proposto il ricorso di cui trattasi, sul fondamento dell’articolo 258 TFUE. |
Sul ricorso
Sulle libertà di cui trattasi
10 |
Con il suo ricorso, la Commissione ritiene che il Regno di Spagna sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 21, 45, 49, 56 e 63 TFUE nonché degli articoli 28, 31, 36 e 40 dell’accordo SEE per via delle conseguenze che la sua legislazione collega all’inosservanza o all’adempimento inesatto o tardivo dell’obbligo di dichiarare i beni o i diritti situati all’estero mediante il «Modello 720». |
11 |
Si deve ricordare che, quando un provvedimento nazionale si riferisce a diverse libertà di circolazione garantite dai Trattati, la Corte esamina il provvedimento di cui trattasi, in linea di principio, con riferimento a una sola di tali libertà qualora risulti, alla luce dell’oggetto di tale provvedimento, che le altre sono del tutto secondarie rispetto a quest’ultima e possano esserle ricollegate [v. in tal senso, per quanto riguarda un provvedimento riferito sia alla libertà di circolazione dei capitali sia alla libertà di stabilimento, sentenze del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation, C‑35/11, EU:C:2012:707, punti da 89 a 93, nonché del 28 febbraio 2013, Beker e Beker, C‑168/11, EU:C:2013:117, punti da 25 a 31, e, per quanto riguarda un provvedimento riferito sia alla libera circolazione dei capitali sia alla libera prestazione di servizi, sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International,C‑48/15, EU:C:2015:356, punto 39]. |
12 |
In forza della normativa nazionale di cui trattasi nella presente causa, i residenti in Spagna che omettono di dichiarare o dichiarano in modo inesatto o tardivo i beni e i diritti da essi detenuti all’estero sono esposti alla rettifica dell’imposta dovuta sulle somme corrispondenti al valore di tali beni o di tali diritti, anche qualora questi ultimi siano stati acquistati nel corso di un periodo di imposta già prescritto, nonché all’irrogazione di una sanzione proporzionale e di sanzioni forfettarie specifiche. |
13 |
Una normativa siffatta, che concerne, in termini generali, la detenzione di beni o di diritti all’estero da parte dei residenti in Spagna, senza che tale detenzione assuma necessariamente la forma di acquisizioni di partecipazioni nel capitale di soggetti stabiliti all’estero o sia principalmente motivata dall’intenzione di ivi beneficiare di servizi finanziari, rientra nell’ambito di applicazione della libertà di circolazione dei capitali. Sebbene essa possa altresì pregiudicare la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, tali libertà appaiono tuttavia secondarie rispetto alla libertà di circolazione dei capitali, alla quale possono essere ricollegate. Lo stesso vale, in ogni caso, per quanto riguarda la libertà di circolazione dei lavoratori. |
14 |
Occorre peraltro constatare che la Commissione non fornisce elementi sufficienti per consentire alla Corte di valutare sotto quale profilo la normativa nazionale di cui trattasi inciderebbe sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione o sulla libera circolazione dei lavoratori, garantite dagli articoli 21 e 45 TFUE. |
15 |
Da quanto precede risulta che le censure sollevate dalla Commissione devono essere esaminate sotto il profilo della libertà di circolazione dei capitali garantita dall’articolo 63 TFUE nonché dall’articolo 40 dell’accordo SEE, la cui portata giuridica è, in sostanza, la stessa (v., in tal senso, sentenze dell’11 giugno 2009, Commissione/Paesi Bassi, C‑521/07, EU:C:2009:360, punto 33, e del 5 maggio 2011, Commissione/Portogallo, C‑267/09, EU:C:2011:273, punto 51). |
Sull’esistenza di una restrizione ai movimenti di capitali
Argomenti delle parti
16 |
Secondo la Commissione, la normativa controversa, che non ha equivalenti per quanto riguarda i beni o i diritti detenuti dai contribuenti nel territorio nazionale, istituisce una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali in quanto produce l’effetto di dissuadere i residenti in Spagna dal trasferire i loro attivi all’estero. Essa sostiene che, come la Corte ha già riconosciuto nella sua sentenza dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot (C‑155/08 e C‑157/08, EU:C:2009:368, punti da 36 a 40), non sussiste una differenza oggettiva di situazione tra i contribuenti residenti in Spagna a seconda che i loro attivi si trovino nel territorio spagnolo o al di fuori di quest’ultimo. |
17 |
Il Regno di Spagna ritiene, dal canto suo, che i soggetti che procedono all’occultamento dei loro attivi per motivi fiscali non possano avvalersi della libertà di circolazione dei capitali. Esso sostiene inoltre che non si può considerare che le sanzioni collegate all’inosservanza dell’obbligo di informazione istituiscano restrizioni a tale libertà, giacché esse sono indispensabili per garantire l’effettività di detto obbligo. In ogni caso, a suo avviso, tenuto conto delle possibilità di controllo fiscale, i contribuenti i cui attivi siano situati nel territorio spagnolo non si trovano nella stessa situazione di quelli i cui attivi siano situati al di fuori di quest’ultimo. |
Giudizio della Corte
18 |
Secondo costante giurisprudenza della Corte, costituiscono, in particolare, restrizioni ai movimenti di capitali, ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, misure imposte da uno Stato membro idonee a dissuadere, a impedire o a limitare le possibilità degli investitori di detto Stato di investire in altri Stati [v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio, C‑478/98, EU:C:2000:497, punto 18, del 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, C‑112/05, EU:C:2007:623, punto 19, e del 26 maggio 2016, NN (L) International, C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 44]. |
19 |
Nel caso di specie, l’obbligo di dichiarare i beni o i diritti situati all’estero mediante il «Modello 720» e le sanzioni collegate all’inosservanza o all’adempimento inesatto o tardivo di tale obbligo, che non hanno equivalenti per quanto riguarda i beni o i diritti situati in Spagna, istituiscono una disparità di trattamento tra i residenti in Spagna a seconda del luogo in cui si trovino i loro attivi. Tale obbligo è idoneo a dissuadere, a impedire o a limitare le possibilità dei residenti di tale Stato membro di investire in altri Stati membri e costituisce pertanto, come la Corte ha già dichiarato per quanto riguarda una normativa avente gli obiettivi di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di contrastare l’evasione fiscale connessa all’occultamento di attivi all’estero, una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali, ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 40 dell’accordo SEE (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot, C‑155/08 e C‑157/08, EU:C:2009:368, punti da 36 a 40). |
20 |
La circostanza che detta normativa riguardi contribuenti che procedono all’occultamento dei loro attivi per motivi fiscali non è idonea a rimettere in discussione tale conclusione. Invero, il fatto che una normativa abbia gli obiettivi di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di contrastare l’evasione fiscale non può ostare all’accertamento dell’esistenza di una restrizione ai movimenti di capitali. Tali obiettivi rientrano unicamente tra le ragioni imperative di interesse generale idonee a giustificare l’istituzione di una restrizione del genere (v., in tal senso, sentenze dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot, C‑155/08 e C‑157/08, EU:C:2009:368, punti 45 e 46, e del 15 settembre 2011, Halley, C‑132/10, EU:C:2011:586, punto 30). |
Sulla giustificazione della restrizione alla libera circolazione dei capitali
Argomenti delle parti
21 |
Nell’ipotesi in cui la normativa controversa fosse considerata una restrizione ai movimenti di capitali, la Commissione e il Regno di Spagna concordano sul fatto che essa potrebbe essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e dall’obiettivo di lotta contro l’evasione e l’elusione fiscali. La Commissione sostiene, tuttavia, che tale normativa eccede quanto necessario per conseguire detti obiettivi. |
Giudizio della Corte
22 |
Come indicato al punto 20 della presente sentenza, la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e l’obiettivo di lotta contro l’evasione e l’elusione fiscali rientrano tra le ragioni imperative di interesse generale idonee a giustificare l’istituzione di una restrizione alle libertà di circolazione (v., in tal senso, sentenze dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot, C‑155/08 e C‑157/08, EU:C:2009:368, punti 45 e 46, e del 15 settembre 2011, Halley, C‑132/10, EU:C:2011:586, punto 30). |
23 |
Per quanto concerne i movimenti di capitali, l’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE prevede inoltre che le disposizioni dell’articolo 63 TFUE non pregiudicano il diritto degli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale. |
24 |
Nel caso di specie, poiché il livello di informazioni di cui dispongono le autorità nazionali relativamente agli attivi che i loro residenti fiscali detengono all’estero è, complessivamente, inferiore a quello di cui esse dispongono in merito agli attivi situati nel loro territorio, anche tenendo conto dell’esistenza di meccanismi di scambio di informazioni o di assistenza amministrativa tra gli Stati membri, la normativa controversa appare idonea a garantire il conseguimento degli obiettivi perseguiti. Occorre tuttavia verificare se essa non ecceda quanto necessario per conseguirli. |
Sulla proporzionalità della qualificazione degli attivi detenuti all’estero come «plusvalenze patrimoniali non giustificate», senza possibilità di beneficiare della prescrizione
Argomenti delle parti
25 |
Secondo la Commissione, l’inadempimento dell’obbligo di informazione o la presentazione inesatta o tardiva del «Modello 720» comportano conseguenze sproporzionate rispetto agli obiettivi perseguiti dal legislatore spagnolo, in quanto fanno sorgere una presunzione assoluta di percezione di un reddito non dichiarato, pari al valore dei beni o dei diritti di cui trattasi, presunzione che comporta l’assoggettamento a imposta delle somme corrispondenti in capo al contribuente, senza che quest’ultimo possa avvalersi delle norme di prescrizione o sottrarsi all’imposizione adducendo che egli, in passato, ha pagato l’imposta dovuta per detti beni o detti diritti. |
26 |
Il Regno di Spagna contesta l’esistenza di una presunzione assoluta di evasione fiscale. Esso sostiene che l’occultamento dei beni o dei diritti di cui trattasi e il mancato pagamento, da parte del contribuente, dell’imposta corrispondente devono essere accertati affinché la mancata dichiarazione o la dichiarazione tardiva di tali beni o di tali diritti mediante il «Modello 720» faccia sorgere una presunzione di percezione di un reddito non dichiarato in capo al contribuente. Il Regno di Spagna contesta altresì l’assenza di qualsivoglia norma sulla prescrizione. A suo avviso, il diritto spagnolo presenta soltanto una particolarità per quanto riguarda il dies a quo del termine di prescrizione, che, secondo la regola dell’actio nata, decorre solo a partire dalla data in cui l’amministrazione finanziaria viene a conoscenza dell’esistenza dei beni o dei diritti per i quali l’obbligo di informazione non è stato adempiuto o è stato adempiuto in modo inesatto o tardivo. |
Giudizio della Corte
27 |
Secondo costante giurisprudenza della Corte, la mera circostanza che un contribuente residente detenga beni o diritti al di fuori del territorio di uno Stato membro non può legittimare una presunzione generale di evasione e di elusione fiscali (v., in tal senso, sentenze dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant, C‑9/02, EU:C:2004:138, punto 51, e del 7 novembre 2013, K, C‑322/11, EU:C:2013:716, punto 60). |
28 |
Peraltro, un disposto normativo che presuma l’esistenza di una condotta fraudolenta per la sola ragione che ricorrono le condizioni da esso previste, senza concedere al contribuente alcuna possibilità di confutare tale presunzione, eccede, in linea di principio, quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo di lotta contro l’evasione e l’elusione fiscali [v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2013, Itelcar, C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, e del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie con sede in paesi terzi), C‑135/17, EU:C:2019:136, punto 88]. |
29 |
Dall’articolo 39, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dall’articolo 121, paragrafo 6, della legge relativa all’imposta sulle società risulta che il contribuente il quale non abbia adempiuto all’obbligo di informazione o che lo abbia fatto in modo inesatto o tardivo può evitare l’inserimento nella base imponibile dell’imposta dovuta per il periodo più risalente tra i periodi di imposta non prescritti, come plusvalenze patrimoniali non giustificate, delle somme corrispondenti al valore dei suoi beni o dei suoi diritti non dichiarati tramite il «Modello 720» fornendo la prova che tali beni o tali diritti sono stati acquistati mediante redditi dichiarati o percepiti nel corso di periodi di imposta per i quali lo stesso non era assoggettato all’imposta. |
30 |
Il Regno di Spagna sostiene peraltro, senza essere validamente contraddetto dalla Commissione, che la circostanza che il contribuente non abbia conservato la prova dell’imposta pagata in passato per le somme impiegate per acquistare i beni o i diritti non dichiarati mediante il «Modello 720» non comporta l’inserimento automatico di tali somme nella base imponibile dell’imposta dovuta da tale contribuente come plusvalenze patrimoniali non giustificate. Detto Stato membro precisa, infatti, che, in forza delle norme generali sulla ripartizione dell’onere della prova, spetta in ogni caso all’amministrazione finanziaria provare che il contribuente non ha adempiuto al suo obbligo di pagamento dell’imposta. |
31 |
Da quanto precede risulta, da un lato, che la presunzione di percezione di plusvalenze patrimoniali non giustificate istituita dal legislatore spagnolo non è fondata sulla mera detenzione di beni o di diritti all’estero da parte del contribuente, in quanto il fatto che essa trovi applicazione è legato all’inosservanza o all’adempimento tardivo, da parte di detto contribuente, degli obblighi di dichiarazione specifici che gli incombono in relazione a tali beni o a tali diritti. Dall’altro lato, secondo le informazioni fornite alla Corte, il contribuente può confutare detta presunzione non solo fornendo la prova che i beni o i diritti di cui trattasi sono stati acquistati mediante redditi dichiarati o percepiti nel corso di periodi di imposta per i quali lo stesso non era assoggettato all’imposta, ma anche, nel caso in cui il medesimo non sia in grado di fornire una prova siffatta, adducendo che egli ha adempiuto il proprio obbligo di pagamento dell’imposta per i redditi impiegati per acquistare tali beni o tali diritti, circostanza che spetta poi all’amministrazione finanziaria verificare. |
32 |
Ciò premesso, la presunzione istituita dal legislatore spagnolo non appare sproporzionata rispetto agli obiettivi di garanzia dell’efficacia dei controlli fiscali e di lotta contro l’evasione e l’elusione fiscali. |
33 |
L’impossibilità, per il contribuente, di confutare tale presunzione adducendo che i beni o i diritti per i quali non ha adempiuto all’obbligo di informazione o lo ha fatto in modo inesatto o tardivo sono stati acquistati nel corso di un periodo di imposta prescritto non può inficiare tale conclusione. Invero, il fatto che si invochi una norma sulla prescrizione non è idoneo a rimettere in discussione una presunzione di evasione o di elusione fiscali, ma consente soltanto di evitare le conseguenze che l’applicazione di tale presunzione dovrebbe comportare. |
34 |
Si deve tuttavia verificare se le scelte operate dal legislatore spagnolo in materia di prescrizione non appaiano, di per sé, sproporzionate rispetto agli obiettivi perseguiti. |
35 |
A tal riguardo, va rilevato che l’articolo 39, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche e l’articolo 121, paragrafo 6, della legge relativa all’imposta sulle società consentono, in realtà, all’amministrazione finanziaria di procedere senza limiti di tempo alla rettifica dell’imposta dovuta per le somme corrispondenti al valore dei beni o dei diritti situati all’estero e non dichiarati, o dichiarati in modo inesatto o tardivo, mediante il «Modello 720». Ciò è vero anche ove si consideri che il legislatore spagnolo ha soltanto inteso, in applicazione della regola dell’actio nata, spostare il dies a quo del termine di prescrizione e fissarlo alla data in cui l’amministrazione finanziaria viene per la prima volta a conoscenza dell’esistenza dei beni o dei diritti detenuti all’estero, giacché tale scelta conduce, in pratica, a consentire all’amministrazione di assoggettare a imposta per un periodo indefinito i redditi corrispondenti al valore di tali attivi, senza tener conto del periodo di imposta o dell’anno a titolo dei quali era normalmente dovuta l’imposta sulle somme corrispondenti. |
36 |
Dall’articolo 39, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dall’articolo 121, paragrafo 6, della legge relativa all’imposta sulle società risulta peraltro che l’inadempimento o l’adempimento tardivo dell’obbligo di informazione comporta l’inserimento nella base imponibile dell’imposta dovuta dal contribuente delle somme corrispondenti al valore dei beni o dei diritti non dichiarati situati all’estero, anche nel caso in cui tali beni o tali diritti siano entrati a far parte del suo patrimonio nel corso di un anno o di un periodo di imposta già prescritti alla data in cui egli doveva adempiere all’obbligo di informazione. Per contro, il contribuente che ha adempiuto a tale obbligo entro i termini impartiti conserva il beneficio della prescrizione per eventuali redditi occultati impiegati per acquistare i beni o i diritti che egli detiene all’estero. |
37 |
Da quanto precede risulta non solo che il disposto normativo adottato dal legislatore spagnolo comporta effetti di imprescrittibilità, ma anche che esso consente all’amministrazione finanziaria di rimettere in discussione una prescrizione già maturata a favore del contribuente. |
38 |
Orbene, se è vero che il legislatore nazionale può istituire un termine di prescrizione prolungato allo scopo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali e di contrastare l’evasione e l’elusione fiscali connesse all’occultamento di attivi all’estero, a condizione che la durata di tale termine non ecceda quanto necessario al conseguimento di tali obiettivi tenuto conto, in particolare, dei meccanismi di scambio di informazioni e di assistenza amministrativa tra Stati membri (v. sentenza dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot, C‑155/08 e C‑157/08, EU:C:2009:368, punti 66, 72 e 73), lo stesso non può tuttavia valere per l’istituzione di meccanismi che equivalgono, in pratica, a prolungare indefinitamente il periodo durante il quale l’imposizione può aver luogo o che consentono di inficiare gli effetti di una prescrizione già maturata. |
39 |
Infatti, la fondamentale esigenza di certezza del diritto osta, in linea di principio, a che le autorità pubbliche possano avvalersi indefinitamente dei loro poteri per porre fine ad una situazione illegale (v., per analogia, sentenza del 14 luglio 1972, Geigy/Commissione, 52/69, EU:C:1972:73, punto 21). |
40 |
Nel caso di specie, come indicato ai punti 35 e 36 della presente sentenza, la possibilità per l’amministrazione finanziaria di agire senza limiti di tempo, o addirittura di rimettere in discussione una prescrizione già maturata, risulta soltanto dall’inosservanza da parte del contribuente della formalità consistente nell’adempiere, entro i termini impartiti, all’obbligo di informazione riguardo ai beni o ai diritti che egli detiene all’estero. |
41 |
Collegando conseguenze così onerose all’inosservanza di un siffatto obbligo di dichiarazione, la scelta operata dal legislatore spagnolo eccede quanto necessario per garantire l’efficacia dei controlli fiscali e per contrastare l’evasione e l’elusione fiscali, senza che occorra interrogarsi sulle conseguenze da trarre dall’esistenza di meccanismi di scambio di informazioni o di assistenza amministrativa tra Stati membri. |
Sulla proporzionalità della sanzione del 150%
Argomenti delle parti
42 |
La Commissione sostiene che, punendo l’inosservanza o l’adempimento tardivo dell’obbligo di informazione con una sanzione proporzionale del 150% dell’imposta calcolata sulle somme corrispondenti al valore dei diritti o dei beni situati all’estero, a carattere automatico e non modulabile, il legislatore spagnolo ha istituito una restrizione sproporzionata alla libera circolazione dei capitali. |
43 |
La Commissione afferma, in particolare, che l’aliquota di tale sanzione è nettamente superiore alle aliquote progressive della sanzione prevista in caso di dichiarazione tardiva dei redditi imponibili in una situazione puramente nazionale, aliquote pari, a seconda del ritardo constatato, al 5, al 10, al 15 o al 20% dell’imposta dovuta dal contribuente, e ciò anche se, a differenza di quest’ultima sanzione, che sarebbe legata all’inosservanza di un obbligo di pagamento dell’imposta, la sanzione del 150% punirebbe solo l’inadempimento di un obbligo formale di comunicare informazioni, obbligo che, di norma, non comporta il pagamento di un’imposta supplementare. |
44 |
Tale istituzione precisa altresì che, a suo avviso, non si può tener conto delle possibilità di modulazione previste dalla risposta all’interpello del 6 giugno 2017, in quanto tale risposta non avrebbe forza di legge e sarebbe successiva alla data del parere motivato. Essa sottolinea che, in mancanza di indagini da parte dell’amministrazione, ai contribuenti che non possano provare che i loro beni o i loro diritti all’estero sono stati acquistati mediante redditi dichiarati e assoggettati a imposta verrebbe automaticamente irrogata la sanzione del 150%, il che equivarrebbe, ancora una volta, a istituire una presunzione assoluta di evasione fiscale, e sottolinea che non si terrebbe affatto conto del debito d’imposta complessivo gravante sul contribuente derivante dal cumulo della sanzione proporzionale del 150% e delle sanzioni forfettarie previste dalla diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi. |
45 |
Il Regno di Spagna ritiene, dal canto suo, che la proporzionalità delle sanzioni rientri esclusivamente nella valutazione delle autorità nazionali, giacché tale questione non è oggetto di armonizzazione a livello europeo. Ciò premesso, esso afferma che la sanzione del 150% ha lo scopo di punire l’inosservanza di un obbligo di dichiarazione senza rettifica dell’imposta corrispondente, vale a dire atti di elusione fiscale, e non può, a tale titolo, essere paragonata alle maggiorazioni inflitte in caso di ritardo nella dichiarazione, che sono destinate unicamente a indurre i contribuenti a rispettare i termini impartiti. |
46 |
Il Regno di Spagna ritiene altresì che si debba tener conto delle possibilità di modulazione offerte dalla risposta all’interpello del 6 giugno 2017, il cui contenuto è incorporato retroattivamente nella legge, nonché della facoltà generale di modulazione riconosciuta all’amministrazione nel diritto nazionale, in forza del principio di proporzionalità. |
47 |
Tale Stato membro contesta infine il carattere automatico della sanzione del 150%, affermando che quest’ultima può essere irrogata solo quando ricorrono gli elementi costitutivi dell’infrazione che essa punisce, che l’onere della prova della colpevolezza del contribuente grava sempre sull’amministrazione e che tale sanzione non è, in pratica, irrogata sistematicamente. Inoltre, alla luce delle caratteristiche della sanzione del 150%, la proporzionalità di quest’ultima dovrebbe essere valutata tenendo conto delle sanzioni previste nelle ipotesi più gravi di mancato pagamento di un debito d’imposta che, in caso di reato fiscale, potrebbero arrivare fino all’irrogazione di una sanzione del 600% dell’importo dell’imposta dovuta dal contribuente. |
Giudizio della Corte
48 |
In via preliminare, occorre ricordare che, se è vero che spetta agli Stati membri, in assenza di armonizzazione nel diritto dell’Unione, scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate in caso di inosservanza degli obblighi previsti dalla loro normativa nazionale in materia di imposte dirette, i medesimi sono, tuttavia, tenuti ad esercitare tale competenza nel rispetto di detto diritto e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2001, Louloudakis, C‑262/99, EU:C:2001:407, punto 67 e giurisprudenza ivi citata). |
49 |
Per quanto riguarda la proporzionalità della sanzione del 150%, dalla prima disposizione aggiuntiva alla legge 7/2012 risulta che l’applicazione dell’articolo 39, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche o dell’articolo l34, paragrafo 6, del testo consolidato della legge relativa all’imposta sulle società approvato con regio decreto legislativo 4/2004 del 5 marzo 2004, le cui disposizioni sono state successivamente riprese all’articolo 121, paragrafo 6, della legge relativa all’imposta sulle società, comporta l’irrogazione di una sanzione del 150% dell’importo complessivo dell’imposta dovuta sulle somme corrispondenti al valore dei beni o dei diritti detenuti all’estero. Tale sanzione si cumula con le sanzioni forfettarie previste dalla diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi, che si applicano a ciascun dato o a ciascuna categoria di dati mancanti, incompleti, inesatti o falsi che devono essere indicati nel «Modello 720». |
50 |
Benché il Regno di Spagna sostenga che tale sanzione proporzionale punisce l’inadempimento di un obbligo sostanziale di pagamento dell’imposta, è giocoforza constatare che la sua applicazione è direttamente connessa all’inosservanza di obblighi di dichiarazione. Infatti, sono passibili di tale sanzione solo i contribuenti la cui situazione rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 39, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche o dell’articolo 121, paragrafo 6, della legge relativa all’imposta sulle società, vale a dire i contribuenti che non hanno adempiuto all’obbligo di informazione riguardo ai loro beni o ai loro diritti all’estero o lo hanno fatto in modo inesatto o tardivo, ad esclusione di coloro che, pur avendo acquistato siffatti beni o siffatti diritti mediante redditi non dichiarati, hanno invece adempiuto a detto obbligo. |
51 |
Peraltro, sebbene il Regno di Spagna sostenga che, in pratica, l’irrogazione della sanzione proporzionale del 150% risulta da una valutazione caso per caso e che la sua aliquota può essere modulata, i termini della prima disposizione aggiuntiva alla legge 7/2012 lasciano intendere che la mera applicazione dell’articolo 39, paragrafo 2, della legge relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche o dell’articolo 121, paragrafo 6, della legge relativa all’imposta sulle società basta per stabilire l’esistenza di un’infrazione fiscale, considerata di elevata gravità e punita con l’irrogazione della sanzione del 150% dell’importo dell’imposta evasa, e tale aliquota non è espressa quale aliquota massima. |
52 |
Al riguardo, occorre precisare che le possibilità di modulazione offerte dalla risposta all’interpello del 6 giugno 2017, successivamente al parere motivato inviato dalla Commissione al Regno di Spagna il 15 febbraio 2017, non possono essere prese in considerazione nell’ambito del ricorso di cui trattasi, dal momento che, secondo costante giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato [v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2020, Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C‑122/18, EU:C:2020:41, punto 58]. La circostanza che l’interpretazione contenuta in detta risposta all’interpello sia incorporata retroattivamente nella legge non ha alcuna incidenza in tal senso. |
53 |
Occorre infine rilevare l’aliquota molto elevata della sanzione proporzionale prevista, che conferisce a quest’ultima un carattere estremamente repressivo e che può condurre, in numerosi casi, tenendo conto del cumulo con le sanzioni forfettarie inoltre previste dalla diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi, a portare l’importo complessivo delle somme dovute dal contribuente per l’inosservanza dell’obbligo di informazione riguardo ai suoi beni o ai suoi diritti all’estero ad oltre il 100% del valore di tali beni o di tali diritti, come sottolineato dalla Commissione. |
54 |
In tali circostanze, detta istituzione ha dimostrato che, punendo l’inosservanza, da parte del contribuente, dei suoi obblighi di dichiarazione relativi ai suoi beni o ai suoi diritti situati all’estero con una sanzione proporzionale del 150% dell’importo dell’imposta calcolata sulle somme corrispondenti al valore di tali beni o di tali diritti, sanzione cumulabile con sanzioni forfettarie, il legislatore spagnolo ha arrecato un pregiudizio sproporzionato alla libera circolazione dei capitali. |
Sulla proporzionalità delle sanzioni forfettarie
Argomenti delle parti
55 |
Infine, secondo la Commissione, costituisce una restrizione sproporzionata alla libera circolazione dei capitali il fatto di prevedere, in caso di inadempimento dell’obbligo di informazione riguardo ai beni o ai diritti detenuti all’estero o di adempimento inesatto o tardivo di tale obbligo, sanzioni forfettarie con un’aliquota superiore a quella prevista per infrazioni simili in un contesto puramente nazionale, senza tener conto delle informazioni di cui possa disporre l’amministrazione finanziaria in merito a detti attivi. |
56 |
In ogni caso, la Commissione ritiene che il fatto che l’inadempimento o l’adempimento inesatto o tardivo dell’obbligo di informazione, il quale costituisce un mero obbligo formale la cui inosservanza non arreca alcun danno economico diretto al fisco, comporti l’irrogazione di sanzioni che sono, a seconda dei casi, 15, 50 o 66 volte più elevate di quelle di cui sono passibili le infrazioni simili in una situazione puramente nazionale, previste dagli articoli 198 e 199 del codice generale dei tributi, basta per dimostrare il carattere sproporzionato dell’importo di tali sanzioni. |
57 |
Pur riconoscendo che le sanzioni forfettarie previste dalla diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi puniscono l’inadempimento di un obbligo formale, obbligo la cui inosservanza non provoca al fisco un danno economico diretto, il Regno di Spagna ritiene che gli elementi di raffronto utilizzati dalla Commissione non siano pertinenti. Ad avviso del Regno di Spagna, occorrerebbe piuttosto confrontare le sanzioni forfettarie previste in caso di inadempimento o di adempimento tardivo dell’obbligo di informazione con quelle previste in caso di mancato rispetto della «dichiarazione relativa alle operazioni con parti correlate», contemplata dal diritto spagnolo, in quanto tale dichiarazione assume, anch’essa, la forma di un obbligo di informazione riguardo a dati monetari, che deve essere adempiuto dal contribuente interessato dalle informazioni di cui trattasi. Detto Stato membro ritiene, peraltro, che il livello di informazione di cui dispone l’amministrazione finanziaria in merito agli attivi detenuti da un contribuente all’estero non debba essere preso in considerazione per valutare la proporzionalità delle sanzioni forfettarie previste, la quale dovrebbe essere esaminata esclusivamente alla luce della condotta del contribuente. |
Giudizio della Corte
58 |
Secondo la diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi, i contribuenti sono tenuti a fornire all’amministrazione finanziaria un insieme di informazioni relative ai loro beni o ai loro diritti all’estero, tra cui i beni immobili, i conti bancari, i titoli, gli attivi, i valori o i diritti rappresentativi del capitale sociale, i fondi propri o il patrimonio di qualsiasi tipo di soggetto, o ancora le assicurazioni sulla vita o per invalidità di cui essi dispongono al di fuori del territorio spagnolo. Il fatto che un contribuente dichiari all’amministrazione finanziaria informazioni incomplete, inesatte o false, che non fornisca a quest’ultima le informazioni richieste o che non lo faccia entro i termini o secondo le forme prescritte è qualificato come «infrazione fiscale» e comporta l’applicazione di sanzioni forfettarie di importo pari a EUR 5000 per dato o categoria di dati mancanti, incompleti, inesatti o falsi, con un minimo di EUR 10000, e di un importo pari a EUR 100 per dato o categoria di dati dichiarati tardivamente o non dichiarati in forma dematerializzata ove ciò fosse richiesto, con un minimo di EUR 1500. |
59 |
La diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi prevede altresì che tali sanzioni non possono essere cumulate con quelle previste dagli articoli 198 e 199 di detta legge, le quali stabiliscono in modo generale le sanzioni applicabili ai contribuenti che non adempiono ai loro obblighi di dichiarazione o lo fanno in modo inesatto, tardivo o al di fuori delle forme prescritte. Secondo tali disposizioni, in assenza di un danno economico diretto per il fisco, la mancata presentazione di una dichiarazione entro il termine impartito è, salvo casi particolari, punita con una sanzione forfettaria di EUR 200, il cui importo è ridotto della metà in caso di presentazione tardiva da parte del contribuente, senza previa richiesta dell’amministrazione finanziaria. La presentazione di una dichiarazione incompleta, inesatta o falsa è invece punita con una sanzione forfettaria di EUR 150 e la presentazione di una dichiarazione al di fuori delle forme prescritte con una sanzione forfettaria di EUR 250. |
60 |
Da quanto precede risulta che la diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi sanziona l’inosservanza di meri obblighi di dichiarazione o di obblighi puramente formali legati alla detenzione, da parte del contribuente, di beni o di diritti all’estero, con l’irrogazione di sanzioni forfettarie molto elevate, in quanto si applicano a ciascun dato o a ciascuna categoria di dati in questione, che per dette sanzioni è previsto, a seconda dei casi, un importo base di EUR 1500 o di EUR 10000 e che per il loro importo complessivo non è previsto un limite massimo. Tali sanzioni forfettarie si cumulano, inoltre, con la sanzione proporzionale del 150% prevista dalla prima disposizione aggiuntiva alla legge 7/2012. |
61 |
Da quanto precede risulta altresì che l’importo di tali sanzioni forfettarie non è commisurato all’importo di quelle di cui sono passibili i contribuenti sulla base degli articoli 198 e 199 del codice generale dei tributi, che appaiono comparabili nei limiti in cui puniscono l’inosservanza di obblighi analoghi a quelli previsti dalla diciottesima disposizione aggiuntiva al codice generale dei tributi. |
62 |
Tali caratteristiche bastano per dimostrare che le sanzioni forfettarie previste da tale disposizione istituiscono una restrizione sproporzionata alla libera circolazione dei capitali. |
63 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve dichiarare che il Regno di Spagna:
è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 63 TFUE e dell’articolo 40 dell’accordo SEE. |
Sulle spese
64 |
Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha concluso per la condanna del Regno di Spagna e l’inadempimento è stato constatato, occorre condannare tale Stato membro alle spese. |
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.