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Document 62019CJ0702

Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 22 ottobre 2020.
Silver Plastics GmbH & Co. KG e Johannes Reifenhäuser Holding GmbH & Co. KG contro Commissione europea.
Impugnazione – Concorrenza – Intesa – Mercato degli imballaggi alimentari per vendita al dettaglio – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 23 – Articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Diritto fondamentale a un equo processo – Principio della parità delle armi – Diritto “ al confronto” – Audizione di testimoni – Motivazione – Infrazione unica e continuata – Massimale dell’ammenda.
Causa C-702/19 P.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:857

 SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

22 ottobre 2020 ( *1 )

«Impugnazione – Concorrenza – Intesa – Mercato degli imballaggi alimentari per vendita al dettaglio – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Regolamento (CE) n. 1/2003 Articolo 23 – Articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Diritto fondamentale a un equo processo – Principio della parità delle armi – Diritto “ al confronto” – Audizione di testimoni – Motivazione – Infrazione unica e continuata – Massimale dell’ammenda»

Nella causa C‑702/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 20 settembre 2019,

Silver Plastics GmbH & Co. KG, con sede in Troisdorf (Germania), rappresentata da M. Wirtz, Rechtsanwalt, e S. Möller, Rechtsanwältin,

Johannes Reifenhäuser Holding GmbH & Co KG, con sede in Troisdorf, rappresentata da C. Karbaum, Rechtsanwalt,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da G. Meessen, I. Zaloguin e L. Wildpanner, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da M. Vilaras (relatore), presidente della quarta sezione, facente funzioni di presidente della nona sezione, D. Šváby, e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la loro impugnazione, la Silver Plastics GmbH & Co. KG e la Johannes Reifenhäuser Holding GmbH & Co. KG chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea dell’11 luglio 2019, Silver Plastics e Johannes Reifenhäuser/Commissione (T‑582/15, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2019:497), con la quale quest’ultimo ha respinto il ricorso tendente, in via principale, al parziale annullamento della decisione C(2015) 4336 final della Commissione, del 24 giugno 2015, relativa a un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.39563 – Imballaggi alimentari per vendita al dettaglio) (in prosieguo: la «decisione controversa») e, in via subordinata, alla riduzione dell’importo delle ammende loro inflitte mediante tale decisione.

Contesto normativo

2

L’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1/2003, del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), così prevede:

«2.   La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)

commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101 o 102 TFUE],

(...)

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(...)

3.   Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

Fatti

3

I fatti della controversia figurano ai punti da 1 a 10 della sentenza impugnata e, ai fini del presente procedimento, possono essere sintetizzati come segue.

4

La Silver Plastics, prima ricorrente, è una società che produce e fornisce vari prodotti d’imballaggio alimentare, le cui quote, al momento dei fatti che hanno portato all’adozione della decisione controversa, erano detenute al 99,75% dalla Johannes Reifenhäuser Holding, seconda ricorrente.

5

Dai punti da 2 a 6 della sentenza impugnata risulta che, a seguito di una domanda di trattamento favorevole depositata il 18 marzo 2008 dall’impresa costituita dal gruppo la cui controllante è la Linpac Group Ltd (in prosieguo: la «Linpac»), la Commissione europea ha avviato un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), nel settore degli imballaggi alimentari per vendita al dettaglio.

6

Come indicato dal Tribunale ai punti 7 e 8 della sentenza impugnata, con tale decisione la Commissione ha constatato che alcune società operanti nel settore summenzionato avevano, nel corso di periodi compresi tra il 2000 e il 2008, partecipato ad un’infrazione unica e continuata, costituita da cinque infrazioni distinte, delimitate a seconda dell’area geografica servita, ovvero l’Italia, l’Europa sud-occidentale, l’Europa nord-occidentale (in prosieguo: l’«ENO»), l’Europa centrale e orientale e la Francia (in prosieguo: l’«infrazione di cui trattasi»). I prodotti in questione erano vassoi termoformati per l’imballaggio alimentare destinati alla vendita al dettaglio e, per quanto riguarda l’intesa nell’ENO, vassoi rigidi.

7

In particolare, come il Tribunale ha sottolineato al punto 10 della sentenza impugnata, il dispositivo della decisione controversa enunciava quanto segue:

«Articolo 1

(...)

3.   Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 [TFUE] e l’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo partecipando, nei periodi indicati, ad una violazione unica e continuata, costituita da più infrazioni distinte, nel settore dei vassoi termoformati e dei vassoi rigidi per imballaggi alimentari destinati alla vendita al dettaglio nei territori del[l’ENO]:

(...)

d)

Silver Plastics (...) e [Johannes Reifenhäuser Holding], dal 13 giugno 2002 al 29 ottobre 2007.

(...)

5.   Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 [TFUE] partecipando, nei periodi indicati, ad una violazione unica e continuata, costituita da più infrazioni distinte, nel settore dei vassoi termoformati per imballaggi alimentari destinati alla vendita al dettaglio, nel territorio della Francia:

(...)

e)

Silver Plastics (...) e [Johannes Reifenhäuser Holding], dal 29 giugno 2005 al 5 ottobre 2005.

Articolo 2

(...)

3.   Per le infrazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 3, sono inflitte le seguenti ammende:

(...)

e)

a Silver Plastics (...) e [Johannes Reifenhäuser Holding], in solido: (...) EUR 20317000.

(...)

5.   Per le infrazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 5, sono inflitte le seguenti ammende:

(...)

e)

Silver Plastics (...) e [Johannes Reifenhäuser Holding], in solido: (...) EUR 893000.

(...)».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

8

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 settembre 2015, le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento parziale della decisione controversa e, in via subordinata, alla riduzione delle ammende loro inflitte con tale decisione. Tale ricorso è stato respinto con la sentenza impugnata.

9

In particolare, nell’ambito dell’analisi della prima parte del primo motivo delle ricorrenti, con la quale le ricorrenti hanno sostenuto, in sostanza, che la Commissione non aveva fornito prove attendibili e sufficienti dell’esistenza di un accordo o di una pratica concordata nell’ENO, il Tribunale ha esaminato, segnatamente, ai punti da 44 a 66 della sentenza impugnata, gli argomenti dedotti dalle ricorrenti per contestare la partecipazione della Silver Plastics a una riunione anticoncorrenziale svoltasi il 13 giugno 2002. A seguito di tale esame, il Tribunale ha ritenuto, al punto 67 della sentenza impugnata, che «anche se non si può escludere una certa ambiguità sull’ora esatta dell’inizio [di un’altra riunione che si è svolta nello stesso giorno e il cui oggetto non era anticoncorrenziale], vi sono prove sufficienti che concorrenti, tra cui la Silver Plastics, si sono incontrati ai margini di [tale altra] riunione per discutere le strategie relative ai prezzi».

10

Peraltro, dopo aver esaminato la seconda parte del primo motivo delle ricorrenti, vertente sull’assenza di un’infrazione unica e continuata relativa al mercato dei vassoi termoformati e dei vassoi rigidi nell’ENO, il Tribunale ha constatato, al punto 191 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva correttamente ritenuto che la Silver Plastics avesse partecipato a tale infrazione unica e continuata.

11

Nell’ambito dell’esame del terzo motivo delle ricorrenti, vertente sulla violazione del principio della parità delle armi e del diritto «al confronto», il Tribunale ha esaminato, ai punti da 226 a 236 della sentenza impugnata, le domande delle ricorrenti dirette ad ottenere l’audizione di cinque testimoni e il controinterrogatorio di uno di essi. A tale proposito, come risulta dai punti da 232 a 234 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che, tenuto conto del fatto che le ricorrenti avevano prodotto dinanzi ad esso e utilizzato dichiarazioni scritte dei testimoni che intendevano far deporre, non risultava dagli argomenti dedotti dalle ricorrenti a sostegno della loro domanda che la testimonianza di tali persone potesse aggiungere valore alle prove già presenti nel fascicolo, le quali, secondo il punto 235 della sentenza impugnata, erano sufficientemente chiarificatrici. Di conseguenza, il Tribunale ha deciso, al punto 236 della sentenza impugnata, che non era né necessario né opportuno accogliere la domanda di audizione di testimoni presentata dalle ricorrenti.

12

Ai punti da 255 a 279 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato il quinto motivo di ricorso delle ricorrenti, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, primo e secondo comma, del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione ha ritenuto che le due ricorrenti costituissero un’unità economica.

13

A tale riguardo, il Tribunale ha constatato, in primo luogo, ai punti 265 e 266 della sentenza impugnata, che le ricorrenti non contestavano che, durante il periodo relativo all’infrazione di cui trattasi nell’ENO, la Johannes Reifenhäuser Holding deteneva il 99,75% del capitale della Silver Plastics e che, pertanto, la Commissione poteva basarsi, nei loro confronti, sulla presunzione dell’esercizio di un’influenza determinante da parte della prima sulla seconda, come riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte. Successivamente, il Tribunale ha analizzato, ai punti da 267 a 279 della sentenza impugnata, i vari argomenti dedotti dalle ricorrenti e ha concluso, ai punti 280 e 281 di tale sentenza, che le ricorrenti non avevano fornito alcun elemento di prova in grado di confutare tale presunzione, cosicché il quinto motivo doveva essere respinto in quanto infondato.

14

Infine, ai punti da 287 a 314 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato il sesto motivo di ricorso delle ricorrenti, con il quale esse deducevano, in sostanza, una violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, in ragione del fatto che, ai fini della determinazione del fatturato rilevante per il calcolo del massimale del 10% previsto da tale disposizione, la Commissione aveva tenuto conto del fatturato della società Reifenhäuser GmbH & Co. KG Maschinenfabrik (in prosieguo: la «Maschinenfabrik»), sebbene, al momento dell’adozione della decisione controversa, la Johannes Reifenhäuser Holding non avesse più alcuna partecipazione in tale società.

15

Il Tribunale ha considerato, in particolare, ai punti da 307 a 310 della sentenza impugnata, che, poiché la decisione controversa è stata adottata il 24 giugno 2015, la Commissione era legittimata a determinare, nei confronti della Johannes Reifenhäuser Holding, il massimale dell’ammenda inflittale dalla decisione controversa sulla base dell’esercizio sociale 2013/2014, che era l’ultimo esercizio sociale completo precedente l’adozione della decisione controversa. La circostanza che la cessione della Maschinenfabrik da parte della Johannes Reifenhäuser Holding sia stata regolarmente registrata il 28 maggio 2015, con effetto retroattivo al 30 settembre 2014, non poteva, a parere del Tribunale, avere avuto alcun effetto sul fatturato della Johannes Reifenhäuser Holding nell’esercizio 2013/2014, che si era chiuso il 30 giugno 2014. Dopo aver respinto alcuni altri argomenti dedotti dalle ricorrenti, il Tribunale ha ritenuto, al punto 315 della sentenza impugnata, che il sesto motivo dovesse essere respinto.

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

16

Le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale;

in subordine, annullare la sentenza impugnata e annullare la decisione controversa nella parte in cui riguarda la Johannes Reifenhäuser Holding e ridurre l’importo dell’ammenda inflitta alla Silver Plastics ad un importo non superiore al 10% del suo fatturato nell’ultimo esercizio sociale chiuso;

in ulteriore subordine, annullare la sentenza impugnata e ridurre l’importo dell’ammenda inflitta in solido alle ricorrenti ad un importo non superiore al 10% del fatturato delle ricorrenti senza tener conto del fatturato della Maschinenfabrik, e

condannare la Commissione alle spese.

17

La Commissione chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare le ricorrenti alle spese.

Sull’impugnazione

18

A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono sette motivi vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma, e l’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché del principio di immediatezza; il secondo, sulla violazione del diritto «al confronto»; il terzo, sulla violazione del principio della parità delle armi; il quarto, sulla violazione dell’obbligo di motivazione; il quinto, sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003; il sesto, sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 per quanto riguarda la constatazione dell’esistenza di un’unità economica, e il settimo, sulla violazione della medesima disposizione per quanto riguarda il massimale dell’ammenda inflitta in solido alle ricorrenti.

Sul primo motivo d’impugnazione, vertente sulla violazione dell’articolo 6 della CEDU, in combinato disposto con l’articolo 47, secondo comma, e l’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, nonché del principio di immediatezza

Argomenti delle parti

19

Le ricorrenti sostengono che le garanzie procedurali e i diritti della difesa sanciti dall’articolo 6, paragrafi 1 e 3, della CEDU, come interpretati nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, e dall’articolo 47, secondo comma, e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, devono essere presi in considerazione nei procedimenti dinanzi ai giudici dell’Unione, compresi i procedimenti relativi alle intese, in quanto tali procedimenti hanno carattere penale.

20

Orbene, poiché il Tribunale si sarebbe limitato a prendere in considerazione solo i verbali delle dichiarazioni rese dal sig. W. agli avvocati della Silver Plastics, senza convocarlo per ascoltarlo personalmente in qualità di testimone, avrebbe violato il principio del processo equo garantito dall’articolo 6 della CEDU e dall’articolo 47, secondo comma, e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta nonché il principio dell’immediatezza dell’assunzione delle prove.

21

Secondo le ricorrenti, che invocano a tale proposito, segnatamente, da un lato, la sentenza della Corte EDU del 16 luglio 2019, Júlíus þór Sigurþórsson c. Islanda (CE:ECHR:2019:0716JUD003879717), e dall’altro, la sentenza della Corte del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka (C‑38/18, EU:C:2019:628) nonché le conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa che ha dato origine a tale sentenza, l’equità del procedimento garantita dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU esige che il giudice che riesamina una decisione sulla colpevolezza di una persona assuma tutte le prove necessarie mediante un’audizione personale del testimone e non si fondi unicamente su una dichiarazione scritta di quest’ultimo.

22

Ne deriva, secondo le ricorrenti, che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale al punto 230 della sentenza impugnata, esso non poteva validamente giudicare la controversia ad esso sottoposta senza sentire personalmente il sig. W. Inoltre, contrariamente a quanto suggerito dal punto 229 della sentenza impugnata, il Tribunale non poteva valutare la rilevanza di una tale audizione senza procedervi, limitandosi a considerare che essa non sarebbe stata in ogni caso tale da incidere sul senso della sua decisione.

23

La Commissione ritiene che il primo motivo d’impugnazione sia irricevibile in quanto mira, in realtà, a rimettere in discussione la valutazione dei fatti da parte del Tribunale e, in ogni caso, infondato.

Giudizio della Corte

24

In limine, occorre ricordare che pur se, come confermato dall’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e pur se l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta impone di dare ai diritti in essa contemplati e corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU lo stesso significato e la stessa portata di quelli conferiti dalla suddetta Convenzione, quest’ultima non costituisce, finché l’Unione non vi abbia aderito, un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza del 16 luglio 2020, Facebook Ireland et Schrems, C‑311/18, EU:C:2020:559, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

25

A tale proposito, la Corte ha altresì indicato che, giacché la Carta contiene diritti corrispondenti a diritti garantiti dalla CEDU, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta è inteso ad assicurare la necessaria coerenza tra i diritti contenuti in quest’ultima e i corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU, «senza che ciò pregiudichi l’autonomia del diritto dell’Unione e della Corte di giustizia dell’Unione europea». (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2018, Menci, C‑524/15, EU:C:2018:197, punto 23). Secondo le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17), l’articolo 47, secondo comma, della Carta «corrisponde» all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU e l’articolo 48 della Carta corrisponde all’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della CEDU. La Corte deve, pertanto, sincerarsi che l’interpretazione da essa fornita dell’articolo 47, secondo comma, e dell’articolo 48 della Carta assicuri un livello di protezione che non pregiudichi quello garantito all’articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo [v., per analogia, sentenza del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (Effetto sospensivo dell’appello), C‑175/17, EU:C:2018:776, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

26

Ricordati tali elementi, occorre intendere il primo motivo delle ricorrenti come diretto a far valere, in sostanza, che, avendo rifiutato di sentire oralmente, in qualità di testimone, il sig. W., il Tribunale ha violato il loro diritto a un processo equo sancito, in particolare, all’articolo 47, secondo comma, e all’articolo 48, paragrafo 2, della Carta.

27

Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, un tale motivo non intende rimettere in discussione la valutazione dei fatti da parte del Tribunale, ma contesta a quest’ultimo di aver commesso un errore di diritto. Esso è, pertanto, ricevibile.

28

Per quanto riguarda l’esame nel merito di tale motivo, occorre ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause delle quali è investito (sentenza del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P e C‑137/07 P, EU:C:2009:576, punto 319 e la giurisprudenza citata).

29

Come la Corte ha già dichiarato, anche se una domanda di audizione di testimoni, formulata nel ricorso, indica con precisione i fatti sui quali il testimone o i testimoni devono essere sentiti e i motivi che ne giustificano l’audizione, spetta al Tribunale valutare la pertinenza della domanda rispetto all’oggetto della lite e alla necessità di procedere all’audizione dei testimoni citati (sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 323 e giurisprudenza citata).

30

Tale potere di apprezzamento del Tribunale è conforme al diritto fondamentale ad un processo equo, in particolare alle disposizioni dell’articolo 47, secondo comma, e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, letti in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della CEDU. Dalla giurisprudenza della Corte emerge, infatti, che quest’ultima disposizione non riconosce all’accusato un diritto assoluto di ottenere la comparizione di testimoni dinanzi a un tribunale, e che incombe, in linea di principio, al giudice decidere circa la necessità o l’opportunità di citare un testimone. L’articolo 6, paragrafo 3, della CEDU non impone la convocazione di ogni testimone, ma mira ad una totale parità delle armi che garantisca che il procedimento contenzioso, considerato nel suo insieme, abbia offerto all’accusato un’adeguata e sufficiente occasione di contestare i sospetti che pesavano su di lui (sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punti 324325 e giurisprudenza citata).

31

Nel caso di specie, si deve constatare che, a seguito di un esame dettagliato di un insieme di elementi di prova che le ricorrenti hanno ampiamente potuto contestare, il Tribunale ha dichiarato, da un lato, al punto 153 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva dimostrato in modo giuridicamente adeguato, nella decisione controversa, la partecipazione della Silver Plastics ad accordi anticoncorrenziali e a pratiche concordate e, dall’altro lato, al punto 191 di tale sentenza, che la Silver Plastics aveva partecipato ad un’infrazione unica e continuata nell’ENO.

32

Peraltro, ai punti 232 e 233 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che le ricorrenti avevano prodotto dinanzi ad esso le dichiarazioni di diverse persone, tra le quali il sig. W., che esse hanno potuto utilizzare a sostegno delle loro argomentazioni. Esso ha aggiunto, al punto 234 di tale sentenza, che dalla motivazione dedotta dalle ricorrenti riguardo all’utilità della testimonianza di tali persone non emergeva che la loro audizione in qualità di testimoni da parte del Tribunale potesse aggiungere valore alle prove già presenti nel fascicolo.

33

È per tali motivi che il Tribunale ha ritenuto, come risulta dal punto 236 della sentenza impugnata, che, tenuto conto dell’oggetto del ricorso e degli elementi del fascicolo, non era né necessario né opportuno accogliere la domanda di audizione di testimoni presentata dalle ricorrenti. Esso ha quindi potuto, senza commettere un errore di diritto, respingere tale domanda.

34

Tale considerazione non è messa in discussione dall’insegnamento che può trarsi dalla sentenza della Corte EDU del 16 luglio 2019, Júlíus þór Sigurþórsson c. Islanda (EC:ECHR:2019:0716JUD003879717), invocata dalle ricorrenti. Come risulta, in sostanza, dai paragrafi da 39 a 44 di tale sentenza, è alla luce delle particolari circostanze della controversia che ha dato luogo a tale sentenza che tale giudice ha constatato una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Orbene, tali circostanze, caratterizzate dal fatto che l’imputato, che era stato assolto in primo grado, è stato successivamente condannato da una corte d’appello che ha ridotto il valore probatorio delle testimonianze orali rese davanti al giudice di primo grado, anche se non poteva, secondo il suo diritto nazionale, rivalutare le testimonianze orali rese dinanzi a tale giudice senza aver sentito nuovamente i loro autori, non sono in alcun modo paragonabili alle circostanze della causa che ha dato luogo alla sentenza impugnata.

35

Nemmeno la sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka (C‑38/18, EU:C:2019:628), anch’essa invocata dalle ricorrenti, può portare a una diversa conclusione.

36

Tale sentenza verte sull’interpretazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio (GU 2012, L 315, pag. 57). La Corte ha dichiarato in tale sentenza che gli articoli 16 e 18 della direttiva 2012/29 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale ai sensi della quale, nel caso in cui la vittima di un reato sia stata sentita una prima volta dal collegio giudicante di un organo giurisdizionale penale di primo grado e la composizione di tale collegio sia successivamente mutata, detta vittima deve, in linea di principio, essere nuovamente sentita dal collegio di nuova composizione qualora una delle parti nel procedimento rifiuti che detto collegio si basi sul verbale della prima audizione di detta vittima (sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka, C‑38/18, UE:C:2019:628, punto 59).

37

È in tale contesto che si deve collocare la considerazione di cui ai punti 42 e 43 della sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka (C‑38/18, UE:C:2019:628), secondo la quale coloro che hanno la responsabilità di decidere sulla colpevolezza o l’innocenza dell’imputato devono, in linea di principio, sentire di persona i testimoni e valutarne l’attendibilità, in quanto uno degli elementi rilevanti di un processo penale equo è la possibilità per l’accusato di essere messo a confronto con i testimoni in presenza del giudice che da ultimo decide.

38

Va ricordato, a tale proposito, che il procedimento dinanzi al Tribunale non riguardava un «procedimento penale» ai sensi della direttiva 2012/29, ma un ricorso di annullamento di una decisione amministrativa che ha inflitto alle ricorrenti, due persone giuridiche, un’ammenda per violazione delle regole di concorrenza dell’Unione.

39

A prescindere dalla questione se, in tali circostanze, le ricorrenti possano essere equiparate agli imputati in un processo penale, è sufficiente rilevare che, nel caso di specie, non si tratta affatto di una nuova audizione di un testimone già sentito da un collegio giudicante diversamente costituito, ma di un eventuale obbligo del Tribunale di sentire un testimone la cui audizione è stata richiesta dalle ricorrenti. Orbene, nessun obbligo del genere può essere dedotto dai punti 42 e 43 della sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka (C‑38/18, EU:C:2019:628,).

40

Infine, deve essere respinto anche l’argomento delle ricorrenti secondo il quale, in sostanza, il Tribunale non poteva valutare la credibilità delle dichiarazioni del sig. W. senza averlo sentito come testimone.

41

Infatti, un’audizione orale non è l’unico mezzo per valutare la credibilità delle dichiarazioni di una persona. Il giudice può in particolare, a tal fine, basarsi su altri elementi di prova che confermino o, al contrario, contraddicano tali affermazioni.

42

Orbene, è proprio perché alcune affermazioni del sig. W. sono state contraddette da altri elementi di prova presentati dinanzi al Tribunale che esso ha ritenuto, ai punti 74, 102 e 107 della sentenza impugnata, richiamati dalle ricorrenti nel loro motivo, che tali affermazioni fossero poco o per nulla credibili.

43

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve respingere il primo motivo d’impugnazione in quanto infondato.

Sul secondo motivo d’impugnazione, vertente sulla violazione del diritto «al confronto»

Argomenti delle parti

44

Le ricorrenti sostengono che il Tribunale, avendo respinto la loro richiesta di poter esse stesse interrogare il sig. W. in qualità di testimone a carico, ha violato il loro diritto «al confronto», sancito dall’articolo 6, paragrafi 1 e 3, lettera d), della CEDU.

45

Secondo le ricorrenti, risulta dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, se un tribunale ha utilizzato mezzi di prova e ha basato la sua decisione su tali mezzi, al fine di rispettare il diritto «al confronto», la difesa deve avere la possibilità di prendere posizione sulle conclusioni che derivano da tali prove.

46

Le ricorrenti sostengono, a tale proposito, che, in quanto fonte essenziale della domanda di clemenza della Linpac, il sig. W. è stato il principale testimone a carico nel procedimento che ha portato all’adozione della decisione controversa e successivamente alla sentenza impugnata. Orbene, il Tribunale avrebbe fondato in misura decisiva la «condanna» delle ricorrenti sulle dichiarazioni del sig. W. contenute in tale domanda, senza dare alle ricorrenti la possibilità di un confronto. Il Tribunale avrebbe quindi limitato il diritto delle ricorrenti a tale confronto senza un motivo legittimo che giustificasse tale limitazione.

47

Infatti, gli agenti della Commissione avrebbero avuto un colloquio con il sig. W. in qualità di testimone a carico, escludendo la partecipazione delle ricorrenti a tale audizione e senza redigere un verbale né comunicarlo alle ricorrenti. Per compensare tale squilibrio, sarebbe stato necessario consentire alle ricorrenti di interrogare esse stesse il sig. W. dinanzi alla Commissione o, quanto meno, dinanzi al Tribunale.

48

La Commissione contesta tale argomento. Essa rileva che l’argomento delle ricorrenti secondo il quale non avrebbero potuto interrogare esse stesse il sig. W. durante il procedimento amministrativo è irricevibile, in quanto non fa riferimento alla sentenza impugnata. In ogni caso, tutti gli argomenti dedotti dalle ricorrenti nell’ambito del secondo motivo devono essere respinti in quanto infondati.

Giudizio della Corte

49

Con il secondo motivo d’impugnazione, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che il Tribunale era tenuto, ai sensi dell’articolo 47, secondo comma, e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, in combinato disposto con l’articolo 6 della CEDU, ad accogliere la loro richiesta di sentire il sig. W. in qualità di testimone per poterlo esse stesse interrogare, in quanto egli era il «principale testimone a carico» nel procedimento che le riguardava e sarebbe stato sentito dalla Commissione senza che i loro rappresentanti potessero partecipare a tale audizione.

50

È quindi solo incidentalmente che le ricorrenti fanno riferimento all’audizione del sig. W. da parte della Commissione, cosicché l’affermazione della Commissione secondo la quale tale argomento, invocato in sede d’impugnazione, è irricevibile, deve essere respinta.

51

Per quanto riguarda l’esame nel merito di questo motivo, va rilevato che le ricorrenti contestano al Tribunale proprio il fatto di non aver sentito il sig. W. in qualità di testimone, cosicché egli non potrebbe logicamente essere qualificato come «testimone a carico» dinanzi al Tribunale.

52

Inoltre, dalla sentenza impugnata non risulta che il Tribunale abbia tenuto conto di una qualsiasi dichiarazione scritta del sig. W. prodotta dalla Commissione. Le uniche dichiarazioni scritte del sig. W. che il Tribunale ha preso in considerazione, come risulta dai punti da 34 a 39 della sentenza impugnata, sono quelle presentate dalle ricorrenti stesse.

53

Sebbene dal punto 36 della sentenza impugnata risulti che il sig. W. è stato una delle fonti delle dichiarazioni effettuate ai fini della clemenza dalla Linpac, suo ex datore di lavoro, sulle quali la Commissione si è, segnatamente, fondata nella decisione controversa, rimane il fatto che le dichiarazioni di tale società sono state effettuate sotto la propria responsabilità con cognizione delle potenziali conseguenze negative della presentazione di elementi inesatti (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 138). Pertanto, il fatto che il sig. W. sia stato una delle fonti di tali dichiarazioni, o addirittura la fonte principale delle stesse, non è sufficiente per qualificarlo come «testimone a carico».

54

L’argomento delle ricorrenti secondo il quale, poiché la Commissione ha sentito il sig. W. prima dell’adozione della decisione controversa, in assenza dei rappresentanti delle ricorrenti, il Tribunale era obbligato a convocare il sig. W. in qualità di testimone per consentire alle ricorrenti di interrogarlo esse stesse, non può neanch’esso essere accolto. Infatti, le ricorrenti erano in grado di contattare direttamente il sig. W. al fine di ottenere da lui una dichiarazione, cosa che peraltro hanno fatto, considerato che le dichiarazioni scritte così ottenute sono state prodotte dinanzi al Tribunale e da esso prese in considerazione.

55

Ne deriva che gli argomenti dedotti a sostegno del secondo motivo non sono in grado di dimostrare che, nonostante il potere sovrano di apprezzamento del Tribunale a tale riguardo, ricordato ai punti da 28 a 30 della presente sentenza, esso non poteva validamente rifiutare di sentire il sig. W. in qualità di testimone. Pertanto, il secondo motivo d’impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

Sul terzo motivo d’impugnazione, vertente sulla violazione del principio della parità delle armi

Argomenti delle parti

56

Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato il principio della parità delle armi, che fa parte del diritto ad un equo processo ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, lettera d), della CEDU. Tale principio implica, a loro avviso, che il Tribunale avrebbe dovuto ordinare l’audizione personale del sig. W. e degli altri testimoni dei quali avevano richiesto l’audizione.

57

Le ricorrenti ricordano di aver indicato i nomi dei testimoni che avrebbero voluto fossero ascoltati dal Tribunale e i fatti che intendevano dimostrare con tali testimonianze. Orbene, il Tribunale ha respinto la richiesta di audizione di testimoni sulla base di una motivazione che non soddisferebbe i requisiti della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, come ricordati, segnatamente, al paragrafo 164 della sentenza del 18 dicembre 2018, Murtazaliyeva c. Russia (CE:ECHR:2018:1218JUD003665805).

58

La Commissione ritiene che il terzo motivo d’impugnazione sia infondato e debba essere respinto.

Giudizio della Corte

59

Per quanto riguarda, in primo luogo, la violazione del principio di parità delle armi dedotta dalle ricorrenti, è sufficiente rilevare che, nella misura in cui il Tribunale non ha sentito i testimoni proposti dalla Commissione, non può essere criticato per aver violato tale principio allorché ha deciso, allo stesso modo, di non sentire i testimoni proposti dalle ricorrenti.

60

In secondo luogo, quanto al fatto che le ricorrenti contestano al Tribunale, in sostanza, una violazione dell’obbligo di motivazione in relazione al rigetto della loro domanda di audizione di testimoni, va rilevato che, ai punti da 232 a 235 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esposto, in modo giuridicamente adeguato, le ragioni che lo hanno indotto a ritenere che non fosse né necessario né opportuno accogliere la richiesta di audizione di testimoni presentata dalle ricorrenti. Così facendo, ha rispettato l’obbligo di motivare le sue sentenze.

61

La sentenza della Corte EDU del 18 dicembre 2018, Murtazaliyeva c. Russia (CE:ECHR:2018:1218JUD003665805) non può mettere in discussione le considerazioni di cui sopra. Sebbene tale giudice abbia rilevato, al paragrafo 164 di tale sentenza, che il ragionamento delle autorità giurisdizionali cui è stata sottoposta una domanda di audizione di testimoni deve corrispondere ai motivi dedotti a sostegno di tale domanda, vale a dire che deve essere tanto approfondito e dettagliato quanto tali motivi, esso ha aggiunto, al paragrafo 165 di detta sentenza, che, dal momento che la CEDU non richiede la convocazione o l’interrogatorio di qualsiasi testimone a discarico, le autorità giurisdizionali interne non sono tenute a fornire una risposta dettagliata a ciascuna domanda formulata in tal senso dalla difesa, pur dovendo comunque motivare adeguatamente la loro decisione.

62

Orbene, nella specie, il Tribunale ha tenuto conto dei motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno della loro domanda di audizione di testimoni, che ha riassunto ai punti da 221 a 225 della sentenza impugnata e ai quali ha risposto ai punti da 232 a 235 della stessa sentenza, in modo che non può essere considerato insufficiente.

63

Ne deriva che il terzo motivo d’impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

Sul quarto motivo d’impugnazione, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione

Argomenti delle parti

64

Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato l’obbligo di motivazione delle sue decisioni. Da un lato, sarebbe impossibile capire su quali indizi si sia fondato il Tribunale per considerare, al punto 67 della sentenza impugnata, che la Silver Plastics aveva partecipato alla pretesa riunione anticoncorrenziale del 13 giugno 2002. Il Tribunale non spiegherebbe in alcun momento perché le note manoscritte di cui al punto 54 della sentenza impugnata rivelerebbero una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione. Inoltre, al punto 63 della sentenza impugnata, il Tribunale cercherebbe solo di dimostrare in qual senso le argomentazioni presentate dalle ricorrenti non attestino necessariamente che un’altra riunione, il cui oggetto non era anticoncorrenziale e che si è tenuta lo stesso giorno con la partecipazione dei rappresentanti della Silver Plastics, sia iniziata alle ore 9.00 e che, pertanto, i rappresentanti di quest’ultima non potevano aver partecipato alla riunione anticoncorrenziale tenutasi alla stessa ora. Per contro, le ragioni per le quali il Tribunale ha ritenuto che la riunione il cui oggetto non era anticoncorrenziale fosse iniziata più tardi, resterebbero indeterminate. Le ricorrenti sottolineano che esse non mettono in discussione la valutazione delle prove da parte del Tribunale, ma contestano il fatto che esso non abbia corroborato positivamente le sue supposizioni.

65

Dall’altro lato, le ricorrenti contestano al Tribunale di essersi limitato ad affermare a più riprese nella sentenza impugnata, senza altra forma di motivazione, che le dichiarazioni scritte del sig. W. non erano credibili.

66

La Commissione ritiene che il quarto motivo d’impugnazione sia, in parte, irricevibile in quanto è diretto, in realtà, a contestare la valutazione delle prove da parte del Tribunale e, in ogni caso, infondato.

Giudizio della Corte

67

Come hanno sottolineato le ricorrenti stesse, il quarto motivo d’impugnazione riguarda il controllo del rispetto, da parte del Tribunale, dell’obbligo di motivare le sue sentenze e non è diretto a una nuova valutazione dei fatti, per la quale la Corte non è competente in fase d’impugnazione. Pertanto, si deve respingere l’argomento della Commissione secondo il quale tale motivo è, in parte, irricevibile.

68

In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti relativo al punto 67 della sentenza impugnata, si deve rilevare che il Tribunale vi ha constatato che il 13 giugno 2002 diverse imprese concorrenti sul mercato interessato, tra cui la Silver Plastics, si erano incontrate per discutere le strategie di prezzo, a margine di una riunione tenutasi lo stesso giorno, il cui oggetto non era anticoncorrenziale.

69

Dinanzi al Tribunale le ricorrenti avevano sostenuto, in sostanza, che la riunione il cui oggetto non era anticoncorrenziale e la riunione relativa ai prezzi si erano svolte contemporaneamente, cosicché i rappresentanti della Silver Plastics, che avevano partecipato alla prima riunione, non potevano aver partecipato anche alla seconda.

70

Orbene, ai punti da 47 a 66 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esposto in modo esaustivo tutti gli elementi che, a suo avviso, dimostravano che i rappresentanti della Silver Plastics avevano partecipato alla riunione anticoncorrenziale relativa ai prezzi. Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, non era per nulla necessario che il Tribunale determinasse, a tale riguardo, l’ora esatta di inizio della riunione il cui oggetto non era anticoncorrenziale. Senza violare l’obbligo di motivazione, esso ha potuto considerare, al punto 67 della sentenza impugnata, che vi fosse un’ambiguità sull’ora di inizio di quest’ultima riunione.

71

Per quanto riguarda le note manoscritte di cui al punto 54 della sentenza impugnata, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, emerge chiaramente dal punto 56 di tale sentenza che esse si riferivano ai prezzi praticati da varie imprese concorrenti, tra cui la Silver Plastics, e che rivelavano, quindi, una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione.

72

Di conseguenza, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti nell’atto introduttivo d’istanza, i punti 54, 63 e 67 della sentenza impugnata non fanno emergere alcuna violazione dell’obbligo di motivazione da parte del Tribunale.

73

In secondo luogo, le ricorrenti contestano al Tribunale di non aver motivato la sua affermazione secondo la quale le dichiarazioni del sig. W. che esse avevano presentato in giudizio non erano credibili.

74

A tale riguardo, va rilevato che, contrariamente a quanto suggerito dalle ricorrenti, il Tribunale non ha effettuato una valutazione della credibilità delle dichiarazioni del sig. W nel loro complesso.

75

Come già rilevato al punto 42 della presente sentenza, in diversi punti della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che solo alcune affermazioni del sig. W., incluse nelle sue dichiarazioni prodotte dinanzi ad esso dalle ricorrenti, fossero poco o per nulla credibili, in quanto contraddette da altre prove, menzionate dal Tribunale.

76

Di conseguenza, non si può contestare al Tribunale di non aver adempiuto il suo obbligo di motivazione per quanto riguarda il carattere credibile o no delle affermazioni del sig. W. considerate nel loro complesso.

77

Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

Sul quinto motivo d’impugnazione, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003

Argomenti delle parti

78

Le ricorrenti sostengono che il Tribunale, avendo ritenuto che l’infrazione di cui trattasi nell’ENO, oggetto della decisione controversa, costituisse un’infrazione unica e continuata relativa al mercato dei vassoi rigidi, riguardante, in particolare, il periodo dal 13 giugno 2002 al 24 agosto 2004, ha violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Il Tribunale non avrebbe dimostrato l’esistenza, nel corso di tale periodo, nel mercato di cui trattasi, di un piano d’insieme che si sia tradotto in singole infrazioni che potessero essere collegate tra loro. Al contrario, esso avrebbe ammesso, al punto 177 della sentenza impugnata, che una riunione relativa a tale mercato si era tenuta per la prima volta il 24 agosto 2004.

79

L’errore commesso dal Tribunale avrebbe avuto effetti sull’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, in quanto essa sarebbe stata fissata sulla base di un importo di partenza fondato sul fatturato realizzato nel corso dell’esercizio 2006 sulla base, tra l’altro, delle vendite di vassoi rigidi. Tale importo sarebbe stato, poi, moltiplicato per il numero di anni dell’infrazione di cui trattasi, con la conseguenza che il fatturato risultante dalle vendite di vassoi rigidi per il periodo precedente al settembre 2004 sarebbe stato incluso nel calcolo di tale ammenda.

80

La Commissione contesta l’argomento delle ricorrenti e ritiene che il quinto motivo d’impugnazione debba essere respinto.

Giudizio della Corte

81

Si deve ricordare che la nozione d’«infrazione unica e continuata», come riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte, presuppone l’esistenza di un «piano d’insieme», nel quale si iscrivono diversi atti, a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza nel mercato interno, e ciò indipendentemente dal fatto che uno o più di tali atti possano anche costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione dell’articolo 101 TFUE (sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑644/13 P, UE:C:2017:59, punto 47, e giurisprudenza citata).

82

Da tale giurisprudenza deriva che la partecipazione di un’impresa a una infrazione unica e continuata non postula la sua partecipazione diretta a tutti i comportamenti anticoncorrenziali che costituiscono detta infrazione e che non è nemmeno necessario che tutte le imprese partecipanti a una infrazione unica e continuata siano attive nel medesimo mercato (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑644/13 P, UE:C:2017:59, punti 4951, e giurisprudenza citata).

83

Nel caso di specie, risulta dal punto 177 della sentenza impugnata che il Tribunale ha ritenuto, nella sua valutazione sovrana dei fatti, che l’infrazione di cui trattasi nell’ENO, alla quale hanno partecipato le ricorrenti, riguardasse tanto i vassoi termoformati quanto i vassoi rigidi. Per tali motivi, il Tribunale ha quindi ritenuto che esistesse un «piano d’insieme» che riguardava l’uno e l’altro di tali prodotti.

84

Alla luce di tale constatazione, il Tribunale, senza commettere un errore di diritto, ha confermato la constatazione, contenuta nella motivazione della decisione controversa, secondo la quale le ricorrenti avevano partecipato ad un’infrazione unica e continuata nell’ENO relativa sia ai vassoi termoformati sia ai vassoi rigidi nel periodo dal 13 giugno 2002 al 29 ottobre 2007.

85

Infatti, anche supponendo che la prima riunione riguardante il mercato dei vassoi rigidi abbia avuto luogo solo il 24 agosto 2004, come sostenuto dalle ricorrenti, ciò sarebbe irrilevante ai fini della loro partecipazione ad un’infrazione unica e continuata relativa tanto ai vassoi termoformati quanto ai vassoi rigidi, poiché, come ha rilevato il Tribunale, l’attuazione del «piano d’insieme», ai sensi della giurisprudenza della Corte di cui al punto 81 della presente sentenza, nel quale s’iscrivevano anche i comportamenti relativi ai vassoi rigidi, è iniziata il 13 giugno 2002.

86

Ne consegue che il quinto motivo d’impugnazione dev’essere respinto in quanto infondato.

Sul sesto motivo d’impugnazione, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, per quanto riguarda la constatazione dell’esistenza di un’unità economica

Argomenti delle parti

87

Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato l’articolo 23, paragrafo 2, prima e seconda frase, del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto ha fondato il suo ragionamento sul presupposto che esse costituivano un’unità economica, in spregio agli elementi di fatto e di prova che esse avevano dedotto e che erano tali da confutare la presunzione in tal senso, basata sul possesso della quasi totalità del capitale della Silver Plastics da parte della Johannes Reifenhäuser Holding. Orbene, come risulterebbe da diversi elementi fatti valere dinanzi al Tribunale, la Johannes Reifenhäuser Holding non si sarebbe mai presentata a terzi in qualità di proprietaria della Silver Plastics. Essa sarebbe stata un mero involucro amministrativo e avrebbe dovuto essere ignorata ai fini della determinazione dell’esistenza di un’unità economica. Il suo oggetto sociale, ampiamente generico, non osterebbe a tale considerazione, contrariamente a quanto affermato al punto 269 della sentenza impugnata.

88

La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

Giudizio della Corte

89

Va ricordato che, al punto 265 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che, durante il periodo coperto dall’infrazione di cui trattasi, la Johannes Reifenhäuser Holding deteneva la quasi totalità (99,75%) del capitale della Silver Plastics.

90

Il Tribunale ha quindi considerato, al punto 266 della sentenza impugnata, che la Commissione poteva fondarsi sulla presunzione secondo la quale, nella particolare ipotesi in cui una società controllante detenga, direttamente o indirettamente, la totalità o la quasi totalità del capitale della propria controllata che abbia commesso un’infrazione alle regole di concorrenza dell’Unione, esiste una presunzione relativa secondo cui tale società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sulla sua controllata (v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 1983, AEG-Telefunken/Commissione, 107/82, EU:C:1983:293, punto 50, e del 16 giugno 2016, Evonik Degussa e AlzChem/Commissione, C‑155/14 P, EU:C:2016:446, punto 28).

91

Dopo aver analizzato, ai punti da 267 a 279 della sentenza impugnata, gli argomenti e gli elementi di prova dedotti dalle ricorrenti, il Tribunale ha ritenuto, al punto 280 di tale sentenza, che essi non fossero sufficienti a confutare la presunzione di cui al punto precedente.

92

Con gli argomenti avanzati a sostegno del presente motivo, le ricorrenti reiterano, in sostanza, gli argomenti che avevano sviluppato dinanzi al Tribunale per dimostrare che la Johannes Reifenhäuser Holding non esercitava un’influenza determinante sulla Silver Plastics, senza precisare quale sarebbe l’errore commesso dal Tribunale in tale valutazione.

93

Orbene, secondo la giurisprudenza costante della Corte, l’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi criticati della sentenza o dell’ordinanza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto presentati a specifico sostegno di tale domanda. Non è conforme a tale requisito l’impugnazione che, senza neppure contenere un argomento specificamente diretto a individuare l’errore di diritto che vizierebbe la sentenza o l’ordinanza impugnata, si limiti a ripetere o a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale (ordinanza del 4 luglio 2012, Région Nord-Pas-de-Calais/Commissione, C‑389/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:408, punto 25, e giurisprudenza citata).

94

Di conseguenza, il sesto motivo deve essere respinto in quanto irricevibile.

Sul settimo motivo d’impugnazione, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 per quanto concerne il massimale dell’ammenda

Argomenti delle parti

95

Le ricorrenti contestano al Tribunale una violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, in quanto esso ha erroneamente incluso nel calcolo dell’ammenda inflitta loro in solido il fatturato realizzato con l’attività successivamente trasferita alla Maschinenfabrik, il che ha comportato il superamento del massimale previsto da tale disposizione, corrispondente al 10% del fatturato di ciascuna impresa interessata dall’infrazione. Esse rimproverano al Tribunale di aver ignorato la giurisprudenza della Corte sull’applicazione di detta disposizione in quanto, al punto 311 della sentenza impugnata, ha considerato il periodo dell’infrazione come unico criterio pertinente per determinare il fatturato da prendere in considerazione ai fini del calcolo del massimale dell’ammenda. Secondo le ricorrenti, per determinare tale fatturato si doveva scegliere un esercizio adeguato, tenuto conto dell’attività economica durante il periodo dell’infrazione, e prendere in conto, poi, come correzione, la capacità contributiva dell’impresa interessata al momento dell’adozione della decisione che infligge l’ammenda. Esse aggiungono che, nella specie, la loro capacità contributiva era notevolmente diminuita alla data di adozione della decisione controversa, circostanza di cui la Commissione era a conoscenza.

96

La Commissione contesta l’argomento delle ricorrenti e ritiene che il settimo motivo d’impugnazione debba essere respinto.

Giudizio della Corte

97

Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, per ciascuna impresa o associazione di imprese che partecipa ad un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 101 o 102 TFUE, l’ammenda inflitta non può superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

98

Al punto 307 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che la decisione controversa è stata adottata il 24 giugno 2015 e, poiché l’esercizio sociale della Johannes Reifenhäuser Holding si chiudeva il 30 giugno di ogni anno, che l’«esercizio sociale precedente», ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, era, nel suo caso, l’esercizio sociale 2013/2014, che si è concluso il 30 giugno 2014.

99

Dal paragrafo 309 di tale sentenza risulta che è solo il 28 maggio 2015, ossia a una data successiva alla fine dell’esercizio sociale 2013/2014, che è stata regolarmente registrata la scissione tra la Johannes Reifenhäuser Holding e la futura Maschinenfabrik. Come ha considerato il Tribunale allo stesso punto di detta sentenza, il fatto che tale cessione avesse un effetto retroattivo al 30 settembre 2014 era irrilevante, in quanto tale data era anch’essa successiva al 30 giugno 2014.

100

Alla luce di tali elementi, non contestati dalle ricorrenti, il Tribunale ha correttamente applicato l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, prendendo in considerazione, ai fini del calcolo del massimale dell’ammenda che è stata loro inflitta, il fatturato realizzato dalla Johannes Reifenhäuser Holding nel corso dell’esercizio sociale 2013/2014, compreso quello realizzato nell’ambito dell’attività che, a seguito della scissione registrata il 28 maggio 2015, sarebbe divenuta quella della Maschinenfabrik.

101

L’argomento delle ricorrenti secondo il quale la loro capacità contributiva sarebbe notevolmente diminuita alla data dell’adozione della decisione controversa in seguito alla scissione della Johannes Reifenhäuser Holding che ha originato la Maschinenfabrik, non può portare ad una diversa conclusione.

102

Vero è che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, ai fini della definizione della nozione di «esercizio sociale precedente», la Commissione deve valutare, per ciascun caso di specie e alla luce del suo contesto nonché degli scopi perseguiti dal regime sanzionatorio introdotto dal regolamento n. 1/2003, l’impatto che vuole produrre sull’impresa interessata, tenendo conto in particolare di un fatturato che rifletta la reale situazione economica della stessa nel periodo in cui è stata commessa l’infrazione. In situazioni nelle quali il fatturato realizzato dall’impresa interessata non fornisce alcuna indicazione utile sulla sua situazione economica reale e sul livello adeguato dell’ammenda da infliggere, la Commissione può fare riferimento ad un altro esercizio sociale al fine di poter valutare correttamente le risorse finanziarie di tale impresa e garantire che l’ammenda abbia un effetto dissuasivo sufficiente e proporzionato (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2014, 1. garantovaná/Commissione, C‑90/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:326, punti da 15 a 17 e giurisprudenza ivi citata).

103

Tuttavia, i fatti dedotti dalle ricorrenti a sostegno del loro sesto motivo dinanzi al Tribunale, vale a dire la scissione della Johannes Reifenhäuser Holding che ha dato origine alla Maschinenfabrik in una data ben successiva al periodo in cui è stata commessa l’infrazione di cui trattasi, non erano in alcun modo tali da mettere in dubbio la capacità del fatturato realizzato dalla Johannes Reifenhäuser Holding nell’esercizio 2013/2014 di fornire un’indicazione significativa sulla reale situazione economica di tale impresa durante il periodo in cui è stata commessa l’infrazione e sul livello adeguato dell’ammenda da infliggerle.

104

Al contrario, se si ammettesse che un’impresa che ha commesso un’infrazione alle regole di concorrenza dell’Unione possa, mediante il trasferimento a terzi di un settore di attività alcuni giorni prima dell’adozione della decisione che le infligge un’ammenda, ridurre sensibilmente il massimale che tale ammenda non deve in alcun caso superare, l’efficacia delle sanzioni previste dal regolamento n. 1/2003 sarebbe gravemente compromessa.

105

È quindi senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha tenuto conto del fatturato realizzato dalla Johannes Reifenhäuser Holding nell’esercizio sociale 2013/2014 ai fini del calcolo del massimale dell’ammenda inflitta in solido alle ricorrenti.

106

Ne deriva che il settimo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

107

Pertanto, l’impugnazione deve essere integralmente respinta.

Sulle spese

108

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

109

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

110

Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti, occorre condannarle alle proprie spese e a quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

 

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Silver Plastics GmbH & Co. KG e la Johannes Reifenhäuser Holding GmbH & Co. KG sopportano, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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