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Document 62019CJ0666

    Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 28 aprile 2022.
    Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd contro Commissione europea.
    Impugnazione – Dumping – Importazioni di aspartame originario della Repubblica popolare cinese – Regolamenti n. 1225/2009 e 2016/1036 – Ambito di applicazione ratione temporis – Articolo 2, paragrafo 7 – Status di impresa operante in condizioni di economia di mercato – Diniego – Articolo 2, paragrafo 10 – Adeguamenti – Onere della prova – Articolo 3 – Determinazione del pregiudizio – Dovere di diligenza della Commissione europea.
    Causa C-666/19 P.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:323

     SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

    28 aprile 2022 ( *1 )

    «Impugnazione – Dumping – Importazioni di aspartame originario della Repubblica popolare cinese – Regolamenti n. 1225/2009 e 2016/1036 – Ambito di applicazione ratione temporis – Articolo 2, paragrafo 7 – Status di impresa operante in condizioni di economia di mercato – Diniego – Articolo 2, paragrafo 10 – Adeguamenti – Onere della prova – Articolo 3 – Determinazione del pregiudizio – Dovere di diligenza della Commissione europea»

    Nella causa C‑666/19 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 9 settembre 2019,

    Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd, con sede in Changzhou (Cina), rappresentata da K. Adamantopoulos, dikigoros, e P. Billiet, avocat,

    ricorrente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Commissione europea, rappresentata, inizialmente, da T. Maxian Rusche e N. Kuplewatzky, successivamente da T. Maxian Rusche, A. Demeneix e infine da T. Maxian Rusche e K. Blanck, in qualità di agenti,

    convenuta in primo grado,

    Hyet Sweet SAS,

    interveniente in primo grado,

    LA CORTE (Quarta Sezione),

    composta da K. Jürimäe (relatrice), presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, S. Rodin e N. Piçarra, giudici,

    avvocato generale: E. Tanchev

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la sua impugnazione, la Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd (in prosieguo: la «Changmao») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 28 giugno 2019, Changmao Biochemical Engineering/Commissione (T‑741/16, non pubblicata; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2019:454), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso di annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1247 della Commissione, del 28 luglio 2016, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di aspartame originario della Repubblica popolare cinese (GU 2016, L 204, pag. 92; in prosieguo: il «regolamento controverso»).

    I. Contesto normativo

    A. Diritto internazionale

    2

    Con la decisione 94/800/CE, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, e gli accordi di cui agli allegati da 1 a 3 di detto accordo, tra i quali figura l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (in prosieguo: l’«accordo antidumping»).

    3

    L’articolo 2 dell’accordo antidumping stabilisce le regole che disciplinano la «[d]eterminazione del dumping».

    4

    L’articolo 6 di tale accordo è intitolato «Elementi di prova».

    5

    L’articolo 12 di detto accordo reca il titolo «Notifica pubblica e spiegazione delle decisioni».

    B. Diritto dell’Unione

    1.   Regolamento di base e regolamento (UE) 2016/1036

    6

    All’epoca dei fatti all’origine della controversia, le disposizioni che disciplinavano l’adozione di misure antidumping da parte dell’Unione europea figuravano nel regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51, e rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22), come modificato dal regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014 (GU 2014, L 18, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento di base»).

    7

    Per contro, alla data di adozione del regolamento controverso, le disposizioni che disciplinavano l’adozione di misure antidumping da parte dell’Unione erano contenute nel regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21). Tale regolamento è entrato in vigore, ai sensi del suo articolo 25, il 20 luglio 2016. Ai sensi dell’articolo 24, primo comma, di detto regolamento, «[i]l regolamento [di base] è abrogato».

    8

    L’articolo 2 del regolamento di base e quello del regolamento 2016/1036 riguardano la «[d]eterminazione del dumping». La lettera A di tali articoli, rubricata «Valore normale», contiene i paragrafi da 1 a 7 degli stessi. La lettera C di detti articoli, contiene, invece, il paragrafo 10 ed è rubricato «Confronto».

    9

    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere da a) a c), del regolamento di base, corrispondente, in sostanza, all’articolo 2, paragrafo 7, lettere da a) a c), del regolamento 2016/1036:

    «a)

    Nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato (...), il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi, compresa la Comunità, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nella Comunità per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto.

    Un paese terzo ad economia di mercato viene opportunamente selezionato, tenendo debitamente conto di tutte le informazioni attendibili di cui si disponga al momento della scelta. Si deve inoltre tener conto dei termini e, se lo si ritiene opportuno, viene utilizzato un paese terzo ad economia di mercato sottoposto alla stessa inchiesta.

    (...)

    b)

    Nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese, dal Vietnam e dal Kazakistan, nonché da qualsiasi paese non retto da un’economia di mercato che sia membro dell’OMC alla data di apertura dell’inchiesta, il valore normale è determinato a norma dei paragrafi da 1 a 6 qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e in funzione dei criteri e delle procedure di cui alla lettera c), sia dimostrata la prevalenza di condizioni dell’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile. Qualora ciò non sia possibile, si applica il regime di cui alla lettera a).

    c)

    La domanda di cui alla lettera b) (...) deve contenere prove sufficienti in ordine al fatto che il produttore opera in condizioni di economia di mercato. Ciò si verifica quando:

    (...)

    le imprese dispongano di una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità;

    i costi di produzione e la situazione finanziaria delle imprese non siano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato relativamente alle svalutazioni degli attivi, ad altre cancellazioni contabili, al commercio di scambio e ai pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti,

    (...)».

    10

    L’articolo 2, paragrafo 10 del regolamento di base e l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento 2016/1036, dispongono quanto segue:

    «Tra il valore normale e il prezzo all’esportazione deve essere effettuato un confronto equo, allo stesso stadio commerciale e prendendo in considerazione vendite realizzate in date per quanto possibile ravvicinate, tenendo debitamente conto di altre differenze incidenti sulla comparabilità dei prezzi. Se il valore normale e il prezzo all’esportazione determinati non si trovano in tale situazione comparabile, si tiene debitamente conto, in forma di adeguamenti, valutando tutti gli aspetti dei singoli casi, delle differenze tra i fattori che, secondo quanto viene parzialmente affermato e dimostrato, influiscono sui prezzi e quindi sulla loro comparabilità. Nell’applicazione di adeguamenti deve essere evitata qualsiasi forma di duplicazione, in particolare per quanto riguarda sconti, riduzioni, quantitativi e stadio commerciale. Quando sono soddisfatte le condizioni specificate, possono essere applicati adeguamenti per i fattori qui di seguito elencati (...)».

    11

    L’articolo 3 del regolamento di base e quello del regolamento 2016/1036 sono intitolati «Accertamento di un pregiudizio».

    12

    Ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, corrispondente, in sostanza, all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2016/1036:

    «2.   L’accertamento di un pregiudizio si basa su prove positive e implica un esame obiettivo:

    a)

    del volume delle importazioni oggetto di dumping e dei loro effetti sui prezzi dei prodotti simili sul mercato comunitario; e

    b)

    dell’incidenza di tali importazioni sull’industria comunitaria.

    3.   Per quanto riguarda il volume delle importazioni oggetto di dumping, occorre esaminare se queste ultime sono aumentate in misura significativa, tanto in termini assoluti quanto in rapporto alla produzione o al consumo nella Comunità. Riguardo agli effetti sui prezzi si esamina se le importazioni oggetto di dumping sono state effettuate a prezzi sensibilmente inferiori a quelli dei prodotti simili dell’industria comunitaria oppure se tali importazioni hanno comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti che altrimenti sarebbero intervenuti. Tali fattori, singolarmente o combinati, non costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante».

    13

    L’articolo 6, del regolamento di base e quello del regolamento 2016/1036 sono rubricati «Inchiesta» e, al paragrafo 8, così dispongono:

    «Salvo nei casi di cui all’articolo 18, l’esattezza delle informazioni comunicate dalle parti interessate e sulle quali si basano le risultanze deve essere accertata con la massima accuratezza».

    14

    L’articolo 9 del regolamento di base e quello del regolamento 2016/1036 sono rubricati «Chiusura del procedimento senza l’istituzione di misure; imposizione di dazi definitivi».

    15

    Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, ultima frase, del regolamento di base e dell’articolo 9, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento 2016/1036:

    «L’importo del dazio antidumping non deve superare il margine di dumping accertato ma dovrebbe essere inferiore a tale margine, qualora tale importo inferiore sia sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria dell’Unione».

    16

    L’articolo 18, del regolamento di base e quello del regolamento 2016/1036 riguardano l’«[o]messa collaborazione».

    17

    L’articolo 20 del regolamento di base e quello del regolamento 2016/1036 riguardano la «[d]ivulgazione di informazioni».

    2.   Regolamento (CE) n. 1126/2008

    18

    L’allegato del regolamento (CE) n. 1126/2008 della Commissione, del 3 novembre 2008, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2008, L 320, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 1255/2012 della Commissione, dell’11 dicembre 2012 (GU 2012, L 360, pag. 78), contiene un elenco degli International Accounting Standards (principi contabili internazionali; in prosieguo: i «principi IAS»).

    19

    Tra tali norme figura la norma IAS 36, intitolata «Riduzione di valore delle attività». Tale norma definisce i principi che l’entità applica per assicurarsi che le proprie attività siano iscritte a un valore non superiore a quello recuperabile.

    II. Fatti

    20

    I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 1 a 10 della sentenza impugnata. Ai fini della presente impugnazione, occorre prendere in considerazione quanto segue.

    21

    A seguito di una denuncia presentata dall’Ajinomoto Sweeteners Europe SAS, divenuta la Hyet Sweet SAS, produttore di aspartame nell’Unione, il 30 maggio 2015 la Commissione europea ha avviato un’inchiesta antidumping relativa alle importazioni di aspartame originario della Cina nell’Unione sul fondamento del regolamento di base.

    22

    L’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o aprile 2014 e il 31 marzo 2015 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta»). L’analisi delle tendenze utili per valutare il pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il mese di gennaio 2011 e la fine del periodo dell’inchiesta.

    23

    Il 25 febbraio 2016 la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2016/262, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di aspartame originario della Repubblica popolare cinese (GU 2016, L 50, pag. 4; in prosieguo: il «regolamento provvisorio»).

    24

    Il prodotto in esame corrispondeva al contempo all’aspartame [N-L-α-aspartil-L-fenilalanina-1-metil estere, N-Estere metilico dell’acido 3-ammino-N-(α-carbometossi-fenetil)-succinamico] recante il riferimento CAS 22839-47-0, originario della Cina, attualmente classificato con il codice NC ex29242998 (in prosieguo: l’«aspartame») e all’aspartame contenuto in preparati e/o miscele comprendenti anche altri edulcoranti e/o acqua.

    25

    Il 1o aprile 2016 la Changmao ha presentato alla Commissione osservazioni scritte relative alle conclusioni provvisorie dell’indagine.

    26

    Il 12 maggio 2016 la Changmao è stata sentita dalla Commissione e dal consigliere-auditore per presentare le proprie osservazioni.

    27

    Il 2 giugno 2016 la Commissione ha comunicato alla Changmao le conclusioni definitive dell’inchiesta.

    28

    Il 13 giugno 2016 la Changmao ha presentato alla Commissione osservazioni scritte relative alle conclusioni definitive dell’inchiesta.

    29

    Il 5 luglio 2016 la Changmao è stata sentita dalla Commissione e dal consigliere-auditore per presentare le proprie osservazioni.

    30

    Il 28 luglio 2016 la Commissione ha adottato il regolamento controverso.

    III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    31

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 ottobre 2016, la Changmao ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

    32

    Con ordinanze del presidente della Seconda Sezione del Tribunale del 21 marzo 2017, Changmao Biochemical Engineering/Commissione (T‑741/16, non pubblicata), e del 27 settembre 2017, Changmao Biochemical Engineering/Commissione (T‑741/16, non pubblicata, EU:T:2017:700), la Hyet Sweet è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione ed è stata parzialmente accolta la domanda di trattamento riservato presentata dalla Changmao nei suoi confronti.

    33

    A sostegno del suo ricorso, la Changmao ha dedotto cinque motivi. Il primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento 2016/1036 nonché dei principi di tutela del legittimo affidamento e di buona amministrazione, riguardava la valutazione, da parte della Commissione, delle condizioni per la concessione del trattamento riservato alle imprese operanti in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «TEM»). Il secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), di tale regolamento, riguardava la determinazione del valore normale. Il terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, dell’articolo 3, paragrafi 2, lettera a), e 3, nonché dell’articolo 9, paragrafo 4, di detto regolamento e del principio di buona amministrazione, verteva sugli adeguamenti ai fini della determinazione dei margini di dumping e del pregiudizio. Il quarto motivo verteva sulla violazione dell’articolo 3, paragrafi 2 e 6, del medesimo regolamento e, in via subordinata, dell’articolo 6, paragrafo 7, dello stesso. Infine, il quinto motivo riguardava la violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a) e dell’articolo 3, paragrafi 2, 3, e 5, del regolamento 2016/1036.

    34

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto ciascuno di tali motivi e, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.

    IV. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    35

    Con la sua impugnazione la Changmao chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata e,

    in via principale, accogliere il ricorso in primo grado, annullare il regolamento controverso nella parte in cui la riguarda, nonché condannare la Commissione e la Hyet Sweet alle spese sostenute ai fini dei procedimenti di primo grado e di impugnazione, o

    in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca sulla seconda parte del primo motivo del ricorso di annullamento o, in ulteriore subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca su qualsiasi altro motivo da essa dedotto a sostegno del suo ricorso, qualora lo stato del procedimento lo giustifichi, e riservare le spese.

    36

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione, e

    condannare la Changmao alle spese.

    37

    La Hyet Sweet, nei confronti della quale il trattamento riservato di taluni elementi del fascicolo è stato deciso con ordinanze del presidente della Corte del 22 ottobre 2019, Changmao Biochemical Engineering/Commissione (C‑666/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:1097), e del 17 marzo 2020, Changmao Biochemical Engineering/Commissione (C‑666/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:213), non ha depositato alcuna memoria nell’ambito della presente impugnazione.

    38

    Conformemente all’articolo 61, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura, la Corte ha invitato le parti a rispondere per iscritto ad un quesito relativo all’ambito di applicazione ratione temporis delle disposizioni, rispettivamente, del regolamento di base e del regolamento n. 2016/1036 ai fini della presente impugnazione. Le parti hanno ottemperato a tale invito entro il termine impartito.

    V. Sulla domanda di riapertura della fase orale

    39

    In seguito alla pronuncia delle conclusioni dell’avvocato generale, la Changmao ha chiesto, con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 20 ottobre 2021, che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento.

    40

    A sostegno di tale domanda, la Changmao fa valere che, ai paragrafi 146 e 150 delle sue conclusioni, l’avvocato generale ritiene che essa non abbia fornito la prova della necessità degli adeguamenti da essa richiesti ai fini di un confronto equo tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, pur riconoscendo che essa ha effettivamente elencato gli elementi di prova ai fini di suddetti adeguamenti. La Changmao ritiene che tale questione rivesta un’importanza fondamentale per la valutazione del suo terzo motivo di impugnazione e intende poterla affrontare più dettagliatamente in occasione di un’udienza di discussione.

    41

    Si deve ricordare che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea ed il regolamento di procedura della Corte non prevedono la facoltà per le parti di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenze del 9 luglio 2015, InnoLux/Commissione, C‑231/14 P, EU:C:2015:451, punto 26 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 10 settembre 2015, Bricmate, C‑569/13, EU:C:2015:572, punto 39).

    42

    Ai sensi dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né dalla motivazione in base alla quale egli vi perviene (sentenze del 9 luglio 2015, InnoLux/Commissione, C‑231/14 P, EU:C:2015:451, punto 27 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 10 settembre 2015, Bricmate, C‑569/13, EU:C:2015:572, punto 40).

    43

    Di conseguenza, il disaccordo di una parte con le conclusioni dell’avvocato generale, qualunque siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (sentenza del 9 luglio 2015, InnoLux/Commissione, C‑231/14 P, EU:C:2015:451, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

    44

    Ciò posto, la Corte può, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del suo regolamento di procedura, in particolare se considera di non essere sufficientemente edotta o anche qualora la controversia debba essere risolta sulla base di un argomento che non è stato oggetto di dibattito tra le parti o gli interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia (sentenze del 9 luglio 2015, InnoLux/Commissione, C‑231/14 P, EU:C:2015:451, punto 29 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 10 settembre 2015, Bricmate, C‑569/13, EU:C:2015:572, punto 41).

    45

    Ciò non si verifica nel caso di specie. Infatti, le parti hanno potuto discutere in contraddittorio tutti i motivi di impugnazione sollevati dalla Changmao in occasione di due scambi di memorie scritte. In particolare, la Changmao ha potuto utilmente far valere i propri argomenti, segnatamente quanto alla valutazione del Tribunale, del rigetto, da parte della Commissione, delle domande di adeguamento ai fini del confronto equo tra il valore normale e il prezzo all’esportazione.

    46

    La Corte, pertanto, sentito l’avvocato generale, considera di disporre di tutti gli elementi necessari ai fini della decisione, e che tali elementi sono stati oggetto di discussione dinanzi ad essa.

    47

    In considerazione di quanto precede, non occorre disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

    VI. Sull’impugnazione

    A. Osservazioni preliminari

    48

    Secondo la giurisprudenza della Corte, se è vero che la base giuridica di un atto e le norme di procedura applicabili devono essere in vigore alla data di adozione di tale atto, il rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo nonché i dettami dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali in vigore all’epoca dei fatti di cui trattasi, nonostante tali norme non siano più in vigore al momento dell’adozione dell’atto di cui trattasi da parte dell’istituzione dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a., C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 marzo 2018, Deichmann, C‑256/16, EU:C:2018:187, punto 76).

    49

    È alla luce di tale giurisprudenza che occorre determinare l’ambito di applicazione ratione temporis, rispettivamente, del regolamento di base e del regolamento n. 2016/1036 ai fini della presente impugnazione.

    50

    Conformemente agli articoli 24 e 25 del regolamento 2016/1036, quest’ultimo ha abrogato il regolamento di base ed è entrato in vigore il 20 luglio 2016.

    51

    Nel caso di specie, il regolamento controverso è stato adottato il 28 luglio 2016, ossia alcuni giorni dopo l’entrata in vigore del regolamento 2016/1036. Tuttavia, occorre notare che il periodo d’inchiesta andava dal 1o aprile 2014 al 31 marzo 2015. All’epoca dei fatti oggetto dell’inchiesta antidumping, al termine della quale il regolamento controverso è stato adottato, il regolamento di base era quindi ancora applicabile.

    52

    Ne consegue che, se pure il regolamento controverso doveva essere adottato sulla base del regolamento 2016/1036 e conformemente alle norme di procedura definite da tale regolamento, esso è, per contro, soggetto alle norme di diritto sostanziale definite dal regolamento di base.

    53

    Pertanto, al fine di evitare che la Corte fondi la propria decisione su considerazioni giuridiche erronee alla luce dell’ambito di applicazione ratione temporis di tali regolamenti (v., per analogia, ordinanza del 27 settembre 2004, UER/M6 e a., C‑470/02 P, non pubblicata, EU:C:2004:565, punto 69, nonché sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 65), e dal momento che, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle sue conclusioni, le norme di diritto sostanziale pertinenti ai fini della presente impugnazione sono sostanzialmente identiche nel regolamento di base e nel regolamento 2016/1036, occorre considerare che i riferimenti fatti a quest’ultimo nell’ambito della presente impugnazione devono essere considerati come fatti alle disposizioni corrispondenti del regolamento di base.

    B. Nel merito

    1.   Sul primo motivo

    a)   Argomenti delle parti

    54

    Con il suo primo motivo, diretto contro i punti 54, da 64 a 67, 69, 70, da 78 a 80, 87, 97 e 98 della sentenza impugnata, la Changmao contesta al Tribunale di aver snaturato taluni fatti e di aver commesso errori di diritto nell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

    55

    In primo luogo, la Changmao sostiene che essa soddisfa il secondo criterio per la concessione del TEM, di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base (in prosieguo: il «secondo criterio di concessione del TEM»), in quanto utilizza, a tutti gli effetti, un’unica serie di documenti contabili di base preparati conformemente agli Hong Kong Financial Reporting Standards (norme di informativa finanziaria di Hong Kong; in prosieguo: le «HKFRS»), che sono equivalenti agli International Financial Reporting Standards (norme internazionali di informativa finanziaria). La società Price Waterhouse Cooper (in prosieguo: la «PWC»), incaricata della verifica dei suoi conti, l’avrebbe confermato senza riserve.

    56

    Orbene, il regolamento provvisorio menzionerebbe, ai suoi considerando 26 e 36, «carenze» quanto al rispetto del secondo criterio di concessione del TEM, pur riconoscendo, al considerando 28, che i conti della Changmao sono stati preparati conformemente alle HKFRS. Nel considerando 20 del regolamento controverso, sarebbe constatato soltanto che la Changmao non ha prodotto alcuna nuova prova o argomentazione riguardo a tale criterio, il che sarebbe, peraltro, errato alla luce dei documenti da essa prodotti dopo le conclusioni provvisorie.

    57

    Pertanto, i regolamenti provvisorio e controverso non conterrebbero alcuna constatazione specifica di una mancanza di affidabilità o di esattezza dei conti della Changmao né, del resto, di errori materiali con riferimento alle norme IAS. Al contrario, la Commissione avrebbe riconosciuto, in occasione dell’audizione dinanzi al consigliere-auditore del 6 gennaio 2016, che, in una lettera del 22 dicembre 2015, la PWC aveva espresso un’opinione senza riserve sulla veridicità e l’affidabilità di tali conti.

    58

    Il Tribunale avrebbe quindi snaturato i fatti dichiarando, ai punti 69 e 87 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva giustamente concluso che gli inadempimenti rilevati dai revisori contabili non consentivano di assicurarsi della veridicità della contabilità della Changmao. Esso non poteva, quindi, respingere la censura di quest’ultima al punto 70 di tale sentenza.

    59

    Inoltre, ai punti da 60 a 68 di detta sentenza, il Tribunale avrebbe ignorato le osservazioni dettagliate, risultanti da un audit effettuato dalla PWC, sulle prassi contabili della Changmao relative al deprezzamento degli attivi materiali e immateriali. Tali prassi sarebbero conformi ai requisiti della norma IAS 36.

    60

    Da un lato, la Changmao afferma che l’essiccatore ibrido conico non genera di per sé solo entrate finanziarie, cosicché essa poteva determinare il suo valore recuperabile con riferimento all’unità di produzione di cui fa parte. In considerazione dei paragrafi 22, 66 e 67 della norma IAS 36, non sarebbe necessario registrare il suo valore recuperabile separatamente, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 66 della sentenza impugnata. Le valutazioni di cui ai punti 64 e 65 di tale sentenza sarebbero parimenti errate, come risulterebbe dagli elementi di prova supplementari che la Changmao avrebbe fornito alla Commissione nel corso dell’audizione del gennaio 2016.

    61

    D’altro lato, la Changmao osserva che essa valuta continuamente il valore recuperabile del brevetto relativo alla tecnologia di produzione di acido fumarico e di acido DL malico (in prosieguo: il «brevetto») e rivede tale valore quando sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 10 della norma IAS 36, come risulterebbe dai documenti prodotti dinanzi alla Commissione. Il Tribunale avrebbe, quindi, snaturato i fatti al punto 67 della sentenza impugnata.

    62

    In secondo luogo, la Changmao fa valere che il Tribunale ha snaturato i fatti al punto 54 della sentenza impugnata. Infatti, al punto 7 del suo ricorso in primo grado, essa avrebbe sostenuto soltanto che la Commissione non poteva far valere semplici «irregolarità» per rifiutare il TEM, mentre la revisione contabile effettuata alla luce delle norme IAS constatava inequivocabilmente l’esattezza e l’affidabilità dei conti.

    63

    In terzo luogo, la Changmao sostiene che il Tribunale ha omesso di tener conto del fatto che tutti gli attivi sottoposti a verifica erano stati da essa acquisiti prima del 2003 e che la Commissione aveva già ottenuto e verificato informazioni dettagliate su tali attivi in occasione di inchieste antidumping precedenti nelle quali la Changmao si era vista riconoscere il TEM. Contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale ai punti da 78 a 80 della sentenza impugnata, non sarebbe stato, quindi, impossibile per la Commissione verificare le informazioni ottenute sui suddetti attivi l’ultimo giorno della visita di verifica.

    64

    Per tutte queste ragioni, la Changmao ritiene che il Tribunale non poteva, al punto 93 della sentenza impugnata, respingere la prima parte del suo primo motivo di annullamento.

    65

    Di conseguenza, il rigetto, ai punti 97 e 98 della sentenza in parola, della seconda parte di tale motivo, la quale verteva, dal canto suo, sul terzo criterio di concessione del TEM, di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, sarebbe pertanto del pari viziato da illegittimità e il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto rifiutando di esaminare quest’ultima parte.

    66

    La Commissione ritiene che il primo motivo debba essere respinto in quanto, in parte, inconferente e, in ogni caso, infondato nella sua interezza.

    b)   Giudizio della Corte

    67

    Con il suo primo motivo, la Changmao contesta, in sostanza, le valutazioni del Tribunale relative al rigetto, da parte della Commissione, della sua domanda di TEM ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base.

    68

    A tale proposito, occorre ricordare, in via preliminare, che secondo l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato, in deroga alle norme stabilite ai paragrafi 1‑6 di tale disposizione, in linea di principio, il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato [sentenze del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio, C‑249/10 P, EU:C:2012:53, punto 30, nonché del 2 dicembre 2021, Commissione e GMB Glasmanufaktur Brandenburg/Xinyi PV Products (Anhui) Holdings, C‑884/19 P e C‑888/19 P, EU:C:2021:973, punto 56].

    69

    Tuttavia, in virtù dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni provenienti in particolare dalla Cina, il valore normale è determinato conformemente all’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del medesimo regolamento qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e nel rispetto dei criteri e delle procedure di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del citato regolamento, sia dimostrata la prevalenza di condizioni dell’economia di mercato per il produttore o i produttori in questione, relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile di cui trattasi [v., in tal senso, sentenze del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio, C‑249/10 P, EU:C:2012:53, punto 31, nonché del 2 dicembre 2021, Commissione e GMB Glasmanufaktur Brandenburg/Xinyi PV Products (Anhui) Holdings, C‑884/19 P e C‑888/19 P, EU:C:2021:973, punto 57].

    70

    A tale proposito, l’onere della prova incombe al produttore che desidera beneficiare del TEM in virtù dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base. A siffatto scopo l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo comma, di detto regolamento stabilisce che la domanda presentata dal produttore in questione deve contenere prove sufficienti, come specificate in quest’ultima disposizione, in ordine al fatto che egli opera in condizioni di economia di mercato [v., in tal senso, sentenze del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio, C‑249/10 P, EU:C:2012:53, punto 32, nonché del 2 dicembre 2021, Commissione e GMB Glasmanufaktur Brandenburg/Xinyi PV Products (Anhui) Holdings, C‑884/19 P e C‑888/19 P, EU:C:2021:973, punto 59].

    71

    Fra tali criteri figura, all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base, il secondo criterio di concessione del TEM di cui trattasi nell’ambito del presente motivo. Tale criterio esige che il produttore disponga di una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità.

    72

    In primo luogo, la Changmao sostiene, in sostanza, che essa soddisfa detto criterio, dal momento che i suoi conti sono conformi alle HKFRS e che essa applica correttamente la norma IAS 36. Avendo dichiarato il contrario, il Tribunale ha violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base e snaturato i fatti.

    73

    A tale proposito occorre, tuttavia, in primo luogo, rammentare che secondo una giurisprudenza costante della Corte, dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti di causa ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto. La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte [v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 29, nonché del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (Cina), C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punto 33].

    74

    Il ricorrente che alleghi un tale snaturamento da parte del Tribunale deve, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte, indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a compiere tale snaturamento. Peraltro, secondo costante giurisprudenza della Corte, uno snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2009, Moser Baer India/Consiglio, C‑535/06 P, EU:C:2009:498, punto 33, e del 29 aprile 2021, Fortischem/Commissione, C‑890/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:345, punto 70).

    75

    Nel caso di specie, occorre constatare che l’argomento sviluppato dalla Changmao, di cui al punto 72 della presente sentenza, non consiste nel rimettere in discussione né l’interpretazione che il Tribunale ha effettuato, ai punti da 51 a 53 della sentenza impugnata, dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo trattino, del regolamento di base, né quella, di cui ai punti da 59 a 63 di tale sentenza, della norma IAS 36.

    76

    Detto argomento verte, in realtà, sulla conformità dei suoi documenti contabili e sul rispetto della norma IAS 36 e mira quindi essenzialmente a contestare la valutazione, da parte del Tribunale, della regolarità di tali documenti e di tale contabilizzazione. Siffatta valutazione è di natura fattuale e non può, pertanto, essere rimessa in discussione in sede di impugnazione, fatto salvo il caso di uno snaturamento. Orbene, se è vero che la Changmao ha evocato uno snaturamento dei fatti da parte del Tribunale, essa non precisa né i fatti che il Tribunale avrebbe snaturato né il modo in cui li avrebbe snaturati.

    77

    Pertanto, detto argomento è irricevibile.

    78

    In secondo luogo, nella misura in cui, con l’argomento esposto al punto 56 della presente sentenza, la Changmao intende criticare il Tribunale di primo grado per non aver constatato che la Commissione aveva commesso un errore avendo basato le sue conclusioni relative al secondo criterio di concessione del TEM su semplici «carenze» non suffragate, occorre ricordare che, nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è limitata di regola alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di merito (sentenza del 9 novembre 2017, SolarWorld/Consiglio, C‑204/16 P, EU:C:2017:838, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

    79

    Poiché la Changmao non ha sollevato detto argomento dinanzi al Tribunale, quest’ultimo è quindi irricevibile.

    80

    In ogni caso, tale argomento è infondato. Infatti, risulta inequivocabilmente dai documenti del fascicolo di cui dispone la Corte che il secondo criterio di concessione del TEM è stato oggetto di discussioni approfondite tra la Commissione e la Changmao nel corso del procedimento che ha condotto all’adozione del regolamento controverso e che, in siffatto contesto, la Commissione ha chiaramente individuato le ragioni per cui ha ritenuto che la Changmao non soddisfacesse detto criterio.

    81

    In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione di uno snaturamento dei fatti che vizia il punto 54 della sentenza impugnata, occorre rilevare che, in tale punto, il Tribunale ha osservato che la Changmao sembrava sostenere che eventuali «errori contabili» non costituirebbero un ostacolo al riconoscimento del TEM. Se è vero che il Tribunale ha, in effetti, utilizzato una terminologia diversa da quella di cui al punto 7 del ricorso in primo grado, nell’ambito del quale la Changmao faceva valere che, anche supponendo che fossero state commesse «irregolarità contabili», la Commissione era incorsa in uno sviamento di potere in quanto aveva concluso che semplici errori contabili potevano fungere da base per un rifiuto del TEM. Tuttavia, occorre osservare che il Tribunale ha correttamente colto la sostanza di tale argomento e l’ha esaminato nel merito. La variazione terminologica non consente quindi di constatare che esso abbia snaturato gli argomenti dedotti dalla Changmao.

    82

    In terzo luogo, per quanto riguarda gli argomenti diretti contro i punti da 78 a 80 della sentenza impugnata, occorre rilevare che tali punti si inseriscono nell’esame, da parte del Tribunale, della conclusione della Commissione secondo cui la Changmao aveva omesso di produrre taluni documenti in tempo utile per la loro analisi durante la visita di verifica nei suoi locali. Orbene, al punto 79 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che il rigetto del TEM da parte della Commissione non era fondato sul fatto che la Changmao aveva fornito tardivamente taluni documenti.

    83

    Poiché la Changmao non ha specificamente contestato tale constatazione del Tribunale, i suoi argomenti relativi al fatto che, grazie a inchieste precedenti, la Commissione sarebbe stata in grado di procedere alle verifiche necessarie, devono, pertanto, essere respinti in quanto inconferenti.

    84

    Peraltro, anche supponendo che, con gli argomenti in parola, la Changmao intenda sostenere che il Tribunale ha erroneamente dichiarato, al punto 87 della sentenza impugnata, che tale parte non poteva invocare decisioni anteriori della Commissione per mettere in discussione le constatazioni effettuate nel regolamento controverso, detti argomenti sono infondati. Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche e politiche che deve esaminare [v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 2021, Commissione e GMB Glasmanufaktur Brandenburg/Xinyi PV Products (Anhui) Holdings, C‑884/19 P e C‑888/19 P, EU:C:2021:973, punto 117 e giurisprudenza ivi citata]. Orbene, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata da decisioni adottate da un’istituzione dell’Unione nell’ambito del suo potere discrezionale. (v., per analogia, sentenze del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punti 113120, nonché del 10 marzo 1992, Canon/Consiglio, C‑171/87, EU:C:1992:106 punto 41).

    85

    Infine, per quanto riguarda gli argomenti diretti contro i punti 97 e 98 della sentenza impugnata, occorre rilevare che, in tali punti, il Tribunale ha respinto in quanto inconferente la seconda parte del primo motivo della Changmao a sostegno del suo ricorso in primo grado con cui essa metteva in discussione le conclusioni della Commissione relativamente al terzo criterio di concessione del TEM, enunciato all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base. Infatti, il Tribunale ha ricordato, al punto 96 della sentenza in parola, che non è contestato dalla Changmao nell’ambito della presente impugnazione, che le condizioni per la concessione del TEM di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base hanno carattere cumulativo. È in questa misura che, dopo aver rilevato al punto 97 della sentenza che la Changmao non aveva dimostrato che la Commissione era incorsa in errore nel ritenere che il secondo criterio per la concessione del TEM non fosse soddisfatto, il Tribunale, al punto 98 della stessa sentenza, ha deciso che la seconda parte dell’argomento doveva essere respinta come inconferente.

    86

    Poiché la Changmao non ha neppure dimostrato, dinanzi alla Corte, che la decisione del Tribunale di respingere il suo argomento relativo alla violazione, da parte della Commissione, delle disposizioni relative al secondo criterio di concessione del TEM era viziata da un errore di diritto, i suoi argomenti diretti a contestare i punti 97 e 98 della sentenza impugnata devono essere respinti in quanto infondati.

    87

    Di conseguenza, il primo motivo dev’essere respinto in quanto parzialmente irricevibile e parzialmente infondato.

    2.   Sul secondo motivo

    a)   Argomenti delle parti

    88

    Con il suo secondo motivo, la Changmao contesta al Tribunale di aver commesso, ai punti 113, da 115 a 118, 125, 126 e da 128 a 130 della sentenza impugnata, errori di diritto e uno snaturamento dei fatti nella parte in cui ha dichiarato che la Commissione non aveva né violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, l’articolo 6, paragrafo 8, del regolamento 2016/1036 e l’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base, né violato il suo dovere di diligenza e il principio di buona amministrazione, avendo omesso di chiedere al produttore del paese di riferimento l’elenco dettagliato delle sue operazioni di esportazione.

    89

    In primo luogo, la Changmao fa valere che il Tribunale ha violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base. Ai sensi di tale disposizione, per determinare il valore normale, la Commissione dovrebbe prendere in considerazione le vendite del produttore del paese di riferimento sul mercato interno o, in caso di impossibilità, le vendite all’esportazione di tale produttore. Solo in ultima istanza essa potrebbe utilizzare prezzi effettivamente pagati o pagabili nell’Unione.

    90

    Nel caso di specie, la Commissione avrebbe ritenuto di non potersi basare né sulle vendite interne né sulle vendite all’esportazione del produttore giapponese, in quanto produttore del paese di riferimento, e avrebbe pertanto determinato il valore normale sulla base delle vendite del produttore dell’Unione, che è una controllata al 100% di tale produttore giapponese. La Commissione avrebbe chiesto al suddetto produttore elenchi dettagliati delle vendite, per ogni operazione, per le sole vendite interne. Pur avendo ritenuto che gli elenchi in parola non fossero affidabili, essa si sarebbe accontentata di una sintesi dei risultati finanziari delle esportazioni del summenzionato produttore, fornita nella tabella n. 15 della risposta di quest’ultimo al questionario antidumping. Tale tabella non sarebbe sufficientemente dettagliata. Contrariamente a quanto il Tribunale avrebbe rilevato al punto 113 della sentenza impugnata, essa non consentirebbe di constatare che «tutte» le vendite all’esportazione erano nettamente in perdita, ma solo che, «considerate globalmente», esse erano in perdita. Tale punto 113 sarebbe quindi inficiato da uno snaturamento dei fatti.

    91

    Secondo la Changmao, in assenza di un elenco delle vendite all’esportazione, per ogni operazione, non si può escludere che talune operazioni di esportazione dal produttore giapponese verso paesi terzi o verso l’Unione fossero sufficientemente affidabili per servire da base per la determinazione del valore normale. La Commissione avrebbe quindi dovuto chiederle un tale elenco.

    92

    La Changmao ne deduce che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 115, 116, 128 e 129 della sentenza impugnata, la Commissione ha violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base e ha agito senza la diligenza richiesta nonché in violazione del principio di buona amministrazione.

    93

    In secondo luogo, facendo riferimento al punto 125 della sentenza impugnata, la Changmao sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel dichiarare che la Commissione non era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 6, paragrafo 8, del regolamento 2016/1036.

    94

    In terzo luogo, la Changmao afferma che, in assenza degli errori commessi dalla Commissione, il suo margine di dumping sarebbe stato probabilmente meno elevato e, potenzialmente, inferiore al margine di pregiudizio. A tale riguardo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti 117 e 118 della sentenza impugnata, che essa avrebbe dovuto fornire gli elementi di prova idonei a dimostrare che il margine di dumping sarebbe stato inferiore al margine di pregiudizio. Siffatto approccio si baserebbe su una lettura erronea dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base e sarebbe in contrasto con la giurisprudenza della Corte che impone alla Commissione di esaminare d’ufficio tutte le informazioni disponibili.

    95

    La Commissione replica che il secondo motivo è inconferente e deve, in ogni caso, essere respinto in quanto in parte irricevibile, in parte inconferente e in parte infondato.

    b)   Giudizio della Corte

    96

    In primo luogo, la Changmao afferma che, ai punti 115, 116, 128 e 129 della sentenza impugnata, il Tribunale ha violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base e ha erroneamente dichiarato che la Commissione aveva agito con la diligenza richiesta nonché nel rispetto del principio di buona amministrazione.

    97

    L’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base espone il metodo applicabile, in deroga alle norme stabilite ai paragrafi da 1 a 6 del medesimo articolo, ai fini della determinazione del valore normale nel caso di importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato.

    98

    Alla luce del tenore letterale e della sistematica di tale disposizione, il metodo principale di determinazione del valore normale nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato è quello del «prezzo o [del] valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato» oppure «[del] prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi, compresa [l’Unione]». In mancanza, «qualora ciò non sia possibile», viene definito un metodo sussidiario secondo il quale il valore in parola è determinato «su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile [nell’Unione] per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto». Ne consegue che il potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni dell’Unione nella scelta del paese di riferimento non le autorizza a venir meno all’obbligo di scegliere un paese terzo ad economia di mercato, qualora ciò sia possibile (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, GLS, C‑338/10, EU:C:2012:158, punti 2426).

    99

    In virtù dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), secondo comma, del regolamento di base, un paese terzo ad economia di mercato viene opportunamente selezionato, tenendo debitamente conto di tutte le informazioni attendibili di cui si disponga al momento della scelta. Spetta infatti alla Commissione, in considerazione delle alternative possibili, cercare di individuare un paese terzo nel quale il prezzo del prodotto simile si formi in circostanze che siano il più possibile paragonabili a quelle del paese esportatore, sempreché si tratti di un paese ad economia di mercato (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, GLS, C‑338/10, EU:C:2012:158, punto 21).

    100

    Nell’ambito del sindacato giurisdizionale dell’esercizio del potere discrezionale di cui la Commissione gode per quanto riguarda la scelta del paese di riferimento, occorre verificare, in particolare, se tale istituzione abbia omesso di prendere in considerazione elementi essenziali al fine di accertare l’adeguatezza del paese prescelto e se gli elementi del fascicolo siano stati esaminati con tutta la diligenza richiesta perché possa ritenersi che il valore normale sia stato determinato in maniera idonea ed equa (sentenze del 22 ottobre 1991, Nölle, C‑16/90, EU:C:1991:402, punti 1213, nonché del 22 marzo 2012, GLS, C‑338/10, EU:C:2012:158, punto 22).

    101

    Nel caso di specie, ai punti da 112 a 114 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che risultava sia dal regolamento controverso sia dalle spiegazioni fornite dalla Commissione che, in primo luogo, i dati comunicati dal produttore giapponese non erano attendibili in quanto, in particolare, i suoi margini di profitto variavano considerevolmente e in modo ingiustificato a seconda del tipo e dell’importanza dell’acquirente, in secondo luogo, mentre tutte le vendite interne di tale produttore erano redditizie, tutte le vendite all’esportazione erano nettamente in perdita e, in terzo luogo, le parti interessate, fra cui la Changmao, si erano preoccupate, in seguito alle conclusioni provvisorie, del fatto che il Giappone fosse stato scelto come paese di riferimento.

    102

    È alla luce di tali circostanze, delle quali la prima e la terza non sono contestate dalla Changmao, che il Tribunale ha considerato, ai punti 115 e 116 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base ricorrendo ai dati dell’industria dell’Unione ai fini della determinazione del valore normale del prodotto in esame, in quanto le informazioni disponibili al momento della scelta non erano attendibili e rischiavano di sfociare in una scelta di paese di riferimento inidonea e non equa.

    103

    Nello stesso contesto, ai punti 128 e 129 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che non si può contestare alla Commissione di essere venuta meno alla diligenza. Il Tribunale è giunto a siffatta conclusione alla luce di un insieme di elementi di fatto esposti ai punti da 120 a 124 e 127 di tale sentenza, che non sono contestati dalla Changmao. Gli elementi in parola riguardano il numero limitato di paesi produttori di aspartame, lo svolgimento dell’inchiesta della Commissione e le osservazioni che quest’ultima ha potuto ottenere.

    104

    Così facendo, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto.

    105

    Vero è, come afferma la Changmao, che è solo in caso di impossibilità di ricorrere al metodo del paese di riferimento che la Commissione può determinare il valore normale su qualsiasi altra base equa in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, la cui portata è stata ricordata al punto 98 della presente sentenza.

    106

    Nondimeno, contrariamente a quanto fa valere la Changmao, da ciò non deriva tuttavia che la Commissione fosse tenuta, nelle circostanze della presente causa, a chiedere informazioni dettagliate sulle operazioni di esportazione del produttore giapponese.

    107

    Infatti, in siffatte circostanze e alla luce della mancanza di attendibilità delle informazioni dettagliate fornite da tale produttore in merito alle sue vendite all’importazione nonché alle informazioni più sommarie fornite in merito alle sue vendite all’esportazione, non era né idoneo né equo per la Commissione determinare il valore normale su qualsiasi altra base equa, conformemente all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base e alla giurisprudenza della Corte citata ai punti 99 e 100 della presente sentenza. La Commissione poteva quindi procedere senza chiedere preventivamente informazioni più dettagliate in merito a tali vendite all’esportazione.

    108

    Pertanto, il Tribunale non ha commesso errori di diritto avendo dichiarato, in sostanza, ai punti 115 e 116 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base ricorrendo ai dati dell’industria dell’Unione ai fini della determinazione del valore normale del prodotto in esame, neppure senza aver previamente richiesto informazioni dettagliate sulle vendite all’esportazione del produttore giapponese.

    109

    La circostanza che, al punto 113 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia, in generale, constatato che, secondo le spiegazioni della Commissione, dalla tabella fornita dal produttore giapponese risultava che «tutte le vendite all’esportazione [di tale produttore] erano nettamente in perdita», mentre, come giustamente espone la Changmao, secondo dette spiegazioni, le vendite in parola «considerate globalmente» erano in perdita, non è, di per sé, tale da inficiare la conclusione tratta al punto precedente. Infatti, la menzionata imprecisione del punto 113 della sentenza succitata nulla toglie alla considerazione secondo cui i dati prodotti dal produttore giapponese non erano, nel complesso, attendibili. Orbene, è alla luce di siffatta considerazione che, nelle circostanze rilevate dal Tribunale, la Commissione poteva procedere a una determinazione del valore normale sulla base dei dati dell’Unione.

    110

    In secondo luogo, oltre al fatto che, al punto 125 della sentenza impugnata, il Tribunale non si è affatto pronunciato sull’articolo 6, paragrafo 8, del regolamento 2016/1036, è per la prima volta in sede di impugnazione che la Changmao deduce una violazione di tale disposizione. Conformemente alla giurisprudenza citata al punto 78 della presente sentenza, una siffatta affermazione è quindi irricevibile.

    111

    In terzo luogo, occorre constatare che i punti 117 e 118 della sentenza impugnata espongono una motivazione ad abundantiam a sostegno del rigetto, da parte del Tribunale, del secondo motivo del ricorso in primo grado. Infatti, da un lato, tale motivo è introdotto dalla locuzione «inoltre». Dall’altro, con detto motivo, il Tribunale ha respinto, in sostanza, in quanto inconferente, l’argomento della Changmao secondo cui la Commissione avrebbe dovuto privilegiare l’utilizzo dei prezzi all’esportazione del produttore del paese di riferimento, poiché quest’ultimo era già stato respinto in quanto infondato al punto 116 della sentenza impugnata.

    112

    Ne consegue che gli argomenti della Changmao diretti contro i punti 117 e 118 della sentenza impugnata sono inconferenti.

    113

    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo in quanto in parte irricevibile, in parte infondato e in parte inconferente.

    3.   Sul terzo motivo

    a)   Argomenti delle parti

    114

    Con il suo terzo motivo, la Changmao critica i punti da 141 a 144, 152, 153 e da 155 a 162 della sentenza impugnata. In tali punti, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che, avendo respinto le domande di adeguamento presentate dalla Changmao ai fini del calcolo del margine di dumping, la Commissione non aveva violato né l’articolo 2, paragrafo 10, e l’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base né l’articolo 2.4 dell’accordo antidumping. Tale motivo è suddiviso in tre parti.

    1) Sulla prima parte

    115

    Con la prima parte del suo terzo motivo, la Changmao afferma che il Tribunale ha «snatura[to] i fatti per quanto riguarda il concetto di prova».

    116

    La Changmao sostiene di aver chiesto alla Commissione, nel corso del procedimento d’inchiesta, di procedere ad adeguamenti dei prezzi ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettere a), b), da e) a h) e k), del regolamento di base, dal momento che la comparabilità dei prezzi dell’Unione utilizzati per determinare il valore normale e del prezzo all’esportazione era influenzata dalle differenze riguardanti il processo di produzione dell’aspartame, i requisiti regolamentari, i servizi di assistenza ai clienti, il costo dell’energia, il costo della manodopera, l’accesso alle materie prime, i canoni di brevetto e di know-how, i costi di imballaggio e di trasporto marittimo, l’assicurazione, la manutenzione, i costi bancari e i costi di credito.

    117

    La Commissione avrebbe respinto tutti gli adeguamenti richiesti, che avrebbero portato ad un aumento dei prezzi all’esportazione o ad una diminuzione del valore normale, con la motivazione che la Changmao non aveva dimostrato «che gli acquirenti pagavano sistematicamente prezzi diversi nel mercato interno a causa della differenza fra tali fattori». Per contro, essa avrebbe proceduto ad adeguamenti che hanno portato, a danno della Changmao, ad una riduzione dei prezzi all’esportazione e ad un aumento del valore normale senza esigere una tale prova, operando così una differenziazione arbitraria.

    118

    Orbene, contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale ai punti da 141 a 144 della sentenza impugnata snaturando i fatti, la Changmao ritiene di aver effettivamente fornito elementi di prova a sostegno degli adeguamenti richiesti. Infatti, essa avrebbe individuato e fatto valere tutti i fattori che incidono sulla comparabilità dei prezzi e avrebbe dimostrato che ciascuno di tali fattori influiva sui prezzi.

    119

    Le prove fornite dalla Changmao coinciderebbero peraltro con le constatazioni operate dalla Commissione al considerando 80 del regolamento provvisorio e al considerando 76 del regolamento controverso, secondo le quali, durante il periodo dell’inchiesta, la media ponderata dei prezzi dell’industria dell’Unione per tipo di aspartame era del 21,1% più elevata dei prezzi dei tipi di prodotti comparabili importati.

    120

    Inoltre, la Changmao non avrebbe potuto fornire gli elementi di prova che sarebbero stati necessari in considerazione dell’approccio adottato dal Tribunale, in quanto si sarebbe trattato di documenti riservati ai quali essa non avrebbe avuto accesso. Per contro, la Commissione avrebbe potuto avere accesso a tali elementi.

    121

    La Commissione ritiene che tali argomenti, relativi essenzialmente al procedimento amministrativo, non siano pertinenti in sede di impugnazione. A suo avviso, la prima parte del terzo motivo è in parte irricevibile e in parte infondata.

    2) Sulla seconda parte

    122

    La seconda parte del terzo motivo della Changmao contiene due censure, vertenti rispettivamente su due errori di diritto che il Tribunale avrebbe commesso.

    123

    Con la prima censura, essa contesta al Tribunale di aver accolto, ai punti 151 e 153 della sentenza impugnata, un’interpretazione erronea dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base non avendo tenuto conto del fatto che, secondo l’organo di conciliazione dell’OMC, l’esportatore che non beneficia del TEM deve provare in modo il più costruttivo possibile i fatti che rendono necessario un adeguamento, mentre la Commissione deve valutare e accordare gli adeguamenti richiesti mediante fonti di dati di mercato non falsate.

    124

    Nel caso di specie, la Changmao non avrebbe basato la sua domanda di adeguamenti sui propri costi di produzione in Cina, contrariamente a quanto avrebbe rilevato il Tribunale al punto 151 della sentenza impugnata associando, erroneamente, gli elementi di prova da essa presentati, secondo i quali le differenze di costi incidevano sulla comparabilità dei prezzi, con il fatto che i costi erano falsati in Cina. La Commissione avrebbe dovuto cercare di ottenere dal produttore dell’Unione i dati necessari per effettuare gli adeguamenti richiesti e valutare le differenze tra i costi, nell’Unione, delle materie prime, dei processi di produzione, legati al rispetto della normativa, del trasporto e dell’assicurazione, nonché dei diritti d’importazione, dei canoni di brevetto e dell’imballaggio.

    125

    A tale riguardo, la Changmao ritiene che le circostanze della presente causa differiscano sostanzialmente da quelle della causa che ha dato luogo alla sentenza del 29 luglio 2019, Shanxi Taigang Stainless Steel/Commissione (C‑436/18 P, EU:C:2019:643).

    126

    Basandosi sull’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, la Changmao aggiunge che il valore normale e il prezzo all’esportazione devono sempre essere oggetto di un confronto equo, anche quando il valore normale è determinato sulla base di un paese terzo retto da un’economia di mercato e all’esportatore interessato è stato negato il TEM. Esigere da un esportatore come la Changmao di dimostrare che gli acquirenti pagano sistematicamente prezzi diversi sul mercato interno a causa delle asserite differenze dei costi di produzione impedirebbe qualsiasi adeguamento a tale titolo. Siffatto erroneo approccio della Commissione e del Tribunale sarebbe contrario al diritto dell’OMC, alla giurisprudenza dei giudici dell’Unione nonché alla prassi delle istituzioni dell’Unione.

    127

    Con la seconda censura, la Changmao sostiene che il Tribunale ha erroneamente dichiarato che l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base subordina gli adeguamenti alla condizione che gli acquirenti paghino sistematicamente prezzi diversi sul mercato interno a causa della differenza fra i fattori di cui trattasi. Una siffatta condizione sarebbe posta solo in modo specifico all’articolo 2, paragrafo 10, lettera k), di tale regolamento, ma non in maniera generale all’articolo 2, paragrafo 10, lettere da a) a j), di detto regolamento. Tale condizione non sarebbe richiesta dall’articolo 2.4 dell’accordo antidumping, ai sensi del quale l’onere della prova imposto alle parti interessate non deve essere irragionevole. Orbene, detta condizione imporrebbe un onere di prova irragionevole agli esportatori non provenienti da un’economia di mercato, in quanto questi ultimi non dispongono dei dati del produttore del paese di riferimento utilizzati ai fini della determinazione del valore normale.

    128

    Nella sua replica, la Changmao precisa di essersi effettivamente avvalsa delle norme dell’OMC dinanzi al Tribunale, come risulta dai punti 31 e 33 e dalle note a piè di pagina da 24 a 26 della replica depositata in primo grado.

    129

    La Commissione ha chiesto il rigetto di tutti questi argomenti. La prima censura, diretta a contestare i punti da 151 a 153 della sentenza impugnata alla luce delle norme dell’OMC, sarebbe irricevibile e, in ogni caso, infondata. La seconda censura sarebbe infondata.

    3) Sulla terza parte

    130

    Con la terza parte del suo terzo motivo, la Changmao censura, in primo luogo, i punti da 155 a 160 della sentenza impugnata. Le considerazioni del Tribunale contenute in suddetti punti sarebbero viziate da errori procedurali e da violazioni dei suoi diritti della difesa nonché dei doveri di buona amministrazione e di diligenza della Commissione. In tale contesto, il Tribunale avrebbe altresì violato l’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento 2016/1036 nonché gli articoli 6.2, 6.4, 12.2.1 e 12.2.2 dell’accordo antidumping.

    131

    Secondo la Changmao, alla luce di tali disposizioni, il punto 155 della sentenza impugnata è viziato da un errore, dal momento che la Commissione non le ha indicato il motivo che giustificava il rigetto degli elementi di prova riguardanti le differenze tra le caratteristiche fisiche dei prodotti del produttore dell’Unione dovute alle differenze tra i requisiti regolamentari. Inoltre, in violazione dell’articolo 6.4 dell’accordo antidumping, la Commissione le avrebbe concesso un termine di soli dieci giorni per presentare le sue osservazioni sul cambiamento della scelta del produttore di riferimento, il quale sarebbe intervenuto in una fase tardiva del procedimento. Il produttore dell’Unione avrebbe fornito informazioni insufficienti.

    132

    In secondo luogo, la Changmao critica il punto 207 della sentenza impugnata, con il quale il Tribunale avrebbe erroneamente rifiutato di adottare le misure di organizzazione del procedimento o di istruzione da essa richieste in relazione al suo motivo vertente sugli adeguamenti e che erano necessari alla sua tutela giurisdizionale effettiva.

    133

    Infine, facendo riferimento all’articolo 9, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento di base, la Changmao sottolinea che gli adeguamenti richiesti avrebbero consentito di ridurre il suo margine di dumping a livelli inferiori al margine di pregiudizio.

    134

    La Commissione chiede il rigetto di questa terza parte in quanto, in parte, irricevibile e, in parte, infondata.

    b)   Giudizio della Corte

    135

    Per quanto riguarda il terzo motivo, vertente su uno snaturamento dei fatti e su errori di diritto e di procedura, occorre esaminare, anzitutto, la prima parte e la seconda censura della seconda parte, poi, la terza parte e, infine, la prima censura della seconda parte.

    1) Sulla prima parte e sulla seconda censura della seconda parte

    136

    Con tale parte e tale censura, la Changmao contesta, in sostanza, al Tribunale di aver snaturato taluni fatti e commesso errori di diritto nell’esame, ai punti da 141 a 144 della sentenza impugnata, dei suoi argomenti diretti a contestare il rigetto, da parte della Commissione, degli adeguamenti da essa richiesti ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base.

    137

    A tale riguardo, occorre ricordare che tale disposizione prevede che, nel caso in cui il valore normale e il prezzo all’esportazione non possano essere oggetto di un confronto equo, si tiene conto, in forma di adeguamento, delle differenze constatate fra i fattori che, secondo quanto viene affermato e dimostrato, influiscono sui prezzi e, pertanto, sulla loro comparabilità.

    138

    Secondo la giurisprudenza della Corte, sia dalla formulazione sia dall’impianto sistematico dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base risulta che un adeguamento del prezzo all’esportazione o del valore normale può essere operato unicamente per tener conto di differenze relative a fattori che incidono sui due prezzi e che intaccano pertanto la loro comparabilità, onde garantire che il confronto sia effettuato allo stesso stadio commerciale. (v., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 53, nonché del 4 maggio 2017, RFA International/Commissione, C‑239/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:337, punto 42).

    139

    Dalla giurisprudenza della Corte risulta inoltre che, se una parte richiede, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, adeguamenti destinati a rendere comparabili il valore normale e il prezzo all’esportazione ai fini della determinazione del margine di dumping, detta parte deve dimostrare che tale domanda è giustificata. Quindi, l’onere di dimostrare che devono essere operati gli adeguamenti specifici elencati all’articolo 2, paragrafo 10, lettere da a) a k), del regolamento di base incombe a colui che intende avvalersene, chiunque esso sia (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punti 5860). Ne consegue che spetta alla parte che intende avvalersi di un siffatto adeguamento dimostrare che il fattore in base al quale è stato richiesto l’adeguamento in parola è idoneo ad incidere sui prezzi e, pertanto, sulla loro comparabilità.

    140

    Nel caso di specie, ai punti 139 e da 141 a 143 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, che spettava alla Changmao dimostrare che la sua domanda di adeguamenti ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base era giustificata e che le differenze di costi da essa asserite si traducevano in differenze di prezzo, pur rilevando che tale parte non contestava la constatazione, al considerando 49 del regolamento controverso, secondo cui essa non aveva prodotto alcun elemento di prova a sostegno della sua domanda di adeguamenti. Di conseguenza, il Tribunale, al punto 144 di suddetta sentenza, ha dichiarato che la Changmao non poteva contestare alla Commissione di aver violato l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base avendo rifiutando di effettuare gli adeguamenti richiesti ai fini della determinazione del margine di dumping.

    141

    Tali considerazioni non risultano viziate da alcun errore di diritto.

    142

    In primo luogo, contrariamente alle affermazioni della Changmao, giustamente il Tribunale, conformemente sia alla lettera e all’impianto sistematico dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, sia alla giurisprudenza della Corte richiamata ai punti 138 e 139 della presente sentenza, ha dichiarato che spettava alla Changmao dimostrare, a sostegno della sua domanda di adeguamenti, che le asserite differenze di costi erano idonee ad incidere sui prezzi e, pertanto, sulla loro comparabilità.

    143

    In secondo luogo, da un lato, nella misura in cui, con i suoi argomenti riassunti ai punti 116 e 117 della presente sentenza, la Changmao pare affermare che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, essa aveva effettivamente fornito la prova che le sue domande di adeguamenti ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base erano giustificate, il suo argomento equivale, in realtà, a chiedere alla Corte di procedere ad una nuova valutazione dei fatti e degli elementi di prova. In assenza di qualsiasi dimostrazione, e persino di asserzione, di uno snaturamento di tali fatti e di tali elementi di prova, siffatto argomento è quindi irricevibile, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte richiamata al punto 73 della presente sentenza.

    144

    D’altro lato, nella misura in cui la Changmao pare sostenere che il Tribunale ha travisato la nozione stessa di «prova», il suo argomento deriva da una confusione tra, da un lato, un’asserzione o un’affermazione delle circostanze di fatto, basare su mere congetture, e, dall’altro, la prova della sussistenza materiale di tali circostanze. Orbene, oltre al fatto che, dinanzi alla Corte, la Changmao si limita a formulare semplici asserzioni senza corroborare queste ultime con elementi di prova che consentirebbero di verificare e di accertare l’effettività delle asserite differenze di costi nonché il loro impatto sulla comparabilità dei prezzi, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, tale parte non individua alcun elemento di prova di cui il Tribunale abbia omesso di tener conto o che abbia snaturato.

    145

    In terzo luogo, la Changmao cerca erroneamente di giustificare le sue domande di adeguamenti con il considerando 76 del regolamento controverso, ai sensi del quale la Commissione ha constatato che la media ponderata dei prezzi dell’industria dell’Unione per tipo di aspartame era superiore al 21,1% dei prezzi dei tipi di prodotti comparabili importati. Infatti, tale differenza di prezzo riflette il margine di sottoquotazione e si inserisce nella determinazione dell’esistenza di un pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione. Per contro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 151 delle conclusioni, il considerando in parola non lascia affatto intendere che tale margine di sottoquotazione sia stato causato da differenze nei costi di produzione.

    146

    Alla luce di quanto precede, occorre respingere la prima parte nonché la seconda censura della seconda parte del terzo motivo in quanto, in parte irricevibili e in parte infondate.

    2) Sulla terza parte

    147

    Con la terza parte del suo terzo motivo, la Changmao censura i punti da 155 a 160 e 207 della sentenza impugnata, sulla base del rilievo che, avendo respinto i suoi argomenti relativi a un onere della prova irragionevole, il Tribunale ha violato i suoi diritti della difesa, nonché gli obblighi di buona amministrazione e di diligenza della Commissione, così come gli articoli 6.2, 6.4, 12.2.1 e 12.2.2 dell’accordo antidumping nonché l’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento 2016/1036.

    148

    Innanzitutto, occorre constatare che è in fase di impugnazione che la Changmao deduce per la prima volta una violazione degli articoli 6.2, 6.4, 12.2.1 e 12.2.2 dell’accordo antidumping nonché dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento 2016/1036. Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 124 e 125 delle sue conclusioni, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 78 della presente sentenza, la terza parte è irricevibile nella parte in cui verte su un’asserita violazione di tali disposizioni.

    149

    Per quanto riguarda il merito, in primo luogo, la Changmao afferma, in sostanza, che, ai punti da 155 a 160 della sentenza impugnata, il Tribunale le ha imposto un onere della prova irragionevole, violando così i diritti della difesa della Changmao, il dovere di diligenza incombente alla Commissione e il principio di buona amministrazione.

    150

    In suddetti punti, il Tribunale ha considerato che, alla luce dei dati comunicati dalla Commissione nel corso dell’indagine e dell’onere della prova incombente alla Changmao nell’ambito delle sue domande di adeguamenti, quest’ultima non può contestare alla Commissione di averle imposto un onere della prova irragionevole.

    151

    Orbene, da un lato, contrariamente a quanto sembra sostenere la Changmao, la sola circostanza che, nella presente causa, il valore normale sia stato stabilito, conformemente all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, sulla base del prezzo effettivamente pagato o da pagare nell’Unione non è tale da imporre un’attenuazione della regola di ripartizione dell’onere della prova, quale risulta dall’articolo 2, paragrafo 10, di tale regolamento e dalla giurisprudenza richiamata ai punti 138 e 139 della presente sentenza. Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 140 delle sue conclusioni, tale regola, secondo la quale spetta alla parte che chiede un adeguamento a titolo di uno dei fattori di cui all’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base dimostrare che tale fattore è idoneo ad incidere sui prezzi e, pertanto, sulla loro comparabilità, si impone indipendentemente dal metodo in base al quale il valore normale è stato determinato.

    152

    D’altro lato, la Changmao afferma che, quando il valore normale è determinato in base al prezzo pagato o da pagare nell’Unione, un produttore esportatore del paese interessato dall’inchiesta non può esercitare pienamente i suoi diritti della difesa qualora non abbia accesso ai dati dell’industria dell’Unione, come sarebbe avvenuto nel caso di specie. Orbene, risulta espressamente dalle constatazioni effettuate dal Tribunale ai punti 155 e 156 della sentenza impugnata che dal regolamento controverso risultava che la Commissione aveva comunicato ai produttori esportatori cinesi dati relativi al produttore dell’Unione e che la Changmao aveva potuto commentare i dati di cui trattasi. Sulla base di siffatte constatazioni, che, in quanto tali, non sono rimesse in discussione dalla Changmao nell’ambito della presente impugnazione, il Tribunale ha potuto dedurre, senza incorrere in errori di diritto, al punto 159 della sentenza impugnata, che quest’ultima non può utilmente contestare alla Commissione di non aver agito conformemente al principio di buona amministrazione e di aver violato i suoi diritti della difesa imponendole un onere della prova irragionevole.

    153

    Pertanto, occorre respingere in quanto infondati gli argomenti dedotti dalla Changmao a sostegno della terza parte del suo terzo motivo, vertenti sul fatto che i punti da 155 a 160 della sentenza impugnata sarebbero viziati da errori relativi ai diritti della difesa, al dovere di diligenza che incombe alla Commissione e al principio di buona amministrazione.

    154

    In secondo luogo, la Changmao critica il punto 207 della sentenza impugnata in quanto, con quest’ultimo, il Tribunale avrebbe erroneamente rifiutato di adottare le misure di organizzazione del procedimento o di istruzione da essa richieste.

    155

    In tale punto della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso proposto dalla Changmao in primo grado «senza che sia necessario accogliere le domande di misure di organizzazione del procedimento e di istruzione presentate dalla [Changmao]».

    156

    Orbene, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (sentenze del 10 luglio 2001, Ismeri Europa/Corte dei conti, C‑315/99 P, EU:C:2001:391, punto 19, e del 22 ottobre 2020, Silver Plastics e Johannes Reifenhäuser/Commissione, C‑702/19 P, EU:C:2020:857 punto 28).

    157

    Pertanto, la Changmao non può utilmente contestare, nella fase della presente impugnazione, la decisione del Tribunale di non aver adottato le misure di organizzazione del procedimento e di mezzi istruttori di cui essa ha suggerito l’adozione nelle sue memorie dinanzi a quest’ultimo.

    158

    Ne consegue che la terza parte del terzo motivo deve essere respinta in parte come irricevibile e in parte come infondata.

    3) Sulla prima censura della seconda parte

    159

    Con tale censura, la Changmao contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto ai punti da 151 a 153 della sentenza impugnata.

    160

    In tali punti, il Tribunale ha precisato che, «[i] n ogni caso», poiché la Changmao non beneficiava del TEM, i dati che la riguardavano non potevano essere presi in considerazione a titolo di adeguamenti ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, il quale non può essere utilizzato al fine di privare di effetto l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), di tale regolamento.

    161

    Dai termini «in ogni caso» discende che le considerazioni contenute in tali punti della sentenza impugnata costituiscono un motivo ad abundantiam.

    162

    Orbene, dall’analisi della prima e della terza parte nonché dalla seconda censura della seconda parte del presente motivo emerge che la Changmao non è riuscita a dimostrare che il motivo principale, che figura in particolare ai punti 141 e 144 della sentenza impugnata, in combinato disposto con i punti da 155 a 160 della stessa, sia viziato da un errore di diritto.

    163

    Ne consegue che, come rilevato dall’Avvocato generale ai paragrafi 186 e 187 delle sue conclusioni, la presente censura deve essere respinta in quanto inconferente, senza che occorra statuire sulla sua ricevibilità.

    164

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il terzo motivo deve essere integralmente respinto.

    4.   Sul quarto motivo

    a)   Argomenti delle parti

    165

    Con il suo quarto motivo, la Changmao contesta al Tribunale di aver commesso errori di diritto e uno snaturamento dei fatti per aver dichiarato, ai punti 148 e 150 della sentenza impugnata, che la Commissione non era tenuta a procedere agli adeguamenti previsti all’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base ai fini della determinazione del pregiudizio e per aver, per tale motivo, respinto i suoi argomenti vertenti su una violazione dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 9, paragrafo 4, del suddetto regolamento, del principio di buona amministrazione e del dovere di diligenza.

    166

    La Changmao deduce dalla giurisprudenza del Tribunale che la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio subito dall’industria dell’Unione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di detto regolamento, richiede un confronto equo tra il prezzo all’esportazione e il prezzo che ha ottenuto o che avrebbe dovuto ottenere l’industria dell’Unione in occasione delle vendite effettuate nel territorio dell’Unione. Ai fini di un equo confronto, i prezzi dovrebbero essere confrontati allo stesso stadio commerciale comprensivo di tutti i costi relativi agli stadi commerciali di cui occorre tener conto.

    167

    A titolo di tali adeguamenti, occorrerebbe prendere in considerazione le differenze di costi tra l’industria dell’Unione e gli esportatori derivanti dai servizi di assistenza forniti unicamente dalla prima, dagli imballaggi, dai diritti di brevetto o di know-how. La Commissione avrebbe la prassi di accordare siffatti adeguamenti riducendo i prezzi e i costi di vendita dell’industria dell’Unione nella misura necessaria.

    168

    Detti adeguamenti potrebbero, pertanto, essere concessi ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, lettere f) e h), del regolamento di base, tanto quanto ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, di tale regolamento.

    169

    Il Tribunale avrebbe quindi commesso un errore di diritto avendo confermato, ai punti 148 e 150 della sentenza impugnata, il rifiuto della Commissione di effettuare gli adeguamenti che la Changmao avrebbe così richiesto, munita di prove, ai fini della determinazione dell’esistenza di un danno. Il Tribunale avrebbe, altresì, erroneamente dichiarato che la Commissione non aveva violato il principio di buona amministrazione e aveva agito con la dovuta diligenza. Secondo la Changmao, se gli adeguamenti richiesti fossero stati effettuati, la Commissione non avrebbe potuto constatare l’esistenza di un pregiudizio o, quantomeno, avrebbe concluso nel senso di un margine di pregiudizio meno elevato. Pertanto, il Tribunale avrebbe parimenti commesso un errore di diritto nel dichiarare che l’approccio della Commissione non violava l’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base.

    170

    La Commissione chiede il rigetto di tutti questi argomenti in quanto, a seconda dei casi, irricevibili o inconferenti e, in ogni caso, infondati.

    b)   Giudizio della Corte

    171

    Con il suo quarto motivo, la Changmao contesta al Tribunale di aver commesso errori di diritto ai punti 148 e 150 della sentenza impugnata.

    172

    In tali punti, il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, nonché l’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base non richiedevano che la Commissione procedesse, ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio, agli adeguamenti previsti all’articolo 2, paragrafo 10, di tale regolamento, cosicché la Changmao non può contestare alla Commissione di aver violato quest’ultima disposizione rifiutando di effettuare gli adeguamenti richiesti ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio.

    173

    La Changmao sostiene, in sostanza, che la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base implica che siano effettuati adeguamenti analoghi a quelli previsti all’articolo 2, paragrafo 10, di detto regolamento qualora siano necessari per effettuare un confronto equo, vale a dire un confronto effettuato allo stesso stadio commerciale, tra il prezzo all’esportazione e il prezzo che ha ottenuto o che avrebbe dovuto ottenere l’industria dell’Unione.

    174

    Tuttavia, anche supponendo che, come afferma la Changmao, l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base implichi, malgrado il suo tenore letterale, l’obbligo per la Commissione di procedere, al momento della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio, a siffatti adeguamenti, occorrerebbe allora considerare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 206 delle sue conclusioni e per analogia con la giurisprudenza ricordata al punto 139 della presente sentenza, che spetterebbe alla parte che si avvale di un adeguamento fornire la prova della sua giustificazione.

    175

    Da un lato, è pacifico che la Changmao chiede, in sostanza, gli stessi adeguamenti ai fini tanto della determinazione dell’esistenza del dumping quanto di quella del pregiudizio. Tali adeguamenti sono stati peraltro considerati in un unico motivo dinanzi al Tribunale. Orbene, come risulta dai punti 140 e da 142 a 146 della presente sentenza, il Tribunale ha dichiarato, nell’ambito del suo potere sovrano di valutazione dei fatti e senza commettere errori di diritto, che la Changmao non aveva fornito la prova che gli adeguamenti in parola fossero necessari.

    176

    D’altro lato, la Commissione ha respinto le domande di adeguamenti ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio per il motivo, esposto al considerando 70 del regolamento controverso, che l’inchiesta «ha rivelato che non sussiste alcuna differenza di qualità o di altro tipo tra il prodotto in esame e il prodotto simile che possa essere riflessa sistematicamente nei prezzi». Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 207 delle sue conclusioni, il Tribunale ha sostanzialmente convalidato tale motivo. Orbene, la Changmao critica il punto di cui trattasi solo nell’ambito della terza censura del terzo motivo di impugnazione, che è stata respinta al punto 164 della presente sentenza.

    177

    In tali circostanze, occorre respingere il quarto motivo in quanto inconferente, senza che sia necessario stabilire se, nel determinare l’esistenza di un pregiudizio in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base, la Commissione possa, o addirittura debba, procedere ad adeguamenti al fine di garantire un confronto dei prezzi allo stesso stadio commerciale.

    5.   Sul quinto motivo

    a)   Argomenti delle parti

    178

    Con il suo quinto motivo, la Changmao afferma che i punti 187, da 189 a 191, 194, 200, 201 e da 203 a 206 della sentenza impugnata sono viziati da errori di diritto e da uno snaturamento dei fatti.

    179

    Suddetto motivo si basa sulla premessa che il produttore dell’Unione e i suoi fornitori di materie prime, ossia il produttore giapponese e fornitori nell’Unione, che sono controllate al 100% di quest’ultimo, appartenevano a un’unica entità economica e sociale. La Changmao ne deduce che i prezzi pagati dal produttore dell’Unione per l’acquisto delle materie prime erano prezzi praticati tra parti collegate e gravavano sui costi di produzione di tale produttore nonché sui suoi prezzi di vendita.

    180

    Orbene, dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), e dall’articolo 3 del regolamento di base risulterebbe che, ai fini della determinazione dell’esistenza di un dumping e di un pregiudizio, la Commissione è tenuta ad assicurarsi, basandosi su prove, che i prezzi utilizzati siano attendibili e non falsati. L’articolo 6, paragrafo 8, del regolamento 2016/1036 richiederebbe che essa utilizzi, per quanto possibile, i dati delle parti che cooperano. Spetterebbe, tuttavia, ai fornitori presentare elementi di prova che dimostrino che i prezzi delle loro materie prime vendute alle parti collegate nell’Unione sono i prezzi di mercato.

    181

    Contrariamente all’approccio adottato dal Tribunale ai punti 187, 200, 201 e da 203 a 206 della sentenza impugnata, la prassi abituale della Commissione comporterebbe di chiedere alle parti interessate che cooperano, come l’industria dell’Unione, di consegnare questionari per i loro fornitori collegati all’esterno e all’interno dell’Unione. La Changmao avrebbe contestato il prezzo delle materie prime utilizzato dalla Commissione.

    182

    Il Tribunale avrebbe del pari commesso un errore al punto 191 della sentenza impugnata, nel quale avrebbe considerato che la Commissione si era conformata al principio di buona amministrazione e si era basata su elementi di prova per constatare che i prezzi di materia prima praticati dai fornitori nei confronti del produttore collegato nell’Unione rispettavano le condizioni di mercato. Secondo la Changmao, la Commissione non avrebbe verificato l’esattezza e l’affidabilità delle informazioni che ha tratto, al riguardo, da una relazione generale elaborata da una società cinese sui prezzi delle materie prime in Cina, al fine di assicurarsi che esse costituissero elementi di prova positivi e oggettivi. Orbene, siffatti elementi non sarebbero sufficienti per assicurarsi che i prezzi praticati da tali fornitori fossero effettivamente prezzi di mercato. La Commissione avrebbe potuto chiedere al produttore dell’Unione di compilare un questionario dettagliato sui prezzi in parola e verificare le risposte.

    183

    Tale dovere di verifica sussisterebbe indipendentemente dagli elementi di prova o dalle domande delle parti interessate. Il punto 206 della sentenza impugnata sarebbe quindi errato.

    184

    La Changmao aggiunge che la sentenza del 23 settembre 2015, Hüpeden/Consiglio e Commissione (T‑206/14, non pubblicata, EU:T:2015:672), menzionata ai punti 187 e 203 della sentenza impugnata, non è pertinente, giacché la causa che ha dato luogo a quest’ultima non verteva sull’esercizio, da parte della Commissione, del suo potere discrezionale quanto all’esistenza di un dumping e di un pregiudizio alla luce del principio di buona amministrazione e del dovere di diligenza.

    185

    La Commissione ribatte che il presente motivo è irricevibile e, in ogni caso, infondato.

    b)   Giudizio della Corte

    186

    Ai sensi dell’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, i motivi e gli argomenti di diritto dedotti individuano con precisione le parti della motivazione della decisione del Tribunale oggetto di contestazione. In tal senso, secondo giurisprudenza costante, un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (sentenza del 20 settembre 2018, Agria Polska e a./Commissione, C‑373/17 P, EU:C:2018:756, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

    187

    Non soddisfa segnatamente tali requisiti e dev’essere dichiarato irricevibile un motivo la cui argomentazione non sia abbastanza chiara e precisa da consentire alla Corte di esercitare il suo controllo di legittimità, in particolare dato che gli elementi essenziali sui quali il motivo si basa non emergono in modo abbastanza coerente e comprensibile dal testo di tale impugnazione, che è formulata in modo oscuro e ambiguo a tale riguardo (sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de Spagna/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 30 e giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza del 29 giugno 2016, Médiateur/Staelen, C‑337/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:670, punto 22).

    188

    Orbene, nonostante la Changmao individui con precisione i punti della sentenza impugnata che intende criticare con il suo quinto motivo, essa non espone in modo preciso e specifico gli errori di diritto che il Tribunale avrebbe asseritamente commesso.

    189

    Inoltre, non risulta che, con gli argomenti dedotti nell’ambito del presente motivo, la Changmao contesti la motivazione della sentenza impugnata. Al contrario, tali argomenti sembrano essenzialmente tendere a criticare il comportamento della Commissione nel procedimento che ha condotto all’adozione del regolamento controverso.

    190

    Ne consegue che il quinto motivo è irricevibile.

    191

    Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla Changmao a sostegno della sua impugnazione può essere accolto, quest’ultima dev’essere integralmente respinta.

    Sulle spese

    192

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    193

    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Changmao, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    L’impugnazione è respinta.

     

    2)

    La Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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