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Document 62019CJ0165

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 25 marzo 2021.
    Slovak Telekom, a.s. contro Commissione europea.
    Impugnazione – Concorrenza – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Mercato slovacco dei servizi di accesso a Internet a banda larga – Obbligo regolamentare di accesso alla rete locale per gli operatori aventi un rilevante potere – Condizioni fissate dall’operatore storico per l’accesso disaggregato di altri operatori alla rete locale – Indispensabilità dell’accesso – Compressione dei margini – Costi – Concorrente efficiente almeno quanto l’impresa dominante – Diritti della difesa.
    Causa C-165/19 P.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:239

     SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    25 marzo 2021 ( *1 )

    «Impugnazione – Concorrenza – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Mercato slovacco dei servizi di accesso a Internet a banda larga – Obbligo regolamentare di accesso alla rete locale per gli operatori aventi un rilevante potere – Condizioni fissate dall’operatore storico per l’accesso disaggregato di altri operatori alla rete locale – Indispensabilità dell’accesso – Compressione dei margini – Costi – Concorrente efficiente almeno quanto l’impresa dominante – Diritti della difesa»

    Nella causa C‑165/19 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 22 febbraio 2019,

    Slovak Telekom a.s., con sede a Bratislava (Slovacchia), rappresentata da D. Geradin, avocat, e R. O’Donoghue, QC,

    ricorrente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Commissione europea, rappresentata da M. Farley, M. Kellerbauer, L. Malferrari, C. Vollrath e L.Wildpanner, in qualità di agenti,

    convenuta in primo grado,

    Slovanet a.s., con sede a Bratislava (Slovacchia), rappresentata da P. Tisaj, advokát,

    interveniente in primo grado,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Wahl, F. Biltgen e L.S. Rossi, giudici,

    avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

    cancelliere: D. Dittert, capo unità

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 giugno 2020,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 settembre 2020,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la sua impugnazione, la Slovak Telekom a.s. chiede, in primo luogo, l’annullamento, in tutto o in parte, della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 dicembre 2018, Slovak Telekom/Commissione (T‑851/14; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2018:929), con la quale esso ha respinto in parte il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione C(2014) 7465 final della Commissione, del 15 ottobre 2014, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso AT.39523 – Slovak Telekom), come rettificata dalla decisione C(2014) 10119 final della Commissione, del 16 dicembre 2014, e dalla decisione C(2015) 2484 final della Commissione, del 17 aprile 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»); in secondo luogo, l’annullamento, in tutto o in parte, della decisione controversa, e, in terzo luogo, in subordine, l’annullamento o la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente da tale decisione.

    Contesto normativo

    Regolamento (CE) n. 2887/2000

    2

    I considerando 3, 6 e 7 del regolamento (CE) n. 2887/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, relativo all’accesso disaggregato alla rete locale (GU 2000, L 336, pag. 4), così recitavano:

    «(3)

    Per “rete locale” si intende il circuito fisico a coppia elicoidale metallica della rete telefonica pubblica fissa, che collega il punto terminale della rete presso l’abbonato al ripartitore principale, o ad altro dispositivo equivalente. Come segnalato nella Quinta relazione della Commissione [europea] sull’attuazione del pacchetto di regolamentazione per le telecomunicazioni, la rete di accesso locale resta uno dei segmenti meno concorrenziali del mercato delle telecomunicazioni liberalizzato. I nuovi operatori che entrano sul mercato non dispongono di estese infrastrutture di rete alternative e non sono in grado, utilizzando le tecnologie di tipo convenzionale, di emulare le economie di scala e la copertura di quegli operatori che hanno un rilevante potere di mercato nella rete telefonica pubblica fissa. Ciò dipende dal fatto che tali operatori hanno posato le proprie infrastrutture metalliche di accesso locale in un considerevole lasso di tempo protetti da diritti esclusivi e hanno potuto finanziare i costi di investimento grazie a rendite di monopolio.

    (...)

    (6)

    Non sarebbe economicamente conveniente per i nuovi operatori che entrano sul mercato duplicare integralmente ed entro tempi accettabili l’infrastruttura metallica di accesso locale dell’operatore esistente. Le infrastrutture alternative come la televisione via cavo, il satellite, le reti di accesso via etere in genere non offrono attualmente la medesima funzionalità e capillarità, sebbene la situazione possa variare da uno Stato membro all’altro.

    (7)

    L’accesso disaggregato alla rete locale consente ai nuovi operatori di entrare in concorrenza con gli operatori notificati offrendo servizi di trasmissione dati ad alta velocità per un accesso permanente a Internet e per applicazioni multimediali in base alla tecnologia di linea digitale di abbonato (DSL), nonché servizi di telefonia vocale. Una richiesta di accesso disaggregato ragionevole presuppone che l’accesso sia necessario per la fornitura dei servizi del beneficiario e che un rifiuto ostacoli, riduca o distorca la concorrenza nel settore».

    3

    L’articolo 1 del regolamento succitato, intitolato «Scopo e ambito di applicazione», così disponeva:

    «1.   Il presente regolamento mira ad intensificare la concorrenza e a stimolare l’innovazione tecnologica nel mercato dell’accesso locale, stabilendo condizioni armonizzate per l’accesso disaggregato alla rete locale, al fine di promuovere la fornitura concorrenziale di un’ampia gamma di servizi di comunicazioni elettroniche.

    2.   Il presente regolamento disciplina l’accesso disaggregato alla rete locale e alle risorse connesse degli operatori notificati di cui all’articolo 2, lettera a).

    (...)».

    4

    L’articolo 2 del regolamento in parola conteneva le seguenti definizioni:

    «(...)

    a)

    “operatore notificato”, un operatore della rete telefonica pubblica fissa che è stato notificato dalla propria autorità nazionale di regolamentazione come avente un rilevante potere di mercato nell’ambito della fornitura di reti telefoniche pubbliche fisse (...);

    (...)

    c)

    “rete locale”, il circuito fisico a coppia elicoidale metallica che collega il punto terminale della rete nella sede dell’abbonato al ripartitore principale, o ad altro dispositivo locale equivalente della rete telefonica pubblica fissa;

    (...)».

    5

    L’articolo 3 del medesimo regolamento era del seguente tenore:

    «1.   Gli operatori notificati pubblicano, a partire dal 31 dicembre 2000, e tengono aggiornata un’offerta di riferimento relativa all’accesso disaggregato alle rispettive reti locali e alle risorse connesse, comprendente almeno gli elementi riportati nell’allegato. L’offerta deve essere sufficientemente disaggregata affinché il beneficiario non debba pagare per elementi o opzioni della rete che non sono necessari alla fornitura dei suoi servizi e contenere una descrizione degli elementi dell’offerta e delle condizioni e modalità ad essa apparenti, compresi i prezzi.

    2.   Gli operatori notificati accolgono a partire dal 31 dicembre 2000, a condizioni trasparenti, eque e non discriminatorie, le richieste ragionevoli di accesso disaggregato alle loro reti locali e alle risorse connesse presentate dai beneficiari. Le richieste possono essere respinte soltanto in base a criteri obiettivi riguardanti la fattibilità tecnica o la necessità di preservare l’integrità della rete. (...) Gli operatori notificati forniscono ai beneficiari risorse equivalenti a quelle che forniscono ai servizi propri o alle loro società consociate, alle medesime condizioni e negli stessi termini.

    (...)».

    6

    In forza degli articoli 4 e 6 della direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (GU 2009, L 337, pag. 37), il regolamento n. 2887/2000 è stato abrogato a decorrere dal 19 dicembre 2009.

    Direttiva 2002/21/CE

    7

    L’articolo 8 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2009/140, prevede quanto segue:

    «(...)

    2.   Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, tra l’altro:

    (...)

    b)

    garantendo che non vi siano distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche per la trasmissione di contenuti;

    (...)

    5.   Nel perseguire le finalità programmatiche di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 le autorità nazionali di regolamentazione applicano principi regolamentari obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, tra l’altro:

    (...)

    f)

    imponendo obblighi regolamentari ex ante unicamente dove non opera una concorrenza effettiva e sostenibile, e attenuandoli o revocandoli non appena sia soddisfatta tale condizione».

    Fatti e decisione controversa

    8

    I fatti, come esposti ai punti da 1 a 53 della sentenza impugnata, possono essere sintetizzati come segue.

    9

    La ricorrente è l’operatore storico delle telecomunicazioni in Slovacchia. Nel periodo compreso tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010, la Deutsche Telekom AG (in prosieguo: la «DT»), operatore storico delle telecomunicazioni in Germania e società a capo del gruppo Deutsche Telekom, deteneva una partecipazione del 51% nel capitale della ricorrente.

    10

    La ricorrente, che fino al 2000 beneficiava di un monopolio legale nel mercato slovacco delle telecomunicazioni, è il più grande operatore di telecomunicazioni e fornitore di servizi di accesso a banda larga in Slovacchia. Le reti in rame e di comunicazione mobile della ricorrente coprono la quasi totalità del territorio slovacco.

    11

    Al termine di un’analisi di mercato, l’autorità di regolamentazione slovacca per le telecomunicazioni (in prosieguo: il «TUSR») ha designato, nel 2005, la ricorrente quale operatore avente un rilevante potere sul mercato all’ingrosso per l’accesso disaggregato alla rete locale, ai sensi del regolamento n. 2887/2000.

    12

    Di conseguenza, il TUSR ha imposto alla ricorrente, in particolare, di accogliere tutte le richieste di disaggregazione della sua rete locale considerate ragionevoli e giustificate, al fine di consentire a operatori alternativi di utilizzare tale rete per offrire i propri servizi nel mercato al dettaglio di massa (o grande pubblico) dei servizi di accesso a Internet a banda larga da postazione fissa in Slovacchia. Per poter adempiere tale obbligo, la ricorrente ha pubblicato la sua offerta di riferimento per la disaggregazione che definiva le condizioni contrattuali e tecniche di accesso alla sua rete locale.

    13

    In seguito a un’indagine d’ufficio vertente, in particolare, sulle condizioni di accesso disaggregato alla rete locale della ricorrente, a una comunicazione degli addebiti inviata alla ricorrente e alla DT, rispettivamente, il 7 e l’8 maggio 2012, a una proposta di impegni e a diversi scambi di corrispondenza e riunioni, la Commissione europea ha adottato la decisione controversa il 15 ottobre 2014.

    14

    In tale decisione, la Commissione ha ritenuto che l’impresa costituita dalla ricorrente e dalla DT avesse commesso un’infrazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), per quanto riguarda i servizi di accesso a Internet a banda larga in Slovacchia nel periodo compreso tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010.

    15

    In particolare, essa ha rilevato che il sistema della rete locale della ricorrente poteva essere utilizzato per fornire servizi di accesso a Internet a banda larga dopo la disaggregazione delle sue linee e che copriva il 75,7% di tutte le famiglie slovacche nel periodo compreso tra il 2005 e il 2010. Tuttavia, nel corso di questo stesso periodo, la Commissione ha constatato che solo pochissime reti locali della ricorrente sono state oggetto di accesso disaggregato, a decorrere dal 18 dicembre 2009, e sono state utilizzate solo da un unico operatore alternativo per la prestazione di servizi al dettaglio ad altissima velocità a favore di imprese.

    16

    Ad avviso della Commissione, l’infrazione commessa dall’impresa formata dalla ricorrente e dalla DT è consistita, in primo luogo, nell’occultamento agli operatori alternativi delle informazioni relative al sistema necessarie per la disaggregazione delle reti locali; in secondo luogo, nella riduzione della portata degli obblighi della ricorrente relativi alla disaggregazione delle reti locali; in terzo luogo, nella fissazione di modalità e condizioni inique nell’offerta di riferimento della ricorrente in materia di disaggregazione per quanto riguarda la co-ubicazione, la qualificazione, le previsioni, le riparazioni e le garanzie bancarie, e, in quarto luogo, nell’applicazione di tariffe inique tali da non consentire a un operatore tanto efficiente quanto la ricorrente avvalentesi dell’accesso all’ingrosso alle reti locali disaggregate di quest’ultima di replicare i servizi al dettaglio proposti dalla medesima senza subire perdite.

    17

    Con la decisione controversa, la Commissione ha inflitto, per tale infrazione, da un lato, un’ammenda di EUR 38838000 alla ricorrente e alla DT in solido e, dall’altro, un’ammenda di EUR 31070000 alla DT.

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    18

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 dicembre 2014, la ricorrente ha presentato un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui la riguarda e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale.

    19

    A sostegno del suo ricorso, la ricorrente ha dedotto cinque motivi vertenti: il primo, su errori manifesti di valutazione e di diritto nell’applicazione dell’articolo 102 TFUE; il secondo, sulla violazione dei suoi diritti della difesa per quanto riguarda la valutazione della pratica che determina la compressione dei margini; il terzo, su errori commessi nella constatazione della compressione dei margini; il quarto, su errori manifesti di valutazione e di diritto in cui la Commissione è incorsa nel concludere che essa costituiva un’impresa unica con la DT e che esse erano entrambe responsabili dell’infrazione in questione, e, il quinto, dedotto in subordine, su errori nella determinazione dell’importo dell’ammenda.

    20

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tutti i motivi di ricorso dedotti dalla ricorrente, ad eccezione del terzo, che esso ha accolto in parte con la motivazione che la Commissione non aveva fornito la prova che la ricorrente avesse attuato la pratica che determinava una compressione dei margini tra il 12 agosto e il 31 dicembre 2005. Il Tribunale ha dunque annullato in parte la decisione controversa e ha fissato in EUR 38061963 l’importo dell’ammenda al cui pagamento sono state dichiarate responsabili in solido DT e la ricorrente. Esso ha respinto il ricorso quanto al resto.

    21

    In particolare, con il primo motivo di ricorso, che conteneva cinque censure, la ricorrente ha segnatamente addebitato alla Commissione, nelle censure prima e quinta, di aver qualificato come rifiuto di fornire l’accesso alla sua rete locale, in primo luogo, il suo occultamento agli operatori alternativi di informazioni relative al suo sistema necessarie per la disaggregazione della sua rete locale (punti da 431 a 534 della decisione controversa); in secondo luogo, la riduzione dei suoi obblighi relativi alla disaggregazione derivanti dal quadro normativo applicabile (punti da 535 a 651 della decisione controversa), e, in terzo luogo, la sua fissazione di varie clausole e condizioni inique nella sua offerta di riferimento in materia di disaggregazione (punti da 655 a 819 della decisione controversa), senza aver previamente verificato l’indispensabilità di un simile accesso conformemente alla sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, in prosieguo: la «sentenza Bronner, EU:C:1998:569). Il Tribunale ha respinto tali censure ai punti da 107 a 129 della sentenza impugnata, ritenendo, in sostanza, che la normativa relativa al settore delle telecomunicazioni applicabile nel caso di specie riconoscesse la necessità di un accesso alla rete locale della ricorrente al fine di consentire il sorgere e lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel mercato slovacco dei servizi Internet a banda larga, cosicché la Commissione non era più tenuta a dimostrare l’effettiva indispensabilità di un simile accesso.

    22

    Con la seconda censura del primo motivo di ricorso, la ricorrente affermava che, avendo omesso di applicare le condizioni stabilite nella sentenza Bronner, la decisione controversa si poneva in contrasto con l’insegnamento desumibile dalla sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317). Il Tribunale ha respinto tale censura ai punti da 138 a 140 della sentenza impugnata, motivando che la causa di cui era investito non era equiparabile a quella che aveva dato origine alla sentenza summenzionata.

    23

    Con la terza censura del primo motivo di ricorso, la ricorrente sosteneva che, se un rifiuto implicito di fornitura dell’accesso non dovesse essere sottoposto alla verifica dell’indispensabilità conformemente alle condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza Bronner, sarebbe più agevole dimostrare un rifiuto implicito di fornitura dell’accesso che un rifiuto puro e semplice di fornitura dell’accesso. Il Tribunale ha respinto tale censura ai punti da 133 a 135 della sentenza impugnata, motivando che la gravità di un’infrazione poteva dipendere da vari fattori che prescindono dal carattere esplicito o implicito di detto rifiuto, sicché la ricorrente non poteva basarsi sulla forma di un’infrazione per valutarne la gravità.

    24

    Quanto alla quarta censura del primo motivo di ricorso, vertente su errori di diritto e di fatto relativi alle giustificazioni addotte dalla Commissione al fine di derogare alle condizioni stabilite nella sentenza Bronner per il motivo che esse non si applicano qualora la rete in questione abbia origine, storicamente, in un monopolio di Stato, il Tribunale l’ha respinta ai punti 153 e 154 della sentenza impugnata, sulla base di una giurisprudenza costante secondo la quale l’esistenza di una posizione dominante che trae origine da un monopolio legale deve essere presa in considerazione nell’applicazione dell’articolo 102 TFUE.

    25

    Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente affermava, in particolare, che i suoi diritti della difesa erano stati violati in quanto essa non era stata ascoltata dalla Commissione in merito alla metodologia, ai principi e ai dati utilizzati da tale istituzione al fine di calcolare i suoi «costi medi incrementali a lungo termine» (in prosieguo: i «CMILT»), destinati a dimostrare in quale misura essa avesse attuato una compressione dei margini. Il Tribunale ha respinto tale motivo di ricorso, ritenendo in particolare, ai punti da 186 a 192 e 209 della sentenza impugnata, che la Commissione avesse debitamente comunicato alla ricorrente il suo metodo e i suoi principi di calcolo e che essa non fosse tenuta a divulgare i suoi calcoli finali dei margini prima di inviarle la decisione controversa.

    26

    Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente sosteneva che la Commissione non aveva correttamente constatato la prassi che ha determinato la compressione dei margini, in particolare in quanto non sono stati presi in considerazione i suoi adeguamenti di ottimizzazione nel calcolo dei CMILT. Il Tribunale ha respinto tale motivo di ricorso ai punti da 223 a 239 della sentenza impugnata, dichiarando, in sostanza, che il rigetto degli adeguamenti di ottimizzazione proposti dalla ricorrente era giustificato, in quanto essi avrebbero portato, nel calcolo della compressione dei margini, a discostarsi indebitamente dai costi sostenuti dalla ricorrente stessa nel periodo di infrazione.

    Conclusioni delle parti

    27

    Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

    annullare in tutto o in parte la sentenza impugnata;

    annullare in tutto o in parte la decisione controversa;

    in subordine, annullare o ridurre ulteriormente l’importo dell’ammenda inflittale, e

    condannare la Commissione alle spese del presente procedimento e di quello di primo grado.

    28

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione, e

    condannare la ricorrente alle spese.

    Sull’impugnazione

    29

    A sostegno dell’impugnazione, la ricorrente deduce tre motivi. Il primo motivo di impugnazione verte su errori di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale nel qualificare le restrizioni apportate dalla ricorrente all’accesso al suo sistema di rete locale come abuso di posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE. Il secondo motivo di impugnazione verte sulla violazione dei suoi diritti della difesa nella valutazione di una compressione dei margini. Il terzo motivo di impugnazione verte su errori di diritto nella valutazione, da parte del Tribunale, dell’esistenza di una compressione dei margini.

    30

    In aggiunta, la ricorrente chiede di poter beneficiare dell’accoglimento dei motivi di impugnazione dedotti dalla DT nella causa connessa C‑152/19 P, avente ad oggetto l’impugnazione proposta dalla DT avverso la sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), con i quali la DT contesta che essa e la ricorrente formassero una medesima impresa.

    Sul primo motivo di impugnazione

    Argomenti delle parti

    31

    Con il primo motivo di impugnazione, suddiviso in cinque parti, la ricorrente afferma che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere che, per dimostrare che essa aveva abusato della sua posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, limitando l’accesso al suo sistema di rete locale, la Commissione non fosse tenuta a dimostrare che tale accesso fosse indispensabile per l’esercizio dell’attività degli operatori economici interessati, in conformità della sentenza Bronner, poiché la ricorrente era già soggetta a un obbligo regolamentare di consentire l’accesso al suo sistema di rete locale.

    32

    Con la prima parte del primo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene che, avendo deciso, al punto 121 della sentenza impugnata, che le condizioni stabilite nella sentenza Bronner non si applicavano nel caso di specie, il Tribunale ha erroneamente omesso di tener conto della differenza tra il controllo ex post effettuato ai sensi dell’articolo 102 TFUE, volto a porre fine a un comportamento abusivo, e quello effettuato ex ante da un’autorità di regolamentazione in materia di telecomunicazioni, volto a promuovere forme specifiche di concorrenza. Inoltre, i mercati in questione non sarebbero identici. L’obbligo regolamentare di accesso riguarderebbe l’indispensabilità dell’accesso al mercato all’ingrosso dell’accesso alla rete locale disaggregata, mentre l’abuso constatato dalla Commissione riguarderebbe un mercato al dettaglio molto più ampio di quello dei servizi basati sulla rete locale, nell’ambito del quale l’indispensabilità dell’accesso a tale rete non era dimostrata. Infine, la ricorrente afferma che la considerazione secondo cui la violazione di un obbligo regolamentare costituisce d’ufficio una violazione dell’articolo 102 TFUE deriva da un’interpretazione errata di tale disposizione che sarebbe più rigorosa e che porterebbe al trattamento differenziato di un’impresa dominante soggetta a una condizione regolamentare preesistente.

    33

    Con la seconda parte del medesimo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene che, ai punti 126 e 127 della sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente dedotto dalla sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, in prosieguo: la «sentenza TeliaSonera, EU:C:2011:83) che le condizioni stabilite nella sentenza Bronner non fossero applicabili nel caso di specie. Secondo la ricorrente, la sentenza TeliaSonera non riguardava un rifiuto di contrattare, come nel caso di specie, bensì una compressione dei margini. Inoltre, ai punti da 55 a 58 della sentenza citata, la Corte avrebbe risposto a questioni che non si pongono nell’ambito della presente causa.

    34

    Con la terza parte del motivo in esame, la ricorrente afferma che il Tribunale è incorso in un errore di diritto ai punti 138 e 139 della sentenza impugnata dichiarando che la sentenza del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317) non era pertinente. Secondo la ricorrente, in primo luogo, da quest’ultima sentenza non risulta che l’esistenza di un precedente monopolio di Stato o di un obbligo regolamentare avrebbe avuto un’incidenza sull’analisi effettuata dal Tribunale in tale sentenza. In secondo luogo, la suddetta sentenza si baserebbe su una condizione regolamentare ex ante, come nel caso di specie. In terzo luogo, nella causa che ha dato origine alla stessa sentenza, la Clearstream deteneva ancora un monopolio nel momento in cui essa ha abusato della sua posizione dominante, mentre la situazione di monopolio della ricorrente aveva avuto fine cinque anni prima dell’inizio dell’abuso dedotto. Infine, in quarto luogo, i rifiuti della Clearstream e della ricorrente sarebbero simili.

    35

    Con la quarta parte del primo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, in un errore manifesto o in un difetto di motivazione nel ritenere, ai punti 133 e 134 della sentenza impugnata, che un rifiuto implicito non fosse necessariamente meno grave di un rifiuto effettivo e che fosse richiesta una valutazione caso per caso. Secondo la ricorrente, nulla giustifica l’approccio del Tribunale secondo il quale, per essere qualificato come abusivo, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, il rifiuto implicito di cui al caso di specie non dovrebbe soddisfare le condizioni stabilite nella sentenza Bronner, mentre un rifiuto esplicito o categorico dovrebbe soddisfare tali condizioni. Un approccio di tal genere porterebbe a trattare un comportamento più grave in maniera più favorevole rispetto a un comportamento meno grave.

    36

    Con la quinta e ultima parte dello stesso motivo di impugnazione, la ricorrente afferma che il Tribunale ha erroneamente ritenuto, ai punti 153 e 154 della sentenza impugnata, che il fatto che essa aveva detenuto un precedente monopolio di Stato potesse giustificare la mancata applicazione delle condizioni stabilite nella sentenza Bronner. Secondo la ricorrente, tale approccio non è compatibile con l’insegnamento desumibile dalla sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C‑209/10, EU:C:2012:172), è contrario all’obbligo di prendere in considerazione le condizioni al momento dell’abuso dedotto, viola i principi della certezza del diritto e di non discriminazione e non tiene conto degli investimenti che essa ha concesso nella sua rete.

    37

    La Commissione ritiene, in sostanza, che i criteri di cui alla sentenza Bronner non fossero applicabili nel caso di specie, in considerazione del fatto che l’abuso di posizione dominante oggetto della causa che ha dato origine a tale sentenza era diverso da quello di cui trattasi nella presente causa.

    Giudizio della Corte

    38

    Con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente contesta in particolare i punti da 113 a 122 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha confermato la fondatezza della decisione controversa, in quanto la Commissione non era tenuta a dimostrare l’indispensabilità dell’accesso degli operatori alternativi al sistema di rete locale della ricorrente per poter qualificare come «abusive» le pratiche di quest’ultima, che tale istituzione ha ritenuto essere costitutive di un rifiuto implicito di fornitura, al punto 365 della decisione controversa, e che consistevano, in primo luogo, in un occultamento agli operatori alternativi di informazioni relative al suo sistema necessarie per la disaggregazione della sua rete locale; in secondo luogo, in una riduzione dei suoi obblighi relativi alla disaggregazione derivanti dal quadro normativo applicabile, e, in terzo luogo, nella fissazione di varie clausole e condizioni inique nella sua offerta di riferimento in materia di disaggregazione (in prosieguo: le «pratiche controverse»).

    39

    In particolare il Tribunale ha ritenuto, al punto 121 della sentenza impugnata, che, poiché il quadro normativo applicabile in materia di telecomunicazioni riconosceva chiaramente la necessità di un accesso alla rete locale della ricorrente per consentire il sorgere e lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel mercato slovacco dei servizi Internet a banda larga, non fosse necessaria la dimostrazione, da parte della Commissione, che tale accesso fosse effettivamente indispensabile, in conformità dell’ultima condizione prevista al punto 41 della sentenza Bronner. Esso ha aggiunto, in sostanza, ai punti da 123 a 127 della sentenza impugnata, che le condizioni derivanti dalla sentenza Bronner, e più in particolare quella relativa all’indispensabilità di un servizio o di un’infrastruttura detenuta dall’impresa dominante, non si applicavano a comportamenti diversi da un rifiuto di accesso, quali le pratiche controverse.

    40

    Al fine di valutare se le considerazioni suesposte siano viziate da un errore di diritto come afferma la ricorrente, occorre ricordare che l’articolo 102 TFUE vieta, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo. All’impresa che detiene una posizione dominante incombe dunque una responsabilità particolare di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale nel mercato interno [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 153 e giurisprudenza ivi citata].

    41

    Sulla scorta della giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «sfruttamento abusivo di posizione dominante» ai sensi dell’articolo 102 TFUE è una nozione oggettiva che riguarda i comportamenti di un’impresa in posizione dominante, i quali, su un mercato in cui, proprio per il fatto che vi opera detta impresa, il grado di concorrenza è già sminuito, abbiano l’effetto di ostacolare, ricorrendo a mezzi diversi da quelli su cui si impernia la concorrenza normale tra prodotti o servizi, fondata sulle prestazioni degli operatori economici, la conservazione del grado di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di detta concorrenza [sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 148 e giurisprudenza ivi citata].

    42

    L’esame del carattere abusivo di una pratica di un’impresa dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE deve essere effettuato prendendo in considerazione tutte le circostanze specifiche della controversia (v., in tal senso, sentenze TeliaSonera, punto 68; del 6 ottobre 2015, Post Danmark,C‑23/14, EU:C:2015:651, punto 68, e del 19 aprile 2018, MEO – Serviços de Comunicações e Multimédia, C‑525/16, EU:C:2018:270, punti 2728).

    43

    Come risulta dal punto 37 della sentenza Bronner, la causa che ha dato luogo alla medesima verteva sulla questione se il fatto che il proprietario dell’unico sistema di recapito a domicilio esistente su scala nazionale nel territorio di uno Stato membro, il quale se ne serviva per distribuire i propri quotidiani, negava l’accesso a detto sistema all’editore concorrente costituisse un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE per il motivo che tale diniego avrebbe privato detto concorrente di un modo di distribuzione ritenuto essenziale per la vendita dei suoi prodotti.

    44

    In risposta a tale questione, la Corte ha statuito, al punto 41 della sentenza succitata, che detto diniego avrebbe costituito un abuso di posizione dominante a condizione non solo che il diniego del servizio costituito dal recapito a domicilio potesse eliminare del tutto la concorrenza sul mercato dei quotidiani da parte della persona che richiedeva il servizio e non fosse obiettivamente giustificabile, ma anche che detto servizio fosse, di per sé, indispensabile per l’esercizio dell’attività di tale persona, nel senso che non esisteva alcun modo di distribuzione che potesse realmente o potenzialmente sostituirsi a detto sistema di recapito a domicilio.

    45

    L’imposizione delle condizioni suindicate era giustificata dalle circostanze proprie di quella causa, che consistevano nel rifiuto da parte di un’impresa dominante di consentire a un concorrente l’accesso a un’infrastruttura da essa sviluppata per le esigenze della propria attività, ad esclusione di qualsiasi altro comportamento.

    46

    A tale riguardo, come indicato, in sostanza, anche dall’avvocato generale ai paragrafi 68, 73 e 74 delle conclusioni, constatare che un’impresa dominante ha abusato della propria posizione rifiutandosi di contrattare con un concorrente implica che tale impresa è costretta a contrattare con tale concorrente. Orbene, un obbligo del genere è particolarmente lesivo della libertà di contrattare e del diritto di proprietà dell’impresa dominante, dal momento che un’impresa, anche dominante, resta, in linea di principio, libera di rifiutarsi di contrattare e di sfruttare l’infrastruttura da essa sviluppata per le proprie esigenze (v., per analogia, sentenza del 5 ottobre 1988, Volvo,238/87, EU:C:1988:477, punto 8).

    47

    Inoltre, benché, nel breve termine, la condanna di un’impresa per aver abusato della propria posizione dominante rifiutandosi di contrattare con un concorrente abbia l’effetto di favorire la concorrenza, nel lungo termine, invece, è generalmente favorevole allo sviluppo della concorrenza e nell’interesse dei consumatori consentire a una società di riservare al proprio uso gli impianti da essa sviluppati per le esigenze della propria attività. Infatti, qualora si consentisse con troppa facilità l’accesso a un impianto di produzione, di acquisto o di distribuzione, i concorrenti non sarebbero incentivati a creare impianti concorrenti. Per di più, un’impresa dominante sarebbe meno propensa a investire in impianti efficienti se si potesse vedere costretta, su semplice richiesta dei suoi concorrenti, a ripartire con loro gli utili derivanti dai propri investimenti.

    48

    Di conseguenza, qualora un’impresa dominante rifiuti di concedere l’accesso a un’infrastruttura da essa sviluppata per le esigenze della propria attività, la decisione di obbligare tale impresa a concedere tale accesso può giustificarsi, sul piano della politica della concorrenza, solo ove l’impresa dominante disponga di una vera e propria supremazia nel mercato interessato.

    49

    L’applicazione, a un caso di specie, delle condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza Bronner, richiamate al punto 44 della presente sentenza, e in particolare quella relativa all’indispensabilità dell’accesso all’infrastruttura dell’impresa dominante, consente all’autorità o al giudice nazionale competente di stabilire se l’impresa in questione disponga di una simile supremazia grazie a tale infrastruttura. Pertanto, tale impresa può essere obbligata a consentire a un concorrente l’accesso a un’infrastruttura da essa sviluppata per le esigenze della propria attività unicamente qualora l’accesso sia indispensabile all’attività del concorrente, ossia in assenza di un sostituto reale o potenziale di tale infrastruttura.

    50

    Per contro, qualora un’impresa dominante conceda l’accesso alla propria infrastruttura ma subordini tale accesso o la fornitura di servizi o la vendita di prodotti a condizioni inique, le condizioni stabilite dalla Corte al punto 41 della sentenza Bronner non si applicano. È vero che, quando l’accesso a una simile infrastruttura, oppure a un servizio o a un fattore di produzione, è indispensabile per consentire ai concorrenti dell’impresa dominante di operare in modo redditizio su un mercato a valle, è tanto più probabile che pratiche inique su tale mercato avranno effetti anticoncorrenziali quanto meno potenziali e costituiranno un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione,C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 234, e TeliaSonera, punti 70 e 71). Tuttavia, nel caso di pratiche diverse da un rifiuto di accesso, la mancanza di una tale indispensabilità non è di per sé determinante ai fini dell’esame di comportamenti potenzialmente abusivi da parte di un’impresa dominante (v., in tal senso, sentenza TeliaSonera, punto 72).

    51

    Invero, sebbene comportamenti del genere possano configurare una forma di abuso allorché sono idonei a produrre effetti anticoncorrenziali almeno potenziali, o addirittura effetti preclusivi, sui mercati interessati, essi non possono essere equiparati a un rifiuto puro e semplice di consentire a un concorrente di accedere a un’infrastruttura, in quanto l’autorità garante della concorrenza o il giudice nazionale competente non dovrà obbligare l’impresa dominante a consentire l’accesso alla propria infrastruttura, dato che tale accesso è stato ormai concesso. Le misure che verranno adottate in un contesto del genere saranno, pertanto, meno lesive della libertà di contrattare dell’impresa dominante e del suo diritto di proprietà rispetto a imporle di consentire l’accesso alla sua infrastruttura ove essa la riservasse per le esigenze della propria attività.

    52

    In tal senso, la Corte ha già dichiarato, ai punti 75 e 96 della sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062), che le condizioni stabilite dalla Corte al punto 41 della sentenza Bronner, e in particolare quella relativa all’indispensabilità dell’accesso, non si applicavano nel caso di abuso costituito dalla compressione dei margini di operatori concorrenti su un mercato a valle.

    53

    Nello stesso senso, la Corte ha dichiarato, al punto 58 della sentenza TeliaSonera, in sostanza, che non si può richiedere che l’esame del carattere abusivo di qualsiasi tipo di comportamento di un’impresa dominante nei confronti dei suoi concorrenti sia sistematicamente condotto alla luce delle condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza Bronner, la quale verteva su un rifiuto di fornitura di servizi. A ragione quindi il Tribunale, ai punti da 125 a 127 della sentenza impugnata, ha ritenuto che, al punto 58 della sentenza TeliaSonera, la Corte non si fosse riferita unicamente alla particolare forma di abuso costituita dalla compressione dei margini di operatori concorrenti su un mercato a valle allorché ha valutato le pratiche alle quali non si applicavano le condizioni stabilite nella sentenza Bronner.

    54

    Nella presente causa, la situazione della ricorrente era caratterizzata, in particolare, dal fatto, ricordato al punto 119 della sentenza impugnata, che essa era soggetta a un obbligo regolamentare in materia di telecomunicazioni, in forza del quale era tenuta a consentire l’accesso al suo sistema di rete locale. In seguito alla decisione dell’8 marzo 2005 del TUSR, confermata dal direttore di questa stessa autorità il 14 giugno 2005, la ricorrente era infatti tenuta ad accogliere, nella sua qualità di operatore avente un rilevante potere, tutte le domande di disaggregazione della sua rete locale ritenute ragionevoli e giustificate, derivanti da operatori alternativi, al fine di consentire loro, su tale base, di offrire i loro servizi nel mercato al dettaglio di massa dei servizi a banda larga da postazione fissa in Slovacchia.

    55

    Un obbligo del genere risponde agli obiettivi di sviluppo di una concorrenza efficace sui mercati delle telecomunicazioni fissati dal legislatore dell’Unione. Come precisano i considerando 3, 6 e 7 del regolamento n. 2887/2000, l’imposizione di un simile obbligo di accesso è giustificata dal fatto che, da un lato, come gli operatori aventi un rilevante potere hanno potuto, in un considerevole lasso di tempo, installare le loro reti di accesso locale protetti da diritti esclusivi e hanno potuto finanziare i loro costi di investimento grazie a rendite di monopolio, non sarebbe economicamente conveniente per i nuovi operatori che entrano nel mercato duplicare l’infrastruttura di accesso locale dell’operatore esistente, e, dall’altro, le infrastrutture alternative non costituiscono un sostituto valido a tali reti di accesso locale. L’accesso disaggregato alla rete locale sarebbe quindi idoneo a consentire ai nuovi operatori di entrare in concorrenza con gli operatori aventi un rilevante potere. Ne consegue che, come ricordato dal Tribunale al punto 119 della sentenza impugnata, l’obbligo di accesso imposto nella fattispecie dal TUSR derivava dalla volontà di incentivare la ricorrente e i suoi concorrenti a investire e a innovare, garantendo al contempo la salvaguardia della concorrenza nel mercato.

    56

    Tale obbligo regolamentare si applicava alla ricorrente per tutto il periodo di infrazione preso in considerazione dalla Commissione nella decisione controversa, ossia dal 12 agosto 2005 al 31 dicembre 2010. Oltre al fatto che, a norma dell’articolo 8, paragrafo 5, lettera f), della direttiva 2002/21, come modificata dalla direttiva 2009/140, le autorità di regolamentazione in materia di telecomunicazioni possono imporre un simile obbligo di accesso unicamente dove non opera una concorrenza effettiva e sostenibile e sono tenute a attenuarlo o revocarlo non appena sia soddisfatta tale condizione, la ricorrente non ha infatti né affermato né dimostrato di aver contestato di essere soggetta a tale obbligo nel corso del periodo di infrazione. Inoltre, la Commissione ha motivato il fondamento dell’esistenza di un simile obbligo di accesso nella sezione 5.1 della decisione controversa e ha indicato, al punto 377 della medesima, di aver proceduto alla propria analisi ex post dei mercati in questione, giungendo alla conclusione che la situazione in tali mercati non era cambiata in modo significativo al riguardo nel periodo di infrazione.

    57

    Analogamente a quanto già indicato dalla Corte al punto 224 della sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione (C‑280/08 P, EU:C:2010:603), di cui al punto 117 della sentenza impugnata, si deve ritenere che un obbligo regolamentare possa essere rilevante per valutare un comportamento abusivo, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, da parte di un’impresa dominante soggetta a una normativa settoriale. Nel contesto della presente causa, sebbene l’obbligo di accesso alla rete locale posto a carico della ricorrente non possa dispensare la Commissione dall’obbligo di dimostrare l’esistenza di un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE, tenendo conto in particolare della giurisprudenza applicabile, l’imposizione di tale obbligo comporta tuttavia che, per tutto il periodo di infrazione considerato nel caso di specie, la ricorrente non poteva e non ha realmente rifiutato in quanto tale di consentire l’accesso al suo sistema di rete locale.

    58

    La ricorrente ha nondimeno mantenuto, nel suddetto periodo, un’autonomia decisionale, nonostante l’obbligo regolamentare summenzionato, quanto alle condizioni di un simile accesso. Infatti, ad esclusione di taluni principi direttivi, il contenuto obbligatorio dell’offerta di riferimento in materia di disaggregazione della rete locale, di cui all’articolo 3 del regolamento n. 2887/2000, non era prescritto dal quadro normativo o dalle decisioni del TUSR. È in applicazione di tale autonomia decisionale che la ricorrente ha adottato le pratiche controverse.

    59

    Tuttavia, dal momento che le pratiche controverse non costituivano un rifiuto di accesso alla rete locale della ricorrente, ma si riferivano alle condizioni di un simile accesso, per i motivi indicati ai punti da 45 a 51 della presente sentenza, le condizioni elaborate dalla Corte al punto 41 della sentenza Bronner, ricordate al punto 44 della presente sentenza, non si applicavano nel caso di specie.

    60

    Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, al punto 121 della sentenza impugnata, che la Commissione non fosse tenuta a dimostrare l’«indispensabilità», ai sensi dell’ultima condizione stabilita al punto 41 della sentenza Bronner, al fine di constatare un abuso di posizione dominante da parte della ricorrente per via delle pratiche controverse.

    61

    Ciò posto, il primo motivo di impugnazione, in quanto fondato su una premessa errata in diritto, deve essere respinto nel suo complesso.

    Sul secondo motivo di impugnazione

    Argomenti delle parti

    62

    Con il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore omettendo di constatare la violazione dei suoi diritti della difesa, per il motivo che la metodologia, i principi e i dati utilizzati dalla Commissione nella fase della comunicazione degli addebiti al fine di determinare i costi considerati destinati a verificare l’esistenza di una compressione dei margini erano basati sui dati relativi ai costi storici provenienti da un sistema interno di dichiarazione dei costi della ricorrente, ossia i cosiddetti dati «účelové členenie nákladov» («classificazione di costi specifici»; in prosieguo: i «dati UCN»), mentre, nella decisione controversa, essi erano basati su CMILT, senza che la Commissione avesse consentito alla ricorrente di presentare utilmente le proprie osservazioni in proposito.

    63

    Inoltre, la ricorrente afferma che la Commissione ha invertito l’onere della prova, in quanto tale istituzione le ha chiesto di esporre i suoi principi, la sua metodologia e i suoi dati relativi alla determinazione dei CMILT, pur omettendo essa stessa di fornire subito i propri principi, la propria metodologia e i propri dati. La circostanza che la Commissione non avrebbe fatto subito uso del proprio modello di costi per accertare l’esistenza di una compressione dei margini avrebbe dovuto essere riconosciuta dal Tribunale come costitutiva di un’illegittima inversione dell’onere della prova. A tale riguardo, le considerazioni di cui ai punti 186 e 189 della sentenza impugnata, secondo le quali, da un lato, la ricorrente ha avuto la possibilità di rispondere alla comunicazione degli addebiti e, dall’altro, la Commissione si era basata, in tale documento, sui CMILT, sarebbero rispettivamente irrilevanti ed erronee, dal momento che, alla data della comunicazione degli addebiti, non vi sarebbero stati dati relativi ai CMILT.

    64

    Allo stesso modo, il Tribunale avrebbe errato nel dichiarare, al punto 189 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva dedotto, nella decisione controversa, alcuna nuova censura quanto alla compressione dei margini. La circostanza che, sia nella comunicazione degli addebiti sia nella decisione controversa, la Commissione abbia ritenuto, in primo luogo, che un concorrente tanto efficiente quanto la ricorrente avrebbe presentato margini negativi e, in secondo luogo, che la conclusione relativa ai margini negativi sarebbe rimasta valida se determinati altri servizi fossero stati presi in considerazione nelle entrate, così come la circostanza che il periodo di infrazione considerato nella decisione controversa fosse più breve di quello menzionato nella comunicazione degli addebiti, sarebbe irrilevante al fine di stabilire se i diritti della difesa della ricorrente fossero stati violati per il motivo che la metodologia, i principi e i dati presi in considerazione nella comunicazione degli addebiti non corrispondevano a quelli contemplati dalla Commissione nella decisione controversa.

    65

    Inoltre, la ricorrente contesta il punto 190 della sentenza impugnata argomentando che, contrariamente a quanto avrebbe ritenuto il Tribunale, i costi di rete, la metodologia e i principi presi in considerazione dalla Commissione divergono sensibilmente nelle rispettive fasi della comunicazione degli addebiti e della decisione controversa. La ricorrente ritiene altresì che il Tribunale abbia errato nel ritenere, al punto 192 della sentenza impugnata, che i suoi diritti della difesa fossero stati rispettati poiché la Commissione aveva risposto ai suoi argomenti. La comunicazione da parte della ricorrente di risultati derivanti da nuovi lavori realizzati sui CMILT nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti o nei documenti presentati nel corso del 2013 sarebbe, al riguardo, irrilevante, poiché prima dell’adozione della decisione controversa la Commissione non avrebbe esposto tutti gli elementi dei suoi principi, della sua metodologia e dei suoi dati relativi al calcolo dei CMILT.

    66

    Infine, la ricorrente sostiene che il Tribunale è altresì incorso in un errore di diritto e in uno snaturamento dei fatti e degli elementi di prova al punto 209 della sentenza impugnata, non tenendo conto della rilevanza della «riunione sullo stato di avanzamento» del 16 settembre 2014, cui fa riferimento tale punto. La divulgazione dei suoi calcoli preliminari dei CMILT, avvenuta per la prima volta in occasione di tale riunione, sarebbe un riconoscimento da parte della Commissione della sua mancata previa comunicazione e del suo obbligo di comunicarli. La divulgazione in tale fase della procedura dimostrerebbe che l’istituzione di cui trattasi era risoluta ad adottare una decisione di divieto, cosicché la ricorrente non poteva più essere correttamente ascoltata in tale fase.

    67

    La Commissione ritiene che il secondo motivo di impugnazione debba essere respinto, in quanto, da un lato, non è dimostrato che il Tribunale abbia snaturato i fatti da esso presi in considerazione e, dall’altro, i diritti della difesa della ricorrente sono stati rispettati.

    Giudizio della Corte

    68

    In limine, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 256 TFUE e dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione contro le decisioni del Tribunale è limitata ai motivi di diritto. Per giurisprudenza costante, solo il Tribunale è competente ad accertare e valutare i fatti e, in linea di principio, a esaminare le prove prese in considerazione a sostegno di tali fatti. Tale valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

    69

    Nel caso di specie, la ricorrente non afferma che i fatti seguenti, descritti ai punti 177 e da 185 a 187 della sentenza impugnata, siano stati oggetto di uno snaturamento da parte del Tribunale.

    70

    Nel corso dell’indagine che ha preceduto la comunicazione degli addebiti, la Commissione ha chiesto alla ricorrente di comunicarle i dati necessari per calcolare i costi relativi ai fattori di produzione supplementari, necessari per trasformare i suoi servizi all’ingrosso in servizi al dettaglio. In risposta, la ricorrente ha trasmesso alla Commissione alcune tabelle contenenti calcoli di costi relativi agli anni dal 2003 al 2010 e basati sui dati UCN. I costi figuranti in tali tabelle erano stati quindi calcolati sulla base di costi storici interamente ripartiti e differivano dai CMILT. La Commissione ha pertanto chiesto alla ricorrente di fornirle i dati di redditività per i servizi a banda larga, ricalcolati secondo una metodologia basata sui CMILT. Poiché la ricorrente ha risposto che non calcolava i dati di redditività, quanto ai servizi a banda larga, secondo la metodologia dei CMILT, la Commissione ha utilizzato, nella fase della comunicazione degli addebiti, i dati UCN in suo possesso per valutare la compressione dei margini attuata dalla ricorrente. La Commissione ha infatti ritenuto che, in assenza di dati sui CMILT, i dati UCN costituissero la migliore fonte disponibile per procedere a tale valutazione. Sulla base di tali dati, essa ha concluso, nella comunicazione degli addebiti, che un concorrente tanto efficiente quanto la ricorrente e avente accesso alla sua rete locale avrebbe realizzato significativi margini negativi se avesse tentato di riprodurre il portafoglio al dettaglio della ricorrente nel periodo dal 2005 al 2010. Nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, la ricorrente ha presentato nuovi dati per valutare i costi per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010. Tali dati erano basati sui dati del 2011. La ricorrente ha sostenuto, in particolare, in tale risposta, che, nel calcolare i CMILT, occorreva, da un lato, procedere a una rivalutazione dei suoi attivi e, dall’altro, tener conto delle inefficienze della sua rete per l’offerta della banda larga procedendo ad adeguamenti cosiddetti di «ottimizzazione», vale a dire, in primo luogo, la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti moderni, più efficaci e meno costosi, in secondo luogo, il mantenimento, per quanto possibile, della coerenza tecnologica e, in terzo luogo, la riduzione degli attivi in base alla capacità attuale rispetto alla capacità installata (in prosieguo, considerati congiuntamente: gli «adeguamenti di ottimizzazione»). Nella decisione impugnata, la Commissione ha accettato di includere in particolare la rivalutazione degli attivi della ricorrente nella sua analisi della compressione dei margini, ma ha respinto gli adeguamenti di ottimizzazione. Così procedendo, la Commissione è giunta a risultati diversi nella decisione controversa e nella comunicazione degli addebiti quanto all’entità della compressione dei margini da parte della ricorrente.

    71

    È alla luce dei fatti suesposti, di cui non si deduce lo snaturamento, che occorre valutare se il Tribunale sia incorso negli errori di diritto dedotti dalla ricorrente nell’ambito del secondo motivo di impugnazione.

    – Sull’inversione dell’onere della prova

    72

    Relativamente alla censura secondo la quale il Tribunale ha erroneamente avallato un’inversione dell’onere della prova da parte della Commissione, occorre ricordare che spetta all’autorità che deduce la violazione delle norme sulla concorrenza l’onere di provarne l’esistenza (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

    73

    Per provare un abuso consistente in una compressione dei margini, la Commissione deve in particolare dimostrare che il divario tra i prezzi all’ingrosso delle prestazioni dei servizi in questione e quelli al dettaglio per le prestazioni fornite a valle ai clienti finali era negativo oppure insufficiente a coprire i costi specifici delle prestazioni dei servizi in questione che la società in posizione dominante deve sostenere per la fornitura delle proprie prestazioni al dettaglio ai clienti finali, di modo che tale divario non consente a un concorrente di efficienza quantomeno pari a detta società di mettersi in competizione con essa per la fornitura delle suddette prestazioni ai clienti finali (v., in tal senso, sentenza TeliaSonera, punto 32).

    74

    La Corte ha altresì statuito che, per valutare la correttezza della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa dominante, occorre, in linea di principio, fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima (sentenza TeliaSonera, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

    75

    Nel caso di specie, alla luce dei fatti constatati dal Tribunale, quali riassunti al punto 70 della presente sentenza, non si può ritenere che esso abbia avallato un’inversione dell’onere della prova, non avendo dichiarato che la Commissione non aveva esposto, subito, la sua metodologia e i suoi dati relativi al calcolo dei CMILT.

    76

    Da tali fatti risulta, infatti, che, sin dall’inizio del procedimento amministrativo, la Commissione ha indicato alla ricorrente che avrebbe basato la propria valutazione dell’esistenza di una compressione dei margini sulla metodologia dei CMILT. Pertanto, in seguito alla comunicazione dei dati UCN da parte della ricorrente, prima della comunicazione degli addebiti, la Commissione le ha chiesto di fornirle i dati di redditività per i servizi a banda larga, ricalcolati utilizzando la metodologia dei CMILT. Orbene, dal punto 870 della decisione controversa, al quale rinvia il punto 185 della sentenza impugnata, risulta che, in risposta a tale domanda, la ricorrente ha indicato che essa applicava i CMILT per il calcolo delle tariffe dei servizi di interconnessione e che aveva effettuato, una sola volta, nel corso del 2005, i calcoli dei CMILT per i servizi a banda larga. Inoltre, senza che fosse dedotto uno snaturamento al riguardo, il Tribunale ha ritenuto, al punto 189 della sentenza impugnata, che dai punti da 996 a 1002 della comunicazione degli addebiti risultasse che la Commissione aveva esposto i principi guida per il calcolo dei costi sulla base dei CMILT. Da quanto precede risulta che la Commissione aveva esposto la propria metodologia per la determinazione dei costi fin dall’inizio del procedimento amministrativo e che la ricorrente ne aveva avuto conoscenza.

    77

    Per quanto riguarda i dati presi in considerazione, occorre ricordare, come risulta dal punto 73 della presente sentenza, che, per accertare l’esistenza di una compressione dei margini, la Commissione si basa, in linea di principio, sui costi sostenuti dall’impresa dominante. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia chiesto alla ricorrente di fornirle dati relativi ai suoi costi non costituisce un’inversione dell’onere della prova. Allo stesso modo, non costituisce una simile inversione il fatto che la Commissione tenga conto di dati rilavorati, forniti dalla ricorrente in seguito alla comunicazione degli addebiti.

    78

    Infine, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la circostanza che la Commissione non abbia potuto applicare la sua metodologia basata sui CMITL nella fase della comunicazione degli addebiti, per mancanza di dati adeguati, non equivale a un’omessa elaborazione, da parte della Commissione, della propria metodologia destinata a soddisfare l’obbligo di prova ad essa incombente.

    79

    Pertanto, la censura secondo cui il Tribunale è incorso in un errore di diritto non riconoscendo un’illegittima inversione dell’onere della prova gravante sulla Commissione deve essere respinta in quanto infondata.

    – Sulla violazione dei diritti della difesa

    80

    Relativamente alla censura secondo la quale il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto non avendo riconosciuto la violazione dei diritti della difesa della ricorrente, occorre ricordare che i diritti della difesa sono diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte garantisce il rispetto (sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). Tale principio generale del diritto dell’Unione è sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettere a) e b), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto che gli arreca pregiudizio (v., in tal senso, sentenza del 16 gennaio 2019, Commissione/United Parcel Service, C‑265/17 P, EU:C:2019:23, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

    81

    Nell’ambito del diritto della concorrenza, il rispetto dei diritti della difesa implica che ogni destinatario di una decisione che constati che il medesimo ha commesso un’infrazione delle norme sulla concorrenza deve essere stato posto, nel corso del procedimento amministrativo, in grado di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze addebitatigli nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’affermazione dell’esistenza di una simile infrazione (v., in tal senso sentenze del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punto 41, e del 14 settembre 2017, LG Electronics e Koninklijke Philips Electronics/Commissione, C‑588/15 P e C‑622/15 P, EU:C:2017:679, punto 43).

    82

    In tal senso, come giustamente ricordato dal Tribunale ai punti da 179 a 183 della sentenza impugnata, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), prevede l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti. Come risulta da una costante giurisprudenza della Corte, detta comunicazione deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in tale fase del procedimento. Questa indicazione, tuttavia, può farsi in modo sommario e la decisione in seguito adottata dalla Commissione non deve necessariamente riprodurre l’elenco degli addebiti, dato che tale comunicazione costituisce un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto sono di natura puramente provvisoria (sentenza del 5 dicembre 2013, SNIA/Commission, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

    83

    Da ciò discende che, poiché la qualificazione giuridica dei fatti riportata nella comunicazione degli addebiti, per definizione, può essere solo provvisoria, una decisione successiva della Commissione non può essere annullata per il solo motivo che le conclusioni definitive tratte da tali fatti non corrispondono precisamente a detta qualificazione provvisoria. Infatti, la Commissione deve ascoltare i destinatari di una comunicazione degli addebiti e, se del caso, tener conto delle loro osservazioni dirette a rispondere agli addebiti mossi, modificando la propria analisi, proprio per rispettare i loro diritti della difesa. Pertanto, si deve consentire alla Commissione di precisare tale qualificazione nella sua decisione definitiva, tenendo conto degli elementi ricavabili dal procedimento amministrativo, o per abbandonare censure che si siano rivelate infondate, o per strutturare e integrare sia in fatto sia in diritto i suoi argomenti a sostegno delle censure su cui essa si basa, a condizione tuttavia che tale istituzione si fondi solo su fatti sui quali gli interessati abbiano avuto occasione di spiegarsi e che abbia fornito, durante il procedimento amministrativo, gli elementi necessari alla difesa (sentenza del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punti 4344 e giurisprudenza ivi citata).

    84

    Nel caso di specie, la ricorrente contesta, in primo luogo, al Tribunale di non aver constatato la violazione dei suoi diritti della difesa per via del fatto che, al fine di valutare in quale misura una compressione dei margini potesse essere addebitata alla ricorrente, la Commissione si è basata, per quanto riguarda il calcolo dei costi, su una metodologia, su principi e su dati diversi, rispettivamente, nella comunicazione degli addebiti e nella decisione controversa.

    85

    A tale riguardo, dai fatti constatati dal Tribunale, come sintetizzati al punto 70 della presente sentenza, risulta che, prima dell’adozione della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha chiesto alla ricorrente di fornirle dati di redditività ricalcolati utilizzando la metodologia dei CMILT. Non avendo ottenuto tali dati, la Commissione, nella comunicazione degli addebiti, ha valutato l’esistenza di una compressione dei margini sulla base dei dati UCN in suo possesso in quel momento. Come risulta dal punto 875 della decisione controversa, cui rinvia il punto 185 della sentenza impugnata, la Commissione ha ritenuto che tali dati costituissero un indicatore sufficientemente affidabile per il calcolo dei CMILT. Poi, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, la ricorrente ha fornito nuovi dati e ha precisato che nel calcolare i CMILT occorreva, da un lato, prendere in considerazione una rivalutazione dei suoi attivi e, dall’altro, tener conto delle inefficienze della sua rete per l’offerta della banda larga. Infine, è pacifico che, nella decisione controversa, la Commissione ha applicato la metodologia dei CMILT.

    86

    Alla luce dei fatti suesposti, in particolare della circostanza che la ricorrente ha presentato stime di CMILT per il periodo compreso tra il 2005 e il 2011 in risposta alla comunicazione degli addebiti, nonché delle considerazioni esposte al punto 76 della presente sentenza, è necessario constatare che, nel corso del procedimento amministrativo, la ricorrente era pienamente consapevole del fatto che la Commissione avrebbe cercato di dimostrare l’esistenza di una compressione dei margini sulla base di una metodologia e dei principi basati sui CMILT.

    87

    Inoltre, dalle circostanze di fatto considerate dal Tribunale, come sintetizzate al punto 70 della presente sentenza, risulta che a ragione esso ha ritenuto, ai punti 189 e 190 della sentenza impugnata, che la Commissione avesse applicato la stessa metodologia e gli stessi principi di calcolo dei CMILT nella fase della comunicazione degli addebiti e della decisione controversa. La circostanza che, nella fase della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha ritenuto che i dati UCN della ricorrente costituissero un indicatore sufficientemente affidabile per la fissazione dei CMILT non implica che la Commissione abbia modificato la sua metodologia e i suoi principi di calcolo di tali costi.

    88

    In più, giustamente il Tribunale sottolinea, al punto 190 della sentenza impugnata, la corrispondenza tra le tabelle riprese rispettivamente nella comunicazione degli addebiti e nella decisione controversa per suffragare la motivazione secondo cui la Commissione ha utilizzato una sola e medesima metodologia nel corso del procedimento che ha portato alla decisione controversa. Infatti, tenuto conto dei loro titoli, tali tabelle mirano a raccogliere dati equivalenti.

    89

    Ne consegue che la ricorrente erra nel dedurre la violazione dei suoi diritti della difesa argomentando che la metodologia e i principi di calcolo dei costi per dimostrare una compressione dei margini sarebbero stati diversi nelle rispettive fasi della comunicazione degli addebiti e della decisione controversa. Pertanto, la censura della ricorrente secondo la quale il Tribunale è incorso in un errore di diritto omettendo di riconoscere una simile violazione dei suoi diritti della difesa è infondata.

    90

    In secondo luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di non aver riconosciuto la violazione dei suoi diritti della difesa, tenuto conto della differenza tra i dati relativi ai costi presi in considerazione rispettivamente nella comunicazione degli addebiti e nella decisione controversa.

    91

    A tale riguardo, dai punti 187, 190 e 192 della sentenza impugnata emerge che le differenze tra i costi e i margini ripresi rispettivamente nella comunicazione degli addebiti e nella decisione controversa risultano dal fatto che la Commissione ha preso in considerazione taluni aggiustamenti proposti dalla ricorrente stessa al fine di rispettare i suoi diritti della difesa. Orbene, come risulta dal punto 83 della presente sentenza, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica unicamente che la Commissione ascolti i destinatari di una comunicazione degli addebiti, ma anche, se del caso, che essa tenga conto delle loro osservazioni dirette a rispondere agli addebiti mossi modificando la sua analisi, proprio per rispettare i loro diritti della difesa. Pertanto, nel caso di specie, le differenze menzionate dalla ricorrente non possono dimostrare la violazione dei suoi diritti della difesa.

    92

    Inoltre, il fatto che la Commissione abbia proceduto a tali adeguamenti per quanto riguarda il calcolo dei margini della ricorrente senza aver nuovamente ascoltato la medesima non costituisce una violazione dei suoi diritti della difesa. Infatti, detti adeguamenti sono stati effettuati sulla base dei dati forniti dalla ricorrente stessa in applicazione dei principi e della metodologia dei CMILT, come annunciato dalla Commissione nel corso del procedimento amministrativo.

    93

    In terzo luogo, per quanto riguarda le critiche mosse contro il punto 209 della sentenza impugnata riguardanti la «riunione sullo stato di avanzamento» del fascicolo del 16 settembre 2014, si deve constatare che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere al punto citato che il principio del rispetto dei diritti della difesa non imponesse alla Commissione di divulgare i suoi calcoli finali dei margini prima di inviare la decisione controversa alla ricorrente. Il principio in questione impone soltanto alla Commissione di dare alla ricorrente la possibilità di prendere utilmente posizione sugli elementi di fatto e di diritto che essa prenderà in considerazione ai fini dell’adozione della sua decisione. Orbene, la ricorrente non dimostra che i dati divulgati in occasione di tale riunione fossero derivati da elementi di fatto o di diritto sui quali essa non aveva potuto prendere posizione nel corso del procedimento amministrativo che ha preceduto tale riunione.

    94

    Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, al punto 209 della sentenza impugnata, che la ricorrente fosse stata informata di tutti gli elementi pertinenti relativi al calcolo dei margini effettuato dalla Commissione e avesse ottenuto la possibilità di presentare le proprie osservazioni prima dell’adozione della decisione controversa.

    95

    Alla luce di tutti gli elementi che precedono, il secondo motivo dedotto dalla ricorrente a sostegno dell’impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

    Sul terzo motivo di impugnazione

    Sulla ricevibilità

    – Argomenti delle parti

    96

    La Commissione eccepisce l’irricevibilità del terzo motivo di impugnazione nella misura in cui, con esso, la ricorrente sostiene che tale istituzione è incorsa in un errore di valutazione sostanziale non raccogliendo dati di terzi o non elaborando il proprio calcolo dei CMILT ai fini dell’applicazione del cosiddetto criterio dell’«operatore altrettanto efficiente», in quanto tale censura non è stata sollevata dinanzi al Tribunale.

    97

    La ricorrente contesta tale irricevibilità. Essa ritiene che, nella sua replica dinanzi al Tribunale, essa abbia addebitato alla Commissione di non aver esposto integralmente il metodo, i principi e i dati di calcolo dei CMILT sui quali essa intendeva basarsi.

    – Giudizio della Corte

    98

    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. La competenza della Corte, nell’ambito dell’impugnazione, è infatti limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado.

    99

    Di conseguenza, una parte non può sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte, nell’ambito di un’impugnazione, un motivo che non aveva dedotto dinanzi al Tribunale, in quanto ciò equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in sede di impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era investito il Tribunale (sentenza dell’11 novembre 2004, Ramondín e a./Commissione, C‑186/02 P e C‑188/02 P, EU:C:2004:702, punto 60).

    100

    Occorre altresì ricordare che, nell’ambito della valutazione dell’abusività di una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini, vanno presi in considerazione, in linea di principio e in via prioritaria, i prezzi e i costi dell’impresa interessata sul mercato delle prestazioni al dettaglio. Soltanto qualora non sia possibile, tenuto conto delle circostanze, fare riferimento a tali prezzi e a tali costi occorre esaminare quelli dei concorrenti sullo stesso mercato (sentenza TeliaSonera, punto 46).

    101

    Con il terzo motivo di impugnazione, vertente su errori di diritto che vizierebbero il rigetto, da parte del Tribunale, dell’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione ha erroneamente respinto le sue domande di adeguamenti di ottimizzazione, la ricorrente afferma in particolare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto non avendo stabilito che, poiché la struttura dei CMILT della ricorrente non era precisamente individuabile per ragioni oggettive, la Commissione avrebbe dovuto raccogliere i dati dei suoi concorrenti o creare la propria banca dati coerente al fine di elaborare un modello basato sui CMILT.

    102

    Tuttavia, la ricorrente non dimostra di aver dedotto una simile censura dinanzi al Tribunale. Quando, dinanzi al Tribunale, la ricorrente ha contestato alla Commissione il fatto di non aver esposto, nella loro interezza, il metodo, i principi e i dati di calcolo dei CMILT sui quali essa intendeva basarsi per valutare l’esistenza di una compressione dei margini nel caso di specie, la stessa ha dedotto soltanto la violazione dei suoi diritti procedurali. Essa non ha sostenuto che fosse errato, a tal fine, basarsi sui suoi costi. La ricorrente non ha del resto sostenuto che, al punto 231 della sentenza impugnata, il Tribunale avesse snaturato i suoi argomenti. Orbene, nel punto citato, il Tribunale ha espressamente constatato che la ricorrente non aveva sostenuto che nel caso di specie occorresse esaminare i prezzi e i costi dei suoi concorrenti, in quanto non era possibile fare riferimento ai suoi prezzi e costi.

    103

    Non è quindi appurato che la ricorrente abbia affermato dinanzi al Tribunale che la Commissione non poteva basarsi sui suoi dati per dimostrare i costi pertinenti o che solo i dati dei suoi concorrenti o dati interamente costruiti avrebbero consentito di stabilire detti costi.

    104

    Pertanto, come risulta dal punto 98 della presente sentenza, occorre respingere in quanto irricevibile la censura dedotta dalla ricorrente a sostegno del terzo motivo di impugnazione, con cui essa sostiene che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione sostanziale non raccogliendo dati di terzi o non elaborando il proprio calcolo dei CMILT ai fini dell’applicazione del cosiddetto criterio dell’«operatore altrettanto efficiente».

    Nel merito

    – Argomenti delle parti

    105

    La ricorrente ritiene che, nel valutare l’esistenza di una pratica abusiva di compressione dei margini, il Tribunale abbia applicato erroneamente il cosiddetto criterio dell’«operatore altrettanto efficiente» respingendo i suoi adeguamenti di ottimizzazione.

    106

    Secondo la ricorrente, sebbene la Commissione abbia accettato i suoi dati relativi ai CMILT nell’ambito della rivalutazione e dell’ammortamento degli attivi, non vi era alcuna ragione di respingere gli adeguamenti di ottimizzazione, dato che anch’essi erano basati sui costi che avrebbe generato una rete costruita alla data della decisione controversa. Si tratterebbe di una questione di coerenza o di parità di trattamento.

    107

    Essa ritiene che, in assenza di un modello di costi elaborato dalla Commissione sulla base dei CMILT e a causa del fatto che i suoi CMILT per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 erano basati su rapporti derivanti dall’analisi dei CMILT della stessa relativi all’anno 2011, nessun valido motivo giustificasse il rigetto dei suoi adeguamenti di ottimizzazione. Pertanto, il Tribunale non avrebbe potuto dichiarare, senza commettere un errore di diritto, al punto 233 della sentenza impugnata, che gli adeguamenti di ottimizzazione avrebbero portato a «discostarsi» dai costi sostenuti dalla ricorrente nel corso del periodo di infrazione, né indicare che essi implicherebbero che venga presa in considerazione una rete moderna. Analogamente, la considerazione, al punto 226 della sentenza impugnata, secondo cui le questioni della rivalutazione e dell’ammortamento degli attivi, da un lato, e degli adeguamenti di ottimizzazione, dall’altro, avevano una «finalità diversa» sarebbe irrilevante in assenza di un modello elaborato dalla Commissione e inesatta in quanto queste due questioni riguarderebbero il calcolo dei CMILT. Inoltre, la ricorrente sostiene che, per quanto riguarda gli adeguamenti effettuati affinché il costo degli attivi e degli ammortamenti siano basati sui principi della contabilità a costi correnti (in prosieguo: gli «adeguamenti CCC»), la Commissione ha accettato il principio secondo il quale occorreva prendere in considerazione un’attualizzazione dei costi di attrezzatura e di gestione che la costruzione di una rete comporterebbe nel momento in cui sono effettuati i calcoli sulla base di tali costi, mentre essa ha respinto gli adeguamenti di ottimizzazione, benché fondati sul medesimo principio. La ricorrente contesta altresì l’affermazione, al punto 234 della sentenza impugnata, secondo la quale i suoi adeguamenti di ottimizzazione erano basati su un «operatore perfettamente efficiente», in quanto sarebbero basati su un operatore altrettanto efficiente che costruisse una rete nel 2011 e sui suoi CMILT relativi al 2011 che erano gli unici disponibili. I costi così ottenuti corrisponderebbero a quelli che la ricorrente eviterebbe se non proponesse i servizi a banda larga interessati.

    108

    La Commissione ritiene che il Tribunale non sia incorso in un errore di diritto ai punti da 233 a 235 della sentenza impugnata, in quanto la posizione della ricorrente non terrebbe conto né della natura e degli effetti di ciascun tipo di adeguamento né delle ragioni per le quali la Commissione li ha accettati o respinti.

    – Giudizio della Corte

    109

    Occorre ricordare che l’attuazione, da parte di un’impresa dominante, di una pratica tariffaria che comporta la compressione dei margini dei suoi concorrenti tanto efficienti quanto essa stessa costituisce un abuso, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, in quanto è idonea a produrre effetti preclusivi per tali concorrenti rendendo più difficile, se non impossibile, l’accesso al mercato in questione da parte di tali concorrenti (v., in tal senso, sentenza TeliaSonera, punti da 63 a 65 e giurisprudenza ivi citata).

    110

    Inoltre, per valutare la correttezza della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa dominante, occorre, in linea di principio, fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima. In particolare, con riferimento a una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini dei suo concorrenti, l’uso di tali criteri di analisi consente di verificare se l’impresa dominante stessa sarebbe stata sufficientemente efficiente da proporre le sue prestazioni al dettaglio ai clienti finali in modo diverso che in perdita, qualora fosse stata previamente obbligata a pagare i propri prezzi all’ingrosso per le prestazioni intermedie (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 201, e TeliaSonera, punti 41 e 42 e giurisprudenza ivi citata).

    111

    Nel caso di specie, dai punti 186, 187 e 217 della sentenza impugnata risulta che, per valutare i costi di un concorrente efficiente almeno quanto la ricorrente che offre servizi di accesso a Internet a banda larga tramite la propria rete, la Commissione ha preso in considerazione i costi degli attivi che compongono tale rete. Infatti, come risulta dal punto 70 della presente sentenza, sottoponendo tali costi alla Commissione, la ricorrente ha chiesto a quest’ultima, da un lato, di rivalutare gli attivi e, dall’altro, di tener conto delle inefficienze della sua rete mediante adeguamenti di ottimizzazione. La Commissione ha accettato di includere in particolare la rivalutazione degli attivi della ricorrente nella sua analisi della compressione dei margini e di dedurre, quanto ai costi fissi specifici, i costi congiunti e comuni. Per contro, essa ha respinto gli adeguamenti di ottimizzazione.

    112

    Ai punti da 222 a 239 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che giustamente la Commissione aveva rifiutato di prendere in considerazione gli adeguamenti di ottimizzazione. Il Tribunale ha motivato tale decisione ritenendo in particolare, al punto 225 della sentenza impugnata, che tali adeguamenti consistessero nel rettificare gli attivi al livello approssimativo di un operatore efficiente che costruisse una rete ottimale adeguata per soddisfare una futura domanda basata sulle informazioni «odierne» e sulle previsioni della domanda. Il Tribunale ha pertanto ritenuto che gli adeguamenti di ottimizzazione fossero basati su una proiezione e su un modello di rete ottimale anziché su una stima che riflettesse i costi incrementali degli attivi esistenti della ricorrente.

    113

    Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 226 della sentenza impugnata, che gli adeguamenti di ottimizzazione, in generale, e la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti più moderni, in particolare, avevano una finalità diversa dalla rivalutazione degli attivi proposta dalla ricorrente. Inoltre, esso ha ritenuto che la presa in considerazione, da parte della Commissione, della rivalutazione degli attivi esistenti proposta dalla ricorrente a causa della mancanza di altri dati più attendibili sui CMILT non implicava affatto che la Commissione avesse, per tale ragione, necessariamente accettato gli adeguamenti di ottimizzazione, cosicché tale istituzione era legittimata a trattare in modo diverso, da un lato, la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti più moderni e, dall’altro, la rivalutazione degli attivi proposta dalla ricorrente.

    114

    Inoltre, ai punti da 227 a 235 della sentenza impugnata, il Tribunale ha confermato la conclusione della Commissione secondo la quale gli adeguamenti di ottimizzazione porterebbero a calcolare i CMILT sulla base non degli attivi della ricorrente, bensì di quelli di un ipotetico concorrente. In particolare, al punto 232 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto, da un lato, che la sostituzione degli attivi esistenti con i loro equivalenti più moderni mirasse ad adeguare i costi degli attivi mantenendo il valore degli attivi «attuali», senza tuttavia procedere a corretti adeguamenti degli ammortamenti, e, dall’altro, che la presa in considerazione della capacità inutilizzata delle reti in base alla capacità «attualmente» utilizzata avrebbe avuto come risultato di escludere gli attivi della ricorrente che non erano oggetto di un uso produttivo. Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 233 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva errato nel ritenere che la presa in considerazione degli adeguamenti di ottimizzazione avrebbe condotto a discostarsi dai costi sostenuti dalla ricorrente tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010. Infine, al punto 234 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione non avesse violato il principio secondo il quale l’esame di una compressione dei margini deve basarsi sul cosiddetto criterio dell’«operatore altrettanto efficiente», quando essa ha rilevato in sostanza che era inevitabile che talune capacità rimanessero talvolta inutilizzate. Il Tribunale ha infatti ritenuto che se la Commissione avesse accettato gli adeguamenti di ottimizzazione collegati alle capacità inutilizzate, il calcolo dei CMILT della ricorrente avrebbe rispecchiato i costi connessi a una rete ottimale corrispondente alla domanda e che non risentiva delle inefficienze della rete di tale operatore.

    115

    La ricorrente sostiene che il Tribunale ha erroneamente applicato tale criterio dell’«operatore altrettanto efficiente» e violato il principio della parità di trattamento quando ha avallato il rigetto, da parte della Commissione, degli adeguamenti di ottimizzazione. A sostegno di tale censura, la ricorrente afferma, in sostanza, che tali adeguamenti vertevano sui soli dati relativi ai CMILT esistenti, ossia i suoi dati del 2011, utilizzati a titolo indicativo per il periodo compreso tra il 2005 e il 2011. Inoltre, essa sostiene che detti adeguamenti erano destinati a riflettere i costi correnti di attrezzatura e di gestione che una rete costruita alla data della decisione controversa («odierna») avrebbe comportato, al pari degli adeguamenti CCA che la Commissione aveva accettato di prendere in considerazione.

    116

    Tuttavia, il fatto che i CMILT presi in considerazione dalla Commissione per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 fossero stati stimati sulla base dei dati della ricorrente risalenti al 2011 e che gli adeguamenti di ottimizzazione fossero destinati ad attualizzare i costi di attrezzatura e di gestione rispetto a una rete costruita alla data della decisione controversa non è sufficiente a dimostrare l’erroneità in diritto della valutazione del Tribunale, ai punti 225 e 232 della sentenza impugnata, secondo la quale tali adeguamenti miravano a effettuare una valutazione dei costi degli attivi esistenti sostituendoli con i loro equivalenti più moderni, di modo che essi non rifletteranno più i costi di un concorrente tanto efficiente quanto la ricorrente. Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel ritenere, ai punti 226 e 233 della sentenza impugnata, che la presa in considerazione degli adeguamenti di ottimizzazione avesse una finalità diversa dalla rivalutazione degli attivi e avrebbe portato a discostarsi dai costi sostenuti dalla ricorrente tra il 12 agosto 2005 e il 31 dicembre 2010.

    117

    Parimenti, il fatto che i soli dati presi in considerazione dalla Commissione al fine di calcolare i CMILT fossero quelli della ricorrente relativi all’anno 2011 e che gli adeguamenti di ottimizzazione fossero destinati ad attualizzare i costi di attrezzatura e di gestione rispetto a una rete costruita alla data della decisione controversa non è sufficiente a dimostrare che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto, né in un errore nella qualificazione giuridica dei fatti, per via della sua applicazione alle circostanze del caso di specie del cosiddetto criterio dell’«operatore altrettanto efficiente», avendo ritenuto, al punto 234 della sentenza impugnata, che la presa in considerazione degli adeguamenti di ottimizzazione collegati alle capacità inutilizzate avrebbe rispecchiato i costi connessi a una rete ottimale corrispondente alla domanda e che non risentiva delle inefficienze della rete ricorrente.

    118

    Poiché non è dimostrato che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel confermare la fondatezza dell’esclusione, da parte della Commissione, degli adeguamenti di ottimizzazione proposti dalla ricorrente in applicazione del criterio dell’«operatore altrettanto efficiente», il fatto che tali adeguamenti siano stati effettuati sulla base degli stessi dati che sono stati oggetto di altri adeguamenti presi in considerazione dalla Commissione, quali gli adeguamenti CCA della ricorrente, è irrilevante. Infatti, la presa in considerazione dei costi e dei loro adeguamenti per l’esame di una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini dei concorrenti dell’impresa dominante deve essere valutata alla luce non del fatto che altri adeguamenti di tali costi siano già stati accettati dalla Commissione, bensì del criterio di un concorrente efficiente almeno quanto l’impresa in posizione dominante.

    119

    In ogni caso, un’applicazione scorretta di tale criterio per via della presa in considerazione di taluni adeguamenti dei costi non può giustificare, di per sé, anche in nome del principio della parità di trattamento, il fatto che altri adeguamenti siano presi in considerazione. Infatti, il principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto della legalità, secondo cui nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un illecito (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2017, Pappalardo e a./Commissione, C‑350/16 P, EU:C:2017:672, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

    120

    Di conseguenza, il Tribunale non è incorso né in un errore di diritto né in un errore in termini di qualificazione giuridica dei fatti nel confermare la fondatezza del rifiuto, da parte della Commissione, di prendere in considerazione gli adeguamenti di ottimizzazione.

    121

    Il terzo motivo di impugnazione deve essere, quindi, respinto in quanto, in parte, irricevibile e, in parte, infondato.

    Sulla domanda di poter beneficiare di una sentenza favorevole

    122

    La ricorrente chiede di poter beneficiare dell’eventuale accoglimento del motivo dedotto dalla DT a sostegno della sua impugnazione nella causa C‑152/19 P avverso la sentenza del Tribunale del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione (T‑827/14, EU:T:2018:930), con il quale la DT critica tale sentenza nella parte in cui ha dichiarato corretta la considerazione della Commissione secondo cui la ricorrente e la DT facevano parte di un’unica impresa ed erano entrambe responsabili dell’infrazione constatata nella decisione controversa. A sostegno di tale domanda, la ricorrente afferma che il motivo di impugnazione in questione ha lo stesso oggetto del suo quarto motivo di ricorso dedotto dinanzi al Tribunale.

    123

    La Commissione sostiene che occorre respingere tale domanda, poiché non si tratta di un motivo di impugnazione, la responsabilità della ricorrente non trova la sua origine nel comportamento di DT e, in ogni caso, l’impugnazione della DT nella causa C‑152/19 P deve essere respinta.

    124

    A tale riguardo, è sufficiente constatare che, con la sentenza dello stesso giorno, Deutsche Telekom/Commissione (C‑152/19 P), la Corte ha respinto l’impugnazione della DT in tale causa, sicché la domanda della ricorrente è inoperante, in quanto priva di oggetto.

    125

    Pertanto, occorre respingere l’impugnazione nel suo complesso.

    Sulle spese

    126

    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

    127

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    128

    La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle proprie spese e a quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

     

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    L’impugnazione è respinta.

     

    2)

    La Slovak Telekom a.s. si fa carico, oltre che delle proprie spese, delle spese sostenute dalla Commissione europea.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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