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Document 62019CC0869

Conclusioni dell’avvocato generale E. Tanchev, presentate il 15 luglio 2021.
L contro Unicaja Banco SA.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo.
Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Principio di equivalenza – Principio di effettività – Contratto ipotecario – Carattere abusivo della “clausola di tasso minimo” prevista da tale contratto – Norme nazionali relative al procedimento giurisdizionale di appello – Limitazione nel tempo degli effetti della dichiarazione di nullità di una clausola abusiva – Restituzione – Potere di controllo d’ufficio del giudice nazionale di appello.
Causa C-869/19.

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ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:617

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 15 luglio 2021 ( 1 )

Causa C‑869/19

L

contro

Unicaja Banco, S.A., già Banco de Caja España de Inversiones, Salamanca y Soria, S.A.U.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 6, paragrafo 1 – Principi di equivalenza e di effettività – Sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980) – Limitazione nel tempo degli effetti restitutori della dichiarazione di nullità della clausola abusiva – Portata del controllo esercitato dal giudice nazionale che statuisce in appello – Principio del dispositivo – Principio di congruenza – Principio del divieto di reformatio in peius – Principio dell’autorità di cosa giudicata – Preclusione»

I. Introduzione

1.

La presente domanda del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) riguarda l’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 2 ). Essa si colloca nell’ambito di un procedimento d’impugnazione promosso sulla scia della sentenza della Grande Sezione del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. ( 3 ). In tale sentenza, la Corte di giustizia ha sostanzialmente statuito che la giurisprudenza nazionale elaborata dal Tribunal Supremo (Corte suprema), che imponeva una limitazione nel tempo alla restituzione delle somme indebitamente pagate dai consumatori alle banche in ragione di una clausola abusiva nota come «clausola di tasso minimo», era contraria all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che stabilisce che le clausole abusive non sono vincolanti per il consumatore e che pertanto i consumatori hanno diritto al rimborso integrale di tali somme in virtù di detta disposizione.

2.

Il problema che si pone nella presente causa deriva dal fatto che solo la banca, e non la consumatrice, ha impugnato la sentenza di primo grado che poneva una siffatta limitazione temporale al rimborso in ragione di detta giurisprudenza nazionale, e la Corte ha emesso la sentenza Gutiérrez Naranjo dopo la scadenza del termine per impugnare la sentenza, ma prima che il giudice nazionale adito con un ricorso avesse emesso la sua decisione. La questione principale sottoposta alla Corte è, quindi, se un giudice nazionale che si pronunci su un ricorso in tali circostanze debba disporre d’ufficio il rimborso integrale delle somme indebitamente pagate dal consumatore, conformemente alla sentenza Gutiérrez Naranjo, sebbene taluni principi procedurali nazionali, tra cui i principi del dispositivo, di congruenza e del divieto di reformatio in peius, possano essere considerati ostativi a tale decisione.

3.

La presente causa viene discussa dalla Corte in parallelo con altre quattro cause (C‑600/19, C‑693/19, C‑725/19 e C‑831/19) nelle quali le mie conclusioni sono presentate oggi. Queste cause si basano su domande di pronuncia pregiudiziale provenienti dalla Spagna, dall’Italia e dalla Romania e toccano anch’esse questioni simili e potenzialmente delicate, relative alla portata dell’obbligo del giudice nazionale di esaminare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole contrattuali, conformemente alla giurisprudenza della Corte che interpreta la direttiva 93/13, e ai rapporti con i sistemi processuali nazionali.

4.

Di conseguenza, la presente causa offre alla Corte l’opportunità di sviluppare la propria giurisprudenza sulla direttiva 93/13 e, in particolare, di chiarire le questioni relative all’applicazione di tali principi procedurali nazionali nell’ambito del controllo giurisdizionale delle clausole abusive ai sensi della suddetta direttiva.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

5.

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

B.   Diritto spagnolo

6.

L’articolo 1303 del Código Civil español (in prosieguo: il «codice civile») così recita:

«Dichiarata la nullità di un’obbligazione, i contraenti devono provvedere alla reciproca restituzione di quanto ha costituito l’oggetto del contratto, con i relativi frutti, nonché il prezzo, inclusi gli interessi, fatto salvo quanto disposto dai seguenti articoli».

7.

L’articolo 216 della Ley de Enjuiciamiento Civil (in prosieguo: il «codice di procedura civile») così dispone:

«I giudici civili dirimono le cause di cui sono investiti in base agli elementi di fatto, alle prove e alle domande delle parti, salvo quando la legge dispone diversamente in casi particolari».

8.

L’articolo 218, paragrafo 1, del codice di procedura civile è del seguente tenore:

«1) Le decisioni giurisdizionali devono essere chiare, precise e corrispondere alle domande giudiziali e alle ulteriori istanze delle parti, dedotte tempestivamente nel procedimento. Esse contengono le declaratorie richieste, e condannano o assolvono il convenuto dirimendo tutti i punti controversi oggetto di discussione.

Il giudice, senza discostarsi dalla causa dell’azione accogliendo elementi di fatto o di diritto distinti da quelli addotti in giudizio dalle parti, statuisce in conformità alle disposizioni applicabili alla causa, anche qualora non siano state citate o fatte valere correttamente dalle parti».

9.

L’articolo 412, paragrafo 1, del codice di procedura civile così recita:

«Una volta che l’oggetto del procedimento è stato stabilito nella domanda giudiziale, nella comparsa di risposta e, eventualmente, nella domanda riconvenzionale, le parti non possono successivamente modificarlo».

10.

L’articolo 465, paragrafo 5, del codice di procedura civile così dispone:

«L’ordinanza o la sentenza emessa in appello deve statuire esclusivamente sui punti e sulle questioni sollevate dal ricorso e, se del caso, dal controricorso o dall’impugnazione di cui all’articolo 461. La decisione non può arrecare danno all’appellante, a meno che il danno non derivi dall’accoglimento dell’impugnazione incidentale dell’appellato».

III. Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

11.

Dalla decisione di rinvio risulta che, il 22 marzo 2006, l’istituto finanziario Banco de Caja España de Inversiones, Salamanca y Soria, S.A.U. (in prosieguo: il «Banco Ceiss»), successivamente assorbito dall’Unicaja Banco, S.A. (in prosieguo: l’«Unicaja Banco»), ha concesso a L, in qualità di consumatrice, un mutuo ipotecario di EUR 120000 per l’acquisto dell’abitazione familiare. L aveva l’obbligo di restituire la somma in 30 anni, mediante versamento di 360 rate mensili.

12.

Ai sensi delle condizioni generali del contratto di mutuo stabilite dal Banco Ceiss, il tasso d’interesse sul mutuo era pari al 3,350% annuo per il primo anno e per gli anni successivi si era stabilito un tasso d’interesse variabile, calcolato sommando lo 0,52% all’Euribor a un anno ( 4 ). Tuttavia, il contratto conteneva una clausola che stabiliva che gli interessi sul mutuo non sarebbero mai stati inferiori al 3% annuo («clausola di tasso minimo»). Quando l’Euribor è diminuito in misura significativa nel 2009, tale clausola ha impedito che gli interessi sul mutuo diminuissero al di sotto del 3% annuo.

13.

Nel gennaio 2016, L ha avviato un’azione legale contro il Banco Ceiss dinanzi al Juzgado de Primera Instancia de Valladolid (Tribunale di primo grado di Valladolid, Spagna; in prosieguo: il «Tribunale di primo grado»), chiedendo che la «clausola di tasso minimo» fosse dichiarata nulla, in quanto abusiva per mancanza di trasparenza, ai sensi della normativa spagnola che ha trasposto la direttiva 93/13. Inoltre, L ha chiesto al Banco Ceiss il rimborso di tutte le somme indebitamente riscosse in ragione dell’applicazione della clausola di tasso minimo. In subordine, L ha chiesto che il Banco Ceiss le rimborsasse gli importi riscossi a partire dal 9 maggio 2013, in ragione dell’applicazione di detta clausola.

14.

Con sentenza del 6 giugno 2016 (in prosieguo: la «sentenza di primo grado»), il Tribunale di primo grado ha dichiarato che la «clausola di tasso minimo» era abusiva per mancanza di trasparenza, e ha condannato il Banco Ceiss a restituire le somme riscosse dal 9 maggio 2013, oltre ai relativi interessi, secondo la giurisprudenza dettata dal Tribunal Supremo (Corte suprema) con la sentenza del 9 maggio 2013 (n. 241/2013; in prosieguo: la «sentenza del 9 maggio 2013»). Tale giudice ha altresì condannato il Banco Ceiss alle spese legali.

15.

Il 14 luglio 2016 il Banco Ceiss ha impugnato detta sentenza dinanzi all’Audiencia Provincial de Valladolid (Corte provinciale di Valladolid, Spagna; in prosieguo: la «Corte provinciale»). Esso ha impugnato la decisione che la condannava alle spese, in ragione del fatto che la domanda non era stata accolta totalmente, bensì parzialmente. L si è opposta al suddetto ricorso.

16.

Il 21 dicembre 2016, la Corte di giustizia ha pronunciato la sentenza Gutiérrez Naranjo ( 5 ), nella quale ha affermato, in sostanza, che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 osta ad una giurisprudenza nazionale, come quella stabilita dalla sentenza del 9 maggio 2013, che limita nel tempo gli effetti restitutori della dichiarazione di nullità di una clausola abusiva alle somme indebitamente versate successivamente alla pronuncia della decisione che ha giudizialmente sancito tale carattere abusivo.

17.

Con sentenza del 13 gennaio 2017, l’Audiencia Provincial (Corte provinciale) ha accolto l’appello con la motivazione che l’accoglimento della domanda era stato parziale, e ha revocato la decisione che condannava il Banco Ceiss alle spese legali. Detto giudice non ha richiamato la sentenza Gutiérrez Naranjo, né ha riformato la sentenza di primo grado in ordine agli effetti restitutori dell’annullamento della clausola di tasso minimo, in quanto non costituiva oggetto del ricorso.

18.

L ha presentato un ricorso per cassazione dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema), deducendo che la sentenza impugnata, non applicando la sentenza Gutiérrez Naranjo e non disponendo d’ufficio il rimborso integrale delle somme ricevute in applicazione della clausola di tasso minimo, viola, in particolare, l’articolo 1303 del codice civile spagnolo, che disciplina gli effetti restitutori connessi alla nullità di obbligazioni contrattuali, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che dispone che i consumatori non sono vincolati dalle clausole abusive. Il Banco Ceiss si oppone al ricorso, sottolineando che, non avendo L impugnato la sentenza di primo grado per contestare la limitazione nel tempo degli effetti restitutori della nullità della clausola di tasso minimo, l’Audiencia Provincial (Corte provinciale) non poteva disporre che la restituzione si estendesse a tutte le somme versate.

19.

Il giudice del rinvio spiega che, nella sentenza del 9 maggio 2013, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha dichiarato la nullità delle clausole di tasso minimo, contenute in alcuni contratti stipulati con i consumatori dalle banche convenute in un’azione collettiva, per mancanza di trasparenza, ma detto giudice ha limitato nel tempo gli effetti restitutori di tale nullità di dette clausole, giacché ha ritenuto che essi non incidessero sui pagamenti effettuati prima della data di pubblicazione della sentenza, ossia il 9 maggio 2013; la giurisprudenza successiva ha confermato tale sentenza nelle azioni individuali di risarcimento. Successivamente, nella sentenza Gutiérrez Naranjo, la Corte ha dichiarato che una siffatta limitazione nel tempo della giurisprudenza nazionale elaborata dalla sentenza del 9 maggio 2013 era contraria all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13. Pertanto, a partire dalla sentenza del 24 febbraio 2017 (n. 123/2017), il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha modificato la propria giurisprudenza tenendo conto della sentenza Gutiérrez Naranjo. Tuttavia, quando la Corte di giustizia ha pronunciato tale sentenza, i giudici spagnoli erano investiti di numerose cause riguardanti la nullità delle clausole di tasso minimo e, in cause come quella di cui trattasi, la domanda di rimborso delle somme pagate in eccesso presentata dai consumatori, in via principale o subordinata, era stata limitata ai pagamenti effettuati dopo il 9 maggio 2013 a causa dell’esistenza della giurisprudenza nazionale, e i consumatori non hanno impugnato le sentenze che, in ragione di tale giurisprudenza, imponevano al rimborso una limitazione nel tempo.

20.

Il giudice del rinvio evidenzia che il processo civile spagnolo si fonda sul principio dispositivo nonché sui principi della preclusione degli atti procedurali, del divieto di mutatio libelli o di mutamento della domanda, della congruenza e, nell’ambito delle impugnazioni, sul principio di divieto della reformatio in peius. Come riconosciuto dalla giurisprudenza del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna), alcuni di tali principi, come il divieto della reformatio in peius, sono ancorati al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva riconosciuto dall’articolo 24 della Costituzione spagnola la cui norma equivalente si rinviene nell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Secondo il giudice del rinvio, è evidente che tali principi hanno indotto l’Audiencia Provincial (Corte provinciale) in questa causa a non disporre il rimborso integrale delle somme in ragione dell’applicazione della clausola di tasso minimo, poiché L non ha impugnato la sentenza di primo grado che ha disposto il rimborso delle sole somme pagate dopo il 9 maggio 2013.

21.

Il giudice del rinvio rileva che, in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia, il principio secondo cui le clausole abusive non vincolano i consumatori, quale enunciato all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, è incompatibile con la fissazione di limiti temporali per la restituzione integrale delle somme indebitamente pagate dal consumatore in ragione dell’applicazione di una clausola abusiva, ma tale principio non è assoluto e presenta limiti connessi al principio di buona amministrazione della giustizia, tra cui l’autorità di cosa giudicata o termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza. A tal proposito, il giudice del rinvio osserva che, nell’ordinamento giuridico spagnolo, la norma secondo cui il ricorso in appello consente di impugnare separatamente i diversi capi della sentenza e, se un capo non viene impugnato da nessuna delle parti, il giudice d’appello non può disapplicarlo o riformarlo, presenta una certa somiglianza con il principio di autorità di cosa giudicata. Il giudice del rinvio dubita quindi della compatibilità con l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dei principi procedurali del dispositivo, di congruenza e del divieto della reformatio in peius, previsti dal diritto nazionale, e si chiede in particolare se, successivamente alla pronuncia della sentenza Gutiérrez Naranjo da parte della Corte di giustizia, un giudice nazionale investito di un ricorso proposto esclusivamente dalla banca, e non dal consumatore, debba disporre il rimborso integrale delle somme ricevute in forza della clausola abusiva, anche se ciò peggiora la situazione della banca, in contrasto con il divieto di reformatio in peius.

22.

Date tali circostanze, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento principale e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE osti all’applicazione dei principi procedurali del dispositivo, di congruenza e del divieto della reformatio in peius, che impediscono al giudice adito con un ricorso proposto dalla banca avverso una sentenza che ha limitato nel tempo la restituzione delle somme indebitamente pagate dal consumatore in ragione di una «clausola di tasso minimo» dichiarata nulla, di ordinare il rimborso integrale di tali somme e quindi di peggiorare la posizione del ricorrente, per il motivo che tale limitazione non è stata impugnata dal consumatore».

23.

Osservazioni scritte sono state presentate alla Corte da L, dall’Unicaja Banco, dai governi ceco, spagnolo, italiano e norvegese nonché dalla Commissione.

24.

Il 26 aprile 2021 si è tenuta un’udienza congiunta con la causa C‑600/19, durante la quale L, l’Unicaja Banco, i governi spagnolo, italiano e norvegese nonché la Commissione hanno presentato osservazioni orali.

IV. Sintesi delle osservazioni delle parti

25.

L sostiene che, sulla base della sentenza Gutiérrez Naranjo, il giudice nazionale deve disporre d’ufficio gli effetti restitutori della nullità della clausola di tasso minimo, tenuto conto del dovere di protezione del consumatore previsto dalla direttiva 93/13. Come sostenuto da L all’udienza, essa non ha contestato la sentenza di primo grado a causa della giurisprudenza nazionale, e farlo l’avrebbe esposta alla condanna alle spese. L ha chiesto il rimborso completo fin dall’inizio, quindi l’oggetto dell’azione non è stato esteso né, per quanto riguarda la limitazione nel tempo, è stata emessa alcuna decisione definitiva, di modo che non vi è autorità di cosa giudicata. La posizione di L non contrasta neppure con il divieto di reformatio in peius, poiché la sentenza Gutiérrez Naranjo deve essere rispettata; in caso contrario, L non potrebbe essere rimborsata e la banca tratterrebbe le somme in forza della clausola abusiva.

26.

L’Unicaja Banco sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non impone al giudice nazionale investito di un ricorso di trarre d’ufficio le conseguenze derivanti da una clausola abusiva, qualora tale ricorso lo induca a disapplicare la norma che vieta la reformatio in peius. Nulla impediva a L di proporre appello o appello incidentale contro la sentenza di primo grado, e L non solo aveva il beneficio della rappresentanza legale, ma era anche a conoscenza dell’imminente sentenza Gutiérrez Naranjo. La norma che vieta la reformatio in peius fa parte del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’articolo 24 della Costituzione spagnola e, sulla base della sentenza del 25 novembre 2008, Heemskerk e Schaap ( 6 ), la direttiva 93/13 non impone di disattendere tale norma. Come sostenuto dall’Unicaja Banco all’udienza, i principi di equivalenza e di effettività sono rispettati, in quanto la giurisprudenza nazionale citata dalla Commissione non è applicabile e l’evoluzione della giurisprudenza non può comportare il riesame di decisioni aventi autorità di cosa giudicata.

27.

Il governo ceco sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione, i quali, applicati alle impugnazioni, presentano parimenti un nesso con l’autorità di cosa giudicata. Secondo la giurisprudenza della Corte, tali principi non possono essere disattesi nemmeno nell’interesse della protezione del consumatore e la sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner ( 7 ), è applicabile al caso di specie.

28.

Il governo spagnolo sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, non osta a che il giudice nazionale applichi i principi procedurali nazionali in questione, i quali impediscono di dare piena efficacia alla nullità di una clausola abusiva conformemente alla sentenza Gutiérrez Naranjo, pronunciata dopo il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Garantire protezione a un consumatore che si è astenuto dal ricorrere tempestivamente ai mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale violerebbe tali principi, e il divieto di reformatio in peius trova un fondamento nel diritto a una tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 47 della Carta. Il principio di effettività è rispettato, in quanto il diritto nazionale consente alle parti in primo grado di far valere i propri diritti e al giudice di effettuare un controllo d’ufficio delle clausole abusive, con possibilità di appello. Come detto governo ha sostenuto all’udienza, la presente causa riguarda l’autorità di cosa giudicata e, non esistendo alcun valido confronto con la giurisprudenza nazionale citata dalla Commissione, non vi è alcuna violazione del principio di equivalenza.

29.

Il governo italiano sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione. Secondo la giurisprudenza della Corte, la mancata impugnazione della motivazione sfavorevole della sentenza di primo grado comporta l’autorità di cosa giudicata, il che impedisce che l’errata interpretazione del diritto dell’Unione contenuta in tale sentenza possa essere eccepita d’ufficio dal giudice in appello. Ciò non pregiudicherebbe il principio di effettività, poiché il consumatore è libero di presentare un ricorso, e il successivo mutamento giurisprudenziale dei giudici nazionali o dell’Unione non può giustificare l’annullamento del principio dell’autorità di cosa giudicata. Come detto governo ha sottolineato all’udienza, l’articolo 6 della direttiva 93/13 deve essere invocato entro i limiti stabiliti dai sistemi nazionali, il che presuppone il rispetto delle norme procedurali nazionali, come l’autorità di cosa giudicata.

30.

Il governo norvegese sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione nei procedimenti d’impugnazione, anche qualora la sentenza impugnata contenga pronunce contrarie alla direttiva 93/13, a condizione che i termini di preclusione degli atti procedurali del consumatore siano conformi al principio di effettività. Tali principi tutelano interessi superiori comuni agli Stati membri dell’Unione e dell’Associazione europea di libero scambio e non possono essere disattesi estendendo il principio di effettività. Come detto governo ha sottolineato all’udienza, qualora i giudici nazionali interpretino erroneamente il diritto dell’Unione e dello Spazio economico europeo, esistono altri mezzi di ricorso, quali le azioni per responsabilità dello Stato e le norme nazionali che consentono il riesame delle decisioni definitive.

31.

La Commissione sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 osta all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione, dal momento che i principi di equivalenza e di effettività non sono rispettati. A suo avviso, la presente causa non riguarda l’autorità di cosa giudicata, poiché il procedimento è ancora in corso. Per quanto riguarda il principio di equivalenza, la Commissione afferma che esiste una giurisprudenza costante della Corte costituzionale ( 8 ) e del Tribunal Supremo (Corte suprema) ( 9 ) che riconosce che l’applicazione d’ufficio di norme di ordine pubblico costituisce un’eccezione ai principi in questione; atteso che l’articolo 6 della direttiva 93/13 è riconosciuto come norma di ordine pubblico, il giudice nazionale avrebbe dovuto dare piena efficacia alla suddetta disposizione d’ufficio, senza essere limitato da tali principi. Per quanto riguarda il principio di effettività, essa sostiene che la rigorosa applicazione dei principi in questione rende impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13, in quanto la giurisprudenza nazionale ha dissuaso L dal presentare un ricorso in tempo utile e tale contesto giuridico, congiuntamente a detti principi, ha privato L dell’unico rimedio per far valere i suoi diritti ai sensi di tale direttiva. Come sostenuto dalla Commissione all’udienza, la presente causa rappresenta una situazione eccezionale, e sebbene il giudice nazionale debba trarre tutte le conseguenze derivanti dalla clausola abusiva, non vi è alcuna lesione dei diritti della difesa, poiché prima di esercitare tale obbligo, il giudice sentirà le parti e, quindi, il diritto a un ricorso effettivo è garantito durante tutto il procedimento.

V. Analisi

32.

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 osti all’applicazione di taluni principi del diritto procedurale nazionale – tra cui i principi del dispositivo, di congruenza e del divieto della reformatio in peius di cui agli articoli 216, 218, paragrafo 1, e 465, paragrafo 5, del codice di procedura civile – che impediscono a un giudice nazionale, investito di un ricorso di impugnazione avverso una sentenza che ha limitato nel tempo la restituzione delle somme pagate in eccesso da un consumatore in ragione di una clausola abusiva, di ordinare d’ufficio il rimborso integrale di tali somme in conformità alla sentenza Gutiérrez Naranjo per il motivo che tale limitazione non è stata contestata dal consumatore.

33.

Come risulta dalla decisione di rinvio, tale questione nasce dall’interazione tra l’obbligo – previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 – incombente al giudice nazionale, compreso il giudice che si pronuncia in sede di impugnazione, di esaminare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole contrattuali e di trarre tutte le conseguenze dall’accertamento del carattere abusivo di una clausola, da un lato, e l’applicazione di diversi principi di diritto procedurale nazionale che disciplinano i procedimenti avviati sulla base della suddetta direttiva, dall’altro. In senso lato, il principio dispositivo implica che spetta alle parti avviare o chiudere il procedimento e definirne l’oggetto ( 10 ). Tale principio si ricollega a quello di congruenza, in quanto il giudice è tenuto a garantire la coerenza delle decisioni con le istanze presentate dalle parti ( 11 ). Inoltre, secondo il principio del divieto della reformatio in peius, una parte che propone un’azione dinanzi ad un giudice di grado superiore, come un ricorso, non può essere messa in una posizione peggiore di quella in cui si sarebbe trovata se non avesse proposto tale azione ( 12 ).

34.

Al fine di rispondere alla questione sollevata nella presente causa, svolgerò anzitutto un’osservazione preliminare sull’eventuale pertinenza dell’articolo 47 della Carta in questo contesto (sezione A). Esaminerò poi la giurisprudenza della Corte relativa al controllo d’ufficio del giudice nazionale sulle clausole abusive ai sensi della direttiva 93/13, ivi compresa la sentenza Gutiérrez Naranjo (sezione B), e l’applicazione dei principi elaborati in detta giurisprudenza alle circostanze del caso di specie (sezione C).

35.

Sulla base di questa analisi, sono giunto alla conclusione che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letto alla luce del principio di effettività, osta all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione nelle circostanze del caso di specie.

A.   Osservazione preliminare

36.

Dalla decisione di rinvio, nonché dalle osservazioni dell’Unicaja Banco e del governo spagnolo, risulta che la questione sollevata nella presente causa verte sulla compatibilità con l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 di taluni principi procedurali nazionali che trovano fondamento nel diritto a una tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 24 della Costituzione spagnola, il quale trova una norma analoga nell’articolo 47 della Carta. Il governo spagnolo suggerisce altresì di prendere in considerazione l’articolo 47 della Carta ai fini della risposta a detta questione.

37.

Secondo una giurisprudenza consolidata, l’articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, sancisce, a favore di ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati, il ricorso effettivo dinanzi a un giudice ( 13 ). L’applicabilità dell’articolo 47 della Carta nel caso di specie è pacifica, atteso che la normativa nazionale in questione rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, pertanto, costituisce attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della stessa ( 14 ).

38.

Come ho precisato ai paragrafi 59 e 60 delle conclusioni parallele da me presentate nelle cause C‑693/19 e C‑831/19, nella giurisprudenza della Corte sulla direttiva 93/13 esiste un rapporto particolare tra l’articolo 47 della Carta e il principio di effettività, il quale comporta altresì un obbligo in capo agli Stati membri di garantire la tutela giurisdizionale dei diritti fondati sul diritto dell’Unione (v. paragrafo 45 delle presenti conclusioni) ( 15 ). A questo proposito, la Corte ha affermato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli derivanti dalla direttiva 93/13, implica un requisito di tutela giurisdizionale effettiva, sancita parimenti dall’articolo 47 della Carta, che vale, tra l’altro, per le norme procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su siffatti diritti ( 16 ).

39.

Inoltre, come illustrato sinora dalla giurisprudenza della Corte sulla direttiva 93/13, l’articolo 47 della Carta sembra svolgere, in larga misura, un ruolo di sostegno o di complemento rispetto al principio di effettività nell’ambito della valutazione della compatibilità delle norme procedurali nazionali con i requisiti di detta direttiva. Ad esempio, l’articolo 47 della Carta interviene in tale contesto per quanto riguarda le questioni relative all’accesso a un ricorso effettivo affinché le parti possano esercitare i loro diritti fondati sulla direttiva 93/13 ( 17 ), nonché le questioni relative a un processo equo, quali il rispetto dei principi di parità delle armi e del contraddittorio nell’ambito di un procedimento giudiziario in cui sono in discussione la legittimità delle clausole alla luce di tale direttiva ( 18 ).

40.

Nel caso di specie, è pacifico che le parti abbiano avuto accesso a mezzi di ricorso effettivi per far valere i propri diritti in relazione alla direttiva 93/13. Né, come indicato dalla Commissione, l’obbligo del giudice nazionale di trarre tutte le conseguenze derivanti dalla clausola abusiva ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva sembra comportare una lesione dei diritti della difesa nelle circostanze del caso di specie. Inoltre, occorre rilevare che, nella sentenza Gutiérrez Naranjo, la Corte ha basato il suo ragionamento sull’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e non ha ritenuto necessario esaminare l’articolo 47 della Carta in tale contesto ( 19 ). Pertanto, atteso che non è stato addotto dinanzi alla Corte alcun argomento autonomo relativo all’articolo 47 della Carta e che le questioni sollevate nella presente causa fino a oggi non sono state risolte mediante applicazione dell’articolo 47 della Carta, non mi sembra vi sia motivo di farlo in questa sede.

B.   Giurisprudenza pertinente della Corte sul controllo d’ufficio delle clausole abusive da parte dei giudici nazionali

41.

Occorre ricordare che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prescrive che gli Stati membri prevedano che le clausole abusive non vincolano il consumatore ( 20 ). Inoltre, l’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della stessa, impone agli Stati membri di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 21 ). Sebbene tali disposizioni abbiano dato luogo a una copiosa giurisprudenza, illustrerò i principi applicabili estratti da detta giurisprudenza in materia di esistenza e portata dell’obbligo del giudice nazionale di controllare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole contrattuali, che, assieme alla sentenza Gutiérrez Naranjo, sono maggiormente pertinenti ai fini della mia analisi della presente causa.

1. Sussistenza del dovere di controllo d’ufficio del giudice nazionale

42.

Secondo giurisprudenza costante, il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse ( 22 ). Per garantire la tutela voluta dalla direttiva 93/13, la situazione di squilibrio tra il consumatore e il professionista può essere corretta solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale ( 23 ). Pertanto, alla luce della natura e dell’importanza dell’interesse pubblico che soggiace alla tutela conferita dalla direttiva 93/13 ai consumatori, il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, il carattere abusivo di una clausola contrattuale e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista ( 24 ).

2. Portata del dovere di controllo d’ufficio del giudice nazionale

43.

Quanto all’adempimento di tali obblighi da parte di un giudice nazionale che si pronunci in sede di appello, è altrettanto pacifico che, in assenza di disposizioni nel diritto dell’Unione, le norme procedurali che disciplinano i procedimenti d’appello volte a garantire la tutela dei diritti spettanti ai soggetti in forza del diritto dell’Unione rientrano nell’ordinamento giuridico degli Stati membri, purché tali norme non siano meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) ( 25 ).

44.

Per quanto riguarda il principio di equivalenza, spetta al giudice nazionale, che possiede una conoscenza diretta e dettagliata delle norme procedurali dei ricorsi nel suo ordinamento interno, verificare il rispetto del principio di equivalenza, tenendo conto dell’oggetto dei ricorsi, della loro causa e dei loro elementi essenziali ( 26 ). A questo proposito, la Corte ha stabilito che l’articolo 6 della direttiva 93/13 costituisce una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico ( 27 ). Ne consegue che, quando un giudice nazionale che si pronuncia in sede di appello dispone della facoltà o dell’obbligo di valutare d’ufficio la validità di un atto giuridico rispetto alle norme nazionali di ordine pubblico, sebbene tale contrarietà non sia stata sollevata in primo grado, esso deve ugualmente esercitare siffatta competenza al fine di valutare d’ufficio e alla luce della direttiva 93/13, il carattere abusivo di una clausola ( 28 ).

45.

Per quanto riguarda il principio di effettività, la Corte ha dichiarato che ogni caso in cui sorge la questione se una norma di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’ambito del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità, nonché, se del caso, dei principi sottesi al sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento ( 29 ). In tale contesto, la Corte ha ritenuto che l’esigenza di conformarsi a detto principio non possa essere estesa al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore ( 30 ).

46.

Inoltre, la Corte ha riconosciuto che la tutela del consumatore non riveste un carattere assoluto e che il diritto dell’Unione non obbliga un giudice nazionale a disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono, in particolare, autorità di cosa giudicata a una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una violazione di una disposizione, di qualunque natura essa sia, contenuta nella direttiva 93/13 ( 31 ). La Corte ha infatti sottolineato l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali e che, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non possano più essere rimesse in discussione ( 32 ).

47.

Ad esempio, nella sentenza del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones ( 33 ), la Corte ha ritenuto, in particolare, che una normativa nazionale che imponeva un termine di due mesi, scaduto il quale, in assenza di ricorso d’annullamento, un lodo arbitrale era divenuto definitivo e aveva quindi acquisito autorità di cosa giudicata, risultavano conformi al principio di effettività, osservando che tale principio non può essere esteso al punto da supplire integralmente alla completa passività di un consumatore che non abbia proposto alcuna azione per far valere i propri diritti.

48.

Per contro, nella sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC ( 34 ), la Corte ha stabilito che una normativa nazionale che prevedeva il principio dell’autorità di cosa giudicata nell’ambito del procedimento d’ingiunzione di pagamento era contraria al principio di effettività, atteso che la decisione dell’autorità che definiva il procedimento d’ingiunzione acquisiva autorità di cosa giudicata, cosa che rendeva impossibile verificare il carattere abusivo delle clausole contrattuali in fase di esecuzione semplicemente perché il consumatore non aveva presentato opposizione entro il termine previsto, e che vi era il rischio non trascurabile che non avrebbe proceduto in tal senso.

3. La sentenza Gutiérrez Naranjo

49.

Infine, per quanto riguarda le conseguenze derivanti dall’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale, la Corte ha dichiarato che, a termini dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, spetta al giudice nazionale escludere l’applicazione della clausola abusiva affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga ( 35 ). Il giudice nazionale deve trarre tutte le conseguenze che, secondo il diritto nazionale, derivano dall’accertamento del carattere abusivo della clausola, allo scopo di raggiungere l’obiettivo stabilito da tale disposizione ( 36 ).

50.

A questo proposito, occorre precisare che, nella sentenza Gutiérrez Naranjo ( 37 ), la Corte ha stabilito che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 osta a una giurisprudenza nazionale, quale quella stabilita dalla sentenza del 9 maggio 2013, che limiti nel tempo gli effetti restitutori dell’annullamento di una clausola abusiva alle sole somme indebitamente versate in applicazione di una siffatta clausola successivamente alla pronuncia della decisione che ha accertato giudizialmente tale carattere abusivo. In particolare, la Corte ha dichiarato che una clausola abusiva deve essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché non può sortire effetti nei confronti del consumatore. Pertanto, l’accertamento giudiziale del carattere abusivo di una clausola deve produrre in linea di massima la conseguenza di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola. Di conseguenza, l’obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare una clausola abusiva che prescriva il pagamento di somme che si rivelino indebite implica, in linea di principio, un corrispondente effetto restitutorio per quanto riguarda tali somme. La Corte ha sottolineato che il diritto nazionale non deve pregiudicare la sostanza del diritto, spettante ai consumatori in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [93]/13, a non essere vincolato da una clausola abusiva.

51.

Di conseguenza, dalla giurisprudenza che precede risulta che gli Stati membri, in forza della direttiva 93/13, non sono tenuti ad adottare un modello particolare di sistema procedurale per il controllo d’ufficio delle clausole abusive da parte dei giudici nazionali, purché essi rispettino gli obblighi loro derivanti dal diritto dell’Unione, compresi i principi di equivalenza e di effettività. Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte, se la tutela del consumatore non riveste un carattere assoluto, ciò vale parimenti per i principi procedurali nazionali che disciplinano i procedimenti aventi ad oggetto la valutazione delle clausole abusive ai sensi di tale direttiva. Come illustrato dalle sentenze menzionate ai paragrafi 47, 48 e 50 delle presenti conclusioni, la Corte adotta un approccio equilibrato per quanto riguarda l’interazione tra le norme procedurali nazionali e i requisiti della direttiva 93/13, garantendo al contempo che tali norme non pregiudichino il sistema di tutela dei consumatori istituito dalla suddetta direttiva.

52.

È alla luce di tali principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte che occorre esaminare le circostanze del caso di specie.

C.   Applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte alle circostanze del caso di specie

53.

In via preliminare, occorre rilevare che, mentre i governi ceco, spagnolo, italiano e norvegese ritengono che nella presente causa sia in discussione il principio dell’autorità di cosa giudicata, L e la Commissione dissentono. Dalla decisione di rinvio risulta che, sebbene il principio dell’autorità di cosa giudicata non sia menzionato nella questione pregiudiziale, il giudice del rinvio sembra tuttavia occuparsi delle norme procedurali nazionali analoghe all’autorità di cosa giudicata (v. paragrafo 21 delle presenti conclusioni). Secondo una giurisprudenza costante, l’interpretazione e l’applicazione del diritto nazionale rientrano nella competenza esclusiva del giudice nazionale ( 38 ). Di conseguenza, sebbene la mia analisi si concentri sui principi procedurali nazionali messi in discussione dalla questione, vale a dire i principi procedurali del dispositivo, di congruenza e il divieto della reformatio in peius, non vedo perché essa non possa essere applicata per quanto riguarda le norme procedurali nazionali sull’autorità di cosa giudicata nei limiti in cui il giudice del rinvio le ritenga applicabili nelle circostanze del caso di specie.

54.

Per quanto riguarda il principio di equivalenza, la Commissione sostiene che esiste una giurisprudenza costante della Corte costituzionale e del Tribunal Supremo (Corte suprema) che riconosce che l’applicazione d’ufficio di norme di ordine pubblico costituisce un’eccezione ai principi procedurali nazionali in questione, mentre l’Unicaja Banco e il governo spagnolo sono di diverso avviso (v. paragrafi 26, 28 e 31 delle presenti conclusioni). Alla luce della giurisprudenza della Corte richiamata al paragrafo 44 delle presenti conclusioni e del fatto che l’articolo 6 della direttiva 93/13 costituisce una disposizione equivalente a norme nazionali di ordine pubblico, ne consegue che, se nel diritto nazionale tali norme sono considerate un’eccezione all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione, il giudice nazionale investito dell’impugnazione deve dare d’ufficio piena efficacia all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 senza essere limitato da tali principi ( 39 ). Spetta quindi al giudice del rinvio verificare se la suddetta giurisprudenza nazionale sia applicabile al procedimento principale e, nel caso lo sia, mi sembra che l’applicazione di tali principi procedurali nazionali, che precludono il diritto di L di invocare la giurisprudenza della Corte relativa ai diritti ad essa conferiti dalla direttiva 93/13, costituisca una violazione del principio di equivalenza.

55.

Per quanto riguarda il principio di effettività, vi sono, a mio avviso, forti elementi, desumibili dalla giurisprudenza della Corte, a sostegno della tesi secondo cui l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letto alla luce di tale principio, osterebbe all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione nelle circostanze del caso di specie.

56.

È vero che L non ha proposto appello o appello incidentale contro la pronuncia nella sentenza di primo grado che imponeva una limitazione nel tempo degli effetti restitutori degli importi percepiti in ragione della clausola abusiva e che, alla luce della giurisprudenza della Corte menzionata al paragrafo 45 delle presenti conclusioni, la completa passività del consumatore può limitare il principio di effettività. Tuttavia, occorre precisare che, nelle circostanze del caso di specie, l’inazione al momento opportuno da parte di un consumatore, quale L, può essere attribuita al fatto che, quando la Corte ha pronunciato la sentenza Gutiérrez Naranjo – che ha chiarito la contrarietà della giurisprudenza nazionale stabilita dalla sentenza del 9 maggio 2013 all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 – il termine per proporre appello o appello incidentale secondo il diritto nazionale era già scaduto.

57.

A mio avviso, in una situazione del genere, è difficile biasimare un consumatore, quale L, per non aver proposto in tempo utile un appello o un appello incidentale per contestare la giurisprudenza nazionale stabilita dalla sentenza del 9 maggio 2013 che non gli avrebbe consentito di vincere la causa. Il fatto che, come indicato dall’Unicaja Banco e dal governo spagnolo, il diritto nazionale preveda la possibilità di adeguare la liquidazione delle spese a carico della parte interessata non mi convince del contrario, tenuto conto dell’esistenza di tale giurisprudenza nazionale. Allo stesso modo, contrariamente a quanto sostiene l’Unicaja Banco, il fatto che L abbia beneficiato della rappresentanza legale e fosse apparentemente a conoscenza della pendenza della sentenza Gutiérrez Naranjo non inficia questa analisi. Come ha stabilito la Corte, il fatto che un consumatore sia assistito da un avvocato non incide sull’obbligo che incombe al giudice nazionale in materia di valutazione delle clausole abusive ai sensi della direttiva 93/13 ( 40 ). Inoltre, si noti che le conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi in tale causa, il 13 luglio 2016 ( 41 ), presentavano un parere diverso da quello della Corte e, pertanto, potrebbero aver corroborato l’asserita compatibilità di tale giurisprudenza nazionale con la direttiva 93/13 prima della pronuncia della sentenza Gutiérrez Naranjo.

58.

Pertanto, date siffatte circostanze, si deve ritenere che, come indicato dalla Commissione, l’esistenza della giurisprudenza nazionale stabilita dalla sentenza del 9 maggio 2013, congiuntamente all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione, abbia comportato che L sia stata privata dei mezzi procedurali per far valere i propri diritti derivanti dalla direttiva 93/13. Inoltre, come indicato da L, la constatazione che tali principi procedurali nazionali impediscono a un giudice nazionale investito di un’impugnazione di ordinare d’ufficio la restituzione di tutte le somme indebitamente versate dal consumatore in forza di una clausola abusiva conformemente alla sentenza Gutiérrez Naranjo significherebbe che un consumatore nella posizione di L non avrebbe alcuna possibilità di essere rimborsato integralmente e che la banca tratterrebbe gli importi pagati indebitamente sulla base della clausola abusiva. A questo proposito, come la Corte ha sottolineato nella suddetta sentenza, le normative nazionali non devono essere applicate in modo tale da pregiudicare la sostanza del diritto riconosciuto ai consumatori dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 di non essere vincolati da una clausola abusiva (v. paragrafo 50 delle presenti conclusioni).

59.

Occorre altresì sottolineare che le circostanze del caso di specie sono, a mio avviso, diverse da quelle che hanno dato luogo alla sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner ( 42 ). In detta sentenza, la Corte ha in sostanza affermato, in linea con le conclusioni da me presentate in tale causa, che il controllo d’ufficio delle clausole abusive ai sensi della direttiva 93/13 non impone al giudice nazionale di disattendere, in particolare, il principio dispositivo al fine di coprire tutte le clausole del contratto, anche quelle che non sono oggetto della controversia. Per contro, nel caso di specie, L ha presentato sin dall’inizio una domanda di rimborso integrale delle somme indebitamente versate in forza della clausola abusiva e, quindi, tale domanda continua a far parte dell’oggetto del ricorso (v. paragrafi 13 e 25 delle presenti conclusioni).

60.

Inoltre, mi sembra che neanche l’approccio della Corte nella sentenza del 25 novembre 2008, Heemskerk e Schaap ( 43 ), sia applicabile al caso di specie. La sentenza verteva sull’interpretazione di talune misure dell’Unione generalmente connesse a restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli. Di conseguenza, la sentenza della Corte secondo cui il diritto dell’Unione non obbliga un giudice nazionale ad applicare d’ufficio una normativa dell’Unione quando ciò avrebbe come conseguenza una deroga al principio procedurale nazionale del divieto della reformatio in peius, può essere distinto dal contesto specifico di garantire una tutela effettiva dei consumatori ai sensi della direttiva 93/13 ( 44 ), come nel caso di specie.

61.

Si deve perciò ritenere che i principi procedurali nazionali in questione siano contrari al principio di effettività, in quanto rendono impossibile o eccessivamente difficile garantire la protezione conferita ai consumatori dalla direttiva 93/13.

62.

Concludo pertanto che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letto alla luce del principio di effettività, osta all’applicazione dei principi procedurali nazionali in questione nelle circostanze del caso di specie.

VI. Conclusione

63.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione sollevata dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) nei seguenti termini:

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato, alla luce del principio di effettività, nel senso che osta all’applicazione dei principi procedurali nazionali del dispositivo, di congruenza e del divieto della reformatio in peius, che impediscono al giudice nazionale adito con un ricorso proposto da una banca avverso una sentenza che ha limitato nel tempo la restituzione delle somme indebitamente pagate dal consumatore in ragione di una clausola di tasso minimo dichiarata nulla, di ordinare il rimborso integrale di tali somme.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 1993, L 95, pag. 29.

( 3 ) C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980 (in prosieguo: la «sentenza Gutiérrez Naranjo»). V. infra paragrafo 50 delle presenti conclusioni.

( 4 ) Euribor sta per Euro Interbank Offered rate. I tassi Euribor sono basati sui tassi d’interesse medi ai quali le banche prendono in prestito tra loro fondi in euro.

( 5 ) C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980.

( 6 ) Causa C‑455/06, EU:C:2008:650.

( 7 ) Causa C‑511/17, EU:C:2020:188.

( 8 ) La Commissione richiama la sentenza del 10 marzo 2008 (n. 41/2008), e la giurisprudenza ivi citata.

( 9 ) La Commissione richiama la sentenza del 20 giugno 2008 (n. 3257/2008) e la sentenza del 16 settembre 2009 (n. 5696/2009).

( 10 ) V., al riguardo, conclusioni da me presentate nella causa Lintner (C‑511/17, EU:C:2019:1141, paragrafo 43).

( 11 ) V, al riguardo, Muñoz-Perea Piñar, D., «Ámbito del principio de congruencia a la luz de la jurisprudencia de la Sala Primera del Tribunal Supremo», Noticias Jurídicas, 2020.

( 12 ) V., al riguardo, conclusioni presentate dall’avvocato generale Trstenjak nella causa Les Éditions Albert René/UAMI (C‑16/06 P, EU:C:2007:728, paragrafi 3536).

( 13 ) V. sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 40).

( 14 ) V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 47); v. altresì conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar nella causa Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2015:746, paragrafi 8384).

( 15 ) V., in tal senso, conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar nella causa Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2015:746, paragrafi da 85 a 97). V. inoltre, per esempio, van Duin, A., «Metamorphosis? The Role of Article 47 of the EU Charter of Fundamental Rights in Cases Concerning National Remedies and Procedures under Directive 93/13/EEC», Journal of European Consumer and Market Law, vol. 6, 2017, pagg. da 190 a 198.

( 16 ) V. sentenza del 10 giugno 2021, VB e a. (da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 29).

( 17 ) V., tra l’altro, sentenze del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, in particolare punto 59); del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, in particolare punti 45, 4766); e del 21 dicembre 2016, Biuro podróży Partner (C‑119/15, EU:C:2016:987, punti da 23 a 47); cfr. sentenza del 27 febbraio 2014, Pohotovosť (C‑470/12, EU:C:2014:101, punti da 36 a 57).

( 18 ) V, tra l’altro, sentenze del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punti da 29 a 36); del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punti da 21 a 51); e del 29 aprile 2021, Rzecznik Praw Obywatelskich (C‑19/20, EU:C:2021:341, punti da 91 a 99); cfr. ordinanza del 16 luglio 2015, Sánchez Morcillo e Abril García (C‑539/14, EU:C:2015:508, punti da 23 a 50).

( 19 ) V. sentenza del 21 dicembre 2016 (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti 42, 7576).

( 20 ) V. sentenza del 27 gennaio 2021, Dexia Nederland (C‑229/19 e C‑289/19, EU:C:2021:68, punto 57). V. altresì ventunesimo considerando della direttiva 93/13.

( 21 ) V. sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Societé Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 52).

( 22 ) V. sentenze del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 25), nonché del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 49).

( 23 ) V. sentenze del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing (C‑137/08, EU:C:2010:659, punto 48), e dell’11 marzo 2020, Lintner (C‑511/17, EU:C:2020:188, punto 25).

( 24 ) V. sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 32), e del 4 giugno 2020, Kancelaria Medius (C‑495/19, EU:C:2020:431, punto 37).

( 25 ) V. sentenza del 30 maggio 2013, Jőrös (C‑397/11, EU:C:2013:340, punto 29).

( 26 ) V. sentenza del 20 settembre 2018, Danko e Danková (C‑448/17, EU:C:2018:745, punto 40).

( 27 ) V. sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 35).

( 28 ) V. sentenza del 30 maggio 2013, Jőrös (C‑397/11, EU:C:2013:340, punto 30).

( 29 ) V. sentenza del 22 aprile 2021, PROFI CREDIT Slovakia (C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 53).

( 30 ) V. sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 62).

( 31 ) V. sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 68).

( 32 ) V. sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 46).

( 33 ) C‑40/08, EU:C:2009:615, punti da 34 a 48.

( 34 ) C‑49/14, EU:C:2016:98, punti da 45 a 55.

( 35 ) V. sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 58).

( 36 ) V. sentenza del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 43).

( 37 ) V. sentenza del 21 dicembre 2016 (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti da 61 a 75). Per una discussione approfondita, v., ad esempio, Leskinen, C., e de Elizalde, F., «The control of terms that define the essential obligations of the parties under the Unfair Contract Terms Directive: Gutiérrez Naranjo», Common Market Law Review, vol. 55, 2018, pagg. da 1595 a 1618.

( 38 ) V. sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Societé Générale (C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 46).

( 39 ) Vale la pena notare che la Corte ha riconosciuto che il dovere di procedere all’esame d’ufficio della natura abusiva di talune clausole contrattuali ai sensi della direttiva 93/13 costituisce una norma procedurale gravante sugli organi giurisdizionali nazionali. V. sentenza del 7 novembre 2019, Profi Credit Polska (C‑419/18 e C‑483/18, EU:C:2019:930, punto 74). Pertanto, il fatto che, come indicato dall’Unicaja Banco e dal governo spagnolo, tale giurisprudenza nazionale riguardi norme di ordine pubblico di carattere procedurale non può di per sé escluderne l’applicazione nel caso di specie.

( 40 ) V., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 2020, Lintner (C‑511/17, EU:C:2020:188, punto 40), nonché conclusioni da me presentate nella causa Lintner (C‑511/17, EU:C:2019:1141, paragrafi da 65 a 69).

( 41 ) V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Mengozzi nella causa Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:552, in particolare i paragrafi da 38 a 76).

( 42 ) C‑511/17, EU:C:2020:188, punti da 28 a 34. V., altresì, conclusioni da me presentate nella causa Lintner (C‑511/17, EU:C:2019:1141, paragrafi da 49 a 53).

( 43 ) C‑455/06, EU:C:2008:650, punti da 44 a 48. Cfr. sentenza del 13 febbraio 2014, Maks Pen (C‑18/13, EU:C:2014:69, punto 37).

( 44 ) V., in proposito, sentenza del 7 giugno 2007, van der Weerd e a,. (da C‑222/05 a C‑225/05, EU:C:2007:318, punti 3940).

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