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Document 62019CC0650

    Conclusioni dell’avvocato generale G. Hogan, presentate il 15 aprile 2021.
    Vialto Consulting Kft. contro Commissione europea.
    Impugnazione – Ricorso per risarcimento danni – Responsabilità extracontrattuale – Strumento di assistenza preadesione – Gestione decentrata – Indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Controlli in loco – Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 – Articolo 7 – Accesso ai dati informatici – Operazione di informatica forense – Principio della tutela del legittimo affidamento – Diritto di essere ascoltato – Danno morale.
    Causa C-650/19 P.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section ;

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:297

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    GERARD HOGAN

    presentate il 15 aprile 2021 ( 1 )

    Causa C‑650/19 P

    Vialto Consulting Kft.

    contro

    Commissione europea

    «Impugnazione – Ricorso per risarcimento danni – Responsabilità extracontrattuale – Strumento di assistenza preadesione – Gestione decentrata – Indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Controlli sul posto – Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 – Articolo 7 – Accesso ai dati informatici – Operazione di informatica forense – Legittimo affidamento – Diritto di essere ascoltato – Danno morale»

    I. Introduzione

    1.

    Con la sua impugnazione, la Vialto Consulting Kft. (in prosieguo: la «Vialto» o la «ricorrente») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 26 giugno 2019, Vialto Consulting/Commissione (T‑617/17, non pubblicata, EU:T:2019:446; in prosieguo: la «sentenza impugnata»). Con tale sentenza, il Tribunale ha respinto il ricorso della Vialto diretto a ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa della presunta condotta illecita della Commissione europea e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) per quanto riguarda la sua esclusione dal contratto di prestazione di servizi recante il riferimento TR2010/0311.01-02/001.

    2.

    La presente impugnazione solleva un’importante questione per quanto concerne il modo in cui l’OLAF svolge le sue indagini esterne e, più precisamente, i limiti delle operazioni di informatica forense. Essa offre altresì l’occasione di chiarire l’impatto degli impegni assunti dall’OLAF all’inizio di un controllo sul posto alla luce del principio del legittimo affidamento, nonché la portata del diritto di essere ascoltato nell’ambito di un procedimento a cui partecipano varie autorità, quali l’OLAF, la Commissione e un’autorità nazionale.

    3.

    Non si dovrebbe quindi sottovalutare l’importanza della sentenza della Corte nell’ambito del presente procedimento di impugnazione per quanto concerne le future prassi amministrative dell’OLAF nella conduzione di indagini esterne. Prima di esaminare le questioni giuridiche sollevate dall’impugnazione in esame, occorre tuttavia occuparsi preliminarmente del contesto giuridico pertinente.

    II. Contesto normativo

    A. Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96

    4.

    L’articolo 4 del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità ( 2 ) prevede quanto segue:

    «I controlli e le verifiche sul posto sono preparati e svolti dalla Commissione in stretta collaborazione con le autorità competenti dello Stato membro interessato, che sono informate in tempo utile dell’oggetto, delle finalità nonché del fondamento giuridico dei controlli e delle verifiche in modo da poter fornire tutta l’assistenza necessaria. A tal fine gli agenti dello Stato membro interessato possono partecipare ai controlli e alle verifiche sul posto.

    Inoltre, se lo Stato membro interessato lo desidera, i controlli e le verifiche sul posto sono effettuati congiuntamente dalla Commissione e dalle autorità competenti dello Stato stesso».

    5.

    L’articolo 7 del regolamento n. 2185/96 precisa i poteri dei controllori della Commissione nell’ambito dei controlli e delle verifiche sul posto da essi effettuati. Tale disposizione così recita:

    «1.   I controlli della Commissione hanno accesso, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto delle legislazioni nazionali, a tutte le informazioni e alla documentazione relative alle operazioni di cui trattasi necessarie ai fini del buon svolgimento dei controlli e delle verifiche sul posto. Essi possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.

    I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare in particolare:

    i libri e i documenti professionali, come fatture, capitolati d’appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;

    i dati informatici;

    i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;

    il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;

    il prelievo e la verifica dei campioni;

    lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l’utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;

    i documenti contabili e di bilancio;

    l’esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.

    2.   Se necessario, spetta agli Stati membri, su richiesta della Commissione, prendere gli adeguati provvedimenti cautelari previsti dalla legislazione nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova».

    B. Regolamento (CE) n. 718/2007

    6.

    L’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/2007 della Commissione, del 12 giugno 2007, che attua il regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) ( 3 ) prevede quanto segue:

    «Salvo diversamente stabilito ai paragrafi 2, 3 e 4, laddove la Commissione affida la gestione di determinate azioni al paese beneficiario, mantenendo la responsabilità globale finale dell’esecuzione del bilancio generale in conformità con l’articolo 53 quater del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 [del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1)] e con le pertinenti disposizioni dei trattati CE, la gestione decentrata si applica all’attuazione dell’assistenza nell’ambito del regolamento IPA».

    7.

    L’articolo 21, paragrafo 1, di tale regolamento così dispone:

    «Il paese beneficiario designa i seguenti organismi e le seguenti autorità:

    (…)

    f)

    una struttura operativa per ciascuna componente o ciascun programma IPA;

    (…)».

    8.

    L’articolo 28, paragrafi 1, e 2, del regolamento n. 718/2007, rubricato «Funzioni e responsabilità della struttura operativa», così dispone:

    «1.   Per ogni componente o programma IPA viene istituita una struttura operativa incaricata di curare la gestione e l’attuazione dell’assistenza nell’ambito del regolamento IPA.

    La struttura operativa è composta da un organismo o da un gruppo di organismi all’interno dell’amministrazione del paese beneficiario.

    2.   La struttura operativa è responsabile della gestione e attuazione del programma o dei programmi in questione in conformità con il principio di sana gestione finanziaria. (…)».

    C. Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013

    9.

    L’articolo 3 del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’ 11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio ( 4 ) riguarda le indagini esterne svolte dall’OLAF. Esso prevede quanto segue:

    «1.   L’[OLAF] esercita la competenza conferita alla Commissione dal regolamento [n. 2185/96] ad eseguire controlli e verifiche sul posto negli Stati membri e, conformemente agli accordi di cooperazione e mutua assistenza e agli altri strumenti giuridici in vigore, nei paesi terzi e presso le organizzazioni internazionali.

    (…)

    2.   Al fine di accertare l’esistenza di frodi, corruzione o altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, in connessione con una convenzione o decisione di sovvenzione o con un contratto riguardante un finanziamento dell’Unione, l’[OLAF] può procedere, conformemente alle disposizioni e alle procedure previste dal regolamento [n. 2185/96], a controlli e verifiche sul posto presso gli operatori economici.

    3.   Nel corso dei controlli e delle verifiche sul posto, il personale dell’Ufficio agisce, su riserva del diritto dell’Unione applicabile, in osservanza delle norme e delle prassi dello Stato membro interessato, nonché delle garanzie procedurali previste dal presente regolamento.

    Su richiesta dell’[OLAF], l’autorità competente dello Stato membro interessato fornisce al personale dell’[OLAF] l’assistenza necessaria ad eseguire efficacemente le sue mansioni, quali specificate nell’autorizzazione scritta di cui all’articolo 7, paragrafo 2. Se per tale assistenza è necessaria l’autorizzazione di un’autorità giudiziaria conformemente alle norme nazionali, è richiesta tale autorizzazione.

    Lo Stato membro interessato assicura, conformemente al regolamento [n. 2185/96], che il personale dell’[OLAF] possa avere accesso, alle stesse condizioni delle proprie autorità competenti e nel rispetto del diritto nazionale, a tutte le informazioni e alla documentazione relative alla questione oggetto dell’indagine che si dimostrino necessarie per uno svolgimento efficace ed efficiente dei controlli e delle verifiche sul posto.

    (…)».

    D. Orientamenti in merito alle procedure di informatica forense per il personale dell’OLAF

    10.

    Gli orientamenti dell’OLAF in merito alle procedure di informatica forense per il personale dell’OLAF (in prosieguo: gli «orientamenti sulle procedure di informatica forense») sono norme interne adottate dall’OLAF, alle quali il personale di tale organo è tenuto a conformarsi per quanto concerne l’individuazione, l’acquisizione, la creazione di immagini forensi, la raccolta, l’analisi e la conservazione di prove informatiche. Esse mirano ad attuare, in particolare, l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 e sono disponibili sul sito Internet dell’OLAF.

    11.

    Il punto 4 degli orientamenti sulle procedure di informatica forense è rubricato «Svolgimento di un’operazione di informatica forense – Procedura generale». Esso dispone quanto segue:

    «(…)

    4.3.   All’inizio di un’operazione di informatica forense, il DES [Digital Evidence Specialist (esperto di prove informatiche del personale dell’OLAF)]: 1) documenta e fotografa tutti i supporti informatici da sottoporre all’operazione forense nonché lo spazio circostante e la sua disposizione; 2) compila un inventario di tutti i supporti informatici. L’inventario dovrebbe essere accluso alla “Relazione dell’operazione di informatica forense” e le fotografie dovrebbero essere inserite nel suo allegato.

    4.4.   Di regola, il DES dovrebbe effettuare un’acquisizione informatica forense completa dei dispositivi di cui al punto 4.3. Ove possibile, il DES e l’investigatore dovrebbero visionare congiuntamente tali dispositivi al fine di stabilire se possano contenere dati potenzialmente rilevanti ai fini dell’indagine e se un’acquisizione forense parziale sia adeguata. In tal caso, il DES può effettuare un’acquisizione forense parziale dei dati. Durante l’acquisizione dell’immagine digitale forense è registrata una breve descrizione del contenuto e del numero di identificazione del caso aggiunto dal DES.

    (…)».

    12.

    Il punto 8 degli orientamenti sulle procedure di informatica forense è rubricato «Esame dei dati raccolti nel corso di un’operazione di informatica forense». Tale disposizione così recita:

    «8.1.   Al ritorno dall’operazione di informatica forense, il DES crea, senza indugio, due copie di back-up dell’immagine digitale forense registrata e le colloca in buste sigillate con numeri di identificazione unici (…).

    8.2   Il DES trasferisce l’immagine digitale forense sul server dei file forensi nel laboratorio forense. Il file in tal modo trasferito diviene il file forense di lavoro. Non appena il file forense di lavoro è pronto, il DES dovrebbe informarne l’investigatore.

    (…)

    8.4   Quando il file forense è disponibile, l’investigatore formula richieste scritte attraverso il modulo di richiesta di informazioni CMS per indicizzare il file di lavoro forense e, ove opportuno, ricevere assistenza da parte del DES o dell’analista operazionale al fine di individuare i dati rilevanti per l’indagine. Quest’ultima richiesta dovrebbe descrivere lo scopo della ricerca e il tipo di prove che l’investigatore mira ad ottenere. In risposta alla richiesta scritta dell’investigatore e congiuntamente con l’investigatore, il DES estrae i dati che corrispondono ai criteri di ricerca dal file di lavoro forense ai fini dell’accesso di sola lettura da parte dell’investigatore.

    8.5   La ricerca di potenziali prove è un processo dinamico e può comportare varie e successive iterazioni. Il processo di ricerca può comprendere la ricerca di tracce di dati cancellati in uno spazio non allocato, la specificazione di parole chiave da ricercare o l’effettuazione di ricerche più complesse, quali ricerche di espressioni speciali o ricerche cronologiche.

    8.6   L’investigatore individua, sotto la direzione del DES, le informazioni potenzialmente rilevanti utilizzando le strutture del laboratorio forense. L’investigatore può altresì richiedere al DES di stampare o effettuare una copia elettronica dei file rilevanti, che dovrebbe essere allegata al relativo fascicolo CMS. Ogni trasferimento di dati dal laboratorio forense all’investigatore è registrato nel modulo di richiesta di informazioni CMS al fine di proteggere la catena delle prove.

    8.7   A seguito del completamento dell’analisi del file di lavoro forense in relazione alla richiesta di informazioni formulata dall’investigatore, il DES redige una “Relazione dell’analisi di informatica forense”, che reca una sintesi dei risultati delle azioni forensi intraprese ed elenca le informazioni fornite all’investigatore. Tale relazione è allegata al pertinente fascicolo CMS.

    8.8   A seguito del completamento dell’analisi, l’analista operazionale redige una “Relazione di analisi operazionale” dei dati provenienti dal file di lavoro forense e dei risultati ottenuti. Tale relazione è allegata al pertinente fascicolo CMS».

    III. Fatti della controversia

    13.

    I fatti all’origine della controversia sono stati esposti nei punti da 1 a 23 della sentenza impugnata. Essi possono essere riassunti come segue.

    14.

    La Vialto è una società di diritto ungherese che fornisce servizi di consulenza a imprese ed enti del settore privato e pubblico.

    15.

    Il 22 aprile 2011 la Commissione europea ha concluso con la Repubblica di Turchia un accordo di finanziamento in regime di gestione decentrata con controlli ex ante, che si inseriva nel programma nazionale per la Repubblica di Turchia quale componente «assistenza alla transizione e sviluppo istituzionale» dello strumento di assistenza preadesione (IPA), previsto dal regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) ( 5 ). La struttura operativa designata, ai sensi dell’articolo 21 del regolamento n. 718/2007, era la Central Finance and Contracts Unit (Unità centrale finanziamenti e appalti; in prosieguo: la «CFCU»).

    16.

    Il 17 dicembre 2013 è stato pubblicato nel Supplemento alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2013/S 244-423607), con il riferimento EuropeAid/132338/D/SER/TR, un bando di gara d’appalto da aggiudicare tramite procedura ristretta per la fornitura di servizi di controllo di qualità esterni nell’ambito del progetto TR2010/0311.01 «Digitization of Land Parcel Identification System» (digitalizzazione del sistema di identificazione delle parcelle agricole; in prosieguo il «progetto di cui trattasi»). L’obiettivo della gara d’appalto era la conclusione di un contratto per un periodo iniziale di 26 mesi e con una dotazione massima di EUR 4500000. L’amministrazione aggiudicatrice designata nel bando di gara era la CFCU.

    17.

    Il 19 settembre 2014 il contratto corrispondente alla gara d’appalto in questione è stato aggiudicato a un consorzio coordinato dall’Agrotec SpA (in prosieguo: il «consorzio») composto da cinque partecipanti, tra cui la ricorrente. Il consorzio ha firmato con la CFCU il contratto relativo alla prestazione di servizi recante il riferimento TR2010/0311.01-02/001 (in prosieguo: il «contratto di cui trattasi»).

    18.

    A seguito dell’avvio di un’indagine motivata dal sospetto di atti di corruzione o di frode commessi nell’ambito del progetto di cui trattasi, sulla base dell’articolo 3 del regolamento n. 883/2013 l’OLAF ha deciso di effettuare controlli e verifiche nei locali della ricorrente (in prosieguo: il «controllo sul posto»).

    19.

    Il 7 aprile 2016 l’OLAF ha emesso due mandati che designavano i funzionari incaricati di procedere a un controllo sul posto e a un’operazione tecnica di informatica forense. Ai sensi di tali mandati, il controllo sul posto mirava a raccogliere prove in possesso della ricorrente concernenti il suo eventuale coinvolgimento in atti di corruzione e frode asseritamente commessi nell’ambito del progetto di cui trattasi. L’operazione di informatica forense mirava a ottenere, in particolare, la copia forense di tutte le risorse digitali della ricorrente utilizzate ai fini della gestione del progetto di cui trattasi, quali computer fissi, computer portatili, tablet, dispositivi di archiviazione esterni o portatili, telefoni cellulari e tutti gli altri dispositivi potenzialmente rilevanti ai fini dell’indagine, server per lo scambio di dati e file, la corrispondenza elettronica della ricorrente e dei suoi dipendenti nonché le caselle di posta elettronica funzionali utilizzabili ai fini dell’indagine.

    20.

    Il controllo sul posto e l’operazione di informatica forense sono stati condotti dal 12 al 14 aprile 2016. Per ciascun giorno di verifiche, l’OLAF ha redatto una relazione. Nella relazione del 14 aprile 2016 è stato dichiarato che la ricorrente si era rifiutata di fornire all’OLAF alcune informazioni. La ricorrente ha firmato ciascuna delle relazioni e, quando ritenuto necessario, ha formulato osservazioni.

    21.

    Con lettera del 6 maggio 2016 la ricorrente ha presentato all’OLAF un reclamo nel quale ha contestato e commentato talune informazioni contenute in tali relazioni. In particolare, essa ha affermato di essere tenuta a cooperare con l’OLAF soltanto nei limiti dell’oggetto dell’indagine condotta da quest’ultimo, ossia il finanziamento del progetto di cui trattasi, e che, di conseguenza, essa era obbligata a mettere a disposizione dell’OLAF soltanto le informazioni relative all’oggetto di tale indagine. Inoltre, la ricorrente ha chiesto all’OLAF di adottare misure adeguate alla luce delle violazioni delle garanzie procedurali commesse dai suoi agenti in occasione del controllo sul posto. L’OLAF ha accusato ricevuta di tale reclamo il 18 maggio 2016.

    22.

    Con lettera dell’8 luglio 2016 l’OLAF ha risposto al reclamo della ricorrente. Dopo aver riassunto le censure della ricorrente e aver ricordato la portata dei suoi poteri di indagine, esso ha sostenuto che i suoi investigatori avevano il diritto di realizzare immagini digitali forensi dei dischi rigidi della ricorrente e che esso aveva posto fine al controllo sul posto a causa della mancata cooperazione della ricorrente. Infatti, la ricorrente, da un lato, non l’aveva autorizzato a prelevare una copia delle informazioni preselezionate né, di conseguenza, delle immagini digitali forensi effettuate e, dall’altro, non aveva fornito le informazioni finanziarie richieste. L’OLAF ha aggiunto che l’articolo 339 TFUE e l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2013 garantivano la riservatezza delle informazioni raccolte. Esso ne ha concluso, da un lato, che i suoi funzionari avevano effettuato il controllo sul posto nel rispetto dei limiti delle loro competenze e, dall’altro, che la tutela dei segreti commerciali della ricorrente non costituiva un motivo legittimo idoneo ad ostacolare le loro indagini. L’OLAF ne ha concluso che, in occasione della verifica sul posto, non era stata commessa alcuna violazione dei diritti procedurali della ricorrente.

    23.

    Con lettera del 14 settembre 2016 l’OLAF ha informato la ricorrente della sua qualità di persona interessata ai fini dell’indagine sulla presunta corruzione o frode in relazione al progetto di cui trattasi. L’OLAF l’ha quindi invitata a presentare le sue osservazioni entro il termine di dieci giorni.

    24.

    Con lettera del 23 settembre 2016 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni all’OLAF e ha dichiarato di aver agito conformemente alla normativa applicabile e di aver rispettato tutte le condizioni in materia di accesso legittimo dell’OLAF ai dati in suo possesso. Essa si è dichiarata pronta a continuare a cooperare con l’OLAF e a permettere l’accesso a tutti i dati pertinenti che potevano essere raccolti ai fini dell’indagine di quest’ultimo.

    25.

    Con lettera del 29 settembre 2016 la CFCU ha informato l’Agrotec del controllo sul posto nei locali della ricorrente e del fatto che essa non aveva acconsentito a concedere all’OLAF l’accesso a talune informazioni richieste da quest’ultimo per condurre la sua indagine. Essa ha aggiunto che, ad avviso dell’OLAF, con il suo comportamento la ricorrente aveva violato l’articolo 25 delle condizioni generali applicabili al contratto di cui trattasi (in prosieguo: le «condizioni generali») e che aveva esaminato la situazione con i servizi competenti della Commissione. Infine, sostenendo che, ai sensi delle condizioni generali, l’Agrotec era il suo unico interlocutore per tutte le questioni contrattuali e finanziarie, la CFCU informava tale società che, di conseguenza, avrebbe sospeso il pagamento delle fatture da essa presentate, almeno fino alla chiusura dell’indagine dell’OLAF.

    26.

    Il 30 settembre 2016 l’Agrotec ha trasmesso alla ricorrente la lettera della CFCU da essa ricevuta il giorno precedente. Essa ha chiesto alla Vialto di chiarire immediatamente con l’OLAF la situazione in cui si trovava e, in secondo luogo, di informare l’Agrotec, nonché gli altri membri del consorzio, di qualsiasi violazione, da parte sua, che avesse determinato l’avvio dell’indagine dell’OLAF. L’Agrotec ha aggiunto che si riservava il diritto di adottare le misure necessarie, in particolare tramite la CFCU, per tutelare i suoi interessi contro atti incompatibili con la loro collaborazione eventualmente commessi dalla ricorrente.

    27.

    Con lettera del 4 ottobre 2016 la ricorrente ha informato l’Agrotec dello stato di avanzamento dell’indagine dell’OLAF che la riguardava e le ha trasmesso la corrispondenza intercorsa con l’OLAF. Inoltre, la ricorrente ha informato l’Agrotec delle ragioni per le quali riteneva che la CFCU non fosse legittimata, alla luce delle condizioni generali, a sospendere i pagamenti relativi al contratto di cui trattasi.

    28.

    Con lettera del 6 ottobre 2016 la CFCU ha informato l’Agrotec che l’OLAF le aveva fornito informazioni in merito all’indagine in atto e che, poiché le misure da adottare nei confronti della ricorrente non erano ancora state adottate, la Commissione aveva raccomandato alla CFCU di sospendere tutti i pagamenti al consorzio fino alla conclusione dell’indagine dell’OLAF.

    29.

    Con lettera del 13 ottobre 2016 la direzione generale della politica europea di vicinato e negoziati di allargamento della Commissione (in prosieguo: la «DG Allargamento») ha informato la CFCU del rifiuto della ricorrente, in violazione dell’articolo 25 delle condizioni generali, di cooperare all’indagine condotta dall’OLAF e l’ha invitata ad adottare le misure necessarie ai sensi delle suddette condizioni generali e, a tale riguardo, a considerare come una delle possibili misure la sospensione dell’esecuzione del contratto di cui trattasi o della parte eseguita dalla ricorrente, sulla base degli articoli 25 e 35 delle condizioni generali. Essa ha aggiunto che, a suo avviso, gli importi versati alla ricorrente in base al contratto di cui trattasi non potevano beneficiare del finanziamento del bilancio dell’Unione e ha chiesto alla CFCU di determinare con precisione il loro ammontare.

    30.

    Con lettera del 9 novembre 2016 l’OLAF ha informato la ricorrente della chiusura dell’indagine, dell’avvenuta trasmissione della relazione finale d’indagine alla DG Allargamento e del fatto che aveva raccomandato a tale DG di adottare misure idonee a garantire l’applicazione delle procedure e delle sanzioni derivanti dalla violazione grave, da parte della ricorrente, delle condizioni generali.

    31.

    Con lettera dell’11 novembre 2016 la CFCU ha informato l’Agrotec della chiusura dell’indagine dell’OLAF e delle conclusioni di quest’ultimo secondo cui la ricorrente aveva violato l’articolo 25 delle condizioni generali. La CFCU ha altresì informato l’Agrotec della sua decisione di escludere la ricorrente dal contratto di cui trattasi, sotto ogni aspetto, e della sua intenzione di continuare l’esecuzione di tale contratto, anziché sospenderlo completamente come suggerito dalla DG Allargamento a titolo di una delle possibili misure. Di conseguenza, la CFCU ha chiesto all’Agrotec di porre fine senza indugio alle attività della ricorrente, a partire dall’11 novembre 2016, e di adottare le misure necessarie per escluderla dal consorzio, vale a dire redigendo un addendum al contratto in questione.

    32.

    Il 17 novembre 2016 l’Agrotec e i membri del consorzio, ad eccezione della ricorrente, hanno firmato un addendum all’accordo di cooperazione da essi concluso, allo scopo di stabilire una nuova ripartizione dei compiti tra tali membri. Con lettera del 5 dicembre 2016, indirizzata alla CFCU, la ricorrente ha contestato la sua esclusione dal contratto di cui trattasi. La CFCU ha respinto gli argomenti della ricorrente con lettera del 10 gennaio 2017. Il 13 dicembre 2016 la CFCU e l’Agrotec hanno sottoscritto un addendum al contratto al fine di rimuovere la ricorrente dall’elenco dei membri del consorzio e di trarne le conseguenze appropriate, in particolare sul piano finanziario.

    33.

    Con lettera del 6 gennaio 2017 la CFCU ha informato l’Agrotec che l’importo corrispondente alla partecipazione della ricorrente all’esecuzione del contratto di cui trattasi ammontava a EUR 182350,75 e che tale importo non era ammissibile al finanziamento del bilancio dell’Unione, a causa della violazione, da parte della ricorrente, dei suoi obblighi contrattuali.

    IV. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    34.

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 settembre 2017, la Vialto ha proposto un ricorso diretto alla condanna della Commissione a versarle l’importo di EUR 320944,56 a titolo di risarcimento del danno materiale e di EUR 150000 a titolo di risarcimento del danno morale, oltre interessi, asseritamente causati dalla condotta illecita della Commissione e dell’OLAF per quanto concerne la sua esclusione dal contratto di cui trattasi.

    35.

    A sostegno di tale ricorso, la Vialto ha dedotto due motivi relativi all’illegittimità della condotta dell’OLAF, vertenti, in primo luogo, su una violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 e, in secondo luogo, su una violazione del diritto ad una buona amministrazione, del principio di non discriminazione, del principio di proporzionalità e del principio di tutela del legittimo affidamento. Inoltre, la Vialto ha dedotto una censura relativa all’illegittimità della condotta della Commissione, lamentando una violazione del diritto di essere ascoltata.

    36.

    Nel corso dell’udienza svoltasi dinanzi al Tribunale, la Vialto ha rinunciato alla sua domanda di risarcimento del danno materiale e ha ridotto la somma richiesta a titolo di risarcimento del danno morale asseritamente subito all’importo di EUR 25000, oltre a interessi.

    37.

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale, dopo aver constatato che la Commissione aveva erroneamente contestato la sua competenza e, per tale motivo, la ricevibilità del ricorso, ha respinto tutte le censure dedotte dalla Vialto relative all’illegittimità della condotta dell’OLAF e della Commissione e, pertanto, il ricorso nel suo insieme.

    38.

    Il Tribunale ha ritenuto, anzitutto, che i dati ai quali gli agenti dell’OLAF avevano chiesto di accedere nel caso di specie potessero essere considerati pertinenti ai fini dell’indagine dell’OLAF e che la produzione di un’immagine digitale forense rientri nelle competenze conferite alla Commissione dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96. Esso ha quindi ritenuto che, chiedendo alla Vialto di accedere a tali dati ai fini di analisi, gli agenti dell’OLAF non avessero commesso alcuna violazione di tale disposizione.

    39.

    Il Tribunale ha poi respinto gli argomenti della Vialto relativi alla violazione, da parte dell’OLAF, del diritto ad una buona amministrazione, del principio di non discriminazione, del principio di proporzionalità e del principio di tutela del legittimo affidamento. Per quanto riguarda quest’ultimo principio, dopo aver ricordato le condizioni che devono essere soddisfatte affinché una persona possa avvalersene, il Tribunale ha constatato che, nel caso di specie, è a seguito del rifiuto della Vialto di soddisfare le richieste legittime di raccolta di dati da parte degli agenti dell’OLAF che questi ultimi hanno accettato di derogare alla procedura prevista dagli orientamenti sulle procedure di informatica forense per quanto riguarda il luogo di raccolta e di trattamento dei dati nonché il supporto utilizzato a tal fine.

    40.

    Infine, il Tribunale ha respinto la censura della Vialto vertente sulla violazione, da parte della Commissione, del suo diritto di essere ascoltata ritenendo, da un lato, che la Vialto aveva presentato le sue osservazioni in merito al controllo sul posto mediante lettere indirizzate all’OLAF e, dall’altro, che la decisione di escludere la Vialto dal contratto di cui trattasi era stata adottata dalla CFCU, senza che quest’ultima fosse vincolata a un’affermazione in tal senso della DG Allargamento.

    V. Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

    41.

    Con la sua impugnazione, la Vialto chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata;

    condannare la Commissione alle spese del presente procedimento nonché alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale.

    42.

    La Vialto precisa che, nel caso in cui la Corte annullasse la sentenza impugnata, essa rimetterebbe alla sua discrezionalità la decisione se rinviare o meno la causa dinanzi al Tribunale ai fini della sentenza.

    43.

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione in quanto infondata;

    condannare la Vialto alle spese.

    VI. Sull’impugnazione

    44.

    A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce tre motivi.

    45.

    Anzitutto, con il suo primo motivo, la Vialto contesta al Tribunale vari casi di snaturamento dei fatti ed errori di diritto nell’applicazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento n. 2185/96. Inoltre, con il secondo motivo, la Vialto sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto e non ha adeguatamente motivato la propria sentenza per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. Infine, con il terzo motivo, la Vialto lamenta uno snaturamento dei fatti ed errori di diritto per quanto riguarda la violazione del diritto di essere ascoltata. Propongo ora di esaminare in successione ciascuno di tali motivi.

    A. Sul primo motivo, relativo allo snaturamento dei fatti e a errori di diritto per quanto riguarda l’asserita violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 da parte dell’OLAF

    1.   Argomenti delle parti

    46.

    Con il suo primo motivo, la ricorrente rinvia ai punti 74, 75, 77, 79, 80 e 83 della sentenza impugnata e sostiene che tali punti sono viziati da vari snaturamenti dei fatti ed errori di diritto, nei limiti in cui il Tribunale ha dichiarato che l’OLAF non ha violato l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96. Il primo motivo di impugnazione è suddiviso, in sostanza, in tre parti.

    a)   Sulla prima parte (punto 80 della sentenza impugnata)

    47.

    Con la prima parte del primo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha snaturato i fatti in due modi e, quindi, commesso un errore di diritto.

    48.

    In primo luogo, il procedimento avviato nei confronti della Commissione non avrebbe avuto a oggetto la validità della richiesta di accesso dell’OLAF ai dati elencati dal Tribunale al punto 71 della sentenza impugnata, bensì la validità della richiesta dell’OLAF di essere autorizzato a raccogliere, ossia ritirare e prelevare, oggetti privi di nesso con l’indagine. Il Tribunale avrebbe quindi erroneamente valutato i fatti e si sarebbe pronunciato su una questione non dedotta nell’ambito della causa in esame, vale a dire il diritto di svolgere un’indagine sui dati dell’impresa oggetto dell’indagine, anziché esaminare il diritto di raccogliere dati privi di nesso con la materia oggetto dell’indagine. In secondo luogo, la ricorrente sostiene altresì che tale confusione ha determinato un errore di diritto, poiché il Tribunale avrebbe dovuto interpretare l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 non nel senso che conferisce un diritto di indagine esteso, applicabile a tutti i dati contemplati da tale disposizione, bensì un diritto di raccolta limitato ai dati connessi all’oggetto dell’indagine. In terzo luogo, contrariamente a quanto risulta dal punto 80 della sentenza impugnata, la Vialto avrebbe concesso all’OLAF, di fatto, l’accesso, ossia avrebbe riconosciuto il diritto di indagare, per quanto concerne le sette categorie di dati elencate al punto 71 della medesima sentenza.

    49.

    La Commissione condivide il ragionamento del Tribunale e ritiene che dalla formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96, che prevede espressamente l’accesso e la copia dei dati, risulti che la produzione e il trasporto di immagini digitali forensi nei locali dell’OLAF rientrino nelle competenze della Commissione.

    50.

    La Commissione sostiene che il Tribunale abbia perfettamente compreso l’oggetto della controversia e abbia esaminato la questione se l’OLAF avesse richiesto in modo legittimo la raccolta dei dati controversi ai fini della sua indagine. In primo luogo, la Vialto opererebbe una distinzione arbitraria tra l’accesso ai dati e la raccolta di dati. Nell’ambito dell’analisi informatica forense, siffatta distinzione sarebbe impossibile ed erronea. Infatti, ai fini del suo effetto utile, tale accesso esige la raccolta dei dati in questione ai fini del loro trattamento mediante un software specifico. Soltanto al termine di tali diverse fasi gli ispettori dell’OLAF possono avere accesso effettivo ai dati in questione. In secondo luogo, l’uso, da parte del Tribunale, dei termini «accesso ai dati», al punto 80 della sentenza impugnata, non può essere considerato come un travisamento dei fatti. Tale accesso sarebbe stato richiesto direttamente per taluni dati, quali le transazioni, e indirettamente per altri, segnatamente al fine di produrre un’immagine digitale forense. Tuttavia, la Vialto avrebbe impedito un accesso effettivo ai dati in questione.

    b)   Sulla seconda parte (punti 74, 75 e 83 della sentenza impugnata)

    51.

    Nell’ambito della seconda parte del primo motivo di impugnazione, la ricorrente sviluppa una serie di argomenti diretti a dimostrare errori del Tribunale per quanto riguarda il potere dell’OLAF di raccogliere dati.

    52.

    In primo luogo, essa afferma che il Tribunale è incorso in un errore omettendo di motivare la conclusione, contenuta nel punto 74 della sentenza impugnata, secondo cui i dati che l’OLAF aveva chiesto di raccogliere erano relativi alle transazioni in questione e necessari ai fini del corretto svolgimento del controllo sul posto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96. In secondo luogo, detta constatazione sarebbe arbitraria e, pertanto, viziata da un errore di diritto, non potendosi ritenere, prima di una ricerca per parole chiave, che tutti i dati richiesti dall’OLAF siano collegati alle operazioni oggetto dell’indagine e necessari a tale indagine. In terzo luogo, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti ritenendo, al punto 75 della sentenza impugnata, che la Vialto si sia opposta soltanto alla raccolta di tali dati su supporti da trasportare presso i locali dell’OLAF. Fin dall’inizio, e in generale, la Vialto si è opposta alla raccolta di dati privi di nesso con il progetto oggetto di controllo.

    53.

    Dal canto suo, la Commissione condivide il ragionamento del Tribunale e ritiene che la raccolta dei dati richiesti fosse necessaria al corretto svolgimento del controllo sul posto.

    54.

    In primo luogo, la conclusione di cui al punto 74 della sentenza impugnata si fonda sulla natura delle operazioni di informatica forense e non presenta quindi alcun carattere arbitrario. In secondo luogo, la richiesta di raccolta di dati da parte dell’OLAF non concerneva tutti i dati in possesso della Vialto, bensì soltanto elementi definiti sulla base di criteri oggettivi ratione personae e ratione temporis. La Vialto interpreta erroneamente la natura delle operazioni di informatica forense allorché ritiene che sia necessaria una ricerca per parole chiave prima della raccolta dei dati. Inoltre, nella sua sentenza del 12 luglio 2018, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑449/14, EU:T:2018:456), il Tribunale ha confermato la validità del metodo in questione nell’ambito delle ispezioni della Commissione in materia di concorrenza ai sensi dell’articolo 20 del Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] ( 6 ). In terzo luogo, il Tribunale si è limitato a fare riferimento, al punto 75 della sentenza impugnata, all’opposizione della Vialto all’archiviazione dei dati su supporti che sarebbero stati successivamente trasportati presso i locali dell’OLAF, circostanza che la Vialto non ha contestato.

    c)   Sulla terza parte (punti 77 e 79 della sentenza impugnata)

    55.

    Con la terza parte del suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto respingendo, in quanto non pertinenti, gli argomenti della Vialto fondati sul rispetto del segreto professionale e sulle clausole dei contratti conclusi con i suoi partner commerciali, sui quali si è fondata per invocare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Siffatti argomenti sarebbero pertinenti al fine di accertare una violazione, da parte dell’OLAF, dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96, poiché dimostrerebbero che le riserve formulate dalla Vialto per quanto concerne la raccolta di dati privi di nesso con l’indagine erano giustificate. Tuttavia, ai sensi della giurisprudenza della Corte, la Vialto sarebbe stata tenuta a provare che la formulazione di tali riserve non costituiva un abuso di diritto. Essa aggiunge che il Tribunale avrebbe snaturato i fatti dichiarando che non si poteva ritenere che l’OLAF l’avesse costretta a violare il segreto professionale o i termini dei contratti conclusi con i suoi partner commerciali, dal momento che essa non aveva affatto sostenuto di essere stata costretta dall’OLAF ad agire in tal senso.

    56.

    Per contro, la Commissione chiede il rigetto della terza parte del primo motivo, in quanto inconferente e, in ogni caso, infondata.

    57.

    In primo luogo, gli argomenti concernenti il segreto professionale e le relative clausole contrattuali, in connessione con la prova di un eventuale abuso di diritto da parte della ricorrente, costituirebbero un motivo nuovo e, pertanto, sarebbero irricevibili. In ogni caso, il Tribunale avrebbe correttamente dichiarato, al punto 78 della sentenza impugnata, che l’invocazione delle clausole di riservatezza nei contratti conclusi dalla ricorrente con i suoi partner commerciali era irrilevante, in ragione del dovere di discrezione che incombe agli agenti dell’OLAF. In secondo luogo, per quanto riguarda la constatazione del Tribunale secondo cui l’OLAF non aveva obbligato la Vialto a fornire informazioni riservate, la Vialto avrebbe interpretato erroneamente la sentenza impugnata, dal momento che detta constatazione condurrebbe soltanto alla conclusione che non si rendeva necessario un esame ulteriore delle clausole di riservatezza.

    2.   Analisi

    58.

    La terza parte del primo motivo di impugnazione verte su una questione specifica. Tuttavia, in sostanza, le prime due parti di tale motivo vertono sulla stessa questione, ossia l’estensione dei poteri dell’OLAF nell’ambito di un’operazione di informatica forense ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96, e possono essere opportunamente trattate in congiunto.

    a)   Sulle prime due parti

    59.

    Prima di analizzare il nucleo dell’argomentazione sviluppata dalla ricorrente nell’ambito delle prime due parti del suo primo motivo di impugnazione, desidero occuparmi, al fine di respingerli, degli argomenti vertenti sullo snaturamento dei fatti e sul difetto di motivazione ivi dedotti.

    1) Sulla distorsione dei fatti e sul difetto di motivazione

    60.

    In primo luogo, riferendosi al punto 80 della sentenza impugnata, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha erroneamente valutato i fatti e si è pronunciato su una questione che non è mai stata dedotta nell’ambito della causa in esame, ossia il diritto di svolgere un’indagine sui dati della Vialto anziché esaminare il diritto di raccogliere dati privi di nesso con l’oggetto dell’indagine.

    61.

    Da parte mia, non ritengo che tale lettura del punto 80 della sentenza impugnata possa essere correttamente accolta, alla luce di quanto dichiarato ai punti 62 e 75 della medesima sentenza. Da un lato, il Tribunale osserva, al punto 62 della sentenza impugnata, che la ricorrente addebita all’OLAF di aver chiesto di poter raccogliere dati privi di nesso con l’indagine di cui trattasi, in violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96. Dall’altro, il Tribunale aggiunge altresì, al punto 75 della sentenza impugnata, che la ricorrente ha sostenuto di aver permesso agli investigatori dell’OLAF di accedere a tutti i dati richiesti, ma di essersi opposta alla raccolta di tali dati. Da questi due punti risulta quindi chiaramente che il Tribunale aveva perfettamente compreso quali fossero le censure della ricorrente nei confronti dell’OLAF e, pertanto, l’oggetto del ricorso di cui era investito.

    62.

    In secondo luogo, il punto 75 della sentenza impugnata sembra essere stato interpretato erroneamente dalla ricorrente. Infatti, in tale punto, il Tribunale si limita a prendere atto dell’opposizione della Vialto alla raccolta di dati su un supporto che sarebbe stato «prelevato dai suoi locali», circostanza che la Vialto non ha contestato. Tale punto non riguarda, tuttavia, la questione se il supporto utilizzato appartenesse alla Vialto.

    63.

    In terzo luogo, occorre rilevare che il punto 80 della sentenza impugnata rappresenta la conclusione del Tribunale per quanto attiene all’interpretazione da esso fornita dell’articolo 7 del regolamento n. 2185/96. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, esso non contiene alcun riferimento, esplicito o implicito, alla condotta della Vialto. Pertanto, al punto 80 della sentenza impugnata, non si rinviene alcuna indicazione del fatto che la ricorrente non abbia consentito l’accesso alle categorie di dati elencate al punto 71 della sentenza impugnata. Peraltro, una constatazione del genere non può neppure essere dedotta dai punti precedenti della sentenza impugnata.

    64.

    In quarto luogo, la ricorrente critica l’assenza di motivazione a sostegno della conclusione del Tribunale di cui al punto 74 della sentenza impugnata, secondo cui i dati che l’OLAF ha chiesto di raccogliere dovrebbero essere considerati relativi alle transazioni interessate e necessari al corretto svolgimento del controllo sul posto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96.

    65.

    Orbene, come emerge dai termini «Ως εκ τούτου», nella lingua processuale della sentenza impugnata, che possono essere tradotti con «quindi» o «dunque», tale punto costituisce una conclusione intermedia fondata sulle osservazioni precedenti del Tribunale, e più precisamente su quelle di cui ai punti da 66 a 73. L’affermazione contenuta al punto 74 della sentenza impugnata è, quindi, perfettamente comprensibile e sufficientemente motivata.

    2) Sugli errori di diritto nell’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96

    66.

    Con due motivi distinti, la ricorrente critica l’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 accolta dal Tribunale nella sentenza impugnata nel contesto specifico di un’operazione di informatica forense. Anzitutto, contrariamente all’interpretazione accolta, il Tribunale avrebbe dovuto interpretare tale disposizione nel senso che non prevede un ampio diritto di indagine applicabile a tutti i dati coperti da tale disposizione, bensì un mero diritto di raccolta limitato ai dati connessi all’oggetto dell’indagine. L’interpretazione così accolta sarebbe, inoltre, arbitraria, non potendosi presumere che, poiché non era stata effettuata una ricerca per parole chiave, tutti i dati richiesti dall’OLAF fossero collegati alle operazioni oggetto dell’indagine e potevano quindi essere raccolti.

    67.

    Può essere utile ricordare qui che l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 prevede che gli ispettori della Commissione, da un lato, devono avere «accesso, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto delle legislazioni nazionali, a tutte le informazioni e alla documentazione relative alle operazioni di cui trattasi necessarie ai fini del buon svolgimento dei controlli e delle verifiche sul posto [e, dall’altro,] possono (...) prendere copia dei documenti pertinenti» ( 7 ).

    68.

    È pacifico che le operazioni di informatica forense svolte dall’OLAF ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 sono problematiche ( 8 ). È sufficiente dare uno sguardo alla proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento [n. 883/2013] per quanto riguarda la cooperazione con la Procura europea e l’efficacia delle indagini dell’OLAF ( 9 ), nonché alla valutazione dell’applicazione del regolamento n. 883/2013 che l’ha preceduta ( 10 ).

    69.

    Infatti, tale valutazione conclude, in particolare, per l’assenza di chiarezza e di specificità quanto alle competenze dell’OLAF a condurre operazioni di informatica forense. Secondo la relazione finale di valutazione dell’applicazione del regolamento n. 883/2013, tali lacune sono dovute a due fattori. Il primo consiste nel fatto che la competenza dell’OLAF a svolgere operazioni di informatica forense in occasione di indagini esterne dipende da norme e prassi nazionali che variano da uno Stato membro all’altro e sono poco chiare o inesistenti ( 11 ).

    70.

    Il problema individuato in tale parte della valutazione dell’applicazione del regolamento n. 883/2013 consiste, dunque, in realtà, nell’interazione tra, da un lato, il regolamento n. 2185/96 e il regolamento n. 883/2013 e, dall’altro, il contesto legislativo nazionale nel quale ha luogo l’operazione di informatica forense.

    71.

    Orbene, nel caso di specie, dalla relazione concernente il controllo sul posto presso la Vialto del 12 aprile 2016 risulta che un rappresentante della struttura ungherese di coordinamento antifrode (AFCOS) era presente in loco durante il primo giorno del controllo. Inoltre, non si sostiene che l’operazione di informatica forense, quale definita nell’autorizzazione rilasciata agli investigatori dell’OLAF dal direttore generale dell’OLAF, ha violato le norme nazionali applicabili o è stata effettuata contro il parere del funzionario nazionale presente. In tali circostanze, la questione che si pone è dunque limitata alla determinazione di quale tipo di controllo informatico forense sia permesso sulla sola base dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96.

    72.

    Da un esame della formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96, emergono due elementi. Anzitutto, il secondo comma di tale disposizione precisa espressamente che i controlli e le verifiche sul posto possono riguardare dati informatici. Inoltre, dal primo comma della stessa disposizione discende che essa implica necessariamente l’accesso a tutte le informazioni e ai documenti contenuti nei dati informatici relativi alle operazioni di cui trattasi e necessari al corretto svolgimento dei controlli e delle verifiche sul posto, nonché il diritto di prendere copia dei documenti pertinenti. Il testo suggerisce, quindi, una differenza tra il diritto di accesso, che per questioni di necessità pratica deve essere ampio, e il diritto di copia, il quale, al contrario, è limitato ai soli dati pertinenti. Ciò è coerente: al fine di trovare le informazioni pertinenti, è necessario cercare in ogni luogo in cui tali informazioni possano essere reperite.

    73.

    Una siffatta interpretazione è confermata dal contesto nel quale si inserisce il controllo sul posto e dalla sua finalità. Infatti, come previsto dall’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 2185/96, deve essere redatta una relazione del controllo o della verifica sul posto e «[g]li elementi materiali e di prova raccolti, di cui all’articolo 7» del regolamento n. 2185/96 devono esservi acclusi come allegati. Le relazioni così redatte costituiscono elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle. Tuttavia, soltanto i documenti relativi alla violazione oggetto di un procedimento amministrativo o giudiziario, vale a dire, rilevanti ai fini di tali procedimenti, sono, per definizione, idonei a costituire mezzi di prova ammissibili.

    74.

    Nell’ambito di un’operazione di informatica forense, ciò implica che l’OLAF debba avere accesso a tutti i dati informatici contenuti nei dispositivi coperti dall’autorizzazione data dal direttore generale dell’OLAF al fine di poter stabilire quali fra tali dati siano connessi all’operazione di cui trattasi. Tale individuazione è possibile soltanto mediante l’acquisizione di un’«immagine digitale forense», definita negli orientamenti sulle procedure di informatica forense come una «copia forense (bit per bit) dei dati originali contenuti in un supporto informatico di archiviazione (…) memorizzata in formato binario con un valore hash unico» ( 12 ). Tale raccolta di dati mediante una «copia-immagine» non dovrebbe quindi essere confusa con la copia dei documenti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96. Siffatta immagine digitale forense è indispensabile da un punto di vista della tecnologia informatica, poiché è tale immagine che consente l’effettuazione di ricerche per parole chiave, con l’ausilio di uno specifico software informatico forense, che identificherà i dati relativi al progetto di cui trattasi. Soltanto a seguito di tale fase del processo, ossia a seguito dell’individuazione dei documenti potenzialmente pertinenti mediante il software, gli investigatori dell’OLAF sono autorizzati ad accedere al loro contenuto e a individuare in tal modo le informazioni pertinenti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 ( 13 ). Essi potranno quindi, se necessario, effettuarne una copia da allegare alla relazione. In altri termini, la «copia-immagine» è effettuata, inizialmente, soltanto a fini di analisi.

    75.

    Inoltre, l’indicizzazione dei dati per mezzo di software forensi e la successiva selezione dei dati indicizzati possono richiedere un considerevole lasso di tempo, tanto più che, al giorno d’oggi, le imprese conservano elettronicamente notevoli quantità di dati. Tale particolarità del contesto tecnologico informatico spiega altresì il motivo per cui l’OLAF si basa su una copia dei dati al fine di procedere al suo esame. Ciò va a beneficio tanto dell’OLAF quanto dell’impresa interessata, che può quindi continuare a utilizzare i dati originali e i dispositivi sui quali sono memorizzati. L’ingerenza nel funzionamento dell’impresa causata dalla verifica dell’OLAF è, di conseguenza, ridotta ( 14 ). Al contrario, un divieto generale di copiare dati senza previo esame sembrerebbe un ostacolo inappropriato e, quindi, ingiustificato all’esercizio dei poteri di verifica dell’OLAF, che eccederebbe quanto necessario per tutelare i diritti delle imprese interessate. Un divieto del genere, quindi, limiterebbe indebitamente l’efficacia delle indagini quale strumento necessario per consentire all’OLAF di svolgere il suo ruolo nella lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione ( 15 ).

    76.

    In tali circostanze, non vedo alcuna ragione per cui l’OLAF non possa decidere, a seconda delle circostanze, di esaminare i dati contenuti nel supporto di dati informatici dell’impresa sottoposta a verifica non in riferimento all’originale, bensì a una «copia-immagine» di tali dati. Infatti, come la Corte ha recentemente statuito in riferimento a un procedimento analogo condotto dalla Commissione ai sensi del regolamento n. 1/2003, «sia nell’ipotesi in cui essa esamini i dati originali sia in quella in cui ne analizzi la copia, la Commissione controlla gli stessi e identici dati» ( 16 ).

    77.

    È vero che, a differenza dell’articolo 7 del regolamento n. 2185/96 e dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2013, l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 non fa riferimento alla normativa nazionale quando la Commissione è chiamata ad esercitare i suoi poteri di accertamento in materia di concorrenza. Tuttavia, come ho già indicato, da un lato, non è stata dedotta, nella causa in esame, una violazione del diritto nazionale applicabile e, dall’altro, il principio stesso dell’accesso ai dati informatici di un’impresa oggetto di controllo è espressamente autorizzato dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96.

    78.

    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente e seguendo l’analisi della Corte nella sentenza del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione (C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punto 63), il diritto dell’OLAF di accedere a gruppi di messaggi di posta elettronica, al disco rigido di un computer portatile o ai dati memorizzati sul server della società oggetto di controllo, nonché di realizzare una copia-immagine (vale a dire un’«immagine digitale forense») costituisce una fase intermedia nell’esame dei dati contenuti in tali gruppi e su tali supporti. Secondo tale approccio, i documenti suscettibili di costituire prove sono separati dai rimanenti dati nelle operazioni di selezione che seguono la realizzazione dell’immagine digitale forense ( 17 ). Siffatta «operazione di copia» a fini della selezione non costituisce, dunque, un intervento più ampio della selezione stessa. Essa non costituisce, in quanto tale, una competenza supplementare attribuita all’OLAF, bensì, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 73 della sentenza impugnata, rientra nel potere di esame che l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 attribuisce all’OLAF e che può essere necessario ai fini del corretto svolgimento del controllo sul posto di cui trattasi.

    79.

    Certamente, una copia dei dati non preceduta da un esame dovrebbe essere consentita nel caso in cui l’OLAF, successivamente, valuti se i dati siano pertinenti rispetto all’oggetto della verifica, nel rigoroso rispetto dei diritti della difesa dell’impresa interessata, prima che i documenti ritenuti pertinenti siano inseriti nel fascicolo e il resto dei dati copiati sia cancellato ( 18 ).

    80.

    Interpellata in merito a quest’ultima garanzia all’udienza del 10 febbraio 2021, la Commissione ha espressamente confermato che i dati non pertinenti erano stati effettivamente eliminati dopo un certo lasso di tempo, sebbene tale circostanza sia contestata dai rappresentanti della ricorrente. È vero che non esiste una regola espressa al riguardo negli orientamenti sulle procedure di informatica forense. Si può tuttavia rilevare che l’informativa sulle operazioni di informatica forense dell’OLAF indica che quest’ultimo conserva i dati per un periodo massimo di 15 anni dopo la chiusura dell’indagine. Inoltre, dal punto 10 degli orientamenti sulle procedure di informatica forense risulta che, qualora l’unità di indagine dell’OLAF intenda acquisire nuovamente un’immagine digitale forense acquisita nell’ambito di un’altra indagine, essa deve presentare una nuova domanda di autorizzazione al direttore generale, in conformità agli stessi criteri previsti ai fini dell’autorizzazione di un’operazione di informatica forense nell’ambito di verifiche ai locali o controlli sul posto e nel rispetto dell’esigenza di fornire informazioni complete alla persona o dell’operatore economico interessati. Si tratta di garanzie importanti e necessarie.

    81.

    Occorre sottolineare che tali poteri di indagine sono stati attribuiti all’OLAF a causa della natura specifica dei moderni e avanzati dispositivi tecnologici, che sono in grado di memorizzare grandi quantità di dati. Tale capacità prettamente tecnologica richiede, in linea di principio, un accesso illimitato, affinché la ricerca possa essere successivamente affinata con riferimento, ad esempio, a parole chiave adeguate. È importante chiarire questo punto: sebbene l’OLAF debba necessariamente avere accesso, in linea di principio, a qualsiasi elemento ai fini di una ricerca di dati, esso deve altresì rispettare gli interessi legittimi dell’impresa interessata per quanto riguarda la privacy e la riservatezza dei documenti non pertinenti. Qualsiasi sviamento di potere – come, ad esempio, la divulgazione irregolare a terzi dei dati così raccolti – costituirebbe una violazione molto grave dei diritti della difesa della persona interessata e potrebbe produrre conseguenze eccezionalmente gravi, tanto per l’OLAF, quanto per i suoi funzionari. Tuttavia, è giusto riconoscere che, nel caso di specie, non è stata dedotta alcuna censura di questo tipo. In tali circostanze, per le ragioni che ho appena esposto, propongo di respingere le prime due parti del primo motivo di impugnazione.

    b)   Sulla terza parte

    82.

    Con la terza parte del suo primo motivo di impugnazione, la Vialto contesta le affermazioni del Tribunale di cui ai punti 77 e 79 della sentenza impugnata, secondo cui, da un lato, i suoi argomenti fondati sul rispetto del segreto professionale e sulle clausole dei contratti conclusi con i suoi partner commerciali sono irrilevanti ai fini della responsabilità extracontrattuale dell’Unione e, dall’altro, non si può ritenere che l’OLAF l’abbia costretta a violare tale segreto o dette clausole.

    83.

    Anzitutto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non ritengo che la prima censura a sostegno della terza parte del primo motivo di impugnazione costituisca un motivo nuovo e, in quanto tale, debba essere dichiarata irricevibile.

    84.

    È vero che, nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è limitata, in linea di principio, all’esame della valutazione, da parte del Tribunale, dei motivi dinanzi ad esso dedotti. Tuttavia, un argomento non dedotto in primo grado non può essere considerato un motivo nuovo, irricevibile in sede di impugnazione, se rappresenta un mero ampliamento di un argomento già sviluppato nell’ambito di un motivo presentato nel ricorso dinanzi al Tribunale ( 19 ).

    85.

    Tuttavia, dal punto 77 della sentenza impugnata risulta che, fin dall’inizio, la ricorrente ha dedotto l’argomento vertente sul segreto professionale e sulle clausole dei contratti conclusi con i suoi partner commerciali per giustificare il suo rifiuto di comunicare taluni dei dati richiesti dall’OLAF. In tale contesto, è evidente che la «riformulazione» di tale argomento nel contesto dell’istituto dell’abuso di diritto costituisce un mero ampliamento di un argomento già sviluppato dinanzi al Tribunale. Poiché il Tribunale lo avrebbe valutato erroneamente, tale motivo costituisce la mera continuazione di un argomento già sviluppato nell’ambito di un motivo del ricorso dinanzi al Tribunale. Questa parte del primo motivo deve pertanto essere dichiarata ricevibile.

    86.

    Tuttavia, tale argomento mi sembra inconferente. Infatti, esso si inserisce nell’argomento più generale secondo cui la Vialto ha subito un danno a causa della violazione, da parte dell’OLAF, dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96, raccogliendo informazioni prive di nesso con la verifica. Da parte mia, ritengo che il Tribunale non abbia commesso alcun errore di diritto allorché ha riconosciuto la legittimità dell’esercizio, da parte dell’OLAF, dei suoi poteri di verifica. Inoltre, dal fascicolo risulta che l’OLAF aveva proposto, nell’ambito di tale verifica, di applicare ai dati della ricorrente il procedimento speciale riservato a dati di natura giuridicamente privilegiata ( 20 ). In tali circostanze, mi sembra che, in ogni caso, l’argomento della ricorrente fondato sul segreto professionale e sulle sue clausole contrattuali non avrebbe potuto condurre a constatare una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferirle diritti. Di conseguenza, tale argomento è inconferente.

    87.

    Anche la seconda censura dedotta dalla ricorrente nell’ambito della terza parte del primo motivo di impugnazione è inconferente. Con tale censura, la Vialto fa valere che, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale al punto 79 della sentenza impugnata, essa non ha mai sostenuto che l’OLAF l’avesse costretta a ledere il segreto professionale e talune clausole contrattuali. Secondo la ricorrente, il Tribunale si è pronunciato su un argomento che non è stato dedotto e il corrispondente punto della sentenza impugnata dovrebbe, per tale solo motivo, essere annullato. Tuttavia, si deve ritenere tale censura inconferente, dato che il Tribunale, al punto 79 della sentenza impugnata, ha respinto un argomento che non sarebbe stato dedotto. Inoltre, dall’impiego, al suddetto punto della sentenza impugnata, dell’espressione «in ogni caso», risulta che la valutazione effettuata dal Tribunale in detto punto è stata compiuta per eccesso di prudenza, nell’ipotesi in cui si fosse ritenuto che la Vialto potesse avvalersi dell’argomento vertente sul segreto professionale e sulle clausole dei suoi contratti per giustificare il diniego di concedere l’accesso a talune informazioni.

    88.

    Di conseguenza, occorre respingere il primo motivo in quanto in parte infondato e in parte inconferente.

    B. Sul secondo motivo, concernente la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

    1.   Argomenti delle parti

    89.

    Con il secondo motivo, la Vialto sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto e non ha motivato in modo sufficiente la sua sentenza per quanto riguarda l’asserita violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

    90.

    In primo luogo, la sentenza impugnata sarebbe viziata da un difetto di motivazione, poiché non preciserebbe quale delle tre condizioni richieste per avvalersi del principio del legittimo affidamento non sarebbe soddisfatta nel caso di specie e, peraltro, non esaminerebbe nessuna delle tre condizioni.

    91.

    In secondo luogo, il punto 118 della sentenza impugnata sarebbe viziato da un errore di diritto, non conformandosi alla giurisprudenza che vieta la revoca retroattiva di un atto amministrativo, legittimo o illegittimo, che conferisce diritti soggettivi o vantaggi analoghi. Le garanzie fornite dagli investigatori dell’OLAF durante il primo giorno della verifica, per quanto concerne il procedimento di verifica, sarebbero state tuttavia legittime. Pertanto, gli agenti dell’OLAF non avrebbero potuto revocare tali garanzie a posteriori ed esigere che il controllo sul posto fosse effettuato come se siffatte garanzie non fossero mai state fornite.

    92.

    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, al medesimo punto della sentenza impugnata, che la Vialto non poteva invocare una violazione del legittimo affidamento quanto all’applicazione, a suo favore, di una prassi derogatoria di una norma qualora avesse agito in malafede. Tuttavia, la ricorrente considera che le richieste dell’OLAF erano contrarie all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96, che essa aveva già dichiarato la sua posizione sin dal primo giorno della verifica e che, se gli agenti dell’OLAF avessero ritenuto che essa stesse ostacolando illegittimamente la loro indagine, avrebbero dovuto chiedere l’assistenza delle autorità nazionali, conformemente all’articolo 9 di tale regolamento. In tali circostanze, la Vialto ritiene che non si potesse dimostrare che essa avesse agito in malafede.

    93.

    La Commissione conclude per il rigetto del secondo motivo di impugnazione.

    94.

    In primo luogo, il Tribunale avrebbe adeguatamente motivato la sua conclusione relativa all’assenza di una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento. In secondo luogo, la ricorrente non spiega quali siano le presunte garanzie ottenute dall’OLAF e, in ogni caso, l’affidamento invocato dalla Vialto sarebbe stato compromesso dalla sua stessa condotta. In terzo luogo, il richiamo ai principi relativi alla revoca degli atti amministrativi sarebbe, nel caso di specie, inconferente e, in ogni caso, infondato, dal momento che lo svolgimento di un controllo sul posto da parte dell’OLAF non costituirebbe un atto amministrativo o, in ogni caso, un atto amministrativo che conferisce diritti soggettivi o vantaggi analoghi.

    2.   Analisi

    95.

    A sostegno del suo secondo motivo di impugnazione, la Vialto adduce tre argomenti: in primo luogo, un difetto di motivazione della valutazione, da parte del Tribunale, dell’argomentazione concernente il principio della tutela del legittimo affidamento; in secondo luogo, il divieto di revocare un atto amministrativo legittimo che conferisce diritti soggettivi o vantaggi analoghi; in terzo luogo, un errore di diritto nell’affermazione secondo cui la Vialto non può invocare una violazione del legittimo affidamento nell’applicazione di una prassi che deroghi alla procedura abituale di verifica, a causa del suo rifiuto di accogliere le richieste legittime dell’OLAF.

    96.

    Propongo di trattare congiuntamente tali argomenti, poiché essi sono tutti intrinsecamente connessi alla questione preliminare dell’esistenza di un «legittimo affidamento» in capo alla Vialto. Come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 114 della sentenza impugnata, il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento presuppone che le autorità competenti dell’Unione abbiano fornito all’interessato garanzie precise, incondizionate e corroboranti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in assenza di tali assicurazioni ( 21 ). Inoltre, tali garanzie devono essere tali da far sorgere una legittima aspettativa («attente légitime») in capo alla persona cui esse erano rivolte ( 22 ).

    97.

    Analogamente, il divieto di revocare un atto amministrativo si giustifica con la necessità di tutelare il legittimo affidamento del beneficiario della misura di cui trattasi ( 23 ). In altri termini, la revoca di un atto amministrativo è vietata soltanto se la persona a favore della quale è stata adottata una decisione nutriva un legittimo affidamento nel fatto che tale decisione avesse disciplinato una data situazione in via definitiva ( 24 ).

    98.

    Pertanto, se dovesse risultare, come credo, che tale condizione non era soddisfatta nel caso di specie, gli ultimi due argomenti dedotti dalla ricorrente a sostegno del suo secondo motivo di impugnazione sarebbero infondati. Un eventuale difetto di motivazione da parte del Tribunale non inciderebbe quindi sulla fondatezza del rigetto dell’argomento della Vialto relativo al principio di tutela del legittimo affidamento e sarebbe, quindi, inconferente.

    99.

    In primo luogo, occorre ricordare che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende, quale corollario del principio della certezza del diritto, ad ogni singolo che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto sorgere in lui fondate aspettative («espérances fondées»). Costituiscono un esempio di assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che gli abbia fornito l’amministrazione ( 25 ).

    100.

    È quindi essenziale determinare il legittimo affidamento che l’OLAF avrebbe fatto sorgere in capo alla Vialto nel caso di specie. In altri termini, occorre stabilire quali garanzie precise, incondizionate e corroboranti abbia ricevuto la Vialto dall’OLAF per quanto concerne l’operazione di informatica forense controversa.

    101.

    Nella sua impugnazione, la Vialto stessa afferma che il Tribunale ha menzionato, al punto 116 della sentenza impugnata, il contenuto delle garanzie fornite dagli investigatori dell’OLAF. Tuttavia, ai sensi di tale punto, per dare risposta alle preoccupazioni espresse dalla ricorrente, gli investigatori dell’OLAF hanno accettato di derogare alla procedura prevista dagli orientamenti sulle procedure di informatica forense per quanto riguarda, da un lato, il luogo di ottenimento e di trattamento del supporto informatico contenente le immagini digitali forensi prodotte e, dall’altro, per quanto riguarda il supporto stesso.

    102.

    Ciò è confermato dalle relazioni concernenti il controllo sul posto presso la Vialto del 12 e del 13 aprile 2016, nonché dalla loro sintesi ai punti 52 e 53 della sentenza impugnata, non contestate dalla ricorrente. Se, dunque, gli investigatori dell’OLAF hanno fornito garanzie precise, incondizionate e corroboranti, occorre constatare che la loro portata era strettamente limitata al luogo in cui sarebbe stato effettuato il trattamento dei dati mediante parole chiave e al supporto utilizzato per tale procedura di indicizzazione e ricerca. In nessun momento gli investigatori dell’OLAF avrebbero lasciato intendere di aver accettato di rispettare la volontà della ricorrente di separare preventivamente i dati relativi al progetto in questione da quelli che non lo erano. Al contrario, dalle relazioni summenzionate, firmate da uno dei direttori generali della Vialto, risulta chiaramente che la prima fase del processo sarebbe consistita nel realizzare copie digitali dei dischi rigidi e di cartelle preselezionate nel server, senza che fossero state poste limitazioni al riguardo.

    103.

    In tali circostanze, non può essere accolto l’argomento secondo cui l’OLAF ha violato il legittimo affidamento della Vialto decidendo di porre fine all’operazione di informatica forense a seguito del rifiuto della Vialto di cooperare pienamente all’indagine rifiutando, in particolare, di fornire informazioni finanziarie pertinenti ai fini dell’indagine. Infatti, la tutela del legittimo affidamento mira semplicemente a garantire che le autorità pubbliche rispettino gli impegni legittimi da esse assunti e agiscano conformemente alle aspettative che hanno suscitato ( 26 ), niente più di ciò. A tal riguardo, l’applicazione, (se del caso) del principio del legittimo affidamento non è altro che la concretizzazione della garanzia di buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (in prosieguo: la «Carta»). Nel caso di specie, tuttavia, tali aspettative non potevano legittimamente riguardare nient’altro che la raccolta delle prime copie digitali forensi presso i locali dell’impresa, l’indicizzazione e la selezione dei dati negli stessi locali e in tale contesto, l’utilizzo delle attrezzature fornite dalla Vialto.

    104.

    Dunque, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nel dichiarare, al punto 118 della sentenza impugnata, che la Vialto non poteva fondarsi su una violazione sufficientemente qualificata del principio di tutela del legittimo affidamento riposto nell’applicazione di una prassi derogatoria a suo favore, nonostante il suo rifiuto di accogliere le richieste formulate dagli agenti dell’OLAF conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2185/96 e agli orientamenti sulle procedure di informatica forense.

    105.

    Inoltre, sebbene tale punto della sentenza impugnata possa non eccellere in chiarezza, esso è tuttavia solidamente fondato su riferimenti alle condizioni che disciplinano il principio della tutela del legittimo affidamento e su una chiara descrizione di ciò che potrebbe qualificarsi come una proposta di deroga da parte dell’OLAF. Si può quindi dedurre che l’argomento relativo alla tutela del legittimo affidamento dedotto dalla Vialto è stato respinto dal Tribunale in ragione del fatto che la Vialto non aveva ricevuto garanzie precise in merito alla limitazione dell’operazione di informatica forense in senso stretto.

    106.

    Un eventuale difetto di motivazione al riguardo sarebbe, in ogni caso, privo di incidenza sulla fondatezza del rigetto dell’argomento e, pertanto, sul dispositivo della sentenza impugnata. L’asserito difetto di motivazione dovrebbe quindi essere considerato inconferente ( 27 ).

    107.

    Di conseguenza, ritengo che il secondo motivo di impugnazione debba essere respinto.

    C. Sul terzo motivo, concernente una violazione del diritto di essere ascoltato

    1.   Argomenti delle parti

    108.

    Con il suo terzo motivo di impugnazione, la ricorrente deduce una serie di argomenti che contestano il ragionamento del Tribunale per quanto concerne il diritto di essere ascoltato.

    109.

    In primo luogo, le conclusioni di cui al punto 121 della sentenza impugnata, concernenti il fatto che la ricorrente sarebbe stata ascoltata dall’OLAF, non sarebbero pertinenti ai fini dell’esame della questione se il suo diritto di essere ascoltata sia stato violato dalla DG Allargamento. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti affermando, ai punti 94 e 122 della sentenza impugnata, che la posizione adottata dalla DG Allargamento non era vincolante nei confronti della CFCU. Come riconosciuto dal Tribunale al punto 93 della sentenza impugnata, dal fascicolo risulta che tale DG aveva presentato una richiesta alla CFCU, invitandola ad adottare le misure necessarie nei confronti della Vialto a causa della violazione, da parte di quest’ultima, dei suoi obblighi contrattuali. Siffatta richiesta sarebbe stata vincolante nei confronti della CFCU. Detto snaturamento dei fatti avrebbe comportato un’erronea applicazione del diritto da parte del Tribunale. Il Tribunale avrebbe dovuto concludere che la DG Allargamento era tenuta ad ascoltare la Vialto prima di chiedere alla CFCU l’adozione delle misure necessarie, previste dal contratto di cui trattasi, a causa della violazione, da parte della Vialto, dei suoi obblighi contrattuali. In terzo luogo, il diritto della Vialto di essere ascoltata avrebbe dovuto essere rispettato dalla DG Allargamento anche nell’ambito della sua raccomandazione di sospendere l’esecuzione del contratto di cui trattasi o della parte del contratto eseguita dalla Vialto. Infatti, basandosi sulla sentenza del 4 aprile 2019, OZ/BEI (C‑558/17 P, EU:C:2019:289), la ricorrente sostiene che il diritto di essere ascoltato deve essere rispettato anche quando un’istituzione dell’Unione formula raccomandazioni non vincolanti.

    110.

    La Commissione condivide l’approccio al diritto di essere ascoltato adottato dal Tribunale e conclude per il rigetto del terzo motivo.

    2.   Analisi

    111.

    Con il suo terzo motivo di impugnazione, la ricorrente deduce una serie di argomenti che non sono chiaramente interconnessi, sotto forma di errori di diritto e snaturamento dei fatti. In sostanza, sono stati dedotti tre argomenti. In primo luogo, la Vialto contesta la rilevanza riconosciuta dal Tribunale, nel verificare se il suo diritto di essere ascoltata fosse stato violato dalla DG Allargamento, al fatto che essa era stata ascoltata dall’OLAF. In secondo luogo, essa contesta al Tribunale di aver snaturato i fatti affermando che la posizione della DG Allargamento sulle misure da adottare nei confronti della Vialto, comunicata alla CFCU, non era vincolante nei suoi confronti, il che avrebbe condotto a un’applicazione erronea del diritto. In terzo luogo, la Vialto sostiene che il suo diritto di essere ascoltata non è stato rispettato dalla DG Allargamento neppure nell’ambito dell’invito di quest’ultima a sospendere l’esecuzione del contratto di cui trattasi o della parte del contratto eseguita dalla Vialto.

    112.

    Per quanto riguarda il secondo argomento, dal punto 89 della sentenza impugnata, non contestato, risulta che, nella sua lettera del 13 ottobre 2016, la DG Allargamento ha informato la CFCU che riteneva che il rifiuto della ricorrente di cooperare all’indagine dell’OLAF costituisse una violazione, da parte della Vialto, dell’articolo 25, paragrafi 2 e 3, delle condizioni generali e che, in tale contesto, invitava la CFCU ad adottare le misure adeguate, ai sensi delle stesse condizioni generali, per quanto riguarda la violazione del contratto. Essa ha aggiunto, al riguardo, che la CFCU poteva considerare, fra le opzioni disponibili in concreto, la sospensione dell’esecuzione del contratto di cui trattasi o della parte eseguita dalla ricorrente.

    113.

    Come riconosciuto dalla ricorrente nella sua impugnazione, dalla summenzionata lettera della DG Allargamento del 13 ottobre 2016, nonché dalla lettera della CFCU dell’11 novembre 2016, risulta espressamente che la Commissione aveva invitato la CFCU ad adottare misure adeguate in risposta alla violazione del contratto. Più che una semplice formula, tali termini rispecchiano le norme che disciplinano un contratto concluso nell’ambito di un IPA e la ripartizione delle competenze tra le autorità intervenienti.

    114.

    Se la Commissione conserva la responsabilità globale finale per il bilancio generale, la struttura operativa è responsabile della gestione e attuazione del programma in questione, in conformità con il principio di sana gestione finanziaria ( 28 ). La Corte ha già sottolineato tale aspetto nella sua giurisprudenza. Infatti, «gli appalti pubblici aggiudicati da paesi terzi e idonei a beneficiare di assistenza ai sensi dell’IPA, sottoposti al principio della gestione decentrata, permangono appalti nazionali, che solo le autorità nazionali aggiudicatrici incaricate di seguirli sono competenti ad elaborare, negoziare e stipulare, mentre gli interventi dei rappresentanti della Commissione nel procedimento di aggiudicazione di questi appalti sono unicamente intesi ad accertare che sussistano i presupposti del finanziamento dell’Unione. Inoltre, le imprese offerenti od aggiudicatarie degli appalti in parola intrattengono rapporti giuridici soltanto con lo Stato terzo responsabile dell’appalto e gli atti dei rappresentanti della Commissione non possono avere per effetto quello di sostituire, in relazione ad essi, una decisione dell’Unione alla decisione di tale Stato terzo» ( 29 ).

    115.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, non sono in grado di affermare che vi sia stato uno snaturamento dei fatti o un errore di diritto ai punti 94 e 122 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha statuito che la decisione di escludere la ricorrente dal contratto di cui trattasi è stata adottata dalla CFCU, senza che la questa fosse vincolata da una posizione adottata in tal senso dalla DG Allargamento.

    116.

    Allo stesso tempo, indipendentemente dall’assenza di un rapporto contrattuale tra la Commissione e la Vialto, la questione se la prima avrebbe dovuto ascoltare la ricorrente prima di comunicare le sue proposte alla CFCU è, tuttavia, una questione distinta.

    117.

    L’articolo 41, paragrafo 2, della Carta prevede che il diritto a una buona amministrazione comprende, in primo luogo, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio, in secondo luogo, il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale, e in terzo luogo l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. In particolare, il diritto di essere ascoltato garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi ( 30 ).

    118.

    Nel caso di specie, indipendentemente dal fatto che la decisione di escludere la Vialto dal contratto di cui trattasi sia stata adottata dalla CFCU, e non dalla Commissione, è difficile sostenere che l’invito rivolto dalla Commissione alla CFCU ad adottare misure adeguate per quanto concerne la violazione del contratto di cui trattasi da parte della Vialto, assieme alla sua decisione di ritenere che l’importo pagato per i servizi della Vialto nell’ambito di tale contratto non potesse beneficiare del finanziamento dell’Unione, non costituisce una decisione idonea ad arrecare pregiudizio agli interessi della Vialto ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, della Carta. È del tutto evidente che, sebbene la decisione sia stata adottata dalla CFCU, l’intervento della Commissione ha rappresentato una tappa importante, se non decisiva, di tale processo.

    119.

    Peraltro, sebbene sia pacifico che l’OLAF esercita i suoi poteri di indagine in piena indipendenza rispetto alla Commissione, a governi o ad altre istituzioni, organi od organismi ( 31 ), risulta tuttavia dal regolamento n. 883/2013 che, al termine delle sue indagini, l’OLAF dispone soltanto di un potere di raccomandazione. Infatti, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2013, al termine di un’indagine esso deve redigere una relazione. Tale relazione è poi accompagnata dalle raccomandazioni del direttore generale sull’opportunità o meno che le istituzioni, gli organi e gli organismi e le autorità competenti degli Stati membri interessati adottino provvedimenti. Nel caso di un’indagine esterna, l’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2013 precisa che le relazioni e le raccomandazioni devono essere trasmesse alle autorità competenti degli Stati membri interessati, e, se necessario, ai servizi competenti della Commissione.

    120.

    In tale contesto giuridico, è chiaro, dunque, che una persona o un’impresa sottoposta a indagine da parte dell’OLAF deve, in linea di principio, essere ascoltata sia dall’OLAF, sia dall’istituzione, dall’organo, dall’organismo dell’Unione o dall’autorità competente di uno Stato membro destinatari della relazione e delle raccomandazioni, poiché saranno dette istituzioni ed organi degli Stati membri ad adottare, in ultima istanza, la decisione idonea ad arrecare pregiudizio a detta persona o impresa ( 32 ).

    121.

    Tuttavia, non si dovrebbe trascurare, da un lato, il fatto che la violazione del diritto di essere ascoltato, come nel caso di altri diritti della difesa, deve essere esaminata in funzione delle specifiche circostanze di ogni singola fattispecie ( 33 ) e, dall’altro, il fatto che tale diritto specifico persegue un duplice obiettivo. Da un lato, esso serve all’istruzione del fascicolo e, in tal modo, promuove gli interessi della buona amministrazione, garantendo che l’organo amministrativo interessato accerti i fatti nel modo più preciso e corretto possibile. Dall’altro lato, esso consente di assicurare una tutela effettiva dell’interessato ( 34 ).

    122.

    Come dichiarato dalla Corte, la regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a queste ultime di correggere un errore o far valere elementi relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro ( 35 ).

    123.

    Nella presente causa, dalla sentenza impugnata e dall’impugnazione della Vialto risulta che l’atto della Commissione in relazione al quale la Vialto sostiene che avrebbe dovuto essere sentita, prima che esso fosse adottato, è la lettera inviata alla CFCU il 13 ottobre 2016 ( 36 ). In tale lettera, la DG Allargamento ha informato la CFCU che, nonostante gli obblighi previsti dall’articolo 25 delle condizioni generali, la Vialto non aveva permesso l’accesso dell’OLAF alle informazioni necessarie per condurre le sue indagini, invocando talune clausole di riservatezza e la propria interpretazione del contratto di cui trattasi.

    124.

    È vero che tali informazioni fattuali figuravano già nelle relazioni del controllo sul posto. A tal riguardo, come il Tribunale ha correttamente dichiarato al punto 121 della sentenza impugnata, alla ricorrente è stata offerta, di fatto, la possibilità di contestare e di commentare gli elementi contenuti in tali relazioni con la lettera del 6 maggio 2016. Inoltre, con la sua lettera del 23 settembre 2016, la Vialto ha potuto presentare le sue osservazioni sulla lettera dell’OLAF del 14 settembre 2016, che la informava del suo status di persona interessata dall’indagine relativa a sospetti di corruzione o frode in riferimento al progetto di cui trattasi. Tuttavia, dalla sentenza impugnata, dal fascicolo sottoposto alla Corte e dalle risposte della Commissione ai quesiti proposti, sul punto, nel corso dell’udienza del 10 febbraio 2021, non risulta che la DG Allargamento fosse a conoscenza di tali documenti né, a fortiori, degli argomenti difensivi ivi sviluppati dalla ricorrente nel momento in cui ha inviato la lettera controversa alla CFCU il 13 ottobre 2016. In tali particolari circostanze, devo quindi constatare che non si può affermare che la Commissione abbia avuto la possibilità di prendere concretamente in considerazione tutte le informazioni pertinenti relative alla situazione personale della Vialto nel momento in cui essa ha scritto alla CFCU invitandola ad adottare determinate misure contrattuali.

    125.

    Di conseguenza, mi vedo costretto a concludere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 122 della sentenza impugnata, che la Vialto non poteva fondarsi sull’obbligo della Commissione di ascoltarla poiché l’adozione della decisione che la escludeva dal contratto di cui trattasi era stata adottata dalla CFCU e non dalla Commissione stessa.

    126.

    Ritengo pertanto che il terzo motivo di impugnazione dedotto dalla Vialto a sostegno della sua impugnazione debba essere accolto nella parte in cui verte sulla violazione del suo diritto di essere ascoltata dalla Commissione. Si deve accogliere l’impugnazione e annullare la sentenza impugnata nella parte in cui statuisce che la ricorrente non poteva fondarsi sull’obbligo della Commissione di ascoltarla prima dell’adozione della decisione della CFCU che l’ha esclusa dal contratto di cui trattasi.

    VII. Procedimento dinanzi al Tribunale

    127.

    Ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, se l’impugnazione è accolta, la Corte può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

    128.

    È quanto avviene nel caso di specie.

    129.

    Infatti, come correttamente ricordato dal Tribunale al punto 34 della sentenza impugnata, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’accertamento di un danno effettivo e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato ( 37 ).

    130.

    Quest’ultimo presupposto relativo al nesso causale concerne l’esistenza di un rapporto di causa-effetto sufficientemente diretto tra il comportamento delle istituzioni dell’Unione e il danno, nesso di cui spetta alla ricorrente fornire la prova, di modo che il comportamento addebitato deve essere la causa determinante del danno ( 38 ).

    131.

    Tuttavia, alla luce delle considerazioni che precedono, poiché sono giunto alla conclusione che il Tribunale non ha snaturato i fatti né è incorso in un errore di diritto dichiarando che la decisione di escludere la ricorrente dal contratto di cui trattasi era stata adottata dalla CFCU, senza che la CFCU fosse vincolata alla posizione adottata in tal senso dalla DG Allargamento, non si può ritenere che il comportamento contestato alla Commissione abbia costituito la causa determinante del danno lamentato dalla Vialto.

    132.

    Di conseguenza, poiché la Corte ha già dichiarato che, quando uno dei presupposti per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione non è soddisfatto, il ricorso deve essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità extracontrattuale dell’Unione ( 39 ), occorre concludere nel senso che la domanda di risarcimento danni proposta dalla ricorrente deve, necessariamente e in ogni caso, essere respinta.

    VIII. Sulle spese

    133.

    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

    134.

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del suddetto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

    135.

    Nel caso di specie, tenuto conto del fatto che la sentenza impugnata dovrebbe essere parzialmente annullata, mentre la domanda di risarcimento danni dovrebbe essere respinta, appare opportuno disporre che la ricorrente e la Commissione sopportino ciascuna le proprie spese relative al procedimento di primo grado e a quello di impugnazione.

    IX. Conclusione

    136.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:

    annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 26 giugno 2019, Vialto Consulting/Commissione (T‑617/17, non pubblicata, EU:T:2019:446), nella parte in cui ha dichiarato che la ricorrente non poteva fondarsi sull’obbligo della Commissione di ascoltarla prima dell’adozione della decisione della CFCU che l’ha esclusa dal contratto di cui trattasi;

    respingere, per il resto, l’impugnazione;

    respingere il ricorso della Vialto Consulting diretto a ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa della presunta condotta illecita della Commissione europea e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) in riferimento alla sua esclusione dal contratto di prestazione di servizi recante il riferimento TR2010/0311.01-02/001;

    condannare la Vialto Consulting e la Commissione europea a sopportare le proprie spese relative al procedimento di primo grado e a quello di impugnazione.


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) GU 1996, L 292, pag. 2.

    ( 3 ) GU 2007, L 170, pag. 1.

    ( 4 ) GU 2013, L 248, pag. 1.

    ( 5 ) GU 2006, L 10, pag. 82.

    ( 6 ) GU 2003, L 1, pag. 1.

    ( 7 ) Il corsivo è mio.

    ( 8 ) Sebbene il regolamento n. 2185/96 riguardi gli ispettori della Commissione, tale competenza è ora esercitata dall’OLAF, conformemente all’articolo 2 della decisione 1999/352 della Commissione, che istituisce l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU 1999, L 136, pag. 20), e all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2013.

    ( 9 ) COM (2018) 338 final.

    ( 10 ) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata «Valutazione dell’applicazione del regolamento [n. 883/2013]» [COM(2017) 589 final].

    ( 11 ) V. «Evaluation of the application of Regulation No 883/2013 concerning investigations conducted by the European Anti-Fraud Office (OLAF) Final Report» [Valutazione dell’applicazione del regolamento n. 883/2013 relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) Relazione finale] punto 4.2.2.4. Concluding remarks [Osservazioni conclusive], (pag. 97 nella versione in lingua inglese). Ricordo che l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2013 indica espressamente che è conformemente alle disposizioni e alle procedure previste dal regolamento n. 2185/96 che l’OLAF può procedere a controlli e verifiche sul posto presso gli operatori economici.

    ( 12 ) V. punto 1.9 degli orientamenti sulle procedure di informatica forense.

    ( 13 ) Ai sensi del punto 8.4 degli orientamenti sulle procedure di informatica forense, «[q]uando il file forense è disponibile, l’investigatore formula richieste scritte attraverso il modulo di richiesta di informazioni CMS per indicizzare il file di lavoro forense (…). In risposta alla richiesta scritta dell’investigatore e congiuntamente con l’investigatore, il [Digital Evidence Specialist (esperto di prove informatiche del personale dell’OLAF)] estrae i dati che corrispondono ai criteri di ricerca dal file di lavoro forense ai fini dell’accesso di sola lettura da parte dell’investigatore».

    ( 14 ) V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione (C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punto 66). Ciò premesso, occorre rilevare che la possibilità, per l’OLAF, di proseguire il suo esame dei dati relativi alle attività di un’impresa al di fuori dei locali di quest’ultima è subordinata alla condizione che ciò non comporti alcuna violazione dei diritti della difesa e non costituisca un’ingerenza nei diritti delle imprese interessate ulteriore rispetto a quella determinata da una verifica nei loro locali. L’OLAF può agire in tal senso qualora possa legittimamente ritenere che ciò si giustifichi nell’interesse dell’efficacia della verifica o al fine di evitare un’ingerenza eccessiva nel funzionamento dell’impresa interessata (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione, C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punti 8790).

    ( 15 ) V., per analogia (per quanto concerne il potere di indagine della Commissione in materia di concorrenza ai sensi del regolamento n. 1/2003), conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Nexans France e Nexans/Commissione (C‑606/18 P, EU:C:2020:207, paragrafo 66).

    ( 16 ) Sentenza del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione (C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punto 62).

    ( 17 ) V. punto 8.4 degli orientamenti sulle procedure di informatica forense citato alla nota 13. L’«Informativa sulle operazioni di informatica forense» dell’OLAF precisa altresì che «i dati rilevanti ai fini dell’indagine sono individuati mediante ricerche per parole chiave e altri metodi di ricerca [e s]oltanto tali dati sono inseriti nel fascicolo del caso».

    ( 18 ) V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Nexans France e Nexans/Commissione (C‑606/18 P, EU:C:2020:571, punto 64).

    ( 19 ) V., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2020, Groupe Canal +/Commissione (C‑132/19 P, EU:C:2020:1007, punto 28).

    ( 20 ) V. punto 6.3 degli orientamenti sulle procedure di informatica forense.

    ( 21 ) Sentenza del 16 luglio 2020, ADR Center/Commissione (C‑584/17 P, EU:C:2020:576, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 22 ) V., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2010, Sviluppo Italia Basilicata/Commissione (C‑414/08 P, EU:C:2010:165, punto 107).

    ( 23 ) V., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 1987, Consorzio Cooperative d’Abruzzo/Commissione (15/85, EU:C:1987:111, punto 12); e del 20 giugno 1991, Cargill/Commissione (C‑248/89, EU:C:1991:264, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 24 ) Schønberg, S.J., «Legal Certainty and Revocation of Administrative Decisions: A Comparative Study of English, French and EC Law», Yearbook of European Law, vol. 19, Issue 1, 1999, pagg. da 257 a 298, in particolare pag. 291. V. anche Ragnelman, H., «Confiance légitime et délai raisonnable», in Mélanges en hommage à Fernand Schockweiler, Nomos Verlagsgesellschaft, Baden-Baden, 1999, pagg. da 511 a 522, in particolare pagg. 517 e 518.

    ( 25 ) Sentenza del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio (C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 153).

    ( 26 ) V., in tal senso, Gautron, J.-C., «Le principe de protection de la confiance légitime», in Le droit de l’Union européenne en principes. Liber amicorum en l’honneur de Jean Raux, Apogée, Rennes, 2006, pagg. da 199 a 218, in particolare pag. 210.

    ( 27 ) V., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2020, Austria/Commissione (C‑594/18 P, EU:C:2020:742, punti 4750).

    ( 28 ) V. articolo 10, paragrafo 1, e articolo 28, paragrafo 2, del regolamento n. 718/2007.

    ( 29 ) Ordinanza del 4 luglio 2013, Diadikasia Symvouloi Epicheiriseon/Commissione e a. (C‑520/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:457, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 30 ) V., in tal senso, sentenze del 4 aprile 2019, OZ/BEI (C‑558/17 P, EU:C:2019:289, punti 5253); e del 25 giugno 2020, SatCen/KF (C‑14/19 P, EU:C:2020:492, punti 116117).

    ( 31 ) V. articolo 3 della decisione 1999/352 della Commissione.

    ( 32 ) V., per analogia, nell’ambito di una procedura che prevede raccomandazioni di un comitato interno di un’istituzione dell’Unione, sentenza del 4 aprile 2019, OZ/BEI (C‑558/17 P, EU:C:2019:289, punto 56).

    ( 33 ) V., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑110/10 P, EU:C:2011:687, punto 63).

    ( 34 ) V., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, SEAE/De Loecker (C‑187/19 P, EU:C:2020:444, punto 69).

    ( 35 ) V., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 38).

    ( 36 ) V. punto 89 della sentenza impugnata e punto 73 dell’impugnazione della Vialto. Le altre due lettere menzionate in tale punto non sono documenti della Commissione, bensì una lettera dell’11 novembre 2016 inviata dalla CFCU al consorzio nonché una lettera del 10 gennaio 2017 inviata dalla CFCU alla Vialto.

    ( 37 ) V., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2014, Giordano/Commissione (C‑611/12 P, EU:C:2014:2282, punto 35), e del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 147).

    ( 38 ) V., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2018, Unione europea/Gascogne Sack Deutschland e Gascogne (C‑138/17 P e C‑146/17 P, EU:C:2018:1013, punto 22), e del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 32).

    ( 39 ) V., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea (C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 148).

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