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Document 62019CC0616

    Conclusioni dell’avvocato generale H. Saugmandsgaard Øe, presentate il 3 settembre 2020.


    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:648

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

    presentate il 3 settembre 2020 ( 1 )

    Causa C‑616/19

    M.S.,

    M.W.,

    G.S.

    contro

    Minister for Justice and Equality

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Alta Corte, Irlanda)]

    «Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Ammissibilità di una domanda di protezione internazionale in uno Stato membro dopo aver ottenuto la protezione sussidiaria in un altro Stato membro – Domanda in uno Stato membro soggetto al regolamento (UE) n. 604/2013, ma non alla direttiva 2013/32/UE – Direttiva 2005/85/CE – Motivi di inammissibilità – Articolo 25, paragrafo 2, lettere a) e d) – Nozione di “Stato membro interessato”»

    I. Introduzione

    1.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Alta Corte, Irlanda) verte sull’interpretazione delle norme in materia di ammissibilità di cui alla direttiva 2005/85/CE ( 2 ), recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

    2.

    Le questioni sottoposte alla Corte vengono sollevate nell’ambito di tre controversie ( 3 ) di tre cittadini di paesi terzi che chiedono all’Irlanda la concessione dello status di rifugiato mentre hanno ottenuto una protezione sussidiaria in Italia.

    3.

    Il problema di interpretazione interviene in un contesto estremamente particolare, caratterizzato dal fatto che l’Irlanda ha notificato la sua intenzione di partecipare all’adozione e all’applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 ( 4 ) (in prosieguo: il «regolamento Dublino III»), cosicché essa è soggetta a tale regolamento, ma non ha partecipato all’adozione della direttiva 2013/32/UE ( 5 ) in materia di procedura ad esso associata, non è vincolata da quest’ultima né è soggetta alla sua applicazione. Tale Stato membro resta soggetto alla direttiva precedentemente in vigore in materia di procedura, la direttiva 2005/85, la quale era associata al regolamento (CE) n. 343/2003 ( 6 ) (in prosieguo: il «regolamento Dublino II»).

    4.

    La Corte si trova dunque ad affrontare una questione di interpretazione di una disposizione della direttiva 2005/85 al di fuori dell’ambito del regolamento Dublino II preso in considerazione dal legislatore dell’Unione.

    5.

    Al termine di un’analisi delle norme sull’ammissibilità pertinenti nel contesto particolare in questione, le proporrò di dichiarare che tali norme non ostano a che l’Irlanda consideri inammissibili domande come quelle dei cittadini di paesi terzi di cui al procedimento principale, dirette ad ottenere lo status di rifugiato, qualora ad essi sia stata conferita una protezione sussidiaria da un altro Stato membro.

    II. Contesto normativo

    A.   Diritto dell’Unione

    1. Regolamenti Dublino II e Dublino III

    6.

    Il regolamento Dublino III ha abrogato e sostituito il regolamento Dublino II.

    7.

    Mentre il regolamento Dublino II stabiliva, ai sensi del suo articolo 1, in combinato disposto con il suo articolo 2, lettera c), solo i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo, ai sensi della convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»), il regolamento Dublino III, come risulta dal suo articolo 1, persegue adesso l’obiettivo di stabilire siffatti criteri e meccanismi per quanto riguarda le domande di protezione internazionale che, secondo la definizione offerta all’articolo 2, lettera b), di tale regolamento, che rimanda a quella enunciata all’articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95/UE ( 7 ), sono quelle dirette ad ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria.

    2. Direttiva 2005/85

    8.

    La direttiva 2005/85 è associata al regolamento Dublino II.

    9.

    Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2005/85 persegue l’obiettivo di stabilire norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

    10.

    Il considerando 22 di tale direttiva così recita:

    «Gli Stati membri dovrebbero esaminare tutte le domande nel merito, valutare cioè se al richiedente di cui trattasi è attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004 recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto dello status di protezione [ ( 8 )], salvo se altrimenti previsto dalla presente direttiva, in particolare se si può ragionevolmente presumere che un altro paese proceda all’esame o fornisca sufficiente protezione. In particolare, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di asilo se il paese di primo asilo ha concesso al richiedente lo status di rifugiato o ha altrimenti concesso sufficiente protezione e il richiedente sarà riammesso in detto paese».

    11.

    L’articolo 25 di detta direttiva, intitolato «Domande irricevibili», dispone quanto segue:

    «1.   Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento [Dublino II], gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della [direttiva 2004/83], qualora la domanda di asilo sia giudicata irricevibile a norma del presente articolo.

    2.   Gli Stati membri possono giudicare una domanda di asilo irricevibile a norma del presente articolo se:

    a)

    un altro Stato membro ha concesso lo status di rifugiato;

    b)

    un paese che non è uno Stato membro è considerato paese di primo asilo del richiedente a norma dell’articolo 26;

    c)

    un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell’articolo 27;

    d)

    il richiedente è autorizzato a rimanere nello Stato membro interessato per un altro motivo ed in conseguenza di ciò gli è stato concesso uno status equivalente ai diritti e ai benefici dello status di rifugiato a norma della [direttiva 2004/83];

    e)

    il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro interessato per altri motivi che lo proteggono dal “refoulement” in attesa dell’esito di una procedura relativa alla determinazione del suo status a norma della lettera d);

    f)

    il richiedente ha presentato una domanda identica dopo che sia stata presa una decisione definitiva;

    g)

    una persona a carico del richiedente presenta una domanda, dopo aver acconsentito, a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a suo nome e non vi siano elementi relativi alla situazione della persona a carico che giustifichino una domanda separata».

    3. Direttiva 2013/32

    12.

    La direttiva 2013/32 à associata al regolamento Dublino III. Essa ha rifuso la direttiva 2005/85.

    13.

    Il considerando 58 della direttiva 2013/32 enuncia quanto segue:

    «A norma degli articoli 1, 2 e dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, detti Stati membri non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione».

    14.

    Secondo l’articolo 1 di tale direttiva, l’obiettivo di quest’ultima è stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95.

    15.

    L’articolo 33 di detta direttiva, intitolato «Domande inammissibili», così recita:

    «1.   Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento [Dublino III], gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della [direttiva 2011/95], qualora la domanda sia giudicata inammissibile a norma del presente articolo.

    2.   Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

    a)

    un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale;

    b)

    un paese che non è uno Stato membro è considerato paese di primo asilo del richiedente a norma dell’articolo 35;

    c)

    un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell’articolo 38;

    d)

    la domanda è una domanda reiterata, qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare se al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della [direttiva 2011/95]; o

    e)

    una persona a carico del richiedente presenta una domanda, dopo aver acconsentito, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a suo nome e non vi siano elementi relativi alla situazione della persona a carico che giustifichino una domanda separata».

    B.   Diritto irlandese

    16.

    Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera a), dell’International Protection Act 2015 (legge del 2015 relativa alla protezione internazionale), una domanda di protezione internazionale è considerata inammissibile allorché lo status di rifugiato oppure lo status di protezione sussidiaria sia stato concesso al richiedente da un altro Stato membro.

    III. Le controversie nei procedimenti principali, le questioni pregiudiziali e il procedimento dinanzi alla Corte

    17.

    M.S., M.W. e G.S. sono cittadini di paesi terzi, originari dell’Afghanistan i primi due e della Georgia il terzo, i quali, dopo aver ottenuto lo status di protezione sussidiaria in Italia, sono entrati in Irlanda nel corso del 2017 e hanno ivi presentato una domanda di protezione internazionale dinanzi all’International Protection Office (Ufficio per la protezione internazionale, Irlanda).

    18.

    Con decisioni del 1o dicembre 2017, del 2 febbraio 2018 e del 29 giugno 2018, l’Ufficio per la protezione internazionale ha respinto le domande di protezione internazionale rispettivamente presentate da M.S., M.W. e G.S., con la motivazione che questi ultimi avevano già ottenuto lo status di protezione sussidiaria in un altro Stato membro, ossia l’Italia.

    19.

    M.S., M.W. e G.S. hanno proposto ciascuno un ricorso avverso tali decisioni dinanzi all’International Protection Appeals Tribunal (Tribunale per i ricorsi in materia di protezione internazionale, Irlanda), il quale li ha respinti con rispettive decisioni del 23 maggio, del 28 settembre e del 18 ottobre 2018.

    20.

    I ricorrenti nei procedimenti principali hanno investito la High Court (Alta Corte) di un ricorso inteso ad ottenere l’annullamento di tali decisioni.

    21.

    Facendo riferimento alla sentenza Ibrahim e a. ( 9 ), il giudice del rinvio ricorda che l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 consente ad uno Stato membro di respingere una domanda di asilo in quanto inammissibile quando il richiedente ha ottenuto da un altro Stato membro una protezione sussidiaria, avendo tale disposizione esteso la facoltà precedentemente prevista all’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85, che consentiva un siffatto rigetto unicamente quando il richiedente aveva ottenuto in un altro Stato membro lo status di rifugiato.

    22.

    Detto giudice osserva pertanto che, in forza del combinato disposto della direttiva 2013/32 e del regolamento Dublino III, nessuno Stato membro è tenuto a trattare una domanda di protezione internazionale allorché tale protezione sia già stata concessa in un altro Stato membro.

    23.

    Tuttavia, il giudice del rinvio sottolinea che l’Irlanda, pur partecipando all’adozione e all’applicazione del regolamento Dublino III, ha deciso di non partecipare all’adozione e all’applicazione della direttiva 2013/32, cosicché in tale Stato membro continua ad applicarsi la direttiva 2005/85.

    24.

    In tale contesto, il giudice del rinvio si domanda se la direttiva 2005/85, e segnatamente il suo articolo 25, in combinato disposto con il regolamento Dublino III, debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una legislazione nazionale che consente di respingere una domanda di protezione internazionale in quanto inammissibile allorché al richiedente sia già stata conferita una protezione sussidiaria in un altro Stato membro. In particolare, esso si interroga sulla portata dei motivi di inammissibilità previsti all’articolo 25, lettere d) ed e), di detta direttiva, segnatamente per quanto riguarda l’interpretazione della nozione di «Stato membro interessato» ai sensi di tali disposizioni.

    25.

    Inoltre, il giudice del rinvio chiede se la circostanza che un cittadino di paese terzo al quale sia stato riconosciuto lo status di protezione sussidiaria in un primo Stato membro presenti una domanda di protezione internazionale in un secondo Stato membro costituisca un abuso di diritto, cosicché quest’ultimo Stato membro può considerare inammissibile una siffatta domanda.

    26.

    È in tali circostanze che la High Court (Alta Corte) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se per “Stato membro interessato” ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, lettere d) ed e), della direttiva 2005/85 si debba intendere un primo Stato membro che ha concesso una protezione equivalente all’asilo ad un richiedente protezione internazionale oppure un secondo Stato membro al quale è presentata una successiva domanda di protezione internazionale o, ancora, l’uno o l’altro di tali Stati membri.

    2)

    Se, nel caso in cui al cittadino di paese terzo sia stata concessa la protezione internazionale sotto forma di protezione sussidiaria in un primo Stato membro e tale cittadino si trasferisca nel territorio di un secondo Stato membro, la presentazione di un’ulteriore domanda di protezione internazionale nel secondo Stato membro costituisca un abuso di diritto tale per cui al secondo Stato membro è consentito adottare un provvedimento in cui è previsto che una tale domanda successiva è irricevibile.

    3)

    Se l’articolo 25 della direttiva 2005/85 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, che non è vincolato dalla [direttiva 2013/32 ( 10 )], ma è vincolato dal regolamento [Dublino III], adotti una legislazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che dichiara inammissibile una domanda di asilo di un cittadino di paese terzo al quale un altro Stato membro abbia precedentemente concesso una protezione sussidiaria».

    IV. Analisi

    A.   Osservazioni preliminari

    27.

    Con le sue questioni pregiudiziali il giudice del rinvio domanda se l’inserimento, nella sua legge del 2015 ( 11 ) relativa alla protezione internazionale, di un motivo di inammissibilità fondato sulla circostanza che un richiedente siffatta protezione abbia già ottenuto lo status di protezione sussidiaria in un altro Stato membro, sia conforme alla direttiva 2005/85 nell’ambito dell’applicazione del regolamento Dublino III. A tal fine, esso interpella la Corte sull’interpretazione dei motivi di inammissibilità («irricevibilità») figuranti all’articolo 25 di tale direttiva.

    28.

    Sottolineerò anzitutto che, benché la direttiva 2013/32 abbia abrogato la direttiva 2005/85, tale abrogazione non vale per l’Irlanda. Infatti, l’articolo 53 della direttiva 2013/32 stabilisce espressamente che la direttiva 2005/85 è abrogata «per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva». Orbene, come è enunciato al considerando 58 della direttiva 2013/32, l’Irlanda non partecipa all’adozione di tale direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. Di conseguenza, l’Irlanda resta effettivamente soggetta alla direttiva 2005/85, la quale non è abrogata nei suoi confronti.

    29.

    Per quanto riguarda l’articolo 25 della direttiva 2005/85, la Corte ha già interpretato tale disposizione e ha esaminato la questione se la circostanza che la protezione sussidiaria sia stata accordata in un primo Stato membro consenta ad un secondo Stato membro dinanzi al quale il cittadino di paese terzo ha presentato una domanda di asilo di respingere tale domanda in quanto inammissibile ( 12 ). La questione, esaminata nell’ambito dell’applicazione congiunta di tale direttiva e del regolamento Dublino II, ha ricevuto una risposta chiaramente negativa.

    30.

    Si pone la questione se la circostanza che la direttiva 2005/85 sia considerata, nella presente causa, nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III, e non più del regolamento Dublino II, possa dar luogo ad una diversa interpretazione.

    31.

    Tale problematica si trova al centro della prima e della terza questione del giudice del rinvio. Infatti, con tali questioni, le quali sono strettamente connesse, si chiede se lo «Stato membro interessato» menzionato all’articolo 25, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2005/85 possa essere il primo Stato membro che ha concesso una protezione equivalente a quella conferita dallo status di rifugiato, di modo che la protezione sussidiaria accordata dal medesimo potrebbe costituire un motivo di inammissibilità nel contesto del regolamento Dublino II (prima questione) o in quello del regolamento Dublino III (terza questione). Propongo di trattare la problematica sollevata iniziando dall’analisi dei motivi di inammissibilità previsti dall’articolo 25 della direttiva 2005/85 nell’ambito del regolamento Dublino II (sezione B) e di esaminarli poi nell’ambito del regolamento Dublino III (sezione C). Concluderò svolgendo alcune osservazioni sulla questione dell’abuso sollevata nella seconda questione pregiudiziale.

    B.   Sui motivi di inammissibilità previsti dalla direttiva 2005/85 nell’ambito del regolamento Dublino II

    32.

    Esamino nella presente sezione, in primo luogo, l’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85 e, più specificamente, il significato della lettera d) di tale disposizione, quale risulta dal suo testo e dal suo contesto, e quindi, in secondo luogo, i contributi della sentenza Ibrahim a tal riguardo.

    1. L’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85

    33.

    L’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85 contiene sette motivi di inammissibilità facoltativi che consentono agli Stati membri di giudicare inammissibile una domanda di asilo presentata da un cittadino di paese terzo.

    34.

    Il primo motivo di inammissibilità previsto a tale disposizione, alla sua lettera a), verte sul caso in cui un altro Stato membro abbia concesso lo status di rifugiato. I due motivi seguenti, alle lettere b) e c), contemplano il caso in cui venga offerta una protezione da un paese terzo considerato il paese di primo asilo o un paese terzo sicuro. Le lettere d) ed e) riguardano il caso in cui il richiedente sia autorizzato a rimanere nello Stato membro interessato o in quanto gli è stato concesso da tale Stato membro uno status equivalente ai diritti e ai benefici dello status di rifugiato, a norma della direttiva 2004/83, in altre parole tale Stato membro ha concesso al medesimo lo status di protezione sussidiaria ( 13 ) [lettera d)], o in quanto tale Stato membro lo protegge dal «refoulement» in attesa dell’esito di una procedura relativa alla determinazione della concessione o del diniego dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria [lettera e)]. Le lettere f) e g) riguardano rispettivamente il caso della reiterazione di una domanda identica dopo che sia stata presa una decisione definitiva e quello di una domanda presentata da una persona a carico del cittadino di paese terzo che aveva già acconsentito a che il suo caso facesse parte di una domanda presentata a suo nome.

    35.

    La presente causa verte sulle conseguenze di una protezione sussidiaria concessa in un primo Stato membro e si pone la questione se lo «Stato membro interessato» di cui alle lettere d) ed e) dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85 possa essere questo primo Stato membro. In caso affermativo, la circostanza che la Repubblica italiana abbia concesso la protezione sussidiaria a cittadini di paesi terzi, come quelli di cui al procedimento principale, costituisce, in forza della lettera d) di tale disposizione, un motivo di inammissibilità della domanda di protezione internazionale presentata nel secondo Stato membro, l’Irlanda. Per contro, se tali termini si riferiscono soltanto al secondo Stato membro, la concessione della protezione sussidiaria nel primo Stato membro non costituisce un motivo di inammissibilità, ai sensi di tale lettera.

    36.

    Il testo dell’articolo 25, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2005/85 non fornisce una risposta univoca a tale quesito. Al contrario, contiene un’ambiguità, come rivelano gli interrogativi del giudice del rinvio. Secondo i cittadini dei paesi terzi, la nozione di «Stato membro interessato» di cui alle lettere d) ed e) coprirebbe unicamente il secondo Stato membro, e la concessione di una protezione sussidiaria in Italia non sarebbe rilevante, mentre l’Irlanda e la Commissione europea, al pari del giudice del rinvio, ritengono che tale nozione ricomprenda sia il primo sia il secondo Stato membro.

    37.

    L’ambiguità è rafforzata dal considerando 22 della direttiva 2005/85. Tale considerando enuncia che gli Stati membri sono tenuti ad esaminare nel merito una domanda di asilo, salvo se altrimenti previsto da tale direttiva, «in particolare se si può ragionevolmente presumere che un altro paese proceda all’esame o fornisca sufficiente protezione» ( 14 ). Tale considerando precisa che, «[i]n particolare, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di asilo se il paese di primo asilo ha concesso al richiedente lo status di rifugiato o ha altrimenti concesso sufficiente protezione e il richiedente sarà riammesso in detto paese» ( 15 ).

    38.

    Orbene, i termini «altro paese» e «paese di primo asilo» vengono impiegati in tale considerando in un senso idoneo ad inglobare tanto i paesi terzi quanto gli Stati membri. Infatti, contrariamente al termine «paese» figurante all’articolo 25, paragrafo 2, lettera b) e c), della direttiva 2005/85, il quale rinvia espressamente ed unicamente ad un paese terzo, non viene precisato che i paesi menzionati a tale considerando 22 non comprendano gli Stati membri.

    39.

    Basandosi su tale considerando, l’Irlanda e la Commissione sostengono che la nozione di «Stato membro interessato» figurante all’articolo 25, paragrafo 2, lettere d) ed e), della direttiva 2005/85 ricomprende sia il primo Stato membro sia il secondo Stato membro. Esse ne concludono che se il primo Stato membro ha concesso la protezione sussidiaria ai cittadini di paesi terzi che presentano una domanda di asilo in un secondo Stato membro, quest’ultimo può respingere tale domanda in quanto inammissibile.

    40.

    Un esame più dettagliato del testo di tale articolo 25, paragrafo 2, e del contesto di tale disposizione porta tuttavia ad un’altra risposta.

    41.

    Infatti, come ho già segnalato, il legislatore dell’Unione ha redatto tale disposizione utilizzando i termini «un altro Stato membro» alla sua lettera a) e i termini «Stato membro interessato» alle sue lettere d) ed e). Se sono stati utilizzati termini differenti alla lettera a) rispetto alle lettere d) ed e), è perché il legislatore prendeva in considerazione due fattispecie diverse. I termini «Stato membro interessato» non possono pertanto essere considerati equivalenti ai termini «un altro Stato membro», e lo «Stato membro interessato» non è dunque il primo Stato membro nel quale il cittadino di paese terzo ha presentato la sua domanda di asilo.

    42.

    Se il legislatore avesse avuto intenzioni diverse, sarebbe stato logico che questi aggiungesse alla lettera a) della stessa disposizione che lo status di protezione sussidiaria concesso da un altro Stato membro costituiva un motivo di inammissibilità al pari dello status di rifugiato.

    43.

    Tale interpretazione letterale è corroborata da un’interpretazione contestuale fondata sulla presa in considerazione della definizione – all’articolo 2, lettera k), della direttiva 2005/85 ( 16 ) – dei termini «rimanere nello Stato membro» utilizzati al suo articolo 25, paragrafo 2, lettere d) ed e) ( 17 ). Infatti, tali termini vengono definiti come il fatto di rimanere nel territorio dello Stato membro in cui la domanda di asilo è stata presentata o è oggetto d’esame.

    44.

    Ne consegue che lo «Stato membro interessato», ai sensi di tale articolo 25, paragrafo 2, lettere d) ed e), fa riferimento allo Stato membro nel quale il cittadino di paese terzo ha presentato una domanda di asilo, nella specie l’Irlanda, e nel cui territorio può rimanere in quanto ( 18 ) tale Stato membro o gli ha concesso in precedenza lo status di protezione sussidiaria [lettera d)] o sta esaminando la sua domanda di asilo (per la prima volta) e ha autorizzato tale cittadino di paese terzo a rimanere nel suo territorio in attesa della decisione [lettera e)].

    45.

    La sentenza Ibrahim, pronunciata dalla Grande Sezione della Corte, e che verteva più specificamente sul motivo di inammissibilità sancito all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a) della direttiva 2013/32, conferma tale analisi. Come illustrerò nella sezione che segue, la Corte ha paragonato tale articolo 33, paragrafo 2, lettera a), alla disposizione che esso ha sostituito, ossia l’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85. Dall’analisi della Corte emerge che il motivo di inammissibilità fondato sulla concessione di una protezione sussidiaria da parte di un primo Stato membro figurante espressamente a detto articolo 33, paragrafo 2, lettera a), non era previsto alla lettera a) dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85 né in nessun’altra lettera di tale disposizione.

    2. La sentenza Ibrahim

    46.

    Tale sentenza verteva su quattro domande di asilo presentate in Germania, in tre casi, da Palestinesi apolidi e, in un caso, da un cittadino di paese terzo ai quali un primo Stato membro aveva già concesso lo status di protezione sussidiaria, rispettivamente la Bulgaria e la Polonia. Tale sentenza verteva su cause riunite dalla Corte, alle quali mi riferirò come le cause Ibrahim, da un lato, e la causa Magamadov, dall’altro. Con una delle questioni pregiudiziali sollevate in tali cause si chiedeva se, per il fatto che la protezione sussidiaria era stata ottenuta in un primo Stato membro, il giudice tedesco interessato poteva respingere in quanto inammissibili le domande di asilo procedendo ad un’immediata applicazione dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, sebbene i fatti della causa risalissero in tutto o in parte a periodi antecedenti l’entrata in vigore di tale direttiva e del regolamento Dublino III.

    47.

    La Corte ha dichiarato al punto 58 della sentenza Ibrahim che, consentendo ad uno Stato membro di respingere una domanda di protezione internazionale dichiarandola inammissibile allorché il richiedente ha ottenuto la protezione sussidiaria in un altro Stato membro, l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32 ha esteso la facoltà precedentemente prevista dall’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2005/85, che consentiva il rigetto di una siffatta domanda unicamente quando il richiedente aveva ottenuto in un altro Stato membro lo status di rifugiato.

    48.

    Al punto 71 di tale sentenza, la Corte ha aggiunto che la direttiva 2013/32 ha quindi introdotto un motivo di inammissibilità aggiuntivo che si spiega con il quadro normativo più ampio previsto dal legislatore con l’adozione, in concomitanza con tale direttiva, del regolamento Dublino III. L’ambito di applicazione di quest’ultimo è infatti esteso, al pari di quello della direttiva 2013/32, alle domande di protezione internazionale ( 19 ), ossia alle domande dirette ad ottenere vuoi lo status di rifugiato vuoi lo status di protezione sussidiaria, e non è più limitato, come ai sensi del regolamento Dublino II, alla procedura di asilo e, pertanto, allo status di rifugiato.

    49.

    Il nesso fra i regolamenti Dublino II o III e le direttive in materia di procedura loro rispettivamente associate è sottolineato ancora al punto 72 della sentenza Ibrahim, dove è precisato che l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2005/85 si riferisce al regolamento Dublino II, mentre l’articolo 33, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 rinvia al regolamento Dublino III.

    50.

    Tale analisi della Corte mette in evidenza l’importanza del quadro normativo nel quale intervengono le norme procedurali distinguendo due regimi regolamentari, quello del regolamento Dublino II e quello del regolamento Dublino III. La differenza fra questi due regimi, la quale discende dall’estensione dell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III, si riflette nel titolo dei diversi strumenti ( 20 ), dato che il primo menziona unicamente la «domanda di asilo» mentre il secondo evoca la «domanda di protezione internazionale». Ciascuno di questi regimi è stato completato da un certo numero di strumenti legislativi ulteriori e farò riferimento nel prosieguo a tali regimi quali sono stati completati, con le espressioni «regime di Dublino II» ( 21 ) e «regime di Dublino III» ( 22 ).

    51.

    Tale estensione dell’ambito di applicazione spiega, a mio avviso, non solo l’inserimento all’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 di un motivo aggiuntivo alla sua lettera a), ma anche la sottrazione da tale disposizione di due motivi di inammissibilità previsti all’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85, ossia quelli figuranti alle sue lettere d) ed e). Tali lettere, nonché la lettera f) della stessa disposizione, sono attualmente ricomprese nella sola lettera d) dell’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32, la quale verte su una domanda reiterata nello stesso Stato membro che non presenta elementi o risultanze nuovi al fine di ottenere lo status di beneficiario di una protezione internazionale, vale a dire quello di rifugiato o quello di protezione sussidiaria.

    52.

    La Corte ha inoltre considerato, ai punti 73 e 74 della sentenza Ibrahim, che dall’impianto sistematico del regolamento Dublino III e della direttiva 2013/32, nonché dalla formulazione dell’articolo 33, paragrafo 1, di quest’ultima, si desume che il motivo di inammissibilità aggiuntivo previsto all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva non si applica ad una domanda di asilo che rientri ancora in toto nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II.

    53.

    Pertanto, in una situazione come quella oggetto della causa Magamadov, la quale, alla luce delle date in cui sono state presentate la domanda di asilo nel secondo Stato membro e la domanda di ripresa in carico da parte del primo Stato membro ( 23 ), rientra in toto nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II, la circostanza che sia stata concessa una protezione sussidiaria nel primo Stato membro non costituisce un motivo di inammissibilità. Il secondo Stato membro deve esaminare, in linea di principio, la domanda di asilo, a meno che esso non decida di trasferire il richiedente nel primo Stato membro, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, lettera e), nonché dell’articolo 20 del regolamento Dublino II ( 24 ), affinché questo primo Stato membro si faccia carico di tale esame.

    54.

    Tale conclusione della Corte, secondo la quale il motivo di inammissibilità fondato sulla concessione da parte di un primo Stato membro dello status di protezione sussidiaria non è previsto dalla direttiva 2005/85 e non consente dunque al secondo Stato membro di respingere una domanda di asilo, qualora i fatti della causa rientrino in toto nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II, corrobora l’analisi secondo la quale l’articolo 25, paragrafo 2, di tale direttiva, inclusa la sua lettera d), non prevede un siffatto motivo di inammissibilità e, pertanto, la nozione di «Stato membro interessato» figurante a tale lettera non riguarda il primo Stato membro.

    55.

    Per contro, in una situazione che, al pari delle cause Ibrahim, rientra nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III, la Corte ha sentenziato che lo Stato membro interessato, ossia il secondo Stato membro, avrà facoltà di respingere la domanda di asilo in quanto inammissibile ( 25 ).

    56.

    Tale conclusione della Corte si applica allorché i fatti della causa rientrino in toto nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III e della direttiva 2013/32, vale a dire allorché si collochino successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento Dublino III, ossia il 1o gennaio 2014 in conformità all’articolo 49, secondo comma, del medesimo, ma anche successivamente alla data di entrata in vigore della direttiva 2013/32, ossia il 20 luglio 2015.

    57.

    La stessa conclusione si applica anche allorché i fatti della causa rientrino parzialmente nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III ( 26 ), qualora la legislazione nazionale del secondo Stato membro consenta un’immediata applicazione della direttiva 2013/32 prima della scadenza del termine di recepimento di quest’ultima e a condizione che i fatti si collochino dopo la data di entrata in vigore comune della direttiva 2013/32 e del regolamento Dublino III ( 27 ) e che una parte di essi si collochi, come nelle cause Ibrahim, successivamente alla data di effetto del regolamento Dublino III ( 28 ). In una simile situazione, sia il regolamento Dublino III sia la direttiva 2013/32 sono applicabili a tali fatti.

    58.

    Se dalla sentenza Ibrahim risulta che, in una situazione disciplinata in toto dal regolamento Dublino II, uno Stato membro non può respingere una domanda di asilo in quanto inammissibile con la motivazione che il richiedente ha ottenuto una protezione sussidiaria in un primo Stato membro, rilevo che tale sentenza non risponde, però, alla questione se tale motivo sia applicabile qualora uno Stato membro, nella specie l’Irlanda, sia soggetto all’applicazione del regolamento Dublino III, ma non a quella della direttiva 2013/32 ad esso connessa.

    59.

    Per quanto riguarda, inoltre, la conclusione della Corte richiamata al paragrafo 57 delle presenti conclusioni, relativa all’applicazione del motivo aggiuntivo di inammissibilità qualora i fatti rientrino solo parzialmente nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III, è giocoforza constatare che essa verte, cionondimeno, su una situazione nella quale, a differenza che nella presente causa, il secondo Stato membro è pienamente soggetto all’applicazione sia del regolamento Dublino III sia della direttiva 2013/32.

    60.

    Si pone la questione se la stessa conclusione si imponga qualora questo secondo Stato membro non sia vincolato dalla direttiva 2013/32.

    C.   Sui motivi di inammissibilità previsti dalla direttiva 2005/85 nell’ambito del regolamento Dublino III

    61.

    Analizzerò nella presente sezione, anzitutto, l’apporto del regime di Dublino III rispetto al regime di Dublino II e la logica dei meccanismi di trasferimento e di inammissibilità connessi a ciascuno di tali regimi, che consentono al secondo Stato membro di non esaminare la domanda di protezione internazionale che gli viene sottoposta (sezione 1). Illustro poi le incoerenze che possono essere generate dalla situazione particolare dell’Irlanda, la quale non è vincolata in toto né dall’uno né dall’altro regime, prima di proporre l’interpretazione che discende, a mio avviso, dall’intenzione espressa dal legislatore (sezioni 2 e 3).

    1. L’apporto del regime di Dublino III e i meccanismi di trasferimento e di inammissibilità

    62.

    Il regime di Dublino III segna una nuova fase nella creazione di un regime di asilo comune. La prima fase, la quale corrisponde al regime di Dublino II, è consistita nel prevedere un certo numero di norme comuni. In una seconda fase, corrispondente al regime di Dublino III, il legislatore ha tentato di ravvicinare lo status di rifugiato e quello di protezione sussidiaria trattandoli insieme in maniera uniforme e aumentando i diritti degli interessati all’interno dell’Unione. Uno degli obiettivi prioritari e costanti del legislatore è stato quello di limitare i movimenti secondari dei cittadini di paesi terzi ( 29 ), vale a dire gli spostamenti di questi ultimi all’interno dell’Unione al fine di beneficiare di una protezione o di condizioni di vita eventualmente più favorevoli in un altro Stato membro. Il ravvicinamento delle norme sulle procedure doveva contribuire a limitare tali movimenti ( 30 ).

    63.

    Ciascuna fase è sfociata nell’adozione di un regime che consta di un insieme di strumenti legislativi che si coordinano fra loro ( 31 ). Come risulta dalla sentenza Ibrahim, è all’interno di ciascuno di tali regimi che le norme sull’ammissibilità previste dal legislatore devono essere logicamente applicate.

    64.

    Nell’ambito del regime di Dublino III, poiché lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria sono significativamente ravvicinati, il regolamento Dublino III non prevede più, contrariamente al regolamento Dublino II, il trasferimento di un richiedente asilo dal secondo Stato membro verso il primo Stato membro affinché quest’ultimo lo riprenda in carico dopo avergli concesso la protezione sussidiaria ed esamini la sua domanda. Come confermato in maniera chiara dalla Corte, un siffatto trasferimento non può neanche essere chiesto dal secondo Stato membro in tale contesto ( 32 ). Quest’ultimo dispone, per contro, della possibilità di respingere la domanda di protezione internazionale in quanto inammissibile sulla base dell’articolo 33 della direttiva 2013/32 ( 33 ).

    65.

    I due mezzi costituiti dal trasferimento e dall’inammissibilità per respingere una nuova domanda di protezione internazionale diretta ad ottenere lo status di rifugiato presentata in un secondo Stato membro corrispondono pertanto ciascuno ad un quadro normativo particolare che ha la sua propria logica in funzione del grado di armonizzazione raggiunto.

    66.

    È giocoforza constatare che la scelta dell’Irlanda di partecipare all’adozione del regolamento Dublino III senza essere vincolata alla direttiva 2013/32 che l’accompagna – e, di conseguenza, restando assoggettata all’applicazione della direttiva 2005/85 –, sovverte tale logica, creando un’asimmetria le cui conseguenze non sono state trattate dal legislatore e che esaminerò nel prosieguo.

    2. Sulle incoerenze che possono risultare da una situazione asimmetrica

    67.

    Essendo soggetta all’applicazione del regolamento Dublino III, ma senza essere vincolata alla direttiva 2013/32, l’Irlanda non può invocare l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima per respingere in quanto inammissibile la domanda di asilo depositata da un cittadino di paese terzo che beneficia di una protezione sussidiaria in un primo Stato membro. Inoltre, essendo soggetto alla direttiva 2005/85, ma senza essere vincolato dal regolamento Dublino II, tale Stato membro non può fondarsi neanche sull’articolo 16 di tale regolamento per trasferire un cittadino di paese terzo verso il primo Stato membro affinché esso tratti tale domanda. Un’interpretazione meramente letterale della direttiva 2005/85 nell’ambito del regolamento Dublino III potrebbe dunque tradursi in un obbligo per l’Irlanda di esaminare la domanda di asilo.

    68.

    Tutti gli intervenienti dinanzi alla Corte e il giudice del rinvio hanno sottolineato le incoerenze che potrebbero risultarne.

    69.

    Tali incoerenze sono, infatti, di due ordini. Esse riguardano, in primo luogo, il raffronto fra le conseguenze della protezione concessa dagli Stati membri rispetto a quelle risultanti dalla protezione concessa dai paesi terzi.

    70.

    Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2005/85, qualora una protezione giudicata sufficiente venisse concessa da un paese terzo, l’Irlanda non sarebbe tenuta ad esaminare la domanda di asilo e potrebbe respingerla in quanto inammissibile, mentre essa sarebbe costretta ad esaminarla qualora sia stata concessa una protezione sussidiaria da parte di un primo Stato membro. Tale differenza è tanto più sorprendente alla luce della fiducia reciproca che gli Stati membri devono, in linea di principio, accordarsi e del grado di protezione che il legislatore dell’Unione si è sforzato di prevedere a favore dei cittadini di paesi terzi.

    71.

    Infatti, la protezione sussidiaria è uno status previsto dall’Unione, che completa e affianca lo status di rifugiato instaurato dalla convenzione di Ginevra. Essa è stata resa possibile dalla fiducia reciproca che sta al centro della costruzione europea e, segnatamente, del sistema europeo comune di asilo ( 34 ). Accordare un peso maggiore alla protezione conferita dai paesi terzi rispetto a quella concessa da uno Stato membro sarebbe contrario allo spirito del progetto europeo inteso alla creazione di tale sistema di asilo.

    72.

    Le incoerenze riguardano, in secondo luogo, gli effetti paradossali del mero esame della prima domanda di protezione internazionale, ovvero del rigetto di tale domanda, rispetto agli effetti di una decisione di concessione di quest’ultima.

    73.

    Se un primo Stato membro sta esaminando la domanda di protezione internazionale oppure se l’ha respinta, l’Irlanda non è tenuta, in forza, rispettivamente, delle lettere b) e d) dell’articolo 18, paragrafo 1 ( 35 ), del regolamento Dublino III, ad esaminare la domanda ricevuta a propria volta. Per contro, se il primo Stato membro ha concesso la protezione richiesta sotto forma di una protezione sussidiaria, l’Irlanda non potrebbe né trasferire il richiedente verso il primo Stato membro ( 36 ) né dichiarare la domanda inammissibile sulla base dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, poiché quest’ultima non è applicabile a tale Stato membro. L’Irlanda potrebbe dunque essere tenuta ad esaminare la domanda.

    74.

    Pertanto, una decisione favorevole al cittadino di paese terzo in esito alla sua prima domanda obbligherebbe nondimeno l’Irlanda ad esaminare la sua domanda reiterata di protezione internazionale, mentre una situazione nella quale una prima decisione non sia ancora stata presa o sia sfavorevole al richiedente non la costringerebbe ad esaminare una siffatta domanda reiterata.

    75.

    Tali incoerenze sono dovute alle scelte dell’Irlanda. Come emerge dal considerando 41 del regolamento Dublino III ( 37 ) e dal considerando 58 della direttiva 2013/32, il legislatore aveva effettivamente consentito a tale Stato membro di essere soggetto all’applicazione del regolamento Dublino III senza tuttavia partecipare alla totalità del regime normativo proprio di Dublino III. Tuttavia, esso non ha previsto soluzioni in una siffatta situazione di asimmetria; ha accettato a priori le eventuali scelte di detto Stato membro senza prevedere disposizioni per disciplinare le situazioni che ne risultano ed evitare le incoerenze rilevate.

    76.

    Come ho già illustrato, la sentenza Ibrahim fornisce una risposta alla questione se sussista o meno un obbligo in capo al secondo Stato membro di esaminare nel merito una domanda di asilo in due situazioni, quella in cui la domanda di asilo rientri nel regime di Dublino II e quella in cui tale domanda rientri nel regime di Dublino III. In nessuna di queste situazioni, il secondo Stato membro è tenuto ad esaminare la domanda di asilo se la protezione sussidiaria è stata concessa in un primo Stato membro. Tale Stato membro può o dichiarare la domanda inammissibile (regime di Dublino III) o trasferire il richiedente verso il primo Stato membro (regime di Dublino II).

    77.

    Per contro, tale sentenza non risponde alla questione, effettivamente eccezionale in quanto non riguarda che un unico Stato membro, se il secondo Stato membro debba trattare nel merito una domanda di protezione internazionale qualora tale Stato membro sia soggetto al regolamento Dublino III, ma non alla direttiva 2013/32, di modo che esso sia ancora soggetto alla direttiva 2005/85 e la domanda non rientri in toto né nel regime di Dublino III né nel regime di Dublino II. Ci si chiede in che modo, trattandosi dei casi di inammissibilità, la direttiva 2005/85 debba essere applicata nell’ambito del regolamento Dublino III.

    78.

    Al fine di rispondere a tale questione, occorre esaminare tale direttiva alla luce degli obiettivi perseguiti dal legislatore.

    3. Sull’interpretazione della direttiva 2005/85 alla luce dell’intenzione espressa dal legislatore

    79.

    Come ho ricordato al paragrafo 62 delle presenti conclusioni, uno degli obiettivi prioritari del legislatore consiste nel limitare i movimenti secondari.

    80.

    Orbene, constato che se l’Irlanda è tenuta ad esaminare le domande depositate da cittadini di paesi terzi nel suo territorio anche se essi hanno già ottenuto una protezione sussidiaria in un primo Stato membro, tale situazione può incoraggiare siffatti movimenti ed essere quindi in contrasto con il summenzionato obiettivo. I cittadini di paesi terzi avranno interesse a tentare di ottenere in questo altro Stato membro una protezione internazionale al fine di beneficiare delle condizioni di vita ivi esistenti.

    81.

    Poiché il legislatore ha inteso consentire ai secondi Stati membri sia nel contesto normativo di Dublino II sia in quello di Dublino III di non trattare una domanda di asilo se il cittadino di paese terzo beneficia già della protezione sussidiaria in un primo Stato membro, tale facoltà deve parimenti sussistere, a mio avviso, qualora uno Stato membro, come nella fattispecie oggetto del procedimento principale, si trovi a cavallo di questi due contesti normativi.

    82.

    Infatti, poiché il trasferimento verso il primo Stato membro ai fini della ripresa in carico di un cittadino di paese terzo non è previsto dal regolamento Dublino III e non ha più ragion d’essere in tale ambito dal momento che la protezione sussidiaria è stata concessa al medesimo da tale Stato membro, ritengo che il secondo Stato membro debba poter respingere la domanda in quanto inammissibile, nel contesto particolare in questione, fondandosi sulla direttiva 2005/85 considerata nel suo insieme e applicata nell’ambito del regolamento Dublino III.

    83.

    Un siffatto approccio è pienamente conforme al considerando 22 di tale direttiva. Infatti, secondo tale considerando, uno Stato membro non dovrebbe essere obbligato a valutare il merito della domanda di asilo se un primo paese, Stato membro o paese terzo, ha già concesso sufficiente protezione. Ho già rilevato che l’intenzione del legislatore espressa a tale considerando è stata concretizzata all’articolo 25, paragrafo 2, lettera b) e c), di detta direttiva in relazione ai paesi terzi.

    84.

    Per quanto riguarda gli Stati membri, osservo che, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2005/85, essi non erano tenuti ad esaminare nel merito una domanda di asilo in presenza di uno dei motivi di inammissibilità elencati a tale articolo, «[o]ltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento [Dublino II]». In altre parole, i motivi di inammissibilità si aggiungono ai casi in cui il regolamento Dublino II prevedeva la possibilità di trasferire il richiedente asilo verso il primo Stato membro. Tale possibilità di trasferimento era espressamente prevista all’articolo 16 del regolamento Dublino II ( 38 ).

    85.

    Ne consegue che la possibilità per gli Stati membri di non valutare il merito della domanda di asilo era parimenti prevista, in conformità al considerando 22 della direttiva 2005/85, nell’ambito del rapporto fra tale direttiva e il regolamento Dublino II.

    86.

    Nell’ambito del regime di Dublino III, rilevo che il considerando 43 della direttiva 2013/32 ha in sostanza lo stesso contenuto del considerando 22 della direttiva 2005/85. Nel caso degli Stati membri, tale considerando 43 viene concretizzato all’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2013/32, tramite la menzione espressa di un motivo di inammissibilità, poiché il trasferimento non è più previsto dal regolamento Dublino III.

    87.

    Da tale analisi emerge che, a prescindere dal regime applicabile, l’intenzione del legislatore era chiaramente quella di non obbligare il secondo Stato membro ad esaminare una domanda di asilo qualora il cittadino di paese terzo avesse già lo status di protezione sussidiaria.

    88.

    La soluzione che propongo è in tal senso conforme all’obiettivo perseguito dal legislatore nella direttiva 2005/85, come risulta segnatamente dal considerando 22 di tale direttiva. Essa mi sembra, inoltre, la soluzione più adeguata alla logica dei regimi di Dublino II e Dublino III e consente di evitare le incoerenze rilevate ai paragrafi da 69 a 74 delle presenti conclusioni.

    89.

    Sottolineo che tale soluzione non arreca pregiudizio ai diritti del cittadino di paese terzo quali sono stati armonizzati e approfonditi dal regime di Dublino III, poiché il cittadino del paese terzo ha ottenuto lo status di protezione sussidiaria in un primo Stato membro, nella specie l’Italia, che partecipa pienamente a tale regime.

    90.

    Ciò equivale effettivamente ad aggiungere un motivo di inammissibilità a quelli espressamente elencati nella direttiva 2005/85, ma ritengo che questi ultimi siano stati concepiti unicamente per essere applicati nell’ambito del regolamento Dublino II, nella logica del regime di Dublino II, e non prevedano pertanto la situazione particolare dell’Irlanda ( 39 ).

    91.

    L’argomento dei ricorrenti nel procedimento principale, secondo il quale, poiché i motivi di inammissibilità di cui all’articolo 25 della direttiva 2005/85 introducono una deroga all’obbligo degli Stati membri di esaminare nel merito le domande di asilo, li si dovrebbe interpretare restrittivamente, non può inficiare la suesposta analisi. Infatti, un siffatto argomento non può prevalere qualora dovesse condurre ad un’interpretazione contraria agli obiettivi perseguiti dal legislatore. Orbene, come si evince da tale analisi, ritenere che l’Irlanda sia tenuta ad esaminare la domanda di asilo sarebbe in contrasto con tali obiettivi e con le soluzioni adottate sia nell’ambito del regime di Dublino II sia in quello del regime di Dublino III per i 25 Stati membri che hanno aderito in toto a tali regimi.

    92.

    Aggiungerò che l’interpretazione proposta non intacca minimamente quella data dalla Corte nella sentenza Ibrahim, per quanto riguarda sia la lettera a) dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85 sia tutte le altre sue lettere. Essa resta pienamente valida anche nei confronti dell’Irlanda qualora i fatti della causa rientrino in toto nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino II, come nella causa Magamadov.

    93.

    Ritengo, di conseguenza, che la direttiva 2005/85, letta alla luce del suo considerando 22, non osti a che il secondo Stato membro preveda, nella sua legislazione, di poter respingere in quanto inammissibile una domanda di protezione internazionale presentatagli, nel caso eccezionale in cui tale Stato membro resti soggetto a tale direttiva pur essendo vincolato dal regolamento Dublino III.

    94.

    Alla luce della mia analisi della prima e della terza questione pregiudiziale, ritengo che non sia necessario esaminare la seconda questione pregiudiziale. Cionondimeno, ad ogni buon conto, sottolineerò che la domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di paese terzo dopo aver ottenuto la protezione sussidiaria in un primo Stato membro non costituisce di per sé, a mio avviso, un abuso di diritto. Il legislatore dell’Unione ha riconosciuto che i cittadini di paesi terzi possano legittimamente cercare protezione nell’Unione, qualora siano spinti dalle circostanze ( 40 ).

    95.

    Sottolineo altresì che il fatto, per un cittadino di paese terzo, di tentare di ottenere lo status di rifugiato in uno Stato membro dopo aver ottenuto lo status di protezione sussidiaria in un altro Stato membro è stato espressamente previsto dal legislatore, come è stato illustrato nelle presenti conclusioni, nell’ambito sia del regolamento Dublino II sia del regolamento Dublino III. Pertanto, esso non può essere qualificato in termini generali ed astratti come abuso di diritto.

    96.

    Di conseguenza, pur non potendo essere escluso in tutte le situazioni, un comportamento abusivo nella ricerca di protezione internazionale dovrebbe quantomeno essere oggetto di un esame caso per caso ( 41 ).

    V. Conclusione

    97.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dalla High Court (Alta Corte, Irlanda):

    L’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, esaminato nell’ambito dell’applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che l’Irlanda preveda nella sua legislazione nazionale un motivo di inammissibilità che le consenta di respingere una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di paese terzo, qualora questi abbia già ottenuto lo status di protezione sussidiaria in un primo Stato membro.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Direttiva del Consiglio del 1o dicembre 2005 (GU 2005, L 326, pag. 13).

    ( 3 ) Tali controversie sono state riunite dal giudice del rinvio.

    ( 4 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»). V. considerando 41 di tale regolamento.

    ( 5 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

    ( 6 ) Regolamento del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1).

    ( 7 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).

    ( 8 ) GU 2004, L 304, pag. 12.

    ( 9 ) Sentenza del 19 marzo 2019 (C‑297/17, C‑318/17, C‑319/17 e C‑438/17; in prosieguo: la «sentenza Ibrahim, EU:C:2019:219).

    ( 10 ) La questione pregiudiziale menziona, nella sua versione originale, la direttiva 2011/95. Sembra tuttavia che si tratti di un lapsus calami, alla luce delle spiegazioni fornite al punto 11 dell’ordinanza di rinvio, nel quale il giudice remittente menziona «la direttiva di rifusione sulle procedure 2011/95» e fa riferimento al suo articolo 33, paragrafo 2, lettera a). Orbene, la direttiva di rifusione sulle procedure è la direttiva 2013/32 e l’articolo 33, paragrafo 2, lettera a), fa parte di tale direttiva e non della direttiva 2011/95.

    ( 11 ) V. paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

    ( 12 ) V. sentenza Ibrahim.

    ( 13 ) Come risulta dal suo considerando 5, la direttiva 2004/83 è intesa a prevedere norme relative allo status di rifugiato, nonché a «forme sussidiarie di protezione che offrano uno status appropriato a chiunque abbia bisogno di protezione internazionale». La Corte ha dichiarato che, per quanto riguarda i beneficiari della protezione sussidiaria, la direttiva 2004/83 intende offrire «sul territorio degli Stati membri una protezione analoga a quella riconosciuta ai rifugiati» [v. sentenza del 24 aprile 2018, MP (Protezione sussidiaria di una vittima di atti di tortura subiti in passato) (C‑353/16, EU:C:2018:276, punto 55)].

    ( 14 ) Il corsivo è mio.

    ( 15 ) Il corsivo è mio.

    ( 16 ) L’articolo 2 della direttiva 2005/85 contiene un certo numero di definizioni; la nozione di «rimanere nello Stato membro», in particolare, è definita come «il fatto di rimanere nel territorio, compreso alla frontiera o in zone di transito, dello Stato membro in cui la domanda di asilo è stata presentata o è oggetto d’esame».

    ( 17 ) Tali lettere d) ed e) enunciano, infatti, che «il richiedente è autorizzato a rimanere nello Stato membro interessato».

    ( 18 ) A mio avviso, occorre intendere i termini «per un altro motivo» di cui alla lettera d) e «per altri motivi» di cui alla lettera e) nel senso che essi riguardano rispettivamente il caso in cui sia stata concessa già una protezione sussidiaria e quello in cui il diritto di rimanere nel territorio dello Stato membro sia stato accordato segnatamente per motivi umanitari.

    ( 19 ) V. articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95.

    ( 20 ) V. note 6 e 4 delle presenti conclusioni.

    ( 21 ) Tale regime comprende, oltre al regolamento Dublino II, in particolare, tre direttive: la direttiva 2004/83, cosiddetta «direttiva qualifiche», la quale fissa le condizioni minime che devono essere soddisfatte per ottenere la qualifica di rifugiato o la protezione sussidiaria e precisa i diritti ad esse connessi; la direttiva 2005/85, cosiddetta «direttiva procedure», la quale verte sul solo status di rifugiato e riguarda la concessione e la revoca di tale status, e la direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU 2003, L 31, pag. 18), cosiddetta «direttiva accoglienza», la quale stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.

    ( 22 ) Tale regime comprende, oltre al regolamento Dublino III, in particolare, tre direttive che costituiscono una rifusione delle direttive menzionate alla nota 21 delle presenti conclusioni, ossia, rispettivamente, la direttiva 2011/95 (rifusione della direttiva qualifiche), la direttiva 2013/32 (rifusione della direttiva procedure) e la direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96) (rifusione della direttiva accoglienza).

    ( 23 ) Tali date sono, rispettivamente, il 19 giugno 2012 e il 13 febbraio 2013. Esse sono anteriori all’entrata in vigore del regolamento Dublino III e della direttiva 2013/32, il 20 luglio 2013, e all’entrata in vigore del regolamento Dublino III, il 1o gennaio 2014.

    ( 24 ) L’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino II stabilisce i casi in cui lo Stato membro competente è tenuto a riprendere in carico il richiedente asilo e ad esaminare la sua domanda. La lettera e) di tale disposizione prevede che tale obbligo si applichi nel caso di un cittadino di paese terzo del quale ha respinto la domanda e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato. Come fatto valere dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte nella presente causa, tale disposizione viene applicata, in particolare, quando il primo Stato membro ha accordato la protezione sussidiaria, ma non ha concesso lo status di rifugiato. L’articolo 20 del regolamento precisa le condizioni alle quali viene effettuata tale ripresa in carico e prevede al suo paragrafo 1, lettera d), il trasferimento del richiedente verso il primo Stato membro. Secondo la Commissione, alla luce di tale possibilità di trasferimento del cittadino di paese terzo e di ripresa in carico da parte del primo Stato membro, non era necessario che la direttiva 2005/85 prevedesse parimenti un motivo di inammissibilità in una siffatta situazione.

    ( 25 ) V. sentenza Ibrahim, punto 74. La Corte ha quindi esaminato le altre questioni pregiudiziali in tali cause dirette a precisare l’attuazione dell’articolo 33 della direttiva 2013/32.

    ( 26 ) V., in tal senso, sentenza Ibrahim, punti 74 e 78.

    ( 27 ) Il 20 luglio 2013 (v. articolo 49, paragrafo 1, del regolamento Dublino III e articolo 54 della direttiva 2013/32).

    ( 28 ) Nelle cause Ibrahim, la domanda di asilo nel secondo Stato membro è stata presentata il 29 novembre 2013 e la richiesta di ripresa in carico il 22 gennaio 2014.

    ( 29 ) V., per quanto riguarda il regime di Dublino II, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 79), che menziona l’obiettivo di evitare il forum shopping dei richiedenti asilo, e, nel caso del regime di Dublino III, sentenza del 17 marzo 2016, Mirza (C‑695/15 PPU, EU:C:2016:188, punto 52).

    ( 30 ) V., in particolare, considerando 13 della direttiva 2013/32.

    ( 31 ) V., in tal senso, per quanto attiene al regime di Dublino III, sentenza del 17 marzo 2016, Mirza (C‑695/15 PPU, EU:C:2016:188, punti 4142), nonché note 21 e 22 delle presenti conclusioni.

    ( 32 ) V. ordinanza del 5 aprile 2017, Ahmed (C‑36/17, EU:C:2017:273, punto 41), e sentenza Ibrahim, punto 78.

    ( 33 ) V. ordinanza del 5 aprile 2017, Ahmed (C‑36/17, EU:C:2017:273, punto 39), e sentenza Ibrahim, punti 79 e 80.

    ( 34 ) V., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti 78, 7983), e sentenza Ibrahim, punti da 83 a 85.

    ( 35 ) Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Dublino III, lo Stato membro competente è tenuto a «riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, il richiedente la cui domanda è in corso d’esame e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno». Tale disposizione si applica, quindi, in particolare quando il primo Stato membro abbia iniziato l’esame di una domanda di protezione internazionale e il cittadino di paese terzo si sia recato in un secondo Stato membro mentre l’esame era in corso. L’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), di tale regolamento prevede che lo Stato membro competente sia tenuto a «riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29, un cittadino di un paese terzo o un apolide del quale è stata respinta la domanda e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno». Tale disposizione si applica, quindi, in particolare quando il primo Stato membro abbia respinto la domanda di protezione internazionale e il cittadino di paese terzo presenti una nuova domanda dinanzi al secondo Stato membro. In entrambi i casi, il secondo Stato membro può chiedere al primo Stato membro di riprendere in carico il cittadino di paese terzo (in conformità agli articoli 23 e 24 del regolamento Dublino III); se tale Stato membro accetta la ripresa in carico, il secondo Stato membro notifica al cittadino del paese terzo la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente (in conformità all’articolo 26 del regolamento Dublino III).

    ( 36 ) V. ordinanza del 5 aprile 2017, Ahmed (C‑36/17, EU:C:2017:273, punti 2728).

    ( 37 ) Tale considerando enuncia che il Regno Unito e l’Irlanda hanno notificato l’intenzione di partecipare all’adozione e all’applicazione del regolamento Dublino III, a norma dell’articolo 3 e dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione di questi due Stati membri rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

    ( 38 ) V. nota 24 delle presenti conclusioni.

    ( 39 ) Osservo peraltro che, a differenza dell’articolo 33, paragrafo 2, della direttiva 2013/32, l’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2005/85 non limita l’elencazione dei motivi di inammissibilità tramite l’utilizzazione del termine «soltanto». Ritengo che il testo di tale articolo 25, paragrafo 2, consenta quindi al legislatore nazionale, in una situazione di asimmetria come quella in cui si trova l’Irlanda, di adottare un’interpretazione più ampia di tali motivi.

    ( 40 ) V., in particolare, considerando 1 del regolamento Dublino II e della direttiva 2005/85, nonché considerando 2 del regolamento Dublino III e della direttiva 2013/32.

    ( 41 ) La prova di una prassi abusiva richiede di esaminare, segnatamente, se l’interessato abbia tentato di «ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento» [v., segnatamente, sentenze del 16 ottobre 2012, Ungheria/Slovacchia (C‑364/10, EU:C:2012:630, punto 58), nonché del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 54)].

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