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Document 62019CC0480

Conclusioni dell’avvocato generale G. Hogan, presentate il 19 novembre 2020.
Procedimento promosso da E.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus.
Rinvio pregiudiziale – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Imposta sul reddito – Redditi da capitale – Rendimenti distribuiti da un organismo d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) residente, avente forma contrattuale – Rendimenti distribuiti da un OICVM stabilito in un altro Stato membro e avente forma statutaria – Differenza di trattamento – Articolo 65 TFUE – Situazioni oggettivamente comparabili.
Causa C-480/19.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:942

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 19 novembre 2020 ( 1 )

Causa C‑480/19

E

con l’intervento di:

Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa, Finlandia)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei capitali – Normativa tributaria – Imposte sul reddito – Proventi distribuiti a un privato residente in uno Stato membro da un organismo d’investimento collettivo non residente costituito in forma statutaria – Differenza di trattamento fra quote di utili distribuite da organismi d’investimento collettivo (OICVM) costituiti in forma contrattuale e dividendi distribuiti da organismi di investimento collettivo costituiti in forma statutaria – Impossibilità di costituzione in forma statutaria per gli organismi d’investimento collettivo residenti»

I. Introduzione

1.

Il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 63 e 65 TFUE. Più precisamente, esso solleva nuovamente la questione degli elementi costitutivi di una tassazione discriminatoria ai fini della disciplina della libera circolazione dei capitali.

2.

La presente domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra E e la Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale, Finlandia), in merito alla decisione di quest’ultima del 10 novembre 2017, in cui detta commissione ha ritenuto che gli utili distribuiti ad E da una società d’investimento a capitale aperto (SICAV: Société d’investissement à Capital Variable) lussemburghese dovrebbero essere tassati in Finlandia come reddito da lavoro subordinato.

3.

La presente causa mostra la necessità di identificare con precisione la misura o le misure potenzialmente discriminatorie a tal fine – costituenti, pertanto, una restrizione alla libera circolazione dei capitali – al fine di rendere edotti gli Stati membri circa le misure giuridiche che dovrebbero essere adottate per porvi rimedio.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

4.

Il diritto dell’Unione opera attualmente una distinzione tra due tipi di organismi di investimento collettivi: organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e organismi d’investimento collettivo non qualificati come OICVM (fondi d’investimento alternativi o FIA).

5.

Ai sensi del considerando 4 della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU 2009, L 302, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva OICVM»), quest’ultima ha lo scopo di «prevedere norme minime comuni per quanto riguarda l’autorizzazione, la vigilanza, la struttura e l’attività degli OICVM stabiliti negli Stati membri, nonché le informazioni che sono tenuti a pubblicare». Ai sensi del considerando 83 di detta direttiva, la direttiva stessa non dovrebbe influire sulle norme nazionali in materia fiscale.

6.

Al suo articolo 1, paragrafo 3, tale direttiva prevede quanto segue:

«[Gli OICVM] possono assumere la forma contrattuale (fondo comune di investimento, gestito da una società di gestione) o di “trust” (“unit trust”) oppure la forma statutaria (società di investimento)».

B.   Diritto finlandese

1. Diritto finanziario

7.

Secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio e dal governo finlandese, il diritto finlandese consente esclusivamente l’istituzione di fondi di investimento rientranti nel Sijoitusrahastolaki (legge sui fondi di investimento n. 48/1999, adottata in applicazione della direttiva OICVM), aventi forma contrattuale, ossia «fondi comuni» ai sensi di tale direttiva. Una siffatta restrizione mira a tutelare gli investitori. Infatti, in assenza di forma statutaria e, pertanto, di qualsiasi personalità giuridica, il patrimonio gestito da tali fondi comuni si considera detenuto direttamente dagli investitori, cosicché, in caso di insolvenza delle società di gestione, tale patrimonio non può essere utilizzato per soddisfare i creditori ( 2 ).

2. Legislazione tributaria

8.

Il diritto tributario finlandese distingue tra redditi derivanti dal capitale (che per convenienza chiamerò «redditi da capitale») e redditi da lavoro subordinato. L’aliquota d’imposta applicabile sul reddito da capitale è pari al 30% per la frazione di tale reddito inferiore a EUR 30000 e al 34% per la parte di tale reddito superiore a EUR 30000. L’aliquota d’imposta su tutti i redditi da lavoro subordinato è progressiva, con un’aliquota massima superiore al 50%.

9.

Ai sensi dell’articolo 32 del Tuloverolaki (legge sulle imposte sul reddito), intitolato «Redditi da capitale», sono considerati redditi da capitale i rendimenti patrimoniali, le plusvalenze patrimoniali e altri redditi analoghi da cui si possa dedurre la natura patrimoniale del loro conseguimento. Tra i redditi da capitale figurano in particolare i dividendi ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli da 33a a 33d di tale legge.

a) Trattamento fiscale degli utili distribuiti da un organismo dotato di personalità giuridica

10.

Le società di diritto finlandese sono assoggettate ad un’imposta sugli utili con un’aliquota del 20%. Gli utili che esse distribuiscono costituiscono dividendi e sono, pertanto, considerati redditi da capitale ( 3 ). A seconda che la società distributrice sia o meno quotata su un mercato regolamentato, una parte più o meno importante di tale reddito è esente da imposta. L’obiettivo di tale esenzione, sempre parziale, è di attenuare gli effetti di una doppia imposizione, prima a livello della società, e una seconda volta, al momento della distribuzione dei dividendi agli investitori ( 4 ).

11.

Più precisamente, l’articolo 33a della legge sulle imposte sul reddito, rubricato «Dividendi distribuiti da una società quotata in borsa», così dispone:

«L’ottantacinque per cento dei dividendi distribuiti da una società quotata sono redditi da capitale e il 15% sono redditi non imponibili.

(...)».

12.

L’articolo 33b di tale legge, rubricato «Dividendi distribuiti da una società non quotata in borsa», così dispone:

«Il venticinque percento dei dividendi distribuiti da una società non quotata costituisce reddito da capitale imponibile e il 75% costituisce reddito da capitale non imponibile, nei limiti di un reddito annuo dell’8% calcolato sulla base del valore matematico della quota detenuta nell’esercizio fiscale, valore fissato nella laki varojojen arvostamisesta verotuksessa annettu (1142/2005) (legge n. 1142/2005 relativa alla valutazione del patrimonio ai fini fiscali). Qualora l’importo dei dividendi percepiti dal contribuente superi EUR 150000, l’85% dei dividendi costituisce reddito da capitale e il 15% costituisce reddito non imponibile.

Per la parte eccedente i redditi annui di cui al paragrafo 1 supra, il 75% dei dividendi costituisce reddito da lavoro subordinato e il 25% costituisce reddito non imponibile.

Fatte salve le altre disposizioni relative alla tassazione dei dividendi previste dalla presente legge, i dividendi costituiscono reddito da lavoro subordinato se, in forza di una clausola statutaria, di una decisione dell’assemblea degli azionisti, di un patto tra azionisti o di qualsiasi altra convenzione, la loro distribuzione costituisce il corrispettivo di un conferimento sotto forma di attività lavorativa del beneficiario del dividendo o di una persona appartenente alla sua sfera di interessi. Il dividendo costituisce il reddito della persona che ha conferito l’attività lavorativa di cui trattasi.

(...)».

b) Trattamento fiscale degli utili distribuiti da fondi di investimento convenzionali nazionali

13.

Benché non siano dotati di personalità giuridica, i fondi finlandesi soggetti alla direttiva OICVM sono tuttavia considerati soggetti fiscali ai sensi del diritto tributario finlandese ( 5 ). Essi, pertanto, rientrano nell’ambito di applicazione dell’imposta finlandese sul reddito delle società, ma sono esentati da quest’ultima in forza del diritto finlandese. Pertanto, gli investimenti realizzati tramite tali fondi sono trattati allo stesso modo, dal punto di vista fiscale, come se fossero stati realizzati direttamente dagli investitori, cosicché sono assoggettati ad imposta solo a livello di investitori.

14.

Per quanto riguarda la tassazione degli utili distribuiti da tali fondi, siffatti rendimenti sono considerati quote di utili e non dividendi per gli investitori individuali, dato che tali fondi sono privi di personalità giuridica. Gli investitori individuali sono quindi integralmente assoggettati ad imposta su tali redditi ad un’aliquota del 30% (o del 34% qualora il reddito da capitale sia superiore a EUR 30000).

c) Trattamento fiscale degli utili distribuiti da società straniere

15.

L’articolo 33c, paragrafi 1 e 3, della legge sulle imposte sul reddito, rubricato «Dividendi distribuiti da organismi stranieri», enuncia quanto segue:

«I dividendi distribuiti da un organismo straniero costituiscono redditi imponibili ai sensi degli articoli 33a e 33b di tale legge, se tale organismo è una società ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2011/96/UE del Consiglio [del 30 novembre 2011], concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi ( 6 ), come modificata dalle direttive 2013/13/UE del Consiglio [del 13 maggio 2013] ( 7 ) e 2014/86/UE del Consiglio [dell’8 luglio 2014] ( 8 ).

I dividendi distribuiti da organismi stranieri diversi da quelli menzionati al paragrafo 1 costituiscono redditi imponibili ai sensi degli articoli 33a e 33b di detta legge, se tale organismo è tenuto, senza possibilità di opzioni ed esenzioni, a pagare un’imposta pari ad almeno il 10% sul reddito da cui sono distribuiti i dividendi e se:

1)

l’organismo, ai sensi della legislazione tributaria di uno Stato facente parte dello Spazio economico europeo [SEE], ha sede in tale Stato ed esso non ha sede in uno Stato al di fuori del [SEE] in base a una convenzione diretta a evitare la doppia imposizione; oppure

2)

tra lo Stato in cui ha sede l’organismo e la Finlandia è in vigore, nell’esercizio fiscale in questione, una convenzione diretta a evitare la doppia imposizione che si applica ai dividendi distribuiti da tale organismo.

I dividendi distribuiti da persone giuridiche straniere diverse da quelle menzionate ai paragrafi 1 e 2 costituiscono redditi da lavoro subordinato integralmente imponibili.

(...)».

16.

Secondo il governo finlandese, l’articolo 33c della legge sulle imposte sul reddito mira ad applicare lo stesso trattamento alle società straniere e alle società di diritto finlandese. Poiché la riduzione della base imponibile prevista agli articoli 33a e 33b mira ad attenuare gli effetti della doppia imposizione degli utili a livello delle società e degli investitori, solo i dividendi versati dalle società che hanno pagato l’imposta sul reddito nel loro Stato di residenza rientrerebbero nell’ambito di applicazione di tali disposizioni. Per contro, quando una società straniera non ha versato alcuna imposta sul reddito, essa si trova in una situazione diversa, di modo che non vi è alcuna ragione per beneficiare del suddetto meccanismo di attenuazione della doppia imposizione degli utili. Come ora si vedrà, questa logica è essenziale per comprendere la potenziale problematica di una tassazione discriminatoria nella presente causa.

C.   Diritto lussemburghese

17.

Ai fini della presente causa, risulta unicamente necessario rilevare che, nel diritto lussemburghese, il termine SICAV designa i fondi d’investimento costituiti sotto forma di società a capitale e quote variabili ( 9 ). Le società che soddisfano i requisiti per tale qualificazione sono esenti dall’imposta sul reddito delle società, che è normalmente riscossa sugli utili di qualsiasi società ( 10 ). Una SICAV di diritto lussemburghese non è necessariamente un OICVM nell’accezione della direttiva OICVM, ma può essere assoggettata alla direttiva 2011/61 ( 11 ).

III. Fatti all’origine della controversia e questione pregiudiziale

18.

E è una persona fisica residente in Finlandia che aveva investito in un comparto di un fondo di investimento OICVM di diritto lussemburghese, i cui dividendi sono distribuiti annualmente agli investitori.

19.

Il 20 giugno 2017 E chiedeva alla Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale) se, in sostanza, ai fini dell’imposizione in Finlandia, i dividendi distribuiti da una SICAV lussemburghese dovessero essere tassati come redditi da capitale o come redditi da lavoro subordinato.

20.

Nella sua decisione preliminare del 10 novembre 2017, la Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale) ha stabilito che gli utili distribuiti da una SICAV di diritto lussemburghese devono essere considerati come dividendi pagati in Finlandia e che, per quanto riguarda l’imposizione di E in Finlandia, tali redditi sono tassati come redditi da lavoro subordinato, ai sensi dell’articolo 33c, paragrafo 3, della legge sulle imposte sul reddito.

21.

Dal fascicolo della Corte risulta, in sostanza, che la Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale) ha ritenuto che il fatto che la SICAV di cui trattasi nel procedimento principale fosse un fondo OICVM non fosse pertinente per determinare il regime fiscale applicabile. Al contrario, essa ha ritenuto che, alla luce delle disposizioni fiscali applicabili, il criterio pertinente fosse quello della natura giuridica, sotto il profilo del diritto finlandese, degli utili distribuiti, la quale dipendeva a sua volta dalla forma giuridica del fondo. Poiché, secondo la legge applicabile alla sua costituzione, le SICAV di diritto lussemburghese sono dotate di personalità giuridica e, pertanto, i rendimenti che esse distribuiscono rappresentano dividendi e non quote di utili, tali rendimenti devono essere considerati come se fossero distribuiti da altri organismi costituiti in forma statutaria, che siano o meno fondi d’investimento. Pertanto, la commissione era del parere che gli utili distribuiti da tali fondi non dovessero essere trattati diversamente dai fondi nazionali, in quanto sarebbero stati tassati come se fossero stati costituiti secondo il diritto finlandese.

22.

Sulla base di tale conclusione, sembra che, sebbene la domanda di pronuncia pregiudiziale sembri non essere molto chiara al riguardo, la Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale) abbia ritenuto che una SICAV di diritto lussemburghese non soddisfi la condizione enunciata dal primo comma dell’articolo 33c, della legge sulle imposte sul reddito, in quanto tale tipo di società non è soggetto all’imposta sul reddito delle società in Lussemburgo e non soddisfa neppure la condizione di cui al secondo comma dell’articolo 33c di tale legge. Di conseguenza, in applicazione del comma 3 di detto articolo 33c, la Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale) ha concluso che i dividendi distribuiti da un fondo lussemburghese dovevano essere tassati come redditi da lavoro subordinato.

23.

E proponeva ricorso dinanzi al giudice del rinvio, il Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia), contro la decisione della Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale).

24.

Nel suo ricorso, E ha fatto valere che la prassi amministrativa consistente nel trattare gli utili distribuiti da una SICAV come redditi da lavoro subordinato, imponibili secondo un regime di tassazione progressiva sulla base dell’articolo 33c, paragrafo 3, della legge sulle imposte sul reddito, porterebbe a una tassazione più elevata di quella applicabile agli utili distribuiti da un fondo di investimento finlandese, poiché quest’ultimo utile è considerato come reddito da capitale. E sosteneva che ciò fosse contrario alla libera circolazione dei capitali sancita dall’articolo 63 TFUE.

25.

In tale contesto, il giudice del rinvio ritiene che, per pronunciarsi sulla legittimità della decisione della Keskusverolautakunta (Commissione di ricorso in materia fiscale), occorra stabilire se gli articoli 63 e 65 TFUE ostino o meno a tassare i rendimenti corrisposti da una SICAV di diritto lussemburghese come redditi da lavoro subordinato piuttosto che come redditi da capitale in ragione della forma giuridica di tale organismo di investimento collettivo. In particolare, tale giudice ritiene che nella presente causa sia necessario chiarire se il fatto che una SICAV di diritto lussemburghese è un organismo d’investimento collettivo ai sensi della direttiva OICVM sia rilevante al fine di stabilire se l’utile distribuito da un siffatto organismo debba essere considerato, sul piano fiscale, come utile distribuito da un fondo di investimento finlandese, costituito in forma contrattuale, poiché esso è il solo tipo di organismo di investimento collettivo che può essere costituito in Finlandia.

26.

In tale contesto, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 63 e 65 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a un’interpretazione nazionale secondo cui i redditi che percepisce una persona fisica residente in Finlandia da un organismo di investimento collettivo in valori mobiliari avente sede in un altro Stato membro, costituito in forma statutaria ai sensi della direttiva [OICVM] (...) non sono equiparati, ai fini della tassazione, ai redditi che tale persona percepisce da un fondo di investimenti finlandese costituito in forma contrattuale ai sensi della medesima direttiva (...) in quanto la forma giuridica del fondo OICVM avente sede nell’altro Stato membro non corrisponde alla struttura giuridica del fondo di investimento nazionale».

IV. Analisi

27.

Anzitutto, alla luce delle disposizioni citate dal giudice del rinvio, mi sembra che la decisione controversa risulti semplicemente dall’applicazione di tali disposizioni ai rendimenti di cui trattasi. Pertanto, è la compatibilità della normativa descritta dal giudice del rinvio con il diritto dell’Unione che occorre esaminare nel caso di specie ( 12 ).

28.

In tale contesto, occorre ricordare che la materia delle imposte dirette spetta sempre in primo luogo agli Stati membri. Pertanto, allo stato attuale dell’armonizzazione del diritto fiscale dell’Unione, gli Stati membri sono liberi di istituire il sistema fiscale che ritengono più idoneo, cosicché l’applicazione di una tassazione progressiva rientra nel potere discrezionale di ciascuno Stato membro ( 13 ). In particolare, le libertà fondamentali non possono essere intese nel senso che uno Stato membro è tenuto ad allineare le proprie norme tributarie a quelle di un altro Stato membro al fine di garantire, in ogni caso, la soppressione delle disparità tra i diversi regimi fiscali nazionali, dato che le decisioni adottate da una società riguardo allo stabilimento di strutture commerciali all’estero possono, a seconda dei casi, essere o favorevoli o meno per tale società ( 14 ).

29.

Tuttavia, sebbene gli Stati membri siano liberi di determinare l’ambito di applicazione nonché i principi di base del loro sistema fiscale, ciò non toglie che essi devono esercitare la loro competenza fiscale nel rispetto della libertà di circolazione, il che implica che essi devono astenersi dall’adottare misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE ( 15 ). In altri termini, le libertà fondamentali non mirano a risolvere problemi di interoperabilità tra i diversi sistemi nazionali d’imposizione. Esse mirano piuttosto a garantire che gli Stati membri esercitino le loro competenze in modo non discriminatorio ( 16 ).

30.

In base alla giurisprudenza della Corte, «le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di detto Stato membro dal farne in altri Stati» ( 17 ). Dal momento che il solo fatto di assoggettare un’attività o un’operazione a una determinata imposta la rende necessariamente meno attraente, ciò può quindi dissuadere i cittadini di altri Stati membri dall’investire in tale Stato. Orbene, per non pregiudicare indebitamente la facoltà degli Stati membri di riscuotere imposte, il fatto che una misura abbia un tale effetto dissuasivo non è sufficiente, di per sé, perché essa possa essere qualificata come restrizione in tal senso: una siffatta misura deve altresì stabilire una discriminazione, diretta o indiretta, a danno dell’investitore transfrontaliero ( 18 ).

31.

In generale, una misura deve essere considerata discriminatoria quando il suo oggetto o il suo effetto è trattare in modo diverso situazioni analoghe o, viceversa, di trattare in modo identico situazioni diverse ( 19 ). Nell’ambito delle libertà di circolazione, dato che il loro obiettivo è la realizzazione del mercato interno, la Corte utilizza in generale una definizione più precisa. Infatti, quando la legge vieta l’utilizzazione di un criterio specifico, sussiste discriminazione diretta quando una persona è espressamente trattata in modo meno favorevole sulla base di tale criterio e una discriminazione indiretta, quando il criterio utilizzato, pur sembrando, prima facie, neutro, svantaggia in pratica le persone che soddisfano il criterio vietato rispetto ad altre ( 20 ).

32.

Sulla base di un siffatto approccio più specifico, sotto il profilo delle libertà fondamentali, la Corte qualifica una misura come causa di «discriminazione diretta» quando tratta in modo diverso situazioni a motivo della nazionalità delle parti interessate ( 21 ) e di «discriminazione indiretta» quando, seppure fondata su un altro criterio quale la residenza, pervenga in realtà allo stesso risultato ( 22 ).

33.

È vero che la Corte ha dichiarato, in occasioni specifiche, che l’esistenza di uno svantaggio può essere dedotta dal fatto che i non residenti non erano in grado di soddisfare la condizione o le condizioni richieste per beneficiare di un regime fiscale, oppure potevano farlo solo con difficoltà ( 23 ). Tuttavia, dal momento che, secondo una giurisprudenza costante, «le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo da parte di diversi Stati membri della loro competenza fiscale, in quanto tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni vietate dal [diritto dell’Unione]» ( 24 ), una circostanza del genere non è sufficiente, di per sé, a dimostrare l’esistenza di una restrizione ( 25 ). Affinché una misura costituisca una discriminazione e, pertanto, una restrizione, come risulta dalla sentenza Köln-Aktienfonds Deka, è necessario che, alla luce dell’obiettivo perseguito da detta misura ( 26 ), i cittadini e gli stranieri – o i residenti e i non residenti – siano considerati trovarsi in una situazione paragonabile ( 27 ). Tuttavia, qualora l’obiettivo perseguito da una misura fiscale non sia direttamente collegato a uno degli elementi che caratterizzano un fondo OICVM rispetto a qualsiasi altro, una siffatta distinzione non è pertinente. Infatti, la circostanza che una misura, per poter essere qualificata come restrizione, debba essere discriminatoria non implica che qualsiasi distinzione sia pertinente. Per quanto riguarda le libertà fondamentali, ciò che rileva non è la neutralità economica generale o la coerenza della normativa di cui trattasi, che rientra nel diritto nazionale, ma la questione se quest’ultima sfavorisca specificamente le operazioni transfrontaliere.

34.

Infine, vorrei ricordare che una restrizione alla libera circolazione può essere giustificata da motivi imperativi di interesse pubblico e, conseguentemente, non essere considerata contraria al diritto dell’Unione se è applicata senza discriminazioni basate sulla nazionalità, se è idonea a realizzare l’obiettivo perseguito e se non va oltre quanto necessario per il suo conseguimento ( 28 ).

35.

A questo proposito osservo che, mentre in un numero crescente di sentenze della Corte ha valutato la comparabilità della situazione nella fase della giustificazione, ritengo che se, diversamente da quanto da me suggerito, la Corte non dovesse mantenere la nozione di discriminazione applicabile in presenza di un criterio vietato, ma dovesse invece considerare la definizione più ampia di discriminazione come riferita a qualsiasi misura che abbia come oggetto o effetto il trattamento di situazioni comparabili in modo differente o, viceversa, di situazioni differenti in modo identico, un siffatto confronto dovrebbe essere effettuato, esplicitamente o implicitamente, prima di poter considerare una misura discriminatoria e, conseguentemente, qualificarla come restrizione ( 29 ). Infatti, nel caso di specie, da questa più ampia definizione di discriminazione discende che il confronto costituisce un elemento qualificante di quest’ultima.

36.

Il motivo per cui numerose sentenze valutano la comparabilità delle situazioni nella fase della giustificazione e non nella fase in cui si valuta la sussistenza di una restrizione ( 30 ) sembra attenere all’approccio adottato in talune sentenze, vale a dire un approccio secondo cui l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE stabilisce una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali e deve quindi essere oggetto di un’interpretazione restrittiva ( 31 ).

37.

Oltre al fatto che talune sentenze in cui si è proceduto alla valutazione della comparabilità della situazione in fase di giustificazione riguardavano libertà fondamentali diverse dalla libera circolazione dei capitali ( 32 ), rilevo che la formulazione dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE non giustifica il rinvio di tale confronto solo ad una fase successiva. Infatti, detto articolo si limita a indicare che «[l]e disposizioni dell’articolo 63 non pregiudicano il diritto degli Stati membri (...) di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale». In questo contesto, con l’espressione «non pregiudicano il diritto degli Stati membri» e quel che segue, si intende che gli Stati membri, nel formulare la normativa in materia di tassazione dei capitali, possono effettivamente prendere in considerazione il luogo di residenza dei contribuenti. Ciò non implica l’esistenza di un’eccezione, ma piuttosto che gli Stati membri possono, se del caso, prevedere norme diverse per i non residenti.

38.

Inoltre, se si dovesse ritenere che l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE costituisce, in senso stretto, una «deroga», ciò significherebbe che il criterio da applicare in materia fiscale per individuare l’esistenza di una restrizione sarebbe diverso a seconda della libertà di circolazione di cui trattasi, poiché, ad esempio, per quanto riguarda la libertà di stabilimento, è accertato che le situazioni devono essere comparate prima che una misura sia qualificata come restrizione in tal senso ( 33 ).

39.

A mio avviso, non esiste alcuna ragione reale per la quale, nell’ambito della libera circolazione dei capitali, la mancata comparabilità di due situazioni fiscali debba essere considerata in una fase successiva. Indipendentemente dalla questione se la causa riguardi la libera circolazione dei capitali o un’altra libertà fondamentale, la definizione di ciò che costituisce una restrizione dovrebbe rimanere identica.

40.

Nel caso di specie, al fine di stabilire se l’articolo 32 della legge sulle imposte sul reddito preveda una restrizione, le parti hanno discusso principalmente la rilevanza del fatto che un fondo SICAV eserciti le stesse attività di un fondo comune.

41.

Orbene, come ho già spiegato, la comparabilità delle situazioni non può essere valutata in modo astratto. Tale raffronto deve piuttosto essere effettuato alla luce dell’obiettivo perseguito dal provvedimento di cui trattasi, purché tale obiettivo non sia esso stesso discriminatorio. ( 34 ) Pertanto, elementi quali l’oggetto sociale, la forma societaria ( 35 ), il tipo di comportamento commerciale o le regole applicabili alle società di cui trattasi non sono di per sé determinanti: è l’obiettivo perseguito dalla misura fiscale in questione a determinare i criteri pertinenti.

42.

Ne consegue che nessuna conclusione particolare può essere tratta, per la presente causa, dal fatto che, al punto 50 della sentenza del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377), alla quale fanno riferimento alcune parti, la Corte ha dichiarato che «la circostanza che non esista, in diritto finlandese, un tipo di società con una forma giuridica identica a quella di una SICAV di diritto lussemburghese non può, di per sé, giustificare un trattamento differenziato, dal momento che, non essendo il diritto societario degli Stati membri interamente armonizzato a livello [dell’Unione], ciò priverebbe la libertà di stabilimento di ogni effetto utile» ( 36 ).

43.

Come risulta dall’impiego dell’espressione «di per sé», la Corte non ha escluso che tale circostanza possa essere rilevante in altri contesti ( 37 ). Nella sentenza Aberdeen Property Fininvest Alpha ( 38 ), tale circostanza specifica era irrilevante poiché, come osservato dalla Corte, l’obiettivo perseguito dalla misura in questione era quello liberare le società controllanti residenti da un’imposizione a catena sugli utili distribuiti da una controllata residente. In tale prospettiva, nella misura in cui le società madri sono effettivamente costituite, la particolare forma societaria di questi soggetti d’imposta non sembra essere pertinente per valutare se si trovino in una situazione analoga.

44.

Lo stesso vale per la situazione in cui una società è soggetta alla direttiva OICVM. È vero che tale direttiva prevede che un OICVM possa essere costituito in forma contrattuale o statutaria, ma tale circostanza potrebbe essere rilevante soltanto ai fini della valutazione dell’esistenza di una restrizione qualora la misura fiscale di cui trattasi persegua un obiettivo, e il conseguimento di tale obiettivo dipenda dal fatto che il fondo sia un OICVM ( 39 ). Ad esempio, se la Finlandia avesse avuto l’intenzione di tassare in una determinata maniera i rendimenti distribuiti dai fondi degli OICVM, essa sarebbe stata obbligata a trattare in maniera identica le SICAV di diritto lussemburghese rientranti nella nozione di OICVM e i fondi comuni di diritto finlandese rientranti anch’essi in tale nozione.

45.

Occorre quindi rilevare che, in numerosi Stati membri, il diritto tributario è, in generale, considerato distinto da altri settori del diritto e che, in quanto tale, la qualificazione giuridica attribuita a determinate situazioni ai fini del diritto commerciale o del diritto civile non si trasferisce necessariamente ai fini tributari. Uno dei migliori esempi ne è indubbiamente il fatto che, in materia tributaria, la nozione di residenza può essere diversa da quella utilizzata, ad esempio, nell’ambito del diritto di famiglia.

46.

Come mi accingo a spiegare, il criterio adottato dalla Finlandia all’articolo 32 della legge sulle imposte sul reddito nella presente causa non è né specifico né connesso alla questione se l’organismo in questione sia un OICVM, ma piuttosto se sia una società. Ciò non significa, di per sé, che la normativa finlandese non sia discriminatoria. Il fattore determinante in tale valutazione è se, a seguito della qualificazione dei rendimenti in questione come dividendi, la legislazione assoggetti operazioni essenzialmente analoghe a risultati impositivi diversi.

47.

Infine, occorre ricordare che una restrizione alla libera circolazione dei capitali può essere ammessa solo se è giustificata, in caso di discriminazione diretta, da motivi espressamente previsti dal Trattato ( 40 ) o, nel caso di discriminazione indiretta, anche da motivi imperativi di interesse generale e, in tal caso, nei limiti in cui essa è idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito e non eccede quanto è necessario per raggiungerlo ( 41 ).

48.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio e le parti hanno concentrato le loro osservazioni sulla prassi dell’amministrazione tributaria finlandese consistente nel trattare le SICAV di diritto lussemburghese come società di diritto finlandese ai fini della tassazione dei rendimenti distribuiti. Tuttavia, rilevo che la decisione controversa è il risultato dell’applicazione consecutiva, seguendo un albero decisionale, di tre disposizioni, ciascuna della quale ha avuto l’effetto di escludere l’applicazione di altri regimi fiscali, ossia:

L’articolo 32 della legge sulle imposte sul reddito, nella parte in cui distingue i dividendi e le quote di utili;

L’articolo 33c, paragrafi 1 e 2, di tale legge, nei limiti in cui tale disposizione esclude dall’applicazione degli articoli 33a e 33b le società che non soddisfano né i requisiti di cui al primo o al secondo comma dell’articolo 33c;

L’articolo 33c, paragrafo 3, della legge sulle imposte sul reddito, in quanto tale disposizione qualifica come redditi da lavoro subordinato gli utili distribuiti da talune società straniere.

49.

In tale contesto, mi sembra necessario esaminare separatamente tali disposizioni in ordine successivo ( 42 ).

A.   Sull’esistenza di una restrizione in ragione della distinzione operata dall’articolo 32 della legge sulle imposte sul reddito tra gli utili distribuiti che costituiscono dividendi e quelli che costituiscono quote

50.

E sostiene che la decisione controversa ha assimilato i rendimenti distribuiti da OICVM stranieri costituiti sotto forma di SICAV lussemburghesi ai rendimenti distribuiti da società per azioni nazionali, cosa che ha comportato una tassazione più elevata per i loro azionisti rispetto ai fondi d’investimento finlandesi e ai loro investitori.

51.

È tuttavia pacifico che tale distinzione non è fondata sul diritto sostanziale nazionale applicabile ai fondi. Infatti, i fondi di investimento stranieri privi di personalità giuridica sono trattati esattamente allo stesso modo dei fondi nazionali privi di personalità giuridica. Di conseguenza, non può essere accertata alcuna discriminazione diretta.

52.

Per quanto riguarda l’esistenza di un’eventuale discriminazione indiretta, è vero che la normativa finlandese consente esclusivamente la costituzione di organismi di investimento collettivo aventi forma contrattuale. Tuttavia, tale circostanza non è sufficiente, di per sé, a dimostrare l’esistenza di una discriminazione indiretta. Come ho già spiegato, perché quest’ultima sussista, il criterio utilizzato deve avere l’effetto di svantaggiare i non cittadini o i non residenti, anche se la formulazione di tale disposizione è altrimenti applicabile indistintamente.

53.

Nel caso di specie, la disparità di trattamento tra le SICAV di diritto lussemburghese rispetto ai fondi comuni di diritto finlandese deriva dalla distinzione operata dalla normativa finlandese tra quote di utili e dividendi. Oltre al fatto che si tratta di una distinzione operata spesso dai legislatori nazionali, non si può, a mio avviso, dedurre automaticamente dal solo fatto che il diritto finlandese non consente la creazione di fondi di investimento sotto forma di società che il legislatore finlandese ha in tal modo inteso privilegiare i fondi di investimento nazionali.

54.

In ogni caso rilevo che, sebbene la Corte abbia dichiarato che la comparabilità deve essere valutata alla luce dell’obiettivo perseguito dalla misura di cui trattasi, essa ha altresì statuito – seppur nel contesto della discriminazione fondata sul sesso, ma non vedo alcun motivo per cui il criterio di non discriminazione debba realmente essere diverso nel presente contesto ‐ che, per valutare la sussistenza di una disparità di trattamento, occorre prendere in considerazione tutte le persone soggette alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento, poiché, in linea di principio, è la sfera di applicazione di tale normativa a determinare la cerchia dei soggetti che possono essere inclusi nel raffronto ( 43 ).

55.

Pertanto, atteso che nel caso di specie la distinzione operata dalla normativa finlandese fra quote e dividendi da utili non si applica agli utili distribuiti dai fondi di investimento, ma più in generale a qualsiasi forma di utile distribuito da un soggetto passivo, si può presumere che l’obiettivo perseguito da tale distinzione e, di conseguenza, il quadro di riferimento che consente di valutare la comparabilità delle situazioni si collochi a tale livello.

56.

Sebbene spetti al giudice nazionale verificare precisamente quale sia effettivamente la finalità di tale distinzione, si può pacificamente dedurre dalle disposizioni di cui trattasi che l’articolo 33c, paragrafi 1 e 2, mira, almeno in parte, a escludere dall’ambito di applicazione degli articoli 33a e 33b i redditi che, quantomeno a prima vista, si può presumere non siano stati oggetto di doppia imposizione ( 44 ).

57.

Pertanto, alla luce di tale obiettivo, gli utili versati dalle SICAV di diritto lussemburghese possono essere considerati diversi dagli utili distribuiti da un fondo comune di diritto finlandese, non essendo questi ultimi tassati alla fonte.

58.

Si può, in ogni caso, osservare che classificando i rendimenti corrisposti dalle SICAV lussemburghesi come dividendi ‐ qualificazione che esiste anche secondo il diritto lussemburghese ‐ la normativa finlandese può rivelarsi più vantaggiosa per gli investitori, poiché, così facendo, essi possono beneficiare dell’applicazione degli articoli 33a e 33b della legge sulle imposte sul reddito, il cui scopo è attenuare la doppia imposizione degli utili. Infatti, è solo a questa condizione che tali utili possono essere assoggettati ai meccanismi previsti da tali disposizioni ( 45 ).

59.

Alla luce di quanto precede, ritengo che una disposizione quale l’articolo 32 della legge sulle imposte sul reddito non determini, in quanto tale, una restrizione alla libera circolazione. Se vi è discriminazione a danno delle SICAV lussemburghesi, una siffatta discriminazione non è dovuta alle disposizioni dell’articolo 32, ma risulta piuttosto dalle disposizioni che comportano un’eccezione all’applicazione di tale regime a talune società. Come mi accingo ad illustrare, una siffatta discriminazione interviene in una fase successiva dell’applicazione delle disposizioni pertinenti.

B.   Sul provvedimento consistente nell’esclusione dall’ambito di applicazione degli articoli 33a e 33b della legge sulle imposte sul reddito degli organismi che non soddisfano né i requisiti di cui all’articolo 33c, primo comma, né i requisiti di cui all’articolo 33c, secondo comma.

60.

In forza dell’articolo 33c, paragrafi 1, e 2, della legge sulle imposte sul reddito, i dividendi distribuiti da un organismo straniero sono esclusi dall’applicazione degli articoli 33a e 33b, salvo che tale organismo sia una società ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2011/96/UE o non sia tenuto a pagare almeno il 10% dell’imposta sui redditi dai quali i dividendi sono stati distribuiti ( 46 ) e se, cumulativamente, tale organismo non ha sede in uno Stato facente parte del SEE o se non esiste alcuna convenzione diretta a prevenire la doppia tassazione dei dividendi distribuiti.

61.

Poiché l’articolo 33c, paragrafi 1 e 2, prevede che tali condizioni si applichino solo alle società straniere, tale disposizione introduce una disparità di trattamento fondata sulla nazionalità ( 47 ). Inoltre, poiché gli organismi di diritto finlandese e quelli di diritto straniero potrebbero essere entrambi soggetti ad una doppia imposizione, alla luce dell’obiettivo di tale misura, occorre considerare paragonabili le situazioni così differenziate ( 48 ). In tali circostanze, è inevitabile la conclusione secondo cui detto articolo 33c, paragrafi 1 e 2, crea una discriminazione diretta fondata sulla nazionalità e, di conseguenza, una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

62.

Poiché la discriminazione è diretta, essa può essere giustificata solo da un motivo enunciato nei Trattati, purché tale misura sia proporzionata alla realizzazione di tale motivo.

63.

A tal riguardo, si può rilevare che l’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE afferma che «le disposizioni dell’articolo 63 [TFUE] non pregiudicano il diritto degli Stati membri (...) di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie».

64.

Nel caso di specie, si può supporre che l’obiettivo perseguito dall’articolo 33c, paragrafi 1 e 2, sia garantire che solo i rendimenti distribuiti da organismi fiscali esteri già assoggettati a tassazione alla fonte possano beneficiare dei meccanismi che limitano gli effetti di una doppia imposizione. Si può ritenere che un siffatto obiettivo rientri nelle considerazioni enunciate all’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE e relative alla lotta contro le violazioni della normativa fiscale, le quali includono chiaramente l’ottenimento di indebiti vantaggi ( 49 ).

65.

Inoltre, tale distinzione appare idonea a garantire la realizzazione di detto obiettivo e non eccede quanto necessario per conseguirlo ( 50 ). Giungo a questa conclusione per le seguenti ragioni.

66.

In primo luogo, da un lato, le disposizioni dell’articolo 33c, paragrafi 1 e 2, della legge sulle imposte sul reddito non escludono un organismo straniero dal beneficio dei meccanismi previsti all’articolo 33a e all’articolo 33b della medesima legge, bensì il loro obiettivo consiste piuttosto nel prevedere condizioni affinché solo gli utili già tassati possano beneficiarne.

67.

In secondo luogo, tali disposizioni prevedono un’aliquota d’imposta del 10% per un organismo cui non è applicabile l’articolo 2 della direttiva 2011/96, la cui aliquota è inferiore all’aliquota finlandese dell’imposta sulle società.

68.

Pertanto, la misura consistente nell’esclusione di taluni organismi stranieri dall’ambito di applicazione degli articoli 33a e 33b, sebbene costitutiva di una discriminazione diretta, appare giustificata alla luce di un motivo enunciato nel TFUE stesso e proporzionata a quest’ultimo. In queste circostanze particolari la suddetta misura dovrebbe essere considerata compatibile con il diritto dell’Unione purché, tuttavia, tale meccanismo di riduzione miri unicamente a correggere questa differenza d’imposizione dei suddetti utili a più livelli, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

C.   Sulla misura consistente nella classificazione dei dividendi distribuiti da talune società straniere come redditi da lavoro subordinato

69.

Ai sensi dell’articolo 33c, paragrafo 3, della legge sulle imposte sul reddito, gli utili distribuiti da un organismo straniero che non soddisfano le condizioni di cui all’articolo 33, paragrafi 1 e 2, della medesima legge non sono tassati come redditi da capitale, bensì come redditi da lavoro subordinato. Come rilevato dalla Commissione, tale disposizione introduce una forma di discriminazione diretta nei confronti delle società straniere, poiché si applica solo a tali entità.

70.

Il governo finlandese non ha motivato in alcun modo un’eventuale spiegazione di tale qualificazione e non è chiaro quale tipo di spiegazione, ricavata dai Trattati, possa giustificare la significativa differenza di trattamento che ne risulta. Anche se esistesse, affinché una siffatta distinzione sia giustificata, occorre che la misura applicata sia proporzionata all’obiettivo perseguito.

71.

È certamente comprensibile che uno Stato membro debba provvedere affinché il beneficio dei meccanismi di attenuazione dell’effetto della doppia imposizione si applichi solo ai redditi interessati da tale questione. Tuttavia, per essere proporzionata, l’inosservanza delle condizioni di applicazione dei meccanismi volti a limitare gli effetti di una doppia imposizione degli utili deve essere logicamente sanzionata con la perdita del beneficio di detti meccanismi e, pertanto, assoggettata integralmente a imposta.

72.

Ciò non si verifica nel caso di specie, poiché l’applicazione della diversa qualificazione degli utili per fini fiscali – redditi da lavoro subordinato rispetto ai redditi da capitale – dipende unicamente dall’identità e dalla residenza dell’organismo straniero e non dalla questione se tali utili rischierebbero altrimenti di essere tassati due volte. Non si può dire, realisticamente, che i redditi che non soddisfano tali requisiti debbano essere automaticamente riclassificati come redditi da lavoro subordinato. Ciò vale a maggior ragione in quanto, a termini dell’articolo 32 della legge finlandese sulle imposte sul reddito, i dividendi versati dalle società costituiscono, in linea di principio, redditi da capitale.

73.

Anche se l’articolo 33c, paragrafo 3, della legge sulle imposte sul reddito riguarda i redditi distribuiti da soggetti imponibili che non sono stati assoggettati a imposta alla fonte, di modo che, alla luce dell’obiettivo perseguito da tale misura, si deve ritenere che i fondi comuni di diritto finlandese e le SICAV di diritto lussemburghese si trovino in una situazione identica, gli utili che essi distribuiscono sono tuttavia trattati diversamente. Gli utili degli organismi finlandesi sono considerati redditi da capitale, mentre i dividendi versati da una SICAV sono considerati redditi da lavoro subordinato e, come si è visto, sono assoggettati a una tassazione progressiva e a un livello più elevato.

74.

Sembra quindi evidente che, assoggettando a imposta i dividendi versati da una SICAV di diritto lussemburghese come redditi da lavoro subordinato per il solo motivo che essi non soddisfano le condizioni per beneficiare del meccanismo previsto agli articoli 33a e 33b della legge sulle imposte sul reddito, il diritto tributario finlandese ha introdotto una restrizione ai sensi dell’articolo 65 TFUE, che non può essere proporzionata ad alcun motivo imperativo di interesse generale.

75.

A tal riguardo, sottolineo che l’esistenza di una siffatta discriminazione non può incidere sulla validità della misura consistente nel trattare in modo diverso i dividendi e le quote di utili. È vero che una discriminazione può risultare dagli effetti di una disposizione. Tuttavia, nel caso di specie, il fatto che i redditi distribuiti siano stati qualificati, dalla decisione controversa, come dividendi non consente di concludere necessariamente nel senso del carattere discriminatorio della normativa finlandese. È solo perché la legge sulle imposte sul reddito prevede che, quando una società non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 33c, paragrafi 1 e 2, della stessa che i redditi distribuiti devono essere considerati redditi da lavoro subordinato (distinti dai redditi da capitale) che si verifica una siffatta discriminazione. È quindi solo l’articolo 33c, paragrafo 3, della legge sulle imposte sul reddito che deve essere considerato incompatibile con il diritto dell’Unione.

V. Conclusioni

76.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo quindi alla Corte di rispondere alla questione proposta nel modo seguente:

Gli articoli 63 e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale secondo la quale i redditi percepiti da una persona fisica residente in Finlandia da un organismo d’investimento collettivo avente sede in un altro Stato membro dell’Unione europea e avente forma statutaria ai sensi della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), sono tassati come dividendi e non come quote di utili. Dette disposizioni devono altresì essere interpretate nel senso che non ostano a una normativa nazionale che esclude l’applicazione di meccanismi di riduzione degli effetti della doppia imposizione qualora siffatti utili siano distribuiti da società che sono state assoggettate a imposta in un altro Stato membro a un’aliquota inferiore all’aliquota prevista da tale normativa, purché tale meccanismo di riduzione sia diretto unicamente a correggere tale differenza d’imposizione dei suddetti utili a più livelli, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Tuttavia, tali disposizioni devono essere interpretate altresì nel senso che ostano a che la medesima normativa, pur affermando che i dividendi costituiscono, in linea di principio, redditi da capitale, riqualifichi i dividendi distribuiti da tali società come redditi da lavoro subordinato.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Oltre ai fondi comuni di cui alla direttiva OICVM, il diritto finlandese consente la costituzione di fondi d’investimento alternativi, vale a dire quelli soggetti non già alla direttiva OICVM, bensì alla direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU 2011, L 174, pag. 1). Secondo il giudice del rinvio, il diritto finlandese consente la creazione dei soli GEFIA in forma contrattuale. Nelle sue osservazioni, il governo finlandese lascia tuttavia intendere che possono essere creati fondi GEFIA in forma statutaria. In particolare, al punto 33 della sua risposta alla richiesta di chiarimenti della Corte, il governo finlandese ha affermato quanto segue: «Ad esempio, se un fondo speculativo nazionale assume la forma di una società per azioni, ad essa si applica il regime dell’imposta sulle società applicabile alle normali società per azioni (...)».

( 3 ) A seguito di una riforma intervenuta nel 2014, l’aliquota dell’imposta sulle società è stata ridotta e l’onere fiscale a carico delle società è stato trasferito agli azionisti.

( 4 ) Il fascicolo presentato alla Corte non precisa il motivo per cui i dividendi versati da una società quotata in borsa e quelli versati da una società non quotata in borsa siano tassati in modo diverso.

( 5 ) Rilevo che il fatto di considerare i fondi di investimento nazionali come entità fiscali pur esentandoli dall’imposta sul reddito ha l’effetto di modificare la natura dei dividendi distribuiti al fine di semplificare il trattamento fiscale delle operazioni di cui trattasi. Infatti, se tali fondi fossero stati considerati come entità fiscali trasparenti, sarebbe stato necessario, per applicare loro il regime corrispondente, distinguere fra gli utili distribuiti da tali fondi aventi origine da azioni di società quotate e gli utili aventi origine da azioni di società non quotate. Poiché tali fondi non sono trasparenti, gli utili da essi distribuiti sono tassati a seconda che questi stessi fondi siano o meno quotati.

( 6 ) GU 2011, L 345, pag. 8.

( 7 ) GU 2013, L 141, pag. 30.

( 8 ) GU 2014, L 219, pag. 40.

( 9 ) Tale termine non designa una particolare forma societaria. Ad esempio, una SICAV potrebbe essere una «société anonyme» o una «commandite par action».

( 10 ) Le società che hanno la qualità di SICAV sono tuttavia tenute, in linea di principio, a versare una tassa di sottoscrizione (subscription tax). Tale tassa non è tuttavia basata sugli utili, ma sul valore patrimoniale netto del fondo.

( 11 ) V. il sito Internet dell’Association of the Luxembourg Fund Industry (ALFI) https://www.alfi.lu/en-GB/Pages/Setting-up-in-Luxembourg/Alternative-investment-funds-legal-vehicles/RAIF- (Luxembourg-Reserved-Alternative-Investment-F).

( 12 ) In particolare, la decisione controversa non sembra essere direttamente collegata alla Convenzione fra il Lussemburgo e la Finlandia per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio, firmata a Lussemburgo il 1o marzo 1982 (Mémorial A 1982, pag. 1966).

( 13 ) V., ad esempio, sentenza del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország (C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 49).

( 14 ) V., ad esempio, sentenze del 28 febbraio 2008, Deutsche Shell (C‑293/06, EU:C:2008:129, punto 43); del 10 giugno 2015, X (C‑686/13, EU:C:2015:375, punto 33), nonché del 27 febbraio 2020, AURES Holdings (C‑405/18, EU:C:2020:127, punto 32). Tenuto conto delle differenze tra le legislazioni nazionali degli Stati membri, il risultato dell’esercizio di tali libertà può quindi essere più o meno vantaggioso, se non svantaggioso, poiché il diritto dell’Unione non garantisce ai cittadini dell’Unione che l’esercizio delle libertà di circolazione sia neutro sul piano tributario. V., ad esempio, sentenze del 15 luglio 2004, Lindfors (C‑365/02, EU:C:2004:449, punto 34); del 12 luglio 2005, Schempp (C‑403/03, EU:C:2005:446, punto 45), nonché sentenza del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C‑194/06, EU:C:2008:289, punti 3762).

( 15 ) V., ad esempio, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 40).

( 16 ) Conseguentemente, la mancanza, nella normativa di uno Stato membro, di uno status giuridico equivalente a quello di un organismo registrato in un altro Stato membro non obbliga il primo Stato membro ad equiparare detto organismo a quello che beneficia, in forza di tale normativa, dei vantaggi più significativi, anche se esso non possiede le caratteristiche che hanno giustificato la concessione di tali vantaggi, ma soltanto ad applicare le norme esistenti in modo non discriminatorio al suddetto organismo registrato in un altro Stato membro.

( 17 ) V., ad esempio, sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 15). Il corsivo è mio.

( 18 ) V., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2007, Columbus Container Services (C‑298/05, EU:C:2007:754, punto 53) e del 26 maggio 2016, NN (L) International (C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 47).

( 19 ) V., ad esempio, sentenze del 13 marzo 2014, Bouanich (C‑375/12, EU:C:2014:138, punto 45) e del 30 aprile 2020, Société Générale (C‑565/18, EU:C:2020:318, punti 2425).

( 20 ) Per ulteriori precisazioni della verifica da effettuare, v. le mie conclusioni nella causa Autoridade Tributária e Aduaneira (C‑388/19).

( 21 ) V., ad esempio, sentenza del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punto 19).

( 22 ) V., ad esempio, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 26), del 20 gennaio 2011, Commissione/Grecia (C‑155/09, EU:C:2011:22, punto 45), del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765, punto 29), nonché del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza dell’associazione) (C‑78/18, EU:C:2020:476, punto 62).

( 23 ) A quanto mi consta, questo specifico approccio è stato utilizzato solo in rare occasioni in materia fiscale. V. sentenze del 3 febbraio 2000, Dounias (C‑228/98, EU:C:2000:65, punto 61), del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka (C‑156/17, EU:C:2020:51, punto 62) e, per quanto riguarda l’onere della prova, sentenza del 28 gennaio 2010, Direct Parcel Distribution Belgium (C‑264/08, EU:C:2010:43, punto 35).

( 24 ) V., ad esempio, sentenza del 16 luglio 2009, Damseaux (C‑128/08, EU:C:2009:471, punto 27).

( 25 ) V., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2007, Laval un Partneri (C‑341/05, EU:C:2007:809, punti 54110).

( 26 ) Secondo la giurisprudenza della Corte, la comparabilità della situazione di cui trattasi dev’essere valutata alla luce dell’obiettivo perseguito dalla misura in questione. V., ad esempio, sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie stabilite in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punto 64). La Corte prende talvolta in considerazione anche «l’oggetto e il contenuto» di tale atto (v. sentenze del 18 dicembre 2014, Q,C‑133/13, EU:C:2014:2460, punto 22, e del 13 novembre 2019, College Pension Plan of British Columbia,C‑641/17, EU:C:2019:960, punto 65).

( 27 ) V., ad esempio, sentenza del 30 gennaio 2020, Köln-Aktienfonds Deka (C‑156/17, EU:C:2020:51, punti 7475).

( 28 ) V., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2019, College Pension Plan of British Columbia (C‑641/17, EU:C:2019:960, punto 83).

( 29 ) V., ad esempio, sentenza del 13 marzo 2014, Bouanich (C‑375/12, EU:C:2014:138, punti da 45 a 56), o sentenza del 12 giugno 2003, Gerritse (C‑234/01, EU:C:2003:340, punto 47). V. anche, su questo argomento, Lenaerts, K., e Bernardeau, L., «L’encadrement communautaire de la fiscalité directe», Cahiers de droit européen, vol. 1, Bruylant, 2007, pagg. da 19 a 109, in particolare pag. 55.

( 30 ) In talune sentenze, la Corte, dopo aver qualificato la misura di cui trattasi come restrizione, ha ritenuto che l’assenza di comparabilità potrebbe fungere da giustificazione dell’effetto discriminatorio. V., ad esempio, sentenza del 22 novembre 2018, Sofina e a. (C‑575/17, EU:C:2018:943, punto 42). In altre sentenze, la Corte ha tuttavia esaminato la comparabilità delle situazioni come condizione per qualificare una misura come restrizione. V., ad esempio, sentenze del 13 marzo 2014, Bouanich (C‑375/12, EU:C:2014:138, punti da 45 a 56), o del 4 luglio 2018, NN (C‑28/17, EU:C:2018:526, punti da 31 a 38). Infine, in taluni casi, la Corte ha effettuato due volte questo esame: la prima volta, per qualificare una misura come restrizione, la seconda volta nella fase della giustificazione. V. sentenze del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punti 5765) o, per quanto riguarda la libertà di stabilimento, del 17 maggio 2017, X (C‑68/15, EU:C:2017:379, punti 4250). In tali situazioni, il primo esame della comparabilità ha riguardato, in sostanza, la questione se le persone interessate fossero state assoggettate allo stesso tipo di imposizione (il che si risolve in realtà nell’esaminare non la comparabilità delle situazioni, bensì la portata dell’applicazione della misura in questione) e il secondo la comparabilità delle situazioni rispetto all’obiettivo perseguito dalla normativa tributaria nazionale in questione.

( 31 ) V. sentenza del 22 novembre 2018, Sofina e a. (C‑575/17, EU:C:2018:943, punto 45).

( 32 ) V. sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 23).

( 33 ) V. sentenze del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C‑650/16, EU:C:2018:424, punto 32), e del 9 febbraio 2017, X (C‑283/15, EU:C:2017:102, punto 29). V., per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi, sentenza del 30 gennaio 2020, Anton van Zantbeek (C‑725/18, EU:C:2020:54, punto 26).

( 34 ) V., ad esempio, sentenza del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria (C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 61). In talune sentenze si afferma che le situazioni devono essere «oggettivamente comparabili», il che può indurre in errore nel senso che potrebbe far pensare che sono rilevanti le differenze di fatto tra due situazioni, mentre, secondo una giurisprudenza costante, la comparabilità di una situazione transfrontaliera con una situazione interna allo Stato membro interessato deve essere esaminata alla luce dell’obiettivo perseguito dalle misure in questione. V. sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie stabilite in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punto 64).

( 35 ) Per utilizzare l’espressione utilizzata da talune parti.

( 36 ) Il corsivo è mio.

( 37 ) V., ad esempio, sentenza del 21 giugno 2018, Fidelity Funds e a. (C‑480/16, EU:C:2018:480, punto 51). Pertanto, una misura fiscale può trattare gli organismi di investimento collettivo in modo diverso a seconda che siano stati costituiti in forma contrattuale o statutaria, qualora tale circostanza sia rilevante alla luce dell’obiettivo perseguito da tale misura e tale disparità di trattamento sia compatibile con la normativa dell’Unione.

( 38 ) Sentenza del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377).

( 39 ) Ciò vale a maggior ragione in quanto il considerando 83 della direttiva OICVM afferma che quest’ultima non dovrebbe influire sulle norme nazionali in materia fiscale. In ogni caso, le libertà fondamentali si applicano solo nella misura in cui la materia non è oggetto di una completa armonizzazione. V., ad esempio, sentenza del 14 marzo 2013, Commissione/Francia (C‑216/11, EU:C:2013:162, punto 27).

( 40 ) V., a proposito di misure fiscali, le conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano nella causa SEVIC Systems (C‑411/03, EU:C:2005:437, paragrafo 55) o, più in generale, sentenze del 7 maggio 1997, Pistre e a. (da C‑321/94 a C‑324/94, EU:C:1997:229, punto 52) e del 1o ottobre 2009, Woningstichting Sint Servatius (C‑567/07, EU:C:2009:593, punto 25).

( 41 ) V., ad esempio, sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società intermedie stabilite in paesi terzi) (C‑135/17, EU:C:2019:136, punto 70).

( 42 ) Si può essere tentati di procedere ad una valutazione globale dell’effetto combinato di queste tre disposizioni, ma un siffatto approccio crea il rischio, se si dovesse concludere per l’esistenza di una restrizione, che le disposizioni all’origine della restrizione non siano identificate con precisione, con la conseguenza che lo Stato membro modificherebbe la propria normativa al di là di quanto necessario.

( 43 ) V., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2007, Voß (C‑300/06, EU:C:2007:757, punti 4041), nonché del 3 ottobre 2019, Schuch‑Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 47). Analogamente, in materia di aiuti di Stato, la Corte analizza l’esistenza di un vantaggio selettivo alla luce di un quadro normativo di riferimento. V., in tal senso, le mie conclusioni nelle cause riunite UNESA e a. (da C‑105/18 a C‑113/18, EU:C:2019:395, paragrafo 80).

( 44 ) Infatti, in assenza di personalità giuridica, un organismo non può, in linea di principio, essere soggetto a obblighi. In realtà, ciò non è necessariamente vero. Infatti, poiché il diritto tributario è generalmente considerato come un settore del diritto autonomo nella maggior parte degli Stati membri, non si può escludere che, in alcuni di tali Stati, gli enti privi di personalità giuridica possano essere assoggettati a un’imposta sul reddito, come in Finlandia, ma a differenza di ciò che avviene in tale Stato membro, non siano esenti. Di conseguenza, la quota degli utili che distribuiscono potrebbe subire una doppia imposizione e, pertanto, alla luce dell’obiettivo perseguito dai meccanismi volti a limitare gli effetti della doppia imposizione, si dovrebbe ritenere che tali organismi si trovino in una situazione comparabile a quella delle società. Pertanto, da tale punto di vista, l’articolo 32 della legge sulle imposte sul reddito potrebbe generare problemi circa il carattere discriminatorio di tale equivalenza, ma tali problemi sono piuttosto la conseguenza dell’utilizzo, come criterio, dell’assenza di personalità giuridica dell’organismo interessato piuttosto che del fatto che essi non siano un’entità imponibile. Tuttavia, poiché, nel caso di specie, i) tale questione non è stata sollevata dal giudice del rinvio, ii) non è certo che esistano Stati membri che procedono in tal modo e, iii) i rendimenti di cui trattasi sono stati considerati distribuiti da un organismo dotato di personalità giuridica, non esaminerò tale questione.

( 45 ) Al contrario, se l’amministrazione fiscale avesse applicato agli utili distribuiti da un organismo straniero privo di personalità giuridica il regime fiscale applicabile ai dividendi, tale trattamento avrebbe potuto costituire una discriminazione e quindi una restrizione ad una libertà fondamentale, poiché in tal modo gli investitori avrebbero perso ogni possibilità di beneficiare delle disposizioni degli articoli 33a e 33b della legge sulle imposte sul reddito.

( 46 ) Benché le disposizioni di cui trattasi non lo precisino, dal fascicolo risulta che il termine «imposta» riguarda in questo caso solo le imposte basate sugli utili realizzati da un’entità fiscale.

( 47 ) Poiché, formalmente, l’articolo 33c, paragrafi 1 e 2 della legge sulle imposte sul reddito riguarda le società straniere, mi sembra escluso tale disposizione operi una distinzione tra società che hanno versato un’imposta e quelle che non l’hanno fatto.

( 48 ) V., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2016, SECIL (C‑464/14, EU:C:2016:896, punto 55).

( 49 ) V., ad esempio, sentenza dell’11 ottobre 2007, ELISA (C‑451/05, EU:C:2007:594, punto 81).

( 50 ) V., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2017, Piringer (C‑342/15, EU:C:2017:196, punto 53).

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