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Document 62019CC0410

Conclusioni dell’avvocato generale E. Tanchev, presentate il 17 dicembre 2020.
The Software Incubator Ltd contro Computer Associates (UK) Ltd.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom.
Rinvio pregiudiziale – Agenti commerciali indipendenti – Direttiva 86/653/CE – Articolo 1, paragrafo 2 – Nozione di “agente commerciale” – Fornitura di un programma informatico ai clienti per via elettronica – Concessione di una licenza perpetua d’uso – Nozioni di “vendita” e di “merci”.
Causa C-410/19.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:1061

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 17 dicembre 2020 ( 1 )

Causa C‑410/19

The Software Incubator Ltd

contro

Computer Associates UK Ltd

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito)]

«Rinvio pregiudiziale – Agenti commerciali indipendenti – Direttiva 86/653/CEE – Articolo 1, paragrafo 2 – Definizione di agente commerciale – Nozioni di “vendita” e di “merci” – Fornitura di software ai clienti di un preponente con mezzi elettronici accompagnata dalla concessione di una licenza perpetua»

Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito), verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti ( 2 ).

2.

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 definisce l’agente commerciale come un intermediario indipendente la cui attività consiste in particolare nella vendita o nell’acquisto di merci per conto di un’altra persona denominata preponente. La questione principale posta dalla presente causa è se la fornitura di programmi informatici ai clienti di un preponente per via elettronica, accompagnata dalla concessione di una licenza perpetua, possa essere qualificata come «vendita» di «merci» ai sensi di tale disposizione.

3.

Di conseguenza, la presente causa offre alla Corte la prima opportunità di pronunciarsi sull’interpretazione delle nozioni di «vendita» e di «merci» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653. Nel procedimento principale, ciò è necessario al fine di stabilire se la direttiva 86/653 si applichi a un agente incaricato di promuovere il software di cui trattasi, affinché la domanda di risarcimento fondata su tale direttiva possa essere accolta.

I. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

4.

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva per “agente commerciale” si intende la persona che, in qualità di intermediario indipendente, è incaricata in maniera permanente di trattare per un’altra persona, qui di seguito chiamata “preponente”, la vendita o l’acquisto di merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente».

B.   Diritto del Regno Unito

5.

La direttiva 86/653 è stata trasposta nel diritto del Regno Unito dal Commercial Agents (Council Directive) Regulations 1993 [regolamento del 1993 sugli agenti commerciali (direttiva del Consiglio)] (Statutory Instrument 1993/3053), come modificato (in prosieguo: il «Regolamento») ( 3 ). Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del suddetto Regolamento:

«Nel presente Regolamento (...) per

“agente commerciale” si intende la persona che, in qualità di intermediario indipendente, è incaricata in maniera permanente di trattare per un’altra persona (il “preponente”) la vendita o l’acquisto di merci oppure di trattare e di concludere la vendita o l’acquisto di merci in nome e per conto del preponente».

II. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

6.

Dalla decisione di rinvio risulta che la Computer Associates UK Ltd (in prosieguo: la «Computer Associates») è una società che commercializza un tipo di programma informatico conosciuto come software per l’automazione della distribuzione di applicazioni (in prosieguo: il «software»). Il software è complesso, costoso e non personalizzato, nel senso che non viene sviluppato su misura per un cliente determinato. Lo scopo del software è coordinare ed effettuare automaticamente il lancio e l’aggiornamento di altre applicazioni software in diversi ambienti operativi in grandi organizzazioni, quali banche e compagnie di assicurazione, in modo che le applicazioni soggiacenti siano pienamente integrate con l’ambiente operativo del software.

7.

The Software Incubator Ltd (in prosieguo: «The Software Incubator») è una società di proprietà del sig. Scott Dainty.

8.

Il 25 marzo 2013 la Computer Associates e The Software Incubator hanno concluso un contratto scritto (in prosieguo: il «contratto»).

9.

Ai sensi della clausola 2.1 del contratto, The Software Incubator, tramite il sig. Dainty, accettava di operare per conto della Computer Associates al fine di contattare potenziali clienti nel Regno Unito e in Irlanda «allo scopo di promuovere, commercializzare e vendere il Prodotto». Il termine «Prodotto» designava il software, come indicato al primo considerando del contratto. Di conseguenza, ai sensi del contratto, la Computer Associates era il preponente e The Software Incubator l’agente.

10.

Come risulta dalla decisione di rinvio, le principali caratteristiche della fornitura del software nel procedimento principale erano le seguenti. In primo luogo, la Computer Associates forniva il software ai clienti per via elettronica mediante un’e-mail contenente il link a un portale online dal quale essi lo scaricavano. Sebbene esistesse la possibilità di fornire il software mediante un supporto fisico, questa opzione di fatto non era utilizzata.

11.

Inoltre, ai sensi della clausola 4.1 del contratto, la Computer Associates aveva il diritto esclusivo di stabilire le condizioni per concedere in licenza il software ai clienti e, secondo la clausola 6.1, la Computer Associates applicava e riscuoteva tutti i diritti dovuti dai clienti relativamente all’utilizzo del software. The Software Incubator, in quanto agente, era incaricata di promuovere la concessione delle licenze per l’utilizzo del software da parte della Computer Associates ai suoi clienti. The Software Incubator non aveva il potere di trasferire la titolarità o la proprietà del software.

12.

A tal riguardo, in forza dei contratti conclusi tra la Computer Associates e i suoi clienti ( 4 ), al cliente era concessa una licenza di utilizzazione del software che, nella maggior parte dei casi, era perpetua, il che significa che era di durata illimitata. La licenza permetteva al cliente, tra l’altro, di installare e utilizzare il software nel territorio specificato fino al numero autorizzato di utenti finali e di consentire agli utenti finali autorizzati l’accesso al software. Essa era altresì subordinata al rispetto da parte del cliente dell’obbligo, in particolare, di non accedere o utilizzare parti non autorizzate del software, né decompilare, modificare o effettuare operazioni di «reverse engineering» (ingegneria inversa), e di non noleggiare, cedere, trasferire o concedere in sub-licenza il software. La Computer Associates e i soggetti ad essa collegati mantenevano tutti i diritti, titoli, diritti d’autore, brevetti, marchi commerciali, segreti commerciali e tutti gli altri interessi patrimoniali riguardanti il software. Ciascuna delle parti aveva la facoltà di porre fine al contratto in caso di inadempienza sostanziale o insolvenza dell’altra parte, il che avrebbe comportato la revoca della licenza e la restituzione da parte del cliente di tutte le copie del software ovvero la loro distruzione.

13.

Con lettera del 9 ottobre 2013, la Computer Associates ha posto fine al contratto con The Software Incubator.

14.

The Software Incubator ha promosso un’azione contro la Computer Associates dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench, Regno Unito], chiedendo in particolare il risarcimento ai sensi delle disposizioni del Regolamento che attua l’articolo 17 della direttiva 86/653. La Computer Associates ha contestato qualsiasi responsabilità deducendo, in particolare, che il Regolamento non si applicava perché la fornitura del software promosso da The Software Incubator non costituiva «vendita di merci» ai fini della definizione di agente commerciale contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, di detto Regolamento che attua l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

15.

Con sentenza del 1o luglio 2016 ( 5 ), la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division, [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench] ha stabilito che la fornitura di un software per via elettronica, accompagnata da una licenza perpetua, equivaleva a «vendita di merci» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento e ha riconosciuto in favore di The Software Incubator, fra l’altro, 475000 sterline inglesi (GBP) (circa EUR 531100) a titolo di indennità ai sensi di detto Regolamento. Secondo tale giudice, la nozione di «vendita di merci» doveva avere una definizione autonoma ai sensi del Regolamento, sicché non si poteva escludere che la fornitura del software fosse qualificata come «merce» perché è immateriale, o come «vendita» perché la titolarità dei diritti di proprietà intellettuale ivi contenuta non è solitamente trasferita in modo assoluto.

16.

La Computer Associates ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile)] (Regno Unito).

17.

Con sentenza del 19 marzo 2018 ( 6 ), la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile)] ha dichiarato che la fornitura del software per via elettronica, e non su un supporto fisico, non costituiva una «merce» nell’accezione dell’articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento. Secondo detto giudice, l’autorità dei precedenti rendeva obbligatoria una siffatta constatazione, sebbene questo approccio potesse sembrare superato alla luce dei progressi tecnologici, e non ha quindi esaminato se la concessione di licenze del software ai clienti della Computer Associates andasse qualificata come «vendita» ai sensi di tale disposizione. All’esito, detto giudice ha concluso che The Software Incubator non era un agente commerciale ai fini del Regolamento e ha respinto la sua richiesta di risarcimento ai sensi dello stesso.

18.

Con ordinanza del 28 marzo 2019, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) ha concesso a The Software Incubator l’autorizzazione a presentare ricorso avverso la decisione della Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile)].

19.

Il giudice del rinvio ha evidenziato che non è chiaro se la definizione di agente commerciale contenuta all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, limitata alla «vendita di merci», si applichi alla situazione di cui al procedimento principale.

20.

In tale contesto, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) ha deciso di sospendere il procedimento principale e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se, nel caso in cui una copia del programma informatico sia fornita ai clienti di un preponente per via elettronica anziché su supporto fisico, essa costituisca una “merce” nell’accezione di detto termine risultante dalla definizione di agente commerciale di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del [18] dicembre 1986, relativa al coordinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (...).

2)

Se, nel caso in cui i programmi informatici siano forniti ai clienti di un preponente mediante la concessione al cliente di una licenza perpetua di utilizzo di una copia del software, ciò costituisca una “vendita di merci” nell’accezione di detto termine risultante dalla definizione di agente commerciale di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della [direttiva 86/ 653]».

III. Procedimento dinanzi alla Corte

21.

Sono state presentate osservazioni scritte alla Corte da The Software Incubator e dalla Computer Associates, nonché dal governo tedesco e dalla Commissione europea. The Software Incubator, la Computer Associates e la Commissione hanno altresì risposto a quesiti scritti posti dalla Corte in applicazione dell’articolo 62, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

22.

Mentre la presente causa era pendente dinanzi alla Corte, il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020. Ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica ( 7 ), la Corte resta competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle domande presentate dagli organi giurisdizionali del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione, la quale, come definito all’articolo 126, è in linea di principio il 31 dicembre 2020. Inoltre, in forza dell’articolo 89, paragrafo 1, di detto accordo, la sentenza della Corte pronunciata prima della fine di tale periodo di transizione o emessa in una data successiva, è vincolante nella sua totalità per il Regno Unito e nel Regno Unito.

23.

Di conseguenza, poiché la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata il 28 maggio 2019, la Corte rimane competente a statuire su tale domanda e la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) è vincolata dalla sentenza che sarà pronunciata dalla Corte nel presente procedimento.

IV. Sintesi delle osservazioni delle parti

24.

The Software Incubator sostiene che la prima questione pregiudiziale debba essere risolta in senso affermativo. A suo avviso, la nozione di «merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 comprende il software indipendentemente dal fatto che esso sia fornito con un supporto fisico o meno. Essa fa valere che non esiste alcuna distinzione tra beni materiali e beni immateriali nel testo di tale disposizione e che, alla luce della sua genesi, il legislatore dell’Unione ha inteso escludere dall’ambito di applicazione di tale direttiva unicamente i «servizi», e non i beni immateriali.

25.

The Software Incubator sostiene che la nozione di «merci» in altri settori del diritto dell’Unione è di poco aiuto, in quanto dipende dal contesto e dagli obiettivi delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui trattasi. Essa sottolinea inoltre che il software è considerato «merce» in atti dell’Unione riguardanti, ad esempio, i marchi ( 8 ) e i dispositivi medici ( 9 ), e che il software rientra nella nozione di «merci» nella giurisprudenza della Corte relativa alla libera circolazione delle merci ( 10 ), come nel caso dell’energia elettrica. Poco importa, a suo avviso, che le recenti misure dell’Unione in materia di consumatori, ivi comprese le direttive 2011/83 ( 11 ) e 2019/770 ( 12 ), operino una distinzione tra i contratti di compravendita di beni e i contratti di fornitura di contenuto digitale, come i software per computer, poiché ciò riflette gli obiettivi specifici di tali direttive e, in ogni caso, la direttiva 2019/770 prevede la medesima tutela per i consumatori indipendentemente dal fatto che il contenuto digitale sia fornito su un supporto fisico o meno.

26.

The Software Incubator sostiene che la sua posizione è conforme agli obiettivi perseguiti dalla direttiva 86/653, dal momento che un agente commerciale che vende software fornito per via elettronica ha bisogno della stessa tutela di colui che lo vende su supporto fisico e che si tratta, in sostanza, delle stesse «attività degli intermediari del commercio», di cui al primo considerando della direttiva 86/653. Poiché il software può operare solo in un ambiente materiale, previa installazione nell’hardware del computer, sarebbe artificioso, a suo avviso, qualificarlo come «merce» se fosse fornito su un disco, ma non mediante scaricamento. Una siffatta distinzione comporterebbe altresì distorsioni della concorrenza nel mercato interno, in quanto un preponente potrebbe sottrarsi agli obblighi a esso incombenti in forza della direttiva 86/653 fornendo i propri prodotti in formato elettronico. Essa fa valere altresì che, poiché il ruolo dell’agente commerciale è quello di negoziare le operazioni e il sistema di fornitura di software potrebbe non essere definito nella fase delle trattative, l’applicabilità della direttiva 86/653 non dovrebbe dipendere da cosa il preponente decide di fare dopo che l’agente commerciale ha svolto la sua funzione.

27.

The Software Incubator sostiene che anche la seconda questione richiede una risposta affermativa, in quanto la nozione di «vendita di merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 include la fornitura del software con una licenza perpetua. Essa fa valere che, a seguito dell’ordinanza del 10 febbraio 2004, Mavrona ( 13 ), per interpretare tale disposizione si ha riguardo per la sostanza dei rapporti contrattuali tra l’agente commerciale e il preponente, l’attività svolta da tale agente nonché gli interessi di quest’ultimo e l’esigenza di tutela, che sono identici indipendentemente dal fatto che la fornitura del software sia effettuata con mezzi materiali o immateriali in forza di un contratto di vendita o di una licenza perpetua. La ricorrente sottolinea che le restrizioni all’utilizzo del software relative ai diritti di proprietà intellettuale non sono pertinenti, in quanto non differiscono nella sostanza da quelle imposte dai titolari di diritti di proprietà intellettuale su prodotti alienati sulla base di contratti di vendita. Essa fa valere altresì che la sua posizione è corroborata dalla sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft ( 14 ), in cui la Corte ha considerato come «vendita» la fornitura di un programma per elaboratore in forza di una licenza perpetua, in una situazione analoga a quella della presente controversia, nella quale il cliente pagava un prezzo alla Computer Associates e riceveva il software che poteva utilizzare indefinitamente senza il pagamento di ulteriori diritti, ma per il quale esistevano restrizioni all’utilizzo a causa dei diritti di proprietà intellettuale sul software.

28.

La Computer Associates sostiene che occorre rispondere alla prima questione in senso negativo, poiché i programmi informatici forniti per via elettronica non costituiscono «merce» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653. A suo avviso, il significato comune della nozione di «merci» nella suddetta disposizione riguarda solo i beni materiali e mobili, come indicato da altre versioni linguistiche ( 15 ), e non si applica quindi agli elementi immateriali, come i programmi informatici forniti con mezzi immateriali. Essa fa valere che, al momento dell’adozione della direttiva 86/653, Internet, i programmi informatici e i download non esistevano nella loro forma attuale, per cui non si sarebbe potuto intendere la nozione di «merci» come applicabile ai beni immateriali, e questa è rimasta invariata da allora. Essa fa altresì valere che, per quanto riguarda la genesi della direttiva 86/653, il legislatore dell’Unione ha deliberatamente limitato l’ambito di applicazione di tale direttiva alle «merci» e che la possibile applicazione a una più ampia categoria di agenti, tale da includere anche quelli dei «prodotti», non è stata perseguita.

29.

La Computer Associates sostiene che l’effetto e la posizione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 avvalorano la sua tesi sotto il profilo del contesto, dal momento che quest’ultimo è la disposizione centrale e delimita l’ambito di applicazione della suddetta direttiva. Fondandosi sull’ordinanza del 10 febbraio 2004, Mavrona, ( 16 ) essa sottolinea che la Corte dà attuazione alla lettera dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 e che, sebbene un’ulteriore armonizzazione sia auspicabile, quest’ultima non può essere realizzata mediante una decisione giudiziaria. Essa fa valere che la nozione di «merci» in altri settori del diritto dell’Unione, tra cui la libera circolazione delle merci ( 17 ), le dogane ( 18 ) e l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») ( 19 ), riguarda solo beni materiali e che non esiste un nesso necessario tra la nozione di «merci» di cui alla direttiva 86/653 e quella presente nel sistema di classificazione per la registrazione dei marchi. Essa sottolinea altresì che le recenti misure dell’Unione in materia di consumatori, tra cui le direttive 2011/83 e 2019/770, nonché la direttiva 2019/771 ( 20 ), sono pertinenti, soprattutto perché dimostrano che, quando il legislatore dell’Unione intende applicare un atto dell’Unione ai programmi informatici privi di supporto fisico, come quello di cui trattasi, lo fa espressamente, e non utilizzando il termine «merci».

30.

Secondo la Computer Associates, la sua posizione è conforme agli obiettivi della direttiva 86/653, dal momento che quest’ultima, come risulta dal secondo considerando, mira a realizzare le condizioni del mercato unico per gli «scambi di merci» e che, conformemente agli articoli 1 e 2, il suo obiettivo di armonizzazione è necessariamente limitato a tali «scambi di merci». Essa sottolinea che il fatto che il software fornito su un supporto fisico è «merce» ai sensi della direttiva 86/653, ma non lo è se fornito con mezzi immateriali, non è arbitrario, in particolare perché ciò discende dall’ambito di applicazione di detta direttiva e, come dimostrano le direttive 2011/83, 2019/770 e 2019/771, riflette le differenze tra le merci e il contenuto digitale.

31.

La Computer Associates sostiene che, in caso di risposta negativa alla prima questione, non occorre esaminare la seconda questione e, in subordine, che la nozione di «vendita di merci» non include la concessione di una licenza di utilizzazione di una copia del software. Essa fa valere che il significato comune dell’espressione «vendita o (...) acquisto di merci», di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, designa un trasferimento di proprietà o di titolarità del bene dall’acquirente al venditore, come risulta da altre versioni linguistiche ( 21 ). Tuttavia, a suo avviso, la concessione di una licenza perpetua nelle circostanze del caso di specie non implica un trasferimento di proprietà o di titolarità del software. Infatti, i contratti conclusi dalla Computer Associates con i suoi clienti escludevano un siffatto trasferimento in quanto la titolarità del software resta in capo alla Computer Associates e alle entità collegate e nessun altro diritto di proprietà relativo al software è stato trasferito ai clienti. Una siffatta licenza non è quindi una «vendita di merci» nel senso classico, bensì un’autorizzazione temporanea all’utilizzo del software, che può cessare in caso di inadempienza o insolvenza. Essa fa altresì valere che la sentenza nella causa UsedSoft ( 22 ) non è pertinente in ragione della formulazione e del contesto specifici della normativa dell’Unione di cui trattasi, come ribadito dalla giurisprudenza recente ( 23 ). In ogni caso, la conclusione in tale sentenza secondo cui la nozione di «vendita» designa un trasferimento di proprietà depone contro l’interpretazione della nozione di «vendita di beni» contenuta nella direttiva 86/653, nel senso che essa si applichi alla concessione di una licenza di utilizzazione del software.

32.

Il governo tedesco ritiene che occorra rispondere congiuntamente alle due questioni nel senso che sussiste una «vendita di merci», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, qualora una licenza perpetua di utilizzazione di una copia del software sia fornita al cliente di un preponente solo per via elettronica e non tramite un supporto di memorizzazione tangibile. Esso sottolinea che la versione in lingua tedesca dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 osta a una limitazione dell’ambito di applicazione di tale direttiva a oggetti materiali, giacché il significato naturale del sostantivo «Ware» (merce) comprende anche oggetti immateriali.

33.

Il governo tedesco fa valere che la Corte non dovrebbe basarsi sulla distinzione del diritto primario dell’Unione in materia di libera circolazione delle merci e dei servizi, dal momento che la direttiva 86/653 ha come oggetto l’armonizzazione dell’attività degli agenti commerciali, e quindi la sua portata deve essere determinata funzionalmente in tale contesto, cosicché dovrebbe essere accolta, per quanto possibile, l’interpretazione più favorevole all’agente commerciale. Esso sottolinea che un’interpretazione restrittiva della nozione di «vendita di merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, nel senso che essa riguarderebbe solo beni materiali, pregiudica l’obiettivo di tutela degli agenti commerciali perseguito da tale direttiva, dato che una parte significativa del settore di attività tradizionale degli agenti commerciali in Germania non rientrerebbe più nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

34.

Secondo il governo tedesco, una siffatta interpretazione restrittiva conduce a risultati iniqui, dal momento che un agente commerciale che commercializza un prodotto in forma materiale è tutelato dalla direttiva 86/653, ma non lo è se commercializza lo stesso prodotto in formato digitale. Ciò consente altresì a un preponente di eludere le disposizioni imperative di tale direttiva scegliendo un accordo in cui l’oggetto dell’operazione non sia un oggetto materiale. Detto governo ritiene che, sebbene la commercializzazione di programmi informatici non fosse prevedibile quando la direttiva 86/653 fu elaborata, l’intenzione del legislatore dell’Unione non era di far dipendere la tutela degli agenti commerciali da sviluppi tecnologici fortuiti.

35.

La Commissione ritiene che occorra rispondere congiuntamente alle due questioni nel senso che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 include la fornitura ai clienti di un preponente di una copia del software per via elettronica, e non tramite un supporto di memorizzazione tangibile. Essa sostiene che la nozione di «vendita di merci» di cui alla direttiva 86/653 è una nozione autonoma del diritto dell’Unione e deve essere interpretata in modo dinamico, tenendo conto delle evoluzioni tecnologiche. Essa propone altresì di trattare le questioni nell’ordine inverso.

36.

La Commissione fa valere che la sentenza nella causa UsedSoft ( 24 ) corrobora la constatazione secondo cui la concessione di una licenza perpetua di utilizzazione del software è qualificabile come «vendita» ai sensi della direttiva 86/653. Al pari di tale sentenza, nel caso di specie il cliente acquisisce un diritto permanente di utilizzazione del software dietro versamento di un prezzo, e non incide sulla natura dell’operazione che il software sia messo a disposizione mediante download o supporto materiale, come ribadito dalla giurisprudenza successiva ( 25 ).

37.

La Commissione ritiene che, per quanto riguarda la nozione di «merci», la giurisprudenza in altri settori del diritto dell’Unione non sia decisiva, in quanto dipende dalla normativa applicabile e dalle circostanze particolari. A suo avviso, i software commercializzati come un elemento immateriale rientrano nella nozione di «merci» in senso lato in forza della direttiva 86/653 e non si intendeva escluderli dall’ambito di applicazione di tale direttiva nel momento in cui è stata modificata per escludere i «servizi» nel processo decisionale. Essa sottolinea che la normativa dell’Unione si è evoluta dal tradizionale accento posto sui beni materiale e dalla dicotomia tra beni e servizi relativamente ai programmi informatici, come illustrano le direttive 2011/83 e 2019/770. Secondo la Commissione, un approccio ampio è conforme all’obiettivo di protezione degli agenti commerciali perseguito dalla direttiva 86/653. Infatti, sarebbe contrario a tale obiettivo il fatto che lo stesso agente commerciale che lavora per lo stesso preponente alle stesse condizioni fosse privato di tutela per il solo fatto dell’evoluzione tecnologica o della preferenza di un cliente quanto al modo in cui desidera sia fornito un programma informatico. Essa sostiene altresì che, per analogia con la sentenza nella causa UsedSoft ( 26 ), se un preponente potesse sottrarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 86/653 fornendo i suoi prodotti con modalità elettroniche, l’effetto utile di tale atto normativo risulterebbe compromesso, tanto più che nel caso del software tale forma di commercializzazione è utilizzata estensivamente.

V. Analisi

38.

Con le sue due questioni il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte, in primo luogo, se un programma informatico come quello di cui trattasi, fornito ai clienti di un preponente per via elettronica, senza alcun supporto fisico, sia qualificabile come «merce» e, in secondo luogo, se la fornitura di detto programma informatico in forza di una licenza perpetua, che conferisce ai clienti il diritto di utilizzare una copia del software senza limiti di durata dietro pagamento di un prezzo, sia qualificabile come «merce» nell’accezione della definizione di agente commerciale prevista dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

39.

Queste due questioni derivano dal fatto che, come risulta dalle osservazioni presentate da The Software Incubator, dalla Computer Associates e dalla Commissione, tradizionalmente, secondo il diritto del Regno Unito e di altri paesi, la nozione di «merci» è circoscritta a cose materiali e mobili, vale a dire a cose che sono generalmente suscettibili di essere toccate e spostate fisicamente, e la nozione di «vendita» è associata a un trasferimento di proprietà, il che implica l’acquisizione della cosa venduta e il diritto di disporne e si interseca così con le nozioni collegate di proprietà e possesso. Tuttavia, tali nozioni sono state messe in discussione dal software ( 27 ), termine che denota in generale un insieme di programmi per computer che consentono ad esso di funzionare e di svolgere compiti ( 28 ). Ciò avviene in particolare oggi, laddove il software è generalmente fornito mediante scaricamento, piuttosto che su un supporto fisico come un CD o un DVD, e avviene con la concessione di una licenza, generalmente perpetua, per controllarne l’uso, come dimostra la presente causa. Di conseguenza, la qualificazione giuridica dei programmi informatici ha suscitato un dibattito considerevole nell’Unione e in altri paesi in diversi contesti ( 29 ), quali le misure dell’Unione sui consumatori discusse di seguito ( 30 ).

40.

Non si può negare che le nozioni di «vendita» e di «merci» possano ricevere un’interpretazione diversa nel diritto nazionale e nel diritto dell’Unione. In particolare, si tratta di nozioni chiave nel diritto privato nazionale e in numerosi settori del diritto primario e derivato dell’Unione. Ciò premesso, la presente causa invita la Corte a interpretare tali nozioni nel contesto specifico della direttiva 86/653 e, in particolare, alla luce delle caratteristiche essenziali dell’agente commerciale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva.

41.

A tale riguardo, osservo che le questioni sollevate nel caso di specie non sono state ancora oggetto di una valutazione da parte della Corte ( 31 ). Per rispondere a dette questioni, è in primo luogo necessario formulare alcune osservazioni preliminari riguardanti la direttiva 86/653 e la nozione di agente commerciale, nonché sulla sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft ( 32 ) (sezione A). Esaminerò poi l’interpretazione della nozione di «merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, come menzionato dalla prima questione pregiudiziale (sezione B). Infine, affronterò l’interpretazione della nozione di «vendita» contenuta in tale disposizione, come posta dalla seconda questione (sezione C) ( 33 ).

42.

Sulla base di tale analisi, sono giunto alla conclusione che i programmi informatici forniti per via elettronica accompagnati da una licenza perpetua, come quello di cui trattasi, rientrano nella nozione di «vendita» di «merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 e che detta direttiva è dunque applicabile alla situazione di cui al procedimento principale.

A.   Osservazioni preliminari

1. La direttiva 86/653 e la definizione di agente commerciale

43.

Occorre ricordare che la direttiva 86/653 è uno strumento giuridico fondamentale che disciplina l’istituto dell’agenzia commerciale nell’Unione ( 34 ). Come riconosciuto dalla Corte, gli obiettivi di detta direttiva sono, come risulta dai considerando secondo e terzo, tutelare gli agenti commerciali nelle loro relazioni con i preponenti, promuovere la sicurezza delle operazioni commerciali e facilitare gli scambi di merci tra Stati membri, ravvicinando i sistemi giuridici di questi ultimi in materia di rappresentanza commerciale ( 35 ). A tal fine, la direttiva 86/653 stabilisce norme armonizzate concernenti i diritti e gli obblighi degli agenti commerciali e dei loro preponenti, la retribuzione degli agenti commerciali, nonché la conclusione e l’estinzione del contratto di agenzia commerciale, tra cui in particolare l’indennità o il risarcimento dovuti agli agenti commerciali in caso di cessazione del contratto, che presenta carattere imperativo ( 36 ).

44.

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 costituisce l’accesso alla tutela offerta da tale direttiva agli agenti commerciali, in quanto una persona deve soddisfare le condizioni della definizione di agente commerciale enunciata nel suddetto articolo per rientrare nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva. Come dichiarato dalla Corte, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 prevede tre condizioni necessarie e sufficienti affinché un soggetto possa essere qualificato come agente commerciale ai sensi di tale direttiva: in primo luogo, tale soggetto deve avere la qualifica di intermediario indipendente; in secondo luogo, deve essere contrattualmente vincolato in maniera permanente al preponente; in terzo luogo, tale soggetto deve essere impegnato in un’attività che consiste nel trattare la vendita o l’acquisto di beni per il preponente o nel trattare e concludere siffatte operazioni in nome e per conto del preponente ( 37 ), profilo oggetto del caso di specie.

45.

Per quanto riguarda la terza condizione, la Corte ha interpretato l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 in particolare nel senso che esclude gli agenti commerciali coinvolti nella vendita o nell’acquisto di servizi piuttosto che di merci ( 38 ). Orbene, fino ad oggi, la Corte non era stata invitata a precisare le nozioni di «vendita» e di «merci» ai sensi di tale disposizione. Ciò si spiega, in parte, con il fatto che diverse cause riguardavano una normativa nazionale che conteneva una definizione ampia di agenti commerciali ( 39 ), rendendo così superfluo un ulteriore approfondimento sulla questione ( 40 ).

2. La sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft

46.

Occorre altresì rilevare che la sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft ( 41 ), è pertinente ai fini della presente causa, anche se si colloca in un contesto diverso. Essa è fondata su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice tedesco sull’interpretazione degli articoli 4, paragrafo 2, e 5, paragrafo 1, della direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore ( 42 ). Uno dei punti principali sollevati in tale causa riguardava la questione se la fornitura di una copia di un programma per elaboratore mediante scaricamento da Internet in forza di una licenza perpetua fosse qualificata come «prima vendita o primo altro trasferimento di proprietà» che esauriva il diritto di distribuzione di tale copia in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2009/24 ( 43 ).

47.

In tale sentenza, la Corte ha dichiarato che la nozione di «vendita» di cui a detta disposizione deve essere considerata una nozione autonoma di diritto dell’Unione e, secondo una definizione comunemente riconosciuta, contraddistingueva un accordo con cui una persona cede ad altri, a fronte del pagamento di un prezzo, i propri diritti di proprietà su un bene materiale o immateriale ad essa appartenente ( 44 ). Su tale base, la Corte ha dichiarato che la fornitura di una copia di un programma per elaboratore accompagnata dalla concessione di una licenza perpetua implicava il trasferimento del diritto di proprietà di tale copia e quindi una «vendita» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2009/24 ( 45 ). Nel giungere a tale conclusione, essa ha ritenuto irrilevante che la copia del programma per elaboratore fosse stata messa a disposizione del cliente per mezzo di scaricamento ovvero per mezzo di un supporto informatico tangibile ( 46 ). Essa ha altresì argomentato che, in difetto di un’interpretazione estensiva del termine «vendita», nel senso che ricomprenda tutte le forme di commercializzazione di un prodotto caratterizzate dalla concessione di un diritto di utilizzare una copia del software per una durata illimitata a fronte del versamento di un prezzo, allo scopo di consentire al titolare del diritto d’autore di ottenere una remunerazione corrispondente al valore economico della copia dell’opera di cui è proprietario, l’effetto utile dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2009/24 risulterebbe compromesso, in quanto ai fornitori basterebbe meramente qualificare il contratto come «licenza» anziché come «vendita» per aggirare la regola dell’esaurimento ( 47 ).

48.

La Corte ha inoltre dichiarato che l’esaurimento del diritto di distribuzione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2009/24 riguardava al tempo stesso le copie tangibili e intangibili di un programma per elaboratore ( 48 ). In particolare, essa ha rilevato che la formulazione di detta disposizione non operava alcuna distinzione al riguardo ( 49 ). Essa ha altresì ritenuto che, dal punto di vista economico, la vendita di un programma per elaboratore su un supporto informatico tangibile e quella mediante download fossero analoghe, essendo la modalità di trasmissione on-line l’equivalente funzionale della fornitura di un supporto informatico tangibile. Pertanto, l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2009/24 alla luce del principio della parità di trattamento giustificava il trattamento identico di tali metodi ( 50 ).

49.

La soluzione adottata dalla Corte nella sentenza UsedSoft è stata ribadita nella giurisprudenza successiva ( 51 ). Come illustrato nella sentenza del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers ( 52 ), il fatto che la Corte abbia distinto le sue constatazioni nella sentenza UsedSoft da circostanze che si verificano in altre situazioni evidenzia la specificità dei programmi per elaboratore, in particolare per quanto riguarda l’assimilazione delle forme tangibili e intangibili di fornitura, rispetto ad altri prodotti digitali.

50.

Di conseguenza, dalla sentenza UsedSoft risulta che, da un punto di vista funzionale ed economico, la fornitura di programmi informatici per via elettronica accompagnata dalla concessione di una licenza perpetua può essere oggetto di una «vendita» e che le modalità di trasmissione attraverso un supporto tangibile e intangibile danno luogo a effetti analoghi. Tale sentenza consente quindi di ritenere che la fornitura del software nelle circostanze del caso di specie sia qualificata come «vendita» di «merci» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653. Ritornerò su tale sentenza più avanti, nel corso della mia analisi (vedi paragrafi 74, 85 e 87 delle presenti conclusioni).

B.   Prima questione

51.

Come indicato al paragrafo 38 delle presenti conclusioni, la prima questione sottoposta alla Corte è se programmi informatici forniti per via elettronica, come quello di cui trattasi, rientrino nella nozione di «merce» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

52.

Secondo le argomentazioni sviluppate dalla Computer Associates, solo i beni materiali rientrano nella nozione di «merce» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, escludendo così i programmi informatici forniti mediante supporti immateriali, come quello di cui trattasi. The Software Incubator, il governo tedesco e la Commissione non condividono questa tesi.

53.

Come risulta dal paragrafo 4 delle presenti conclusioni, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 non contiene alcun rinvio al diritto nazionale. Pertanto, secondo una giurisprudenza costante ( 53 ), le nozioni contenute in tale disposizione, e in particolare la nozione di «merci», devono essere oggetto, in tutta l’Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, che sia indipendente dalle normative nazionali ( 54 ). Detta interpretazione deve tener conto della formulazione di tale disposizione, del contesto in cui essa è utilizzata e degli obiettivi perseguiti dalla normativa in cui essa è inserita ( 55 ). Anche la sua genesi può fornire elementi interpretativi pertinenti ( 56 ).

54.

È su tali basi che ho concluso che programmi informatici forniti per via elettronica, come quello di cui trattasi, rientrano nella nozione di «merci», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653. Le ragioni per le quali sono giunto a tale conclusione sono esposte nel prosieguo.

55.

Per quanto riguarda il tenore letterale della direttiva 86/653, il termine «merci» è utilizzato non solo all’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, ma anche agli articoli 4, paragrafo 2, lettera a), 6, paragrafo 1, e 20, paragrafo 2, lettera b), di quest’ultima. Tuttavia, nessuna di tali disposizioni precisa il senso e la portata di tale termine. Con riguardo alle argomentazioni svolte dalla Computer Associates, i termini utilizzati in altre versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 non sembrano attestare un’interpretazione di tale disposizione limitata ai beni materiali ( 57 ). Ad esempio, secondo il governo tedesco, la versione in lingua tedesca deporrebbe a favore di un’interpretazione della nozione di «merci» che copre i beni immateriali (v. paragrafo 32 delle presenti conclusioni). Peraltro, tali versioni linguistiche non sembrano indicare che il termine «merci» sia necessariamente limitato ai beni materiali.

56.

A tal riguardo, occorre rilevare che le circostanze della presente causa differiscono da quelle che hanno dato luogo all’ordinanza del 10 febbraio 2004, Mavrona ( 58 ). In tale ordinanza, la Corte ha negato la possibilità di estendere l’ambito di applicazione della direttiva 86/653 ai commissionari che agiscano per conto del preponente ma a nome proprio, in quanto, in particolare, ciò sarebbe in contrasto con la formulazione esplicita dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653. Per contro, nella presente causa, non si tratta di andare oltre l’ambito di armonizzazione fissato dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, bensì di interpretare, da parte della Corte, talune nozioni, quale quella di «merci», contenute in detta disposizione laddove nel testo stesso non è stato a esse attribuito un significato chiaro.

57.

Di conseguenza, il testo dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 non fornisce una risposta univoca alla questione se programmi informatici forniti per via elettronica, come quello di cui trattasi, rientrino nella nozione di «merci» ai sensi di detta disposizione. Tuttavia, tale disposizione non opera una distinzione a seconda del carattere materiale o immateriale dei beni di cui trattasi. Essa consente quindi un’interpretazione estensiva della nozione di «merci» che comprende l’insieme di tali beni materiali e immateriali che possono essere oggetto di operazioni commerciali.

58.

La genesi della direttiva 86/653 depone a favore di una siffatta interpretazione. Nella proposta della Commissione ( 59 ), la disposizione contenente la definizione degli agenti commerciali si riferiva ad un «numero indefinito di affari», comprensivo di beni e servizi ( 60 ). Nessuna indicazione precisa quanto al termine «merci» veniva fornita, rispetto ad un’altra disposizione di tale proposta che menzionava «oggetti e valori» nell’ambito del diritto di retenzione dell’agente commerciale al momento della cessazione del contratto di agenzia ( 61 ). Tali disposizioni sono state mantenute, con alcuni termini aggiunti, nella proposta modificata della Commissione ( 62 ), a seguito della prima lettura del Parlamento europeo ( 63 ) e del parere del Comitato economico e sociale europeo ( 64 ).

59.

Tuttavia, in occasione della prima riunione del Consiglio sulla proposta modificata ( 65 ), la delegazione danese ha ritenuto che tale proposta «dovesse limitarsi alle operazioni commerciali riguardanti la vendita di merci», posizione appoggiata dalle delegazioni irlandese e britannica. Ciò è riflesso in commenti di dette delegazioni sulla definizione di agente commerciale, secondo i quali esse hanno chiesto che le «operazioni commerciali» fossero definite come «contratti di vendita di prodotti» ( 66 ).

60.

Di conseguenza, la Commissione ha emesso un documento di lavoro sull’ambito di applicazione della proposta di direttiva ( 67 ), in cui ha preso posizione su talune modalità per limitarlo. In particolare, essa ha rilevato che i servizi potevano essere esclusi per il fatto che vi erano poche tipologie alle quali la proposta di direttiva avrebbe potuto trovare applicazione. Tuttavia, sarebbe stato essenziale, a suo parere, coprire gli agenti commerciali operanti in settori di particolare importanza dal punto di vista economico, vale a dire l’acquisto e la vendita di merci. Essa ha indicato che, poiché alcune tipologie di merci, come le materie prime e i prodotti agricoli, erano raramente acquistati o venduti da agenti commerciali, la direttiva proposta poteva quindi applicarsi solo agli agenti che acquistano o vendono prodotti industriali e non ai servizi o alle materie prime.

61.

In occasione della sua successiva riunione ( 68 ), il Consiglio, tenendo conto di tale documento di lavoro, ha sottolineato la sua preferenza per la soluzione in cui la proposta di direttiva «coprirebbe almeno le attività connesse alla vendita e all’acquisto di merci». A tal riguardo, mentre diverse delegazioni hanno approvato un approccio che escludeva i servizi, le delegazioni danesi, irlandese e del Regno Unito hanno espresso riserve circa una soluzione volta a disciplinare ambiti ulteriori rispetto alla sola vendita di merci. Così, secondo il resoconto di tale riunione: «Dato che non è stato possibile risolvere questa questione né la questione se la direttiva debba riguardare o meno merci, prodotti o beni materiali, l’ipotesi di lavoro adottata dal gruppo di lavoro per le discussioni è stata che la direttiva si applica agli agenti commerciali che svolgono attività di vendita o di acquisto di merci» ( 69 ). Ciò si è concretizzato nella definizione di agente commerciale, che faceva riferimento alla vendita o all’acquisto di merci ( 70 ).

62.

Tale approccio è stato mantenuto nel testo della direttiva 86/653 così come adottato ( 71 ). Il progetto di disposizione relativa al diritto di retenzione dell’agente commerciale sugli «oggetti e valori» del preponente è stato modificato e poi soppresso nel corso del processo decisionale ( 72 ).

63.

Di conseguenza, si può dedurre dall’accordo sull’utilizzo del termine «merci», piuttosto che «prodotti», «beni tangibili» o «beni mobili», che detto termine mirava a ricomprendere in senso ampio l’oggetto delle operazioni che rappresentavano le attività principali di agenti commerciali ( 73 ) e che esso non era necessariamente limitato a beni tangibili e mobili. Tale interpretazione è altresì conforme al contesto storico in cui si inserisce la direttiva 86/653, in cui era stata elaborata una convenzione internazionale sulla rappresentanza in materia di vendita internazionale di merci ( 74 ), limitata alla vendita di merci in linea con le principali attività svolte dagli agenti commerciali nel commercio internazionale all’epoca ( 75 ). Contrariamente alla tesi della Computer Associates, dai documenti summenzionati risulta che probabilmente la possibile applicazione della direttiva ai «prodotti» non era intesa essere più ampia rispetto alle «merci», ma piuttosto, con specifico riferimento ai «prodotti industriali», per designare tipologie particolari di prodotti negli scambi che costituivano una parte importante del lavoro degli agenti commerciali.

64.

Il contesto in cui si inserisce l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 avvalora ulteriormente la tesi secondo cui la nozione di «merci» contenuta in tale disposizione può essere interpretata come riferita a beni materiali e immateriali. In particolare, una siffatta interpretazione non priva un agente commerciale dell’adempimento dei suoi compiti essenziali ai sensi della direttiva 86/653, i quali, come risulta dagli articoli 3, 4 e 17, consistono nel procacciare nuovi clienti per il preponente e nello sviluppare le operazioni con i clienti esistenti ( 76 ).

65.

Una siffatta interpretazione non osta neppure al funzionamento delle altre disposizioni della direttiva 86/653 nelle quali è menzionato il termine «merci». A tale riguardo, la descrizione delle merci che deve essere fornita da parte del preponente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 86/653, l’adeguata remunerazione di un agente commerciale in funzione di quanto è versato agli agenti che si occupano delle merci di cui trattasi ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva e il requisito secondo cui, per essere valido, un patto di non concorrenza imposto ad un agente commerciale deve riguardare il tipo di merci oggetto del contratto di agenzia ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), di detto atto, sarebbero applicabili indipendentemente dal fatto che le merci siano materiali o immateriali.

66.

Ciò è illustrato dalle circostanze del presente caso di specie. Come rilevato al paragrafo 9 delle presenti conclusioni, il software è stato trattato nel contratto come un «prodotto» mercificato che The Software Incubator aveva il compito di promuovere, commercializzare e vendere. Inoltre, secondo tale contratto, i) The Software Incubator era obbligata a dedicare un tempo e un impegno notevoli per sviluppare le vendite e i rapporti con la clientela della Computer Associate per quanto riguarda il software; ii) il calcolo della commissione di The Software Incubator si basava sulle vendite del software; e iii) un patto di non concorrenza imponeva il divieto per The Software Incubator di svolgere attività che fossero in concorrenza con il software. Su tali basi, occorre rilevare che il fatto che il software fosse fornito in modo intangibile non sembrava impedire che The Software Incubator o la Computer Associates assumessero gli obblighi loro incombenti in forza del contratto.

67.

Contrariamente alle argomentazioni dedotte dalla Computer Associates, sebbene l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 costituisca una disposizione centrale per delimitare l’ambito di applicazione di tale direttiva, da ciò non consegue tuttavia che il termine «merci» debba essere inteso come riferito unicamente a beni materiali. Sulla base della giurisprudenza della Corte (v. paragrafo 44 delle presenti conclusioni), la definizione di agente commerciale contenuta in tale disposizione è inclusiva, nel senso che tutte le persone che soddisfano le condizioni ivi stabilite sono considerate agenti commerciali, purché non rientrino nelle esclusioni previste dagli articoli 1, paragrafo 3, e 2, paragrafo 1, della stessa. Dette esclusioni riguardano in maniera generale l’occupazione e le attività di talune categorie di persone, e non la tipologia di merci commercializzate ( 77 ).

68.

Peraltro, l’interpretazione della nozione di «merci» in altri settori del diritto dell’Unione non inficia la mia analisi. In particolare, nell’ambito delle disposizioni dell’Unione in materia doganale ( 78 ) e in materia di IVA ( 79 ), quando il termine «merci» è stato limitato ai beni materiali, il software fornito con mezzi intangibili non è considerato «merce», mentre, nell’ambito delle disposizioni dell’Unione in materia di marchi ( 80 ) e di dispositivi medici ( 81 ), il software è stato qualificato come «merce». Tali esempi differiscono dal contesto della presente causa, in cui la nozione di «merci», di cui alla direttiva 86/653, non è stata espressamente limitata ai beni materiali né è stato trattato il software.

69.

Analogamente, nell’ambito della libera circolazione delle merci, la Corte ha costantemente definito la nozione di «merci» in senso ampio come «prodotti valutabili in denaro che, in quanto tali, possono costituire oggetto di operazioni commerciali» ( 82 ). Così, ad esempio, i giochi elettronici, compresi i giochi al computer ( 83 ), e l’energia elettrica ( 84 ) rientrano in tale definizione, nonostante il loro carattere immateriale. Dato che, come risulta dalle circostanze del caso di specie, il software è un prodotto valutato in denaro ed è stato oggetto di operazioni commerciali, esso sembra rientrare esattamente in tale definizione. A mio avviso, contrariamente a quanto sostiene la Computer Associates, la giurisprudenza della Corte nella sentenza Sacchi ( 85 ) secondo cui la trasmissione di segnali televisivi costituisce un servizio, mentre i prodotti utilizzati per la diffusione di segnali televisivi costituiscono prodotti, e nella citata sentenza Jägerskiöld ( 86 ), secondo cui i diritti di pesca e le autorizzazioni alla pesca sono servizi piuttosto che merci, si riferisce alle circostanze particolari di tali cause e non indica in tale contesto una limitazione generale del termine «merci» ai beni materiali.

70.

A mio avviso, neppure le direttive 2011/83, 2019/770 e 2019/771 consentono di suffragare un’interpretazione della nozione di «merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 che sia limitata ai beni materiali. In breve, tali direttive sono strumenti giuridici fondamentali nel diritto dell’Unione in materia di contratti conclusi dai consumatori ( 87 ). La direttiva 2011/83 riguarda i contratti stipulati con i consumatori per la fornitura di contenuto digitale a prescindere dalla modalità di trasmissione e sebbene un contenuto digitale fornito su supporto materiale sia qualificato come «merce», un contenuto digitale fornito su un supporto immateriale non è considerato né come un contratto di vendita né come un contratto di servizi, e sono enunciate regole specifiche ( 88 ). Pertanto, la suddetta direttiva non risolve la questione della classificazione di un siffatto contenuto digitale ( 89 ) e introduce per quest’ultimo una categoria sui generis diversa da quella di «bene» definita come «bene mobile materiale» ( 90 ).

71.

Le direttive 2019/770 e 2019/771 seguono linee simili. La direttiva 2019/770 si applica ai contratti dei consumatori aventi ad oggetto la fornitura di contenuto digitale o di servizi digitali, indipendentemente dal supporto, materiale o immateriale, utilizzato per la trasmissione, anche nel caso in cui il supporto fisico stesso funga esclusivamente da vettore di contenuto digitale ( 91 ). Essa, tuttavia, lascia la questione della natura giuridica di tali contratti al diritto nazionale ( 92 ). In modo complementare, la direttiva 2019/770 stabilisce norme armonizzate relative ai contratti di vendita di beni conclusi dai consumatori, tra i quali figurano i «beni con elementi digitali», che indicano qualsiasi «bene materiale mobile» che incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o servizio digitale destinati al loro funzionamento ( 93 ). Pertanto, tale direttiva limita la nozione di «beni» a qualsiasi «bene materiale mobile», aggiungendo regole specifiche per i beni digitali.

72.

Su tale base, occorre in particolare rilevare che queste tre direttive rappresentano la volontà del legislatore dell’Unione di mettere a punto norme speciali per tener conto del contenuto digitale, compresi i programmi informatici, nei contratti conclusi dai consumatori senza pregiudicare la tradizionale nozione di «merci» che, contrariamente alla direttiva 86/653, è esplicitamente collegata a beni materiali. Peraltro, la direttiva 2019/770 assimila i metodi tangibili e intangibili per la fornitura di contenuto digitale, il che depone a favore dell’interpretazione della nozione di «merci» nella direttiva 86/653 come valida per entrambi i casi.

73.

Infine, condivido il parere di The Software Incubator, del governo tedesco e della Commissione, secondo cui un’interpretazione della nozione di «merci» che si applichi a beni materiali e immateriali risponde agli obiettivi perseguiti dalla direttiva 86/653. In particolare, occorre sottolineare che la limitazione della nozione di «merci» ai beni materiali avrebbe l’effetto di non tutelare gli agenti commerciali che negoziano la vendita dello stesso bene fornito in forma immateriale. Ciò limiterebbe l’ambito della protezione accordata agli agenti commerciali nei loro rapporti con i preponenti in forza della direttiva 86/653, cosa che costituisce uno degli obiettivi di tale direttiva (v. paragrafo 43 delle presenti conclusioni).

74.

A tal riguardo, come indicato ai paragrafi da 46 a 50 delle presenti conclusioni, la Corte ha riconosciuto, nella sentenza UsedSoft, che la fornitura di un programma informatico mediante un supporto fisico è l’equivalente funzionale della trasmissione mediante scaricamento via Internet. Da tale sentenza risulta quindi che un’interpretazione della nozione di «merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, che includa beni materiali e immateriali, garantisce che gli agenti commerciali che negoziano la vendita di programmi informatici ricevano la stessa tutela a prescindere dal supporto utilizzato per la fornitura.

75.

Al contrario, un’interpretazione della nozione di «merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 limitata ai beni materiali consentirebbe al preponente di eludere le disposizioni imperative della direttiva 86/653, comprese quelle concernenti l’indennità o il risarcimento dovuti agli agenti commerciali in caso di estinzione del contratto di agenzia (v. paragrafo 43 delle presenti conclusioni), semplicemente predisponendo la fornitura delle merci con mezzi immateriali. Ciò pregiudicherebbe gli obiettivi perseguiti da detta direttiva di tutelare gli agenti commerciali e di promuovere la sicurezza delle operazioni commerciali. Infatti, come sottolineano The Software Incubator e la Commissione, un agente commerciale non dovrebbe essere privato della tutela ai sensi di detta direttiva a causa di una decisione di un preponente, o eventualmente di un cliente, in merito alle modalità di fornitura, che potrebbe intervenire dopo che detto agente ha svolto il suo incarico di condurre trattative per la vendita delle merci.

76.

Inoltre, nulla consente di ritenere, contrariamente a quanto sostiene la Computer Associates, che il riferimento all’espressione «scambi di merci» di cui al terzo considerando della direttiva 86/653, in combinato disposto con gli articoli 1 e 2 della stessa, deponga a favore di un’interpretazione della nozione di «merci» limitata ai beni materiali. Tale riferimento rinvia all’obiettivo della direttiva 86/653 di armonizzare le norme degli Stati membri relative all’agenzia commerciale ai fini della realizzazione di un mercato unico e non si riferisce alla nozione di «merci» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva. Ciò è dimostrato dal fatto che una siffatta menzione figurava in modo identico nella proposta della Commissione della direttiva 86/653, che conteneva una definizione più ampia di agente commerciale riguardante beni e servizi (v. paragrafo 58 delle presenti conclusioni) ( 94 ).

77.

Occorre inoltre avere riguardo per la necessità di un’interpretazione dinamica o evolutiva dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 che tenga conto dell’evoluzione della tecnologia, in linea con la realizzazione degli obiettivi di tale direttiva ( 95 ). Al riguardo, se la commercializzazione di programmi informatici mediante scaricamento non era prevedibile al momento dell’adozione della direttiva 86/653, al giorno d’oggi essa è prevalente. In siffatte circostanze, il mancato riconoscimento di tali sviluppi tecnologici potrebbe, a mio avviso, ostacolare l’effetto utile delle norme relative agli agenti commerciali previste dalla direttiva 86/653.

78.

Concludo pertanto che programmi informatici forniti per via elettronica ai clienti di un preponente, come quello di cui trattasi, rientrano nella nozione di «merci», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

C.   Seconda questione

79.

Come indicato al paragrafo 38 delle presenti conclusioni, la seconda questione sottoposta alla Corte è se la fornitura di programmi informatici forniti per via elettronica ai clienti di un preponente in forza di una licenza perpetua, come quella di cui trattasi, sia qualificabile come «vendita» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

80.

Come risulta dalla decisione di rinvio e dalle informazioni fornite alla Corte, nelle circostanze del caso di specie la licenza concessa dalla Computer Associates ai suoi clienti conferisce a quest’ultima il diritto di utilizzare una copia del software per una durata illimitata dietro pagamento di un prezzo corrispondente al valore economico di tale copia (v. paragrafi 11 e 12 delle presenti conclusioni).

81.

Secondo le argomentazioni svolte dalla Computer Associates, una siffatta licenza non può essere qualificata come «vendita» in quanto non implica un trasferimento di proprietà del software. The Software Incubator, il governo tedesco e la Commissione sono di diverso avviso.

82.

Come risulta dal paragrafo 53 delle presenti conclusioni, i termini presenti nell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, compreso il termine «vendita», non fanno alcun riferimento al diritto nazionale. Pertanto, tale termine deve essere considerato come una nozione autonoma del diritto dell’Unione, che deve essere interpretata in modo uniforme in tutta l’Unione indipendentemente dalle legislazioni nazionali, riferendosi principalmente alla formulazione, al contesto e agli obiettivi della direttiva 86/653.

83.

Ed è su tale base che sono giunto alla conclusione che programmi informatici forniti ai clienti di un preponente in forza di una licenza perpetua, come quella di cui trattasi, che concede al cliente il diritto di utilizzare una copia del software per un periodo illimitato dietro pagamento di un prezzo corrispondente al valore economico di tale copia, rientrano nella nozione di «vendita», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653. I motivi di tale conclusione sono esposti nel prosieguo.

84.

Per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, tale disposizione non fornisce alcuna indicazione sul modo in cui si debba intendere la nozione di «vendita». Infatti, alla luce degli argomenti svolti dalla Computer Associates, i termini utilizzati nelle diverse versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 non sembrano indicare che la nozione di «vendita» debba necessariamente essere intesa in modo particolare ( 96 ).

85.

Tuttavia, occorre rilevare che l’utilizzo del termine «vendita» senza alcuna riserva in tale disposizione consente un’interpretazione che si estende a tutte le operazioni che comportano un trasferimento della proprietà di un bene. A tal riguardo, come indicato ai paragrafi da 46 a 50 delle presenti conclusioni, nella sentenza UsedSoft la Corte ha riconosciuto un’interpretazione ampia della nozione di «vendita» che comprende tutte le forme di commercializzazione di prodotti caratterizzate dalla concessione di un diritto di utilizzazione di una copia di un programma informatico a tempo indeterminato dietro pagamento di un prezzo corrispondente al valore economico di tale copia. Non vedo alcuna ragione per cui la soluzione adottata dalla Corte in tale sentenza non dovrebbe essere applicata alla presente causa. Infatti, mi sembra che il contesto e gli obiettivi della direttiva 86/653 richiedano un’interpretazione estensiva della nozione di «vendita» in tal senso.

86.

Per quanto riguarda il contesto della direttiva 86/653, occorre rilevare che tale interpretazione è conforme alle mansioni essenziali di un agente commerciale che – come rilevato al paragrafo 64 delle presenti conclusioni e come risulta dagli articoli 3, 4 e 17 della citata direttiva – consistono nell’acquisizione di nuovi clienti per il preponente e nell’esecuzione di operazioni con clienti esistenti. Ciò è dimostrato dal contratto nella presente causa, che si riferisce alla «vendita» di software nell’ambito delle mansioni assegnate a The Software Incubator (v. paragrafo 66 delle presenti conclusioni).

87.

Tale interpretazione è anche conforme agli obiettivi della direttiva 86/653. In particolare, alla luce della sentenza UsedSoft, si deve ritenere che un’interpretazione estensiva della nozione di «vendita» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 sia conforme all’obiettivo perseguito da tale direttiva di tutelare gli agenti commerciali nelle loro relazioni con i preponenti (v. paragrafo 43 delle presenti conclusioni). Qualsiasi altra soluzione sarebbe tale da pregiudicare tale obiettivo consentendo a un preponente di sottrarsi alle disposizioni imperative della direttiva 86/653 semplicemente definendo il contratto con il proprio cliente una «licenza», piuttosto che una «vendita». Inoltre, essa rischierebbe di privare un gran numero di agenti commerciali della tutela offerta dalla direttiva 86/653, dato che il software è generalmente commercializzato mediante licenze.

88.

Occorre aggiungere che, benché dalla genesi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, possano essere tratte indicazioni minime sulla nozione di «vendita», tenuto conto del contesto commerciale dell’epoca (v. paragrafi da 58 a 63 delle presenti conclusioni), la nozione di «vendita» contenuta in tale disposizione mirava a ricomprendere le attività principali degli agenti commerciali, e non a precludere l’applicazione della direttiva 86/653 alle evoluzioni tecnologiche future che incidono su tali attività.

89.

Concludo pertanto che una copia di un programma informatico fornito ai clienti di un preponente in forza di una licenza perpetua, come quella di cui trattasi, che concede al cliente il diritto di utilizzare una copia del software per un periodo illimitato dietro pagamento di un prezzo corrispondente al valore economico di tale copia, rientra nella nozione di «vendita», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

VI. Conclusioni

90.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali poste dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito):

«1.

Una copia di programma informatico, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, fornita ai clienti di un preponente per via elettronica, senza alcun supporto fisico, costituisce una “merc[e]” ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti.

2.

La fornitura di programmi informatici ai clienti di un preponente mediante la concessione di una licenza perpetua di utilizzazione di una copia del programma informatico per un periodo illimitato, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, dietro pagamento di un prezzo corrispondente al valore economico di tale copia, costituisce “vendita” nell’accezione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653».


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 1986, L 382, pag. 17.

( 3 ) Per l’Irlanda del Nord vige un diverso atto di trasposizione [Commercial Agents (Council Directive) Regulations (Northern Ireland) 1993 (Northern Ireland Statutory Rules 1993/483)] [regolamento sugli agenti commerciali (direttiva del Consiglio) (Irlanda del Nord) 1993 (Northern Ireland Statutory Rules)] che non rileva nell’ambito della presente controversia.

( 4 ) Come risulta dalla decisione di rinvio, la licenza di utilizzazione del software era concessa da un’entità collegata, la CA Europe SARL, conformemente all’accordo pertinente concluso tra la Computer Associates e il cliente. Le condizioni della licenza erano stabilite nel Software Module (modulo software) ai sensi del [Foundation] Agreement (contratto di base) nel caso di nuovi clienti e nel Master Agreement (contratto quadro), nel caso di clienti preesistenti, con condizioni sostanzialmente simili. Secondo tali contratti, allegati alle osservazioni della Computer Associates, il cliente era generalmente tenuto a pagare il corrispettivo per il software entro 30 giorni dalla ricezione della fattura della Computer Associates. Per l’acquisto del software i clienti compilavano anche un modulo d’ordine.

( 5 ) The Software Incubator Ltd v Computer Associates UK Ltd [2016] EWHC 1587 (QB), punti da 35 a 69.

( 6 ) Computer Associates Ltd v The Software Incubator Ltd [2018] EWCA Civ 518, punti 13 e da 17 a 69.

( 7 ) GU 2020, L 29, pag. 7. Ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 3, del menzionato accordo, la domanda di pronuncia pregiudiziale si considera presentata nel momento in cui la domanda giudiziale è registrata presso la cancelleria della Corte. Nel caso di specie la domanda di pronuncia pregiudiziale della Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) è stata registrata presso la cancelleria della Corte il 28 maggio 2019.

( 8 ) The Software Incubator si riferisce in particolare all’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, adottato alla conferenza diplomatica di Nizza il 15 giugno 1957, riveduto da ultimo a Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979 (Recueil des traités des Nations Unies, vol. 1154, n. I 18200, pag. 89).

( 9 ) The Software Incubator si riferisce in particolare alla sentenza del 22 novembre 2012, Brain Products (C‑219/11, EU:C:2012:742).

( 10 ) The Software Incubator si riferisce in particolare alle sentenze del 10 dicembre 1968, Commissione/Italia (7/68, EU:C:1968:51); del 21 ottobre 1999, Jägerskiöld (C‑97/98, EU:C:1999:515); e del 26 ottobre 2006, Commissione/Grecia (C‑65/05, EU:C:2006:673).

( 11 ) Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64).

( 12 ) Direttiva (UE) 2019/770 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali (GU 2019, L 136, pag. 1). Ai sensi dell’articolo 24 della suddetta direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le disposizioni necessarie per conformarsi ad essa entro il 1o luglio 2021 e ad applicarle a decorrere dal 1o gennaio 2022.

( 13 ) C‑85/03, EU:C:2004:83.

( 14 ) C‑128/11, EU:C:2012:407 (in prosieguo: la «sentenza nella causa UsedSoft»).

( 15 ) La Computer Associates si riferisce al riguardo alle versioni in lingua danese («salg eller køb af varer»), neerlandese («de verkoop of aankoop van goederen»), francese («la vente ou l’achat de marchandises»), tedesca («den Verkauf oder den Ankauf von Waren»), greca («εμπορευμάτων»), italiana («la vendita o l’acquisto di merci»), portoghese («a venda ou a compra de mercadorias») e spagnola («la venta o la compra de mercancías») dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653.

( 16 ) C‑85/03, EU:C:2004:83.

( 17 ) La Computer Associates fa riferimento in particolare alle sentenze del 30 aprile 1974, Sacchi (155/73, EU:C:1974:40), e del 21 ottobre 1999, Jägerskiöld (C‑97/98, EU:C:1999:515).

( 18 ) La Computer Associates fa riferimento al riguardo alla sentenza del 18 aprile 1991, Brown Boveri (C‑79/89, EU:C:1991:153).

( 19 ) La Computer Associates fa riferimento al riguardo alle sentenze del 27 ottobre 2005, Levob Verzekeringen e OV Bank (C‑41/04, EU:C:2005:649), nonché del 5 marzo 2015, Commissione/Lussemburgo (C‑502/13, EU:C:2015:143).

( 20 ) Direttiva (UE) 2019/771 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni, che modifica il regolamento (UE) 2017/2394 e la direttiva 2009/22/CE, e che abroga la direttiva 1999/44/CE (GU 2019, L 136, pag. 28). Ai sensi dell’articolo 24 della suddetta direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le disposizioni necessarie per conformarsi ad essa entro il 1o luglio 2021 e ad applicarle a decorrere dal 1o gennaio 2022.

( 21 ) La Computer Associates rinvia al riguardo alle versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, riportate alla nota 15 delle presenti conclusioni.

( 22 ) Sentenza del 3 luglio 2012 (C‑128/11, EU:C:2012: 407).

( 23 ) La Computer Associates fa riferimento al riguardo alla sentenza del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers (C‑263/18, EU:C:2019:1111).

( 24 ) Sentenza del 3 luglio 2012 (C‑128/11, EU:C:2012: 407).

( 25 ) La Commissione fa riferimento al riguardo alla sentenza del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers (C‑263/18, EU:C:2019:1111).

( 26 ) Sentenza del 3 luglio 2012 (C‑128/11, EU:C:2012:407).

( 27 ) Per una panoramica dei diversi approcci relativi alla classificazione giuridica dei programmi informatici negli Stati membri, nel Regno Unito e in altri paesi, v., ad esempio, Clark, R., «The Legal Status of Software: Part 1», Commercial Law Practitioner, vol. 23, 2016, pagg. da 48 a 56 e Clark, R., «The Legal Status of Software: Part 2», Commercial Law Practitioner, vol. 23, 2016, pagg. da 78 a 86; von Bar, C. e Clive, E. (a cura di), Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR) Full Edition, vol. 2, Sellier, 2009, pagg. 1217 e 1218.

( 28 ) V., ad esempio, Moon, K., «The nature of computer programs: tangible? goods? personal property? intellectual property?», European Intellectual Property Review, vol. 31, 2009, pagg. da 396 a 407; Saidov, D. e Green, S., «Software as goods», Journal of Business Law, 2007, pagg. da 161 a 181.

( 29 ) Osservo, ad esempio, che è oggetto di dibattito l’eventuale revisione della nozione di «prodotto», di cui all’articolo 2 della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU 1985, L 210, pag. 29), alla luce di nuove tecnologie: v., al riguardo, Commissione, Relazione sulle implicazioni dell’intelligenza artificiale, dell’Internet delle cose e della robotica in materia di sicurezza e di responsabilità, COM (2020) 64 final, del 19 febbraio 2020, pagg. 13 e 14.

( 30 ) V. paragrafi da 70 a 72 delle presenti conclusioni.

( 31 ) V. paragrafo 45 delle presenti conclusioni.

( 32 ) C‑128/11, EU:C:2012:407.

( 33 ) A tal riguardo, mi sembra che, sebbene talune sovrapposizioni siano inevitabili, sia necessario esaminare separatamente le due questioni, in particolare a causa dei diversi argomenti sollevati per ciascuna questione, e che non vi sia motivo di discostarsi dall’ordine di tali questioni stabilito dal giudice del rinvio.

( 34 ) V., ad esempio, documento di lavoro dei servizi della Commissione, valutazione della direttiva 86/653 (REFIT Evaluation), SWD (2015) 146 final, del 16 luglio 2015. Per una discussione approfondita, v., ad esempio, Saintier, S., «Commercial agency in European Union private law», in Twigg-Flesner, C. (a cura di), The Cambridge Companion to European Union Private Law, Cambridge University Press, 2010, pagg. da 273 a 285; in particolare sul Regno Unito, v., altresì, ad esempio, Randoph, F. e Davey, J., The European Law of Commercial Agency, terza edizione, Hart, 2010; Singleton, S., Commercial Agency Agreements: Law and Practice, quinta edizione, Bloomsbury Professional, 2020.

( 35 ) V., ad esempio, sentenza del 4 giugno 2020, Trendsetteuse (C‑828/18, EU:C:2020:438, punto 36).

( 36 ) V., ad esempio, sentenza del 19 aprile 2018, CMR (C‑645/16, EU:C:2018:262, punto 34).

( 37 ) V., ad esempio, sentenza del 21 novembre 2018, Zako (C‑452/17, EU:C:2018:935, punto 23). Pertanto, come la Corte ha dichiarato al punto 24 della suddetta sentenza, è sufficiente che una persona soddisfi queste tre condizioni per essere qualificata come agente commerciale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653, a prescindere dalle modalità con cui detta persona esercita la propria attività e purché la stessa non rientri nelle ipotesi di esclusione di cui all’articolo 1, paragrafo 3, e all’articolo 2, paragrafo 1, della stessa.

( 38 ) V., ad esempio, ordinanza del 6 marzo 2003, Abbey Life Assurance (C‑449/01, non pubblicata, EU:C:2003:133) (riguardante un agente che interviene nella conclusione di contratti di assicurazione sulla vita, rendite e risparmio); v. anche citazioni nella nota seguente.

( 39 ) A tale riguardo, sebbene una normativa nazionale riguardante gli agenti commerciali al di fuori della vendita o dell’acquisto di merci non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 86/653, la Corte si è ritenuta competente a statuire in tali ipotesi: v. sentenze del 16 marzo 2006, Poseidon Chartering (C‑3/04, EU:C:2006:176, punti 7, da 11 a 19) (contratto di noleggio di una nave); del 28 ottobre 2010, Volvo Car Germany (C‑203/09, EU:C:2010:647, punti da 23 a 28) (contratto di concessione); del 17 ottobre 2013, Unamar (C‑184/12, EU:C:2013:663, punti 3031) (contratto relativo alla gestione di un servizio di trasporto marittimo); del 3 dicembre 2015, Quenon K. (C‑338/14, EU:C:2015:795, punti da 16 a 19) (contratto di vendita di servizi bancari e ed assicurativi); e del 17 maggio 2017, ERGO Poist’ovňa (C‑48/16, EU:C:2017:377, punti da 26 a 32) (contratto di vendita di servizi assicurativi); v. inoltre conclusioni presentate dall’avvocato generale Wahl nella causa Unamar (C‑184/12, EU:C:2013:301, paragrafo 48 nota 26).

( 40 ) Ad esempio, è utile rilevare che la Corte (o l’avvocato generale) non ha esaminato la definizione di agente commerciale nelle sentenze del 23 marzo 2006, Honyvem Informazioni Commerciali (C‑465/04, EU:C:2006:199) (relativa a un agente che promuove servizi di informazione commerciale), e del 19 aprile 2018, CMR (C‑645/16, EU:C:2018:262) (relativa a un agente che promuove la vendita di case unifamiliari).

( 41 ) C‑128/11, EU:C:2012:407. Per una discussione approfondita, v., ad esempio, Charleton, P. e Kelly, S., «The Oracle speaks. C‑128/11», The Bar Review, vol. 18, 2013, pagg. da 33 a 44; per un approccio critico v., altresì, ad esempio, Moon, K., «Revisiting UsedSoft v. Oracle. Is Software Property and Can It Be Sold?», Computer Law Review International, 2017, pagg. da 113 a 119.

( 42 ) GU 2009, L 111, pag. 16.

( 43 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punti da 20 a 35).

( 44 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punti da 40 a 42).

( 45 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punti da 44 a 4648).

( 46 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punto 47).

( 47 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punto 49).

( 48 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punto 59).

( 49 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punto 55).

( 50 ) V. sentenza del 3 luglio 2012, UsedSoft (C‑128/11, EU:C:2012:407, punto 61).

( 51 ) V., ad esempio, sentenze del 23 gennaio 2014, Nintendo e a. (C‑355/12, EU:C:2014:25, punto 23), nonché del 12 ottobre 2016, Ranks e Vasiļevičs (C‑166/15, EU:C:2016:762, punti 28, 30, 35, 36, 49, 50 e da 53 a 55); v., altresì, conclusioni presentate dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Ranks e Vasiļevičs (C‑166/15, EU:C:2016:384, paragrafi da 69 a 80).

( 52 ) C‑263/18, EU:C:2019:1111, punti da 53 a 58. V. altresì le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers (C‑263/18, EU:C:2019:697, paragrafi da 52 a 67).

( 53 ) V., ad esempio, sentenza del 4 giugno 2020, Trendsetteuse (C‑828/18, EU:C:2020:438, punto 25).

( 54 ) Occorre rilevare che ciò è stato riconosciuto dalla precedente giurisprudenza del Regno Unito [v., ad esempio, sentenza Fern Computer Consultancy Ltd v Intergraph Cadworx & Analysis Solutions Inc., [2014] EWHC 2908 (Ch), in particolare punti 74, 86 e 93] e documenti governativi [v. Department of Trade and Industry, Guidance Notes on the Commercial Agents (Council Directive) Regulations 1993, 1994, articolo 2 Interpretazione, quarto comma]. V., inoltre, al riguardo, Tosato, A., «An exploration of the European dimension of the Commercial Agents Regulations», Lloyd’s Maritime and Commercial Law Quarterly, 2013, pagg. da 544 a 565.

( 55 ) V., ad esempio, sentenza dell’8 settembre 2020, Recorded Artists Actors Performers (C‑265/19, EU:C:2020:677, punto 46).

( 56 ) V., ad esempio, sentenza del 1o ottobre 2019, Planet49 (C‑673/17, EU:C:2019:801, punto 48).

( 57 ) V. nota 15 delle presenti conclusioni.

( 58 ) C‑85/03, EU:C:2004:83, punti da 15 a 21.

( 59 ) V. Commissione, Parità dei diritti degli agenti commerciali. Proposta di direttiva del Consiglio relativa al coordinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda gli agenti e i rappresentanti di commercio (indipendenti), COM (76) 670 def., del [17] dicembre 1976 (in prosieguo: la «Proposta»), progetto di articolo 2.

( 60 ) V., al riguardo, Proposta, citata alla nota 59 delle presenti conclusioni, progetto di articoli 7, paragrafi 1 e 2, 8, paragrafo 1, 9, paragrafo 2, 10, paragrafo 2, lettera a), 11, paragrafo 2, 21, paragrafo 1, e 32, paragrafo 2.

( 61 ) V. Proposta, citata alla nota 59 delle presenti conclusioni, progetto di articolo 29, paragrafo 2.

( 62 ) V. Commissione, modifica della proposta di direttiva del Consiglio relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti e i rappresentanti di commercio (indipendenti), COM (78) 773 def., del 22 gennaio 1979 (in prosieguo: la «Proposta modificata»), progetto di articoli 2 e 29.

( 63 ) V. risoluzione recante il parere del Parlamento europeo sulla Proposta, del 12 settembre 1978 (GU 1978, C 239, pag. 18), in particolare progetto degli articoli 2 e 29.

( 64 ) V. parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta, del 24 novembre 1977 (GU 1978, C 59, pag. 31), in particolare punti 2.3.1, 2.8.7 e 2.8.8.

( 65 ) V. doc 8278/79, 18 luglio 1979, pagg. 2 e 3.

( 66 ) V. doc 8278/79, citato alla nota 65 delle presenti conclusioni, pagg. da 6 a 7.

( 67 ) V. doc 8664/79, 22 agosto 1979.

( 68 ) V. doc 11507/79, 11 dicembre 1979, pag. 2.

( 69 ) V. doc 11507/79, citato alla nota 68 delle presenti conclusioni, pag. 2.

( 70 ) V. doc 11507/79, citato alla nota 68 delle presenti conclusioni, pagg. 3 e 9.

( 71 ) V., ad esempio, doc 7379/86, 4 giugno 1986, pag. 3; doc 8543/86, 18 luglio 1986, pag. 3. A questo proposito, la proposta della delegazione del Regno Unito di cancellare le parole «oppure l’acquisto» dalla nozione di agente commerciale (v., ad esempio, doc 6877/80, 6 maggio 1980, pag. 22) è stata respinta.

( 72 ) V., ad esempio, doc 4737/81, 10 febbraio 1981, pagg. 8 e 9; doc 10292/81, 28 ottobre 1981, pagg. da 8 a 10; doc 4347/82, 21 gennaio 1982, pag. 23; doc 7381/83, 9 giugno 1983, pag. 19.

( 73 ) Occorre rilevare che ciò risulta da talune pubblicazioni dell’epoca, allegate alle osservazioni della Computer Associates: v. Lando, O., «The EEC Draft Directive Relating to Self-Employed Commercial Agents», Rabels Zeitschrift für ausländisches und international Privatrecht, vol. 44, 1980, pagg. da 1 a 16, in particolare pagg. 2 e 5; United Kingdom Law Commission, Law of Contract. Report on the Proposed E.E.C. Directive on the Law relating to Commercial Agents, n. 84, 1977, in particolare articolo 2, lettere da a) a c), pag. 15.

( 74 ) Convenzione sulla rappresentanza in materia di vendita internazionale di merci, firmata a Ginevra il 17 febbraio 1983, disponibile all’indirizzo http://www.unidroit.org/; essa non è entrata in vigore a causa di un numero insufficiente di ratifiche. V., anche, ad esempio, Jansen, N., e Zimmermann, R., Commentaries on European Contract Laws, Oxford University Press, 2018, pagg. 592 e 593.

( 75 ) V., al riguardo, Maskow, D., «Internal Relations Between Principals and Agents in the International Sale of Goods», Revue de droit uniforme/Uniform Law Review, vol. I., 1989, pagg. da 60 a 187, in particolare pagg. da 99 a 101.

( 76 ) V., a tal riguardo, sentenze del 12 dicembre 1996, Kontogeorgas (C‑104/95, EU:C:1996:492, punto 26), e del 4 giugno 2020, Trendsetteuse (C‑828/18, EU:C:2020:438, punto 33).

( 77 ) In generale, l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 86/653 esclude le persone che lavorano in società di capitali, associazioni e società di persone o coinvolte nelle procedure concorsuali, mentre l’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva esclude gli agenti commerciali la cui attività non è remunerata o che operano su mercati delle materie prime nonché in uno specifico organismo nel Regno Unito.

( 78 ) Nell’ambito di misure dell’Unione riguardanti il regime doganale comune, la nozione di «merci» è stata interpretata nel senso che essa riguarda soltanto i beni materiali alla luce della natura di tale regime e ha quindi comportato questioni di programmi informatici in quanto beni immateriali incorporati in un bene materiale ai fini della valutazione doganale. V., ad esempio, sentenze del 14 luglio 1977, Bosch (1/77, EU:C:1977:130, punto 4); del 18 aprile 1991, Brown Boveri (C‑79/89, EU:C:1991:153, punto 21); del 16 novembre 2006, Compaq Computer International Corporation (C‑306/04, EU:C:2006:716, punti 30, 3137); e del 10 settembre 2020, BMW (C‑509/19, EU:C:2020:694, punti da 12 a 23); v., altresì, conclusioni presentate dall’avvocato generale Stix-Hackl nella causa Compaq Computer International Corporation (C‑306/04, EU:C:2006:68, paragrafi da 50 a 58).

( 79 ) Nell’ambito di misure dell’Unione relative al regime dell’IVA, la nozione di «cessione di beni» è espressamente limitata a un bene materiale, cosicché i prodotti digitali, compresi i software, forniti su supporto immateriale sono qualificati come una prestazione di servizi, mentre siffatti prodotti forniti su supporto materiale sono qualificati come cessione di beni. V., ad esempio, sentenze del 5 marzo 2015, Commissione/Francia (C‑479/13, EU:C:2015:141, punto 35); del 5 marzo 2015, Commissione/Lussemburgo (C‑502/13, EU:C:2015:143, punto 42); nonché del 7 marzo 2017, RPO (C‑390/15, EU:C:2017:174, punti da 43 a 72, in particolare punto 50). V., altresì, in tema di programmi informatici personalizzati, sentenza del 27 ottobre 2005, Levob Verzekeringen e OV Bank (C‑41/04, EU:C:2005:649, punti da 17 a 30), nonché conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott nella causa Levob Verzekeringen e OV Bank (C‑41/04, EU:C:2005:292, paragrafi da 28 a 60).

( 80 ) V., ad esempio, sentenza del 29 gennaio 2020, Sky e a. (C‑371/18, EU:C:2020:45, in particolare punti 30, 4754).

( 81 ) V., ad esempio, sentenza del 22 novembre 2012, Brain Products (C‑219/11, EU:C:2012:742, in particolare punti da 16 a 19).

( 82 ) V., ad esempio, sentenze del 10 dicembre 1968, Commissione/Italia (7/68, EU:C:1968:51, pag. 428), e del 23 gennaio 2018, Buhagiar e a. (C‑267/16, EU:C:2018:26, punto 67).

( 83 ) V. sentenza del 26 ottobre 2006, Commissione/Grecia (C‑65/05, EU:C:2006:673, punti 2324).

( 84 ) V., ad esempio, sentenza del 6 dicembre 2018, FENS (C‑305/17, EU:C:2018:986, punto 34), e conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston nella causa FENS (C‑305/17, EU:C:2018:536, paragrafi da 19 a 21).

( 85 ) V. sentenza del 30 aprile 1974 (155/73, EU:C:1974:40, punti 67).

( 86 ) V. sentenza del 21 ottobre 1999 (C‑97/98, EU:C:1999:515, punti da 30 a 39).

( 87 ) Per un dibattito su tali direttive e il loro contesto più ampio, v., ad esempio, Helberger, N. e al., «Digital Content Contracts for consumers», Journal of Consumer Policy, vol. 36, 2013, pagg. da 37 a 57; Jansen e Zimmermann, Commentaries on European Contract Laws, citato alla nota 74 delle presenti conclusioni, pagg. da 1 a 18; Staudenmayer, D., «The Directives on Digital Contracts: First Steps Towards the Private Law of the Digital Economy», European Review of Private Law, vol. 28, 2020, pagg. da 219 a 250.

( 88 ) V. direttiva 2011/83, in particolare articoli 1, 5, paragrafo 2, 6, paragrafo 2, 9, paragrafo 2, lettera c), 14, paragrafo 4, lettera b), 16, lettera m) e 17, paragrafo 1); considerando 19. V., altresì, ad esempio, relazione della Commissione sull’applicazione della direttiva 2011/83, COM(2017) 259 final del 23 maggio 2017, punto 5.

( 89 ) V., al riguardo, sentenza Helberger e a., citata alla nota 87 delle presenti conclusioni, pag. 44.

( 90 ) V. direttiva 2011/83, articolo 2, paragrafo 3.

( 91 ) V. direttiva 2019/770, in particolare articoli 1, 3, paragrafi 1 e 3; considerando 19 e 20.

( 92 ) V. direttiva 2019/770, in particolare considerando 12.

( 93 ) V. direttiva 2019/771, in particolare articoli 1, 2, paragrafo 5, e 3, paragrafi 3 e 4; considerando 12 e 16. V., altresì, direttiva 2019/770, articoli 2, paragrafo 3, e 3, paragrafo 4; considerando 21 e 22.

( 94 ) V. Proposta, cit. alla nota 59 delle presenti conclusioni, progetto di terzo considerando. V. anche Proposta modificata, cit. alla nota 62 delle presenti conclusioni, progetto di terzo considerando.

( 95 ) V., al riguardo, conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar nella causa Vereniging Openbare Bibliotheken (C‑174/15, EU:C:2016:459, paragrafi da 24 a 40), nonché conclusioni presentate dall’avvocato generale Bobek nella causa Entoma (C‑526/19, EU:C:2020:552, paragrafi da 69 a 84).

( 96 ) V. nota 15 delle presenti conclusioni.

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