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Document 62019CC0114

    Conclusioni dell’avvocato generale P. Pikamäe, presentate il 22 gennaio 2020.
    Commissione europea contro Danilo Di Bernardo.
    Impugnazione – Funzione pubblica – Concorso generale – Non ammissione alle prove – Possibilità per l’amministrazione di completare la motivazione della decisione di non ammissione dinanzi al giudice – Presupposti – Casi eccezionali – Nozione di “difetto di motivazione”.
    Causa C-114/19 P.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:22

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PRIIT PIKAMÄE

    presentate il 22 gennaio 2020 ( 1 )

    Causa C‑114/19 P

    Commissione europea

    contro

    Danilo Di Bernardo

    «Impugnazione – Funzione pubblica – Concorso generale – Non iscrizione nell’elenco di riserva – Requisiti relativi alle qualifiche e all’esperienza professionale della durata minima di tre anni – Possibilità di integrare una motivazione insufficiente dinanzi al giudice – Presupposti – Ricorso di annullamento»

    I. Introduzione

    1.

    Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 novembre 2018, Di Bernardo/Commissione (T‑811/16, non pubblicata, in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2018:859), con la quale tale giudice ha annullato la decisione della commissione giudicatrice del concorso generale per esami EPSO/AST-SC/03/15, del 10 agosto 2016, di non inserire il sig. Danilo Di Bernardo nell’elenco di riserva per l’assunzione di segretari/commessi di grado SC 1, nel settore del supporto ai servizi finanziari (in prosieguo: la «decisione controversa»).

    2.

    La presente causa offrirà alla Corte l’occasione di precisare la sua giurisprudenza relativa all’obbligo che incombe alla Commissione, in forza dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, di fornire una motivazione sufficiente alle decisioni amministrative da essa adottate nei confronti dei singoli, in particolare nell’ambito di un concorso. La Corte dovrà altresì pronunciarsi sulla questione se il Tribunale sia tenuto a prendere in considerazione elementi integrativi apportati dalla Commissione nel corso del procedimento contenzioso al fine di «integrare» la motivazione di una siffatta decisione amministrativa.

    II. Fatti

    3.

    I fatti, quali risultano dalla sentenza impugnata, possono essere sintetizzati come segue.

    4.

    La controversia nel merito riguarda il concorso di cui sopra, il cui bando è stato pubblicato dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dell’8 gennaio 2015 (GU 2015, C 3A, pag. 1, in prosieguo: il «bando di concorso»).

    5.

    Il bando di concorso è accompagnato da tre allegati, ciascuno dei quali precisa la natura delle funzioni, le qualifiche e l’esperienza professionale richieste per ciascuno dei tre settori del bando di concorso, e cioè il supporto amministrativo, il supporto ai servizi finanziari e il supporto di segreteria.

    6.

    Il titolo II del bando di concorso, dal titolo «Natura delle funzioni», prevede quanto segue:

    «I segretari e i commessi (gruppo di funzioni AST/SC) svolgono mansioni di segreteria e di gestione di ufficio e altre mansioni equivalenti che richiedono un certo livello di autonomia. Le funzioni specifiche per i settori richiesti sono descritte negli allegati».

    7.

    Il punto 1, dal titolo «Natura delle funzioni», dell’allegato II del bando di concorso descrive la natura delle mansioni che devono essere svolte dai vincitori del concorso nel settore del supporto ai servizi finanziari e prevede quanto segue:

    «Le istituzioni europee sono alla ricerca di personale per lo svolgimento di mansioni di supporto nel settore della gestione finanziaria e di bilancio.

    La posizione in questione interessa il supporto ai servizi finanziari. Il personale assunto offrirà un supporto finanziario amministrativo ai dipartimenti o alle unità delle istituzioni europee.

    I compiti da svolgere sono vari e possono comprendere le seguenti azioni:

    gestire i fascicoli di esecuzione del bilancio in conformità del regolamento finanziario in vigore (controllo amministrativo dei bandi di gara, preparazione dei contratti, controllo delle relative transazioni ecc.);

    tenere la contabilità;

    controllare le fatture;

    registrare e controllare la validazione delle operazioni (proposte d’impegno, ordini di pagamento, ordini di recupero, dati relativi ai contratti e ai contraenti ecc.);

    gestire le fatturazioni e le scadenze di pagamento;

    gestire i fascicoli finanziari, compreso il disbrigo della corrispondenza, la classificazione e l’archiviazione.

    Queste funzioni richiedono una conoscenza approfondita di strumenti informatici quali programmi di elaborazione di testi e fogli di calcolo, e l’utilizzo di applicazioni software di contabilità».

    8.

    Le condizioni di ammissione al concorso sono definite nel titolo III del bando di concorso. Oltre alle condizioni generali previste al punto 1 del titolo III del bando di concorso, condizioni specifiche di ammissione, in particolare, in materia di esperienza professionale, figurano al punto 2 dello stesso titolo, con rinvii agli allegati corrispondenti.

    9.

    Per quanto riguarda la condizione relativa alle qualifiche richieste nel settore del supporto ai servizi finanziari, il punto 2 dell’allegato II del bando di concorso richiede, in particolare, «studi secondari attestati da un diploma che dia accesso all’istruzione superiore, seguiti da un’esperienza professionale di almeno tre anni attinente alla natura delle funzioni da svolgere».

    10.

    Il titolo VI del bando di concorso, dal titolo «Verifica delle dichiarazioni dei candidati», al primo e all’ultimo capoverso precisa quanto segue:

    «Dopo le prove di valutazione, le dichiarazioni rese ai candidati nell’atto di candidatura elettronico saranno verificate sulla base dei documenti giustificativi forniti: l’EPSO verificherà le dichiarazioni relative alle condizioni generali, la commissione giudicatrice quelle relative alle condizioni specifiche.

    (…)

    I candidati il cui atto di candidatura elettronico presentasse dichiarazioni non suffragate da pertinenti documenti giustificativi saranno esclusi dal concorso a seguito della verifica».

    11.

    Il 21 gennaio 2015, il convenuto in sede di impugnazione, sig. Di Bernardo, ha presentato la sua candidatura al concorso controverso nel settore del supporto ai servizi finanziari.

    12.

    Il sig. Di Bernardo ha partecipato ai test di accesso e alle prove di valutazione previsti nel bando di concorso e ha presentato i documenti giustificativi attestanti le sue qualifiche e la sua esperienza professionale, quali previsti al punto 1 del titolo V del bando di concorso.

    13.

    Con messaggio di posta elettronica del 14 settembre 2015, l’EPSO ha informato il sig. Di Bernardo che la commissione giudicatrice del concorso intendeva acquisire più ampie informazioni in ordine alle esperienze professionali da lui menzionate alle voci 2, 5 e 6 del suo atto di candidatura. La commissione giudicatrice del concorso intendeva in particolare ottenere documenti sottoscritti dai suoi precedenti datori di lavoro che descrivessero in maniera dettagliata le mansioni svolte nel corso di tali esperienze professionali, nonché copie dei contratti di lavoro, da cui risultassero chiaramente le date di inizio e di cessazione dei detti contratti.

    14.

    Con messaggio di posta elettronica del 15 settembre 2015, il sig. Di Bernardo ha inviato ulteriori documenti giustificativi riguardanti le voci 2, 5 e 6 del suo atto di candidatura.

    15.

    Con messaggio di posta elettronica del 17 settembre 2015, l’EPSO ha risposto al sig. Di Bernardo comunicandogli che la commissione giudicatrice del concorso lo «prega[va] di inviare una descrizione dettagliata delle mansioni e firmata dal datore di lavoro per le voci 2, 5 e 6».

    16.

    Con messaggio di posta elettronica del 18 settembre 2015, il sig. Di Bernardo ha dichiarato di non disporre di tali descrizioni per le voci 5 e 6 del suo atto di candidatura. Egli ha precisato che la società italiana di cui era stato dipendente era stata sciolta e che egli non era in grado di fornire tali documenti. Egli ha allora presentato copia dei contratti collettivi nazionali di lavoro italiani da cui risultava una descrizione ufficiale delle mansioni connesse a vari contratti di lavoro, tra cui il suo, nonché due lettere di tale società italiana e un contratto di lavoro con la detta società.

    17.

    Con un altro messaggio di posta elettronica del 18 settembre 2015, il sig. Di Bernardo ha inviato all’EPSO la descrizione dettagliata delle mansioni riguardante l’esperienza professionale menzionata alla voce 2 del suo atto di candidatura.

    18.

    Con lettera del 27 ottobre 2015, l’EPSO ha comunicato al sig. Di Bernardo la sua decisione di non inserirlo nell’elenco dei vincitori del concorso, in quanto egli non soddisfaceva tutti i criteri di ammissibilità previsti all’allegato II del bando di concorso. Più precisamente, l’EPSO gli ha specificato che l’esperienza professionale di cui alle voci da 1 a 7 del suo atto di candidatura non raggiungeva la durata minima di almeno tre anni sostanzialmente collegata alla natura delle funzioni da svolgere nel settore del supporto ai servizi finanziari, quale menzionata al punto 2 dell’allegato II del bando di concorso.

    19.

    Con messaggio di posta elettronica del 4 novembre 2015, il sig. Di Bernardo ha presentato una domanda di riesame della decisione della commissione giudicatrice.

    20.

    Con messaggio di posta elettronica del 6 aprile 2016, il sig. Di Bernardo ha contattato l’EPSO per sapere a che punto fosse la trattazione della sua domanda di riesame ad oltre cinque mesi dalla sua presentazione.

    21.

    Con messaggio di posta elettronica dell’8 aprile 2016, l’EPSO ha informato il sig. Di Bernardo del fatto che la procedura di riesame era sempre in corso.

    22.

    Con lettera dell’8 luglio 2016, l’EPSO ha dato risposta alla domanda di riesame del sig. Di Bernardo.

    23.

    Con messaggio di posta elettronica del 14 luglio 2016, il sig. Di Bernardo ha fatto rilevare all’EPSO che la risposta dell’8 luglio 2016 non corrispondeva manifestamente alla sua situazione di fatto.

    24.

    Con lettera del 10 agosto 2016, la commissione giudicatrice del concorso ha confermato al sig. Di Bernardo che si era verificato un errore amministrativo, cui era conseguito l’invio della risposta dell’8 luglio 2016, e gli ha reso noto che la lettera in questione, e cioè la lettera del 10 agosto 2016, conteneva la vera decisione della commissione giudicatrice adottata a seguito della domanda di riesame, con la quale la commissione giudicatrice confermava la sua decisione iniziale di non iscriverlo nell’elenco dei vincitori.

    25.

    Con la decisione controversa, la commissione giudicatrice ha informato il sig. Di Bernardo del fatto che, previo riesame, essa confermava la sua decisione comunicata con lettera del 27 ottobre 2015. Essa ha precisato che, prima di iniziare i suoi lavori, aveva definito i criteri di selezione, al fine di valutare se le qualifiche e l’esperienza professionale dei candidati corrispondessero effettivamente alle competenze richieste per i posti da coprire. La commissione giudicatrice ha precisato al sig. Di Bernardo che, «dopo un esame dei documenti giustificativi presentati per documentare [la sua] esperienza professionale di cui alle voci 2, 5 e 6 del [suo] atto di candidatura, [essa aveva] concluso che tali documenti non confermavano che [la sua] esperienza professionale in questione [fosse] stata sostanzialmente collegata alla natura delle mansioni, come richiesto dal bando di concorso».

    III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    26.

    Con atto introduttivo pervenuto nella cancelleria del Tribunale il 18 novembre 2016, il sig. Di Bernardo ha presentato un ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della decisione controversa, il risarcimento del danno subito, nonché la condanna della Commissione alle spese.

    27.

    Nel suo controricorso del 3 febbraio 2017, la Commissione ha concluso per il rigetto del ricorso e per la condanna del sig. Di Bernardo alle spese.

    28.

    Con la sua sentenza del 29 novembre 2018, il Tribunale ha annullato per insufficienza di motivazione la decisione di rigetto della candidatura del sig. Di Bernardo e, per il resto, ha respinto le conclusioni del ricorso.

    29.

    A sostegno del ricorso da lui proposto contro la decisione della commissione giudicatrice, il sig. Di Bernardo ha dedotto due motivi, il primo fondato sugli errori manifesti di valutazione da cui essa sarebbe viziata, e il secondo fondato sulla violazione dell’obbligo di motivazione, in particolare poiché i criteri di selezione adottati dalla commissione giudicatrice per valutare se i candidati soddisfacessero la condizione di ammissione controversa non gli sarebbero mai stati comunicati.

    30.

    Il Tribunale ha iniziato la sua analisi con un esame del secondo motivo, considerando l’esistenza di una motivazione sufficiente della decisione controversa quale presupposto per l’esame del primo motivo.

    31.

    Il Tribunale ha ricordato al punto 35 della sentenza impugnata che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivare una decisione arrecante pregiudizio aveva lo scopo di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per stabilire se la decisione fosse effettivamente fondata o se essa fosse inficiata da un vizio che consentisse di contestarne la legittimità e di permettere al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione impugnata.

    32.

    Il Tribunale ha altresì ricordato, ai punti 37 e 38 della sentenza impugnata, che, secondo una giurisprudenza consolidata, solo qualora la decisione contestata contenga almeno un principio di motivazione prima della proposizione del ricorso l’amministrazione ha il diritto di fornire informazioni integrative in corso di causa e di adempiere al suo obbligo di motivazione. Nella fattispecie, il Tribunale ha ritenuto che la motivazione della decisione controversa comunicata al sig. Di Bernardo prima della proposizione del ricorso non fosse né sufficiente né totalmente carente, qualificandola come «quasi carente». Esso ha considerato che una «quasi carenza» di motivazione, così come una carenza totale di motivazione, non poteva essere sanata dalla comunicazione della motivazione dopo la proposizione del ricorso.

    33.

    Nella sua analisi, ai punti da 41 a 45 della sentenza impugnata, dal contenuto della decisione di non inserire un candidato nell’elenco di riserva, quale integrata dalle considerazioni svolte dalla commissione giudicatrice nella decisione di riesame, il Tribunale ha rilevato che la commissione giudicatrice avrebbe motivato la decisione controversa che respingeva la domanda di riesame del sig. Di Bernardo in maniera estremamente sommaria. Oltre che dalla mancanza di precisazioni sul contenuto dei criteri di selezione del candidato, tale rilievo discenderebbe dal fatto che la commissione giudicatrice si sarebbe limitata a constatare la non pertinenza di sole tre voci dell’atto di candidatura del sig. Di Bernardo, e cioè quelle di cui ai punti 2, 5 e 6, senza fornire alcuna indicazione utile quanto al resto del suo atto di candidatura.

    34.

    A fronte dell’argomento secondo il quale il sig. Di Bernardo doveva semplicemente chiedere ulteriori spiegazioni individuali alla commissione giudicatrice, e ciò in considerazione del carico di lavoro di quest’ultima, il Tribunale ha ricordato, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, che, tenuto conto della fase del concorso in cui la decisione impugnata era stata adottata, non poteva validamente sostenersi che la commissione giudicatrice si fosse trovata in una situazione tale da poter motivare solo in maniera sommaria la decisione di escludere la candidatura dell’interessato.

    35.

    Dopodiché, il Tribunale, ai punti 49 e 50 della sentenza impugnata, si è occupato del contenuto della domanda di riesame, per rilevare, dopo aver ricordato tale contenuto, innanzitutto, che la commissione giudicatrice non poteva astenersi dal fornire al sig. Di Bernardo in primo grado spiegazioni precise per la sola ragione che quest’ultimo non aveva esplicitamente chiesto spiegazioni individuali. Secondo il Tribunale, in ogni caso, e in mancanza di conoscenza dei criteri di selezione sulla base dei quali una siffatta richiesta di spiegazioni individuali doveva, in linea di principio, essere formulata, la sola contestazione della conclusione alla quale la commissione giudicatrice era pervenuta nella decisione di escludere la candidatura del sig. Di Bernardo in primo grado doveva bastare per ritenere che tale candidato avesse chiesto spiegazioni individuali.

    36.

    Il Tribunale ha ritenuto, al punto 51 della sentenza impugnata, che la decisione controversa fosse viziata da un’insufficienza di motivazione in quanto essa non aveva fornito indicazioni sufficienti per permettere, da un lato, al sig. Di Bernardo di comprenderne le ragioni e di valutarne la legittimità e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio sindacato sulla legittimità della stessa. Il Tribunale ha osservato che, infatti, al momento della proposizione del ricorso, il sig. Di Bernardo ignorava le ragioni per le quali la commissione giudicatrice era giunta alla decisione impugnata nonché il metodo dalla stessa utilizzato.

    37.

    Il Tribunale ha applicato la giurisprudenza secondo la quale la decisione contestata deve contenere almeno un principio di motivazione prima della proposizione del ricorso, al punto 53 della sentenza impugnata, ritenendo che la motivazione della decisione controversa fosse estremamente sommaria e incompleta, non permettendo al sig. Di Bernardo di comprendere perché la commissione giudicatrice aveva concluso che egli non possedeva l’esperienza professionale necessaria. È in questo contesto che il Tribunale ha preso atto del fatto che la Commissione aveva fornito la motivazione della decisione controversa, necessaria per valutare la legittimità di quest’ultima, nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale solo in maniera graduale. Il Tribunale ha osservato che la Commissione aveva presentato i criteri di selezione ad uno stadio molto avanzato della fase scritta del procedimento, e cioè in allegato alla controreplica, privando così il sig. Di Bernardo della possibilità di far valere i suoi argomenti in funzione di tali criteri. Il Tribunale ha ritenuto che i criteri di selezione fossero tuttavia indispensabili per valutare se, nell’esame dell’esperienza professionale del sig. Di Bernardo, la commissione giudicatrice non avesse ecceduto i limiti del suo potere discrezionale.

    38.

    Il Tribunale ha condiviso il parere del sig. Di Bernardo, secondo il quale quest’ultimo non era in grado, nel suo ricorso, di dedurre, se del caso, un motivo fondato sulla violazione, da parte della commissione giudicatrice, del bando di concorso, dato che i criteri di selezione non gli erano stati comunicati in tempo utile. Il Tribunale ha precisato che risultava però dal testo del bando di concorso che l’esperienza nel settore del supporto amministrativo, poteva, in linea di principio, essere presa in considerazione almeno in parte come esperienza pertinente.

    39.

    Il Tribunale ha ritenuto che giustamente il sig. Di Bernardo avesse fatto valere di non poter utilmente contestare la valutazione di talune voci del suo atto di candidatura da parte della commissione giudicatrice. Esso ha osservato che, sul fondamento della lettera del 27 ottobre 2015 e della decisione controversa, il sig. Di Bernardo non poteva ragionevolmente sapere se almeno parte della sua esperienza professionale e, in caso affermativo, quale, fosse stata riconosciuta pertinente dalla commissione giudicatrice, mentre la Commissione aveva riconosciuto nei suoi atti scritti che il sig. Di Bernardo era in possesso di 31 mesi di esperienza professionale pertinente relativa al supporto ai servizi finanziari.

    40.

    Il Tribunale ha concluso accogliendo il secondo motivo, annullando la decisione controversa, senza che sia stato necessario esaminare il primo motivo dedotto dal sig. Di Bernardo.

    IV. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    41.

    Il presente ricorso di impugnazione è stato depositato dalla Commissione l’8 febbraio 2019 ed è stato registrato presso la cancelleria della Corte il 14 febbraio 2019. La Commissione conclude che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata;

    rinviare la causa al Tribunale;

    riservare le spese dei procedimenti di primo grado e di impugnazione.

    42.

    Il 24 maggio 2019, il sig. Di Bernardo ha depositato una comparsa di risposta, registrata presso la cancelleria della Corte il 27 maggio 2019, nella quale chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione;

    condannare la Commissione alle spese.

    43.

    Con ordinanza del 20 giugno 2019, il presidente della Corte ha constatato che non era necessario presentare una memoria di replica.

    V. Analisi giuridica

    A.   Osservazioni preliminari

    44.

    Prima di esaminare i vari motivi, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Tale condizione è soddisfatta, nel caso di specie, in quanto la Commissione contesta al Tribunale, in sostanza, di aver violato il diritto dell’Unione per il fatto che esso (B) avrebbe imposto condizioni eccessive riguardo alla motivazione di una decisione da essa adottata e (C) avrebbe violato l’obbligo incombente al Tribunale di prendere in considerazione d’ufficio elementi integrativi forniti dalla Commissione nell’ambito di un procedimento di annullamento al fine di «integrare» la motivazione di tale decisione. Tali motivi saranno esaminati nello stesso ordine, dato che la questione di diritto sottesa al secondo motivo sorge unicamente nel caso in cui dovesse essere confermata la valutazione del Tribunale, secondo la quale la decisione controversa non risponde all’obbligo di motivazione, quale previsto dal diritto dell’Unione.

    45.

    La presente causa si caratterizza per valutazioni assai divergenti del contesto fattuale, in particolare dei dati contenuti nel fascicolo di candidatura del sig. Di Bernardo e della loro pertinenza per l’adozione della decisione controversa. Non si deve però perdere di vista il fatto che, conformemente alla ripartizione di competenze esistente tra i due organi giurisdizionali dell’Unione nell’ambito del procedimento di impugnazione, non spetta alla Corte rimettere in discussione la valutazione dei fatti operata dal Tribunale ( 2 ). Analogamente, l’analisi non potrà modificare l’oggetto della controversia, affrontando altri aspetti che non sono stati sollevati ( 3 ), ad esempio se i criteri previsti nella tabella di valutazione elaborata dall’EPSO siano adeguati per selezionare i candidati idonei e/o se il sig. Di Bernardo risponda a tali criteri in base alla sua esperienza professionale. Di conseguenza, la Corte dovrà limitarsi ad esaminare le questioni di diritto menzionte al punto precedente.

    B.   Sul primo motivo di impugnazione

    1. Argomenti delle parti

    46.

    Con il suo primo motivo, la Commissione fa valere l’errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso ai punti da 41 a 53 della sentenza impugnata, nella definizione della portata dell’obbligo della commissione giudicatrice del concorso di motivare il diniego di iscrizione di un candidato nell’elenco di riserva. Il Tribunale non avrebbe sufficientemente tenuto conto del contesto di diritto e di fatto della decisione controversa, mentre il carattere sufficiente di una motivazione dev’essere valutato alla luce di tale contesto e non soltanto della formulazione della decisione.

    47.

    In primo luogo, i criteri di selezione non avrebbero l’importanza loro attribuita dal Tribunale alla luce dell’obbligo di motivazione ai punti 41, 45 e 50 della sentenza impugnata, come confermerebbe il fatto che il sig. Di Bernardo non ne abbia mai chesto la trasmissione.

    48.

    In secondo luogo, secondo la Commissione, il fatto che la commissione giudicatrice abbia menzionato, nella sua decisione di diniego, solo i documenti giustificativi delle esperienze professionali del sig. Di Bernardo corrispondenti alle voci 2, 5 e 6 dell’atto di candidatura non «lascia intendere» affatto, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 43 della sentenza impugnata, che la commissione giudicatrice abbia ritenuto pertinenti le esperienze professionali menzionate dal sig. Di Bernardo nelle altre voci. Al contrario, il rigetto della candidatura del sig. Di Bernardo implicherebbe che la commissione giudicatrice abbia ritenuto che quest’ultimo non soddisfacesse la condizione di un’esperienza professionale pertinente di 36 mesi dopo un esame della totalità delle esperienze professionali menzionate nelle sette voci del suo atto di candidatura.

    49.

    In terzo luogo, il Tribunale avrebbe a torto considerato, al punto 48 della sentenza impugnata, che la domanda di riesame indicasse che il sig. Di Bernardo ignorava le ragioni per le quali la sua esperienza professionale era insufficiente.

    50.

    In quarto luogo, il Tribunale avrebbe a torto considerato, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, che la Commissione non poteva avvalersi della giurisprudenza secondo la quale, in caso di concorso a partecipazione numerosa, la commissione giudicatrice è autorizzata, in una prima fase, a motivare il diniego di selezione in maniera sommaria. Infatti, ove si trattasse effettivamente, nel caso di specie, di un concorso a partecipazione numerosa, secondo il Tribunale, una motivazione completa della decisione impugnata non avrebbe rappresentato per la commissione giudicatrice un onere eccessivo, tenuto conto della fase in cui è intervenuta la decisione controversa.

    51.

    In quinto luogo, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale al punto 50 della sentenza impugnata, la commissione giudicatrice del concorso non può essere tenuta a divulgare i criteri di selezione dei titoli qualora non le sia rivolta alcuna domanda in tal senso, a meno di tenere in non cale la segretezza dei lavori della commissione giudicatrice.

    52.

    In sesto luogo, ritenere, come fa il Tribunale ai punti da 49 a 51 della sentenza impugnata, che una domanda di riesame fomulata senza precisazioni, come quella presentata dal sig. Di Bernardo, obblighi la commissione giudicatrice a fornire spiegazioni dettagliate per ciascuna voce condurrebbe a trasferire sulla commissione giudicatrice l’onere della prova dell’esistenza dell’esperienza professionale richiesta dal bando di concorso. Orbene, l’onere di tale prova incomberebbe ai candidati, come risulterebbe dal bando di concorso che specifica che «le dichiarazioni rese dai candidati nell’atto di candidatura elettronico saranno verificate sulla base dei documenti giustificativi forniti».

    53.

    Infine, ai punti da 53 a 55 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe confuso l’obbligo di una motivazione e la fondatezza di tale motivazione, la quale riguarda la legittimità nel merito della decisione. La Commissione vede un indizio di tale confusione nel fatto che, al punto 53 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che i criteri di selezione erano indispensabili per valutare se, nell’esame dell’esperienza professionale, la commissione giudicatrice non avesse «ecceduto i limiti del suo potere discrezionale».

    54.

    In risposta al primo motivo di impugnazione, il sig. Di Bernardo fa valere che il Tribunale non ha esteso l’obbligo di motivazione considerando che la decisione controversa era caratterizzata da una carenza «quasi totale» di motivazione.

    55.

    In primo luogo, la Commissione non potrebbe legittimamente sostenere che la decisione controversa fosse sufficientemente motivata prima della proposizione del ricorso. Infatti, la motivazione del diniego di iscrizione nell’elenco dei vincitori, che si limitava a ricopiare la formulazione della condizione relativa all’esperienza professionale, sarebbe stereotipata. La precisazione aggiuntiva, contenuta nella risposta alla domanda di riesame, secondo cui i documenti giustificativi forniti dal candidato non permettevano di confermare la pertinenza delle esperienze professionali da lui menzionate alle voci 2, 5 e 6 del suo atto di candidatura, sarebbe parimenti insufficiente, in mancanza di comunicazione dei criteri di selezione e di ogni informazione relativa alla valutazione da parte della commissione giudicatrice delle altre esperienze professionali di cui alle voci 1, 3, 4 e 7 del’atto di candidatura.

    56.

    In secondo luogo, il Tribunale avrebbe giustamente dichiarato che la comunicazione dei criteri di selezione non aveva potuto integrare la motivazione della decisione controversa, dato che essa era avvenuta nella fase della controreplica, ossia in una fase troppo avanzata del procedimento per consentire all’interessato di reagirvi nel rispetto del principio della parità delle armi.

    57.

    In terzo luogo, il fatto che il sig. Di Bernardo non abbia chiesto che i criteri di selezione gli fossero comunicati non inciderebbe sul carattere insufficiente della motivazione. Rientrerebbe nella responsabilità dell’autore dell’atto comunicare la motivazione della sua decisione senza attendere che il destinatario di quest’ultima gliela reclami.

    58.

    In quarto luogo, il sig. Di Bernardo contesta l’affermazione della Commissione secondo la quale i criteri di selezione non avevano «alcuna importanza quanto al rispetto dell’obbligo di motivazione». Dato che risulta dalla motivazione della decisione controversa che la commissione giudicatrice ha fatto applicazione di tali criteri per valutare la pertinenza dell’esperienza professionale dell’interessato, nulla giustificherebbe il fatto che essi non gli siano stati comunicati. Inoltre, contrariamente a quanto afferma la Commissione, la segretezza dei lavori della commissione giudicatrice non osterebbe alla comunicazione dei criteri di selezione.

    59.

    In quinto luogo, l’estensione della motivazione dovrebbe essere altresì valutata in relazione all’interesse che il destinatario può avere a ricevere spiegazioni. Orbene, il sig. Di Bernardo sarebbe stato escluso dal concorso dopo aver superato tutte le prove, il che significa che aveva una seria aspettativa a veder figurare il suo nominativo nell’elenco dei vincitori. Per questo motivo egli sarebbe stato legittimato a conoscere i motivi precisi della sua esclusione dal concorso. Inoltre, la partecipazione di un numero elevato di candidati sarebbe solo una circostanza che autorizza la commissione giudicatrice a motivare, in una prima fase, le sue decisioni in maniera sommaria. Essa non dispenserebbe la commissione giudicatrice dal fornire una motivazione pertinente, ove le sia rivolta, come nella fattispecie, una domanda di riesame. D’altronde, secondo la risposta della Commissione alla misura di organizzazione del procedimento esperita dal Tribunale, solo le domande di riesame di sette candidati sarebbero state respinte nel settore del concorso interessato (supporto ai servizi finanziari). In tale fase, il carico di lavoro della commissione giudicatrice non sarebbe stato per nulla paragonabile a quello esistente al momento dell’esame delle candidature di tutti i candidati.

    60.

    In sesto luogo, l’argomento secondo il quale la commissione giudicatrice si sarebbe soffermata, nel dettaglio, su tutte le voci dell’atto di candidatura riguarderebbe il carattere effettivo dell’esame della candidatura del convenuto e sarebbe ininfluente sulla questione di stabilire se la motivazione della decisione impugnata fosse sufficiente. Inoltre, gli elementi del fascicolo autorizzerebbero a dubitare che la commissione giudicatrice abbia realmente proceduto ad un esame attento della situazione del convenuto. Da una parte, la commissione giudicatrice avrebbe anzitutto erroneamente ridotto di dieci mesi la durata di un’esperienza professionale che essa aveva giudicato in parte attinente alla natura delle funzioni. Dall’altra parte, il sig. Di Bernardo ricorda di aver ricevuto risposta alla sua domanda di riesame solo nove mesi dopo la sua presentazione. In settimo luogo, l’argomentazione della Commissione diretta contro i punti 54 e 55 della sentenza impugnata sarebbe inconferente, trattandosi di punti della motivazione enunciati ad abundantiam.

    2. Valutazione

    61.

    Tengo a constatare che, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione nel suo ricorso d’impugnazione, e come esporrò nelle presenti conclusioni, il Tribunale ha debitamente tenuto conto del contesto di diritto e di fatto della decisione controversa nel suo esame del ricorso di annullamento. Infatti, il Tribunale ha sottolineato, anzitutto, l’importanza dell’obbligo di motivare ogni decisione arrecante pregiudizio, ricordando che esso ha il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli interessati di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato per tutelare i propri diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della decisione di cui trattasi ( 4 ). Il Tribunale ha altresì affermato che l’estensione dell’obbligo di motivazione deve essere di volta in volta valutata non soltanto in considerazione della decisione impugnata, ma anche in funzione delle circostanze concrete nel cui contesto quest’ultima si colloca ( 5 ). Tali affermazioni non possono essere rimesse in discussione nell’ambito dell’impugnazione, dato che esse si fondano su una giurisprudenza costante della Corte che il Tribunale fa propria. È alla luce di tali principi che dev’essere esaminato il modo in cui il Tribunale ha applicato il diritto dell’Unione.

    62.

    Rilevo che il Tribunale ha concentrato la sua attenzione sull’esame della motivazione della decisione controversa, prendendo nel contempo in considerazione i vari scambi di corrispondenza intervenuti tra l’EPSO e il sig. Di Bernardo, più specificamente le domande rivolte a quest’ultimo di presentare documenti giustificativi per comprovare la sua esperienza professionale, giungendo infine alla conclusione che i motivi fatti valere dall’EPSO per respingere la sua candidatura erano «estremamente sommari e incompleti». Il Tribunale si è fondato a tal fine su un esame minuzioso della decisione controversa ai punti da 41 a 44 della sentenza impugnata. Tale constatazione mi sembra corretta, alla luce della mancanza di spiegazioni di sorta da parte dell’EPSO quanto alle ragioni per le quali la commissione giudicatrice aveva concluso che il sig. Di Bernardo non era in possesso dell’esperienza professionale richiesta per esercitare la funzione di segretario nel settore del supporto ai servizi finanziari.

    63.

    Alla luce dei numerosi scambi di corrispondenza diretti, con ogni evidenza, a chiarire la questione del rispetto dei criteri di selezione, era ragionevolmente permesso attendersi che l’EPSO fornisse indicazioni più precise al fine di giustificare la sua decisione di non inserire il nominativo del sig. Di Bernardo nell’elenco dei vincitori. L’EPSO si è però limitata a comunicargli, con lettera del 27 ottobre 2015, che l’esperienza professionale menzionata alle voci da 1 a 7 del suo atto di candidatura non raggiungeva la durata di almeno tre anni sostanzialmente collegata alla natura delle funzioni nel settore del supporto ai servizi di segreteria, quale menzionata al punto 2 dell’allegato II del bando di concorso. L’EPSO ha confermato la sua decisione con lettera del 10 agosto 2016, a seguito della domanda di riesame presentata dal sig. Di Bernardo, senza peraltro fornire informazioni più precise.

    64.

    Orbene, mi sembra evidente che tale pratica non risponde agli obblighi di un’adeguata motivazione, in quanto una mera ripetizione dei criteri di selezione contenuti nel bando di concorso non permette all’interessato di conoscere la giustificazione della decisione in questione e, se del caso, di tutelare i suoi diritti ( 6 ). Il Tribunale lo ha giustamente constatato, accertando, al punto 48 della sentenza impugnata, che il sig. Di Bernardo «ignorava le ragioni per le quali la sua esperienza professionale si rivelava insufficiente». Tale conclusione è confermata da una lettura attenta della corrispondenza intervenuta tra l’EPSO e il sig. Di Bernardo. Senza conoscere i criteri di selezione più specifici adottati dalla commissione giudicatrice, il sig. Di Bernardo non era in grado di valutare se la commissione giudicatrice ne avesse fatto una corretta applicazione nel suo caso e, in particolare, se tali criteri non restringessero illegittimamente l’ambito del bando di concorso. Il Tribunale ha così correttamente accertato che le possibilità di difesa del sig. D Bernardo venivano limitate.

    65.

    Ciò premesso, ritengo che la pratica controversa impedisca altresì che il giudice dell’Unione – che viene a conoscenza dei dettagli del procedimento solo nella fase della controversia, e unicamente sulla base delle informazioni fornite dalle parti – possa esercitare il suo sindacato sulla legittimità della decisione interessata. Quella di stabilire se e, eventualmente, in che misura un’insufficienza di motivazione costituisca un vizio procedurale, al quale possa tuttavia essere posto rimedio nel corso del procedimento contenzioso, è una questione che tratterò nel contesto dell’esame del secondo motivo d’impugnazione.

    66.

    Alla luce delle osservazioni precedenti, mi pare evidente che giustamente il Tribunale abbia attribuito un’importanza rilevante ai criteri di selezione più specifici ( 7 ), in quanto essi hanno sensibilmente influenzato la decisione controversa. Come risulta dalla lettera del 10 agosto 2016, l’EPSO sembra aver affermato che la commissione giudicatrice aveva fissato criteri di selezione non previsti nel bando di concorso che essa contava di applicare al concorso ( 8 ). Orbene, si deve ricordare in questo contesto che, malgrado il suo potere discrezionale, la commissione giudicatrice è tenuta a rispettare i termini del bando di concorso così come pubblicato, il che implica che essa deve procedere sulla base di criteri oggettivi e noti a ciascuno dei candidati ( 9 ). Più concretamente, l’EPSO ha fatto tacitamente riferimento ad una tabella di valutazione elaborata dalla commissione giudicatrice prima delle prove, senza peraltro spiegare i principi sul fondamento dei quali tale tabella di valutazione era stata elaborata o il modo in cui essa doveva essere utilizzata.

    67.

    Come si è appreso nel corso del procedimento contenzioso dinanzi al Tribunale, nella fase della controreplica, i criteri summenzionati consistevano, in sostanza, in un elenco di professioni classificate in tre categorie, in relazione alla loro pertinenza. Sembrerebbe che i criteri contenuti nella tabella di valutazione servissero presumibilmente come linee guida per la commissione giudicatrice, per esserle di ausilio nell’esercizio del suo potere discrezionale nel contesto della valutazione delle candidature. Le domande di informazioni dell’EPSO dirette a valutare la pertinenza della sua esperienza professionale per la funzione di supporto ai servizi finanziari nonché la risposta contenuta nella decisione controversa dimostrano chiaramente che la commissione giudicatrice ha effettivamente applicato tali criteri al sig. Di Bernardo, il che ha avuto come conseguenza che una parte rilevante di tale esperienza professionale non è stata riconosciuta ( 10 ). Non avendo egli il minimo di esperienza pertinente, in quanto la sua esperienza professionale rientrava piuttosto nel settore del supporto amministrativo, la candidatura del sig. Di Bernardo non è stata prescelta.

    68.

    Ne consegue che, malgrado le gravi conseguenze che l’applicazione dei criteri di selezione comportasse per il sig. Di Bernardo, l’EPSO non gli ha permesso di prenderne conoscenza e, con ciò, di fornire, se del caso, informazioni in maniera più mirata sugli aspetti controversi. Orbene, la portata della motivazione deve essere valutata anche in relazione all’interesse che il destinatario dell’atto può avere a ricevere spiegazioni ( 11 ). Come il Tribunale ha osservato in modo più che giusto al punto 53 della sentenza impugnata, solo «nel corso del procedimento» contenzioso la Commissione ha fornito, «solo in maniera graduale», la motivazione della decisione controversa, necessaria per valutarne la legittimità. È quindi in una fase molto tardiva che il sig. Di Bernardo ha potuto esprimersi sulla sua pretesa insufficiente esperienza professionale. Pertanto, il Tribunale ha dichiarato, senza commettere errori di diritto, che l’EPSO avrebbe dovuto comunicare i criteri di selezione tempestivamente, e cioè nel bando di concorso, nella lettera del 27 ottobre 2015 o, in ogni caso, nella sua lettera del 10 agosto 2016 di risposta alla domanda di riesame ( 12 ). Un modo di procedere del genere sarebbe stato tanto più necessario in quanto la domanda di riesame dev’essere interpretata come una domanda diretta a ottenere spiegazioni individuali, come rilevato dal Tribunale al punto 51 della sentenza impugnata. Occorre quindi respingere l’affermazione della Commissione, secondo la quale il sig. Di Bernardo non avrebbe mai cercato di conoscere i criteri di selezione, in quanto tale argomento equivale a mettere in discussione l’obbligo a carico dell’EPSO nei confronti dei candidati del concorso.

    69.

    Si deve necessariamente constatare che il ragionamento della Commissione rivela non soltanto una violazione dell’obbligo di motivazione da parte sua, ma anche un errore logico, dato che non può ragionevolmente imputarsi al sig. Di Bernardo il fatto di non aver presentato una domanda espressa di informazioni su un aspetto di cui non aveva conoscenza. Per adempiere il proprio obbligo, l’EPSO avrebbe dovuto spiegare al sig. Di Bernardo quali fossero i criteri di selezione che non figuravano nel bando di concorso e perché la sua esperienza professionale non soddisfacesse i requisiti per le funzioni di segretario/commesso di grado SC 1, nel settore del supporto ai servizi finanziari.

    70.

    Si deve altresì respingere l’argomento, addotto dalla Commissione, secondo il quale il Tribunale avrebbe a torto ritenuto, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, che la Commissione non potesse avvalersi della giurisprudenza secondo la quale, in caso di concorso a partecipazione numerosa, la commissione giudicatrice è autorizzata, in una prima fase, a motivare il diniego di selezione in maniera sommaria ( 13 ). Come il Tribunale ha giustamente osservato, la commissione giudicatrice ha dovuto adottare la sua decisione dopo la partecipazione di tutti i candidati ai test di accesso e alle prove, comprese le prove sulle competenze. Dopo la correzione di queste ultime, l’elenco dei vincitori potenziali era già stato redatto. In tale fase, il compito principale della commissione giudicatrice avrebbe dovuto consistere nel verificare se i candidati soddisfacessero anche le condizioni relative alla loro esperienza professionale quali fissate dal bando di concorso. Orbene, sembrerebbe che l’EPSO abbia rinviato tale compito all’ultimissima fase della procedura di selezione, il che solleva dubbi per quanto riguarda l’organizzazione ragionevole della procedura di selezione.

    71.

    In quest’ottica, ritengo che nessun appunto possa muoversi nei confronti del sig. Di Bernardo, in quanto l’organizzazione di un concorso rientra esclusivamente nella responsabilità dell’EPSO. Ne consegue che l’EPSO deve sopportarne le conseguenze, ivi compreso un eventuale aggravio del carico di lavoro. Quanto a quest’ultimo aspetto, come asserisce il sig. Di Bernardo, sembrerebbe tuttavia che soltanto le domande di riesame di sette candidati siano state respinte nel settore del concorso interessato. Pertanto, il compito di esaminare i reclami di tali candidati non poteva comportare un aggravio smisurato del carico di lavoro. Ne consegue che giustamente il Tribunale ha dichiarato che l’EPSO non poteva addurre il rischio di un sovraccarico di lavoro al fine di esimersi dal suo obbligo di motivare debitamente la sua decisione di non inserire il sig. Di Bernardo nell’elenco dei vincitori del concorso.

    72.

    Non può essere accolto neppure l’argomento della Commissione, secondo il quale il Tribunale avrebbe tenuto in non cale il rispetto della segretezza che caratterizza i lavori della commissione giudicatrice avendo imposto, al punto 50 della sentenza impugnata, l’obbligo di divulgare i criteri di selezione. Come risulta dalla giurisprudenza della Corte ( 14 ), la segretezza dei lavori della commissione giudicatrice non osta a che i criteri oggettivi della selezione – nella fattispecie, le condizioni relative all’esperienza professionale – siano comunicati ai candidati. Pertanto, occorre respingere tale argomento.

    73.

    Non condivido la critica espressa, in ordine ai punti da 49 a 51 della sentenza impugnata, dalla Commissione che asserisce che una domanda di riesame redatta senza precisazioni e che obblighi la commissione giudicatrice a fornire spiegazioni dettagliate per ciascuna voce porterebbe a trasferire alla commissione giudicatrice l’onere della prova dell’esistenza dell’esperienza professionale richiesta dal bando di concorso. In primo luogo, tale critica è fondata sull’erronea premessa che l’EPSO dovrebbe essere esente da qualsiasi obbligo di comunicare i criteri di selezione in una fase iniziale del concorso, il che mi pare incompatibile con l’obbligo di trasparenza imposto dalla giurisprudenza ( 15 ). In secondo luogo, tale critica non tiene conto del fatto che il sig. Di Bernardo aveva presentato una domanda di riesame ignorando che la commissione giudicatrice del concorso aveva elaborato criteri di selezione più specifici che non figuravano nel bando di concorso. L’EPSO avrebbe dovuto cogliere l’occasione per elucidare la portata dei detti criteri, spiegando, ad esempio, perché le attività più strettamente attinenti al supporto amministrativo non fossero considerate pertinenti anziché limitarsi a confermare la sua decisione iniziale. Un siffatto modo di procedere avrebbe fornito i chiarimenti necessari al sig. Di Bernardo, permettendogli di comprendere meglio il ragionamento della commissione giudicatrice. Tale modo di procedere non comporta alcuna inversione dell’onere della prova, ma tende al contrario a garantire il carattere effettivo del ricorso in materia amministrativa.

    74.

    Per quanto riguarda la censura con la quale la Commissione contesta al Tribunale il fatto di aver confuso, ai punti da 53 a 55 della sentenza impugnata, l’obbligo di motivazione e la fondatezza di tale motivazione, si deve innanzitutto rilevare che non risulta sempre facile operare, in pratica, una chiara distinzione, soprattutto in un caso come quello di specie in cui l’EPSO si è limitato ad asserire, senza alcuna precisa spiegazione, che l’esperienza professionale del sig. Di Bernardo non raggiungeva la durata di almeno tre anni sostanzialmente collegata alla natura delle funzioni nel settore del supporto ai servizi finanziari. Infatti, non si può escludere che una siffatta motivazione vaga e succinta possa formare oggetto di un esame sotto tali due profili. Da un lato, la si potrebbe considerare insufficiente in termini di estensione e di ampiezza di argomenti, alla luce in particolare dell’importanza che la decisione dell’EPSO presenta per il sig. Di Bernardo in quanto candidato del concorso, il che forma oggetto della presente controversia. Dall’altro lato, si potrebbe ritenere tale motivazione contestabile, se non viziata da illegittimità, per il fatto che essa si fonda su un metodo di valutazione che incide in maniera determinante sull’esito del concorso in quanto ha l’effetto di escludere talune attività professionali come non pertinenti, senza peraltro che l’EPSO ne abbia spiegato il funzionamento. Infatti, il metodo di valutazione in quanto tale non ha formato oggetto della presente controversia, per il motivo che esso è stato reso noto solo in una fase tardiva del procedimento.

    75.

    Tuttavia, non mi sembra necessario approfondire tali riflessioni nel presente contesto, poiché la censura fatta valere dalla Commissione è in ogni caso inconferente in quanto contesta un motivo dedotto ad abundantiam e deve, di conseguenza, essere respinta ( 16 ). Risulta chiaramente dai punti da 53 a 55 della sentenza impugnata che il Tribunale si è soffermato sulla censura relativa all’insufficienza di motivazione e solo per scrupolo di completezza ha formulato alcune osservazioni sul contenuto della motivazione, senza peraltro pronunciarsi sul merito della decisione. La motivazione ivi espressa ha unicamente lo scopo di illustrare il carattere indispensabile dei criteri di ammissione controversi al fine di valutare la legittimità della decisione controversa.

    3. Conclusione parziale

    76.

    Risulta da quanto precede che il Tribunale non ha imposto condizioni eccessive quanto alla motivazione di una decisione adottata dalla Commissione. Di conseguenza, il primo motivo di impugnazione dev’essere respinto.

    C.   Sul secondo motivo di impugnazione

    1. Argomenti delle parti

    77.

    Il secondo motivo di impugnazione della Commissione è relativo alla violazione – commessa ai punti 37 e 38 e da 53 a 56 della sentenza impugnata – del dovere del giudice di valutare d’ufficio il rispetto dell’obbligo di motivazione.

    78.

    La Commissione fa riferimento ad una giurisprudenza ( 17 ), secondo la quale, in caso di «insufficienza di motivazione», potrebbero sempre essere fornite precisazioni in corso di causa, e queste ultime avrebbero l’effetto di privare di fondamento un motivo di annullamento basato sulla violazione dell’obbligo di motivazione. Per questo motivo, in primo luogo, l’esclusione della possibilità di integrare la motivazione anche in caso di carenza «quasi totale» di quest’ultima risulterebbe da un’estensione, deliberata e inedita, operata dal Tribunale nella sentenza impugnata, di un limite peraltro chiaramente fissato nella giurisprudenza per il solo caso di carenza totale di motivazione. Tale nozione, non prevista dalla giurisprudenza, sarebbe inoltre contraddittoria e impossibile da definire. In secondo luogo, tale innovazione giurisprudenziale sarebbe inconciliabile con il dovere del giudice di verificare d’ufficio se l’obbligo di motivazione sia stato rispettato.

    79.

    In risposta al secondo motivo di impugnazione, il sig. Di Bernardo fa valere gli argomenti seguenti.

    80.

    In primo luogo, il Tribunale non avrebbe commesso alcun errore di diritto dichiarando, nella fattispecie, che la motivazione fornita prima della proposizione del ricorso equivaleva ad una carenza totale o «quasi totale» di motivazione. In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe neppure commesso un errore di diritto dichiarando che, per essere sufficientemente motivata, la decisione controversa doveva quanto meno rispecchiare le linee generali del ragionamento della commissione giudicatrice. Ciò non si verificherebbe nel caso della decisione controversa, la quale si fonderebbe su criteri di ammissione non noti al candidato e comunicati soltanto nella fase della controreplica. In terzo luogo, il sig. Di Bernardo fa valere che la funzione del giudice dell’Unione non è quella di porre rimedio alle carenze della commissione giudicatrice e della Commissione, che hanno omesso di motivare la decisione controversa prima della proposizione del ricorso e durante il procedimento contenzioso. Inoltre, la Commissione non specificherebbe quali elementi del fascicolo il Tribunale abbia omesso di prendere in considerazione d’ufficio per valutare se la decisione fosse sufficientemente motivata o meno.

    2. Valutazione

    a) Osservazioni preliminari

    81.

    Con il secondo motivo, la Commissione contesta al Tribunale di averla privata della possibilità di integrare la motivazione della decisione controversa nel corso del procedimento contenzioso a seguito di una carenza «quasi totale» di motivazione iniziale. A parere della Commissione, il Tribunale era tenuto a prendere in considerazione d’ufficio i criteri specifici allegati alla controreplica, più concretamente la tabella di valutazione che la commissione giudicatrice aveva elaborato al fine di valutare l’esperienza professionale dei candidati del concorso.

    82.

    Come ho dimostrato nell’ambito del mio esame del primo motivo, il Tribunale ha legittimamente accertato che la motivazione della decisione controversa non rispondeva alle prescrizioni della giurisprudenza. Per ricapitolare, il Tribunale ha ritenuto, ai punti 37 e 38 e da 53 a 56 della sentenza impugnata, che, relativamente alla decisione controversa, mancava persino un «principio di motivazione», da cui risultassero almeno le linee generali del ragionamento dell’amministrazione. Esso ha qualificato tale motivazione iniziale come «estremamente sommaria e incompleta» al punto 53 della sentenza impugnata. Per giunta, il Tribunale ha ritenuto, al punto 41 della sentenza impugnata, che la commissione giudicatrice avesse respinto la domanda di riesame «in maniera estremamente sommaria». È sulla base di tali osservazioni che il Tribunale ha giustamente concluso che i diritti del sig. Di Bernardo fosse stati violati in quanto tale circostanza gli impediva di comprendere i motivi per i quali la sua candidatura non era stata accolta e, se necessario, di chiedere un riesame della decisione controversa da parte dell’amministrazione e/o del giudice dell’Unione. La valutazione del contesto di fatto nonché l’interpretazione della portata dell’obbligo di motivazione di una decisione amministrativa mi sembrano giuridicamente inoppugnabili.

    83.

    Ciò premesso, la questione che sorge nell’ambito del secondo motivo è quella di stabilire se il diritto dell’Unione permetta nondimeno di sanare a posteriori un’insufficienza di motivazione, in quanto vizio procedurale, con l’aggiunta di elementi di motivazione in corso di causa e in quali casi. L’analisi di tale questione richiede (b) un breve esame della giurisprudenza menzionata dal Tribunale e (c) la verifica della sua conformità ai principi fissati dalla giurisprudenza della Corte. Tali principi formeranno poi (d) oggetto di una valutazione da parte mia prima (e) di esaminare alla fine la loro corretta applicazione al caso di specie.

    b) La giurisprudenza menzionata dal Tribunale nella sentenza impugnata riguardo alla possibilità di sanare un’insufficienza di motivazione

    84.

    Risulta dal punto 37 della sentenza impugnata che, in forza di una giurisprudenza del Tribunale, solo quando la decisione contestata contenga almeno un «principio di motivazione» prima della proposizione del ricorso l’amministrazione è legittimata a fornire informazioni integrative in corso di causa e ad adempiere al proprio obbligo di motivazione. Secondo tale giurisprudenza, almeno le linee generali del ragionamento dell’amministrazione devono emergere da un siffatto «principio di motivazione». Al punto 38 della sentenza impugnata il Tribunale ha specificato che una «carenza totale o quasi totale» di motivazione in ordine alle ragioni essenziali di diniego, formulate nei confronti di una parte ricorrente, prima della proposizione di un ricorso non può essere sanata da spiegazioni fornite dopo la proposizione di tale ricorso.

    85.

    Occorre innanzitutto rilevare il fatto che il Tribunale ha individuato, nella presente causa, una fattispecie particolare di carenza di motivazione, da lui considerata «quasi totale». Si deve poi constatare che il Tribunale, con ogni evidenza, è partito dalla premessa che la motivazione contenuta nella decisione controversa soddisfa i criteri di tale fattispecie, senza per questo averne spiegato le caratteristiche. Il ragionamento del Tribunale, soprattutto per quanto riguarda la conseguenza giuridica di una carenza «quasi totale» di motivazione, ossia l’illegittimità della decisione controversa, frutto di un grave vizio procedurale, fa presupporre che tale fattispecie sia almeno analoga a quella della carenza «totale» di motivazione. Orbene, tengo a constatare che la detta fattispecie è menzionata solo nella sentenza impugnata, dato che la giurisprudenza del Tribunale, ivi compresa quella citata nella detta sentenza ( 18 ), omette ogni diversa menzione. Sembrerebbe che il Tribunale si sia espressamente scostato dalla terminologia utilizzata nella sua giurisprudenza allo scopo di descrivere al meglio il grado di precisione della motivazione contenuta nella decisione controversa. Tornerò su questo punto nell’ambito dell’esame della corretta applicazione della giurisprudenza.

    c) Compatibilità dei principi fissati dal Tribunale con la giurisprudenza della Corte

    86.

    Il problema di un’insufficienza di motivazione di un atto amministrativo recante pregiudizio non è ignoto nella giurisprudenza della Corte, dato che quest’ultima ha già dovuto pronunciarsi sulla questione se sia ammissibile sanare un siffatto vizio procedurale autorizzando l’amministrazione a integrare la motivazione nel corso del procedimento contenzioso.

    87.

    Come la Corte ha già ricordato nella sentenza Neirinck/Commissione ( 19 ), l’obbligo di motivazione ha lo scopo di consentire alla Corte di esercitare il suo sindacato di legittimità sulle decisioni arrecanti pregiudizio e di fornire agli interessati indicazioni sufficienti per giudicare se tali decisioni siano fondate oppure siano inficiate da un vizio che consenta di contestarne la validità. Ne consegue che la motivazione, in linea di principio, dev’essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio. La Corte ha quindi considerato che una carenza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza della motivazione della decisione nel corso del procedimento dinanzi alla Corte ( 20 ). Per contro, in caso di insufficienza di motivazione, la Corte ha ritenuto che elementi di motivazione prodotti in corso di causa possano, in casi eccezionali, rendere senza oggetto un motivo relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione ( 21 ). La giurisprudenza della Corte distingue quindi due fattispecie diverse, da un lato, la «carenza», e dall’altro, l’«insufficienza» di motivazione, ciascuna soggetta a regole proprie. Osservo inoltre che la Corte tende ad esaminare in ciascun caso di specie, così come il Tribunale, la questione se l’atto amministrativo in questione contenga un «principio di motivazione» o meno, il che le permette di applicare le rispettive regole al caso di specie ad essa sottoposto.

    88.

    Dalle osservazioni precedenti deduco che la giurisprudenza del Tribunale ( 22 ) rispecchia essenzialmente i principi elaborati nella giurisprudenza della Corte quanto all’obbligo di motivare debitamente ogni atto amministrativo al fine di garantire un sindacato giurisdizionale, salvaguardando nel contempo i diritti del destinatario, con la sola eccezione della fattispecie connessa alla carenza «quasi totale» di motivazione che occorre esaminare qui di seguito.

    d) Valutazione della giurisprudenza della Corte

    89.

    Prima di soffermarmi sull’esame dell’applicazione da parte del Tribunale della giurisprudenza della Corte al caso di specie, vorrei esprimere il mio appoggio a tale giurisprudenza che mi sembra sufficientemente sfumata per tener conto dei vari interessi in gioco nell’ambito di un procedimento contenzioso amministrativo, e ciò alla luce della complessità delle cause, dato che ciascuna solleva un ampio spettro di questioni procedurali che il giudice dell’Unione deve risolvere. Ciò premesso, tengo a ricordare che l’obbligo di motivazione sancito dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, presente anche all’articolo 25, secondo comma, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, applicabile per analogia agli agenti cui si rivolge la disciplina del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»), costituisce un principio fondamentale in un ordinamento giuridico rispettoso del valore dello Stato di diritto come quello dell’Union europea, inteso a garantire la trasparenza, l’efficacia e la legittimità delle sue istituzioni ( 23 ). Come la Corte ha più volte ricordato ( 24 ), l’Unione europea è un’unione di diritto le cui istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti, segnatamente, con i Trattati ed i principi generali del diritto. Inerente allo Stato di diritto è l’obbligo di una tutela giurisdizionale effettiva, quale garantita dall’articolo 47 della Carta, secondo la quale i singoli debbono avere il diritto di contestare dinanzi al giudice la legittimità degli atti dell’Unione mediante un ricorso effettivo ( 25 ). Peraltro, occorre rilevare che le modifiche apportate ai Trattati dal trattato di Lisbona hanno avuto come conseguenza una notevole rivalutazione dell’obbligo di motivazione ( 26 ) che la Corte deve prendere in considerazione, in particolare quando è investita di una causa come la presente, nella quale tale obbligo sembra essere stato trascurato.

    90.

    Come scriveva l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle sue conclusioni nella causa Hectors/Parlamento ( 27 ), «la motivazione non è una formula di cortesia e tanto meno un rito, bensì si tratta, prima di tutto, di un elemento di razionalità nell’esercizio del potere che ne facilita il controllo, agendo anche come strumento di prevenzione degli arbitri e come mezzo di difesa». Si è già fatto riferimento al duplice obiettivo di tale obbligo, consistente nel consentire, da un lato, agli interessati conoscere le ragioni del provvedimento adottato al fine di tutelare i loro diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione in questione ( 28 ). Tali due interessi sono inscindibili al fine di garantire un ricorso effettivo e non possono quindi essere presi in considerazione indipendentemente l’uno dall’altro nell’analisi. Dalla natura stessa di tale obbligo risulta che i detti interessi saranno soddisfatti nel migliore dei modi qualora la motivazione sia comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio e non nel corso del procedimento contenzioso ( 29 ). Il procedimento precontenzioso offre all’interessato la possibilità di chiedere all’amministrazione di effettuare un riesame della decisione controversa, a titolo gratuito e senza ostacoli amministrativi. Un altro vantaggio risiede nella possibilità per l’amministrazione di verificare direttamente la conformità della sua decisione con il diritto dell’Unione, il che ha l’effetto di ricordare all’amministrazione il suo obbligo di motivare debitamente la sua decisione ( 30 ).

    91.

    Alla luce di queste considerazioni, mi pare evidente che l’assenza di ogni motivazione costituisce il caso più grave in quanto arreca pregiudizio a tali interessi, compromettendo in definitiva lo Stato di diritto. In un caso del genere, il vizio non può essere sanato nel corso del procedimento contenzioso, dato che l’interessato è privato della possibilità di venire a conoscenza della motivazione della decisione, di esprimere il suo punto di vista e, se del caso, di chiedere un riesame. Il giudice dell’Unione, a sua volta, è privato della possibilità di familiarizzarsi con la causa in tutti i suoi aspetti, dovendo pronunciarsi sulla causa in ultima istanza.

    92.

    Per contro, l’insufficienza di motivazione mi sembra richiedere un approccio più differenziato, in funzione della gravità della violazione dell’obbligo di motivazione. Questo mi sembra sia l’approccio della Corte, dato che nella sua giurisprudenza essa riconosce che una motivazione prodotta in corso di causa può, in «casi eccezionali», rendere senza oggetto un motivo relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione. A causa della diversità delle circostanze immaginabili, la Corte sembra essersi astenuta dall’elencare tali «casi eccezionali» in maniera tassativa, privilegiando un’applicazione elastica e pragmatica di tale nozione.

    93.

    Infatti, talune considerazioni potrebbero teoricamente avere un certo ruolo, come ragioni di economia processuale, ad esempio quando è evidente che nessun vizio ha inficiato nel merito la decisione, di modo che l’annullamento di quest’ultima in quanto non contenente una motivazione sufficiente potrebbe solo comportare l’adozione di una nuova decisione, identica nel merito alla decisione annullata, ma accompagnata dalla motivazione rivelata per la prima volta dinanzi al Tribunale. Come evidenzia l’avvocato generale Fennelly nelle sue conclusioni nella causa Parlamento/Innamorati ( 31 ), la commissione giudicatrice non avrebbe alcun margine di discrezionalità in un caso del genere. Di conseguenza, il convenuto non avrebbe alcun interesse legittimo a chiedere l’annullamento della decisione controversa per violazione di una forma sostanziale. Secondo l’avvocato generale Fennelly, l’enunciazione originariamente insufficiente della motivazione della decisione contestata non potrebbe più essere considerata alla stregua di una violazione di forma sostanziale che giustificherebbe di per sé l’annullamento di quella decisione ( 32 ). Per contro, se la motivazione non fosse sufficiente neppure nella fase del procedimento contenzioso, la decisione contestata dovrebbe essere annullata per violazione di forma sostanziale ( 33 ).

    94.

    A questo proposito, vorrei fare qualche osservazione al fine di illustrare il mio punto di vista. Anche se comprendo, in linea di principio, tali considerazioni di natura pratica che hanno persino trovato la loro espressione in alcune sentenze ( 34 ), tengo a ribadire l’importanza che presentano le disposizioni in precedenza citate ( 35 ) nell’ordinamento giuridico dell’Unione, il che esclude a mio parere che si possa equiparare l’insufficienza di motivazione di un atto amministrativo ( 36 ) ad un semplice errore di forma ( 37 ). Per quanto seducenti esse possano sembrare, le considerazioni sopra esposte, apparentemente fondate su ragioni d’economia processuale, comportano il rischio che l’amministrazione interpreti la «possibilità» di integrare una motivazione insufficiente nel corso del procedimento introdotto con ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE come un «diritto» di non comunicare informazioni all’interessato in tempo utile o, ancora, di rinviare il compito di motivare un atto amministrativo, se necessario, alla fase contenziosa. Le conseguenze di una prassi del genere sarebbero quelle di sopprimere i vantaggi che ho appena indicato, e cioè quello di dare al destinatario di uno di tali atti giuridici la possibilità di presentare i suoi punti di vista presso l’amministrazione e di garantire un sindacato interno di legittimità degli atti giuridici adottati da quest’ultima ( 38 ). Per giunta, non può escludersi che tale prassi abbia come conseguenza un aumento del numero di cause pendenti dinanzi ai giudici dell’Unione, il che ridurrebbe i pretesi vantaggi connessi ai motivi di economia processuale. Fermo restando ciò, la ripartizione delle competenze tra l’amministrazione, da un lato, e i giudici dell’Unione, dall’altro, vieta che il procedimento introdotto con ricorso di annullamento diventi la fase in cui l’amministrazione assolve uno dei suoi obblighi più basilari nei confronti del singolo. Inoltre, non si deve dimenticare che una controversia comporta costi e rischi notevoli per il singolo, ragione per cui mi sembra irragionevole esigere che quest’ultimo debba adire i giudici dell’Unione al fine di ottenere una motivazione adeguata della decisione che lo riguarda, mentre avrebbe potuto ottenerla nel corso della fase precontenziosa senza dover affrontare spese.

    95.

    La possibilità di integrare una motivazione nel corso del procedimento contenzioso deve pertanto essere limitata a «casi eccezionali», nei quali sia pacifico che almeno i motivi principali che hanno dato luogo all’adozione della decisione amministrativa sono stati esposti in forma chiara e non equivoca ( 39 ). Occorre altresì garantire che il singolo non subisca alcuno svantaggio nella tutela dei suoi diritti, il che spetta al giudice verificare caso per caso. Sarebbe certamente possibile supporre uno svantaggio del genere qualora gli elementi di motivazione integrativi forniti dall’amministrazione abbiano l’effetto di modificare l’essenza dell’atto giuridico, obbligando così l’interessato ad adeguare in maniera sostanziale la sua argomentazione al fine di rispondere in maniera idonea ai nuovi argomenti. Al fine di evitare una situazione del genere, occorrerebbe imporre requisiti rigorosi alla forma e al modo in cui l’amministrazione sottopone una motivazione integrativa al giudice dell’Unione. Analogamente, quest’ultimo dovrebbe vegliare a che l’interessato possa esprimersi sulla motivazione integrativa, ad esempio aggiornando l’udienza o permettendogli di presentare una memoria. A mio parere, non si può evitare che, in condizioni del genere, l’interessato sia preso alla sprovvista dall’amministrazione. In relazione alla rispettiva situazione processuale, il giudice dell’Unione dovrebbe decidere se esso debba respingere o, eccezionalmente, ammettere la motivazione integrativa.

    96.

    L’orientamento da me proposto è, del resto, conciliabile con quello dell’avvocato generale Kokott, quale risulta dalle sue conclusioni nella causa SPCM e a. ( 40 ), secondo il quale un’assenza o un’insufficienza di motivazione non può, in linea di principio, essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza della motivazione della decisione nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione. Come fa valere l’avvocato generale Kokott, la motivazione di una decisione che arreca pregiudizio deve consentire al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo sulla legittimità e di fornire all’interessato le indicazioni necessarie per stabilire se la decisione sia fondata, e se gli convenga proporre un ricorso. L’avvocato generale Kokott afferma in maniera molto pertinente che la motivazione di una decisione costituisce un presupposto irrinunciabile del sindacato giurisdizionale di un provvedimento ( 41 ).

    97.

    Non vedo alcun conflitto tra le tesi sopra presentate ( 42 ), dato che esse partono dalla premessa che è necessario che ogni atto che arreca pregiudizio contenga una motivazione che specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti al fine di consentire un sindacato di legittimità, ammettendo solo in via eccezionale che un’insufficienza di motivazione possa essere sanata nel corso del procedimento contenzioso. La sola differenza è la menzione, da parte dell’avvocato generale Fennelly di una situazione specifica ( 43 ) che, a mio parere, potrebbe teoricamente costituire un «caso eccezionale» ai sensi della giurisprudenza, purché, come si è già spiegato ( 44 ), il singolo non subisca alcun svantaggio nella tutela dei suoi diritti. Uno svantaggio del genere dovrebbe normalmente essere escluso qualora la decisione amministrativa controversa contenga almeno un «principio di motivazione», consentendo all’interessato di comprendere le linee generali del ragionamento dell’amministrazione e di far valere il suo punto di vista. A mio parere, tale questione costituisce il punto di partenza di un esame della corretta applicazione della giurisprudenza della Corte al caso di specie.

    98.

    Per scrupolo di completezza, si deve rilevare in questo contesto che la Corte ha confermato, nella sentenza Neirinck ( 45 ) che «casi eccezionali» possono verificarsi in occasione di un «concorso a partecipazione numerosa», come era avvenuto nella causa Sergio e a./Commissione ( 46 ), e di un «concorso generale», come nel caso che ha dato luogo alla causa Kypreos/Consiglio ( 47 ), fattispecie entrambe caratterizzate da un’impossibilità dal punto di vista pratico di apportare una motivazione sufficiente a ciascun candidato a tempo debito e che giustificava, di conseguenza, a titolo del tutto eccezionale, il fatto che l’amministrazione fornisse, dinanzi al giudice dell’Unione, elementi quali verbali di commissioni giudicatrici. Orbene, come testé precisato ( 48 ), giustamente il Tribunale ha ritenuto, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, che la Commissione non poteva far valere la giurisprudenza secondo la quale, in caso di concorso a partecipazione numerosa, la commissione giudicatrice è autorizzata, in una prima fase, a motivare il diniego di selezione in maniera sommaria. Ne consegue che nessuna delle due fattispecie che giustificano l’ammissione in via eccezionale di una motivazione integrativa nel corso del procedimento contenzioso è applicabile al caso di specie.

    e) Esame dell’applicazione da parte del Tribunale della giurisprudenza della Corte al caso di specie

    99.

    Dall’esame della sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte analizzando la questione se la decisione controversa contenesse un «principio di motivazione». Come è già stato spiegato, la conclusione da trarre da tale analisi determina se esista una «carenza» o un’«insufficienza» di motivazione. Il Tribunale ha negato che vi fosse un siffatto principio di motivazione nel caso di specie e ciò per i motivi già esaminati in dettaglio e che mi sembrano inconfutabili sotto il profilo giuridico ( 49 ).

    100.

    Occorre tuttavia chiedersi se la giurisprudenza della Corte osti a che il Tribunale possa equiparare l’«insufficienza» ad una «carenza» di motivazione prendendo in considerazione una carenza «quasi totale» di motivazione, come sostiene la Commissione. Tale questione richiede alcune osservazioni da parte mia.

    101.

    Benché la giurisprudenza riconosca formalmente solo due fattispecie, si deve ricordare che la prassi amministrativa e giurisdizionale conosce vari gradi di precisione per quanto riguarda la motivazione di un atto giuridico. La Corte lo riconosce esplicitamente nella sua giurisprudenza, dato che ammette una motivazione più o meno dettagliata in relazione al contesto, all’importanza per il destinatario nonché al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione. In tale contesto, appare indispensabile interpretare la nozione di «insufficienza di motivazione» in maniera più sfumata, comprendente più gradi di precisione, dal caso equivalente ad una motivazione, per così dire, «quasi completa» alla carenza «quasi totale» di quest’ultima che il Tribunale ha riscontrato nel caso di specie ( 50 ). In mancanza di un metodo esatto e affidabile che consenta di misurare il grado di precisione della motivazione di un atto giuridico, mi pare comprensibile che il Tribunale abbia dovuto ricorrere ad un raffronto con la fattispecie che corrisponde maggiormente alla situazione di fatto, al fine di formulare le sue conclusioni in maniera semplice e chiara.

    102.

    A mio parere, una siffatta impostazione rientra nel margine discrezionale di cui esso dispone al fine di valutare i fatti di causa e, pertanto, non dovrebbe essere considerato come un errore di diritto. Tale impostazione non mette in discussione la schematizzazione dei vari tipi di motivazione stabilita per via giurisprudenziale, ma offre anzi utili punti di riferimento, che consentono alle parti di comprendere il ragionamento su cui si fonda la decisione del Tribunale di annullare la decisione controversa in quanto la sua motivazione non risponde ai requisiti richiesti dalla giurisprudenza.

    103.

    Relativamente all’argomento sollevato dalla Commissione, secondo il quale il Tribunale non avrebbe rispettato il proprio obbligo di prendere in considerazione gli elementi integrativi apportati dalla Commissione nel corso del procedimento contenzioso al fine di «integrare» la motivazione della decisione amministrativa controversa, tengo a rilevare che la Commissione tiene nuovamente in non cale il ruolo del giudice dell’Unione in quanto esige apparentemente che il Tribunale ponga rimedio alle carenze della commissione giudicatrice e della Commissione, che hanno omesso di motivare la decisione impugnata prima della proposizione del ricorso. Anche se risulta dalla giurisprudenza che un’insufficienza di motivazione tale da violare l’articolo 296, secondo comma, TFUE rientra nella violazione di forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263, secondo comma, TFUE e costituisce del resto un motivo che può, o addirittura deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione ( 51 ), non ne consegue che quest’ultimo sia tenuto ad ammettere in tutti i casi una motivazione integrativa.

    104.

    Ciò premesso, osservo che il Tribunale ha più che giustamente preso atto dell’insufficienza di motivazione della decisione controversa nonché della risposta alla domanda di riesame, rifiutando di prendere in considerazione gli elementi integrativi forniti dalla Commissione a motivo della tardività di tale iniziativa. Infatti, anche supponendo che la motivazione dovesse essere qualificata semplicemente come «insufficiente» (senza alcun’altra qualificazione particolare), è indubbio che la presentazione di criteri più specifici aventi tale incidenza sulla candidatura del sig. Di Bernardo ( 52 ) nel contesto della fase scritta del procedimento dinanzi al Tribunale aveva reso molto difficile una difesa avendo essa privato il sig. Di Bernardo della possibilità di reagirvi in maniera adeguata ( 53 ). Come il Tribunale ha giustamente evidenziato, l’interessato ignorava le ragioni per le quali la sua esperienza professionale era sta giudicata insufficiente ( 54 ). Per giunta, sembrerebbe che il sig. Di Bernardo disponesse, in linea di principio, solo dell’udienza per dedurre i propri motivi contro la motivazione di cui egli è venuto a conoscenza soltanto dopo la presentazione della memoria di controreplica.

    105.

    Orbene, tali circostanze non erano molto rispondenti al principio del rispetto dei diritti della difesa, principio fondamentale del diritto dell’Unione che vieta di fondare una decisione giurisdizionale su fatti e documenti di cui le parti stesse o una di esse non abbiano potuto avere conoscenza e in merito alle quali non abbiano quindi avuto modo di esprimersi ( 55 ). Il principio di parità delle armi, che costituisce un corollario della nozione stessa di equo processo ed è volto a garantire l’equilibrio tra le parti del giudizio, garantendo così che qualsiasi documento prodotto dinanzi al giudice possa essere esaminato e contestato da ciascuna di esse, implica l’obbligo di fornire a ciascuna delle parti la ragionevole possibilità di poter agire in giudizio e produrre prove, in condizioni che non la penalizzino nettamente rispetto ai propri avversari ( 56 ).

    106.

    Di conseguenza, tenuto conto della situazione testé descritta e conformemente alle considerazioni svolte nell’ambito della mia valutazione della giurisprudenza della Corte, in particolare ai paragrafi da 93 a 95 delle presenti conclusioni, non mi sembra che ricorrano le condizioni che consentono di ammettere in via eccezionale una motivazione integrativa nel corso di un procedimento contenzioso.

    107.

    Infatti, il rispetto del principio dello Stato di diritto richiedeva che l’EPSO fornisse una motivazione adeguata nella decisione controversa stessa e presentasse indicazioni più precise sui criteri integrativi elaborati dalla commissione giudicatrice nella sua risposta alla domanda di riesame. Non assolvendo debitamente i propri obblighi, avendo anzi rinviato l’adempimento di tale compito al procedimento contenzioso, l’amministrazione è venuta meno all’obiettivo di garantire un controllo interno. Un siffatto controllo interno le avrebbe permesso di valutare la situazione e di confermare se la motivazione rispondesse agli obblighi imposti dal diritto dell’Unione. Inoltre, dato che il vizio che inficia la decisione controversa è grave a causa di una motivazione ampiamente insufficiente, se non inesistente, in ordine ad un aspetto che presenta tuttavia un’importanza particolare per il sig. Di Bernardo, esso non poteva essere sanato, nell’ultima fase del procedimento introdotto con il ricorso di annullamento, attraverso una motivazione integrativa, senza compromettere i diritti della difesa. Pertanto, occorre ritenere che non possa essere contestato al Tribunale il fatto di essere intervenuto al fine di garantire la salvaguardia dei diritti del sig. Di Bernardo e di ricordare all’amministrazione l’obbligo di rispetto delle forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263, secondo comma, TFUE.

    108.

    Per i motivi testé esposti, ritengo che il Tribunale non abbia commesso alcun errore di diritto nel rifiutare di prendere in considerazione gli elementi integrativi forniti dalla Commissione nel corso del procedimento contenzioso al fine di «integrare» una motivazione insufficiente.

    3. Conclusione parziale

    109.

    Alla luce delle considerazioni precedenti, si deve respingere il secondo motivo di impugnazione.

    VI. Conclusione

    110.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte:

    di respingere l’impugnazione e

    di condannare la Commissione a sopportare le proprie spese.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Sentenza del 22 maggio 2008, Evonik Degussa/Commissione (C‑266/06 P, non pubblicata, EU:C:2008:295, punto 71).

    ( 3 ) Sentenza del 22 settembre 2016, Pensa Pharma/EUIPO (C‑442/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:720, punto 53).

    ( 4 ) Sentenze del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione (C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 144), del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 462), e del 28 giugno 2018, EUIPO/Puma (C‑564/16 P, EU:C:2018:509, punto 64).

    ( 5 ) Sentenze della Corte del 21 giugno 1984, Lux/Corte dei conti (69/83, EU:C:1984:225, punto 36), del 13 dicembre 1989, Prelle/Commissione (C‑169/88, EU:C:1989:640, punto 9), e del 12 novembre 1996, Ojha/Commissione (C‑294/95 P, EU:C:1996:434, punto 18).

    ( 6 ) V., in questo senso, sentenza dell’8 marzo 1988, Sergio/Commissione (64/86, 71/86, 72/86, 73/86 e 78/86, EU:C:1988:119, punti 5051), da cui risulta che l’amministrazione non assolve il suo obbligo di motivare in maniera sufficiente le sue decisioni nell’ambito di un concorso se essa «si limita a parafrasare i criteri stabiliti dal bando di concorso» e «non indica (…) i criteri più specifici e precisi seguiti dalla commissione giudicatrice».

    ( 7 ) A scopo di chiarimento, occorre precisare che il Tribunale e le parti del procedimento utilizzano il termine «criteri (di selezione)» per designare la «tabella di valutazione» fissata dalla commissione giudicatrice e il cui funzionamento viene spiegato nelle presenti conclusioni.

    ( 8 ) La decisione del 10 agosto 2016 contiene il seguente testo: «(…) Prima di iniziare i propri lavori, la commissione giudicatrice ha definito i criteri di selezione basandosi sulle condizioni specifiche descritte nel bando di concorso. Tali condizioni nonché la descrizione della natura delle funzioni sono definite tenendo conto delle competenze richieste per i posti da coprire e nell’interesse del servizio. Di conseguenza, i criteri di selezione definiti nell’ambito del concorso EPSO/AST-SC/03/15 nonché l’accento posto su taluni elementi attinenti all’esperienza professionale rispecchiano essenzialmente le esigenze di assunzione attuali delle istituzioni per le quali il concorso è indetto. (…) Come menzionato nella lettera del 27 ottobre 2015 con cui le venivano comunicati i suoi risultati, la commissione giudicatrice è del parere che lei non abbia potuto provare di soddisfare tutte le condizioni di ammissione» (il corsivo è mio).

    ( 9 ) V., in questo senso, sentenza del 13 ottobre 2017, Brouillard/Commissione (T‑572/16, non pubblicata, EU:T:2017:720, punto 35).

    ( 10 ) Le informazioni fornite dal sig. Di Bernardo attestano un’esperienza professionale di 20 anni nel settore del bando di concorso, mentre l’EPSO ha riconosciuto solo 31 mesi. L’esperienza professionale richiesta in base al bando di concorso era di 36 mesi.

    ( 11 ) Sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione (C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 120).

    ( 12 ) Non va tuttavia dimenticato che la lettera dell’8 luglio 2016, indirizzata al sig. Di Bernardo, conteneva una risposta alla sua domanda di riesame che non corrispondeva manifestamente alla sua situazione di fatto. Pertanto, tale lettera dovrebbe anch’essa essere considerata, in linea di principio, come un’occasione mancata per fornire una motivazione adeguata.

    ( 13 ) Sentenza del 12 luglio 1989, Belardinelli e a./Corte di giustizia (225/87, EU:C:1989:309, punto 7).

    ( 14 ) Sentenza del 4 luglio 1996, Parlamento/Innamorati (C‑254/95 P, EU:C:1996:276, punto 27).

    ( 15 ) V. la giurisprudenza citata ai paragrafi 61 e 64 delle presenti conclusioni.

    ( 16 ) V., in questo senso, sentenza del 30 maggio 2018, Azoulay e a./Parlamento (C‑390/17 P, EU:C:2018:347, punti 2930).

    ( 17 ) Sentenze del 30 maggio 1984, Picciolo/Parlamento (111/83, EU:C:1984:200, punto 22); del 27 marzo 1985, Kypreos/Consiglio (12/84, EU:C:1985:142, punto 8), e dell’8 marzo 1988, Sergio/Commissione (64/86, 71/86, 72/86, 73/86 e 78/86, EU:C:1988:119, punto 52).

    ( 18 ) Ordinanza dell’8 marzo 2012, Marcuccio/Commissione (T‑126/11 P, EU:T:2012:115, punto 47).

    ( 19 ) Sentenza del 28 febbraio 2008 (C‑17/07 P, EU:C:2008:134).

    ( 20 ) Sentenza del 28 febbraio 2008, Neirinck/Commissione (C‑17/07 P, EU:C:2008:134, punto 50). V. altresì sentenze del 26 novembre 1981, Michel/Parlamento (195/80, EU:C:1981:284, punto 22), del 7 febbraio 1990, Culin/Commissione (C‑343/87, EU:C:1990:49, punti da 13 a 15), e del 23 settembre 2004, Hectors/Parlamento (C‑150/03 P, EU:C:2004:555, punti 4950).

    ( 21 ) Sentenza del 28 febbraio 2008, Neirinck/Commissione (C‑17/07 P, EU:C:2008:134, punto 51).

    ( 22 ) Citata ai paragrafi 61e 84 delle presenti conclusioni.

    ( 23 ) V., in questo senso, Smith, M., «Developing administrative principles in the EU: A foundational model of legitimacy?», European Law Journal, Vol. 18, No 2, marzo 2012, pag. 282.

    ( 24 ) Sentenze del 26 giugno 2012, Polonia/Commissione (C‑336/09 P, EU:C:2012:386, punto 36), del 19 luglio 2016, H/Consiglio e Commissione (C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 41) e del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 72).

    ( 25 ) Sentenze del 18 dicembre 2014, Abdida (C‑562/13, EU:C:2014:2453, punto 45), del 6 ottobre 2015, Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 95), e del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 73).

    ( 26 ) V. Calliess, C., in: Calliess, C., e Ruffert, M. (ed.), EUV/AEUV, C.H.Beck, 4a edizione, Monaco di Baviera, 2011, articolo 296 TFUE, punto 4, che evidenza il fatto che l’articolo 296 TFUE estende l’obbligo di motivazione a tutti gli atti giuridici dell’Unione, contrariamente all’ex articolo 253 CE che prevedeva ancora un’elencazione tassativa dei detti atti giuridici. Secondo l’autore, l’articolo 296 TFUE rispecchia l’intenzione del processo di riforma, che mirava a poggiare l’Unione su un fondamento istituzionale più democratico e più vicino al cittadino, conformemente ai principi di trasparenza, efficacia e legittimità.

    ( 27 ) C‑150/03 P, EU:C:2004:146, paragrafo 41.

    ( 28 ) V. paragrafo 61 delle presenti conclusioni.

    ( 29 ) V. sentenza del 26 novembre 1981, Michel/Parlamento (195/80, EU:C:1981:284, punto 22).

    ( 30 ) Così come afferma l’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:32, paragrafo 32), «il fatto di fornire delle motivazioni, del resto, non è solo nell’esclusivo interesse del cittadino, ma consente anche una prima forma di autocontrollo dell’amministrazione e può facilitare i rapporti con il cittadino. Se la motivazione è convincente, si pone infatti fine a conflitti in atto evitando inutili contese giudiziarie». Più di recente, nelle sue conclusioni nella causa Slovacchia/Commissione e Romania/Commissione (C‑593/15 P, C‑594/15 P et C‑599/15 P, EU:C:2017:441, paragrafo 95), l’avvocato generale Kokott ha affermato che «l’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296, secondo comma, TFUE mira anche a garantire l’autocontrollo dell’amministrazione e quindi a indurre l’amministrazione emanante a verificare con cura i presupposti dell’emanazione di una misura».

    ( 31 ) C‑254/95 P, EU:C:1996:213.

    ( 32 ) Conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Parlamento/Innamorati (C‑254/95 P, EU:C:1996:213, paragrafo 39).

    ( 33 ) Conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Parlamento/Innamorati (C‑254/95 P, EU:C:1996:213, paragrafo 40).

    ( 34 ) V. sentenze del 6 luglio 1983, Geist/Commissione (117/81, EU:C:1983:191), dell’8 marzo 1988, Sergio/Commissione (64/86, 71/86, 72/86, 73/86 e 78/86, EU:C:1988:119, punto 53), e del 19 gennaio 2010, Co-Frutta/Commissione (T‑355/04 e T‑446/04, EU:T:2010:15, punto 100).

    ( 35 ) V. paragrafo 89 delle presenti conclusioni.

    ( 36 ) Calliess, C., in: Calliess, C., e Ruffert, M. (ed.), EUV/AEUV, C.H. Beck, 4a edizione, Monaco di Baviera, 2011, articolo 297 TFUE, punto 34, osserva alcune tendenze nella giurisprudenza della Corte e del Tribunale dirette ad ammettere che solo infrazioni gravi dell’obbligo di motivazione dovrebbero giustificare l’annullamento di una decisione amministrativa. Tale orientamento sembra fondato sull’argomento secondo cui non avrebbe alcun senso annullare una decisione amministrativa corretta nel merito ma che sia però inficiata da un vizio formale. L’autore è tuttavia del parere che considerazioni legate al rispetto dello Stato di diritto militino a favore dell’annullamento, in linea di massima, di ogni decisione che non rispetti tale obbligo di motivazione. Gellermann, M., in: Streinz, R., EUV/AEUV, C.H. Beck, 2a edizione, Monaco di Baviera, 2012, punto 16, è dello stesso parere, facendo valere che solo un sindacato giurisdizionale collegato alla minaccia di annullamento può obbligare le istituzioni dell’Unione a tenere in debito conto l’obbligo di motivazione. Nel migliore dei casi, un’eccezione può essere riconosciuta se l’atto è effettivamente senza alternative e dovrebbe essere immediatamente adottato dopo il suo annullamento.

    ( 37 ) D’altro canto, dalla sentenza del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda (C‑215/06, EU:C:2008:380, punto 57) sembra risultare che la Corte ammette la sanatoria degli atti irregolari alla luce del diritto dell’Unione solo in via eccezzionale.

    ( 38 ) Nelle sue conclusioni nella causa LS Customs Services (C‑46/16, EU:C:2017:247, paragrafo 83), l’avvocato generale Kokott precisa che «un siffatto controllo interno dell’amministrazione avviene solo in maniera limitata se un’adeguata motivazione è fornita unicamente su richiesta dell’interessato». Secondo l’avvocato generale, «ciò è vero a maggior ragione rispetto a una comunicazione successiva della motivazione nel corso di un procedimento giudiziale».

    ( 39 ) Per utilizzare una terminologia utilizzata nella giurisprudenza della Corte. V. sentenza del 14 febbraio 1990, Delacre e a./Commissione (C‑350/88, EU:C:1990:71, punto 15).

    ( 40 ) C‑558/07, EU:C:2009:142.

    ( 41 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:142, paragrafo 61).

    ( 42 ) Vale a dire, le tesi rispettive degli avvocati generali Fennelly e Kokott in ordine alla problematica relativa alla possibilità che una motivazione carente o insufficiente possa essere sanata successivamente nel corso del procedimento contenzioso, descritte nelle presenti conclusioni, nonché la mia, che dev’essere interpretata come un contributo da parte mia all’elaborazione della giurisprudenza della Corte.

    ( 43 ) E cioè, la situazione riguardante una decisione amministrativa inficiata da un vizio che non incide però sul merito della decisione. Secondo l’avvocato generale Fennelly, una siffatta decisione non potrebbe essere annullata se la motivazione fosse integrata nel corso del procedimento contenzioso.

    ( 44 ) V. paragrafo 95 delle presenti conclusioni.

    ( 45 ) Sentenza del 28 febbraio 2008, Neirinck/Commissione (C‑17/07 P, EU:C:2008:134, punto 57).

    ( 46 ) Sentenza dell’8 marzo 1988, Sergio/Commissione (64/86, 71/86, 72/86, 73/86 e 78/86, EU:C:1988:119, punto 50).

    ( 47 ) Sentenza del 27 marzo 1985, Kypreos/Consiglio (12/84, EU:C:1985:142, punto 8).

    ( 48 ) V. paragrafi 70 e 71 delle presenti conclusioni.

    ( 49 ) V. paragrafi da 62 a 68 e 81delle presenti conclusioni.

    ( 50 ) V. il punto 38 unitamente ai punti 51 e 53 della sentenza impugnata.

    ( 51 ) V., in questo senso, sentenze del 20 febbraio 1997, Commissione/Daffix (C‑166/95 P, EU:C:1997:73, punto 24); del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 174 e giurisprudenza citata), e del 27 settembre 2012, J/Parlamento (T‑160/10, EU:T:2012:503, punto 17).

    ( 52 ) V. paragrafi 66 e 68 delle presenti conclusioni.

    ( 53 ) V. paragrafo 64 delle presenti conclusioni.

    ( 54 ) V. paragrafo 63 delle presenti conclusioni.

    ( 55 ) V. sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 30) e ordinanza del 12 luglio 2016, Pérez Gutiérrez/Commissione (C‑604/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:545, punto 33).

    ( 56 ) V. sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C-580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 31) e ordinanza del 12 luglio 2016, Pérez Gutiérrez/Commissione (C-604/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:545, punto 34).

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