Pasirinkite eksperimentines funkcijas, kurias norite išbandyti

Šis dokumentas gautas iš interneto svetainės „EUR-Lex“

Dokumentas 62018CJ0606

    Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 16 luglio 2020.
    Nexans France SAS e Nexans SA contro Commissione europea.
    Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei cavi elettrici sotterranei e sottomarini – Ripartizione del mercato nell’ambito di progetti – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 20 – Poteri di accertamento della Commissione europea in materia di intese – Facoltà di copiare dati senza esame preliminare e di esaminarli successivamente nei locali della Commissione – Ammende – Competenza estesa al merito.
    Causa C-606/18 P.

    Europos teismų praktikos identifikatorius (ECLI): ECLI:EU:C:2020:571

     SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

    16 luglio 2020 ( *1 )

    «Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei cavi elettrici sotterranei e sottomarini – Ripartizione del mercato nell’ambito di progetti – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 20 – Poteri di accertamento della Commissione europea in materia di intese – Facoltà di copiare dati senza esame preliminare e di esaminarli successivamente nei locali della Commissione – Ammende – Competenza estesa al merito»

    Nella causa C‑606/18 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 24 settembre 2018,

    Nexans France SAS, con sede in Courbevoie (Francia),

    Nexans SA, con sede in Courbevoie,

    rappresentate da G. Forwood, avocate, e da M. Powell e A. Rogers, solicitors,

    ricorrenti,

    procedimento in cui l’altra parte è:

    Commissione europea, rappresentata da C. Giolito, P. Rossi, C. Sjödin e F. Castilla Contreras, in qualità di agenti,

    convenuta in primo grado,

    LA CORTE (Seconda Sezione),

    composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Seconda Sezione, P.G. Xuereb (relatore), T. von Danwitz e A. Kumin, giudici,

    avvocato generale: J. Kokott

    cancelliere: M. Longar, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 ottobre 2019,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 marzo 2020,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la loro impugnazione la Nexans France SAS e la Nexans SA chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 luglio 2018, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑449/14; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:456), con cui quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto, da un lato, all’annullamento della decisione C(2014) 2139 final della Commissione, del 2 aprile 2014, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso AT.39610 – Cavi elettrici) (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte in cui le riguarda, e, dall’altro, alla riduzione dell’importo delle ammende ad esse inflitte nella decisione controversa.

    Contesto normativo

    Regolamento (CE) n. 1/2003

    2

    L’articolo 20, intitolato «Poteri della Commissione in materia di accertamenti», del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), prevede quanto segue:

    «1.   Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese e associazioni di imprese.

    2.   Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione a procedere agli accertamenti dispongono dei seguenti poteri:

    a)

    accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto di imprese e associazioni di imprese;

    b)

    controllare i libri e qualsiasi altro documento connesso all’azienda, su qualsiasi forma di supporto;

    c)

    fare o ottenere sotto qualsiasi forma copie o estratti dei suddetti libri o documenti;

    d)

    apporre sigilli a tutti i locali e libri o documenti aziendali per la durata degli accertamenti e nella misura necessaria al loro espletamento;

    e)

    chiedere a qualsiasi rappresentante o membro del personale dell’impresa o dell’associazione di imprese spiegazioni su fatti o documenti relativi all’oggetto e allo scopo degli accertamenti e verbalizzarne le risposte.

    (...)

    4.   Le imprese e le associazioni di imprese sono obbligate a sottoporsi agli accertamenti ordinati dalla Commissione mediante decisione. La decisione precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, ne fissa la data di inizio ed indica le sanzioni previste dagli articoli 23 e 24, nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione. La Commissione adotta tali decisioni dopo aver sentito l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio devono essere effettuati gli accertamenti.

    (...)».

    3

    L’articolo 21 di tale regolamento, intitolato «Accertamenti in altri locali», così recita:

    «1.   Se vi sono motivi ragionevoli di sospettare che libri o altri documenti connessi all’azienda e all’oggetto degli accertamenti, che possono essere pertinenti per provare un’infrazione grave all’articolo [101] o all’articolo [102 TFUE], sono conservati in altri locali, terreni e mezzi di trasporto, compreso il domicilio di amministratori, direttori e altri membri del personale delle imprese o associazioni di imprese interessate, la Commissione può, mediante decisione, ordinare che siano effettuati accertamenti in siffatti locali, terreni e mezzi di trasporto.

    (...)

    4.   Gli agenti e le altre persone che li accompagnano autorizzati dalla Commissione ad effettuare accertamenti ordinati in conformità del paragrafo 1 dispongono dei poteri previsti all’articolo 20, paragrafo 2, lettere a), b) e c). (...)».

    4

    Ai sensi dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, di detto regolamento:

    «2.   La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

    a)

    commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101] o dell’articolo [102 TFUE] (...)

    (...)

    3.   Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

    5

    L’articolo 31 del medesimo regolamento così dispone:

    «La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

    Gli orientamenti del 2006

    6

    Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») precisano, ai punti 2 e 4, che, per quanto riguarda la determinazione delle ammende, «la Commissione deve prendere in considerazione la durata e la gravità dell’infrazione» e che «[l]e ammende devono avere un effetto sufficientemente dissuasivo».

    7

    Dai punti da 9 a 11 di tali orientamenti risulta che, fatto salvo il loro punto 37, il metodo utilizzato dalla Commissione per la fissazione delle ammende si compone di due fasi, vale a dire, in primo luogo, la determinazione di un importo di base e, in secondo luogo, i potenziali adeguamenti di tale importo, aumentandolo o riducendolo. Nell’ambito della determinazione dell’importo di base dell’ammenda, la Commissione determina anzitutto, conformemente ai punti da 13 a 18 di detti orientamenti, il valore delle vendite da prendere in considerazione. Ai termini del punto 19 dei medesimi orientamenti, l’importo di base dell’ammenda è legato ad una proporzione del valore di tali vendite, fissata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione.

    8

    Ai sensi del punto 21 degli orientamenti del 2006:

    «In linea di massima, la proporzione considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite».

    9

    Il punto 22 di tali orientamenti prevede quanto segue:

    «Per decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite».

    Fatti e decisione controversa

    10

    I fatti della controversia, esposti ai punti da 1 a 20 e da 42 a 47 della sentenza impugnata, possono essere riassunti, ai fini del presente procedimento, come segue.

    11

    Le ricorrenti, Nexans France e la sua società madre, Nexans SA, sono società francesi operanti nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini.

    12

    Con lettera del 17 ottobre 2008 la ABB AB, una società con sede in Svezia, forniva alla Commissione, nell’ambito di una domanda di immunità ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17), una serie di dichiarazioni e di documenti relativi a pratiche commerciali restrittive in tale settore.

    13

    La Commissione effettuava indi un’indagine.

    14

    Mercoledì 28 gennaio 2009, gli ispettori della Commissione, accompagnati da rappresentanti dell’autorità francese garante della concorrenza, si recavano nei locali della Nexans France a Clichy (Francia) al fine di procedere ad accertamenti ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 (in prosieguo: gli «accertamenti di cui trattasi»), sulla base di una decisione del 9 gennaio 2009 che ordinava alla Nexans e a tutte le sue controllate di sottoporsi a siffatti accertamenti (in prosieguo: la «decisione di accertamenti»). Ai sensi dell’articolo 1, secondo comma, di tale decisione, «[g]li accertamenti [di cui trattasi potevano] essere svolti in qualsiasi locale controllato dall’impresa, in particolare, negli uffici situati al seguente indirizzo: 4-10 rue Mozart, 92110 Clichy, Francia».

    15

    Dopo aver notificato la decisione di accertamenti alle ricorrenti, gli ispettori della Commissione (in prosieguo: gli «ispettori») manifestavano l’intenzione di esaminare i documenti nonché i computer di alcuni dipendenti della Nexans France, ossia i sigg. B., J. e R. Essendo stati informati del fatto che il sig. J. aveva portato con sé in viaggio il proprio computer e che sarebbe tornato solo venerdì 30 gennaio 2009, gli ispettori estraevano copie-immagine dei dischi rigidi dei computer dei sigg. B. e R. nonché del sig. D., un altro dipendente della Nexans France. Per poter effettuare una ricerca con parole chiave nei dati contenuti in tali computer, essi facevano ricorso a un software di indagine informatica, che elaborava tali dati nella notte tra il 28 e il 29 gennaio 2009.

    16

    Il secondo giorno degli accertamenti di cui trattasi, vale a dire giovedì 29 gennaio 2009, gli ispettori esaminavano le copie-immagine dei dischi rigidi dei computer dei sigg. B., D. e R.

    17

    Il terzo giorno di tali accertamenti, ossia venerdì 30 gennaio 2009, gli ispettori potevano esaminare il computer portatile del sig. J., che era tornato in ufficio. L’installazione del software di indagine informatica consentiva loro di recuperare vari file, documenti e messaggi di posta elettronica che erano stati cancellati dal disco rigido di tale computer e di constatare che si trattava di documenti pertinenti per l’indagine. Gli ispettori decidevano di estrarre una copia-immagine di tale disco rigido. Tuttavia, constatando che non avevano più tempo sufficiente per realizzare una siffatta copia, decidevano di estrarre una copia dei dati selezionati e di salvarli su dispositivi informatici per la registrazione di dati (in prosieguo: i «DRD»), che venivano messi in buste sigillate e portati negli uffici della Commissione a Bruxelles (Belgio). Si trattava di due gruppi di messaggi di posta elettronica ritrovati nel computer portatile del sig. J. e di un gruppo di messaggi di posta elettronica ritrovati nel computer del sig. R. Il computer del sig. J., nonché un DRD trovato nel suo ufficio e contenente documenti protetti da una password, venivano riposti in un armadio, sotto sigillo degli ispettori.

    18

    Gli ispettori ritornavano nei locali della Nexans France martedì 3 febbraio 2009. Aprivano l’armadio sotto sigilli contenente il DRD trovato nell’ufficio del sig. J. nonché il computer di quest’ultimo. Esaminavano in loco il DRD, stampavano e conservavano due documenti che ne estraevano e lo restituivano ai rappresentanti delle ricorrenti. Effettuavano poi tre copie-immagine del disco rigido del computer del sig. J., ciascuna delle quali veniva registrata su un diverso DRD. Gli ispettori rimettevano uno dei tre DRD ai rappresentanti delle ricorrenti e riponevano gli altri due in buste sigillate, che venivano portate a Bruxelles, nonostante che le ricorrenti contestassero la legittimità di tale procedura. Gli ispettori facevano presente che le buste sigillate sarebbero state aperte unicamente nei locali della Commissione alla presenza dei rappresentanti delle ricorrenti.

    19

    Le buste sigillate contenenti i DRD, prelevate dagli ispettori, venivano aperte negli uffici della Commissione a Bruxelles il 2 marzo 2009, alla presenza degli avvocati delle ricorrenti. I documenti registrati su tali DRD venivano esaminati e gli ispettori stampavano su carta quelli ritenuti pertinenti per l’indagine. Una seconda copia cartacea di tali documenti nonché un elenco degli stessi venivano consegnati agli avvocati delle ricorrenti. L’esame di tutti i dati registrati sui DRD in questione durava 8 giorni lavorativi, concludendosi l’11 marzo 2009. L’ufficio nel quale i documenti e i DRD venivano esaminati veniva posto sotto sigilli alla fine di ogni giornata lavorativa, alla presenza degli avvocati delle ricorrenti, per essere riaperto il giorno dopo, sempre alla loro presenza. Alla fine di tali operazioni, i dischi rigidi dei computer sui quali gli ispettori della Commissione avevano lavorato venivano cancellati.

    20

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 aprile 2009 e iscritto a ruolo con il numero T‑135/09, le ricorrenti hanno proposto ricorso diretto in particolare ad ottenere che il Tribunale annullasse la decisione di accertamenti e dichiarasse illegittima la decisione della Commissione di sequestrare copie di alcuni file informatici e del disco rigido del computer del sig. J. per controllarli successivamente nei propri uffici a Bruxelles.

    21

    Con sentenza del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), il Tribunale annullava parzialmente la decisione di accertamenti, là dove essa riguardava cavi elettrici diversi dai cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta tensione e il materiale connesso a tali cavi, mentre respingeva il ricorso quanto al resto. Con sentenza del 25 giugno 2014, Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030), la Corte respingeva l’impugnazione proposta dalle ricorrenti avverso tale sentenza del Tribunale.

    22

    All’articolo 1 della decisione controversa, la Commissione constatava che le ricorrenti e altre 24 società avevano partecipato a un’intesa (in prosieguo: l’«intesa»), costitutiva di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), nel settore dei cavi elettrici ad alta (altissima) tensione sotterranei e/o sottomarini (in prosieguo: l’«infrazione di cui trattasi»).

    23

    In detta decisione, la Commissione considerava che l’intesa rivestisse due configurazioni principali che costituivano un insieme articolato, ossia

    una configurazione che raggruppava le imprese europee, generalmente denominate «membri R», le imprese giapponesi, designate come «membri A», e le imprese sudcoreane, designate come «membri K», e che consentiva di realizzare l’obiettivo di assegnazione di territori e clienti tra i produttori europei, giapponesi e sudcoreani (in prosieguo: la «configurazione A/R»). La spartizione procedeva da un accordo sul «territorio domestico», in virtù del quale i produttori giapponesi e sudcoreani si astenevano dall’entrare in concorrenza per progetti da realizzare nel «territorio domestico» dei produttori europei, mentre questi ultimi si impegnavano a restare al di fuori dei mercati del Giappone e della Corea del Sud. Venivano inoltre assegnati progetti nei «territori di esportazione», vale a dire il resto del mondo, ad eccezione, in particolare, degli Stati Uniti;

    una configurazione che implicava l’assegnazione di territori e clienti da parte dei produttori europei per progetti da realizzare all’interno del territorio «domestico» europeo o attribuiti a produttori europei (in prosieguo: la «configurazione europea»).

    24

    Secondo la decisione controversa, la Nexans France aveva partecipato all’intesa dal 13 novembre 2000 al 28 gennaio 2009. La Nexans veniva riconosciuta responsabile dell’infrazione di cui trattasi in qualità di società madre della Nexans France per il periodo compreso tra il 12 giugno 2001 e il 28 gennaio 2009.

    25

    Ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione applicava l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 e la metodologia illustrata negli orientamenti del 2006.

    26

    In primo luogo, per quanto riguarda l’importo di base di dette ammende, la Commissione determinava il valore delle vendite da prendere in considerazione e fissava poi la proporzione di tale valore delle vendite che rifletteva la gravità dell’infrazione di cui trattasi. A tal riguardo, secondo la Commissione, si sarebbe trattato, per sua natura, di una delle più gravi restrizioni della concorrenza, ciò che giustificava un «coefficiente di gravità» del 15%. Peraltro, essa applicava una maggiorazione del 2% del coefficiente di gravità per l’insieme dei destinatari della decisione controversa in ragione della quota di mercato aggregata nonché della portata geografica quasi mondiale dell’intesa, che copriva segnatamente l’intero territorio dello Spazio economico europeo (SEE).

    27

    La Commissione riteneva inoltre che il comportamento delle imprese europee fosse maggiormente lesivo della concorrenza di quello delle altre imprese, in quanto, oltre alla loro partecipazione alla configurazione A/R, le imprese europee si erano spartite i progetti vertenti su cavi nell’ambito della configurazione europea. Per tale ragione, essa fissava la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione a titolo della gravità dell’infrazione al 19% per le imprese europee e al 17% per le altre imprese. L’importo di base così determinato ammontava, per quanto riguarda la Nexans France, a EUR 70670000.

    28

    In secondo luogo, per quanto attiene agli adeguamenti dell’importo di base delle ammende, la Commissione non constatava né circostanze aggravanti né circostanze attenuanti riguardo alle ricorrenti.

    29

    Ai sensi dell’articolo 2, lettere c) e d), della decisione controversa, la Commissione infliggeva, da un lato, un’ammenda dell’importo di EUR 4903000 alla Nexans France, per il periodo dal 13 novembre 2000 all’11 giugno 2001, e, dall’altro, un’ammenda di un importo pari a EUR 65767000 alla Nexans France congiuntamente e in solido con la Nexans, per il periodo dal 12 giugno 2001 al 28 gennaio 2009.

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    30

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2014 le ricorrenti hanno proposto ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui le riguardava e alla riduzione dell’importo delle ammende che erano state loro inflitte.

    31

    A sostegno delle loro conclusioni dirette all’annullamento della decisione controversa, le ricorrenti hanno dedotto dinanzi al Tribunale due motivi, vertenti, il primo, su una violazione dell’articolo 20, paragrafi da 2 a 4, del regolamento n. 1/2003, della decisione di accertamenti, dei diritti della difesa nonché dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, il secondo, su un errore di valutazione quanto alla determinazione della data di inizio della partecipazione della Nexans France all’intesa. A sostegno delle loro conclusioni dirette alla riduzione dell’importo delle ammende che sono state loro inflitte, le ricorrenti hanno invocato, oltre all’errore della Commissione relativo alla durata dell’infrazione di cui trattasi, contestato nell’ambito del secondo motivo di ricorso, un motivo specifico, vertente su un errore manifesto di valutazione e su una violazione dell’obbligo di motivazione nonché del principio della parità di trattamento nella fissazione del coefficiente di gravità per il calcolo dell’importo delle ammende.

    32

    Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso.

    33

    In primo luogo, per quanto attiene all’asserita assenza di base giuridica delle misure di accertamento adottate dalla Commissione, il Tribunale ha considerato che, contrariamente a quanto avevano sostenuto le ricorrenti, dall’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1/2003 non risultava che la facoltà della Commissione di fare o ottenere copie o estratti dei libri e dei documenti aziendali di un’impresa sottoposta ad accertamenti si limitasse ai libri e ai documenti aziendali che essa aveva già controllato. Una siffatta interpretazione potrebbe peraltro pregiudicare l’effetto utile dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del suddetto regolamento, in quanto, in talune circostanze, il controllo dei libri e dei documenti aziendali dell’impresa può richiedere la previa realizzazione di copie di detti libri o documenti aziendali o essere semplificato, come nel caso di specie, da tale realizzazione. Secondo il Tribunale, dal momento che la realizzazione della copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. e di copie di gruppi di messaggi di posta elettronica ritrovati in detto computer e in quello del sig. R. si inserivano nell’ambito dell’installazione di un software di indagine informatica, da parte degli ispettori, onde ricercare le informazioni pertinenti per l’indagine, la realizzazione di tali copie rientrava nei poteri conferiti alla Commissione dall’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1/2003.

    34

    Il Tribunale ha constatato che, contrariamente a quanto avevano sostenuto le ricorrenti, gli ispettori non avevano inserito direttamente nel fascicolo istruttorio i documenti contenuti nelle copie dei gruppi di messaggi di posta elettronica ritrovati nel computer del sig. R. e in quello del sig. J., nonché nella copia-immagine del disco rigido di quest’ultimo computer, senza avere previamente verificato la loro pertinenza alla luce dell’oggetto degli accertamenti in questione.

    35

    Inoltre, il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 non stabilisce che il controllo dei libri e dei documenti aziendali delle imprese oggetto degli accertamenti si effettua esclusivamente nei locali di queste ultime qualora, come nel caso di specie, non sia stato possibile portare a termine detti accertamenti nel periodo di tempo inizialmente previsto. Esso obbligherebbe unicamente la Commissione, in sede di controllo dei documenti nei propri locali, a rispettare, nei confronti di tali imprese, le stesse garanzie che la medesima è tenuta a osservare nel caso di un controllo in loco, osservanza che sarebbe stata prestata nel caso di specie.

    36

    In secondo luogo, la Commissione non avrebbe neppure violato la portata della decisione di accertamenti, dato che quest’ultima non escludeva la possibilità per la Commissione di proseguire gli accertamenti di cui trattasi nei suoi locali, a Bruxelles, e che le ricorrenti non avevano fatto valere che la durata di tali accertamenti avrebbe superato un termine ragionevole.

    37

    In terzo luogo, il Tribunale ha considerato che la Commissione non aveva violato né i diritti della difesa delle ricorrenti né l’articolo 20, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 1/2003 e l’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali.

    38

    In quarto luogo, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione non fosse incorsa in errore nel considerare la data del 13 novembre 2000 come data d’inizio della partecipazione della Nexans France all’infrazione di cui trattasi.

    39

    In quinto luogo, per quanto attiene alle domande delle ricorrenti dirette a ottenere una riduzione dell’importo delle ammende che erano state loro inflitte, il Tribunale ha dichiarato che gli argomenti delle ricorrenti non erano tali da giustificare una riduzione di tale importo. Per quanto attiene, più in particolare, all’argomento delle ricorrenti secondo cui la distinzione operata dalla Commissione tra, da un lato, le imprese europee e, dall’altro, le imprese giapponesi riguardo alla proporzione del valore delle vendite considerata per stimare la gravità dell’infrazione sarebbe contraria al principio della parità di trattamento, il Tribunale ha considerato che la Commissione poteva legittimamente ritenere che la ripartizione dei progetti all’interno della configurazione europea dell’intesa, da parte delle imprese europee, costituisse un ulteriore elemento che meritava di essere sanzionato con una percentuale aggiuntiva a titolo della gravità dell’infrazione.

    Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

    40

    Le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata;

    rinviare la causa al Tribunale affinché si pronunci sul ricorso di annullamento della decisione controversa nella parte in cui le riguarda;

    ridurre le ammende che sono state loro inflitte per un importo corrispondente a un coefficiente di gravità ridotto, e

    condannare la Commissione alle spese del procedimento di impugnazione e del procedimento dinanzi al Tribunale.

    41

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione in toto in quanto parzialmente irricevibile e, in ogni caso, inconferente e/o del tutto priva di fondamento; e

    condannare le ricorrenti alle spese, incluse quelle di primo grado.

    Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

    42

    La fase orale del procedimento è stata chiusa il 12 marzo 2020 in seguito alla presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale.

    43

    Con lettera depositata presso la cancelleria della Corte il 29 maggio 2020 le ricorrenti hanno chiesto la riapertura della fase orale del procedimento. A sostegno di tale domanda, esse deducono che il Tribunale, con ordinanza adottata il 4 maggio 2020, ha proceduto alla rettifica del punto 156 della sentenza impugnata nella sua versione in lingua inglese.

    44

    Secondo le ricorrenti, tale rettifica costituisce un fatto nuovo tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte in ordine al loro quarto motivo.

    45

    Occorre ricordare che la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del regolamento di procedura, in particolare quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte.

    46

    Nel caso di specie, tuttavia, si deve constatare che la rettifica del punto 156 della sentenza impugnata non è determinante per la valutazione, da parte della Corte, del quarto motivo delle ricorrenti.

    47

    Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di non dover disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

    Sull’impugnazione

    48

    A sostegno della loro impugnazione le ricorrenti deducono cinque motivi. I primi tre motivi riguardano il rigetto, da parte del Tribunale, dei loro argomenti relativi allo svolgimento degli accertamenti di cui trattasi e gli ultimi due vertono sulla decisione del Tribunale riguardo al calcolo della sanzione pecuniaria che è stata loro inflitta nella decisione controversa. Più precisamente, il quarto motivo verte su un errore di diritto sulle conseguenze da trarre dall’asserita assenza di effetti dell’infrazione di cui trattasi, mentre il quinto motivo verte su un errore manifesto di valutazione e su un difetto di motivazione quanto all’aumento del 2% del coefficiente di gravità applicato in relazione alla configurazione europea dell’intesa.

    Sul primo motivo

    Argomenti delle parti

    49

    Con il loro primo motivo le ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto quanto all’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1/2003, nella parte in cui conferma che la Commissione era legittimata a realizzare la copia-immagine di un disco rigido e copie di gruppi di messaggi di posta elettronica senza aver previamente effettuato un esame accurato di tali documenti. Tale motivo concerne i punti da 53 a 56 e 97 della sentenza impugnata.

    50

    In primo luogo, solo i libri e i documenti che sono stati previamente controllati da un ispettore conformemente all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), di tale regolamento potrebbero essere copiati. Nulla impedirebbe alla Commissione di limitarsi a copiare i documenti e i fascicoli che le sembrano pertinenti per l’indagine piuttosto che realizzare una copia integrale di un disco rigido.

    51

    In secondo luogo, l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 prevedrebbe una certa cronologia delle diverse fasi descritte in tale disposizione. Gli ispettori della Commissione prima accederebbero ai locali dell’impresa interessata, poi controllerebbero i libri e gli altri documenti che sembrano loro pertinenti per l’indagine e per ultimo estrarrebbero, se del caso, copie di tali documenti. Il controllo effettuato nell’ambito di tale processo sarebbe essenziale, in quanto consentirebbe in questa fase agli ispettori della Commissione di verificare se i documenti possano presentare un interesse per l’indagine. Copiando i dati in blocco senza che uno dei suoi ispettori li esamini previamente, la Commissione potrebbe peraltro copiare documenti coperti dal principio della tutela della riservatezza delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente.

    52

    In terzo luogo, dalla giurisprudenza della Corte emergerebbe che i poteri di accertamento della Commissione devono essere interpretati restrittivamente, dato che arrecano pregiudizio al diritto di proprietà dell’impresa oggetto degli accertamenti.

    53

    La Commissione afferma che il primo motivo è irricevibile, poiché sarebbe diretto, fatta eccezione per un argomento, a indurre la Corte a riesaminare gli argomenti che le ricorrenti hanno svolto dinanzi al Tribunale. L’argomento supplementare delle ricorrenti secondo cui l’approccio seguito dalla Commissione, nel caso di specie, potrebbe produrre come risultato che quest’ultima estragga copia di documenti coperti dal principio della tutela della riservatezza delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente sarebbe irricevibile in quanto non sollevato in primo grado. In subordine, la Commissione asserisce che tale motivo è inconferente, in quanto si baserebbe su una lettura parziale della sentenza impugnata, che non tiene conto delle conclusioni principali del Tribunale ai punti 52, 58 e 59 di tale sentenza, o infondato.

    Giudizio della Corte

    54

    Per quanto attiene alla ricevibilità del primo motivo, occorre rilevare che, con tale motivo, le ricorrenti contestano l’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento n. 1/2003 fornita dal Tribunale. Orbene, risulta dalla giurisprudenza della Corte che, qualora una parte contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere nuovamente discussi nel corso del procedimento di impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse in tal modo basare la propria impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, questo procedimento sarebbe privato di una parte del suo significato (sentenza del 16 gennaio 2019, Commissione/United Parcel Service, C‑265/17 P, EU:C:2019:23, punto 15 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che il primo motivo è ricevibile.

    55

    Per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti riguardante il principio della tutela della riservatezza delle comunicazioni tra un avvocato e il suo cliente, si deve rammentare che dalla giurisprudenza della Corte emerge che un argomento è ricevibile qualora costituisca l’ampliamento di un argomento formulato precedentemente nell’atto introduttivo del ricorso e presenti uno stretto collegamento con quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Roca Sanitario/Commissione, C‑636/13 P, EU:C:2017:56, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, ciò avviene nel caso di specie, dato che si tratta di una considerazione addotta dalle ricorrenti a sostegno del loro argomento secondo cui la Commissione può estrarre copie soltanto dei libri e dei documenti che essa ha già controllato.

    56

    Quanto al merito, occorre innanzitutto rilevare che, indubbiamente, le ricorrenti non contestano le constatazioni del Tribunale contenute ai punti 52, 58 e 59 della sentenza impugnata. Secondo tali constatazioni, da un lato, la realizzazione di una copia-immagine di un disco rigido di un computer e di una copia di dati salvati su un supporto di dati digitali, nell’ambito dell’uso del software di indagine informatica della Commissione, costituisce, in sostanza, una fase intermedia destinata a consentire agli ispettori di ricercare documenti pertinenti per gli accertamenti. Dall’altro lato, da tali constatazioni risulta che, nel caso di specie, la Commissione non ha inserito direttamente nel fascicolo istruttorio i documenti contenuti nelle copie dei gruppi di messaggi di posta elettronica ritrovati nel computer del sig. R. e in quello del sig. J., nonché nella copia-immagine del disco rigido di quest’ultimo computer, senza aver previamente verificato la loro pertinenza alla luce dell’oggetto degli accertamenti in questione. Tuttavia, il fatto che le ricorrenti non abbiano contestato tali constatazioni del Tribunale non implica, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, che il primo motivo sia inconferente. Infatti, dette constatazioni non sono sufficienti, di per sé, a dimostrare che la Commissione avesse la facoltà di effettuare siffatte copie.

    57

    È quindi necessario esaminare se il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nel ritenere che una siffatta facoltà risultasse dall’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) o c), del regolamento n. 1/2003.

    58

    A tal riguardo occorre rilevare che tanto dalla formulazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1/2003 quanto dal suo contesto emerge che, autorizzando la Commissione, con tale disposizione, a «fare o ottenere sotto qualsiasi forma copie o estratti» dei libri nonché degli altri documenti connessi all’azienda menzionati all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), di tale regolamento, il legislatore dell’Unione ha preso in considerazione gli elementi di prova che la Commissione è legittimata a procurarsi al fine di inserirli nel fascicolo e di servirsene, se del caso, nell’ambito di un procedimento diretto a sanzionare infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione. Deve quindi trattarsi di documenti coperti dall’oggetto degli accertamenti, il che presuppone che la Commissione abbia previamente verificato la loro pertinenza.

    59

    Ne consegue che il Tribunale non poteva fondarsi sull’articolo 20, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1/2003 per dichiarare che la Commissione era legittimata a effettuare copie di gruppi di messaggi di posta elettronica ritrovati nel computer del sig. R. e del sig. J., nonché la copia-immagine del disco rigido di quest’ultimo computer.

    60

    Tuttavia, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003, anch’esso richiamato dal Tribunale, e che autorizza la Commissione a controllare i libri e qualsiasi altro documento aziendale, a prescindere dal loro supporto, dell’impresa o dell’associazione di imprese interessata dagli accertamenti, fornisce una base giuridica per la realizzazione di siffatte copie.

    61

    Infatti, occorre, in primo luogo, rilevare che, limitandosi a tal riguardo ad autorizzare la Commissione a procedere a un siffatto controllo, senza specificare più dettagliatamente le facoltà così concesse alla Commissione, il legislatore dell’Unione ha conferito un certo margine di discrezionalità a tale istituzione per quanto riguarda le modalità concrete del controllo al quale essa può procedere.

    62

    La Commissione può quindi, a seconda delle circostanze, decidere di effettuare il controllo dei dati contenuti nel supporto di dati digitali dell’impresa sottoposta ad accertamenti sulla base non già dell’originale, bensì di una copia di tali dati. Infatti, sia nell’ipotesi in cui essa esamini i dati originali sia in quella in cui ne analizzi la copia, la Commissione controlla gli stessi e identici dati. In tali circostanze, è irrilevante l’argomento delle ricorrenti secondo cui la possibilità di realizzare siffatte copie non è esplicitamente menzionata all’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003.

    63

    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il diritto della Commissione di realizzare copie di gruppi di messaggi di posta elettronica e la copia-immagine di un disco rigido di un computer, quale fase intermedia nell’ambito dell’esame dei dati contenuti in tali gruppi e su tale supporto, non costituisce una prerogativa supplementare concessa alla Commissione, ma, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 56 della sentenza impugnata, fa parte del potere di controllo che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 mette a disposizione di tale istituzione.

    64

    In secondo luogo, se è pur vero che – in base a costante giurisprudenza – i poteri di accertamento di cui dispone la Commissione in materia di concorrenza sono ben delimitati (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2015, Deutsche Bahn e a./Commissione, C‑583/13 P, EU:C:2015:404, punto 31 nonché giurisprudenza ivi citata), ciò non significa tuttavia, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 61 e 62 delle sue conclusioni, che le disposizioni che conferiscono i poteri di accertamento a detta istituzione debbano essere interpretate restrittivamente, anche se si deve, in tale prospettiva, garantire che detti poteri non violino i diritti delle imprese interessate. Orbene, tali diritti sono garantiti quando, come nel caso di specie, la Commissione copia sì dati senza un esame preliminare, ma verifica poi, nel rigoroso rispetto dei diritti della difesa dell’impresa interessata, che tali dati siano pertinenti per l’oggetto degli accertamenti, prima di inserire nel fascicolo i documenti ritenuti pertinenti al riguardo e di cancellare gli altri dati copiati.

    65

    Di conseguenza, il diritto della Commissione di procedere alla realizzazione di tali copie non pregiudica né le garanzie procedurali previste dal regolamento n. 1/2003 né gli altri diritti dell’impresa che è oggetto degli accertamenti, a condizione che la Commissione, dopo aver completato il suo esame, inserisca nel fascicolo soltanto documenti che sono pertinenti tenuto conto dell’oggetto degli accertamenti. Come constatato dal Tribunale, è proprio quanto si è verificato nel caso di specie.

    66

    In terzo luogo, come emerge dalle constatazioni di fatto del Tribunale al punto 52 della sentenza impugnata, la Commissione utilizza un software di indagine informatica che necessita di una fase preliminare, denominata «indicizzazione», la quale richiede generalmente un lasso di tempo considerevole. Lo stesso vale per quanto riguarda la fase successiva di tale processo di trattamento dell’informazione, nel corso della quale la Commissione procede all’esame di tali dati, come dimostrano del resto i fatti di specie. È quindi nell’interesse non solo della Commissione, ma anche dell’impresa di cui trattasi, che tale istituzione si fondi, per effettuare il proprio controllo, su una copia di tali dati, in modo che l’impresa possa continuare a utilizzare i dati originali, nonché i supporti che li contengono, non appena tale copia sia stata realizzata e che, di conseguenza, l’ingerenza nel funzionamento di tale impresa causata dagli accertamenti della Commissione si riduca.

    67

    In tali circostanze, gli argomenti delle ricorrenti fondati sulla formulazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1/2003 e sull’economia generale dell’articolo 20, paragrafo 2, di tale regolamento devono essere respinti.

    68

    Il primo motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

    Sul secondo e sul terzo motivo

    Argomenti delle parti

    69

    Con il loro secondo motivo, che riguarda i punti da 60 a 64 della sentenza impugnata, le ricorrenti sostengono che essa è viziata da un errore di diritto, quanto all’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, nella parte in cui conferma che la Commissione era legittimata a proseguire l’accertamento di cui trattasi nei suoi locali a Bruxelles. Secondo le ricorrenti, da un’interpretazione letterale e contestuale di tale disposizione risulta che essa non autorizza la Commissione ad effettuare accertamenti nei propri locali e che questi ultimi devono svolgersi nei locali dell’impresa o dell’associazione di imprese interessata.

    70

    In primo luogo, dall’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 emergerebbe chiaramente che si tratterebbe di accertamenti presso «imprese e associazioni di imprese». L’articolo 20, paragrafo 2, di tale regolamento preciserebbe le facoltà di cui gli ispettori sarebbero investiti per procedere a tali accertamenti, ivi compreso il diritto di accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto «di imprese e associazioni di imprese», conformemente all’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), del medesimo regolamento. Le altre facoltà, vale a dire controllare i libri e altri documenti, fare una copia dei documenti, apporre sigilli ai locali, ai libri o ai documenti, interrogare i dipendenti dell’impresa, costituirebbero parte integrante di tali accertamenti e dovrebbero quindi essere esercitate nei locali dell’impresa che ne è oggetto.

    71

    In secondo luogo, se l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 dovesse essere interpretato nel senso che il luogo del «controllo» effettuato ai sensi di tale disposizione non è così circoscritto, la Commissione avrebbe anche la facoltà, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera e), di tale regolamento, di interrogare i rappresentanti dell’impresa interessata in un luogo diverso dai locali di quest’ultima o, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, lettere b) o c), di detto regolamento, di controllare e copiare documenti detenuti da terzi, quali i fornitori di servizi di archiviazione di dati a distanza, senza nemmeno accedere ai locali dell’impresa. Sarebbe tuttavia evidente che, con l’adozione del regolamento n. 1/2003, il legislatore dell’Unione non ha inteso dotare la Commissione di poteri di accertamento così importanti. Una siffatta interpretazione restrittiva sarebbe confermata dall’articolo 21 di tale regolamento, secondo il quale è richiesta una specifica decisione per l’ispezione di altri locali. Se l’articolo 20 del regolamento n. 1/2003 consentisse il controllo dei libri e di altri documenti al di fuori dei locali dell’impresa, l’articolo 21, paragrafo 4, di tale regolamento non avrebbe alcuna utilità.

    72

    In terzo luogo, non sarebbe possibile ritenere che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 autorizzi la Commissione, implicitamente, a controllare i documenti al di fuori dei locali dell’impresa interessata, dato che una siffatta facoltà non è indispensabile per consentire alla Commissione di esercitare in modo efficace le sue funzioni ai sensi del regolamento n. 1/2003 e che, se anche mancasse, l’accertamento nei locali non sarebbe per questo impossibile e neppure sensibilmente più difficile. Infatti, nel caso di specie, gli ispettori avrebbero potuto prolungare di qualche giorno la durata dell’accertamento di cui trattasi, in modo da esaminare tutti i documenti in loco e da sequestrare solo quelli che erano pertinenti. Tutt’al più, il Tribunale si sarebbe fondato su ragioni di comodità e di opportunità amministrativa a tal riguardo.

    73

    In quarto luogo, le apparenti garanzie prese in considerazione dal Tribunale quanto allo svolgimento del procedimento a Bruxelles non avrebbero alcun nesso con la questione se la Commissione avesse la facoltà di proseguire l’accertamento di cui trattasi nei suoi locali.

    74

    Con il terzo motivo, che riguarda i punti 67 e 72 della sentenza impugnata, le ricorrenti contestano al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto quanto al quadro geografico della decisione di accertamenti. Secondo un’interpretazione letterale e contestuale, il riferimento, in tale decisione, ai luoghi controllati dalle ricorrenti imporrebbe, chiaramente, un limite agli accertamenti autorizzati ai sensi di detta decisione. Ne discenderebbe che, nel caso di specie, la decisione della Commissione di procedere ad accertamenti in luoghi diversi da quelli dell’impresa in questione avrebbe dovuto essere adottata in conformità dell’articolo 21 del regolamento n. 1/2003 e subordinata a un’autorizzazione giudiziaria.

    75

    La Commissione contesta tale argomento.

    Giudizio della Corte

    76

    Con il secondo e terzo motivo, che occorre esaminare congiuntamente, le ricorrenti allegano, in sostanza, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare che fosse lecito che la Commissione proseguisse gli accertamenti di cui trattasi nei suoi locali a Bruxelles.

    77

    A tal riguardo occorre rilevare che, certamente, sia dalla formulazione sia dall’economia dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003 emerge che un accertamento deve avere inizio e dovrebbe, in linea di principio, proseguire, come enuncia l’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamento, «presso le imprese e associazioni di imprese», e che è per questo motivo che, da un lato, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento autorizza la Commissione ad «accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto» di queste ultime, e, dall’altro, l’articolo 20, paragrafo 3, del medesimo regolamento obbliga la Commissione ad avvisare in tempo utile, prima degli accertamenti, l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro «nel cui territorio essi devono essere compiuti». È anche per questa ragione che, nel caso di specie, la decisione di accertamenti obbligava le ricorrenti a sottoporsi ad accertamenti «in tutti i luoghi controllati» dalle stesse.

    78

    Tuttavia, come correttamente rilevato dal Tribunale, al punto 60 della sentenza impugnata, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 non stabilisce, come sostengono le ricorrenti, che il controllo dei libri e dei documenti aziendali delle imprese sottoposte ad accertamenti sia effettuato esclusivamente nei loro locali, in qualsiasi circostanza.

    79

    Lo stesso vale per quanto riguarda la decisione di accertamenti, che si è limitata a stabilire che gli accertamenti di cui trattasi potessero avvenire in qualsiasi luogo controllato dalle ricorrenti.

    80

    Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 76 delle sue conclusioni, la prosecuzione di un siffatto controllo nei locali della Commissione non costituisce, in quanto tale, e rispetto a un controllo effettuato nei locali propri delle imprese sottoposte ad accertamenti, una violazione ulteriore dei diritti di queste ultime, che richiederebbe che una siffatta possibilità, per la Commissione, sia espressamente prevista, senza che possa essere implicitamente desunta dai poteri conferiti a tale istituzione dall’articolo 20, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1/2003. Il fatto che, in determinati casi, la possibilità di proseguire il controllo nei locali della Commissione non sia indispensabile per consentire alla Commissione il controllo stesso non significa che una siffatta possibilità sia esclusa in ogni circostanza.

    81

    Infatti, motivi legittimi possono indurre la Commissione, anche nell’interesse delle imprese di cui trattasi, a decidere di proseguire, nei suoi locali a Bruxelles, l’ispezione dei dati da essa raccolti in seno all’impresa interessata. A tal riguardo occorre ricordare, come risulta dal punto 66 della presente sentenza, che il tempo necessario per il trattamento di dati elettronici può rivelarsi considerevole. Orbene, obbligare la Commissione ad effettuare il trattamento di tali dati esclusivamente nei luoghi dell’impresa sottoposta agli accertamenti, quando si tratta di dati particolarmente voluminosi, potrebbe avere la conseguenza di prolungare considerevolmente la permanenza degli ispettori nei luoghi di tale impresa, ciò che potrebbe nuocere all’efficacia dell’accertamento e aumentare inutilmente l’ingerenza nel funzionamento di detta impresa a motivo dell’accertamento.

    82

    Inoltre, si deve rammentare che, come risulta dal punto 61 della sentenza impugnata, le ricorrenti non contestano alla Commissione di aver agito, al momento del controllo della copia-immagine del disco rigido del computer del sig. J. e delle copie dei gruppi di messaggi di posta elettronica ritrovati in detto computer nonché in quello del sig. R. effettuato nei suoi locali a Bruxelles, in modo diverso rispetto a come avrebbe agito se tale controllo si fosse svolto nei locali delle ricorrenti. Infatti, le ricorrenti non negano che il controllo effettuato dalla Commissione nei suoi locali a Bruxelles si sia svolto nel rigoroso rispetto dei loro diritti della difesa, in quanto la Commissione ha garantito, durante tutta la durata dell’accertamento in questione, la protezione dei dati di cui trattasi e ha inserito nel fascicolo solo i documenti dei quali si era prima assicurata che fossero pertinenti ai fini di tale accertamento.

    83

    L’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 secondo la quale la Commissione può, se del caso, proseguire, nei suoi locali a Bruxelles, il controllo da essa validamente avviato nei locali dell’impresa o dell’associazione di imprese oggetto degli accertamenti non è rimessa in discussione dall’argomento delle ricorrenti secondo cui una siffatta interpretazione significherebbe che anche la facoltà, prevista dall’articolo 20, paragrafo 2, lettera e), di tale regolamento, di interrogare i rappresentanti dell’impresa interessata potrebbe essere esercitata dalla Commissione in un luogo diverso dai locali di tale impresa. Occorre ricordare che la presente controversia riguarda la questione se la Commissione abbia commesso un illecito nel proseguire il controllo dei libri e degli altri documenti aziendali di un’impresa, sulla base dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003, nei suoi locali a Bruxelles, e non l’esercizio delle prerogative della Commissione di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera e), di tale regolamento.

    84

    Anche l’argomento delle ricorrenti secondo cui una siffatta interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 conferirebbe alla Commissione la possibilità di controllare e copiare documenti detenuti da terzi, situati al di fuori dei locali dell’impresa oggetto degli accertamenti, dev’essere respinto. Infatti, la possibilità per la Commissione di proseguire, nei suoi locali a Bruxelles, il controllo da essa avviato nei locali dell’impresa sottoposta all’accertamento non ha alcuna incidenza sulla questione se tale istituzione sia legittimata, sul fondamento dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003, a controllare e copiare documenti detenuti da terzi. Occorre rilevare al riguardo che il fatto che la Commissione prosegua un accertamento nei propri locali significa che si tratta della continuazione di un unico e medesimo accertamento, avviato nei locali di tale impresa, e non di un nuovo controllo, presso un terzo.

    85

    L’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003 fornita al punto 83 della presente sentenza non è rimessa in discussione neppure dall’argomento delle ricorrenti secondo cui l’articolo 21, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, che rinvia, per quanto riguarda gli accertamenti in locali diversi da quelli dell’impresa sottoposta agli accertamenti, alle prerogative della Commissione di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettere da a) a c), del regolamento n. 1/2003, sarebbe svuotato del suo significato se si dovesse dedurre da tale articolo 20 che detta istituzione è autorizzata a ispezionare documenti al di fuori dei locali di tale impresa. Infatti, l’articolo 21 del regolamento n. 1/2003 riguarda una situazione completamente diversa da quella prevista dall’articolo 20 di tale regolamento, vale a dire la possibilità, per la Commissione, di effettuare accertamenti in locali diversi dai locali professionali dell’impresa interessata, quali il domicilio o i mezzi di trasporto dei membri del personale di quest’ultima, qualora esistano motivi ragionevoli di sospettare che vi siano conservati libri o altri documenti connessi all’azienda, correlati al settore oggetto degli accertamenti, che potrebbero essere pertinenti per dimostrare una violazione grave dell’articolo 101 TFUE o 102 TFUE.

    86

    Per quanto attiene all’argomento delle ricorrenti secondo cui i poteri di accertamento di cui la Commissione è investita in materia di concorrenza sono ben delimitati, come emerge dal punto 64 della presente sentenza, esso non implica per sé stesso che tali poteri debbano essere interpretati in modo restrittivo, il che potrebbe pregiudicare l’esercizio effettivo di tali poteri in determinate circostanze e privare così le disposizioni dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003 del loro effetto utile.

    87

    Si deve tuttavia precisare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi 67 e 78 delle sue conclusioni, che la Commissione può avvalersi della possibilità, sulla base dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003, di proseguire nei propri locali, a Bruxelles, il controllo dei libri e degli altri documenti aziendali dell’impresa oggetto degli accertamenti, solo qualora possa legittimamente ritenere che lo giustifichi l’interesse dell’efficacia degli accertamenti o che serva ad evitare un’ingerenza eccessiva nel funzionamento dell’impresa interessata.

    88

    Nel caso di specie, come emerge dalla descrizione dei fatti constatati dal Tribunale, rammentata in sostanza ai punti da 14 a 19 della presente sentenza, gli ispettori hanno passato in tutto quattro giorni nei locali della Nexans France, ossia dal 28 al 30 gennaio 2009, poi il 3 febbraio 2009. Hanno realizzato una copia di taluni dati salvandoli su DRD che sono stati messi in buste sigillate e portati negli uffici della Commissione a Bruxelles. Successivamente, l’esame di tutti i dati registrati sui DRD portati a Bruxelles, in presenza dei rappresentanti della Nexans, è durato otto giorni lavorativi, dal 2 all’11 marzo 2009, il che significa che, nel momento in cui la Commissione ha deciso di proseguire l’accertamento di cui trattasi nei propri locali a Bruxelles, un volume particolarmente importante di dati numerici restava da esaminare.

    89

    In tali circostanze, si deve considerare che la Commissione non ha commesso alcuna illegittimità decidendo di proseguire gli accertamenti in questione nei suoi locali a Bruxelles. Infatti, alla luce degli elementi di fatto constatati dal Tribunale, la Commissione poteva legittimamente ritenere che fosse giustificato proseguire tali accertamenti nei suoi locali a Bruxelles, evitando così di prolungare la permanenza degli ispettori nei locali della Nexans France, nell’interesse dell’efficacia degli accertamenti e per evitare un’ingerenza eccessiva nel funzionamento di tale impresa.

    90

    Infine, come emerge dal punto 80 della presente sentenza, la possibilità, per la Commissione, di proseguire il controllo dei libri e degli altri documenti aziendali di un’impresa, sulla base dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1/2003, nei suoi locali a Bruxelles è subordinata alla constatazione che una siffatta prosecuzione non comporti alcuna violazione dei diritti della difesa e non costituisca una violazione supplementare dei diritti delle imprese interessate, rispetto a quella intrinseca alla realizzazione di un accertamento nei locali di queste ultime. Ebbene, una siffatta violazione dovrebbe essere constatata se la prosecuzione di tale controllo nei locali della Commissione a Bruxelles comportasse costi supplementari per l’impresa sottoposta ad accertamenti sorti per il solo fatto di tale prosecuzione. Ne consegue che, quando quest’ultima può dar luogo a tali costi supplementari, la Commissione può procedervi solo a condizione di accettare di rimborsare tali costi se l’impresa interessata gliene presenta richiesta debitamente motivata.

    91

    Alla luce di quanto precede, il secondo e il terzo motivo devono essere respinti in quanto infondati.

    Sul quarto motivo

    Argomenti delle parti

    92

    Con il loro quarto motivo, che riguarda i punti 156 e 157 della sentenza impugnata, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto quanto alle conseguenze da trarre dall’assenza di effetti dell’infrazione di cui trattasi. Nell’atto introduttivo del ricorso esse avrebbero spiegato, in dettaglio, il motivo per cui ritenevano che la maggior parte delle vendite riguardate dall’infrazione di cui trattasi non fosse stata pregiudicata da tale infrazione. Pur non contestando tali spiegazioni, il Tribunale avrebbe rifiutato di considerare che l’assenza di effetti fosse un fattore determinante per la fissazione del coefficiente di gravità dell’infrazione di cui trattasi, e ciò per il solo motivo che il punto 22 degli orientamenti del 2006 non esigerebbe che la Commissione tenga conto dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Orbene, il Tribunale non sarebbe vincolato da tali orientamenti quando si pronuncia sulla base della propria competenza estesa al merito, nell’ambito della quale dovrebbe effettuare la propria valutazione, tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie. La decisione del Tribunale al riguardo sarebbe quindi viziata dal rifiuto di quest’ultimo di esercitare la propria competenza giurisdizionale estesa al merito per valutare il livello dell’ammenda fissata dalla Commissione in forza del combinato disposto dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003.

    93

    Nella replica, le ricorrenti sostengono che può essere applicato al caso di specie il ragionamento della Corte nella sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773), che ha portato quest’ultima ad annullare la sentenza ivi impugnata.

    94

    La Commissione contesta tale argomento.

    Giudizio della Corte

    95

    Occorre ricordare che, in primo luogo, il Tribunale è il solo competente a controllare il modo in cui la Commissione ha valutato, in ciascun caso di specie, la gravità dei comportamenti illeciti. Nell’ambito dell’impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, a esaminare in quale misura il Tribunale abbia preso in considerazione, in maniera giuridicamente corretta, tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce dell’articolo 101 TFUE, nonché dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, e, dall’altro, ad appurare se il Tribunale abbia risposto in termini giuridicamente validi all’insieme degli argomenti invocati per ottenere l’annullamento dell’ammenda o la riduzione dell’importo di quest’ultima (sentenze del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, EU:C:1998:608, punto 128, e del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 192).

    96

    In secondo luogo, secondo la giurisprudenza della Corte, la competenza estesa al merito, riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE, autorizza quest’ultimo, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata (sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 193 e giurisprudenza ivi citata).

    97

    In terzo luogo, sebbene l’esercizio di tale competenza estesa al merito non equivalga a un controllo d’ufficio e il procedimento si svolga in contraddittorio, il giudice dell’Unione è tenuto, nell’esercizio delle competenze previste dagli articoli 261 e 263 TFUE, ad esaminare ogni censura, di fatto o di diritto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punti 194195 e giurisprudenza ivi citata).

    98

    Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, dalla sentenza impugnata emerge che il Tribunale ha adempiuto tale obbligo.

    99

    È vero che il Tribunale non ha esplicitamente dichiarato che gli argomenti delle ricorrenti riguardanti l’asserita assenza di effetti dell’infrazione di cui trattasi non erano idonei ad indurlo, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, a ridurre le ammende che erano state loro inflitte nella decisione controversa, e che, per contro, riguardo all’esercizio di una competenza esplicitamente conferita al giudice dell’Unione dal legislatore, è necessario che la Corte possa verificare, nell’ambito di un procedimento di impugnazione in cui una parte contesta l’effettività di un siffatto esercizio, se il Tribunale abbia effettivamente esercitato tale competenza, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 96 della presente sentenza.

    100

    Dalla sentenza impugnata risulta tuttavia, implicitamente ma con certezza, che il Tribunale ha esercitato la propria competenza estesa al merito e che è giunto alla conclusione di cui al punto precedente.

    101

    A tal riguardo occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza della Corte in materia di impugnazioni, la motivazione di una decisione del Tribunale può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale ed alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il proprio controllo (v., in tal senso, sentenze del 14 settembre 2016, Trafilerie Meridionali/Commissione, C‑519/15 P, EU:C:2016:682, punto 41, nonché del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch Austria/Commissione, C‑626/13 P, EU:C:2017:54, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

    102

    Nel caso di specie, ai punti da 138 a 188 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato le diverse domande delle ricorrenti dirette ad ottenere una riduzione dell’importo delle ammende che erano state loro inflitte nella decisione controversa. Orbene, sin dall’inizio di tale esame, al punto 138 di tale sentenza, il Tribunale ha rammentato che il controllo di legittimità ad esso incombente al riguardo è completato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE.

    103

    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che, procedendo a tale esame, il Tribunale abbia effettivamente tenuto conto della sua competenza estesa al merito nell’ambito del proprio controllo di legittimità della decisione controversa.

    104

    Per quanto attiene agli argomenti delle ricorrenti fondati sull’asserita assenza di effetti dell’infrazione di cui trattasi, esaminati ai punti 156 e 157 della sentenza impugnata, è vero che, al punto 156 di tale sentenza, il Tribunale ha ricordato che, secondo la formulazione stessa del punto 22 degli orientamenti del 2006, la Commissione non deve necessariamente tener conto dell’impatto, o dell’assenza di impatto concreto, dell’infrazione sul mercato quale fattore aggravante o attenuante in sede di valutazione della gravità di tale infrazione ai fini del calcolo dell’ammenda. Tale considerazione potrebbe far pensare che il Tribunale si sia limitato, a tal riguardo, al solo compito di controllare la legittimità della decisione controversa alla luce, in particolare, degli orientamenti del 2006. Tali orientamenti, orbene, se è vero che sono vincolanti per la Commissione medesima, nei limiti in cui quest’ultima si impone così restrizioni nell’esercizio del proprio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 211), non vincolano, invece, il giudice dell’Unione, segnatamente nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, di cui al punto 96 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C389/10 P, EU:C:2011:810, punti 102103), ma questi può legittimamente decidere di ispirarsene (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Aloys F. Dornbracht/Commissione, C‑604/13 P, EU:C:2017:45, punto 75).

    105

    Tuttavia, occorre rilevare che, nello stesso punto della sentenza impugnata, il Tribunale ha proseguito il suo ragionamento constatando che è sufficiente che il livello della proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione, fissato dalla Commissione, sia giustificato da altri elementi idonei ad incidere sulla determinazione della gravità ai sensi del punto 22 degli orientamenti del 2006, quali la natura stessa dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le parti interessate e la sua estensione geografica. Orbene, si tratta proprio degli elementi sui quali la Commissione si era basata, nel caso di specie, per determinare la gravità dell’infrazione di cui trattasi, come ricordato dal Tribunale al punto 148 della sentenza impugnata.

    106

    Facendo riferimento a tali elementi in detto contesto, il Tribunale ha quindi deciso, implicitamente ma necessariamente, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, che l’asserita assenza di effetti dell’infrazione di cui trattasi non era sufficiente, a causa di tali altri elementi, a indurlo a ridurre le ammende che erano state inflitte alle ricorrenti nella decisione controversa. S’inferisce, inoltre, che è per tale ragione che esso ne ha tratto la conseguenza, al punto 157 della sentenza impugnata, che gli argomenti relativi a tale asserita assenza di effetti dovevano essere respinti.

    107

    Occorre aggiungere che tale lettura della sentenza impugnata si impone sia che si prenda in considerazione la versione iniziale del punto 156 di tale sentenza sia che si prenda in considerazione quella risultante dall’ordinanza di rettifica del 4 maggio 2020.

    108

    Il caso di specie si distingue da quello oggetto della causa che ha portato alla sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773), in cui il Tribunale aveva omesso di fornire una qualsivoglia risposta a un argomento della ricorrente relativo all’esercizio della sua competenza estesa al merito.

    109

    Che, nel caso di specie, il Tribunale non abbia omesso di prendere in considerazione la sua competenza estesa al merito è peraltro confermato dal fatto che, al punto 188 della sentenza impugnata, quest’ultimo è giunto alla conclusione che la domanda delle ricorrenti di ridurre l’importo delle ammende loro inflitte doveva essere respinta in quanto, da un lato, i motivi e gli argomenti dedotti da queste ultime a sostegno di tale domanda erano stati respinti e, dall’altro, non sussistevano elementi che potessero, nel caso di specie, giustificare una riduzione dell’importo di tali ammende.

    110

    Il quarto motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

    Sul quinto motivo

    Argomenti delle parti

    111

    Con il loro quinto motivo, che riguarda i punti da 180 a 184 della sentenza impugnata, le ricorrenti affermano che la considerazione del Tribunale secondo cui la Commissione era legittimata ad aumentare del 2% il coefficiente di gravità utilizzato per calcolare l’importo delle ammende loro inflitte, a motivo della partecipazione delle ricorrenti alla configurazione europea dell’intesa, è viziata da un errore manifesto di valutazione e da un difetto di motivazione quanto alla misura in cui la configurazione europea potrebbe causare un pregiudizio supplementare alla concorrenza nel SEE. Secondo le ricorrenti, il Tribunale non può limitarsi a considerare che non vi sia alcun dubbio che la configurazione europea abbia rafforzato il pregiudizio alla concorrenza, tanto più che la configurazione A/R dell’intesa sarebbe stata nel complesso pienamente attuata. Inoltre, la Commissione e il Tribunale avrebbero riconosciuto che le ricorrenti avevano prodotto prove nel senso che non tutte le vendite europee ai clienti europei erano riguardate.

    112

    Secondo la Commissione, tale motivo è privo di fondamento.

    Giudizio della Corte

    113

    Occorre rilevare che tale motivo si basa su una lettura errata della sentenza impugnata. Infatti, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il Tribunale non ha affatto ritenuto che queste ultime avessero dimostrato che l’infrazione di cui trattasi non avesse avuto alcun impatto sul complesso delle vendite europee. Anzi, al punto 181 della sentenza impugnata, il Tribunale ha invece constatato che la configurazione europea dell’intesa aveva comportato un impegno supplementare di ripartizione dei progetti, che andava oltre le regole di assegnazione esistenti nella configurazione A/R dell’intesa.

    114

    In tali circostanze, la considerazione del Tribunale contenuta al punto 182 della sentenza impugnata, secondo cui non vi era alcun dubbio che la ripartizione dei progetti di cavi elettrici sotterranei e sottomarini all’interno della configurazione europea dell’intesa avesse rafforzato il pregiudizio alla concorrenza causato nel SEE dalla configurazione A/R di detta intesa, non è viziata da alcun difetto di motivazione.

    115

    Si deve altresì constatare che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto ritenendo che la ripartizione dei progetti tra le imprese europee costituisse un pregiudizio supplementare alla concorrenza rispetto a quello risultante dalla configurazione A/R dell’intesa. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 126 delle sue conclusioni, lo stretto collegamento tra queste due configurazioni nulla toglieva al fatto che la configurazione europea dell’intesa fosse, per sua stessa natura, un accordo a rilievo autonomo di ripartizione di progetti che non era inerente alla configurazione A/R dell’intesa. La considerazione del Tribunale secondo cui tale pregiudizio supplementare alla concorrenza poteva legittimamente essere sanzionato con un’ammenda maggiorata non è quindi viziata da un errore di valutazione.

    116

    Ne consegue che il quinto motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

    117

    Poiché nessuno dei motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno della loro impugnazione può essere accolto, quest’ultima dev’essere integralmente respinta.

    Sulle spese

    118

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    119

    Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    L’impugnazione è respinta.

     

    2)

    La Nexans France SAS e la Nexans SA sono condannate alle spese.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

    Į viršų