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Document 62018CJ0541

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 12 settembre 2019.
    AS contro Deutsches Patent- und Markenamt.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof.
    Rinvio pregiudiziale – Marchi – Direttiva 2008/95/CE – Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) – Carattere distintivo – Criteri di valutazione – Segno cancelletto (hashtag).
    Causa C-541/18.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:725

    SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

    12 settembre 2019 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Marchi – Direttiva 2008/95/CE – Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) – Carattere distintivo – Criteri di valutazione – Segno cancelletto (hashtag)»

    Nella causa C‑541/18,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesgerichtshof (Corte di giustizia federale, Germania), con decisione del 21 giugno 2018, pervenuta in cancelleria il 21 agosto 2018, nel procedimento

    AS

    contro

    Deutsches Patent- und Markenamt,

    LA CORTE (Quinta Sezione),

    composta da E. Regan, presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, M. Ilešič (relatore) e I. Jarukaitis, giudici,

    avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per la AS, da C. Rohnke, Rechtsanwalt;

    per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e M.L. Noort, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da T. Scharf, É. Gippini Fournier e J. Samnadda, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la AS ed il Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi; in prosieguo: il «DPMA»), vertente sulla domanda di registrazione del segno cancelletto #darferdas? in quanto marchio.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    La direttiva 2008/95, che ha abrogato e sostituito la Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), è stata a sua volta abrogata e sostituita, a decorrere dal 15 gennaio 2019, dalla direttiva (UE) 2015/2436, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1). Tuttavia, tenuto conto dell’epoca dei fatti all’origine della controversia nel procedimento principale, il presente rinvio pregiudiziale deve essere esaminato alla luce della direttiva 2008/95.

    4

    L’articolo 2 della direttiva 2008/95 disponeva quanto segue:

    «Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

    5

    A termini del successivo articolo 3:

    «1.   Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

    (…)

    b)

    i marchi di impresa privi di carattere distintivo;

    (…)

    3.   Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. (…)

    (…)».

    Diritto nazionale

    6

    L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95 è stato trasposto nell’ordinamento tedesco per mezzo dell’articolo 8, paragrafo 2, punto 1, del Gesetz über den Schutz von Marken und sonstigen Kennzeichen (legge sulla protezione dei marchi e di altri segni distintivi) del 25 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 3082). Ai sensi di tale disposizione, «[s]ono esclusi dalla registrazione i marchi (…) privi di qualsiasi carattere distintivo per i prodotti o servizi interessati».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    7

    La AS chiedeva al DPMA di registrare il segno cancelletto #darferdas? in quanto marchio per i prodotti di cui alla classe 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza concernente la classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato.

    8

    I prodotti per i quali la registrazione è stata richiesta, corrispondevano alla seguente descrizione: «Articoli di abbigliamento, in particolare t-shirt; scarpe; cappelleria».

    9

    Il DPMA respingeva la domanda, in base al rilievo che il segno de quo, a suo avviso, era privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, punto 1, della legge sulla protezione dei marchi e di altri segni distintivi.

    10

    Avverso tale decisione la AS proponeva impugnazione dinanzi al Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti, Germania).

    11

    Con ordinanza del 3 maggio 2017 detto giudice respingeva il ricorso. Il segno in questione rappresenterebbe una successione di caratteri e parole accostati costituita da termini usuali della lingua tedesca. Esso costituirebbe solo una presentazione stilizzata di un argomento di discussione. Il cancelletto indicherebbe esclusivamente che il pubblico è invitato a discutere sulla questione «Darf er das?» («Gli è consentito farlo?»). Il pubblico comprenderebbe il quesito, apposto in particolare sul lato frontale della t-shirt, per ciò che è, vale a dire una semplice forma interrogativa.

    12

    Avverso tale ordinanza la AS ricorreva dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania).

    13

    Secondo il giudice del rinvio, non si può escludere che l’utilizzo del segno de quo, sul lato frontale di articoli di abbigliamento, corrisponda solo ad una modalità di uso fra altre. Tale segno potrebbe anche essere apposto sull’etichetta cucita all’interno dell’articolo di abbigliamento. In tal caso, il pubblico potrebbe percepire il segno stesso come un marchio, vale a dire come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti.

    14

    Il giudice del rinvio precisa che, secondo la propria giurisprudenza, affinché un segno sia considerato dotato di carattere distintivo e sia pertanto idoneo ad essere registrato come marchio, non è necessario che qualsiasi uso concepibile del segno medesimo costituisca un uso in quanto marchio. Sarebbe sufficiente che sia plausibile e che sussistano possibilità comprensibili nella pratica di usare il segno richiesto per i prodotti e i servizi per i quali la tutela è rivendicata in modo tale che sia ipso facto percepito dal pubblico come marchio.

    15

    Il giudice medesimo ritiene che tale approccio potrebbe conciliarsi con il punto 55 dell’ordinanza del 26 aprile 2012, Deichmann/UAMI (C‑307/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:254), secondo cui l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), non può essere interpretato nel senso di obbligare l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) a fondare l’esame in concreto del carattere distintivo su usi del marchio richiesto diversi da quello individuato quale più probabile.

    16

    Nutrendo tuttavia dubbi al riguardo, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale sull’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95:

    «Se un segno possieda carattere distintivo qualora sussistano nella pratica possibilità comprensibili e plausibili di usarlo come indicazione di origine per prodotti o servizi, ancorché non si tratti della forma più probabile di uso del segno».

    Sulla questione pregiudiziale

    17

    Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 2 della direttiva 2008/95, qualsiasi segno oggetto di una domanda di registrazione come marchio individuale deve, per poter essere registrato come tale, soddisfare varie condizioni, tra cui figura l’essere idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.

    18

    Non si può escludere a priori che un segno cancelletto (hashtag), come quello oggetto del procedimento principale, sia idoneo ad identificare i prodotti o i servizi per i quali è chiesta la registrazione come provenienti da un’impresa determinata soddisfacendo, in tal modo, la menzionata condizione. È, infatti, possibile che un segno del genere sia presentato al pubblico in relazione a prodotti o servizi e sia idoneo a svolgere la funzione essenziale di un marchio, che è quella di indicare l’origine commerciale dei prodotti o dei servizi considerati.

    19

    Per accertare se ricorra tale circostanza, le autorità amministrative e giudiziarie competenti devono verificare se il segno de quo possieda un «carattere distintivo», ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/95. Tale carattere distintivo può essere intrinseco, ai sensi del paragrafo 1, lettera b), di tale articolo, o acquisito in seguito all’uso, ai sensi del successivo paragrafo 3 (v., in particolare, sentenze del 19 giugno 2014Oberbank e a., C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 38, nonché del 16 settembre 2015, Société des Produits Nestlé, C‑215/14, EU:C:2015:604, punti 6062).

    20

    La questione se il segno sia dotato di carattere distintivo dev’essere valutata, da un lato, in relazione ai prodotti o ai servizi considerati e, dall’altro, alla percezione che ne ha il pubblico di riferimento, che è costituito dal consumatore medio dei prodotti o servizi medesimi, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., in tal senso, sentenze dell’8 aprile 2003Linde e a., da C‑53/01 a C‑55/01, EU:C:2003:206, punto 41; del 12 febbraio 2004, Koninklijke KPN Nederland, C‑363/99, EU:C:2004:86, punto 34, nonché del 10 luglio 2014, Apple, C‑421/13, EU:C:2014:2070, punto 22).

    21

    La valutazione della percezione del consumatore medio dev’essere effettuata in concreto, prendendo in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti (v., in particolare, sentenze del 12 febbraio 2004, Koninklijke KPN Nederland, C‑363/99, EU:C:2004:86, punti 3335, nonché del 6 luglio 2017, Moreno Marín, C‑139/16, EU:C:2017:518, punto 24).

    22

    Per quanto riguarda i fatti e le circostanze pertinenti per valutare tale percezione, si deve rilevare che il richiedente un marchio non è tenuto ad indicare né a conoscere con precisione, alla data del deposito della propria domanda di registrazione o dell’esame della stessa, l’uso che farà del marchio richiesto, in caso di sua registrazione. Anche successivamente alla registrazione del marchio, egli dispone di un termine di cinque anni per dare inizio ad un uso effettivo conforme alla funzione essenziale del marchio [sentenza del 15 gennaio 2009, Silberquelle, C‑495/07, EU:C:2009:10, punti 317 nonché giurisprudenza citata; v. parimenti, per quanto riguarda il regolamento (CE) n. 207/2009, del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio [dell’Unione europea] (GU 2009, L 78, pag.1), sentenza del 21 dicembre 2016, Länsförsäkringar, C‑654/15, EU:C:2016:998, punto 26].

    23

    Possono, peraltro, esistere casi in cui il segno di cui si chieda la registrazione come marchio non sia stato neppure oggetto di un uso significativo prima della data della domanda di registrazione.

    24

    Ciò detto, le autorità competenti cui incombe l’accertamento del carattere distintivo del segno di cui sia chiesta la registrazione come marchio possono trovarsi in una situazione in cui, per quanto riguarda l’individuazione del probabile uso del marchio richiesto e, quindi, delle modalità con cui, in caso di registrazione, il marchio stesso verrebbe probabilmente mostrato al consumatore medio, non dispongano di alcun elemento di valutazione diverso da quelli risultanti dalle consuetudini del settore economico interessato.

    25

    Qualora dalle consuetudini risulti che, nella prassi di tale settore economico, più modalità d’uso siano significative, le autorità competenti dovranno prendere in considerazione, conformemente all’obbligo loro incombente di esaminare il carattere distintivo del segno in esame alla luce del complesso dei fatti e delle circostanze pertinenti, tali diverse modalità di uso al fine di determinare se il consumatore medio dei prodotti o dei servizi interessati potrà percepire il segno stesso come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o servizi in questione.

    26

    Al contrario, le autorità medesime devono qualificare come non pertinenti le modalità di uso che, pur essendo concepibili in tale settore economico, non siano in pratica significative ed appaiano quindi poco probabili, salvo che il richiedente abbia fornito indizi concreti che rendano probabile, nel suo caso, una modalità di uso inconsueta in tale settore.

    27

    Occorre, infatti, evitare che il registro dei marchi, che dev’essere adeguato e preciso (sentenza del 12 dicembre 2002, Sieckmann, C‑273/00, EU:C:2002:748, punto 50), comprenda segni che consentono di distinguere i prodotti o servizi del titolare da quelli di altre imprese solo nell’ipotesi di un uso molto specifico al quale il titolare probabilmente non ricorrerà.

    28

    Si deve rammentare, a tal riguardo, che, per ragioni di certezza del diritto e di buona amministrazione, l’esame di qualsiasi domanda di registrazione dev’essere non solo completo, ma anche rigoroso, al fine di evitare che alcuni marchi siano registrati indebitamente (v., segnatamente, sentenze del 6 maggio 2003, Libertel, C‑104/01, EU:C:2003:244, punto 59, e del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 77).

    29

    Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha accertato che, nel settore degli articoli di abbigliamento, è normale apporre il marchio tanto sull’esterno del prodotto quanto sull’etichetta all’interno del medesimo.

    30

    Il giudice medesimo ha così individuato due modalità di apposizione significative nella prassi del settore. In una situazione del genere, le autorità competenti ad esaminare la percezione del consumatore medio dovranno prendere in considerazione tali modalità di uso e valutare se detto consumatore, vedendo queste due apposizioni o quanto meno una di esse sul capo d’abbigliamento, percepirà il segno in questione come un marchio.

    31

    Spetterà quindi al giudice nazionale competente determinare se il consumatore medio, vedendo il segno #darferdas? sul lato frontale di una t-shirt o sull’etichetta apposta all’interno della stessa, percepirà il segno stesso quale indicazione dell’origine commerciale del prodotto e non come un semplice elemento decorativo o messaggio di comunicazione sociale.

    32

    Alla luce delle precisazioni apportate dalla presente sentenza e tenuto conto della giurisprudenza secondo cui le disposizioni il cui contenuto sia identico, da un lato, nella direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa e, dall’altro, nel regolamento sul marchio dell’Unione europea devono essere interpretate allo stesso modo (v., in particolare, sentenze del 12 gennaio 2006, Deutsche SiSi-Werke, C‑173/04 P, EU:C:2006:20, punto 29; del 6 luglio 2017, Moreno Marín, C‑139/16, EU:C:2017:518, punto 27, nonché del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C‑129/17, EU:C:2018:594, punto 29), l’orientamento accolto al punto 55 dell’ordinanza della Corte del 26 aprile 2012, Deichmann/UAMI (C‑307/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:254), citato dal giudice del rinvio, che verte sull’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94, il cui contenuto corrisponde a quello dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95, resta pertinente solo nel caso in cui risulti che nella prassi del settore economico interessato sia rilevante solo una modalità d’uso.

    33

    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che si deve rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95 dev’essere interpretato nel senso che il carattere distintivo di un segno di cui si chiede la registrazione come marchio dev’essere esaminato prendendo in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti, compreso il complesso delle probabili modalità di uso del marchio richiesto. Queste ultime corrispondono, in assenza di altri indizi, alle modalità d’uso che, alla luce delle consuetudini del settore economico interessato, sono idonee ad essere rilevanti nella pratica.

    Sulle spese

    34

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, dev’essere interpretato nel senso che il carattere distintivo di un segno di cui si chiede la registrazione come marchio dev’essere esaminato prendendo in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti, compreso il complesso delle probabili modalità di uso del marchio richiesto. Queste ultime corrispondono, in assenza di altri indizi, alle modalità d’uso che, alla luce delle consuetudini del settore economico interessato, sono idonee ad essere rilevanti nella pratica.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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