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Document 62018CJ0161

Sentenza della Corte (Terza Sezione) dell' 8 maggio 2019.
Violeta Villar Láiz contro Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) e Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS).
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Superior de Justicia de Castilla y León.
Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4 – Divieto di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso – Discriminazione indiretta – Lavoro a tempo parziale – Calcolo della pensione di vecchiaia.
Causa C-161/18.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:382

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

8 maggio 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di previdenza sociale – Direttiva 79/7/CEE – Articolo 4 – Divieto di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso – Discriminazione indiretta – Lavoro a tempo parziale – Calcolo della pensione di vecchiaia»

Nella causa C‑161/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Superior de Justicia de Castilla y León (Corte superiore di giustizia di Castiglia e León, Spagna), con decisione del 17 gennaio 2018, pervenuta in cancelleria il 27 febbraio 2018, nel procedimento

Violeta Villar Láiz

contro

Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS),

Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS),

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, F. Biltgen, J. Malenovský, C.G. Fernlund e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 gennaio 2019,

considerate le osservazioni presentate:

per V. Villar Láiz, da R.M. Gil López, abogada;

per l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) e la Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS), da A. Alvarez Moreno e G. Guadaño Segovia, letradas;

per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz e V. Ester Casas, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da S. Pardo Quintillán e C. Valero, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 21, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dell’articolo 4 della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la sig.ra Violeta Villar Láize e, dall’altro, l’Instituto Nacional de la Seguridad Social (INSS) [Istituto nazionale di previdenza sociale (INSS), Spagna] e la Tesorería General de la Seguridad Social (TGSS) [Tesoreria generale della previdenza sociale, (TGSS), Spagna] in merito al calcolo della sua pensione di vecchiaia.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 79/7

3

L’articolo 1 della direttiva 79/7 così dispone:

«Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione, nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all’articolo 3, del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale, denominato qui appresso “principio della parità di trattamento”».

4

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva:

«La presente direttiva si applica:

a)

ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:

(…)

vecchiaia,

(…)».

5

L’articolo 4, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:

il campo d’applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,

l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,

il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonch[é] le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

Direttiva 2006/54/CE

6

Il considerando 30 della direttiva 2006/54/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23) è così formulato:

«L’adozione di norme sull’onere della prova contribuisce in modo significativo a che il principio della parità di trattamento possa essere applicato efficacemente. Pertanto, come dichiarato dalla Corte di giustizia, occorre adottare provvedimenti affinché l’onere della prova sia a carico della parte convenuta quando si può ragionevolmente presumere che vi sia stata discriminazione, a meno che si tratti di procedimenti in cui l’istruzione dei fatti spetta all’organo giurisdizionale o ad altro organo nazionale competente. Occorre tuttavia chiarire che la valutazione dei fatti in base ai quali si può presumere che ci sia stata discriminazione diretta o indiretta rimane di competenza dell’organo nazionale competente, secondo il diritto e/o la prassi nazionali. Inoltre, spetta agli Stati membri prevedere, in qualunque fase del procedimento, un regime probatorio più favorevole alla parte attrice».

7

L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(…)

b)

“discriminazione indiretta”: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(…)».

Diritto spagnolo

8

L’articolo 209, paragrafo 1, della Ley General de la Seguridad Social (legge generale sulla previdenza sociale), nel testo consolidato approvato dal Real Decreto Legislativo 8/2015 (regio decreto legislativo 8/2015), del 30 ottobre 2015 (BOE n. 261, del 31 ottobre 2015, pag. 103291, e rettifica BOE n. 36, dell’11 febbraio 2016, pag. 10898) (in prosieguo: la «LGSS»), prevede quanto segue:

«L’importo di base della pensione di vecchiaia è il quoziente risultante dalla divisione per trecentocinquanta delle basi contributive dell’interessato nei trecento mesi immediatamente precedenti al mese anteriore a quello del fatto generatore del diritto (…)».

9

L’ottava disposizione transitoria della LGSS così dispone:

«(…). A decorrere dal 1o gennaio 2016, l’importo di base della pensione di vecchiaia è il risultato della divisione per duecentosessantasei delle basi contributive durante i duecentoventotto mesi immediatamente precedenti il mese anteriore a quello del fatto generatore del diritto (…)».

10

Ai sensi dell’articolo 210, paragrafo 1, della LGSS:

«L’importo della pensione di vecchiaia è determinato dall’applicazione all’importo di base, conteggiato ai sensi delle disposizioni dell’articolo precedente, delle seguenti percentuali:

a)

50% per i primi quindici anni di versamento di contributi;

b)

a partire dal sedicesimo anno, per ogni mese successivo di versamento dei contributi si applica un coefficiente che, tra il primo e il duecentoquarantottesimo mese, è dello 0,19% e, per ogni mese successivo al duecentoquarantottesimo, è dello 0,18%, senza che il coefficiente applicabile all’importo di base possa superare il 100% (…)

(…)».

11

Per il 2016, ai sensi della nona disposizione transitoria della LGSS, a partire dal sedicesimo anno, per ciascun mese successivo di versamento di contributi si applica un coefficiente dello 0,21% tra il primo e il 163o mese e per ciascuno degli 83 mesi seguenti un coefficiente dello 0,19%, fino ad un massimo del 100%.

12

Gli articoli da 245 a 248 della LGSS stabiliscono le norme applicabili ai lavoratori impiegati a tempo parziale ai fini della concessione delle prestazioni economiche del sistema di previdenza sociale.

13

L’articolo 245 della LGSS, rubricato «Protezione sociale», così dispone:

«1.   La protezione sociale derivata dai contratti di lavoro a tempo parziale è informata al principio di assimilazione del lavoratore a tempo parziale al lavoratore a tempo pieno (…).

2.   Le norme enunciate in tale sezione si applicano ai lavoratori con contratto a tempo parziale, contratto di sostituzione a tempo parziale e contratto detto “fijo-discontinuo”, conformemente alle disposizioni degli articoli 12 e 16 della versione rifusa della Ley del Estatuto de los Trabajadores [(legge sullo Statuto dei lavoratori)], che rientra nell’ambito di applicazione del regime generale, inclusi i lavoratori a tempo parziale o con contratto “fijo-discontinuo” rientranti nel regime speciale dei collaboratori domestici».

14

Ai sensi dell’articolo 246 della LGSS, rubricato «Versamento dei contributi»:

«1.   La base dei contributi da versare alla previdenza sociale e dei contributi versati assieme ad essa è sempre calcolata mensilmente ed è costituita dalle retribuzioni effettivamente percepite in funzione delle ore lavorate, sia ordinarie che straordinarie.

2.   La base contributiva così determinata non può essere inferiore agli importi legalmente stabiliti.

3.   Le ore straordinarie generano contributi alla previdenza sociale sulle medesime basi e sui medesimi tassi stabiliti per le ore ordinarie».

15

L’articolo 247 della LGSS, vertente sul calcolo dei periodi contributivi, prevede quanto segue:

«Ai fini della giustificazione dei periodi contributivi necessari per far sorgere il diritto alle prestazioni pensionistiche, d’invalidità permanente, di decesso e reversibilità, d’inabilità temporanea, di maternità e di paternità, si applicano le seguenti regole:

a)

sono presi in considerazione i diversi periodi durante i quali il lavoratore è stato iscritto alla previdenza sociale a titolo di un contratto a tempo parziale, a prescindere dalla durata dalle ore di lavoro effettuate per ciascuno di essi.

A tal fine, il coefficiente di riduzione relativo al tempo parziale, che è determinato dalla percentuale delle ore di lavoro a tempo parziale prestate rispetto alle ore di lavoro prestate da un paragonabile lavoratore a tempo pieno, si applica sul periodo di iscrizione alla previdenza sociale basata su un contratto a tempo parziale; il risultato è il numero di giorni in cui si considera che sono stati effettivamente versati i contributi per ciascun periodo.

Se del caso, occorre sommare al numero di giorni risultante da tale calcolo i giorni di contributi a tempo pieno, e il risultato sarà il totale dei giorni di contributi che confluiscono nel calcolo per l’accesso alle prestazioni.

b)

Una volta determinato il numero di giorni di contributi documentati, si deve calcolare il coefficiente di riduzione globale relativo al lavoro a tempo parziale; quest’ultimo corrisponde alla percentuale che rappresenta il numero di giorni lavorati e conteggiati come oggetto di versamento di contributi, ai sensi delle disposizioni della precedente lettera a), sul totale di giorni in cui il lavoratore è stato iscritto alla previdenza sociale durante tutto l’arco della sua vita professionale. (…).

c)

Il periodo minimo di versamento dei contributi che si richiede ai lavoratori a tempo parziale per ciascuna delle prestazioni economiche per cui un siffatto periodo è stabilito si ottiene applicando al periodo che segue la regola generale il coefficiente di riduzione globale legato al lavoro a tempo parziale, menzionato alla lettera b).

Nei casi in cui, alla fine dell’accesso alla prestazione economica corrispondente, si richieda che una parte o la totalità del periodo contributivo minimo richiesto sia compresa entro un termine determinato, il coefficiente di riduzione globale relativo al lavoro a tempo parziale è applicato per fissare il periodo contributivo richiesto. Lo spazio temporale in cui il periodo richiesto dovrà essere compreso è, in ogni caso, quello stabilito in modo generale per la prestazione di cui trattasi».

16

L’articolo 248 della LGSS, rubricato «Importo delle prestazioni economiche», ha il seguente tenore:

«1.   La determinazione dell’importo di base delle prestazioni economiche è disciplinata dalle seguenti regole:

a)

L’importo della base di calcolo delle prestazioni pensionistiche e d’invalidità permanente è calcolato secondo la regola generale.

(…)

2.   Ai fini del calcolo delle pensioni di vecchiaia e d’invalidità permanente derivate da una malattia comune, i periodi non soggetti all’obbligo di versamento di contributi sono presi in considerazione tenendo conto della base minima contributiva applicabile in ogni momento, per il numero di ore previste dal contratto di lavoro.

3.   Al fine di determinare l’importo delle pensioni di vecchiaia e d’invalidità permanente risultante da una malattia non professionale, il numero di giorni di contributi calcolato ai sensi delle disposizioni dell’articolo 247, paragrafo 2, lettera a), è maggiorato mediante l’(…) applicazione di un coefficiente pari a 1,5, senza che il numero di giorni così ottenuto possa essere superiore al periodo di occupazione a tempo parziale.

La percentuale che deve essere applicata sull’importo di base considerato è determinata conformemente al livello generalizzato a cui rinvia l’articolo 210, paragrafo 1, con la seguente eccezione:

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

Dalla decisione di rinvio emerge che la sig.ra Villar Láiz ha chiesto all’INSS il versamento di una pensione di vecchiaia.

18

L’INSS le ha concesso una pensione di vecchiaia a decorrere dal 1o ottobre 2016, il cui valore è stato calcolato moltiplicando l’importo di base per un coefficiente di riduzione del 53%, posto che tale coefficiente prendeva in considerazione il fatto che la sig.ra Villar Láiz aveva lavorato a tempo parziale durante una parte significativa della sua vita professionale.

19

Il giudice del rinvio chiarisce che detto importo di base risulta dalla media delle basi contributive, calcolate in funzione degli stipendi effettivamente percepiti per le ore effettuate e che hanno comportato una contribuzione durante un certo numero di anni precedenti il pensionamento.

20

La sig.ra Villar Láiz ha chiesto che, per il calcolo dell’importo della sua pensione di vecchiaia, fosse applicato un coefficiente dell’80,04%, affinché i suoi periodi di lavoro a tempo parziale fossero presi in considerazione come se si fosse trattato di periodi a tempo pieno.

21

Poiché tale domanda è stata respinta, la sig.ra Villar Láiz ha proposto ricorso dinanzi al Juzgado de lo Social no 4 de Valladolid (Tribunale del lavoro n. 4 di Valladolid, Spagna). Essa sosteneva che la disparità di trattamento istituita dalla normativa nazionale era all’origine di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, poiché la maggior parte dei lavoratori a tempo parziale erano donne.

22

Con sentenza del 30 giugno 2017 il Juzgado de lo Social no 4 de Valladolid (Tribunale del lavoro n. 4 di Valladolid) ha respinto il ricorso in quanto la disparità di trattamento riservata ai lavoratori a tempo parziale al momento del calcolo della pensione di vecchiaia non costituiva una discriminazione, dal momento che la formula applicata mira ad adattare il calcolo ai contributi versati, conformemente al principio del pro rata temporis.

23

La sig.ra Villar Láiz ha impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

24

Detto giudice indica che il sistema di calcolo della pensione di vecchiaia è stato istituito a seguito della pronuncia della sentenza n. 61/2013 del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna) del 14 marzo 2013. In tale sentenza, il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale), tenendo conto della sentenza della Corte del 22 novembre 2012, Elbal Moreno (C‑385/11, EU:C:2012:746), ha dichiarato l’incostituzionalità del sistema anteriore che, ai fini dell’accesso alla pensione di vecchiaia, conteggiava il lavoro prestato in regime di tempo parziale in proporzione all’orario di lavoro a tempo pieno, applicando tuttavia un coefficiente moltiplicatore di 1,5. In forza di tale sistema, se le ore di lavoro prestate così calcolate non superavano i quindici anni, il lavoratore non aveva accesso a una pensione di vecchiaia. In forza dell’avvenuta riforma, il legislatore ha modificato il sistema di accesso alla pensione di vecchiaia, introducendo al contempo, per il calcolo dell’importo della pensione, un coefficiente di riduzione per i lavoratori che hanno lavorato a tempo parziale.

25

Di regola, l’importo della pensione corrisponderebbe all’importo di base, fondato sulla media delle basi contributive degli anni precedenti la pensione, moltiplicato per una percentuale determinata in funzione del numero di anni di contributi.

26

Per quanto attiene più precisamente ai lavoratori a tempo parziale, le modalità di calcolo di tale percentuale sono stabilite all’articolo 247 della LGSS. Da tale articolo risulterebbe che i periodi lavorati in regime di tempo parziale non sono conteggiati interamente, ma in proporzione alla quota di tempo parziale, in applicazione di un coefficiente di riduzione corrispondente alla percentuale che rappresenta il tempo parziale del lavoratore rispetto all’orario di un paragonabile lavoratore a tempo pieno.

27

Infine, ai sensi dell’articolo 248, paragrafo 3, della LGSS, il numero di giorni per i quali sono stati versati i contributi determinato sulla base di tale calcolo è aumentato mediante l’applicazione di un coefficiente di 1,5, senza che il numero di giorni risultante possa essere superiore a quelli per i quali sono stati realmente versati i contributi.

28

Secondo il medesimo giudice, da ciò risulta che, in caso di periodi di lavoro a tempo parziale, il diritto spagnolo ha, il più delle volte, effetti sfavorevoli per i lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno, ed è solo in determinati casi, minoritari, che gli effetti sono neutri, qualora il coefficiente di riduzione legato al lavoro a tempo parziale sia superiore o uguale ai due terzi del lavoro a tempo pieno.

29

Ne consegue che il sistema di calcolo della pensione sarebbe doppiamente pregiudizievole in caso di lavoro a tempo parziale. In effetti, oltre al fatto che lo stipendio di un lavoratore a tempo parziale e, di conseguenza, l’importo di base applicabile sono inferiori a quelli di un lavoratore a tempo pieno, tale sistema ridurrebbe, in proporzione al carattere parziale del tempo di lavoro, il periodo di versamento di contributi preso in considerazione per stabilire la percentuale applicabile all’importo di base.

30

Orbene, il giudice del rinvio spiega che la natura pregiudizievole del sistema nazionale di calcolo della pensione di vecchiaia in caso di lavoro a tempo parziale riguarda prevalentemente le donne poiché, secondo l’Instituto Nacional de Estadística (Istituto nazionale di statistica, Spagna), nel primo trimestre 2017, il 75% dei lavoratori a tempo parziale erano donne.

31

In tali circostanze, il giudice del rinvio ritiene che le disposizioni di cui trattasi nel procedimento principale comportino una discriminazione indiretta fondata sul sesso, contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 e all’articolo 21 della Carta. Infatti, le disposizioni nazionali in questione non sembrerebbero rispondere a una finalità legittima di politica sociale o, quanto meno, non sarebbero proporzionate a un tale obiettivo.

32

Il giudice del rinvio considera che è impossibile interpretare la LGSS in modo conforme all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7. A tal riguardo, esso precisa, inoltre, che una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale non potrebbe, in forza della giurisprudenza del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale), essere disapplicata da un organo giurisdizionale spagnolo, a meno che quest’ultimo abbia investito la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale o abbia sollevato un’eccezione d’incostituzionalità dinanzi al Tribunal Constitucional (Corte costituzionale).

33

In tale contesto, il Tribunal Superior de Justicia de Castilla y León (Corte superiore di giustizia di Castiglia e León) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Secondo il diritto spagnolo, per il calcolo della pensione di vecchiaia, alla base di calcolo determinata in funzione degli stipendi percepiti negli ultimi anni si applica una percentuale che viene fissata in base al numero degli anni di contribuzione maturati nel corso dell’intera vita lavorativa. Si chiede se si debba ritenere che una normativa nazionale, come quella contenuta negli articoli 247, lettera a), e 248, paragrafo 3, della [LGSS] che riduce il numero degli anni riconosciuti ai fini dell’applicazione di detta percentuale nel caso di periodi lavorati a tempo parziale, sia contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva [79/7]. In particolare, si chiede se in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, di quest’ultima il numero degli anni di contribuzione considerati al fine di fissare la percentuale applicabile al calcolo della pensione di vecchiaia debba essere determinato allo stesso modo per i lavoratori a tempo pieno e per quelli a tempo parziale.

2)

Se si debba ritenere che una norma di diritto interno come quella controversa nel presente procedimento sia contraria anche all’articolo 21 della [Carta], di modo che il giudice nazionale è tenuto a garantire la piena efficacia della Carta e a disapplicare le disposizioni legislative di diritto interno controverse, senza dover chiedere o attendere che le stesse vengano previamente abrogate con l’intervento del legislatore o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

34

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, secondo la quale l’importo della pensione di vecchiaia di tipo contributivo di un lavoratore a tempo parziale è calcolato moltiplicando un importo di base, stabilito a partire dalle retribuzioni effettivamente percepite e dai contributi effettivamente versati, per una percentuale che dipende dalla durata del periodo contributivo, periodo che è soggetto a un coefficiente di riduzione pari al rapporto tra il periodo di lavoro effettivamente prestato a tempo parziale e il periodo di lavoro prestato da un paragonabile lavoratore a tempo pieno e maggiorato mediante l’applicazione di un coefficiente pari a 1,5.

35

L’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva vieta qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso per quanto riguarda, in particolare, il calcolo delle prestazioni in materia di previdenza sociale.

36

A tal riguardo, si deve constatare, innanzitutto, che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non comporta una discriminazione diretta fondata sul sesso, dal momento che essa si applica indistintamente ai lavoratori di sesso maschile e ai lavoratori di sesso femminile.

37

Per quanto attiene alla questione se una siffatta normativa comporti una discriminazione indiretta, si deve rammentare che, nell’ambito della direttiva 79/7, tale nozione deve essere intesa allo stesso modo che nel contesto della direttiva 2006/54 [v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 2018, MB (cambiamento di sesso e pensione di vecchiaia), C‑451/16, EU:C:2018:492, punto 34]. Orbene, dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54 emerge che costituisce una discriminazione indirettamente fondata sul sesso la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

38

L’esistenza di un siffatto particolare svantaggio potrebbe essere dimostrata, segnatamente, se fosse provato che una normativa come quella di cui al procedimento principale colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2015, Cachaldora Fernández, C‑527/13, EU:C:2015:215, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Spetta al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel procedimento principale.

39

Nel caso in cui, come nella fattispecie, il giudice nazionale disponga di dati statistici, la Corte ha già giudicato che il miglior metodo di raffronto consiste nel confrontare, da un lato, le quote rispettive di lavoratori che sono o meno colpiti dalla regola di cui trattasi all’interno della manodopera di sesso maschile e, dall’altro, le stesse quote all’interno della manodopera femminile. Non è sufficiente prendere in considerazione il numero di persone interessate, dal momento che tale numero dipende dal numero di lavoratori attivi nell’intero Stato membro, nonché dalla ripartizione dei lavoratori e delle lavoratrici nello stesso Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith e Perez, C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 59).

40

A tal riguardo, spetta al giudice nazionale valutare in che misura i dati statistici prodotti dinanzi al medesimo, che caratterizzano la situazione della manodopera, siano validi e se possano essere presi in considerazione, ossia, segnatamente, se non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se, in generale, appaiano significativi (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 1999, Seymour‑Smith e Perez, C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

41

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge che le disposizioni nazionali di cui al procedimento principale hanno più spesso effetti sfavorevoli per i lavoratori a tempo parziale che per i lavoratori a tempo pieno. È solo in un numero limitato di casi che tali disposizioni sono prive di effetti del genere, grazie al carattere attenuante della misura, consistente, per i lavoratori a tempo parziale, nella maggiorazione del numero di giorni contributivi effettuata mediante l’applicazione di un coefficiente di 1,5.

42

Inoltre, i dati statistici menzionati dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale indicano che, nel primo trimestre 2017, vi erano in Spagna 15906700 lavoratori dipendenti, di cui 8332000 uomini e 7574600 donne. Il numero di lavoratori subordinati a tempo parziale per lo stesso periodo era di 2460200 (corrispondente a circa il 15,47% dei lavoratori subordinati), di cui 613700 erano uomini (circa il 7,37% dei lavoratori subordinati di sesso maschile) e 1846500 erano donne (circa il 24,38% delle lavoratrici subordinate). Da tali dati risulta che, durante detto periodo, circa il 75% dei lavoratori a tempo parziale erano donne.

43

Il governo spagnolo sostiene tuttavia che, sul totale dei fascicoli di pensione di vecchiaia trattati dall’INSS con esito positivo durante gli anni 2014-2017, e in cui i periodi di lavoro e di versamento dei contributi a tempo parziale sono stati presi in considerazione tenendo conto dell’indice globale relativo al lavoro a tempo parziale, circa il 60% riguardava donne e il 40% uomini.

44

Ciò premesso, occorre sottolineare che, per quanto attiene al gruppo dei lavoratori specificamente colpiti dalle disposizioni nazionali di cui al procedimento principale, dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che, per il 65% dei lavoratori a tempo parziale, ossia quelli che hanno lavorato, in media, meno di due terzi della durata normale di un lavoratore a tempo pieno, il coefficiente di riduzione applicabile all’importo di base è inferiore a quello applicabile all’importo di base dei lavoratori a tempo pieno. Ne consegue che i lavoratori a tempo parziale ridotto subiscono una situazione di svantaggio a motivo dell’applicazione di detto coefficiente di riduzione.

45

Come è già stato rilevato al punto 40 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio verificare se tali dati siano validi, rappresentativi e significativi. A tal riguardo, occorre rammentare, segnatamente, che il raffronto illustrato al punto 39 della presente sentenza deve riguardare, nel caso di specie, il gruppo di lavoratori a tempo parziale ridotto in quanto gruppo di lavoratori realmente colpiti dalla normativa di cui al procedimento principale.

46

Inoltre, come risulta dal considerando 30 della direttiva 2006/54, la valutazione dei fatti in base ai quali si può presumere che ci sia stata discriminazione indiretta spetta all’organo giurisdizionale nazionale, secondo norme del diritto o della prassi nazionali. Tali norme possono prevedere in particolare che la discriminazione indiretta sia accertata con qualsiasi mezzo e non soltanto sulla base di dati statistici (v., per analogia, sentenza del 19 aprile 2012, Meister, C‑415/10, EU:C:2012:217, punto 43).

47

Nel caso in cui il giudice del rinvio, sulla base dei dati statistici prodotti e, se del caso, di altri elementi pertinenti, giungesse alla conclusione che la normativa nazionale di cui al procedimento principale metta in una situazione di particolare svantaggio le donne rispetto agli uomini, una siffatta normativa sarebbe contraria all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7, a meno che non sia giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

48

Ciò avverrebbe quando i mezzi prescelti rispondono a uno scopo legittimo di politica sociale dello Stato membro del quale la legislazione è in discussione, sono idonei a raggiungere l’obiettivo da essa perseguito e se sono necessari a tal fine (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, Elbal Moreno, C‑385/11, EU:C:2012:746, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

49

A tal riguardo, l’INSS e il governo spagnolo deducono che una riduzione proporzionale della pensione di vecchiaia in caso di lavoro a tempo parziale costituisce l’espressione di un obiettivo generale di politica sociale perseguito dal legislatore nazionale, ove tale correzione è essenziale nell’ambito di un sistema previdenziale di tipo contributivo. Infatti, una riduzione del genere s’imporrebbe per quanto riguarda i principi contributivi e di uguaglianza tra i lavoratori a tempo parziale e a tempo pieno e sarebbe obiettivamente giustificata dal fatto che, nel caso del lavoro a tempo parziale, la pensione di vecchiaia è il corrispettivo di una prestazione di lavoro e di una contribuzione al sistema meno significative.

50

A tal riguardo, occorre rammentare che la sola circostanza che importi di pensioni di vecchiaia siano aggiustati pro rata temporis, al fine di tener conto dell’orario di lavoro ridotto del lavoratore a tempo parziale rispetto a quello del lavoratore a tempo pieno, non può essere considerata come contraria al diritto dell’Unione (v., in tal senso, ordinanza del 17 novembre 2015, Plaza Bravo, C‑137/15, EU:C:2015:771, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

51

Tuttavia, la Corte ha altresì giudicato che un provvedimento che conduca a ridurre l’importo della pensione di vecchiaia di un lavoratore in modo sproporzionato alla rilevanza dei suoi periodi di attività ad orario ridotto non può essere considerato obiettivamente giustificato dal fatto che la pensione costituisce, in tale ipotesi, il corrispettivo di una prestazione di lavoro meno significativa (sentenza del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker, C‑4/02 e C‑5/02, EU:C:2003:583, punto 93).

52

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge che la normativa nazionale di cui al procedimento principale comporta due elementi idonei a ridurre l’importo delle pensioni di vecchiaia dei lavoratori a tempo parziale. In primo luogo, l’importo di base della pensione di vecchiaia è determinato in funzione della base contributiva, costituita dalle remunerazioni effettivamente percepite in funzione delle ore lavorate. Ne discende che detto importo di base è, per un lavoratore a tempo parziale, inferiore all’importo di base di un paragonabile lavoratore a tempo pieno. In secondo luogo, mentre detto importo di base è moltiplicato per una percentuale in funzione del numero di giorni di contributi, tale numero di giorni è esso stesso soggetto a un coefficiente di riduzione pari al rapporto tra l’orario di lavoro a tempo parziale effettivamente prestato dal lavoratore interessato e l’orario di lavoro prestato da un paragonabile lavoratore a tempo pieno.

53

Certamente, tale secondo elemento è attenuato dal fatto che, conformemente all’articolo 248, paragrafo 3, della LGSS, il numero di giorni contributivi stabilito dopo l’applicazione del coefficiente di riduzione è aumentato mediante l’applicazione di un coefficiente pari a 1,5.

54

Tuttavia, si deve sottolineare che il primo elemento, ossia il fatto che l’importo di base per un lavoratore a tempo parziale, in quanto corrispettivo di una prestazione di lavoro meno significativa, è inferiore all’importo di base di un paragonabile lavoratore a tempo pieno, è già idoneo a consentire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito che consiste, segnatamente, nella salvaguardia del sistema previdenziale di tipo contributivo.

55

Di conseguenza, l’applicazione, in aggiunta, di un coefficiente di riduzione relativo al lavoro a tempo parziale va oltre quanto necessario per raggiungere detto obiettivo e comporta nei confronti del gruppo di lavoratori che hanno lavorato a tempo parziale ridotto, ossia meno di due terzi di un paragonabile lavoro a tempo pieno, una riduzione dell’importo della pensione di vecchiaia superiore a quella che risulterebbe dalla mera presa in considerazione pro rata temporis del loro orario di lavoro.

56

In tali circostanze, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, secondo la quale l’importo della pensione di vecchiaia di tipo contributivo di un lavoratore a tempo parziale è calcolato moltiplicando un importo di base, stabilito a partire dalle retribuzioni effettivamente percepite e dai contributi effettivamente versati, per una percentuale che dipende dalla durata del periodo contributivo, periodo che è a sua volta soggetto a un coefficiente di riduzione pari al rapporto tra l’orario di lavoro a tempo parziale effettivamente prestato e l’orario di lavoro prestato da un paragonabile lavoratore a tempo pieno e maggiorato mediante l’applicazione di un coefficiente pari a 1,5, nei limiti in cui detta normativa pone in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile.

Sulla seconda questione

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Alla luce della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

Sulle spese

58

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, secondo la quale l’importo della pensione di vecchiaia di tipo contributivo di un lavoratore a tempo parziale è calcolato moltiplicando un importo di base, stabilito a partire dalle retribuzioni effettivamente percepite e dai contributi effettivamente versati, per una percentuale che dipende dalla durata del periodo contributivo, periodo che è a sua volta soggetto a un coefficiente di riduzione pari al rapporto tra l’orario di lavoro a tempo parziale effettivamente prestato e l’orario di lavoro prestato da un paragonabile lavoratore a tempo pieno e maggiorato mediante l’applicazione di un coefficiente pari a 1,5, nei limiti in cui detta normativa pone in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.

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