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Document 62018CC0384

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 10 ottobre 2019.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:852

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MACIEJ SZPUNAR

    presentate il 10 ottobre 2019 ( 1 )

    Causa C‑384/18

    Commissione europea

    contro

    Regno del Belgio

    «Inadempimento di uno Stato – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 25 – Restrizioni alle attività multidisciplinari dei contabili»

    1. 

    Con il presente ricorso per inadempimento, la Commissione chiede alla Corte di accertare che il Regno del Belgio non ha adempiuto i propri obblighi ex articolo 25 della direttiva 2006/123/CE ( 2 ) ed ex articolo 49 TFUE, in primo luogo, nel vietare l’esercizio congiunto delle attività di contabile, da un lato, e delle attività di intermediario, agente assicurativo, agente immobiliare o di qualsivoglia attività bancaria o di intermediazione finanziaria, dall’altro lato, e, in secondo luogo, nel consentire alle Chambres de l’Institut professionnel des comptables et fiscalistes agrées (Camere dell’istituto professionale dei commercialisti ed esperti contabili, in prosieguo: l’«IPCF») di vietare l’esercizio congiunto delle attività di contabile, da un lato, e di qualsiasi attività agricola, artigianale e commerciale, dall’altro lato.

    2. 

    Conformemente a una richiesta della Corte, le presenti conclusioni si limitano alla questione dell’applicabilità al caso di specie della soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Wouters e a. ( 3 ).

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3.

    I considerando 97 e 101 della direttiva 2006/123 così recitano:

    «(97)

    Occorre prevedere nella presente direttiva delle norme relative all’alta qualità dei servizi, che soddisfino in particolare requisiti di informazione e trasparenza. Tali norme dovrebbero applicarsi sia nel caso di prestazioni di servizi transfrontalieri tra Stati membri, sia nel caso di servizi offerti da un prestatore all’interno dello Stato membro in cui egli è stabilito senza imporre inutili oneri alle piccole e medie imprese. Esse non dovrebbero impedire in nessun caso agli Stati membri di applicare, conformemente alla presente direttiva e ad altre norme comunitarie, requisiti di qualità supplementari o diversi.

    (…)

    (101)

    È necessario ed è nell’interesse dei destinatari, in particolare dei consumatori, assicurare che i prestatori abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari e che le restrizioni a questo riguardo siano limitate a quanto necessario per assicurare l’imparzialità nonché l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate. Ciò lascia impregiudicati le restrizioni o i divieti relativi all’esercizio di particolari attività intesi ad assicurare l’indipendenza nei casi in cui uno Stato membro affida ad un prestatore un particolare compito, segnatamente nel settore dello sviluppo urbano e non dovrebbe incidere sull’applicazione delle norme in materia di concorrenza».

    4.

    L’articolo 25 di detta direttiva così dispone:

    «1.   Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.

    Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:

    a)

    le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;

    b)

    i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e l’imparzialità.

    2.   Quando le attività multidisciplinari tra i prestatori di cui al paragrafo 1, lettere a) e b) sono autorizzate, gli Stati membri provvedono affinché:

    a)

    siano evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività;

    b)

    siano garantite l’indipendenza e l’imparzialità che talune attività richiedono;

    c)

    le regole di deontologia professionale e di condotta relative alle diverse attività siano compatibili tra loro, soprattutto in materia di segreto professionale.

    3.   Nella relazione di cui all’articolo 39, paragrafo 1, gli Stati membri precisano i prestatori soggetti ai requisiti di cui al paragrafo 1 del presente articolo, il contenuto dei requisiti e le ragioni per le quali li ritengono giustificati».

    Diritto belga

    5.

    L’articolo 21 del codice deontologico dell’IPCF, approvato con regio decreto del 22 ottobre 2013 (in prosieguo: il «codice deontologico IPCF»), era, all’epoca, così formulato:

    «1.   La professione di contabile IPCF esterno è incompatibile con qualsiasi attività artigianale, agricola o commerciale, che sia esercitata direttamente o indirettamente, individualmente o in associazione oppure in società, come lavoratore autonomo, in qualità di gestore, amministratore, dirigente d’impresa o socio attivo.

    2.   Fatta eccezione per le attività menzionate al paragrafo 3, le Camere, previa richiesta scritta di un contabile IPCF esterno, possono derogare a tale norma a condizione che non siano pregiudicate l’indipendenza e l’imparzialità del membro e che l’attività sia accessoria. Tale decisione è sempre revocabile dalle Camere.

    Il Consiglio, inoltre, può sempre prevedere deroghe tramite direttive generali per talune attività del settore artigianale, agricolo o commerciale, diverse da quelle indicate al paragrafo 3. Il Consiglio può parimenti stabilire direttive in forza delle quali le incompatibilità non sono temporaneamente applicabili in caso di successione. Il contabile IPCF esterno, che rientra nell’ambito di applicazione delle direttive fissate dal Consiglio, deve comunicarlo alle Camere per iscritto.

    3.   Si considerano sempre pregiudizievoli per l’indipendenza e l’imparzialità del contabile esterno le seguenti attività professionali: le attività di intermediario o di agente assicurativo, di agente immobiliare, eccettuata l’attività di amministratore, e tutte le attività bancarie o di intermediazione finanziaria per le quali sia richiesta l’iscrizione presso l’Autorità dei servizi e dei mercati finanziari (FSMA)».

    6.

    Il regio decreto del 22 ottobre 2013 è stato abrogato dal regio decreto del 18 luglio 2017 recante approvazione del codice deontologico IPCF (in prosieguo: il «nuovo codice deontologico IPCF»). Il nuovo articolo 21 del codice deontologico IPCF così dispone:

    «1.   Fatte salve le attività di cui al paragrafo 2, l’esercizio di attività multidisciplinari, in qualità di persona fisica o giuridica, è autorizzato dalle Camere su richiesta scritta di un contabile IPCF esterno, purché non siano pregiudicate l’indipendenza e l’imparzialità del membro.

    2.   Si considerano sempre pregiudizievoli per l’indipendenza e l’imparzialità del contabile IPCF esterno le seguenti attività professionali, esercitate in qualità di persona fisica o giuridica: l’attività di intermediario o di agente assicurativo, di agente immobiliare, eccettuata l’attività di amministratore, nonché tutte le attività bancarie o di intermediazione finanziaria per le quali sia richiesta l’iscrizione presso [la FSMA]».

    7.

    L’articolo 458 del code pénal (codice penale), dell’8 giugno 1867, nella versione in vigore all’epoca dei fatti ( 4 ), prevede quanto segue:

    «I medici, i chirurghi, gli ufficiali sanitari, i farmacisti, le ostetriche e tutti coloro ai quali, per il loro stato o per la loro professione, vengono confidati dei segreti, sono puniti, qualora li rendano noti, con pena detentiva da otto giorni a sei mesi e con un’ammenda da EUR 100 a EUR 500, salvo che siano stati chiamati a testimoniare in giudizio o dinanzi ad una commissione parlamentare d’inchiesta o che la legge li obblighi a rendere noti i segreti di cui sono a conoscenza».

    Fatti

    Procedimento precontenzioso

    8.

    Il 17 marzo 2015 la Commissione avviava il procedimento EU Pilot 7402/15/GROW chiedendo al Regno del Belgio di fornirle informazioni in merito al divieto, per i contabili abilitati, di conciliare le loro attività di contabili con talune altre attività e di precisare le ragioni per cui attività del settore artigianale, agricolo o commerciale potevano considerarsi incompatibili con la professione di contabile.

    9.

    Il Regno del Belgio rispondeva alle domande della Commissione con lettera del 29 maggio 2015.

    10.

    Non ritenendosi soddisfatta dalla risposta, l’11 dicembre 2015 la Commissione inviava a detto Stato membro una lettera di diffida con cui sosteneva che l’articolo 21 del codice deontologico IPCF non era conforme con l’articolo 25 della direttiva 2006/123 con l’articolo 49 TFUE.

    11.

    Con lettere del 12 aprile e del 6 luglio 2016, il Regno del Belgio contestava l’infrazione addebitatagli illustrando le ragioni per cui riteneva la normativa nazionale conforme al diritto dell’Unione.

    12.

    Il 18 novembre 2016 la Commissione inviava un parere motivato a tale Stato membro, il quale rispondeva il 12 gennaio 2017. Non soddisfatta dalla risposta ricevuta, il 13 luglio 2017 la Commissione decideva di presentare un ricorso per inadempimento. Il 4 agosto 2017 il Regno del Belgio notificava alla Commissione il nuovo codice deontologico IPCF, da esso ritenuto conforme al diritto dell’Unione.

    Procedimento dinanzi alla Corte

    13.

    Non condividendo il parere di tale Stato membro, la Commissione ha proposto il presente ricorso per inadempimento. Il ricorso della Commissione è stato depositato l’8 giugno 2018.

    14.

    All’udienza del 23 maggio 2019, il Regno del Belgio e la Commissione hanno presentato osservazioni orali.

    Analisi

    Argomenti delle parti

    Commissione

    15.

    La Commissione fa valere che l’articolo 25 della direttiva 2006/123 ha lo scopo di garantire che gli Stati membri non impediscano la prestazione di servizi multidisciplinari. Essa sottolinea che, fino alla sua modifica, l’articolo 21, paragrafo 1, del codice deontologico IPCF vietava l’esercizio congiunto delle attività di contabile IPCF con, da un lato, qualsiasi attività artigianale, agricola e commerciale e, dall’altro lato, le attività di intermediario, agente assicurativo, agente immobiliare o qualsivoglia attività bancaria o di intermediazione finanziaria.

    16.

    La Commissione ritiene che esistano misure meno restrittive di quelle previste dall’articolo 21, paragrafo 1, del codice deontologico IPCF, motivo per cui quest’ultimo violerebbe sia l’articolo 25 della direttiva 2006/123 sia l’articolo 49 TFUE.

    17.

    Per quanto concerne la modifica dell’articolo 21 del codice deontologico IPCF, la Commissione rammenta che essa è avvenuta successivamente alla data stabilita per la risposta al parere motivato e che, in ogni caso, non ha posto fine all’infrazione addebitata. A tal proposito, l’articolo 21, paragrafo 2, del nuovo codice deontologico IPCF sarebbe identico all’articolo 21, paragrafo 3, della precedente versione. L’articolo 25, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123 sottoporrebbe a valutazione l’imposizione di requisiti che limitano l’esercizio di professioni regolamentate, sicché tali requisiti verrebbero ammessi solo nella misura in cui ciò fosse giustificato per garantire il rispetto delle norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione e dalla necessità di garantire l’indipendenza e l’imparzialità di tali professioni. Orbene, secondo la Commissione, il divieto assoluto di esercitare in modo congiunto le attività di contabile, da un lato, e attività di intermediario, agente assicurativo, agente immobiliare o qualsivoglia attività bancaria o di intermediazione finanziaria, dall’altro, per sua stessa natura, eccede quanto necessario per garantire il rispetto delle norme deontologiche della professione di contabile.

    18.

    La Commissione ritiene che il divieto assoluto non costituisca una misura necessaria per conseguire gli obiettivi perseguiti nei limiti in cui esistono misure meno restrittive, come le procedure interne idonee a prevenire conflitti d’interesse in materia di trasferimento delle informazioni e di garantire un’applicazione corretta delle norme sul segreto professionale.

    19.

    La Commissione fa valere che il Regno del Belgio si basa, erroneamente, sulla sentenza Wouters e a. ( 5 ) in quanto, alla luce delle circostanze di tale causa, la soluzione accolta dalla Corte nella sentenza in parola non è trasponibile al caso di specie.

    20.

    Essa ritiene che un divieto assoluto non sia, in ogni caso, proporzionato all’obiettivo perseguito. Non sarebbero, inoltre, ammissibili le ragioni addotte da detto Stato membro, vale a dire la preoccupazione di evitare gli oneri amministrativi derivanti dalla definizione di misure e di procedure interne intese a salvaguardare l’indipendenza e l’imparzialità del contabile nonché la pretesa inadeguatezza del controllo ex post.

    21.

    Per quanto riguarda l’articolo 21, paragrafi 1 e 2, del codice deontologico IPCF, che sancisce l’incompatibilità della professione di contabile con qualsiasi attività artigianale, agricola e commerciale, salvo il caso in cui le camere professionali approvino una siffatta attività, la Commissione fa valere che detta disposizione ricade nell’ambito di applicazione dell’articolo 25 della direttiva 2006/123. Il divieto di cui all’articolo 21, paragrafo 1, di detto codice non scomparirebbe per il fatto che, a norma dell’articolo 21, paragrafo 2, del codice medesimo, le camere professionali possono discrezionalmente derogarvi.

    22.

    Riguardo all’articolo 21 del nuovo codice deontologico IPCF, approvato il 18 luglio 2018, la Commissione sostiene che la procedura di autorizzazione delle attività multidisciplinari da parte delle camere professionali è mantenuta anche in questa nuova versione.

    23.

    Per quanto attiene alla necessità e alla proporzionalità della restrizione di cui all’articolo 21 del nuovo codice deontologico IPCF, la Commissione sostiene che da tale disposizione non risulta in modo evidente che l’esercizio congiunto di ogni attività artigianale, agricola e commerciale o, secondo la nuova formulazione, «di ogni altra attività» possa far sorgere conflitti di interesse e penalizzi sempre i clienti, gli altri prestatori di servizi e la società nel suo complesso. Anche qualora tale ipotesi si verificasse, le restrizioni di cui trattasi non sarebbero ammissibili per le medesime ragioni invocate a proposito delle restrizioni alle attività multidisciplinari di contabile, da un lato, e di intermediario, agente assicurativo, agente immobiliare e a qualsivoglia attività bancaria o di intermediazione finanziaria, dall’altro.

    24.

    La Commissione afferma che il Regno del Belgio non ha dimostrato che misure meno restrittive rispetto al divieto previsto all’articolo 21 non sarebbero altrettanto efficaci per conseguire gli obiettivi enunciati.

    25.

    Se è vero che la Commissione ammette un crescente intervento dei contabili in Belgio per quanto riguarda una categoria di imprese, essa sostiene tuttavia che il loro compito non è mutato, ragion per cui i contabili non avrebbero assunto né le funzioni dei revisori né il diritto di rappresentare i clienti dinanzi alle autorità fiscali.

    Regno del Belgio

    26.

    Il Regno del Belgio fa valere, da una parte, che l’articolo 25 della direttiva 2006/123 non impedisce agli Stati membri di vietare, a determinate condizioni, l’esercizio congiunto di talune professioni regolamentate. Tale Stato membro rammenta, dall’altra parte, che l’articolo 25 rientra nel capo V della direttiva medesima, il quale verte sulla «Qualità dei servizi» e riguarda, principalmente, la tutela dei consumatori. Le restrizioni alle attività multidisciplinari dovrebbero, quindi, essere limitate a quanto necessario per garantire l’imparzialità, l’indipendenza e l’integrità delle professioni regolamentate.

    27.

    Secondo detto Stato membro, i divieti di cui all’articolo 21, paragrafo 2, del nuovo codice deontologico IPCF (che corrisponde al vecchio articolo 21, paragrafo 3, del codice deontologico IPCF) sono necessari per garantire l’indipendenza e l’imparzialità dei contabili IPCF nonché per assicurare il rigoroso rispetto del segreto professionale. Tale indipendenza si tradurrebbe in un obbligo di agire esclusivamente per conto del cliente e un cumulo di attività differenti potrebbe indurre un contabile a tenere conto di considerazioni diverse da quelle esclusivamente inerenti all’interesse del proprio cliente. Ciò sarebbe particolarmente significativo se si tenesse conto del fatto che gli agenti immobiliari, gli intermediari assicurativi e gli agenti di borsa sono remunerati in base a una commissione, il cui importo può risultare più elevato rispetto agli onorari percepiti per l’attività di contabile, ragion per cui potrebbe sorgere un conflitto d’interessi.

    28.

    Inoltre, l’esercizio congiunto dell’attività di contabile IPCF, che è soggetto all’obbligo del rispetto del segreto professionale, la cui violazione dà luogo a sanzioni penali, e di altre professioni che non sono assoggettate a un obbligo del genere pregiudicherebbe la capacità del contabile di garantire il rispetto del suddetto obbligo.

    29.

    Il Regno del Belgio respinge l’argomento della Commissione secondo cui il fatto che l’obbligo del rispetto del segreto professionale sia limitato significherebbe che il divieto di cui trattasi non è necessario. Dalla sentenza Wouters e a. ( 6 ) risulterebbe che è sufficiente l’esistenza di una «certa incompatibilità» tra gli obblighi delle professioni di avvocato, da un lato, e di revisori dei conti, dall’altro, per giustificare il divieto di collaborazione tra le due professioni in parola.

    30.

    Riguardo alla proporzionalità della restrizione di cui trattasi, detto Stato membro sostiene che l’articolo 25, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/123 non prevede alcun divieto da considerarsi, per sua stessa natura, non giustificato. Inoltre, la restrizione di cui all’articolo 21 del codice deontologico IPCF sarebbe proporzionata, in quanto non introdurrebbe un divieto di portata generale e assoluta relativo a tutte le attività multidisciplinari, ma concernerebbe esclusivamente attività rigorosamente individuate. Misure alternative non sarebbero altrettanto efficaci per salvaguardare l’indipendenza della professione di contabile IPCF e l’obbligo di rispettare il segreto professionale cui lo stesso è tenuto.

    31.

    Per quanto concerne l’incompatibilità della professione di contabile con qualsiasi attività artigianale, agricola e commerciale, il Regno del Belgio fa valere che l’articolo 21 del codice deontologico IPCF prevedeva la possibilità di derogare a tale divieto su autorizzazione concessa dalle camere professionali, purché fossero soddisfatte due condizioni, vale a dire, da un lato, l’accessorietà dell’attività parallela del contabile e, dall’altro, la non compromissione dell’indipendenza e dell’imparzialità del contabile. In pratica, l’autorizzazione sarebbe stata sempre rilasciata.

    32.

    Detto Stato membro sostiene che l’articolo 21 del nuovo codice deontologico IPCF prevede che l’esercizio congiunto della professione di contabile con altre attività, definite genericamente, è sempre autorizzato su semplice richiesta scritta alle camere professionali purché non siano pregiudicate l’indipendenza e l’imparzialità del contabile. Tale disposizione, pertanto, introdurrebbe un sistema in cui l’autorizzazione è sempre concessa, potendo essere negata solo in via eccezionale qualora la condizione dell’indipendenza, che costituirebbe ormai l’unico requisito da soddisfare, non fosse rispettata.

    33.

    Il Regno del Belgio ritiene che, nei limiti in cui l’articolo 25 della direttiva 2006/123 ammette anche il divieto delle attività multidisciplinari, se proporzionato e giustificato alla luce dell’obiettivo della salvaguardia dell’indipendenza e dell’imparzialità, la procedura di autorizzazione, che ha l’unico scopo di verificare se saranno salvaguardate l’indipendenza e l’imparzialità dei contabili, non violi le prescrizioni di tale articolo.

    34.

    Tale Stato membro contesta, inoltre, il rigetto da parte della Commissione del suo argomento secondo cui misure alternative non sarebbero efficaci quanto un divieto. Tale argomento, infatti, risulterebbe dalle conclusioni presentate nella causa Wouters e a. ( 7 ), in cui l’avvocato generale Léger ha esaminato se l’obiettivo della tutela dell’indipendenza degli avvocati possa, di fatto, essere conseguito in modo simile ma mediante provvedimenti meno vincolanti di un divieto assoluto, concludendo che le misure alternative sollevano problemi pratici.

    35.

    Secondo il Regno del Belgio, la Commissione propone misure alternative teoriche senza tuttavia dimostrarne l’idoneità a conseguire l’obiettivo perseguito. Dimostrando che le misure proposte dalla Commissione non sarebbero efficaci in un mercato come quello belga dei contabili IPCF, poco concentrato e caratterizzato dalla presenza di microimprese, tale Stato membro ritiene, al contrario, di aver provato sia le difficoltà pratiche di attuazione delle misure alternative sia la loro inefficacia.

    36.

    Riguardo all’articolo 21, paragrafo 1, del nuovo codice deontologico IPCF, detto Stato membro fa valere che la nuova formulazione non determina un aggravamento dell’inadempimento addebitatogli. Sia l’articolo 21 sia il preambolo del nuovo codice deontologico IPCF indicherebbero chiaramente che la regola generale è l’autorizzazione, tranne in caso di pregiudizio all’indipendenza e all’imparzialità, circostanza che incombe alle camere professionali dimostrare. Lo stesso Stato membro sottolinea che i criteri di diniego sono non discriminatori, noti in anticipo e circoscritti a quelli previsti dall’articolo 25 della direttiva 2006/123.

    Valutazione

    37.

    Su richiesta della Corte, incentrerò la mia analisi sulla questione dell’applicabilità della giurisprudenza derivante dalla sentenza Wouters e a. ( 8 ) al caso di specie. Di conseguenza, mi focalizzerò sulla questione del divieto di esercizio congiunto.

    In generale – Sull’articolo 25 della direttiva 2006/123

    38.

    Alcune brevi osservazioni generali sull’interpretazione dell’articolo 25 della direttiva 2006/123 mi sembrano necessarie.

    39.

    L’articolo 25 della direttiva 2006/123 prevede un esame in tre tappe. In primo luogo, gli Stati membri provvedono affinché i prestatori ( 9 ) non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse ( 10 ). In secondo luogo, alle professioni regolamentate ( 11 ) possono essere imposti tali requisiti nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità ( 12 ). In terzo luogo, quando siffatte attività multidisciplinari sono autorizzate, gli Stati membri provvedono affinché siano evitati i conflitti di interesse e le incompatibilità tra determinate attività, siano garantite l’indipendenza e l’imparzialità che talune attività richiedono e le regole di deontologia professionale e di condotta relative alle diverse attività siano compatibili tra loro, soprattutto in materia di segreto professionale.

    40.

    L’articolo 25 della direttiva 2006/123 è inteso ad eliminare gli ostacoli alle attività multidisciplinari dei prestatori di servizi. Il legislatore ritiene sia necessario e nell’interesse dei destinatari, in particolare dei consumatori, assicurare che i prestatori abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari ( 13 ). Ne consegue, a mio avviso, che, in conformità con la finalità generale della direttiva medesima di eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori e la libera circolazione dei servizi ( 14 ), l’obbligo per gli Stati membri è indipendente dall’esistenza di un ostacolo concreto a una libertà fondamentale ( 15 ).

    41.

    Il rapporto tra regola ed eccezione, che è sotteso a tutta la direttiva 2006/123 nonché, più essenzialmente, al mercato interno nel suo complesso, si applica anche in questa sede: la libertà fondamentale, che è espressione dell’interesse dell’Unione, costituisce la regola, mentre la possibilità per uno Stato membro di porre limiti a tale regola costituisce l’eccezione. Ne deriva che l’eccezione va interpretata restrittivamente, contrariamente alla regola che dev’essere intesa in senso ampio. L’eccezione, inoltre, deve rispettare gli altri principi del diritto dell’Unione, fra cui, in particolare, il principio di proporzionalità.

    42.

    Pertanto, nel contesto dell’articolo 25 della direttiva 2006/123, per quanto concerne la deroga alla regola, lo stesso ragionamento dev’essere applicato all’onere della prova, la quale incombe allo Stato membro. Ciò discende altresì dai termini «nella misura in cui» dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/123. Su tale punto, occorre respingere la premessa dell’argomento del Regno del Belgio, dedotto segnatamente nel suo controricorso, secondo cui l’obiettivo dell’articolo 25 della direttiva 2006/123 consisterebbe nel disciplinare la libertà degli Stati membri di prevedere un divieto di esercizio delle attività multidisciplinari. Infatti, come correttamente sottolinea la Commissione, l’obiettivo della disposizione in parola risiede, al contrario, nel provvedere affinché i prestatori di servizio non siano assoggettati a requisiti che limitino, tra l’altro, l’esercizio congiunto o in associazione, di attività diverse.

    In particolare – Sul divieto di esercizio congiunto

    43.

    Come risulta dalla presentazione del contesto normativo, la regolamentazione di cui trattasi, vale a dire il codice deontologico IPCF, approvato con regio decreto del 22 ottobre 2013, è stata abrogata e sostituita dal codice deontologico IPCF, approvato con regio decreto del 18 luglio 2017.

    44.

    L’articolo 21, paragrafo 2, del nuovo codice deontologico IPCF è sostanzialmente identico all’articolo 21, paragrafo 3, del vecchio codice deontologico IPCF ( 16 ).

    45.

    Tali disposizioni contemplano un divieto assoluto di esercitare in modo congiunto le attività di contabile e le attività di intermediario o agente assicurativo, agente immobiliare e qualsiasi attività bancaria o di intermediazione finanziaria. Si tratta di una restrizione imposta alle attività multidisciplinari che limita la gamma dei servizi disponibili e ostacola l’introduzione di nuovi modelli commerciali.

    46.

    Un divieto del genere rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123.

    47.

    Poiché i contabili IPCF esercitano una professione regolamentata, il Regno del Belgio può invocare l’articolo 25, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/123. Si pone quindi la questione se il divieto di cui trattasi sia, in primo luogo, giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione e, in secondo luogo, necessario per garantire l’indipendenza e l’imparzialità di tali professioni. Queste due condizioni devono ricorrere cumulativamente.

    48.

    Ritengo che il Regno del Belgio non abbia provato il carattere necessario della misura controversa.

    49.

    Tale Stato membro invoca la sentenza Wouters e a. ( 17 ) al fine di dimostrare la necessità del divieto di cui trattasi.

    50.

    L’argomento del Regno del Belgio, tuttavia, non mi convince, poiché la situazione dei contabili in Belgio è, nella specie, notevolmente diversa da quella degli avvocati nei Paesi Bassi di cui trattavasi nella causa che ha dato luogo alla sentenza in parola.

    51.

    Fra le diverse questioni affrontate nella sentenza Wouters e a. ( 18 ), sentenza che ha verosimilmente ispirato il legislatore dell’Unione nella redazione dell’articolo 25 della direttiva 2006/123, figurava quella della compatibilità con il diritto dell’Unione ( 19 ) di una normativa nazionale che vietava rapporti di collaborazione integrata tra avvocati e revisori dei conti.

    52.

    In tale contesto, la Corte ha anzitutto constatato che, secondo le concezioni vigenti nella normativa nazionale ( 20 ), l’avvocato si trova in una situazione di indipendenza nei confronti dei pubblici poteri, degli altri operatori e dei terzi, di cui non deve mai subire l’influenza. Egli deve offrire, a questo proposito, la garanzia che tutte le iniziative da lui prese in una pratica lo siano alla luce del solo interesse del cliente ( 21 ). La Corte ha parimenti constatato che la professione dei revisori dei conti non è invece soggetta, in generale e più in particolare nel caso nazionale di specie, ad obblighi deontologici analoghi.

    53.

    Rinviando alle conclusioni dell’avvocato generale Léger in tale causa ( 22 ), la Corte ha poi sottolineato che può esistere una certa incompatibilità tra l’attività di «consulenza», svolta dall’avvocato, e l’attività di «controllo», svolta dal revisore dei conti. Nel caso di specie, infatti, il revisore dei conti svolgeva una funzione di certificazione dei conti, il che comportava che egli procedesse a un esame e a un controllo obiettivi della contabilità dei clienti, in maniera tale da poter comunicare ai terzi interessati la sua opinione personale quanto all’affidabilità di tali dati contabili. Il revisore dei conti non era quindi soggetto ad un segreto professionale analogo a quello dell’avvocato ( 23 ).

    54.

    In tali circostanze, la Corte ha statuito che gli effetti restrittivi della concorrenza non eccedevano quanto necessario per assicurare il corretto esercizio della professione di avvocato ( 24 ).

    55.

    Non vedo come la sentenza Wouters e a. ( 25 ) possa essere utile per la soluzione della presente controversia, per i motivi esposti nel prosieguo.

    56.

    In tale sentenza, la Corte non si è pronunciata sugli obblighi professionali dei revisori dei conti nell’ambito dell’esercizio di attività multidisciplinari con altre professioni quali quelle di cui trattasi.

    57.

    La Corte, al contrario, si è pronunciata sulla professione di revisore dei conti nel quadro di una distinzione tra la professione di avvocato e quella di revisore dei conti, allo scopo di valutare gli effetti per la struttura del mercato in materia di consulenza legale e la giustificazione del divieto per un avvocato di esercitare la professione in modo congiunto con un revisore dei conti.

    58.

    Lungi dal formulare osservazioni generali sulle nozioni di indipendenza e imparzialità nel contesto delle professioni regolamentate, l’esame della Corte in detta causa era limitato alla specifica situazione degli avvocati e dei revisori dei conti nei Paesi Bassi.

    59.

    In altre parole, anche laddove si dovesse ritenere che la situazione di un avvocato e quella di un revisore di conti, come nella sentenza Wouters e a. ( 26 ), ricadessero nell’ambito di applicazione dell’articolo 25 della direttiva 2006/123, ciò non significherebbe per questo che tutte le situazioni che rientrano in tale disposizione debbano condurre allo stesso risultato cui è giunta la Corte nella sentenza in parola. Osservo, al riguardo, che detta sentenza è menzionata solo a titolo di esempio nel manuale della Commissione per l’attuazione della direttiva servizi ( 27 ).

    60.

    L’argomento del Regno del Belgio si risolve nell’assimilare la situazione dei contabili a quella degli avvocati per quanto riguarda la loro indipendenza e imparzialità. Orbene, la professione di contabile è notevolmente diversa da quella di avvocato e tale argomento non può pertanto essere accolto.

    61.

    L’indipendenza di un avvocato, infatti, è essenziale nell’ambito della sua attività di assistenza e di rappresentanza in giudizio. Come ha sottolineato l’avvocato generale Léger nelle sue conclusioni nella causa Wouters e a. ( 28 ), «l’avvocato garantisce, in uno Stato di diritto, il carattere effettivo del principio dell’accesso dei singoli al diritto e agli organi giurisdizionali». Gli obblighi relativi all’indipendenza, al rispetto del segreto professionale e alla necessità di evitare i conflitti di interesse sono specificamente intesi ad agevolare tale compito.

    62.

    Un contabile IPCF, invece, come correttamente sottolinea la Commissione, non esercita alcuna funzione di rappresentanza dei propri clienti dinanzi alle pubbliche autorità. Il compito di un contabile attiene alla coerenza e all’attendibilità dei conti. In tale contesto, egli può proporre al soggetto cui presta consulenza soluzioni tecniche ai vincoli economici ed elaborare dichiarazioni fiscali e sociali nonché documenti tecnici.

    63.

    Date le circostanze, la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Wouters e a. ( 29 ) non può essere invocata per giustificare un divieto assoluto per un contabile di esercitare un’attività multidisciplinare al fine di garantirne l’indipendenza e l’imparzialità.

    64.

    Di conseguenza, ritengo che l’articolo 21 del codice deontologico IPCF non sia necessario per garantire l’indipendenza e l’imparzialità della professione di contabile.

    Conclusione

    65.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di non trasporre il ragionamento che ha seguito nella sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2002:98) al fine di stabilire se il Regno del Belgio non abbia adempiuto i propri obblighi ex articolo 25 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, nel vietare l’esercizio congiunto delle attività di contabile, da un lato, e delle attività di intermediario, agente assicurativo, agente immobiliare o di qualsivoglia attività bancaria o di intermediazione finanziaria, dall’altro lato.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).

    ( 3 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

    ( 4 ) La modifica del citato articolo, entrata in vigore il 3 agosto 2017, ha inasprito le sanzioni per cui la violazione dell’obbligo di mantenere il segreto professionale è ora sanzionata con una pena detentiva da uno a tre anni e con un’ammenda da EUR 100 a EUR 1000 o con solo una di tali sanzioni.

    ( 5 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

    ( 6 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 104).

    ( 7 ) C‑309/99, EU:C:2001:390.

    ( 8 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

    ( 9 ) Il termine «prestatore» è definito all’articolo 4, punto 2, della direttiva 2006/123 come «qualsiasi persona fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o qualsiasi persona giuridica di cui all’articolo [54 TFUE], stabilita in uno Stato membro, che offre o fornisce un servizio».

    ( 10 ) V. articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123.

    ( 11 ) Quanto alla nozione di «professione regolamentata», l’articolo 4, punto 11, della direttiva 2006/123 rinvia all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), in forza del quale costituisce una professione regolamentata un’«attività, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali; in particolare costituisce una modalità di esercizio l’impiego di un titolo professionale riservato da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a chi possiede una specifica qualifica professionale».

    ( 12 ) V. articolo 25, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/123.

    ( 13 ) V. considerando 101 della direttiva 2006/123.

    ( 14 ) V. articolo 1, paragrafo 1, e considerando 5 della direttiva 2006/123.

    ( 15 ) V. altresì, in tal senso, Schlachter, M./Ohler, Chr., Europäische Dienstleistungsrichtlinie, Handkommentar, Nomos, Baden-Baden, 2008, articolo 25, punto 1.

    ( 16 ) La mia analisi è quindi valida per entrambe le versioni del codice deontologico.

    ( 17 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

    ( 18 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

    ( 19 ) Il fatto che la Corte abbia affrontato la questione della compatibilità della normativa nazionale sotto il profilo del diritto della concorrenza (articolo 101 TFUE) è privo di influenza nell’ambito della presente causa.

    ( 20 ) Dei Paesi Bassi, nella fattispecie.

    ( 21 ) V. sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 102).

    ( 22 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2001:390, paragrafi 185186).

    ( 23 ) V. sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 104).

    ( 24 ) V. sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 109).

    ( 25 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

    ( 26 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

    ( 27 ) V. punto 8.4.1 di tale manuale.

    ( 28 ) Conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2001:390, paragrafo 175).

    ( 29 ) Sentenza del 19 febbraio 2002 (C‑309/99, EU:C:2002:98).

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