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Document 62018CC0325

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 7 agosto 2018.
Hampshire County Council contro C.E. e N.E.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Court of Appeal (Irlanda).
Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Sottrazione internazionale di minori – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Articolo 11 – Domanda di rientro – Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 – Istanza per la dichiarazione di esecutività – Ricorso – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Termine di presentazione del ricorso – Ordinanza di exequatur – Esecuzione prima della notifica di detta ordinanza.
Cause riunite C-325/18 PPU e C-375/18 PPU.

Identifiant ECLI: ECLI:EU:C:2018:654

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 7 agosto 2018 ( 1 )

Cause riunite C‑325/18 PPU e C‑375/18 PPU

Hampshire County Council

contro

C.E.,

e N.E.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda)]

«Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale – Coordinamento con la Convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori – Istanza per la dichiarazione di esecutività – Opposizione – Termine di presentazione di detto ricorso – Possibilità di proroga – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Portata – Esecuzione di una decisione prima della notifica della dichiarazione di esecutività di tale decisione ai genitori interessati – Salvaguardia dell’effetto utile dell’opposizione avverso la dichiarazione di esecutività – Ingiunzione cautelare»

Indice

 

I. Introduzione

 

II. Contesto normativo

 

A. Diritto internazionale e diritto dell’Unione

 

1. Convenzione dell’Aia

 

2. Regolamento n. 2201/2003

 

B. Diritto irlandese

 

III. Fatti

 

IV. Procedimento dinanzi alla Corte e questioni pregiudiziali

 

V. Valutazione

 

A. Sulla ricevibilità dei rinvii pregiudiziali

 

B. Sulla prima questione pregiudiziale nella causa C‑325/18 PPU

 

1. Possibilità di chiedere l’exequatur di una decisione riguardante la responsabilità genitoriale in forza del regolamento n. 2201/2003, indipendentemente dall’iter dell’Aia

 

2. Impossibilità di richiedere, in forza del regolamento n. 2201/2003, l’exequatur di una decisione che ordina il ritorno di un minore non collegata a una decisione relativa alla responsabilità genitoriale

 

3. Conclusione intermedia

 

C. Sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale nel procedimento C‑325/18 PPU, nonché sulla questione pregiudiziale nel procedimento C‑375/18 PPU

 

1. Sul termine (seconda e terza questione pregiudiziale nella causa C‑325/18 PPU)

 

a) Osservazioni preliminari

 

b) Sulla possibilità di prorogare il termine previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003

 

c) Sul bilanciamento da effettuare al momento della proroga del termine di ricorso previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003

 

1) L’ampiezza del superamento del termine

 

2) Gli obiettivi del regolamento n. 2201/2003

 

3) La violazione del diritto a un ricorso effettivo

 

4) Il nesso causale tra il mancato rispetto del termine e il comportamento dell’amministrazione

 

5) Il comportamento delle parti

 

d) Conclusione intermedia

 

2. Sull’ingiunzione (causa C‑375/18 PPU)

 

a) Osservazioni preliminari

 

b) Sul divieto di anti‑suit injunctions

 

c) Sull’utilità di un’ingiunzione cautelare nelle circostanze di cui al procedimento principale

 

d) Conclusione intermedia

 

VI. Conclusione

I. Introduzione

1.

Il regolamento (CE) n. 2201/2003, cosiddetto «regolamento Bruxelles II bis» ( 2 ), è l’atto dell’Unione che diviene rilevante, in particolare, quando si tratta di riconoscere e di eseguire una decisione relativa alla responsabilità genitoriale in un altro Stato membro. Per i casi di sottrazione illecita di minori in violazione del diritto di affidamento, detto regolamento integra e completa le disposizioni della Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aia il 25 ottobre 1980 (in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia»).

2.

La causa in esame solleva la questione del rapporto tra questi due atti nel caso in cui una famiglia inglese, sotto la minaccia dell’allontanamento dei figli da parte di un’autorità locale incaricata della tutela dei minori, sia fuggita in Irlanda con un neonato di due o tre giorni e con due bambini di tre e cinque anni.

3.

L’autorità locale ha quindi ottenuto, in assenza dei genitori, anzitutto, da parte di un giudice inglese, un’ordinanza che sottoponeva i minori a tutela giudiziaria e ordinava il loro ritorno in Inghilterra, e successivamente, da parte di un giudice irlandese, una decisione di exequatur in base al regolamento n. 2201/2003. Infine, ancor prima di notificare tale decisione di exequatur ai genitori, l’autorità inglese, assistita dagli omologhi irlandesi, ha proceduto all’esecuzione riportando i minori in Inghilterra all’insaputa dei genitori. Questi ultimi hanno quindi proposto, in Irlanda, con due giorni di ritardo rispetto al termine previsto dal regolamento n. 2201/2003, un’opposizione contro la decisione di exequatur. Nel frattempo, l’autorità inglese ha avviato, in Inghilterra, una procedura di adozione del neonato.

4.

È in tali circostanze che il giudice del rinvio chiede alla Corte, anzitutto, se il fatto che l’autorità inglese abbia applicato le disposizioni generali del regolamento n. 2201/2003 sull’esecuzione delle decisioni pronunciate in un altro Stato membro, al fine di ottenere l’exequatur della decisione inglese in Irlanda, abbia costituito un modo di eludere le procedure specifiche previste, nei casi di sottrazione internazionale di minori, dalla Convenzione dell’Aia, in combinato disposto con il regolamento n. 2201/2003.

5.

Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se il termine previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003 per la presentazione di un’opposizione contro la decisione di exequatur possa essere prorogato, in particolare nel caso in cui una decisione sia stata eseguita prima della notifica della dichiarazione di exequatur alla persona contro la quale è stata chiesta l’esecuzione.

6.

Infine, il giudice del rinvio, che è altresì investito di una domanda di provvedimenti provvisori diretta a ottenere la pronuncia, nei confronti dell’autorità inglese, di un’ingiunzione cautelare che vieti a tale autorità di proseguire la procedura di adozione del neonato e di avviare una procedura di adozione per i due figli maggiori, chiede alla Corte di rispondere alla questione se il diritto dell’Unione osti a che esso pronunci siffatta ingiunzione nei confronti di un organismo pubblico di un altro Stato membro.

II. Contesto normativo

A. Diritto internazionale e diritto dell’Unione

1.   Convenzione dell’Aia

7.

Ai sensi del suo articolo 1, la Convenzione dell’Aia si propone, in particolare, «di assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente».

8.

In forza dell’articolo 3 della Convenzione dell’Aia, il trasferimento o il mancato rientro di un minore è considerato illecito:

«a)

quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro;

(…)

Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato».

9.

Ai sensi dell’articolo 12, comma 1, della Convenzione dell’Aia:

«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore fino alla presentazione dell’istanza presso l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato».

10.

L’articolo 13 della Convenzione dell’Aia così recita:

«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

(…)

b)

che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.

L’autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere. (…)».

2.   Regolamento n. 2201/2003

11.

L’articolo 1 del regolamento n. 2201/2003 dispone quanto segue:

«1.   Il presente regolamento si applica, indipendentemente dal tipo di autorità giurisdizionale, alle materie civili relative:

(…)

b)

all’attribuzione, all’esercizio, alla delega, alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale.

2.   Le materie di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano in particolare:

a)

il diritto di affidamento e il diritto di visita;

b)

la tutela, la curatela ed altri istituti analoghi;

c)

la designazione e le funzioni di qualsiasi persona o ente aventi la responsabilità della persona o dei beni del minore o che lo rappresentino o assistano;

d)

la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un istituto;

(…)

Il presente regolamento non si applica:

(…)

b)

alla decisione relativa all’adozione, alle misure che la preparano o all’annullamento o alla revoca dell’adozione;

(…)».

12.

A norma dell’articolo 2 del regolamento n. 2201/2003, si intende per:

«4)

“decisione”: (…) una decisione relativa alla responsabilità genitoriale [emessa dal giudice di uno Stato membro]

(…)

7)

“responsabilità genitoriale”: i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita;

(…)

9)

“diritto di affidamento”: i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza;

(…)

11)

“trasferimento illecito o mancato ritorno del minore”: il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

a)

quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro (…)».

13.

Il capo II del regolamento n. 2201/2003 è intitolato «Competenza» e contiene in particolare l’articolo 11, intitolato «Ritorno del minore», che dispone quanto segue:

«1.   Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (in seguito “la convenzione dell’Aia del 1980”) per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

(…)

4.   Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della convenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

(…)

6.   Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.   A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stata adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.   Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

14.

L’articolo 20, anch’esso contenuto nel capo II, dispone quanto segue:

«1.   In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.

(…)».

15.

Il capo III del regolamento n. 2201/2003 contiene disposizioni relative al «Riconoscimento e [all’]esecuzione». A tal riguardo, la sezione 1 («Riconoscimento») contiene in particolare l’articolo 21, intitolato «Riconoscimento delle decisioni», il cui paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento».

16.

L’articolo 23 del regolamento n. 2201/2003, enuncia i «Motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale», ossia:

«Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti:

a)

se, tenuto conto dell’interesse superiore del minore, il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto;

b)

se, salvo i casi d’urgenza, la decisione è stata resa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto;

c)

quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione;

d)

su richiesta di colui che ritiene che la decisione sia lesiva della propria responsabilità genitoriale, se è stata emessa senza dargli la possibilità di essere ascoltato;

(…)».

17.

La sezione 2 del capo III del regolamento n. 2201/2003 reca il titolo «Istanza per la dichiarazione di esecutività» e contiene in particolare l’articolo 28 («Decisioni esecutive») il cui paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Le decisioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale su un minore, emesse ed esecutive in un determinato Stato membro, sono eseguite in un altro Stato membro dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della parte interessata, purché siano state notificate».

18.

L’articolo 31 del regolamento n. 2201/2003 prevede, al riguardo, quanto segue:

«1.   L’autorità giurisdizionale adita decide senza indugio. In questa fase del procedimento, né la parte contro la quale l’esecuzione viene chiesta né il minore possono presentare osservazioni.

2.   L’istanza può essere respinta solo per uno dei motivi di cui agli articoli 22, 23 e 24.

3.   In nessun caso la decisione può formare oggetto di un riesame del merito».

19.

L’articolo 33 del regolamento n. 2201/2003, intitolato «Opposizione», dispone quanto segue:

«1.   Ciascuna delle parti può proporre opposizione contro la decisione resa sull’istanza intesa a ottenere una dichiarazione di esecutività.

(…)

3.   Il ricorso è esaminato secondo le norme sul procedimento in contraddittorio.

4.   Se l’opposizione è proposta dalla parte che ha richiesto la dichiarazione di esecutività, la parte contro cui l’esecuzione viene fatta valere è chiamata a comparire davanti all’autorità giurisdizionale dell’opposizione. (…)

5.   L’opposizione contro una dichiarazione di esecutività deve essere proposta nel termine di un mese dalla notificazione della stessa. Se la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione ha la residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata rilasciata la dichiarazione di esecutività, il termine è di due mesi a decorrere dalla data della notificazione in mani proprie o nella residenza. Detto termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza».

20.

L’articolo 35, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 così recita:

«L’autorità giurisdizionale dinanzi alla quale è proposta l’opposizione a norma dell’articolo 33 o dell’articolo 34 può, su istanza della parte contro la quale è chiesta l’esecuzione, sospendere il procedimento di esecuzione se la decisione è stata impugnata nello Stato membro d’origine con un mezzo ordinario o se il termine per proporre l’impugnazione non è ancora scaduto. In quest’ultimo caso l’autorità giurisdizionale può fissare un termine per proporre tale impugnazione».

21.

L’articolo 40 del regolamento n. 2201/2003 definisce il campo di applicazione della sezione 4 del capo III di detto regolamento e dispone quanto segue:

«1.   La presente sezione si applica:

a)

al diritto di visita;

e

b)

al ritorno del minore ordinato in seguito a una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8.

2.   Le disposizioni della presente sezione non ostano a che il titolare della responsabilità genitoriale chieda il riconoscimento e l’esecuzione in forza delle disposizioni contenute nelle sezioni 1 e 2 del presente capo».

22.

L’articolo 42, contenuto nella sezione 4, prevede quanto segue:

«1.   Il ritorno del minore di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata nello Stato membro d’origine conformemente al paragrafo 2.

Anche se la legislazione nazionale non prevede l’esecutività di diritto, nonostante eventuali impugnazioni, di una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’articolo 11, paragrafo 8, l’autorità giurisdizionale può dichiarare che la decisione in questione è esecutiva.

2.   Il giudice di origine che ha emanato la decisione di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), rilascia il certificato di cui al paragrafo 1 solo se:

a)

il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità;

b)

le parti hanno avuto la possibilità di essere ascoltate; e

c)

l’autorità giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la sua decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso conformemente all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980».

(…)».

B. Diritto irlandese

23.

L’articolo 122 delle Rules of the Superior Courts (regolamento di procedura degli organi giurisdizionali di grado superiore) è intitolata «Termini», e il suo paragrafo 7 stabilisce quanto segue:

«Il giudice di grado superiore ha il potere di prorogare o di abbreviare qualsiasi termine stabilito dalle disposizioni del presente regolamento di procedura o fissato da un’ordinanza di proroga del termine, per il compimento di un atto o l’introduzione di un atto procedurale, alle condizioni che esso dispone a seconda dei casi. Una proroga può essere decisa anche quando la domanda di proroga è stata presentata dopo la scadenza del termine impartito o autorizzato».

III. Fatti

24.

La causa in esame riguarda una famiglia composta dalla madre ( 3 ), attualmente di 24 anni, dai suoi tre figli, attualmente di 6 anni ( 4 ), di 4 anni ( 5 ) e di circa 11 mesi ( 6 ), nonché dal coniuge ( 7 ), attualmente di 26 anni, padre del neonato e padre acquisito dei due figli maggiori.

25.

Dal fascicolo del procedimento principale emerge che, quando vivevano in Inghilterra, la madre e i due figli maggiori sono stati sottoposti a sorveglianza da parte di un’autorità locale incaricata della tutela dei minori, l’Hampshire County Council (Consiglio della contea dell’Hampshire, Regno Unito) ( 8 ), per diversi anni. Le preoccupazioni dell’HCC, in tale contesto, riguardavano in particolare la mancanza di igiene e di salubrità dell’abitazione, un aumento di peso del secondo figlio, violenze domestiche nei confronti della madre da parte del padre del secondo figlio quando viveva con lei, il possesso di piante di cannabis da parte del padre del secondo figlio nonché, nel complesso, il rischio di negligenza nella sorveglianza dei figli.

26.

Durante il 2015 e il 2016 la madre ha partecipato a un programma destinato alle vittime di violenze domestiche ( 9 ), si è separata dal padre del secondo figlio e ha intrapreso iniziative al fine di proteggere se stessa e di proteggere i propri figli. Inoltre, le condizioni di igiene domestica sono migliorate.

27.

Tuttavia, durante la prima metà del 2017, i due figli maggiori sono stati sottoposti nuovamente a un piano di sorveglianza da parte dell’HCC, motivato principalmente dalla trascuratezza delle condizioni di vita dei minori e delle condizioni di igiene domestica. Inoltre, l’HCC si è dichiarato preoccupato per il fatto che la madre aveva avviato una relazione con il padre dalla fine del 2016, sebbene a quest’ultimo e alla sua ex compagna fosse stata revocata la custodia dei figli per il fatto che uno di essi era stato vittima di un ferimento non accidentale e che non si poteva escludere che il padre fosse stato l’autore dell’aggressione, anche se la polizia non era stata in grado di provare tale circostanza. L’HCC ha altresì espresso preoccupazione per il fatto che il primo figlio aveva riferito di aver ricevuto dal padre una sculacciata e non era chiaro se ciò fosse avvenuto nel corso di una lotta a scopo ludico o di una punizione inopportuna.

28.

Senza mai menzionare l’opzione dell’adozione dei due figli maggiori, l’HCC ha considerato le varie possibilità di collocamento per questi ultimi, in particolare presso una famiglia affidataria, presso la nonna materna o ancora presso i rispettivi padri. In tale contesto, l’HCC ha ritenuto che i minori fossero troppo giovani per poter prendere in considerazione il loro punto di vista. L’HCC ha anche osservato che la madre aveva fatto presente che, se fosse stato deciso che i figli non avrebbero potuto restare con lei, avrebbe preferito che fossero affidati alla propria madre, vale a dire alla nonna materna.

29.

Dalle relazioni dell’HCC, nonché dalle relazioni fornite dalla scuola del primo figlio e dall’asilo del secondo figlio, risulta inoltre che i due figli maggiori avevano un buon rapporto con la nonna e che le loro condizioni erano migliorate da quando quest’ultima aiutava la madre e la mattina li accompagnava a scuola e all’asilo. Inoltre, dalle relazioni fornite durante l’estate 2017 dalla scuola del primo figlio e dall’asilo del secondo figlio risulta, in particolare, che i minori erano socievoli e avevano con la madre un rapporto particolarmente affettuoso. Infine, tali relazioni danno atto della circostanza che i genitori erano stati reattivi e avevano chiesto consigli per migliorare le condizioni di vita e igieniche oggetto di critiche dei servizi sociali, il che aveva effettivamente comportato un miglioramento di dette condizioni.

30.

Il 30 giugno 2017 la Family Court di Portsmouth (Tribunale per le cause in materia di diritto di famiglia di Portsmouth, Regno Unito) ha adottato un provvedimento di affidamento temporaneo («interim care order») a favore dell’HCC, riguardante i due figli maggiori. Detto provvedimento conferiva la potestà genitoriale all’HCC e prevedeva, in particolare, il divieto di allontanare i minori dal Regno Unito. Nonostante i progetti di affidamento dell’HCC, i minori sono stati lasciati in un primo tempo con i genitori. Nel corso dell’udienza svoltasi nell’ambito di tale procedura, la persona incaricata di rappresentare l’interesse dei minori ( 10 ) ha espresso il proprio disaccordo riguardo al progetto di affidamento dei minori predisposto dall’HCC.

31.

Secondo le affermazioni dell’HCC, nell’agosto 2017, la menzionata amministrazione ha comunicato ai genitori che intendeva ottenere una decisione giudiziaria relativa alla custodia del neonato dopo la sua nascita. L’HCC ha inoltre avvertito i genitori che si sarebbe opposto a qualsiasi contatto non sorvegliato tra il padre e il neonato.

32.

Il neonato è venuto alla luce all’ospedale all’inizio del settembre 2017 e la madre e il bambino sono rientrati a casa il giorno stesso della nascita o il giorno successivo ( 11 ).

33.

Uno o due giorni dopo dalla nascita del bambino ( 12 ), alcuni assistenti sociali dell’HCC si sono recati presso l’abitazione dei genitori e hanno comunicato loro la modifica del piano di affidamento dei minori da parte dell’HCC, consistente nell’allontanare i figli dai genitori. Inoltre, uno degli assistenti sociali e i genitori hanno firmato un accordo secondo il quale il padre doveva lasciare la dimora familiare la sera stessa e non avere più contatti con i figli senza preventivamente informarne l’HCC, in attesa dell’esito del procedimento giudiziario.

34.

La madre, che all’epoca aveva 23 anni, doveva quindi trovarsi a casa da sola con il neonato di uno o due giorni e con i due figli maggiori, di tre e cinque anni, con la prospettiva di un procedimento giudiziario che doveva svolgersi a breve, nel corso del quale era possibile che si decidesse di sottrarle i figli. La madre, inoltre, ha in seguito affermato, in una dichiarazione giurata, di essersi ricordata in tale momento di una conversazione avuta in precedenza con un assistente sociale dell’HCC nel corso della quale detto assistente aveva fatto presente che i due figli maggiori sarebbero stati in ogni caso troppo grandi per essere adottati, ma che un neonato sarebbe stato facile da adottare.

35.

È in simili circostanze che, il 5 o il 6 settembre 2017 ( 13 ), vale a dire due o tre giorni dopo la nascita del bambino, i genitori si sono recati in traghetto in Irlanda con i figli.

36.

Giunti in Irlanda, i genitori hanno affittato una casa, hanno fatto visitare il neonato da un’infermiera, hanno registrato i figli presso un pediatra e iscritto i due figli maggiori a scuola. Inoltre, la famiglia è stata sottoposta a sorveglianza dalla polizia irlandese nonché dai servizi irlandesi di tutela dei minori [la Child and Family Agency (Servizio di tutela dei minori e della famiglia, Irlanda); in prosieguo: la «CFA»], i quali non hanno ravvisato motivi di preoccupazione in occasione di varie visite effettuate presso la dimora familiare.

37.

Il 6 settembre 2017 il Tribunale per le cause in materia di diritto di famiglia di Portsmouth ha adottato un provvedimento di affidamento temporaneo («interim care order») a favore dell’HCC riguardante il neonato.

38.

L’8 settembre 2017 l’HCC ha presentato una domanda di messa sotto tutela dei tre minori all’High Court of Justice (England & Wales), Family Division, Family Court at Portsmouth [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del diritto di famiglia, Tribunale per le cause in materia di diritto di famiglia di Portsmouth, Regno Unito); in prosieguo: la «High Court inglese»]. La domanda in parola è stata notificata ai rappresentanti dei genitori il giorno stesso. Il rappresentante del padre ha quindi fatto presente di non disporre di istruzioni riguardo alla messa sotto tutela e che non avrebbe chiesto il patrocinio gratuito per agire nell’ambito di tale procedimento. Il rappresentante della madre ha affermato che intendeva chiedere istruzioni da parte di quest’ultima, ma di non essere riuscito a raggiungerla telefonicamente.

39.

Più tardi nel corso della stessa giornata, la High Court inglese ha adottato, in assenza di rappresentanti dei genitori, un’ordinanza che dichiarava la messa sotto tutela giudiziaria dei minori e il loro ritorno in Inghilterra (in prosieguo: l’«ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017»).

40.

Secondo le affermazioni dell’HCC, l’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 è stata notificata ai genitori l’11 settembre 2017.

41.

Il 13 settembre 2017 la District Court di Gorey (Tribunale distrettuale di Gorey, Irlanda) ha adottato provvedimenti di affidamento temporaneo («interim care orders») a favore della CFA per i tre minori, che dovevano rimanere in vigore sino al 26 settembre 2017. I minori sono stati provvisoriamente ospitati presso una famiglia affidataria in Irlanda.

42.

Il 21 settembre 2017 la High Court (Alta Corte, Irlanda; in prosieguo: la «High Court irlandese») ha adottato un’ordinanza riguardante il riconoscimento e l’esecuzione dell’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 (in prosieguo: l’«ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017»).

43.

Il giorno stesso dell’adozione dell’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017, i servizi della CFA hanno prelevato i minori dalla famiglia affidataria presso la quale erano stati provvisoriamente collocati e li hanno consegnati agli assistenti sociali dell’HCC allo scalo dei traghetti di Rosslare (Irlanda). I minori sono stati poi ricondotti nel Regno Unito, dove i due maggiori sono stati affidati al padre del secondo figlio, mentre il neonato è stato collocato in una famiglia affidataria.

44.

Dopo la partenza dei minori, i genitori sono stati sono stati avvertiti di tale partenza con una telefonata da parte di un assistente sociale inglese. L’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017 è stata successivamente notificata ai genitori il 22 settembre 2017.

45.

Il 26 settembre 2017 i genitori hanno proposto ricorso avverso l’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 dinanzi alla Court of Appeal of England and Wales (Corte d’appello, Inghilterra e Galles). Il 9 ottobre 2017 detto giudice ha negato loro l’autorizzazione a impugnare.

46.

Il 24 novembre 2017 i rappresentanti dei genitori hanno proposto dinanzi alla High Court irlandese un’opposizione avverso l’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017, che era stata notificata ai genitori il 22 settembre 2017. Nel corso dell’udienza che si è tenuta in tale procedimento i rappresentanti dei genitori hanno puntualizzato che il ritardo di 48 ore con il quale era stato proposta l’opposizione non era imputabile ai genitori.

47.

Il 21 dicembre 2017 la High Court inglese ha adottato un provvedimento di affidamento familiare («placement order») che autorizzava l’HCC a individuare genitori adottivi per il neonato e ad affidarlo agli stessi.

48.

Il 18 gennaio 2018 la High Court irlandese ha respinto l’opposizione dei genitori avverso l’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017, dichiarando di non essere competente a prorogare il termine di ricorso.

49.

I genitori hanno interposto appello avverso suddetto rigetto dinanzi al giudice del rinvio, la Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda).

50.

Nell’ambito di tale procedimento l’HCC ha informato il giudice del rinvio che, a causa di limiti di bilancio, non intendeva partecipare al procedimento. Inoltre esso ha fatto presente al giudice del rinvio che, in ogni caso, non aveva intenzione di restituire i minori, a prescindere dall’esito del procedimento pendente dinanzi a detto giudice.

51.

Il 17 maggio 2018 il giudice del rinvio ha depositato il rinvio pregiudiziale nella causa C‑325/18 PPU.

52.

Il 23 maggio 2018 i genitori hanno presentato una domanda di provvedimenti provvisori dinanzi al giudice del rinvio, diretta a ottenere che quest’ultimo pronunci un’ingiunzione nei confronti dell’HCC affinché quest’ultimo cessi il proseguimento della procedura di adozione del neonato e non avvii alcuna procedura di adozione per i due figli maggiori.

53.

Pur avendo deciso di non partecipare neppure a quest’ultimo procedimento, l’HCC ha depositato una dichiarazione la mattina dell’udienza in sede cautelare, ossia il 29 maggio 2018. In tale dichiarazione l’HCC ha sottolineato che proponeva l’adozione soltanto per il neonato. Esso ha precisato che, tenuto conto dell’età degli altri due minori, del loro affidamento a un genitore – ossia al padre del secondo figlio – nonché dello stretto rapporto fraterno, non vi era alcuna ragione per avviare una procedura di adozione. Se l’affidamento al padre del secondo figlio dovesse cessare, il piano di affidamento consisterebbe allora in una collocazione a lungo termine presso una famiglia affidataria.

54.

Il 7 giugno 2018 il giudice del rinvio ha depositato il rinvio pregiudiziale nella causa C‑375/18 PPU.

IV. Procedimento dinanzi alla Corte e questioni pregiudiziali

55.

Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 17 maggio 2018, la Court of Appeal (Corte d’appello) nell’ambito del procedimento d’appello dinanzi ad essa pendente, ha deciso di chiedere l’applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali (causa C‑325/18 PPU):

«1)

Ove si adduca che dei minori sono stati trasferiti illecitamente dal loro Stato di residenza abituale [verso] un altro Stato, dai genitori o da altri familiari, in violazione di una decisione giudiziaria ottenuta da una pubblica autorità [dello] Stato [di residenza], se quest’ultima possa chiedere l’esecuzione di una decisione giudiziaria che dispone il rientro dei minori nel suddetto Stato ai giudici di un altro Stato membro conformemente alle disposizioni del capo III del regolamento n. 2201/2003 del Consiglio, oppure se tale esecuzione costituisca un’illegittima elusione dell’articolo 11 del regolamento citato e della Convenzione dell’Aia del 1980 oppure un abuso di diritti o della legge da parte della menzionata autorità.

2)

Se, in una controversia riguardante le disposizioni sull’esecuzione di cui al regolamento n. 2201/2003 del Consiglio, il giudice adito sia competente a prorogare i termini di ricorso ai fini dell’articolo 33, paragrafo 5, tenuto conto [del fatto] che i ritardi sono sostanzialmente minimi e la proroga sarebbe stata altrimenti concessa sulla base del diritto processuale nazionale.

3)

Ferma restando la seconda questione, nel caso in cui una pubblica autorità straniera sottragga i minori, come avviene nella controversia di cui al procedimento principale, alla competenza di uno Stato membro in forza di un titolo esecutivo emesso su istanza inaudita altera parte conformemente all’articolo 31 del regolamento n. 2201/2003 (…), ma prima della notifica di tale titolo ai genitori, privando così questi ultimi del diritto di chiederne la sospensione in pendenza dell’opposizione, se siffatto comportamento pregiudichi il contenuto essenziale del diritto conferito ai genitori dall’articolo 6 della [Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali] (CEDU) o dall’articolo 47 della Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»)], cosicché debba essere comunque concessa una proroga dei termini di ricorso (ai fini dell’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento citato)».

56.

Inoltre, con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 7 giugno 2018, la Court of Appeal (Corte d’appello) nell’ambito del procedimento sommario avviato nel frattempo dinanzi ad essa, ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale, chiedendo, al contempo, anche l’applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza (causa C‑375/18 PPU):

«Se sia compatibile con il diritto dell’Unione, e in particolare con le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 del Consiglio, la concessione, da parte dei giudici di uno Stato membro, di un provvedimento provvisorio (misure cautelari) in personam nei confronti di un ente pubblico di un altro Stato membro, con cui si inibisca a tale ente di avviare una procedura di adozione di minori dinanzi all’autorità giurisdizionale di quest’altro Stato membro, qualora il provvedimento in personam sia dettato dalla necessità di tutelare i diritti conferiti alle parti del procedimento di exequatur ai sensi del capo III del regolamento del 2003».

57.

A seguito della riunione amministrativa dell’11 giugno 2018, la Prima Sezione della Corte ha deciso di riunire le cause in esame e di sottoporle al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

58.

Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte i genitori, l’HCC, la Commissione europea nonché i governi dell’Irlanda e del Regno Unito hanno presentato osservazioni, e quest’ultimo governo ha risposto a quesiti posti dalla Corte. Le stesse parti nonché i governi ceco e polacco sono comparsi all’udienza del 13 luglio 2018.

V. Valutazione

A. Sulla ricevibilità dei rinvii pregiudiziali

59.

Dalla cronologia dei fatti del procedimento principale risulta che il ritorno dei minori in Inghilterra è stato effettuato prima della notifica dell’ordinanza di exequatur della High Court irlandese ai genitori. Questi ultimi hanno quindi potuto proporre la loro opposizione avverso detta ordinanza solo dopo l’avvenuta esecuzione della stessa.

60.

In tali circostanze potrebbe sorgere la questione del persistere della controversia nel procedimento principale e, pertanto, della ricevibilità delle presenti questioni pregiudiziali.

61.

Orbene, è senz’altro vero che dall’impianto sistematico del regolamento n. 2201/2003 deriva che una decisione di exequatur deve essere notificata, di norma, alla parte contro la quale viene chiesta l’esecuzione prima dell’esecuzione per consentire a tale parte di proporre un ricorso in tempo utile per impedire l’esecuzione ( 14 ).

62.

Tuttavia, ciò non può significare, per contro, che quando l’esecuzione ha avuto luogo prima della notifica della decisione di exequatur, un’impugnazione contro detta decisione sia priva di oggetto ( 15 ).

63.

A tal riguardo, la Commissione ha certamente sottolineato in udienza che il regolamento n. 2201/2003 non prevedeva un procedimento specifico che obbligasse i giudici inglesi a tener conto di un eventuale annullamento della decisione di exequatur da parte del giudice del rinvio.

64.

Tuttavia, come ha affermato il governo del Regno Unito, in una situazione del genere, i genitori potrebbero presentare ricorso in Inghilterra e, sulla base della cortesia internazionale («international comity»), i giudici inglesi non ignorerebbero la decisione del giudice irlandese e attribuirebbero, invece, un’importanza fondamentale alle motivazioni di quest’ultimo. Inoltre, come hanno altresì osservato il governo del Regno Unito e il rappresentante dell’HCC, il ritorno dei minori in Inghilterra non è affatto irreversibile e, fatto salvo l’esame del loro interesse superiore, essi potrebbero, se del caso, essere ricondotti nuovamente in Irlanda. Il governo del Regno Unito e il rappresentante dell’HCC hanno peraltro precisato che questo andare e tornare aveva spesso luogo, in particolare, nell’applicazione della Convenzione dell’Aia tra il Regno Unito e gli Stati Uniti d’America.

65.

Ne consegue che il persistere della controversia nel procedimento principale e, pertanto, la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale non possono suscitare dubbi.

B. Sulla prima questione pregiudiziale nella causa C‑325/18 PPU

66.

Con la prima questione nella causa C‑325/18 PPU, il giudice del rinvio chiede se, laddove si adduce che dei minori sono stati illecitamente trasferiti, la decisione di un giudice dello Stato membro di residenza abituale che ordini il ritorno di tali minori possa essere dichiarata esecutiva nello Stato membro di rifugio conformemente alle disposizioni generali del capo III del regolamento n. 2201/2003, o se ciò costituisca un’elusione del procedimento specifico previsto per i casi di trasferimento di minori dalla Convenzione dell’Aia, in combinato disposto con l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 (in prosieguo anche: l’«iter dell’Aia»).

67.

I genitori nonché il giudice del rinvio sembrano ritenere che esista, in caso di trasferimento di minori da uno Stato membro all’altro, un rapporto di sussidiarietà tra l’iter dell’Aia e il procedimento ordinario di riconoscimento e di exequatur di decisioni riguardanti la responsabilità genitoriale previsto dal regolamento n. 2201/2003.

68.

L’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, in combinato disposto con la Convenzione dell’Aia, consente a una persona che asserisce che un minore è stato trasferito illecitamente in un altro Stato membro di chiedere all’autorità giudiziaria o amministrativa competente di tale Stato membro di ordinare il ritorno del minore. Se il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore si rifiuta, in forza dell’articolo 13 della Convenzione dell’Aia, di ordinare tale ritorno ( 16 ), l’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento n. 2201/2003 consente a un giudice competente in forza di detto regolamento di adottare una decisione in cui si dispone il rientro che diviene, senza necessità di ricorrere al procedimento di exequatur, direttamente esecutiva nello Stato membro di rifugio nel caso in cui sia stata adottata e certificata conformemente al procedimento previsto ( 17 ).

69.

Nella fattispecie, è pacifico che l’HCC non si è avvalso di tale iter e che non vi è stata quindi alcuna decisione che ordinasse il ritorno dei minori ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento n. 2201/2003. Come ha confermato in udienza, l’HCC non ha scelto tale iter, in particolare, perché quest’ultimo è disponibile solo in caso di trasferimento illecito di un minore in violazione di un diritto di affidamento ( 18 ). Orbene, al momento del trasferimento della famiglia in Irlanda, l’HCC era certo di essere titolare di diritti di affidamento solo relativamente ai due figli maggiori. Non era quindi indubbio che il trasferimento del neonato avrebbe potuto essere considerato illecito ai sensi delle disposizioni pertinenti ( 19 ).

70.

È questa la ragione per cui l’HCC ha chiesto direttamente alla High Court inglese di porre i minori sotto tutela giudiziaria e di ordinare il loro ritorno in Inghilterra, prima di presentare alla High Court irlandese, conformemente all’articolo 28 del regolamento n. 2201/2003, un’istanza per la dichiarazione di esecutività dell’ordinanza della High Court inglese.

1.   Possibilità di chiedere l’exequatur di una decisione riguardante la responsabilità genitoriale in forza del regolamento n. 2201/2003, indipendentemente dall’iter dell’Aia

71.

Il regolamento n. 2201/2003 prevede due opzioni distinte per l’esecuzione di decisioni pronunciate da giudici di altri Stati membri: da un lato, l’iter generale di una domanda di exequatur conformemente al capo III, sezione 2 (articoli 28 e seguenti) e, dall’altro, l’iter specifico delle decisioni direttamente esecutive in un altro Stato membro senza necessità di ricorrere all’exequatur in forza del capo III, sezione 4 (articoli 40 e seguenti). Quest’ultima opzione è applicabile soltanto per le decisioni previste all’articolo 11, paragrafo 8 ( 20 ), del regolamento n. 2201/2003, vale a dire le decisioni di ritorno adottate in attuazione dell’iter dell’Aia da parte di un giudice competente dopo l’adozione di una decisione contro il ritorno di un giudice dello Stato membro in cui si trova il minore.

72.

Orbene, ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 2, del regolamento n. 2201/2003, le disposizioni della sezione 4 del capo III (relative all’esecuzione di decisioni di ritorno adottate conformemente all’iter dell’Aia) non ostano a che un titolare della responsabilità genitoriale chieda il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione riguardante la responsabilità genitoriale in forza delle disposizioni contenute nelle sezioni 1 e 2 di detto capo.

73.

Le circostanze di cui al procedimento principale mostrano del resto che possono sussistere situazioni in cui una decisione che attribuisce la responsabilità genitoriale a una persona rimasta in uno Stato membro è adottata solo dopo il trasferimento di un minore in un altro Stato membro, cosicché il trasferimento non è illecito secondo l’iter dell’Aia. È inammissibile che siffatta persona si trovi, in tal caso, nell’impossibilità di chiedere l’exequatur della decisione che le attribuisce la responsabilità genitoriale nello Stato membro di rifugio conformemente al regolamento n. 2201/2003.

74.

Ne consegue che non risulta che una persona che intenda ottenere il ritorno di un minore trasferito in un altro Stato membro debba tentare obbligatoriamente di far ordinare tale ritorno attraverso l’iter dell’Aia prima di poter presentare, conformemente all’articolo 28 del regolamento n. 2201/2003, una domanda di exequatur di una decisione riguardante la sua responsabilità genitoriale pronunciata in altro Stato membro ( 21 ).

75.

I dubbi sollevati dai genitori e dal giudice del rinvio alla luce di siffatta interpretazione non sono convincenti.

76.

Pertanto non è possibile, anzitutto, condividere la posizione del giudice del rinvio secondo la quale l’articolo 13 della Convenzione dell’Aia offrirebbe più motivazioni per negare l’ordine di ritorno di un minore di quante siano offerte dall’articolo 23 del regolamento n. 2201/2003 per negare il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione riguardante la responsabilità genitoriale. Infatti, le ragioni del rifiuto e del diniego di riconoscimento previste da tali disposizioni coincidono in larga misura.

77.

Ciò è tanto più vero in quanto il regolamento n. 2201/2003 attenua i motivi di rifiuto del ritorno previsti dalla Convenzione dell’Aia quando quest’ultima è applicata, in combinato disposto con detto regolamento, tra gli Stati membri dell’Unione: da un lato, l’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 2201/2003 tempera la ragione del rifiuto prevista all’articolo 13, lettera b), della Convenzione dell’Aia; d’altro lato, come è già stato esposto ( 22 ), un giudice competente nel merito può, in forza dell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, non considerare una decisione che nega il ritorno, pronunciata da un giudice nello Stato membro di rifugio, anche se è tenuto, in forza dell’articolo 42, paragrafo 2, lettera c), di detto regolamento, a tener conto delle motivazioni che hanno portato all’adozione di tale decisione di non rientro.

78.

Inoltre, è senz’altro vero che dall’articolo 11, paragrafo 7, e dall’articolo 42, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2201/2003 risulta che una decisione di ritorno adottata conformemente all’articolo 11, paragrafo 8, di detto regolamento non può essere adottata senza che le parti interessate abbiano avuto la possibilità di essere ascoltate. Tuttavia, dall’articolo 31, paragrafo 2, in combinato disposto con gli articoli 23 e 33 del regolamento n. 2201/2003, risulta che neppure una decisione riguardante la responsabilità genitoriale può essere dichiarata esecutiva in un altro Stato membro senza che la persona contro la quale l’esecuzione è stata richiesta, abbia avuto la possibilità di essere ascoltata ( 23 ). Non si può quindi desumere dal fatto che queste ultime disposizioni non sono state rispettate nel caso di specie ( 24 ) che l’iter ordinario dell’exequatur di una decisione riguardante la responsabilità genitoriale previsto agli articoli 28 e seguenti del regolamento n. 2201/2003 garantisca, in generale, una minor tutela dei diritti del convenuto all’esecuzione rispetto all’iter previsto agli articoli 11, 40 e 42 di detto regolamento.

79.

Infine, non si possono neppure trarre argomenti dal fatto che talune versioni linguistiche del regolamento n. 2201/2003 ( 25 ) presentano una differenza di formulazione tra gli articoli 21 e 28 quanto all’oggetto della domanda di exequatur. Infatti, l’articolo 21 prevede, è vero, che le «decisioni pronunciate in uno Stato membro» (vale a dire, conformemente alla definizione di cui all’articolo 2, punto 4, una decisione relativa alla responsabilità genitoriale) sono riconosciute negli altri Stati membri, mentre l’articolo 28 delle versioni linguistiche considerate prevede la domanda di exequatur soltanto per le «decisioni relative all’esercizio ( 26 ) della responsabilità genitoriale». Tuttavia, non solo tale differenza non è presente in tutte le versioni linguistiche del regolamento n. 2201/2003, ma per di più si limita a riflettere la circostanza che sono soprattutto le decisioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale a richiedere misure esecutive e a necessitare quindi di una decisione di exequatur. Per contro, per le decisioni relative all’attribuzione, alla delega o alla revoca della responsabilità genitoriale, può essere sufficiente solo il riconoscimento. Ciò non può tuttavia significare che una domanda di exequatur sia esclusa riguardo a decisioni siffatte le quali possono del pari essere senza meno oggetto, se del caso, di esecuzione forzata.

80.

Pertanto, in particolare, in caso di trasferimento di un minore dallo Stato membro di residenza abituale in un altro Stato membro, la decisione di un giudice dello Stato membro di origine che attribuisce la responsabilità genitoriale e il diritto di affidamento a un genitore rimasto in tale Stato può essere oggetto di esecuzione forzata nel senso che, se il genitore che sottrae il minore non lo «restituisce», l’assistenza della forza pubblica sarà necessaria al fine di recuperare e di riportare il minore. Ciò è tanto più vero in quanto, in forza dell’articolo 2, punto 9), del regolamento n. 2201/2003, il «diritto di affidamento» ai sensi di detto regolamento comprende, in particolare, il diritto di intervenire nella decisione riguardante il luogo di residenza del minore ( 27 ).

81.

Tale interpretazione è suffragata dai termini del certificato di cui all’articolo 39 del regolamento n. 2201/2003, il cui modello è contenuto nell’allegato II di detto regolamento. Siffatto certificato, che è stato compilato nel caso di specie anche dalla High Court inglese, deve, in forza dell’articolo 37, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2201/2003, essere prodotto dalla parte che richiede l’exequatur di una decisione relativa alla responsabilità genitoriale. Orbene, il punto 11 di tale modulo prevede proprio la possibilità di indicare se «[l]a decisione prevede il ritorno del minore» nonché il nome e il recapito della persona presso la quale il minore deve fare ritorno. Inoltre, detto punto 11 specifica espressamente che «[t]ale possibilità è prevista dall’articolo 40, paragrafo 2».

82.

Ciò conferma che il legislatore ha effettivamente previsto decisioni relative alla responsabilità genitoriale che comportano il ritorno di un minore in altro Stato membro e di cui può essere richiesto l’exequatur indipendentemente dall’utilizzo dell’iter dell’Aia di cui agli articoli 11, 40 e 42 di detto regolamento.

2.   Impossibilità di richiedere, in forza del regolamento n. 2201/2003, l’exequatur di una decisione che ordina il ritorno di un minore non collegata a una decisione relativa alla responsabilità genitoriale

83.

Occorre distinguere le decisioni che comportano o ordinano il ritorno di un minore nello Stato membro di origine quale conseguenza di una decisione relativa alla responsabilità genitoriale, da un lato, e le decisioni che ordinano il ritorno di una persona, nella fattispecie un minore, nel territorio di una Stato membro indipendentemente da una decisione relativa alla responsabilità genitoriale, dall’altro: i due tipi di decisioni possono comportare il ritorno del minore nello Stato membro di origine, ma solo le prime possono essere dichiarate esecutive nello Stato membro richiesto in forza del capo III, sezione 2, del regolamento n. 2201/2003.

84.

Pertanto, certamente non si esclude che i giudici degli Stati membri possano, in base al loro diritto nazionale, ordinare il ritorno di un minore sul loro territorio indipendentemente dall’adozione di una decisione relativa alla responsabilità genitoriale ( 28 ).

85.

Tuttavia, se non costituisce una decisione di ritorno adottata in forza dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento n. 2201/2003 (vale a dire una decisione adottata secondo all’iter dell’Aia), siffatto ordine di ritorno non rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento n. 2201/2003.

86.

Conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), infatti, detto regolamento si applica, indipendentemente dal tipo di autorità giurisdizionale, alle materie civili ( 29 ) relative, in particolare, all’attribuzione, all’esercizio, alla delega e alla revoca della responsabilità genitoriale. A tal riguardo, la Corte ha effettivamente precisato che la nozione di «materie civili» non è, in un contesto del genere, intesa in senso restrittivo ( 30 ) e comprende, in particolare, misure statali di tutela del minore, come la collocazione presso una famiglia affidataria ( 31 ) o in un istituto di custodia ( 32 ).

87.

Tuttavia, siffatta misura statale di tutela dei minori si ricollega sempre all’esercizio della responsabilità genitoriale e va quindi distinta da una misura che ordina il ritorno di una persona, nella fattispecie un minore, nel territorio del giudice interessato prescindendo da qualsivoglia decisione relativa alla responsabilità genitoriale. Tale misura ha in effetti ad oggetto ( 33 ) l’esercizio, da parte dello Stato membro interessato, di un potere di polizia che eccede l’ambito di applicazione del regolamento n. 2201/2003 ( 34 ).

88.

Risulta da quanto precede che, al di fuori dei casi di cui all’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, una decisione giudiziaria che ordina il ritorno di un minore nel territorio del giudice interessato indipendentemente da una decisione relativa alla responsabilità genitoriale non rientra nell’ambito di applicazione di detto regolamento. Pertanto, siffatta decisione non può essere dichiarata esecutiva conformemente alle disposizioni del capo III, sezione 2, di tale regolamento.

3.   Conclusione intermedia

89.

Come ha rilevato il giudice del rinvio, il dispositivo dell’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 è composto da più elementi distinti, ossia, in particolare, la sottoposizione dei minori al regime di tutela giudiziaria, l’ordine di ritorno dei minori nel territorio del giudice inglese, l’autorizzazione all’affidamento dei minori presso i servizi minorili irlandesi per il tempo necessario a organizzare il loro ritorno e l’affidamento dei minori all’HCC dopo tale ritorno.

90.

Spetta al giudice del rinvio stabilire, secondo il tenore di tale ordinanza nonché alla luce delle altre circostanze rilevanti, se l’ordine di ritorno contenuto in detta ordinanza potesse beneficiare del procedimento di exequatur previsto al capo III, sezione 2, del regolamento n. 2201/2003.

91.

Dalle suesposte considerazioni risulta che occorre rispondere alla prima questione nella causa C‑325/18 PPU dichiarando che, laddove si adduca che dei minori sono stati illecitamente trasferiti dallo Stato membro della loro residenza abituale in un altro Stato membro, una decisione che ordina il ritorno dei minori stessi, adottata da un giudice dello Stato membro di origine al di fuori del procedimento previsto all’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 e indipendentemente da una decisione relativa alla responsabilità genitoriale non può essere eseguita conformemente alle disposizioni del capo III di detto regolamento. Tuttavia, in siffatte circostanze, una decisione relativa alla responsabilità genitoriale pronunciata da un giudice dello Stato membro di origine che comporta il ritorno del minore in tale Stato membro può essere eseguita conformemente alle menzionate disposizioni.

C. Sulla seconda e sulla terza questione pregiudiziale nel procedimento C‑325/18 PPU, nonché sulla questione pregiudiziale nel procedimento C‑375/18 PPU

92.

La seconda e la terza questione nella causa C‑325/18 PPU nonché la questione nella causa C‑375/18 PPU sono pertinenti solo nel caso in cui il giudice del rinvio sia investito di un procedimento di opposizione avverso una decisione di exequatur conformemente al regolamento n. 2201/2003. In caso contrario, la controversia nel procedimento principale si collocherebbe al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e la Corte non sarebbe competente a rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio ( 35 ).

93.

Pertanto, le risposte alla seconda e alla terza questione nella causa C‑325/18 PPU nonché alla questione nella causa C‑375/18 PPU sono fornite nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio giunga alla conclusione che l’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 poteva essere dichiarata esecutiva in Irlanda mediante l’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017 conformemente al regolamento n. 2201/2003, e il procedimento di opposizione di cui esso è investito sia quindi disciplinato dalle disposizioni di detto regolamento.

1.   Sul termine (seconda e terza questione pregiudiziale nella causa C‑325/18 PPU)

94.

Con la seconda e la terza questione nella causa C‑325/18 PPU, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nel caso in cui l’esecuzione di una decisione di exequatur sia avvenuta prima della notifica di detta decisione, il diritto dell’Unione osti a che esso proroghi il termine per la presentazione di un’opposizione avverso la decisione di exequatur stabilito all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003.

a)   Osservazioni preliminari

95.

Ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003, il termine per proporre opposizione contro la dichiarazione di esecutività è di un mese oppure di due mesi qualora la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione abbia la residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata rilasciata detta dichiarazione.

96.

Nella fattispecie, è pacifico che il termine per proporre opposizione è stato di due mesi a decorrere dalla notifica dell’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017 ( 36 ), che detta ordinanza è stata notificata ai genitori il 22 settembre 2017 ( 37 ) e che questi ultimi hanno proposto opposizione contro la stessa il 24 novembre 2017 ( 38 ). Il giudice del rinvio parte quindi dal presupposto che l’opposizione dei genitori sia stata proposta con un ritardo di 48 ore.

97.

Non spetta certamente alla Corte rimettere in discussione tale presupposto e le valutazioni di fatto del giudice del rinvio basate sul medesimo. Inoltre, nessuna delle parti sembra rimettere in discussione il fatto che la data iniziale del termine di ricorso è stata proprio la data di notifica ai genitori dell’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017, vale a dire il 22 settembre 2017 ( 39 ).

98.

Tuttavia, come rileva anche il giudice del rinvio, il fascicolo nazionale contiene un memorandum of appearance del rappresentante dei genitori, datato 27 settembre 2017, redatto conformemente all’articolo 12, paragrafo 9, delle Rules of the Superior Courts (regolamento di procedura degli organi giurisdizionali di grado superiore) nonché al modulo n. 1 della parte II dell’allegato A ivi menzionato. In tale documento il rappresentante dei genitori precisa di aver ricevuto gli originating summons e chiede l’invio di uno statement of claim, il che sembra riferirsi all’istanza per la dichiarazione di esecutività presentata dall’HCC alla High Court irlandese al fine di ottenere l’exequatur dell’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017.

99.

Spetta al giudice del rinvio esaminare tale elemento e stabilire se il fatto, quand’anche sia dimostrato, che i genitori non hanno ricevuto l’istanza per la dichiarazione di esecutività dell’HCC o qualsiasi altro documento rilevante al momento della notifica dell’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017 abbia un’incidenza sulla data iniziale del termine di ricorso.

100.

In tale contesto, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, la tutela effettiva dei diritti fondamentali conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione richiede che a questi ultimi sia comunicata una motivazione completa per difendersi nelle migliori condizioni possibili ( 40 ). Inoltre, nell’ambito di ricorsi contro atti delle istituzioni dell’Unione, la Corte ha osservato che il termine per la presentazione del ricorso può decorrere solo dal momento in cui l’interessato ha una conoscenza esatta del contenuto e della motivazione dell’atto di cui trattasi in modo da potere esercitare il proprio diritto di ricorso ( 41 ). Infine, è utile ricordare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo la quale un termine di ricorso può iniziare a decorrere solo a partire dal momento in cui i ricorrenti possono effettivamente conoscere la decisione giudiziaria in forma integrale ( 42 ).

101.

Solo se il giudice del rinvio giunge, in base a tale esame, alla conclusione che il ricorso dei genitori è stato effettivamente proposto oltre i termini, si pone la questione se il termine fissato all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003 possa essere prorogato nel caso in cui l’esecuzione di una decisione di exequatur sia stata effettuata prima della notifica di detta decisione al convenuto in sede di esecuzione.

b)   Sulla possibilità di prorogare il termine previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003

102.

Ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003, l’opposizione contro la dichiarazione di esecutività deve essere proposta nel termine di un mese oppure entro due mesi qualora la parte contro la quale è chiesta l’esecuzione abbia la residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata rilasciata detta dichiarazione. Detto termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza.

103.

Dato che il dettato dell’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003 stabilisce solamente che il termine di ricorso non può essere prorogato per ragioni inerenti alla distanza ( 43 ), non si esclude la possibilità di prorogare detto termine per ragioni diverse dalla distanza ( 44 ).

104.

Come sostengono correttamente i genitori, siffatta interpretazione letterale è suffragata dal fatto che il regolamento n. 2201/2003 contiene peraltro disposizioni assai esplicite su eventuali esclusioni, divieti o restrizioni ai poteri dei giudici interessati ( 45 ). Pertanto, la circostanza che solo la proroga per ragioni inerenti alla distanza sia espressamente vietata è indicativa del fatto il legislatore dell’Unione non ha inteso escludere la proroga del termine stabilito all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003 per altre ragioni.

105.

Un’interpretazione contestuale del termine di ricorso previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003 non porta ad altri risultati. Pertanto, dall’impianto sistematico dell’articolo 33 emerge che l’obiettivo del termine per proporre opposizione, previsto al paragrafo 5 della disposizione in parola, consiste nel non ritardare l’esecuzione delle decisioni pronunciate in un altro Stato membro la cui esecutività sia stata dichiarata conformemente all’articolo 31. Tale obiettivo si deduce dal fatto che un termine di ricorso è applicabile, in forza dell’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003, solo per l’opposizione del convenuto in sede di esecuzione, quindi nel caso in cui sia stata adottata una decisione di exequatur. Per contro, in forza dell’articolo 33, paragrafo 4, di detto regolamento non è previsto alcun termine per l’opposizione proposta dall’attore in sede di esecuzione nel caso in cui quest’ultimo contesti il rigetto, da parte del giudice adito, dell’istanza dallo stesso presentata in forza dell’articolo 28 al fine di ottenere una decisione di exequatur di una decisione pronunciata in un altro Stato membro.

106.

Ne consegue che la proroga del termine non è esclusa, in particolare, quando non rischia di ritardare indebitamente l’esecuzione di una decisione il cui exequatur sia stato appena concesso.

107.

Ciò è quanto avviene nelle circostanze del caso di specie, nel quale la decisione di cui è stato chiesto l’exequatur è già stata eseguita prima della proposizione dell’opposizione, cosicché la proroga del termine di ricorso non rischia più di ritardare l’esecuzione. Si potrebbe anche sostenere che, in un caso siffatto, l’opposizione del convenuto in sede di esecuzione proposta in forza dell’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003, al pari dell’opposizione dell’attore in sede di esecuzione di cui al paragrafo 4 della menzionata disposizione, dovrebbe poter essere proposta senza limitazioni del termine. Senza arrivare sino a tale punto, è sufficiente constatare che, in un’ipotesi del genere, il termine non deve in ogni caso essere applicato in modo restrittivo.

108.

Ne consegue che il regolamento n. 2201/2003 non esclude che il giudice competente proroghi il termine per proporre l’opposizione previsto all’articolo 33, paragrafo 5, di detto regolamento ( 46 ). Spetta, in forza del principio di autonomia processuale degli Stati membri, all’ordinamento giuridico interno di ogni Stato membro disciplinare le modalità procedurali di siffatta proroga.

c)   Sul bilanciamento da effettuare al momento della proroga del termine di ricorso previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003

109.

Anche se il regolamento n. 2201/2003 non esclude una proroga o una riapertura ( 47 ) del termine previsto all’articolo 33, paragrafo 5, di detto regolamento, resta il fatto che l’applicazione di tale termine costituisce la regola, che può subire deroghe solo in casi debitamente giustificati.

110.

Inoltre, il potere del giudice nazionale di prorogare o di riaprire tale termine in casi siffatti è disciplinato dai principi di equivalenza e di effettività ( 48 ).

111.

Da un lato, il rispetto del principio di equivalenza, che significa che le modalità procedurali dei ricorsi destinate a garantire la tutela dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno ( 49 ), non sembra porre problemi nel caso di specie. Dalla decisione di rinvio emerge infatti che il diritto irlandese conferisce al giudice la competenza a prorogare i termini di ricorso in casi debitamente giustificati quando è in discussione l’applicazione del diritto nazionale ( 50 ).

112.

D’altro lato, secondo il principio di effettività, le modalità procedurali di diritto nazionale non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione ( 51 ).

113.

A tal riguardo, nella fattispecie, il regolamento n. 2201/2003, e più in particolare il capo III, sezione 2, del medesimo regolamento, opera un bilanciamento tra il diritto conferito al richiedente l’esecuzione di ottenere rapidamente soddisfazione e il diritto conferito al convenuto in sede di esecuzione di opporsi, nello Stato membro richiesto, in modo effettivo all’esecuzione di una decisione pronunciata in un altro Stato membro ( 52 ). Inoltre, prima di tutto, l’obiettivo di garantire al meglio la presa in considerazione dell’interesse superiore del minore e di garantire il pieno rispetto dei suoi diritti fondamentali quali riconosciuti dall’articolo 24 della Carta ispira e costituisce la base di tutte le disposizioni del regolamento n. 2201/2003 ( 53 ).

114.

Ne consegue che, quando un giudice nazionale come, nella fattispecie, il giudice del rinvio, applica le modalità procedurali del suo diritto nazionale per decidere sulla proroga del termine previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003, detto giudice deve mirare a preservare l’effettività dei diritti e degli obiettivi citati al paragrafo precedente. Un simile imperativo può imporre, in un caso concreto, di prorogare il termine, così come può invece imporre dei limiti temporali a siffatta proroga. Nel bilanciamento che deve operare a tal fine, il giudice interessato deve tener conto dell’impianto sistematico generale del regolamento nonché di tutti gli elementi contestuali presenti nel caso concreto.

115.

Nella fattispecie, il giudice del rinvio dovrà tener conto, a tal proposito, in particolare dei seguenti elementi.

1) L’ampiezza del superamento del termine

116.

Il regolamento n. 2201/2003 non è volto soltanto a consentire una rapida attuazione delle decisioni di cui è richiesto l’exequatur, ma anche a garantire la certezza del diritto al momento del riconoscimento e dell’esecuzione di tali decisioni. Orbene, può incidere sulla certezza del diritto consentire che sia rimessa in discussione la legittimità di una decisione già eseguita senza limiti temporali. Ciò è tanto più vero in quanto l’annullamento della decisione di exequatur può comportare un capovolgimento della situazione di fatto creata da una precipitosa esecuzione, vale a dire, in un caso come quello di specie, il ritorno dei minori nello Stato membro richiesto ( 54 ). Il giudice nazionale deve quindi prendere in considerazione la durata del tempo trascorso rispetto al termine inizialmente previsto. Nella fattispecie, il ritardo di 48 ore con il quale è stata proposta l’opposizione dei genitori è minimo, cosicché l’ammissione di tale ricorso non ha determinato una differenza significativa rispetto al termine iniziale previsto dall’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003.

2) Gli obiettivi del regolamento n. 2201/2003

117.

L’obiettivo del regolamento 2201/2003 è non solo di facilitare il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale pronunciate in altri Stati membri, ma anche di evitare che siffatte decisioni siano dichiarate esecutive se a ciò ostano motivi di non riconoscimento previsti all’articolo 23 di detto regolamento. La persistenza di una situazione di fatto sorta sulla base di una decisione manifestamente viziata da motivi di non riconoscimento, dichiarata esecutiva ed eseguita senza che il convenuto abbia avuto la possibilità di opporsi a tale decisione, sembra quindi più problematica alla luce dell’effetto utile del regolamento n. 2201/2003, in combinato disposto con la Carta, dell’ammissione di un’opposizione proposta con un ritardo di 48 ore rispetto al termine inizialmente previsto. Ciò è tanto più vero in quanto il pregiudizio arrecato all’effettività delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 con l’esecuzione illegittima di una decisione sussiste fintanto che persiste la situazione di fatto sorta sulla base di detta esecuzione ( 55 ).

3) La violazione del diritto a un ricorso effettivo

118.

Diversamente dalle decisioni in materia civile e commerciale oggetto del regolamento n. 1215/2012, cosiddetto «regolamento Bruxelles I bis» ( 56 ), e dalle decisioni relative al diritto di visita e al ritorno del minore menzionate all’articolo 40 del regolamento n. 2201/2003 ( 57 ), il legislatore dell’Unione non ha scelto – espressamente – di dispensare le decisioni riguardanti la responsabilità genitoriale ai sensi del regolamento n. 2201/2003 da una procedura di exequatur. Come ben illustrato dal governo polacco in udienza, i regolamenti Bruxelles I bis e Bruxelles II bis non sono identici al riguardo, giacché al secondo è sotteso l’obiettivo di tutelare l’interesse superiore del minore. A causa della loro delicatezza e della rilevanza dei diritti in gioco dei minori e dei genitori, le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non si prestano a un’esecuzione automatica senza alcun controllo nello Stato membro richiesto. L’attuazione del procedimento di exequatur prevista al capo III, sezione 2, del regolamento n. 2201/2003 è quindi un prerequisito indispensabile per l’esecuzione di qualsiasi decisione relativa alla responsabilità genitoriale pronunciata in un altro Stato membro ( 58 ).

119.

Orbene, tale procedimento è inteso in modo tale da comportare, imperativamente, due fasi: così, conformemente all’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 l’autorità giurisdizionale investita dell’istanza per la dichiarazione di esecutività decide in effetti, in un primo momento in tempi brevi, senza che, in questa fase del procedimento, né la parte contro la quale l’esecuzione viene chiesta né il minore possano presentare osservazioni. Tuttavia, in un secondo momento, prima dell’esecuzione propriamente detta di una decisione di exequatur così ottenuta, la parte contro la quale l’esecuzione viene chiesta deve avere la possibilità di proporre opposizione per poter dedurre, in particolare, uno dei motivi di non riconoscimento previsti all’articolo 23 di detto regolamento ( 59 ) e di opporsi all’esecuzione in tempo utile.

120.

Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti fondamentali sono giustificate solo se rispettano il contenuto essenziale del diritto considerato e solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

121.

A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che solo in circostanze straordinarie caratterizzate da un’assoluta urgenza e quando l’interesse superiore del minore lo richiede imperativamente e provvedimenti provvisori adottati in forza dell’articolo 20 del regolamento n. 2201/2003 non possono essere sufficienti una decisione di exequatur adottata conformemente a detto regolamento può eccezionalmente, in deroga alla regola generale, divenire esecutiva fin dalla sua adozione ed essere eseguita prima dell’esito di un procedimento di opposizione. La Corte ha riconosciuto che siffatte circostanze sussistevano qualora si fosse trattato dell’esecuzione di una decisione che ordinava la collocazione forzata di un minore in un istituto di custodia in un altro Stato membro, quando il minore era già scappato di casa e aveva commesso vari tentativi di suicidio, e solo il minore stesso (e non i suoi genitori) si opponeva a detta collocazione ( 60 ).

122.

Dai fatti di cui al procedimento principale risulta manifestamente che tali circostanze eccezionali non sussistevano affatto nel caso di specie. Nel momento in cui gli assistenti sociali della CFA e dell’HCC hanno proceduto all’esecuzione dell’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017 riportando i minori in Inghilterra all’insaputa dei genitori, i minori si trovavano infatti al sicuro presso una famiglia affidataria in Irlanda. Non vi erano dunque rischi di nuove fughe dei genitori con i minori né rischi di pregiudizio al benessere dei minori che avrebbero richiesto l’attuazione immediata dell’ordinanza di exequatur.

123.

Inoltre, non è chiaro come l’urgenza di riportare i minori in Inghilterra potesse essere tale da rendere detto intervento necessario ancor prima di notificare l’ordinanza di exequatur ai genitori, considerato che l’HCC aveva lasciato trascorrere quasi due settimane tra l’ottenimento dell’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 e la presentazione dell’istanza per la dichiarazione di esecutività di detta ordinanza il 21 settembre 2017.

124.

Infine, nella fattispecie, l’esecuzione immediata della decisione di exequatur, ossia il ritorno dei minori in Inghilterra, era tale da creare un danno irreparabile a causa della separazione, quantomeno temporanea, tra i genitori e i minori. La Corte ha riconosciuto che, trattandosi di minori in tenera età, il tempo biologico non può essere misurato secondo criteri generali, data la struttura intellettuale e psicologica di detti minori e la rapidità con cui essa evolve ( 61 ). Come ha osservato la Corte, in circostanze del genere, una separazione rischia di deteriorare i rapporti tra i minori interessati e i loro genitori in modo irreparabile e di provocare un danno psichico irreversibile ( 62 ). Ne consegue che, nella fattispecie, l’effettività del diritto processuale dei genitori a un ricorso effettivo ha condizionato parimenti l’effettività della tutela del loro diritto sostanziale al rispetto della vita familiare, sancito dall’articolo 7 della Carta.

125.

In siffatte circostanze, non è necessario pronunciarsi sulla questione se la limitazione così applicata al diritto dei genitori a un ricorso effettivo, come previsto all’articolo 47 della Carta, abbia violato il contenuto essenziale di tale diritto ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della stessa. È sufficiente constatare che il modo di procedere delle autorità irlandesi e inglesi ha costituito una violazione particolarmente grave del diritto fondamentale dei genitori a un ricorso effettivo, che non era affatto necessaria al fine di salvaguardare la sicurezza e l’interesse superiore dei minori, e che, pertanto, non era giustificata.

4) Il nesso causale tra il mancato rispetto del termine e il comportamento dell’amministrazione

126.

Non è certo chiaramente appurato, nella fattispecie, che sussista un nesso causale diretto tra la violazione ingiustificata del diritto dei genitori a un ricorso effettivo, da un lato, e il fatto che i genitori non hanno rispettato il termine previsto all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003 nel proporre opposizione contro la decisione di exequatur, dall’altro. I rappresentanti dei genitori hanno del resto precisato che tale ritardo era imputabile alla loro responsabilità e non a quella dei genitori ( 63 ).

127.

Tuttavia, come osserva correttamente il giudice del rinvio, non si può escludere che il comportamento dell’HCC e le circostanze del procedimento principale siano stati tali, nel complesso, da suscitare nei genitori un senso di scoraggiamento che li ha indotti a ritenere inutile proporre opposizione contro la decisione di exequatur in Irlanda, quando quest’ultima era stata eseguita ancor prima di esser loro notificata. In circostanze del genere, non si può escludere che siffatto scoraggiamento presenti un nesso causale indiretto con il ritardo nel proporre l’opposizione.

128.

Pertanto, alla luce dei fatti di cui al procedimento principale, non è, in primo luogo, impossibile che esista un nesso causale tra il modo in cui l’HCC ha gestito il caso della famiglia in discussione, da un lato, e la fuga della famiglia di cui trattasi in Irlanda, dall’altro ( 64 ).

129.

In secondo luogo, l’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017, che ha sottoposto i minori a tutela giudiziaria e ha ordinato il loro ritorno, è stata adottata in assenza dei genitori in circostanze in cui, come è stato confermato da più parti in udienza, è quantomeno dubbio che i genitori abbiano avuto la possibilità effettiva di essere ascoltati ( 65 ).

130.

In terzo luogo, l’ordinanza in parola è stata successivamente dichiarata esecutiva in Irlanda e, in modo ingiustificato ( 66 ), eseguita immediatamente, senza che i genitori abbiano avuto la possibilità di opporsi a tale ordinanza, sebbene potessero invocare manifestamente taluni motivi di non riconoscimento previsti all’articolo 23 del regolamento n. 2201/2003 ( 67 ), in particolare il fatto che l’atto introduttivo del giudizio dell’HCC non era stato loro notificato in tempo utile e che la decisione della High Court inglese era stata pronunciata senza che essi avessero avuto la possibilità di essere ascoltati.

131.

In quarto luogo, è del tutto logico che, dopo il ritorno dei minori in Inghilterra, i genitori abbiano tentato anzitutto di contestare l’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 in Inghilterra.

132.

Orbene, in quinto luogo, l’autorizzazione a proporre un’impugnazione avverso detta ordinanza è stata loro negata dalla Court of Appeal of England and Wales [Corte d’appello (Inghilterra e Galles)] con una motivazione più che succinta che non sembra aver tenuto conto della natura manifestamente problematica dell’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 per quanto riguarda il loro diritto di essere ascoltati ( 68 ).

133.

Tali elementi, complessivamente considerati, possono aver complicato e alla fine ritardato la presentazione dell’opposizione dei genitori in Irlanda l ( 69 ), anche se il giudice del rinvio osserva che la loro intenzione di proporre opposizione nel termine impartito si desume da diversi elementi di fatto. Come ha rilevato correttamente il rappresentante dei genitori in udienza, occorre, in simile contesto, tener presente che i genitori sono persone socialmente ed economicamente sfavorite, che disponevano senza dubbio di risorse più circoscritte per organizzare la propria difesa rispetto all’amministrazione alla quale erano contrapposti.

5) Il comportamento delle parti

134.

Non vi sono elementi nel fascicolo del procedimento principale che consentano di ritenere che la presentazione tardiva dell’opposizione dei genitori rispetto al termine inizialmente previsto rifletta un intento dilatorio, la volontà di fare ostruzionismo oppure il tentativo di eludere i termini previsti, a differenza di quanto sembra essere avvenuto nella causa Hoffmann ( 70 ). Dalle circostanze del caso di specie risulta invece che i genitori hanno agito in buona fede e hanno fatto tutto il possibile per proporre opposizione entro i termini.

135.

Per contro, è già stato fatto notare che l’HCC e i suoi omologhi irlandesi non hanno dato prova, nella fattispecie, della necessaria diligenza ( 71 ). In particolare, l’esecuzione precipitosa della decisione di exequatur non era giustificata ( 72 ). Il comportamento delle amministrazioni in parola è tanto più ingiustificabile in quanto si tratta di autorità amministrative che, a differenza di un genitore privato dei figli in una situazione di sottrazione transfrontaliera «classica», non dovrebbero avere un interesse proprio al ritorno dei minori, ma dovrebbero agire unicamente con l’obiettivo di tutelare al meglio l’interesse superiore di questi ultimi. Orbene, il modo di procedere della CFA e dell’HCC nel caso di specie non è stato conforme a tale obiettivo.

d)   Conclusione intermedia

136.

Dalle suesposte considerazioni risulta che occorre rispondere alla seconda e alla terza questione nella causa C‑325/18 PPU dichiarando che, in una causa riguardante le disposizioni in materia di esecuzione del regolamento n. 2201/2003, il giudice adito, in forza del principio di autonomia processuale degli Stati membri, è competente a prorogare il termine di ricorso previsto all’articolo 33, paragrafo 5, di detto regolamento. Spetta al giudice interessato valutare, in base a tutti gli elementi presenti e tenendo conto dei principi di equivalenza e di effettività, se siffatta proroga debba essere concessa. Nell’eseguire la valutazione in parola, detto giudice può tener conto in particolare del fatto che l’esecuzione della decisione di exequatur prima della sua notifica al convenuto in sede di esecuzione ha costituito una violazione ingiustificata del diritto di tale convenuto a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta.

2.   Sull’ingiunzione (causa C‑375/18 PPU)

137.

Come è stato precisato supra ( 73 ), dopo il deposito del rinvio pregiudiziale nella causa C‑325/18 PPU, i genitori hanno presentato al giudice del rinvio una domanda di provvedimenti provvisori diretta a ottenere la pronuncia, da parte di quest’ultimo, di un’ingiunzione nei confronti dell’HCC affinché il medesimo, in attesa dell’esito del procedimento principale, cessi di proseguire la procedura di adozione del neonato e non avvii alcuna procedura di adozione per i due figli maggiori.

138.

È in siffatte circostanze che, con la questione nella causa C‑375/18 PPU, il giudice del rinvio chiede alla Corte se il diritto dell’Unione e in particolare il regolamento n. 2201/2003 ostino a che esso pronunci un’ingiunzione cautelare nei confronti di un organismo pubblico di un altro Stato membro al fine di vietare a detto organismo di avviare una procedura per l’adozione di minori dinanzi ai giudici di tale altro Stato membro, sebbene siffatta ingiunzione si riveli necessaria per tutelare i diritti delle parti di un procedimento di opposizione avviato conformemente all’articolo 33, paragrafo 5, del menzionato regolamento.

a)   Osservazioni preliminari

139.

Nella sua questione il giudice del rinvio insiste specificamente sul fatto che l’ingiunzione che gli viene chiesto di pronunciare avrebbe come destinatario un’autorità pubblica di un altro Stato membro.

140.

A tal riguardo, va osservato che non si esclude certamente che il fatto di pronunciare siffatta ingiunzione nei confronti di un ente pubblico straniero può sollevare, in talune circostanze, questioni specifiche in materia di diritto costituzionale o di diritto internazionale pubblico.

141.

Tuttavia, come osserva correttamente il giudice del rinvio, nella fattispecie, non si tratta di un’interferenza nella sovranità giudiziaria, esecutiva e amministrativa interna del Regno Unito, giacché l’ingiunzione richiesta al giudice del rinvio sarebbe rivolta all’HCC nella sua qualità di parte del procedimento di opposizione dinanzi a detto giudice. Orbene, è lo stesso HCC ad aver avviato il procedimento di exequatur in Irlanda, di cui l’attuale procedimento dinanzi al giudice del rinvio non costituisce altro che la prosecuzione. è quindi discutibile che l’HCC possa ora sottrarsi agli effetti del procedimento dinanzi al giudice del rinvio. L’idea secondo la quale uno Stato che interviene in un procedimento dinanzi a un giudice di un altro Stato membro si sottopone, per il procedimento così avviato, alla giurisdizione di tale Stato e non può quindi invocare l’immunità giurisdizionale, è rinvenibile peraltro anche nella Convenzione europea sulle immunità degli Stati ( 74 ).

142.

In ogni caso, non spetta alla Corte stabilire se, nella fattispecie, il fatto che l’HCC sia un organismo pubblico di un altro Stato membro possa impedire al giudice del rinvio di rivolgergli un’ingiunzione cautelare nell’ambito del procedimento di cui esso è investito. La questione del giudice del rinvio si limita infatti ad accertare se il diritto dell’Unione e, in particolare, il regolamento n. 2201/2003, non ostino a siffatta ingiunzione.

b)   Sul divieto di anti‑suit injunctions

143.

Dato che il giudice del rinvio parte dal principio secondo il quale la procedura di adozione pertinente nel Regno Unito è un procedimento giudiziario o richiede quantomeno la pronuncia di decisioni giudiziarie, esso si chiede se un’ingiunzione che ordina all’HCC di non proseguire o di non avviare siffatta procedura equivalga a vietare all’HCC di adire i giudici inglesi competenti e sia quindi simile a una forma di anti‑suit injunction vietata dalle sentenze della Corte nelle cause Turner ( 75 ) e Allianz e Generali Assicurazioni Generali ( 76 ).

144.

In via preliminare, va osservato che da una lettera inviata dall’HCC al giudice del rinvio il 27 marzo 2018 emerge che la decisione di affidamento (placement order) che autorizzava l’HCC a cercare dei potenziali genitori adottivi per il neonato e ad affidarlo provvisoriamente a questi ultimi è già stata adottata il 21 dicembre 2017 ( 77 ). Inoltre, l’HCC precisa che una futura domanda finalizzata ad ottenere una decisione di adozione (adoption order) per il neonato dovrebbe ormai essere presentata da tali genitori adottivi potenziali. Non è quindi del tutto chiaro se il fatto, per il giudice del rinvio, di ingiungere all’HCC di non proseguire la procedura di adozione del neonato implichi realmente il divieto all’HCC di adire un giudice inglese. Inoltre, l’HCC ha ribadito, all’udienza nell’ambito del presente procedimento, di non aver previsto di avviare una procedura di adozione per i due figli maggiori.

145.

In tali circostanze, spetta al giudice del rinvio stabilire se l’ingiunzione che i genitori gli chiedono di pronunciare contenga realmente un «elemento anti‑suit» nel senso che essa vieterebbe all’HCC di adire un giudice inglese. Se così non è, non risulta come la pronuncia di siffatta ingiunzione possa essere problematica alla luce della giurisprudenza della Corte in materia di anti‑suit injunctions.

146.

In ogni caso, è giocoforza constatare che, anche supponendo che un’ingiunzione cautelare pronunciata dal giudice del rinvio abbia come effetto di impedire temporaneamente, in attesa dell’esito del procedimento principale, all’HCC di adire un giudice inglese ai fini dell’adozione del neonato o dei due figli maggiori, siffatta ingiunzione non sarebbe tuttavia vietata dal regolamento n. 2201/2003 o da altre disposizioni del diritto dell’Unione.

147.

In primo luogo, l’ingiunzione che i genitori chiedono al giudice del rinvio di pronunciare nei confronti dell’HCC è non già un’anti‑suit injunction, bensì una freezing o Mareva injunction. Siffatta ingiunzione non ha lo scopo di impedire alla parte nei cui confronti viene pronunciata di adire un altro giudice, ma è volta a impedire a detta parte di dar luogo, prima dell’esito del procedimento, a un fatto compiuto irreversibile che priverebbe la decisione da adottare al termine di tale procedimento di qualsiasi effetto utile. Si tratta quindi di mantenere, fino all’esito del procedimento, lo status quo di fatto ( 78 ).

148.

In secondo luogo, anche supponendo che siffatta freezing injunction contenga, nelle circostanze di cui al procedimento principale, un «elemento anti‑suit» nel senso che impedirebbe all’HCC di adire un giudice inglese, essa non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della giurisprudenza relativa al divieto delle anti‑suit injunctions.

149.

A tal riguardo, la Corte ha dichiarato, nelle cause Turner e Allianz e Generali Assicurazioni Generali, che un’anti‑suit injunction, vale a dire, nella fattispecie, un’ingiunzione diretta a vietare a una persona di avviare o di proseguire un procedimento dinanzi ai giudici di un altro Stato membro, era incompatibile con la Convenzione di Bruxelles e con il regolamento n. 44/2001, cosiddetto «regolamento Bruxelles I», in quanto siffatta ingiunzione non rispetta il principio secondo il quale ciascun giudice adito accerta esso stesso, in forza delle disposizioni applicabili, la propria competenza a pronunciarsi sulla controversia ad esso sottoposta ( 79 ). Una simile ingerenza nella competenza di un giudice di un altro Stato membro è peraltro incompatibile con il principio della fiducia reciproca, che costituisce il fondamento dell’istituzione di un sistema obbligatorio di competenze che tutti i giudici rientranti nell’ambito di applicazione di tali strumenti giuridici sono tenuti a rispettare ( 80 ).

150.

Tuttavia, il ragionamento sotteso a tale divieto di anti‑suit injunctions non può essere applicato alle circostanze del caso di specie.

151.

Difatti, nelle cause in cui la Corte ha constatato l’incompatibilità di anti‑suit injunctions con gli strumenti giuridici derivanti dal sistema di Bruxelles‑Lugano, tali ingiunzioni avevano lo scopo di impedire a una parte di un procedimento pendente dinanzi a un giudice di uno Stato membro di avviare o di proseguire un procedimento giudiziario nei confronti della controparte del medesimo procedimento e riguardo allo stesso oggetto dinanzi a un giudice di un altro Stato membro ( 81 ). In circostanze del genere, un’anti‑suit injunction pronunciata dal primo giudice equivale effettivamente a un’elusione delle norme sulla competenza previste dagli strumenti di Bruxelles‑Lugano nonché a un’ingerenza nella competenza del secondo giudice ad applicare esso stesso siffatte norme.

152.

Orbene, come ha osservato in udienza anche il governo del Regno unito, nella fattispecie, la situazione è radicalmente diversa.

153.

Non si tratterebbe infatti di impedire all’HCC di adire un giudice di un altro Stato membro riguardo allo stesso oggetto del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio, giacché un procedimento giudiziario di adozione avviato o proseguito successivamente in Inghilterra ha un oggetto completamente diverso. Non può esservi quindi né litispendenza né conflitto di competenza giurisdizionale tra i due giudici interessati.

154.

Ciò è tanto più vero in quanto il regolamento n. 2201/2003 disciplina i conflitti di competenza tra i giudici degli Stati membri solo per le decisioni rientranti nel suo ambito di applicazione, Orbene, la decisione sull’adozione e le relative misure preparatorie non rientrano nell’ambito d’applicazione del regolamento n. 2201/2003, cosicché non può sussistere, nel procedimento principale, un conflitto di tal genere ai sensi di detto regolamento ( 82 ).

155.

Ne consegue che i principi derivanti dalla giurisprudenza in materia di anti‑suit injunctions non possono ostare, nella fattispecie, alla pronuncia di un’ingiunzione cautelare nei confronti dell’HCC da parte del giudice del rinvio, diretta a ottenere che quest’ultimo non prosegua o non avvii alcuna procedura di adozione in Inghilterra.

c)   Sull’utilità di un’ingiunzione cautelare nelle circostanze di cui al procedimento principale

156.

Nelle circostanze del caso di specie, neppure l’impianto sistematico generale del regolamento n. 2201/2003 né il principio della fiducia reciproca alla base di tale regolamento ostano alla pronuncia di un’ingiunzione cautelare nei confronti dell’HCC da parte del giudice del rinvio.

157.

È quindi vero che l’articolo 20 del regolamento n. 2201/2003 prevede provvedimenti provvisori solo per il caso in cui il giudice di uno Stato membro debba adottare urgentemente tali provvedimenti relativi alle persone o ai beni presenti in detto Stato membro. Tuttavia, la competenza in parola è espressamente prevista solo poiché essa deve poter essere esercitata in circostanze in cui essa deroghi alla competenza nel merito del giudice di un altro Stato membro ( 83 ).

158.

Pertanto, la circostanza che siano previste espressamente soltanto siffatte misure provvisorie non incide assolutamente sulla circostanza che i giudici degli Stati membri, nei settori di competenza loro assegnati dal regolamento n. 2201/2003, possano adottare provvedimenti provvisori al fine di garantire l’effettività dei procedimenti di cui essi sono investiti.

159.

Siffatte misure possono, in particolare, rivelarsi necessarie in un caso, come quello in esame, in cui una parte, nella fattispecie l’HCC, non garantisce affatto al giudice interessato che si conformerà alla sentenza che sarà pronunciata nell’ambito del procedimento di cui detto giudice è investito conformemente al regolamento n. 2201/2003.

160.

In tale contesto, il giudice del rinvio fa correttamente presente che, di norma, non dovrebbe essere certamente necessario pronunciare un’ingiunzione cautelare nei confronti di un organismo pubblico di un altro Stato membro, parte di tale procedimento, giacché siffatto organismo dovrebbe partecipare a detto procedimento e accettare di conformarsi alla decisione che dovrà essere pronunciata.

161.

Orbene, come risulta dalle circostanze del procedimento principale, nella fattispecie, l’HCC ha soltanto partecipato al procedimento di opposizione dinanzi alla High Court irlandese avverso l’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017, che si è concluso il 18 gennaio 2018. Per contro, l’HCC ha deciso di non proseguire nel partecipare al procedimento d’appello avviato dai genitori avverso l’ordinanza della High Court irlandese del 18 gennaio 2018 dinanzi al giudice del rinvio. Per di più, l’HCC ha comunicato al giudice del rinvio che esso, in ogni caso, non aveva intenzione di rimandare indietro i minori e che per il neonato era stata avviata una procedura di adozione. L’HCC ha sostenuto al riguardo che i giudici inglesi sarebbero competenti a conoscere nel merito della causa e che la situazione dei minori non sarebbe mai rientrata nell’ambito di competenza dei giudici irlandesi. Tale posizione deriva tuttavia, fatta salva la questione della competenza nel merito nella causa in esame, da un’errata interpretazione del regolamento n. 2201/2003. Come difatti confermato, in particolare, dalla Commissione in udienza, il regolamento in parola prevede espressamente la competenza dei giudici dello Stato membro richiesto a conoscere dei ricorsi contro le decisioni di exequatur.

162.

L’HCC, pertanto, ha anzitutto invocato il regolamento n. 2201/2003 a suo favore al fine di ottenere l’exequatur dell’ordinanza della High Court inglese dell’8 settembre 2017 e ha avviato, a tale scopo, il procedimento di exequatur conformemente all’articolo 28 di detto regolamento. Successivamente, di concerto con gli omologhi irlandesi, ha eluso gli obblighi procedurali stabiliti da tale regolamento dando esecuzione alla decisione di exequatur prima della notifica di detta decisione ai genitori. Infine, non si è ritenuto obbligato a partecipare sino alla fine al procedimento di opposizione avviato contro la decisione di exequatur e non prevede di conformarsi alla decisione adottata dal giudice competente al termine del suddetto procedimento.

163.

In tali circostanze, l’HCC non ha offerto le garanzie necessarie per l’attuazione dei principi di riconoscimento e di fiducia reciproci, che costituiscono nondimeno la base del funzionamento dei sistemi istituiti dal regolamento n. 2201/2003. Come ha ricordato recentemente la Corte, un sistema di fiducia e di assistenza reciproche comporta infatti che spetta alle autorità nazionali partecipanti creare le condizioni alle quali i loro omologhi degli altri Stati membri potranno utilmente e in conformità ai principi fondamentali dell’Unione accordare la propria assistenza ( 84 ).

d)   Conclusione intermedia

164.

Occorre rispondere alla questione pregiudiziale nella causa C‑375/18 PPU dichiarando che il diritto dell’Unione, in particolare le disposizioni del regolamento n. 2201/2003, non osta a che un giudice di uno Stato membro pronunci, nei confronti di un organismo pubblico di un altro Stato membro che è parte di un procedimento dinanzi a detto giudice, un’ingiunzione cautelare che vieti all’organismo in parola di avviare o di proseguire una procedura di adozione di minori dinanzi ai giudici di tale altro Stato membro.

VI. Conclusione

165.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni della Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda) nella causa C‑325/18 PPU:

1)

ove si adduca che dei minori sono stati illecitamente trasferiti dallo Stato membro della loro residenza abituale in un altro Stato membro, una decisione che ordina il ritorno di tali minori, adottata da un giudice dello Stato membro di origine al di fuori del procedimento previsto all’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 e indipendentemente da una decisione relativa alla responsabilità genitoriale non può essere eseguita conformemente alle disposizioni del capo III di detto regolamento. Tuttavia, in circostanze del genere, una decisione relativa alla responsabilità genitoriale pronunciata da un giudice dello Stato membro di origine che comporta il ritorno del minore in detto Stato membro può essere eseguita conformemente alla disposizioni in parola.

2)

In una causa riguardante le disposizioni in materia di esecuzione del regolamento n. 2201/2003, il giudice adito, in forza del principio di autonomia processuale degli Stati membri, è competente a prorogare il termine di ricorso previsto all’articolo 33, paragrafo 5, di detto regolamento. Spetta al giudice interessato valutare, in base a tutti gli elementi presenti e tendo conto dei principi di equivalenza e di effettività, se siffatta proroga debba essere concessa. Nell’eseguire tale valutazione, il giudice di cui trattasi può tener conto in particolare del fatto che l’esecuzione della decisione di exequatur prima della sua notifica al convenuto in sede di esecuzione ha costituito una violazione ingiustificata del diritto di detto convenuto a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

166.

Inoltre, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alla questione sollevata dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda) nella causa C‑375/18 PPU:

Il diritto dell’Unione, in particolare le disposizioni del regolamento n. 2201/2003, non osta a che un giudice di uno Stato membro pronunci, nei confronti di un organismo pubblico di un altro Stato membro che è parte di un procedimento dinanzi al giudice in parola, un’ingiunzione cautelare che vieti a tale organismo di avviare o di proseguire una procedura di adozione di minori dinanzi ai giudici di detto altro Stato membro.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 2116/2004 del Consiglio, del 2 dicembre 2004 (GU 2004, L 367, pag. 1).

( 3 ) In prosieguo: la «madre».

( 4 ) In prosieguo: il «primo figlio».

( 5 ) In prosieguo: il «secondo figlio»; e sempre in prosieguo, considerato congiuntamente con il primo figlio: i «due figli maggiori».

( 6 ) In prosieguo: il «neonato».

( 7 ) In prosieguo: il «padre»; e sempre in prosieguo, considerato congiuntamente con la madre: i «genitori».

( 8 ) In prosieguo: l’«HCC».

( 9 ) Il «Freedom Programme», v. http://www.freedomprogramme.co.uk/.

( 10 ) Un Cafcass Guardian, incaricato di esaminare il progetto dell’autorità locale e di garantire che le decisioni siano adottate nel migliore interesse dei minori coinvolti, v. https://www.cafcass.gov.uk/grown-ups/parents-and-carers/care-proceedings/cafcass-role-care-proceedings/.

( 11 ) Non è del tutto chiaro se il rientro a casa sia avvenuto il giorno stesso o all’indomani della nascita del bambino.

( 12 ) Non è del tutto chiaro se tale visita sia avvenuto l’indomani o due giorni dopo la nascita del bambino.

( 13 ) Non è del tutto chiaro se i genitori siano arrivati in Irlanda il 5 o il 6 settembre 2017.

( 14 ) V. paragrafi 118 e segg. delle presenti conclusioni.

( 15 ) V., in tal senso, la mia presa di posizione nella causa Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:177, paragrafi 5657).

( 16 ) L’adozione di siffatta decisione contro il ritorno è un prerequisito per l’applicazione del procedimento di esecuzione specifico previsto al capo III, sezione 4, del regolamento n. 2201/2003; v. sentenza dell’11 luglio 2008, Rinau (C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punto 74).

( 17 ) V. considerando 17, 18 e 23 del regolamento n. 2201/2003. Per chiarimenti al riguardo, v. anche sentenze dell’11 luglio 2008, Rinau (C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punti 61 e segg.), e del 26 aprile 2012, Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:255, punti 116 e segg.). V. anche la mia presa di posizione nella causa Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:177, paragrafi 58, 72 e segg.).

( 18 ) V. articolo 1, lettera a), e articoli 3 e 12 della Convenzione dell’Aia, nonché articolo 2, punto 11, lettera a), e articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 (paragrafi 7, 8, 9, 12 e 13 delle presenti conclusioni).

( 19 ) Al momento del trasferimento in Irlanda, erano stati adottati provvedimenti di affidamento temporaneo a favore dell’HCC per quanto riguarda i due figli maggiori (v. paragrafo 30 delle presenti conclusioni); per contro, come ha confermato in udienza il rappresentante dell’HCC, non è possibile stabilire se il provvedimento di affidamento temporaneo per il neonato sia stato ottenuto prima o dopo la partenza (v. paragrafi 35 e 37 delle presenti conclusioni).

( 20 ) Nonché per talune decisioni relative al diritto di visita, che non sono contemplate nel presente contesto.

( 21 ) Nelle cause all’origine delle sentenze del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti 62 e segg.), e del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punti 62 e segg.), le parti avevano fatto peraltro ricorso ai due procedimenti contemporaneamente, e la Corte non ha censurato tale iniziativa.

( 22 ) V. paragrafo 68 delle presenti conclusioni.

( 23 ) V. paragrafi 118 e segg. delle presenti conclusioni.

( 24 ) V. paragrafi 121 e segg. delle presenti conclusioni.

( 25 ) Si tratta, in particolare, delle versioni in lingua inglese («[a] judgment on the exercise of parental responsibility in respect of a child given in a Member State»), in lingua francese («[l]es décisions rendues dans un État membre sur l’exercice de la responsabilité parentale à l’égard d’un enfant»), in lingua spagnola («[l]as resoluciones dictadas en un Estado miembro sobre el ejercicio de la responsabilidad parental con respecto a un menor»), in lingua italiana («[l]e decisioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale su un minore»), in lingua portoghese («[a]s decisões proferidas num Estado-Membro sobre o exercício da responsabilidade parental relativa a uma criança») oppure in lingua neerlandese («[b]eslissingen betreffende de uitoefening van de ouderlijke verantwoordelijkheid voor een kind»). Per contro, in altre versioni linguistiche del regolamento n. 2201/2003, l’articolo 28 non prevede siffatta differenza; v., in particolare, le versioni in lingua tedesca («[d]ie in einem Mitgliedstaat ergangenen Entscheidungen über die elterliche Verantwortung für ein Kind»), in lingua danese («[e]n i en medlemsstat truffet retsafgørelse om forældreansvar over for et barn»), in lingua ceca («[v]ýkon rozhodnutí o výkonu rodičovské zodpovědnosti ve vztahu k dítěti vydaných v členském státě»), oppure in lingua estone («[l]apse suhtes vanemlikku vastutust käsitlevat kohtuotsust, mis on tehtud liikmesriigis ja on selles liikmesriigis täitmisele pööratav ning kätte antud»).

( 26 ) Il corsivo è mio.

( 27 ) V. su tale punto la presa di posizione dell’avvocato generale Sharpston nella causa Rinau (C‑195/08 PPU, EU:C:2008:377, paragrafi 52 e segg.).

( 28 ) Gli articoli 18, 29 e 34 della Convenzione dell’Aia precisano che quest’ultima non è contraria a tale eventualità.

( 29 ) Il corsivo è mio.

( 30 ) V. sentenze del 27 novembre 2007, C (C‑435/06, EU:C:2007:714, punti 46 e segg.), e del 21 ottobre 2015, Gogova (C‑215/15, EU:C:2015:710, punto 26). V. altresì le mie conclusioni nella causa C (C‑435/06, EU:C:2007:543, paragrafi 33 e segg.) e la mia presa di posizione nella causa Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:177, paragrafi 10 e segg.).

( 31 ) V. sentenze del 27 novembre 2007, C (C‑435/06, EU:C:2007:714, punti 24 e segg.), e del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 21 e segg.).

( 32 ) V. sentenza del 26 aprile 2012, Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:255, punti 56 e segg.).

( 33 ) Come ha chiarito la Corte, al fine di stabilire se una richiesta ricada nella sfera d’applicazione del regolamento n. 2201/2003, occorre far riferimento all’oggetto della medesima: v. sentenza del 21 ottobre 2015, Gogova (C‑215/15, EU:C:2015:710, punto 28); v. anche, per quanto riguarda il regolamento (UE) n.1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1), come modificato dal regolamento delegato (UE) 2015/281 della Commissione, del 26 novembre 2014 (GU 2015, L 54, pag. 1) (cosiddetto «regolamento Bruxelles I bis»), ex multis, sentenza del 9 marzo 2017, Pula Parking (C‑551/15, EU:C:2017:193, punto 34).

( 34 ) V. su tale punto la presa di posizione dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Gogova (C‑215/15, EU:C:2015:725, paragrafi 39 e segg.).

( 35 ) Non risulta che, nella fattispecie, il diritto nazionale rinvii al contenuto del regolamento n. 2201/2003 per determinare le norme applicabili a una situazione disciplinata unicamente dal diritto nazionale dello Stato membro interessato; v., in tal senso, ordinanza del 12 maggio 2016, Sahyouni (C‑281/15, EU:C:2016:343, punti 24 e segg., e giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) L’ordinanza di exequatur della High Court irlandese del 21 settembre 2017 precisa espressamente che il termine di ricorso è di due mesi a decorrere dalla notifica di detta ordinanza.

( 37 ) V. paragrafo 44 delle presenti conclusioni.

( 38 ) V. paragrafo 46 delle presenti conclusioni.

( 39 ) La confusione non già sulla data iniziale del termine, bensì sulla data di presentazione del ricorso, sorta nelle osservazioni scritte e orali dell’HCC, è stata chiarita in udienza: l’HCC aveva indicato per errore che una notice of motion era già stata presentata il 19 novembre 2017, il che sarebbe stato rispettoso del termine di ricorso di due mesi se quest’ultimo avesse iniziato a decorrere il 22 settembre 2017; i genitori hanno tuttavia confermato in udienza che tale indicazione era scorretta e che il loro ricorso era stato sicuramente presentato solo il 24 novembre 2017.

( 40 ) V., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 1987, Heylens e a. (222/86, EU:C:1987:442, punto 15).

( 41 ) V., in particolare, sentenze del 5 marzo 1980, Könecke Fleischwarenfabrik/Commissione (76/79, EU:C:1980:68, punto 7); del 6 luglio 1988, Dillinger Hüttenwerke/Commissione (236/86, EU:C:1988:367, punti 1314); del 6 dicembre 1990, Wirtschaftsvereinigung Eisen‑ und Stahlindustrie/Commissione (C‑180/88, EU:C:1990:441, punto 22); del 19 febbraio 1998, Commissione/Consiglio(C‑309/95, EU:C:1998:66, punti 18 e segg.), o del 23 ottobre 2007, Parlamento/Commissione (C‑403/05, EU:C:2007:624, punti 29 e segg.).

( 42 ) V., in proposito, Corte EDU, 26 gennaio 2017, Ivanova e Ivashova c. Russia (CE:ECHR:2017:0126JUD000079714, § 57 e giurisprudenza ivi citata).

( 43 ) Il testo della versione in lingua francese del regolamento («[c]e délai ne comporte pas de prorogation à raison de la distance») non è chiarissimo, ma da altre versioni linguistiche risulta che ciò significa esattamente che il termine non può essere prorogato per ragioni inerenti alla distanza (v. la versione in lingua inglese: «No extension of time may be granted on account of distance»; la versione in lingua tedesca: «Eine Verlängerung dieser Frist wegen weiter Entfernung ist ausgeschlossen»; la versione in lingua spagnola: «Dicho plazo no admitirá prórroga en razón de la distancia»; la versione in lingua italiana: «Detto termine non è prorogabile per ragioni inerenti alla distanza»; la versione in lingua portoghese: «Este prazo não è susceptível de prorrogação em razão da distância»; la versione in lingua neerlandese: «De termijn kan niet op grond van de afstand worden verlengd»).

( 44 ) Tale posizione è parimenti sostenuta da eminenti autori di diritto internazionale privato: v. ad es. Schlosser, P.F., EU‑Zivilprozessrecht, 2a ed., Beck, Monaco di Baviera, 2003, pag. 276, n. 9; Oberhammer, P., «Art. 43», Kommentar zur Zivilprozessordnung, vol. 10, 22a ed., Mohr Siebeck, Tubinga, 2011, pag. 686, n. 11 (entrambi sull’articolo 43 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1) (cosiddetto «regolamento Bruxelles I»), che corrisponde all’articolo 33 del regolamento n. 2201/2003); Mankowski, P., «Art 33», Brussels IIbis Regulation, Sellier, Monaco di Baviera, 2012, pag. 312, n. 38; Paraschas, K., «VO (EG) 2201/2003 Art. 33», Internationaler Rechtsverkehr in Zivil‑und Handelssachen, 54a ed., Beck, Monaco di Baviera, 2018, n. 8. Inoltre, nella sentenza dell’11 agosto 1995, SISRO (C‑432/93, EU:C:1995:262, punto 15), la Corte sembra aver implicitamente ammesso la possibilità di dichiarare ricevibile, ai sensi delle norme processuali nazionali, un ricorso proposto dopo la scadenza del termine di due mesi previsto dall’articolo 36, secondo comma, della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, del 27 settembre 1968 (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»), che corrisponde all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003.

( 45 ) V., in particolare, articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003: «Il presente regolamento non si applica (…)»; articolo 11, paragrafi 4 e 5: «Un’autorità giurisdizionale non può»; articoli 22 e 23: «Una decisione (…) non è riconosciuta»; articolo 24: «Non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine.»; articolo 25: «Il riconoscimento di una decisione non può essere negato perché la legge dello Stato membro richiesto non prevede (…)»; articolo 26 e articolo 31, paragrafo 3: «In nessun caso la decisione può formare oggetto di un riesame del merito.»; articolo 31, paragrafo 1: «(…) né la parte (…) né il minore possono presentare osservazioni.»; oppure articolo 34: «La decisione resa sull’opposizione può costituire unicamente oggetto delle procedure (…)».

( 46 ) Va osservato, per completezza, che le sentenze del 4 febbraio 1988, Hoffmann (145/86, EU:C:1988:61), e del 16 febbraio 2006, Verdoliva (C‑3/05, EU:C:2006:113), citate dal giudice del rinvio e fatte valere dall’HCC, non inficiano detta interpretazione. Infatti, è vero che la Corte ha menzionato, in tali sentenze, la rigorosità del termine fissato all’articolo 36 della Convenzione di Bruxelles, che corrispondeva all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003. Tuttavia, nella sentenza Hoffmann, la Corte ha precisato unicamente che la disposizione in discussione andava interpretata nel senso che la parte che non ha proposto l’opposizione all’exequatur ivi contemplata non può più, nella fase di esecuzione, far valere un mezzo che essa avrebbe potuto dedurre nell’ambito dell’opposizione all’exequatur (sentenza del 4 febbraio 1988, Hoffmann, 145/86, EU:C:1988:61, punto 34). Parimenti, nella sentenza Verdoliva, la Corte si è limitata a dichiarare che la semplice acquisita conoscenza di una decisione da parte della persona contro cui l’esecuzione è stata chiesta non può sostituire l’obbligo di notifica stabilito in detta disposizione ai fini della determinazione della data iniziale del termine di ricorso ivi previsto (sentenza del 16 febbraio 2006, Verdoliva, C‑3/05, EU:C:2006:113, punto 38).

( 47 ) Nel diritto tedesco non sarebbe concepibile una proroga, ma una riapertura del termine.

( 48 ) V. le mie conclusioni nella causa Puškár (C‑73/16, EU:C:2017:253, paragrafi 4647).

( 49 ) V., in particolare, sentenze del 16 dicembre 1976, Rewe‑Zentralfinanz e Rewe‑Zentral (33/76, EU:C:1976:188, punto 5); del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 67), e del 21 dicembre 2016, TDC (C‑327/15, EU:C:2016:974, punto 90).

( 50 ) V., a tal riguardo, la disposizione di diritto irlandese citata al paragrafo 23 delle presenti conclusioni.

( 51 ) V. giurisprudenza citata nella nota 49 delle presenti conclusioni.

( 52 ) V., riguardo all’articolo 36 della Convenzione di Bruxelles, che corrispondeva all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003, sentenza del 16 febbraio 2006, Verdoliva (C‑3/05, EU:C:2006:113, punti 26 e segg.), nonché le mie conclusioni nella causa Verdoliva (C‑3/05, EU:C:2005:722, paragrafo 38 e segg., e giurisprudenza ivi citata); nello stesso senso, riguardo al regolamento n. 2201/2003, v. sentenza dell’11 luglio 2008, Rinau (C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punto 101).

( 53 ) V., in particolare, considerando 33 del regolamento n. 2201/2003.

( 54 ) V. paragrafo 64 delle presenti conclusioni.

( 55 ) V., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 aprile 2003, Commissione/Germania (C‑20/01 e C‑28/01, EU:C:2003:220, punto 36).

( 56 ) V. articolo 39 del regolamento n. 1215/2012, cosiddetto «Bruxelles I bis».

( 57 ) V. paragrafi 66 e 71 delle presenti conclusioni.

( 58 ) V. sentenza del 26 aprile 2012, Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:255, punto 118), nonché la mia presa di posizione nella causa Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:177, paragrafi 71 e segg.).

( 59 ) V., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2008, Rinau (C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punto 101). V. anche, in tale contesto, riguardo all’articolo 36 della Convenzione di Bruxelles, che corrispondeva all’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento n. 2201/2003, le mie conclusioni nella causa Verdoliva (C‑3/05, EU:C:2005:722, paragrafi 4142): «L’articolo 36 costituisce (…) l’integrazione processuale rispetto ai motivi sostanziali di diniego elencati negli articoli 27 e 28 della Convenzione». Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo emerge altresì che il convenuto in sede di esecuzione di una decisione pronunciata in un altro Stato membro dell’Unione e che beneficia di un sistema di riconoscimento reciproco deve poter far valere un’insufficienza manifesta di tutela di un diritto garantito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Infatti, solo in mancanza di siffatta insufficienza può essere applicata la presunzione di tutela equivalente dei diritti garantiti da detta Convenzione da parte del diritto dell’Unione e i giudici degli Stati membri possono conferire piena efficacia a tale sistema di riconoscimento reciproco; v. Corte EDU, 23 maggio 2016, Avotiņš c. Lettonia (CE:ECHR:2016:0523JUD001750207, § 116).

( 60 ) V. sentenza del 26 aprile 2012, Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:255, punti 121 e segg.).

( 61 ) Sentenza dell’11 luglio 2008, Rinau (C‑195/08 PPU, EU:C:2008:406, punto 81).

( 62 ) V., ex multis, sentenze del 1o luglio 2010, Povse (C‑211/10 PPU, EU:C:2010:400, punti 3536); del 5 ottobre 2010, McB. (C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582, punto 28), e del 22 dicembre 2010, Aguirre Zarraga (C‑491/10 PPU, EU:C:2010:828, punti 3940).

( 63 ) V. paragrafo 46 delle presenti conclusioni.

( 64 ) V. in particolare paragrafi 33 e segg. delle presenti conclusioni.

( 65 ) V. paragrafi 38 e 39 delle presenti conclusioni.

( 66 ) V. paragrafo 125 delle presenti conclusioni.

( 67 ) V. paragrafo 16 delle presenti conclusioni.

( 68 ) V. paragrafo 45 delle presenti conclusioni. Tale decisione così recita: «Non vi sono elementi nelle denunce presentate dai ricorrenti, contenute nei documenti depositati presso questa corte. [I ricorrenti] hanno avuto l’opportunità di partecipare all’udienza dell’8 settembre, ma anziché avvalersi di tale opportunità sono fuggiti. Gli argomenti tecnici ora fatti valere, riguardanti il diritto a un processo equo, il diritto di viaggiare e il ricorso alla tutela sono inconsistenti, tanto più in quanto i minori sono, al momento, nuovamente sottoposti alla giurisdizione di questa corte». (Traduzione libera).

( 69 ) A tal proposito, la Corte ha riconosciuto nell’ambito di ricorsi contro gli atti delle istituzioni dell’Unione che un ritardo nella presentazione di un ricorso può rientrare nella nozione di errore scusabile quando l’istituzione considerata abbia adottato un comportamento tale, da solo o in misura determinante, da generare una confusione ammissibile in un singolo di buona fede (sentenza del 15 maggio 2003, Pitsiorlas/Consiglio e BCE, C‑193/01 P, EU:C:2003:281, punto 24). V., anche, in tale contesto, Corte EDU, 6 dicembre 2001, Tsironis c. Grecia (CE:ECHR:2001:1206JUD004458498, §§ 27 e segg.).

( 70 ) V. nota 46 delle presenti conclusioni.

( 71 ) V., in particolare, paragrafi 122 e segg., e 128 e segg. delle presenti conclusioni.

( 72 ) V. paragrafi 122 e segg. delle presenti conclusioni.

( 73 ) V. paragrafi 51 e 52 delle presenti conclusioni.

( 74 ) Consiglio d’Europa, Serie dei trattati europei, n. 74.

( 75 ) Sentenza del 27 aprile 2004, Turner (C‑159/02, EU:C:2004:228).

( 76 ) Sentenza del 10 febbraio 2009, Allianz e Generali Assicurazioni Generali (C‑185/07, EU:C:2009:69).

( 77 ) V. paragrafo 47 delle presenti conclusioni.

( 78 ) In materia finanziaria, siffatta freezing injunction ordina il congelamento di beni a titolo cautelare per evitare che, vendendo i suoi beni, il debitore li sottragga alla successiva disponibilità del creditore (v. le mie conclusioni nella causa Meroni, C‑559/14, EU:C:2016:120, paragrafo 2). La Corte non ha ravvisato impedimenti a una simile ingiunzione anche quando una persona che possa esserne pregiudicata non sia stata ascoltata, purché tale persona abbia la possibilità di far valere i suoi diritti dinanzi al giudice che ha pronunciato detta ingiunzione (v. sentenza del 25 maggio 2016, Meroni, C‑559/14, EU:C:2016:349, punto 54).

( 79 ) Sentenze del 27 aprile 2004, Turner (C‑159/02, EU:C:2004:228, punto 25); del 10 febbraio 2009, Allianz e Generali Assicurazioni Generali (C‑185/07, EU:C:2009:69, punto 29), e del 13 maggio 2015, Gazprom (C‑536/13, EU:C:2015:316, punto 33).

( 80 ) Sentenze del 27 aprile 2004, Turner (C‑159/02, EU:C:2004:228, punto 24); del 10 febbraio 2009, Allianz e Generali Assicurazioni Generali (C‑185/07, EU:C:2009:69, punto 30), e del 13 maggio 2015, Gazprom (C‑536/13, EU:C:2015:316, punto 34).

( 81 ) Sentenze del 27 aprile 2004, Turner (C‑159/02, EU:C:2004:228, punti 9 e segg.), e del 10 febbraio 2009, Allianz e Generali Assicurazioni Generali (C‑185/07, EU:C:2009:69, punti 11 e segg.).

( 82 ) V., in tal senso, sentenza del 13 maggio 2015, Gazprom (C‑536/13, EU:C:2015:316, punto 36).

( 83 ) V., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009, Detiček (C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punto 38).

( 84 ) V. sentenza del 26 aprile 2018, Donnellan (C‑34/17, EU:C:2018:282, punto 61).

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