Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62017TJ0733

    Sentenza del Tribunale (Settima Sezione) del 16 maggio 2019 (Estratti).
    GMP-Orphan (GMPO) contro Commissione europea.
    Medicinali per uso umano – Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 141/2000 – Nozione di “beneficio significativo” – Disponibilità di un medicinale orfano – Articolo 5, paragrafo 12, lettera b), del regolamento n. 141/2000 – Decisione della Commissione di cancellare un medicinale dal Registro dei medicinali orfani – Errore di valutazione – Errore di diritto – Legittimo affidamento.
    Causa T-733/17.

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2019:334

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

    16 maggio 2019 ( *1 )

    «Medicinali per uso umano – Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 141/2000 – Nozione di “beneficio significativo” – Disponibilità di un medicinale orfano – Articolo 5, paragrafo 12, lettera b), del regolamento n. 141/2000 – Decisione della Commissione di cancellare un medicinale dal Registro dei medicinali orfani – Errore di valutazione – Errore di diritto – Legittimo affidamento»

    Nella causa T‑733/17,

    GMP‑Orphan (GMPO), con sede a Parigi, (Francia) rappresentata da M. Demetriou, QC, E. Mackenzie, barrister, L. Tsang, e J. Mulryne, solicitors,

    ricorrente,

    contro

    Commissione europea, rappresentata da K. Petersen e A. Sipos, in qualità di agenti,

    convenuta,

    avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento parziale della decisione di esecuzione C (2017) 6102 final della Commissione, del 5 settembre 2017, che autorizza l’immissione in commercio del medicinale per uso umano Cuprior – trientina a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, nei limiti in cui la Commissione ha deciso, all’articolo 5 della medesima decisione, che il medicinale non rispondeva più ai criteri di cui al regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, concernente i medicinali orfani (GU 2000, L 18, pag. 1), al fine di essere registrato come medicinale orfano e che conseguentemente era necessario aggiornare il Registro dei medicinali orfani dell’Unione europea,

    IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

    composto da V. Tomljenović, presidente, E. Bieliūnas e A. Kornezov (relatore), giudici,

    cancelliere: P. Cullen, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 dicembre 2018,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza ( 1 )

    [omissis]

    Procedimento e conclusioni delle parti

    10

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 novembre 2017, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

    11

    In pari data la ricorrente ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori, che è stata respinta con ordinanza del 23 novembre 2018, GMPO/Commissione (T‑733/17 R, non pubblicata, EU:T:2018:839).

    12

    Il 19 gennaio 2018 la Commissione ha presentato il suo controricorso.

    13

    Le parti hanno depositato la replica e la controreplica, rispettivamente, il 12 marzo e il 27 aprile 2018.

    14

    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    annullare l’articolo 5 della decisione impugnata;

    intimare alla Commissione di qualificare il Cuprior come medicinale orfano e, di conseguenza, di aggiornare il Registro dei medicinali orfani dell’Unione;

    condannare la Commissione alle spese.

    15

    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso come parzialmente irricevibile e, comunque, infondato;

    condannare la ricorrente alle spese.

    In diritto

    [omissis]

    Nel merito

    [omissis]

    Sul primo e quarto motivo, vertenti, rispettivamente, su un errore di diritto nell’interpretazione della nozione di «beneficio significativo», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 141/2000 e su un errore manifesto di valutazione degli elementi di prova presentati dalla ricorrente

    [omissis]

    30

    In via preliminare, si deve osservare che la procedura relativa ai medicinali orfani si sviluppa in due fasi distinte. La prima fase è quella relativa all’assegnazione al medicinale della qualifica di medicinale orfano, la seconda all’AIC del medicinale qualificato come orfano e all’esclusiva commerciale che ad essa si ricollega (sentenza del 9 settembre 2010, Now Pharm/Commissione, T‑74/08, EU:T:2010:376, punto 33).

    31

    Per quanto riguarda la procedura per l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano, l’articolo 3 del regolamento n. 141/2000 fissa i criteri che il potenziale medicinale deve soddisfare per essere qualificato come medicinale orfano. L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), primo presupposto, del regolamento n. 141/2000 prevede che lo sponsor del medicinale orfano debba in particolare dimostrare che non esistono metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia dell’affezione considerata dal medicinale per il quale è stata presentata la domanda di assegnazione della qualifica di medicinale orfano che siano stati autorizzati nell’Unione. Qualora, però, esistano metodi del genere, il legislatore ha previsto, all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), secondo presupposto, del regolamento n. 141/2000, la possibilità di qualificare come medicinale orfano ogni potenziale medicinale destinato a trattare la medesima affezione purché il suo sponsor dimostri che detto medicinale procurerà benefici significativi alle persone colpite da tale affezione (sentenza del 9 settembre 2010, Now Pharm/Commissione, T‑74/08, EU:T:2010:376, punto 34).

    32

    Il concetto di «beneficio significativo» è definito all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 847/2000 come «un miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista clinico o dal punto di vista della cura generale». Nel contesto dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), secondo presupposto, del regolamento n. 141/2000, applicabile nel caso di specie, la dimostrazione del beneficio significativo si inserisce pertanto in un’analisi comparativa con un metodo o un medicinale esistente e autorizzato. Infatti, un «miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista clinico» e dal punto di vista della «cura generale», che conferiscono al potenziale medicinale orfano la qualità di beneficio significativo, possono essere determinati solo con un confronto con i trattamenti che siano già stati autorizzati (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2015, Teva Pharma et Teva Pharmaceuticals Europe/EMA, T‑140/12, EU:T:2015:41, punto 64 e giurisprudenza citata).

    33

    La seconda fase della procedura, cioè quella dell’AIC del medicinale orfano, interviene, se del caso, successivamente alla qualificazione del medicinale interessato come medicinale orfano. Risulta dall’articolo 5, paragrafo 12, lettera b), del regolamento n. 141/2000, che, in sede di esame di una domanda di AIC, occorre verificare se i criteri di cui all’articolo 3 del medesimo regolamento siano ancora soddisfatti. Infatti, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 12, lettera b), del regolamento n. 141/2000, un medicinale qualificato come medicinale orfano è cancellato dal Registro dei medicinali orfani ove sia accertato, prima della concessione dell’AIC, che il medicinale in questione non risponde più ai criteri enunciati all’articolo 3.

    34

    Pertanto, quando uno sponsor presenta una domanda di AIC per un medicinale orfano qualificato, ciò mette in moto una procedura parallela intesa a rivalutare i criteri di assegnazione della qualifica. La responsabilità di valutare se siano soddisfatti i criteri di assegnazione della qualifica è del COMP, il quale è incaricato di elaborare un parere al riguardo. Nel caso di specie, la Commissione non si è discostata dal parere definitivo del COMP e ha pertanto approvato i risultati di tale parere. Pertanto, occorre considerare che il sindacato giurisdizionale spettante al Tribunale deve riguardare tutte le considerazioni esposte in tale parere, il quale costituisce parte integrante della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2018, Bristol‑Myers Squibb Pharma/Commissione e EMA, T‑329/16, non pubblicata, EU:T:2018:878, punto 98).

    35

    Fatte queste precisazioni, si deve rilevare che, nell’ambito della presente controversia, la ricorrente si basa sul secondo presupposto previsto all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 141/2000. Essa ammette, pertanto, che nella fattispecie esistono soddisfacenti metodi di trattamento già autorizzati nell’Unione per i pazienti affetti dal morbo di Wilson, fra cui, in particolare, il medicinale di riferimento. È pacifico al riguardo che, come la ricorrente ha confermato in udienza, il medicinale di riferimento è, per lo meno, altrettanto efficace, sul piano clinico, del Cuprior e che la domanda di AIC di quest’ultimo farmaco è basata su prove precliniche e cliniche del medicinale di riferimento.

    36

    La ricorrente considera, in sostanza, nell’ambito del suo primo motivo, che l’imminente autorizzazione per l’immissione in commercio del Cuprior, valida per tutto il territorio dell’Unione, costituisce un «presupposto intrinseco» di beneficio significativo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), secondo presupposto, del regolamento n. 141/2000, dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 847/2000, della comunicazione del 2003 e delle linee direttrici del 2014 poiché il medicinale di riferimento è autorizzato solo in uno Stato membro.

    37

    In primo luogo, si deve rilevare al riguardo che nessuna disposizione del regolamento n. 141/2000 e del regolamento n. 847/2000 prevede che, a livello dell’Unione, l’AIC di un medicinale orfano costituisca di per sé un beneficio significativo rispetto al trattamento alla base di un farmaco esistente, altrettanto efficace e già autorizzato, anche se in un unico Stato membro.

    38

    In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 847/2000, la nozione di «beneficio significativo» è definita come «un miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista clinico o dal punto di vista della cura generale». Nel caso in esame, poiché il Cuprior non procura un miglioramento sostanziale dal punto di vista clinico rispetto al medicinale di riferimento, è il presupposto del miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente «dal punto di vista della cura generale», ad essere rivendicato dalla ricorrente.

    39

    Orbene, risulta da tale definizione che l’analisi comparativa tra il nuovo medicinale e il medicinale di riferimento deve dimostrare non solo che il primo procura un beneficio ai pazienti e un miglioramento dal punto di vista della cura generale, ma anche che tale beneficio è «significativo» e che tale miglioramento è «sostanziale». Il miglioramento atteso da tale nuovo medicinale deve quindi superare una determinata soglia in termini quantitativi o qualitativi per poter essere considerato «significativo» o «sostanziale».

    40

    Lo sponsor deve quindi dimostrare, basandosi su prove e dati concreti e fondati, che il suo medicinale procura un beneficio significativo nel senso che assicura un miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista della cura generale rispetto al medicinale di riferimento, senza potersi basare al riguardo su presunzioni o affermazioni generiche.

    41

    Infatti, la semplice circostanza che il medicinale di riferimento sia autorizzato solo in uno Stato membro, non significa che i pazienti negli altri Stati membri non vi abbiano legittimo accesso e che non siano soddisfatte le loro necessità. Analogamente, il fatto che un medicinale sia autorizzato a livello dell’Unione non implica, di per sé, che tale medicinale sia di fatto messo a disposizione in tutti gli Stati membri. Infatti, vi possono essere anche problemi di disponibilità per i medicinali autorizzati a livello di Unione.

    42

    In terzo luogo, tale conclusione è confermata dalla comunicazione del 2003. Infatti, emerge dalla sezione A.4 della medesima che i presupposti di beneficio significativo di un medicinale nel senso di «miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista della cura generale» si basano necessariamente su un’analisi degli elementi concreti di prova in ogni singolo caso. Più specificamente, il presupposto di beneficio significativo fatto valere dallo sponsor deve essere «giustificato dal richiedente mediante dati/prove» (secondo e terzo comma) e lo sponsor deve «spiegare come il problema della fornitura/disponibilità si traduca nel fatto che le esigenze dei pazienti non vengono soddisfatte», oltre a suffragare tali rivendicazioni mediante «referenze qualitative e quantitative» (quarto comma).

    43

    Se è vero che il punto A.4, quinto comma, della comunicazione del 2003 precisa che, «[p]er quanto concerne la potenziale disponibilità del prodotto per la popolazione [dell’Unione], un prodotto medicinale autorizzato e disponibile in tutti gli Stati membri può rappresentare un beneficio significativo rispetto ad un prodotto analogo autorizzato unicamente in un numero ristretto di Stati membri», da un lato, si deve osservare che tale passo si riferisce ai medicinali che non solo sono «autorizzati», ma anche «disponibili» in tutti gli Stati membri. Dall’altro lato, tale passo si limita ad indicare che un simile medicinale «può» rappresentare un beneficio significativo. Pertanto, se è vero che tale passo della comunicazione del 2003 riconosce che un’eventuale AIC dell’Unione possa rappresentare un beneficio significativo, si tratta solo di una possibilità che deve essere suffragata, caso per caso, da elementi di prova concreti, come emerge anche dai succitati passi della comunicazione del 2003 (v. punto 42 supra), e non da un obbligo vincolante o da una presunzione legale.

    44

    All’udienza, la ricorrente ha ammesso di non poter avvalersi neppure dell’ipotesi di cui al punto A.4, nono comma, della comunicazione del 2003, perché non è applicabile alle circostanze del caso di specie. Nel presente caso, infatti, il medicinale di riferimento è stato autorizzato nel mercato del Regno Unito dal 1985, e dunque ben prima della decisione di assegnazione della qualifica del 2015, sicché non si può ragionevolmente sostenere che lo sponsor del medicinale di riferimento abbia cercato, mediante l’autorizzazione nazionale di cui trattasi, di bloccare l’imminente AIC del Cuprior. L’ipotesi descritta al punto A.4, nono comma, della comunicazione del 2003 non è quindi applicabile al caso di specie.

    45

    La ricorrente tuttavia trae argomento dal punto A.4, decimo comma, della comunicazione del 2003, ai sensi del quale «l’aspettativa imminente di un’[AIC a livello dell’Unione] nei confronti dell’esistenza di una autorizzazione nazionale per lo stesso medicinale in un unico o in un numero limitato di Stati membri può essere sufficiente a mantenere un presupposto di beneficio significativo». Tuttavia, anche supponendo che tale comma sia inteso ad essere applicato al di fuori delle circostanze descritte al punto A.4, nono comma, della comunicazione del 2003, circostanze estranee al presente caso, è sufficiente rilevare che anch’esso si limita a indicare una possibilità e non un obbligo vincolante o una presunzione legale.

    46

    In quarto luogo, anche le linee direttrici del 2014 confermano tale conclusione. Infatti, il punto D.3. di tale documento ripete, in sostanza, la comunicazione del 2003. Esso riconosce, invero, che, da un lato, un medicinale autorizzato in tutti gli Stati membri «può» rappresentare un beneficio significativo rispetto ad un medicinale autorizzato solo in alcuni Stati membri, ma che, dall’altro, le giustificazioni date dallo sponsor per stabilire il potenziale aumento della fornitura o della disponibilità devono essere esaminate alla luce del problema se esse possano comportare un significativo beneficio clinico per i pazienti in tutti gli Stati membri.

    47

    In quinto luogo, il fatto che un medicinale non sia autorizzato a livello dell’Unione, ma solo in uno Stato membro non impedisce agli Stati membri in cui tale medicinale non sia autorizzato di prevedere meccanismi legali volti a consentire l’importazione nel loro territorio di tale medicinale. Infatti, a termini del considerando 30 della direttiva 2001/83, a una persona residente in uno Stato membro deve essere possibile farsi inviare da un altro Stato membro un quantitativo ragionevole di medicinali destinati al proprio uso personale. A tal fine, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 prevede che uno Stato membro possa, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dalle disposizioni di detta direttiva, e dunque dal divieto di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, i medicinali forniti per rispondere ad un’ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un medico autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua responsabilità.

    48

    La Corte ha avuto occasione di rilevare che dal complesso dei requisiti indicati all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, letti alla luce degli obiettivi essenziali della direttiva e, segnatamente, di quello relativo alla tutela della salute pubblica, risultava che la deroga prevista da detta disposizione poteva riguardare unicamente situazioni in cui il medico ritenesse che lo stato di salute di propri specifici pazienti richiedesse la somministrazione di un medicinale di cui non esisteva l’equivalente autorizzato nel mercato nazionale o che non risultasse disponibile nel medesimo mercato (v. sentenza del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann‑La Roche e a., C‑179/16, EU:C:2018:25, punto 57 e giurisprudenza citata).

    49

    Nel caso di specie, è pacifica l’esistenza di programmi nazionali d’importazione che consentono di importare legalmente il medicinale di riferimento, anche se non è autorizzato nello Stato membro d’importazione. Tali programmi permettono così di prescrivere ai pazienti interessati l’uso di medicinali privi dell’AIC nello Stato membro in questione.

    50

    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non si tratta nel caso di specie, nell’ambito di questi programmi, di un «uso off-label» del medicinale di riferimento, ma solo del suo uso in uno Stato membro diverso da quello in cui esso è stato autorizzato, e proprio per le indicazioni terapeutiche per le quali è stato autorizzato. L’analogia che la ricorrente tenta di stabilire tra un uso «off-label» e un uso conforme alle indicazioni terapeutiche in uno Stato membro diverso da quello in cui il medicinale di riferimento è stato autorizzato è pertanto destinata a fallire.

    51

    L’argomento della ricorrente secondo cui la presa in considerazione di simili programmi nazionali d’importazione al fine di esaminare l’esistenza di un beneficio significativo creerebbe disparità di accesso al medicinale di riferimento, in quanto tale accesso è disciplinato da modalità, talvolta diverse, applicate da ciascuno Stato membro, e sarebbe quindi contraria all’obiettivo del legislatore dell’Unione di introdurre, a livello dell’Unione, procedure di immissione in commercio rigorose e armonizzate non può essere accolto. Infatti, la pertinenza di detti programmi non può essere negata per il solo fatto che essi sono attuati sulla base di una deroga, vale a dire quella prevista dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, né per il fatto che le modalità della loro applicazione non sono armonizzate a livello di Unione. La questione se tali programmi consentano, nei fatti, un adeguato ed effettivo accesso al medicinale di riferimento è diversa e dipende dall’esame delle circostanze specifiche di ciascun caso, questione che è anche oggetto del quarto motivo. Analogamente, tenere conto di tali programmi non rimette in alcun modo in discussione la procedura centralizzata a livello dell’Unione d’immissione in commercio, ma mira unicamente a stabilire se, nei fatti, i pazienti colpiti dall’affezione in parola possano avere accesso al medicinale di riferimento.

    52

    Pertanto, il COMP non ha commesso alcun errore di diritto, nel suo parere definitivo, sul quale la Commissione ha fondato la decisione impugnata, per aver tenuto conto dell’esistenza di programmi nazionali d’importazione che consentono l’importazione legale del medicinale di riferimento.

    53

    Ne consegue, alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, che il fatto che un medicinale possa essere autorizzato a livello dell’Unione non consente di affermare, e neanche di presumere, che esso avrà effetti benefici significativi, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), secondo presupposto, del regolamento n. 141/2000, dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 847/2000, della comunicazione del 2003 e delle linee direttrici del 2014, rispetto al medicinale di riferimento, per il solo motivo che quest’ultimo è autorizzato in un unico Stato membro.

    54

    Il primo motivo di ricorso dev’essere, pertanto, respinto come infondato.

    55

    Per quanto riguarda il quarto motivo, occorre esaminare se la decisione impugnata sia viziata da un errore di valutazione nella parte in cui il COMP ha osservato che gli elementi di prova forniti dalla ricorrente non erano sufficienti ad accertare il presupposto di un beneficio significativo. Al riguardo, il COMP ha dichiarato che la ricorrente non aveva sufficientemente dimostrato la mancanza di disponibilità del medicinale nell’Unione e che, per questo motivo, l’affermazione che il Cuprior avrebbe aumentato in misura significativa la disponibilità del trattamento non poteva essere condivisa.

    56

    In tale contesto, risulta dalla giurisprudenza che, quando la Commissione è chiamata ad effettuare complesse valutazioni tecniche o scientifiche, essa gode di un ampio potere discrezionale. In simili casi, il sindacato giurisdizionale deve essere limitato ad accertare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione, l’insussistenza di errori manifesti nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (v. sentenza del 9 settembre 2010, Now Pharm/Commissione, T‑74/08, EU:T:2010:376, punto 111 e giurisprudenza citata).

    57

    Tuttavia, nel caso di specie, il Tribunale considera che il parere del COMP, su cui si fonda la decisione impugnata, non procede a complesse valutazioni tecniche o scientifiche, ma si basa, essenzialmente, su constatazioni di fatto riguardanti la disponibilità nell’Unione del medicinale di riferimento. Nella presente fattispecie, il sindacato giurisdizionale del Tribunale è quindi pieno.

    58

    Nel caso in esame, in primo luogo, occorre rilevare che il COMP ha svolto la propria indagine relativa alla disponibilità del medicinale di riferimento negli Stati membri dell’Unione. I risultati hanno rivelato che almeno 26 Stati membri erano dotati di meccanismi di regolamentazione dell’importazione del medicinale di riferimento e che il medicinale importato poteva quindi essere importato o lo era nei fatti, a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83.

    59

    La ricorrente non sembra contestare l’esattezza delle informazioni così raccolte dal COMP nell’ambito di tale indagine. Essa critica, invece, il fatto che quest’ultima si fondi su «comunicazioni informali» tra i membri del COMP e le autorità nazionali di regolamentazione. Sembra quindi, almeno implicitamente, mettere in discussione l’efficacia probatoria di tale indagine.

    60

    Si deve ricordare al riguardo che, secondo giurisprudenza costante, il principio prevalente nel diritto dell’Unione è quello della libera valutazione delle prove e il solo criterio per valutare il valore delle prove prodotte risiede nella loro attendibilità. Inoltre, per valutare l’efficacia probatoria di un documento si deve verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta e considerare, in particolare, la provenienza del documento, le circostanze in cui esso è stato elaborato, il suo destinatario e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2018, Kaddour/Consiglio, T‑461/16, EU:T:2018:316, punto 107 e giurisprudenza citata).

    61

    Nel caso di specie, si deve notare che le informazioni sono state raccolte nel corso dell’indagine del COMP da fonti ufficiali e affidabili, ossia dalle autorità nazionali di regolamentazione, che dispongono dell’esperienza per poter valutare se esistano o no eventuali problemi di fornitura e conoscere le procedure messe in atto per l’importazione del medicinale di riferimento. I risultati di questa indagine sono stati presentati in una tabella riassuntiva del 15 giugno 2016, intitolata «Disponibilità della trientina negli Stati membri sulla base del riesame svolto dai membri del COMP, EMA/317599/2017», allegata al ricorso come Allegato A.7, che contiene informazioni concrete e verificabili per Stato membro.

    62

    Inoltre, il COMP è un organo collegiale composto da un membro nominato da ciascuno Stato membro, tre membri nominati dalla Commissione per garantire la rappresentanza delle associazioni dei pazienti, tre membri nominati dalla Commissione su proposta dell’EMA, un presidente e un membro nominato dagli Stati dello Spazio economico europeo (SEE) (considerando 6 del regolamento n. 141/2000). Il COMP è dunque formato da un collegio che rappresenta tutti gli Stati membri e le associazioni di pazienti, che gli consentono di formarsi un’opinione sulla base delle esperienze nazionali acquisite sia dalle autorità nazionali di regolamentazione sia dalle associazioni di pazienti.

    63

    Pertanto, e in assenza di validi argomenti in senso contrario da parte della ricorrente, il Tribunale ritiene che l’indagine effettuata dal COMP abbia un elevato valore probatorio.

    64

    In secondo luogo, per quanto riguarda gli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi al COMP, la ricorrente ha tentato di dimostrare che, malgrado l’esistenza di percorsi regolamentari d’importazione del medicinale di riferimento nella maggior parte degli Stati membri, sarebbero esistiti ostacoli «logistici e amministrativi» che impedivano l’effettivo accesso a detto medicinale. A tale riguardo, la ricorrente si è avvalsa dei risultati di un sondaggio che ha condotto essa stessa presso talune agenzie per la regolamentazione dei farmaci in 26 Stati membri, 18 medici in 15 Stati membri e alcune associazioni di pazienti provenienti da 11 Stati membri. Essa ha documentato le risposte in una tabella riassuntiva, allegata come Allegato 10 al ricorso, che suddivide gli Stati membri in tre gruppi, ossia quelli in cui la disponibilità del medicinale di riferimento sarebbe «limitata/assente» (7 Stati membri), quelli in cui la disponibilità sarebbe «moderata» (4 Stati membri) e quelli in cui la disponibilità sarebbe «buona» (9 Stati membri). I problemi di disponibilità individuati negli 11 Stati membri con una disponibilità «limitata/assente» o «moderata» sarebbero dovuti, secondo i risultati dell’indagine, alla mancanza di rimborso del medicinale di riferimento e a problemi di fornitura.

    65

    Dopo aver esaminato i risultati dell’indagine, il COMP è giunto alla conclusione che essa non dimostrava sufficientemente l’esistenza di problemi di disponibilità del medicinale di riferimento. Più precisamente, il COMP ha osservato di non aver potuto tener conto, nel valutare se esistesse o no un beneficio significativo, di considerazioni connesse a un’eventuale mancanza di rimborso del medicinale di riferimento nello Stato membro di importazione. Inoltre, secondo il COMP, la ricorrente non aveva fornito ulteriori elementi di prova in grado di comprovare l’esistenza di oggettive carenze di fornitura, al di là, da un lato, dell’assenza di rimborso in taluni Stati membri e, dall’altro, dell’onere amministrativo, che comportava l’organizzazione dell’importazione.

    66

    Per quanto riguarda il primo tipo di ostacoli, segnatamente quelli relativi al mancato rimborso del medicinale di riferimento nello Stato membro d’importazione, occorre ricordare che il rimborso di un medicinale da parte dei sistemi sanitari degli Stati membri rientra nella competenza esclusiva di questi ultimi. Pertanto, da un lato, il fatto che il medicinale di riferimento sia autorizzato solo in uno Stato membro non significa necessariamente che esso sia, per tale ragione, escluso da qualsiasi rimborso da parte del sistema sanitario nazionale dello Stato membro d’importazione. Infatti, ad esempio, risulta dall’indagine svolta dal COMP, menzionata supra al punto 58, che il medicinale di riferimento è rimborsato in Germania.

    67

    Dall’altro lato, come riconosciuto dalla ricorrente in udienza, l’eventuale concessione di un’AIC a livello di Unione non significa, neanche, che il Cuprior sarebbe rimborsato nell’ambito dei sistemi sanitari nazionali. Inoltre, la ricorrente non presenta alcun elemento di prova che dimostri che il Cuprior sarebbe probabilmente rimborsato dai sistemi sanitari nazionali, né in che misura, una volta ottenuta l’AIC a livello dell’Unione.

    68

    Per quanto riguarda il secondo tipo di ostacoli, richiamati dalla ricorrente, vale a dire di ordine «amministrativo o logistico», si deve rilevare che gli argomenti della ricorrente su tale punto non sono sufficientemente fondati. Infatti, la ricorrente si limita a citare alcuni esempi, ripresi nella sua indagine menzionata al precedente punto 64, secondo i quali taluni Stati membri imporrebbero di ottenere un’autorizzazione preventiva da rinnovare periodicamente oppure sussisterebbero ritardi non specificati nella fornitura del medicinale di riferimento, ma non dimostra che le modalità del funzionamento dei programmi nazionali di importazione impongono un onere amministrativo irragionevole per il paziente in termini di tempi di attesa, di costi o iter da intraprendere, tale da compromettere l’efficacia di tali programmi e, pertanto, la tempestiva fornitura del medicinale di riferimento. Orbene, come rilevato ai punti 39 e 40 supra, lo sponsor deve dimostrare non solo che il suo medicinale procurerebbe un beneficio o un miglioramento sotto il profilo della cura del paziente, ma anche che tale beneficio sarebbe «significativo» e tale miglioramento «sostanziale».

    69

    Inoltre, le informazioni ottenute dalla ricorrente nella sua indagine devono, in ogni caso, essere paragonate a quelle risultanti dall’indagine condotta dal COMP, che, secondo il Tribunale, ha un elevato valore probatorio (v. punto 63 supra). Ebbene, tale indagine rivela che non esistono ostacoli significativi all’accesso al medicinale di riferimento negli Stati membri interessati.

    [omissis]

    71

    Date tali circostanze, il Tribunale considera che il COMP non ha commesso un errore di valutazione per aver concluso che lo sponsor non aveva presentato sufficienti elementi giustificativi per dimostrare l’esistenza di un problema di disponibilità e che i pazienti affetti dal morbo di Wilson nell’Unione non erano stati correttamente trattati con prodotti già autorizzati, compresi i percorsi di accesso regolamentari in conformità all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83. Di conseguenza, neanche la decisione impugnata, che conferma il parere definitivo del COMP, è viziata da errori di valutazione.

    72

    Pertanto, anche il quarto motivo dev’essere respinto come infondato.

    [omissis]

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il ricorso è respinto.

     

    2)

    La GMP‑Orphan (GMPO) è condannata alle spese, comprese quelle afferenti al procedimento sommario.

     

    Tomljenović

    Bieliūnas

    Kornezov

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 maggio 2019.

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

    ( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.

    Top