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Document 62017CJ0176

    Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 13 settembre 2018.
    Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej contro Mariusz Wawrzosek.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich I Wydział Cywilny.
    Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 2008/48/CE – Procedimento inteso all’emissione di un’ingiunzione di pagamento fondata su una cambiale che garantisce gli obblighi derivanti da un contratto di credito al consumo.
    Causa C-176/17.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:711

    SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

    13 settembre 2018 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 2008/48/CE – Procedimento inteso all’emissione di un’ingiunzione di pagamento fondata su una cambiale che garantisce gli obblighi derivanti da un contratto di credito al consumo»

    Nella causa C‑176/17,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich I Wydział Cywilny (tribunale circondariale di Siemianowice Śląskie, 1a Sezione Civile, Polonia), con decisione del 17 febbraio 2017, pervenuta in cancelleria il 6 aprile 2017, nel procedimento

    Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej

    contro

    Mariusz Wawrzosek

    LA CORTE (Seconda Sezione),

    composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Rosas, C. Toader (relatore), A. Prechal ed E. Jarašiūnas, giudici,

    avvocato generale: J. Kokott

    cancelliere: R. Șereș, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o marzo 2018,

    considerate le osservazioni presentate:

    per il governo polacco, da B. Majczyna, B. Czech e S. Żyrek, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da A. Cleenewerck de Crayencour, K. Herbout-Borczak, G. Goddin e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 aprile 2018,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29) nonché dell’articolo 17, paragrafo 1, e dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66, e rettifiche GU 2009, L 207, pag. 14, GU 2010, L 199, pag. 40, GU 2011, L 234, pag. 46).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento tra la Profi Credit Polska e il sig. Mariusz Wawrzosek relativamente a un ricorso per ottenere l’emissione di un’ingiunzione di pagamento fondato su una cambiale, sottoscritta dal sig. Mariusz Wawrzosek, per il pagamento di somme asseritamente dovute in esecuzione di un contratto di credito al consumo concesso dalla suddetta società.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 93/13

    3

    Il ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13 precisa «che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

    4

    La direttiva 93/13, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.

    5

    Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva:

    «Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

    6

    L’articolo 6, paragrafo 1, della suddetta direttiva è così formulato:

    «Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

    7

    Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva:

    «Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

    Direttiva 87/102/CEE

    8

    L’articolo 10 della direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48), prevedeva quanto segue:

    «Gli Stati membri che, relativamente ai contratti di credito, permettono al consumatore di:

    a)

    effettuare un pagamento con titoli cambiari, compresi i vaglia cambiari,

    b)

    offrire garanzie mediante titoli cambiari, compresi i vaglia cambiari ed assegni bancari,

    provvedono affinché il consumatore sia adeguatamente protetto in tale uso di questi strumenti».

    Direttiva 2008/48

    9

    L’obiettivo della direttiva 2008/48, come precisato dal suo articolo 1, consiste nell’armonizzazione di taluni aspetti delle disposizioni degli Stati membri in materia di contratti di credito ai consumatori.

    10

    L’articolo 3, lettera c), di tale direttiva definisce il «contratto di credito» come «un contratto in base al quale il creditore concede o s’impegna a concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga, ad eccezione dei contratti relativi alla prestazione continuata di un servizio o alla fornitura di merci dello stesso tipo in base ai quali il consumatore versa il corrispettivo, per la durata della prestazione o fornitura, mediante pagamenti rateali».

    11

    L’articolo 17 della suddetta direttiva, intitolato «Cessione di diritti», al paragrafo 1 così dispone:

    «In caso di cessione a terzi dei diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o del contratto, il consumatore può far valere nei confronti del cessionario gli stessi mezzi di difesa di cui poteva avvalersi nei confronti del creditore originario, ivi compreso il diritto all’indennizzo ove questo sia ammesso nello Stato membro in questione».

    12

    L’articolo 22 della medesima direttiva, intitolato «Armonizzazione e obbligatorietà della direttiva», al paragrafo 1, enuncia quanto segue:

    «Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite».

    13

    L’articolo 29 della direttiva 2008/48 prevede che la direttiva 87/102 è stata abrogata a decorrere dall’11 maggio 2010.

    Diritto polacco

    14

    L’articolo 484 bis dell’ustawa – Kodeks postępowania cywilnego (codice polacco di procedura civile), del 17 novembre 1964 (Dz. U. del 1964, n. 4), testo consolidato e successive modifiche (in prosieguo, il «kpc»), prevede quanto segue:

    «(…)

    2.   Il giudice statuisce secondo il procedimento di ingiunzione di pagamento su richiesta scritta del richiedente formulata nell’atto introduttivo del giudizio.

    3.   La causa è esaminata senza trattazione orale. (…)».

    15

    Ai sensi dell’articolo 485, paragrafo 2, di tale codice:

    «Il giudice emette un’ingiunzione di pagamento anche nei confronti del soggetto obbligato in forza di una cambiale (…) debitamente compilata, la cui autenticità ed il cui contenuto non diano luogo a dubbi».

    16

    L’articolo 486, paragrafo 1, del suddetto codice dispone quanto segue:

    «In assenza di condizioni sufficienti per l’adozione di un’ingiunzione di pagamento, il presidente fissa una data per l’udienza dibattimentale, a meno che la causa non possa essere esaminata senza trattazione orale».

    17

    L’articolo 491, paragrafo 1, del kpc così dispone:

    «Nell’emettere l’ingiunzione di pagamento il giudice invita il convenuto a soddisfare per intero entro due settimane dalla data di notifica dell’ingiunzione di pagamento la pretesa creditoria, compresi i costi, oppure, entro il medesimo termine, a proporre opposizione».

    18

    L’articolo 492 del suddetto codice dispone quanto segue:

    «1.   Con l’emissione, l’ingiunzione di pagamento acquista valore di titolo di garanzia esecutivo senza apposizione della formula esecutiva. (…)

    (…)

    3.   L’ingiunzione di pagamento emessa sulla base di una cambiale (…) diventa immediatamente esecutiva alla scadenza del termine fissato per la soddisfazione della pretesa creditoria. In caso di opposizione, il giudice può, su richiesta del convenuto, sospendere l’esecuzione (…)».

    19

    Ai sensi dell’articolo 493, paragrafo 1, del suddetto codice:

    «L’opposizione deve essere proposta dinanzi al giudice che ha emesso l’ingiunzione. Nell’opposizione, il convenuto deve indicare se contesta l’ingiunzione nella sua integralità o in parte, formulare le eccezioni che, a pena di inammissibilità, devono essere sollevate prima di comparire all’udienza di trattazione del merito della causa, nonché dedurre fatti e mezzi di prova. (…)».

    20

    L’articolo 385 dell’ustawa – Kodeks cywilny (legge polacca recante adozione del codice civile), del 23 aprile 1964 (Dz. U. del 1964, n. 16), testo consolidato e successive modifiche, prevede quanto segue:

    «1.   Le clausole di un contratto di credito al consumo, che non sono state oggetto di negoziato individuale, non sono vincolanti per il consumatore qualora configurino i suoi diritti ed obblighi in modo contrario al buon costume, integrando una grave violazione dei suoi interessi (clausole abusive illecite). Ciò non vale per le clausole che riguardano le prestazioni principali delle parti, compreso il prezzo o la remunerazione, purché siano formulate in modo chiaro.

    2.   Qualora una clausola contrattuale non sia vincolante per il consumatore ai sensi del paragrafo 1, la restante parte del contratto rimane vincolante tra le parti».

    (…)».

    21

    Ai sensi dell’articolo 101 dell’ustawa prawo wekslowe (legge polacca in materia di cambiali), del 28 aprile 1936 (Dz. U. del 1936, n. 37), come modificata:

    «La cambiale deve contenere:

    1)

    il termine “cambiale” nel testo del documento, nella lingua in cui è stato emesso;

    2)

    la promessa incondizionata di pagare una determinata somma di denaro;

    3)

    l’indicazione della scadenza del pagamento;

    4)

    l’indicazione del luogo di pagamento;

    5)

    il cognome della persona alla quale, o all’ordine della quale, il pagamento deve essere effettuato;

    6)

    l’indicazione del luogo e della data di emissione della cambiale;

    7)

    la firma dell’emittente della cambiale»

    22

    Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 4, dell’ustawa o kosztach sądowych w sprawach cywilnych) (legge polacca che disciplina le spese giudiziarie in materia civile), del 28 luglio 2005 (Dz. U. del 2005, n. 167):

    «Il convenuto deve sostenere tre quarti delle spese giudiziarie nel caso in cui presenti opposizione avverso un’ingiunzione di pagamento emessa nell’ambito del procedimento di ingiunzione».

    23

    Le disposizioni della direttiva 2008/48 sono state recepite nel diritto polacco con l’ustawa o kredycie konsumencki (legge sul credito al consumo), del 12 maggio 2011, (Dz. U. del 2014, n. 1497, versione consolidata) e successive modifiche. L’articolo 41 di tale legge così dispone:

    «l.   [L]a cambiale del consumatore, consegnata al creditore al fine di soddisfare o garantire una prestazione risultante da un contratto di credito al consumo, deve contenere la clausola “non all’ordine” o una clausola equivalente.

    2.   Nel caso in cui il creditore accetti una cambiale non contenente la clausola “non all’ordine” e giri tale cambiale a un terzo, il creditore è tenuto a risarcire il danno subito dal consumatore a seguito del pagamento della cambiale (…).

    3.   La disposizione del paragrafo 2 si applica anche nel caso in cui il possesso in capo ad un’altra persona di una cambiale o di un assegno si sia verificato contro la volontà del mutuante».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    24

    Con contratto per adesione del 3 dicembre 2015, la Profi Credit Polska, società con sede a Bielsko-Biała (Polonia) (in prosieguo: l’«istituto di credito» o la «mutuante»), ha concesso un credito al consumo al sig. Wawrzosek (in prosieguo: il «mutuatario»). Il suddetto contratto per adesione conteneva una clausola con la quale il mutuatario si impegnava ad emettere una cambiale a garanzia delle pretese creditorie della mutuante derivanti da tale contratto. La restituzione di tale prestito era pertanto garantita da una cambiale, sottoscritta dal mutuatario, il cui importo non era specificato.

    25

    A seguito del mancato pagamento da parte del mutuatario, l’istituto di credito ha comunicato a quest’ultimo che la cambiale era stata completata mediante l’inserimento dell’importo ancora dovuto. Detto istituto ha chiesto al giudice del rinvio l’emissione di un’ingiunzione di pagamento nei confronti del mutuatario per l’importo di 3268,38 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 753), contenuto nella cambiale. Detto istituto di credito ha allegato alla domanda la cambiale, debitamente compilata e firmata, nonché l’atto di risoluzione del contratto di mutuo.

    26

    Il suddetto giudice precisa che, sebbene esso non disponga, nel fascicolo, del contratto per adesione in questione, esso è a conoscenza dei termini della clausola contrattuale con la quale il mutuatario si è impegnato ad emettere una cambiale a garanzia del pagamento. Esso rileva che tale clausola è formulata in modo identico in tutti i contratti di mutuo conclusi dalla Profi Credit Polska che hanno dato luogo, dinanzi allo stesso, a numerosi ricorsi volti a ottenere l’emissione di un’ingiunzione di pagamento.

    27

    Il giudice del rinvio evidenzia che il procedimento di ingiunzione di pagamento fondato su una cambiale è sovente utilizzato dai professionisti in Polonia per ottenere il recupero dei loro crediti. La prassi consiste nell’allegare a tale domanda la cambiale debitamente compilata, senza produrre alcun altro documento che attesti l’esistenza di un rapporto obbligatorio preesistente alla sua sottoscrizione (in prosieguo: il «rapporto principale»), compreso il contratto di credito al consumo.

    28

    Il giudice del rinvio sottolinea che il procedimento di ingiunzione di pagamento è basato sulla presunzione secondo cui la situazione di fatto, che giustifica la pretesa creditoria del richiedente, è stata integralmente provata mediante i documenti enunciati all’articolo 485, del kpc e allegati alla domanda, tra i quali figura la cambiale. Di conseguenza, ai fini dell’emissione di un’ingiunzione di pagamento, sarebbe sufficiente verificare che la cambiale sia stata correttamente redatta, nel rispetto dei requisiti di cui agli articoli 1 e seguenti, nonché all’articolo 101 della legge sulle cambiali, come modificata.

    29

    Il suddetto giudice osserva che, in forza della normativa nazionale applicabile, il procedimento di ingiunzione di pagamento si articola in due fasi. In una prima fase, la valutazione della validità della cambiale, sebbene possa essere effettuata d’ufficio dal giudice, è tuttavia limitata alla validità formale della stessa, in quanto dall’articolo 485, paragrafo 2, del kpc risulta che il giudice adito emette un’ingiunzione di pagamento nei confronti del soggetto obbligato in forza di «una cambiale (…) debitamente compilata, la cui autenticità ed il cui contenuto non diano luogo a dubbi». In una seconda fase, l’emittente, qualora abbia proposto opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, può non soltanto contestare l’obbligazione cambiaria, ma anche il rapporto principale esistente, compreso, ad esempio, il contratto di credito al consumo.

    30

    Il giudice del rinvio si domanda se il procedimento di ingiunzione di pagamento, avviato sulla base di una cambiale, sia conforme alla direttiva 93/13.

    31

    Secondo detto giudice, la presente causa è diversa rispetto alle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349), e del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98), nelle quali i giudici nazionali, disponendo dei documenti contrattuali che stabilivano i diritti e gli obblighi delle parti, avevano la possibilità di escludere l’applicazione delle clausole abusive contenute in tali documenti.

    32

    Esso ritiene invece che, nella causa dinanzi ad esso pendente, quantunque spetti al medesimo esaminare il rapporto giuridico tra le parti, tale esame sia tuttavia limitato all’ambito determinato dal rapporto cambiario. Detto giudice illustra che, secondo la legislazione nazionale applicabile, il suo controllo può vertere soltanto sul contenuto della cambiale. Pertanto, quand’anche fosse a conoscenza del rapporto principale, non potrebbe, a causa della normativa nazionale, esercitare un controllo sui documenti che accertino tale rapporto. Spetterebbe, pertanto, al solo consumatore proporre opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento per far sì che possa essere accertato l’eventuale carattere abusivo di talune clausole o il mancato rispetto degli obblighi informativi.

    33

    È in tale contesto che il Sąd Rejonowy w Siemianowicach Śląskich I Cywilny (tribunale circondariale di Siemianowicach Śląskich, 1a Sezione Civile, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se le disposizioni della direttiva 93/13 (…), in particolare gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, nonché le disposizioni della direttiva [2008/48], in particolare gli articoli 17, paragrafo 1, e 22, paragrafo 1, debbano essere interpretate nel senso che ostano a che un professionista (mutuante) proceda, nei confronti di un consumatore (mutuatario), al recupero del credito accertato in una cambiale debitamente compilata, nell’ambito di un procedimento di ingiunzione di cui alle disposizioni degli articoli 485, paragrafi 2 e segg., del [codice di procedura civile], in combinato disposto con l’articolo 41 della [legge del 12 maggio 2011, sul credito al consumo], le quali limitano il giudice nazionale ad effettuare il solo esame della validità dell’obbligazione cambiaria dal punto di vista del rispetto dei requisiti formali della cambiale, tralasciando il rapporto principale».

    Sulla questione pregiudiziale

    34

    In via preliminare, occorre rilevare che sebbene l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 riguardi la cessione a terzi dei diritti del mutuante, è pacifico che, nelle circostanze di cui al procedimento principale, il beneficiario della cambiale e il mutuante sono la medesima persona giuridica.

    35

    Inoltre, quantunque l’articolo 10 della direttiva 87/102, che è stata abrogata dalla direttiva 2008/48, riguardasse le cambiali, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 34 e seguenti delle sue conclusioni, le disposizioni della direttiva 2008/48 non fanno più riferimento a tali strumenti.

    36

    Atteso che la direttiva 2008/48 non ha introdotto alcuna armonizzazione nel settore della cambiale quale strumento di garanzia di un credito al consumo, neppure il suo articolo 22, paragrafo 1, è applicabile in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.

    37

    Pertanto, si risponderà alla questione sollevata dal giudice del rinvio con riferimento alle sole disposizioni della direttiva 93/13.

    38

    Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale, come quella in questione nel procedimento principale, che consente di emettere un’ingiunzione di pagamento fondata su una cambiale valida quanto ai requisiti formali, che garantisce un credito derivante da un contratto di credito al consumo, quando il giudice investito di una domanda di ingiunzione di pagamento non dispone del potere di procedere a un esame dell’eventuale carattere abusivo delle clausole del suddetto contratto.

    39

    In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali.

    40

    Data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si basa la tutela assicurata ai consumatori, che si trovano in una situazione d’inferiorità rispetto ai professionisti, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori» (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 56 nonché giurisprudenza ivi citata).

    41

    A tal fine, il giudice nazionale deve semplicemente disapplicare la clausola contrattuale abusiva affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore, senza essere autorizzato a rivedere il contenuto della medesima (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 57 nonché giurisprudenza ivi citata).

    42

    In tale contesto, occorre, in primo luogo, evidenziare che, secondo giurisprudenza costante della Corte, il giudice nazionale è sì tenuto ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, ma a condizione che quest’ultimo disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (v., in tal senso, sentenze del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 52 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 58).

    43

    La Corte ha avuto modo di precisare, nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349), e del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC (C‑49/14, EU:C:2016:98), nonché all’ordinanza del 21 giugno 2016, Aktiv, Kapital Portfolio (C‑122/14, non pubblicata, EU:C:2016:486), che tali motivi valgono anche, come nelle circostanze di cui al procedimento principale, in riferimento a un procedimento di ingiunzione di pagamento.

    44

    Una tutela effettiva dei diritti attribuiti al consumatore da tale direttiva, infatti, può essere garantita solo a condizione che il sistema processuale nazionale consenta, nell’ambito del procedimento di ingiunzione di pagamento o di quello di esecuzione dell’ingiunzione di pagamento, un controllo d’ufficio della potenziale natura abusiva delle clausole inserite nel contratto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 46, e ordinanza del 21 giugno 2016, Aktiv Kapital Portfolio, C‑122/14, non pubblicata, EU:C:2016:486, punto 30).

    45

    Nel caso di specie, il giudice del rinvio precisa che il suo sindacato, durante la prima fase del procedimento di ingiunzione di pagamento, è limitato al rapporto cambiario in senso stretto, ossia la cambiale, e non può vertere sul rapporto principale.

    46

    Inoltre, detto giudice rileva che esso non dispone di tutti gli elementi di fatto e di diritto derivanti dal contratto di credito in questione.

    47

    Ne consegue che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, un giudice nazionale non è in grado di esaminare l’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale dal momento che non dispone di tutti gli elementi di fatto e di diritto a tal fine.

    48

    In secondo luogo, e sempre per quanto riguarda la prima fase del procedimento, il governo polacco fa valere che, secondo l’articolo 486, paragrafo 1, del kpc, in mancanza di elementi sufficienti per l’adozione di un’ingiunzione di pagamento, il presidente del collegio adito potrebbe fissare una data per l’udienza dibattimentale, a meno che la causa non possa essere esaminata anche senza trattazione orale. Una volta fissata la data dell’udienza dibattimentale, la fase orale del procedimento si svolgerebbe secondo la procedura ordinaria o la procedura speciale applicabile, circostanza che consentirebbe di esaminare sia il rapporto cambiario sia il rapporto principale, compreso il contratto di credito al consumo.

    49

    Ciò premesso, da un lato, come risulta dalla formulazione letterale della disposizione in parola, il potere di cui dispone il presidente del collegio adito di fissare una data per l’udienza dibattimentale, in deroga alla norma secondo cui, conformemente all’articolo 484 del kpc, la causa è esaminata senza trattazione orale, è subordinato alla condizione che non sussistano «elementi di prova sufficienti per giustificare un’ingiunzione di pagamento».

    50

    Orbene, secondo le indicazioni del giudice del rinvio, una simile condizione non sarebbe soddisfatta nel caso di cui al procedimento principale.

    51

    Dall’altro lato, detto giudice evidenzia che, durante la prima fase del procedimento, dall’articolo 485, paragrafo 2, del kpc risulta che la sua competenza è limitata alla valutazione della validità formale della cambiale. Esso precisa che, nel procedimento dinanzi ad esso pendente, la cambiale in questione è valida.

    52

    In ogni caso, se è vero che, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte è competente a dedurre dall’articolo 7 della direttiva 93/13 i criteri che definiscono il contesto che permette di valutare d’ufficio l’osservanza degli obblighi derivanti da tale direttiva, spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se una disposizione, come l’articolo 486, paragrafo 1, del kpc, sia idonea a fornire allo stesso, eventualmente, un simile contesto.

    53

    In terzo luogo, il giudice del rinvio osserva che l’esame del rapporto giuridico derivante dal contratto di credito al consumo avviene solo se il consumatore propone opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento.

    54

    Occorre ritenere che, se il procedimento dinanzi al giudice del rinvio riguarda solo la prima fase di quest’ultimo, tale procedimento deve nondimeno, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, essere esaminato nel suo complesso, comprendendo sia la prima fase, antecedente alla proposizione dell’opposizione, sia la successiva seconda fase.

    55

    Infatti, ogni situazione in cui si pone la questione se una norma procedurale nazionale pregiudichi il diritto a un ricorso effettivo dev’essere esaminata tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 50 nonché giurisprudenza ivi citata).

    56

    Va osservato che con l’inizio della seconda fase del procedimento, vale a dire quando il consumatore propone opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, il giudice nazionale è in grado di disporre degli elementi di diritto e di fatto necessari per l’esame d’ufficio della natura eventualmente abusiva di una clausola contrattuale che rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13.

    57

    Se la Corte ha già inquadrato, sotto vari aspetti e tenendo conto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva in parola, resta nondimeno il fatto che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, e che queste ultime sono soggette, pertanto, all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e prevedano una tutela giurisdizionale effettiva, quale prevista dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenze del 14 settembre 2017, The Trustees of the BT Pension Scheme, C‑628/15, EU:C:2017:687, punti 5859 e giurisprudenza ivi citata, e del 31 maggio 2018, Sziber, C‑483/16, EU:C:2018:367, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

    58

    Per quanto riguarda il principio di equivalenza, e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, occorre constatare che la Corte non dispone di alcun elemento che possa far sorgere dubbi quanto alla conformità della normativa in questione nel procedimento principale a tale principio.

    59

    Per quanto riguarda il diritto a un ricorso effettivo, occorre rilevare che l’obbligo, risultante dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, di stabilire modalità procedurali che consentano di garantire il rispetto dei diritti che i soggetti dell’ordinamento traggono dalla direttiva 93/13 contro l’uso di clausole abusive implica la previsione normativa di un ricorso effettivo, sancita parimenti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Il diritto a un ricorso effettivo deve valere sia sul piano della designazione dei giudici competenti a conoscere delle azioni fondate sul diritto dell’Unione, sia per quanto riguarda le modalità procedurali relative a siffatte azioni (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2018, Sziber, C‑483/16, EU:C:2018:367, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

    60

    Dall’articolo 492 e dall’articolo 493, paragrafo 1, del kpc risulta che l’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento proposta dal debitore, dinanzi al giudice che ha emesso l’ingiunzione in parola, consente a detto giudice di sospendere l’esecuzione di quest’ultima.

    61

    Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, al fine di determinare se un procedimento, come quello di cui al procedimento principale, violi il diritto ad un ricorso effettivo, il giudice del rinvio deve determinare, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, se le modalità del procedimento di opposizione previste dal diritto nazionale possano far sorgere il rischio non trascurabile che il consumatore interessato non proponga il ricorso richiesto (v., in tal senso, sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 54; del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 58, e del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 52).

    62

    In assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole contrattuali interessate, infatti, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito (sentenza del 7 dicembre 2017, Banco Santander, C‑598/15, EU:C:2017:945, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

    63

    Tra i mezzi adeguati ed efficaci, che devono garantire ai consumatori il diritto a un ricorso effettivo, deve essere compresa la possibilità di presentare un ricorso o un’opposizione a condizioni di procedura ragionevoli, cosicché l’esercizio dei diritti dei consumatori non sia soggetto a condizioni, in particolare relative a termini o costi, che limitino l’esercizio dei diritti garantiti dalla direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 46 nonché giurisprudenza ivi citata).

    64

    Dall’insieme degli elementi a disposizione della Corte risulta che, sebbene, conformemente agli articoli 491 e seguenti del kpc, il convenuto, nella prima fase del procedimento, disponga del diritto di contestare l’ingiunzione di pagamento, tuttavia l’esercizio di tale diritto di opposizione è sottoposto a condizioni particolarmente restrittive.

    65

    In primo luogo, infatti, dall’articolo 491, paragrafo 1, del kpc risulta che il termine per proporre opposizione è di due settimane. Inoltre, ai sensi dell’articolo 493, paragrafo 1, di tale codice, il convenuto deve indicare, nel suo atto di opposizione, se contesta l’ingiunzione nella sua integralità o in parte e formulare, a pena di inammissibilità, le eccezioni sollevate nonché dedurre fatti e mezzi di prova.

    66

    Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, tali modalità procedurali in un termine così breve comportano il rischio non trascurabile che il consumatore non proponga opposizione o che quest’ultima sia inammissibile.

    67

    Dall’altro lato, dall’articolo 19, paragrafo 4, della legge polacca del 28 luglio 2005 che disciplina le spese giudiziarie in materia civile risulta che il convenuto deve sostenere i tre quarti delle spese giudiziarie qualora proponga opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento, cosicché il professionista è tenuto a sopportare soltanto un quarto delle spese in parola.

    68

    Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 80 delle sue conclusioni, dette spese sono, di per sé, tali da dissuadere un consumatore dal proporre opposizione. Quest’ultimo subirebbe, a maggior ragione, un pregiudizio qualora fosse tenuto a versare, in ogni caso, spese giudiziarie tre volte più elevate rispetto a quelle sostenute dalla controparte.

    69

    A tal proposito, occorre rilevare che sussiste un rischio non trascurabile che i consumatori interessati non propongano l’opposizione richiesta a causa del termine particolarmente breve previsto a tal fine, o perché possono essere dissuasi dal difendersi tenuto conto delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato, o perché ignorano o non intendono la portata dei loro diritti, o ancora in ragione del contenuto succinto della domanda d’ingiunzione introdotta dai professionisti e, pertanto, dell’incompletezza delle informazioni delle quali dispongono (v., in tal senso, sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 52 e giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza del 21 giugno 2016, Aktiv Kapital Portfolio, C‑122/14, non pubblicata, EU:C:2016:486, punto 37).

    70

    Ne consegue che modalità procedurali, come quelle in questione nel procedimento principale, nei limiti in cui esigono che il consumatore produca, entro due settimane dalla notifica dell’ingiunzione di pagamento, fatti e mezzi di prova che consentano al giudice di procedere a tale valutazione, e nei limiti in cui penalizzano il consumatore quanto al modo in cui vengono calcolate le spese giudiziarie, comportano un rischio del genere.

    71

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella in questione nel procedimento principale, che consente di emettere un’ingiunzione di pagamento fondata su una cambiale valida, che garantisce un credito derivante da un contratto di credito al consumo, quando il giudice investito di una domanda di ingiunzione di pagamento non dispone del potere di procedere a un esame dell’eventuale carattere abusivo delle clausole del suddetto contratto, una volta che le modalità di esercizio del diritto di proporre opposizione avverso una simile ingiunzione non permettono di assicurare il rispetto dei diritti che il consumatore trae dalla direttiva in parola.

    Sulle spese

    72

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella in questione nel procedimento principale, che consente di emettere un’ingiunzione di pagamento fondata su una cambiale valida, che garantisce un credito derivante da un contratto di credito al consumo, quando il giudice investito di una domanda di ingiunzione di pagamento non dispone del potere di procedere a un esame dell’eventuale carattere abusivo delle clausole del suddetto contratto, una volta che le modalità di esercizio del diritto di proporre opposizione avverso una simile ingiunzione non permettono di assicurare il rispetto dei diritti che il consumatore trae dalla direttiva in parola.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il polacco.

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