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Document 62017CC0213

    Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate il 13 giugno 2018.
    X contro Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam.
    Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – Articoli 17, 18, 23 e 24 – Precedente procedura di protezione internazionale pendente in uno Stato membro – Nuova domanda in un altro Stato membro – Assenza di domanda di ripresa in carico entro i termini previsti – Consegna dell’interessato ai fini dell’esercizio di un’azione penale.
    Causa C-213/17.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:434

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    YVES BOT

    presentate il 13 giugno 2018 ( 1 )

    Causa C‑213/17

    X

    contro

    Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam, Paesi Bassi)]

    «Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Frontiere, asilo e immigrazione – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – Stato membro competente in applicazione del criterio di cui all’articolo 3, paragrafo 2 – Decisione giudiziaria avente autorità di cosa giudicata recante rigetto della prima domanda di protezione internazionale – Procedimento di impugnazione pendente riguardo alla decisione recante rigetto della seconda domanda di protezione internazionale – Emissione di un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale nei confronti del richiedente – Presentazione di una nuova domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro – Consegna dell’interessato a titolo di esecuzione del mandato d’arresto europeo – Procedura di ripresa in carico – Articolo 23, paragrafo 3 – Effetti connessi alla scadenza dei termini previsti per la presentazione di una richiesta – Trasferimento della competenza allo Stato membro nel quale è presentata la nuova domanda di protezione internazionale – Articolo 24, paragrafo 1 – Modalità di applicazione – Articolo 24, paragrafo 5 – Portata dell’obbligo di informazione – Articolo 17, paragrafo 1 – Portata della clausola discrezionale – Direttiva 2013/32/UE – Articoli 31 e 46 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 41 – Diritto a una buona amministrazione – Articolo 47 – Diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo»

    I. Introduzione

    1.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, dell’articolo 18, paragrafo 2, dell’articolo 23, paragrafo 3, e dell’articolo 24 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide ( 2 ), e il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam, Paesi Bassi), giudice del rinvio, intende, in sostanza, determinare lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale presentata da X, cittadino pakistano, in Italia.

    2.

    La causa in esame è caratterizzata da un contesto giuridico e fattuale complesso ( 3 ) non solo perché l’interessato ha presentato molteplici domande di protezione internazionale in due Stati membri diversi, ma anche perché, con il procedimento di esame di tali domande, interferisce un concomitante procedimento penale che ha portato all’emissione di un mandato d’arresto europeo nei confronti del richiedente asilo.

    3.

    I Paesi Bassi sono lo Stato membro nel quale l’interessato ha presentato la sua prima, seconda e quarta domanda di protezione internazionale. In applicazione di un criterio sostanziale previsto dal regolamento Dublino III, tale Stato membro è stato competente per l’esame delle prime due domande. La prima domanda di protezione internazionale ( 4 ) è stata respinta con una decisione giudiziaria avente autorità di cosa giudicata. La seconda domanda di protezione internazionale ( 5 ) è stata respinta con decisione dell’autorità nazionale competente, la quale è stata oggetto di un procedimento di impugnazione dinanzi all’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato, Paesi Bassi). Poiché nel frattempo l’interessato ha lasciato il territorio olandese per recarsi in Italia, Stato membro nel quale egli ha presentato la sua terza domanda di protezione internazionale ( 6 ), il Regno dei Paesi Bassi ha emesso nei suoi confronti un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale, chiedendo alla Repubblica italiana di procedere alla sua consegna. Il Regno dei Paesi Bassi ha successivamente chiesto alle autorità italiane di riprendere in carico l’interessato ai fini dell’esame di tale terza domanda.

    4.

    L’Italia è quindi lo Stato membro nel cui territorio si è recato l’interessato e in cui quest’ultimo, in seguito all’emissione del mandato d’arresto europeo da parte del Regno dei Paesi Bassi, ha presentato la terza domanda. La Repubblica italiana, di conseguenza, riveste un duplice ruolo. Da una parte, essa è lo Stato membro di esecuzione del mandato d’arresto europeo, e in quanto tale era tenuta a procedere alla consegna del richiedente alle autorità olandesi ai fini dell’esercizio di un’azione penale. Dall’altra, essa è lo Stato membro richiesto, da queste ultime autorità, di riprendere in carico il richiedente ai fini dell’esame della sua domanda di asilo. Sebbene, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, la Repubblica italiana avesse la facoltà di chiedere al Regno dei Paesi Bassi di riprendere in carico X, essa ha tuttavia perso tale facoltà non avendo presentato la propria richiesta entro i termini stabiliti dal paragrafo 2 di detto articolo. Sulla base dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III – di cui dobbiamo in questa sede interpretare il testo –, le autorità olandesi hanno pertanto considerato la Repubblica italiana il nuovo Stato membro competente per difetto per l’esame della terza domanda. Di conseguenza, tali autorità hanno deciso di trasferire l’interessato alle autorità italiane e si sono, inoltre, dichiarate incompetenti ai fini dell’esame della quarta domanda di protezione internazionale presentata loro.

    5.

    È alla luce delle peculiarità di tale contesto giuridico e fattuale che il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) si chiede se sia possibile, come ritengono le autorità olandesi, procedere ad un siffatto trasferimento di competenza. A tal fine, il giudice del rinvio interroga la Corte sulla portata e sulle modalità di applicazione non soltanto delle due disposizioni procedurali del regolamento Dublino III sulle quali il Regno dei Paesi Bassi si basa per procedere a tale trasferimento, vale a dire gli articoli 23 e 24 di tale regolamento, ma anche della clausola discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento.

    6.

    La causa in esame illustra le carenze e le lacune strutturali del sistema di Dublino che la Commissione europea intende opportunamente risolvere con una riforma del quadro esistente ( 7 ).

    7.

    La causa in esame dimostra che il sistema di Dublino è effettivamente un sistema di sistemi di asilo nazionali e non un sistema europeo comune di asilo e che il meccanismo di ripartizione delle competenze istituito dal regolamento Dublino III si basa su norme tecniche e amministrative, le quali sono state adottate indipendentemente dalle conseguenze umane e dai costi materiali e finanziari che esse comportano, il che pregiudica l’efficacia del sistema di Dublino e contravviene alla finalità del sistema europeo comune di asilo.

    8.

    Tale giudizio è severo, ma commisurato, a mio avviso, alle conseguenze quasi assurde che può comportare un’applicazione cieca del meccanismo di trasferimento di competenza istituito dall’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III.

    9.

    Di conseguenza, la presente causa mi porterà principalmente, nelle considerazioni seguenti, ad esporre le ragioni per le quali ritengo che occorra derogare, nonostante la chiarezza della sua formulazione, all’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III, la cui attuazione comporta un trasferimento di competenza a causa della scadenza dei termini prescritti per la presentazione di una richiesta di ripresa in carico.

    10.

    Poiché tale trasferimento avviene in modo automatico, indipendentemente dalle conseguenze umane e materiali che esso comporta, ritengo che, in una situazione come quella di cui trattasi, esso privi la procedura di determinazione dello Stato membro competente della razionalità, dell’obiettività, dell’equità e della celerità perseguite dal legislatore dell’Unione nell’ambito del regolamento Dublino III e impedisca l’adempimento dei doveri di cooperazione e di solidarietà sui quali deve basarsi il sistema europeo comune di asilo.

    II. Contesto normativo

    A.   Regolamento Dublino III

    11.

    I considerando 4, 5 e 22 del regolamento Dublino III così recitano:

    «(4)

    Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il [sistema europeo comune di asilo] dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

    (5)

    Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale.

    (…)

    (22)

    (…) La solidarietà, che è un elemento cardine del [sistema europeo comune di asilo], va di pari passo con la fiducia reciproca. (…)».

    12.

    Ai sensi del suo articolo 1, il regolamento Dublino III ha lo scopo di stabilire i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide ( 8 ). Tali criteri sono stabiliti nel capo III di tale regolamento, agli articoli da 8 a 15.

    13.

    A norma dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati in tale regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata.

    14.

    Il capo IV del regolamento Dublino III individua, anzitutto, le situazioni in cui uno Stato membro può essere considerato competente per l’esame di una domanda di asilo in deroga a tali criteri. L’articolo 17 di detto regolamento, intitolato «Clausole discrezionali», dispone quindi, al paragrafo 1, quanto segue:

    «In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento.

    (…)».

    15.

    Il capo V del regolamento Dublino III stabilisce, poi, gli obblighi dello Stato membro competente.

    16.

    In tale capo, l’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), prevede che tale Stato membro sia tenuto a «riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29 [di tale regolamento], il richiedente la cui domanda è in corso d’esame e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno».

    17.

    L’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del regolamento Dublino III prevede inoltre che lo Stato membro competente sia tenuto a «riprendere in carico, alle condizioni di cui agli articoli 23, 24, 25 e 29 [di tale regolamento], un cittadino di un paese terzo o un apolide del quale è stata respinta la domanda e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno».

    18.

    Lo Stato membro competente è tenuto altresì, a norma dell’articolo 18, paragrafo 2, primo comma, di detto regolamento, ad esaminare o portare a termine l’esame della domanda di protezione internazionale presentata dal richiedente.

    19.

    Il capo VI del regolamento Dublino III prevede, infine, le modalità applicabili alle procedure di presa in carico e ripresa in carico. Il campo di applicazione della procedura di ripresa in carico è definito dagli articoli 23 e 24 di tale regolamento.

    20.

    L’articolo 23 di detto regolamento, intitolato «Presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora sia stata presentata una nuova domanda nello Stato membro richiedente», prevede, ai paragrafi da 1 a 3, quanto segue:

    «1.   Uno Stato membro presso il quale una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), abbia presentato una nuova domanda di protezione internazionale che ritenga che un altro Stato membro sia competente ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), può chiedere all’altro Stato membro di riprendere in carico tale persona.

    2.   Una richiesta di ripresa in carico è presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente Eurodac (…).

    Se la richiesta di ripresa in carico è basata su prove diverse dai dati ottenuti dal sistema Eurodac, essa è inviata allo Stato membro richiesto entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.

    3.   Se la richiesta di ripresa in carico non è presentata entro i termini prescritti al paragrafo 2, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro in cui la nuova domanda è stata presentata».

    21.

    L’articolo 24 del regolamento Dublino III, intitolato «Presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora non sia stata presentata una nuova domanda nello Stato membro richiedente», così dispone:

    «1.   Uno Stato membro sul cui territorio una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), soggiorna senza un titolo di soggiorno e presso cui non è stata presentata una nuova domanda di protezione internazionale che ritenga che un altro Stato membro sia competente ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), può chiedere all’altro Stato membro di riprendere in carico tale persona.

    (…)

    4.   Qualora una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del presente regolamento, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta con decisione definitiva in uno Stato membro, si trovi nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno, quest’ultimo Stato membro può chiedere al primo Stato membro di riprendere in carico l’interessato o di avviare una procedura di rimpatrio (…)

    (…)

    5.   La richiesta di ripresa in carico della persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), è effettuata utilizzando un formulario uniforme e comprende elementi di prova o circostanze indiziarie che figurano nei due elenchi di cui all’articolo 22, paragrafo 3, e/o elementi pertinenti tratti dalle dichiarazioni dell’interessato, che permettano alle autorità dello Stato membro richiesto di verificare se è competente sulla base dei criteri stabiliti dal presente regolamento.

    (…)».

    B.   Regolamento (CE) n. 1560/2003

    22.

    Il regolamento n. 1560/2003 ( 9 ) contiene le modalità di applicazione del regolamento Dublino III. Il suo articolo 2 precisa le modalità di redazione di una richiesta di ripresa in carico.

    III. Fatti del procedimento principale

    23.

    X è un cittadino pakistano, di religione cristiana, richiedente la concessione di una protezione internazionale.

    24.

    X ha presentato cinque domande di protezione internazionale tra il 2011 e il 2015. Quattro di esse sono state presentate nei Paesi Bassi e una è stata presentata in Italia.

    25.

    La prima domanda è stata presentata nei Paesi Bassi il 23 marzo 2011. Lo Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (Segretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia, Paesi Bassi) ha respinto tale domanda nel merito con decisione del 5 settembre 2011. Come ha dichiarato il rappresentante di X all’udienza, i rischi ai quali l’interessato era esposto una volta ritornato nel suo paese di origine non sono stati considerati sufficientemente gravi da giustificare la concessione di una protezione internazionale. Il ricorso proposto avverso tale decisione è stato dichiarato infondato con sentenza emessa dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) il 31 maggio 2012 e confermata dall’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato) il 27 giugno 2013.

    26.

    Il 18 dicembre 2013, X ha quindi presentato nei Paesi Bassi una nuova domanda di protezione internazionale, dal medesimo ritirata alcuni giorni dopo, il 10 gennaio 2014 ( 10 ).

    27.

    X ha nuovamente presentato una domanda di protezione internazionale, la seconda, nei Paesi Bassi il 4 giugno 2014. Sette giorni dopo, l’11 giugno 2014, il Segretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia ha respinto tale domanda. Il ricorso proposto avverso tale decisione dinanzi al Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) è stato dichiarato infondato con sentenza del 7 luglio 2014. L’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato) ha confermato tale sentenza, un anno più tardi, il 7 agosto 2015.

    28.

    Nel corso di tale anno, nel quale era quindi pendente il procedimento di impugnazione dinanzi a detto giudice, sono accaduti vari eventi relativi alla situazione personale e giudiziaria dell’interessato.

    29.

    Infatti, il 28 settembre 2014, mentre X era sospettato di aver commesso un reato di natura sessuale nel territorio olandese, quest’ultimo è fuggito recandosi in Italia.

    30.

    Il 2 ottobre 2014, le autorità olandesi hanno quindi emesso un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale nei confronti di X, chiedendone la consegna alle autorità italiane. In tale contesto, X è stato posto in stato di detenzione in Italia per un periodo di due mesi, precedente alla sua consegna ( 11 ).

    31.

    Il 23 ottobre 2014, X ha presentato una nuova domanda di protezione internazionale, la terza, questa volta nel territorio italiano. La Repubblica italiana ha omesso di presentare al Regno dei Paesi Bassi, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), e dell’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una richiesta di ripresa in carico entro i termini di cui all’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento.

    32.

    Il 30 gennaio 2015, la Repubblica italiana ha eseguito il mandato d’arresto europeo e ha consegnato l’interessato alle autorità olandesi.

    33.

    Quest’ultimo è stato immediatamente privato della sua libertà ed è stato posto in custodia cautelare. Dalla decisione di rinvio risulta che tale periodo va dal 2 al 24 febbraio 2015. Per contro, secondo le osservazioni presentate dal governo olandese, detto periodo si estende dal 30 gennaio al 18 marzo 2015.

    34.

    Il 5 marzo 2015, il Regno dei Paesi Bassi ha presentato alla Repubblica italiana una richiesta di ripresa in carico di X, basata sull’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), e sull’articolo 24, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III, in quanto X si trovava nel territorio olandese senza un titolo di soggiorno e non aveva ancora presentato una nuova domanda di protezione internazionale. Le autorità olandesi hanno ritenuto che la Repubblica italiana fosse divenuta lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale presentata da X alle autorità italiane poiché tale Stato non aveva presentato loro, entro il termine di due mesi stabilito dall’articolo 23, paragrafo 2, di detto regolamento, una richiesta di ripresa in carico. Come risulta dalla decisione di rinvio, il Regno dei Paesi Bassi ha indicato in tale richiesta che, secondo le dichiarazioni di X, quest’ultimo aveva lasciato l’Italia nel gennaio 2015 per recarsi direttamente nei Paesi Bassi. Per contro, detta richiesta non contiene alcun elemento relativo al procedimento penale a carico di X nei Paesi Bassi.

    35.

    La Repubblica italiana non ha risposto a tale richiesta entro il termine di due settimane prescritto dall’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento Dublino III. Di conseguenza, il 20 marzo 2015, il Regno dei Paesi Bassi ha considerato che la Repubblica italiana accettava per difetto la richiesta di ripresa in carico di X.

    36.

    Il 25 marzo 2015, il Segretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia ha pertanto deciso di trasferire X alle autorità italiane (in prosieguo: la «decisione di trasferimento»), a seguito dell’accettazione implicita di dette autorità.

    37.

    Il 30 marzo 2015, la Repubblica italiana ha accettato la richiesta di ripresa in carico.

    38.

    Il 1o aprile 2015, X ha impugnato tale decisione dinanzi al Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) con un ricorso accompagnato da una domanda di provvedimenti provvisori.

    39.

    Dai documenti allegati al fascicolo nazionale di cui dispone la Corte risulta che, con lettera del 13 aprile 2015, il Ministerie van Veiligheid en Justitie (Ministero della Sicurezza e della Giustizia, Paesi Bassi) ha informato il Ministero dell’Interno italiano, da una parte, che, non avendo risposto entro il 20 marzo 2015 alla richiesta di ripresa in carico, doveva ritenersi che la Repubblica italiana avesse accettato la richiesta di ripresa in carico dell’interessato. Dall’altra, il Ministero della Sicurezza e della Giustizia ha segnalato che il trasferimento di X alle autorità italiane non poteva essere eseguito entro il termine fissato a causa della sparizione di quest’ultimo.

    40.

    Con decisione del 21 aprile 2015, il voorzieningenrechter (giudice dei procedimenti sommari, Paesi Bassi) dell’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato) ha accolto la domanda di provvedimenti provvisori e ha disposto la sospensione del trasferimento.

    41.

    Il 19 maggio 2015, X ha presentato una nuova domanda di protezione internazionale, la quarta, nei Paesi Bassi, accompagnata da una domanda di permesso di soggiorno temporaneo.

    42.

    Il 21 maggio 2015, vale a dire due giorni dopo, il Segretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia ha dichiarato che non avrebbe esaminato tale domanda poiché era accertato, sulla base del regolamento Dublino III, che la Repubblica italiana era ormai lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale di X. Il giorno stesso, quest’ultimo ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam).

    43.

    Come ho già indicato, il 7 agosto 2015 l’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato) ha confermato la sentenza emessa il 7 luglio 2014 riguardo al rigetto della seconda domanda di protezione internazionale.

    44.

    Il 30 novembre 2015, X è stato informato dell’archiviazione senza seguito del procedimento penale avviato nei suoi confronti.

    45.

    I ricorsi proposti da X avverso la decisione di trasferimento e avverso la decisione con cui il Segretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia si è dichiarato incompetente ad esaminare la quarta domanda di protezione internazionale sono stati esaminati nel corso di un’udienza che si è tenuta il 10 dicembre 2015. All’esito di tale udienza, il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) ha pronunciato la chiusura della causa.

    46.

    Il 24 marzo 2016, il giudice del rinvio ha riaperto l’esame di tale causa in attesa della pronuncia della sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash ( 12 ), e, il 20 aprile 2017, ha proposto il rinvio pregiudiziale di cui la Corte è oggi adita.

    IV. Questioni pregiudiziali

    47.

    In tale contesto, il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino [III] debba essere interpretato nel senso che l’Italia è divenuta competente per l’esame della domanda di protezione internazionale ivi presentata dall’attore il 23 ottobre 2014, nonostante il fatto che i Paesi Bassi fossero lo Stato membro in primo luogo competente sulla base di domande di protezione internazionale ivi in precedenza presentate, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), del regolamento Dublino [III], domande di cui l’ultima in quel momento era ancora pendente nei Paesi Bassi, poiché la Sezione [del contenzioso amministrativo del Raad van State] non si era ancora pronunciata sull’impugnazione proposta dall’attore avverso la sentenza del Rechtbank del 7 luglio 2014 (…)

    2)

    [In caso di risposta affermativa alla prima questione,] [s]e dall’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino [III] discenda che la domanda di protezione internazionale, ancora pendente nei Paesi Bassi al momento della presentazione della richiesta di presa in carico il 5 marzo 2015, doveva essere sospesa dalle autorità olandesi immediatamente dopo la presentazione della richiesta in parola e terminata dopo il decorso del termine di cui all’articolo 24 [di tale regolamento] mediante una revoca o unamodifica della decisione precedente dell’11 giugno 2014, recante rigetto della domanda di asilo del 4 giugno 2014.

    3)

    In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale dell’attore non sia passata all’Italia, ma resti attribuita alle autorità dei Paesi Bassi, in quanto il convenuto non ha revocato o modificato la decisione dell’11 giugno 2014.

    4)

    Se, non avendo menzionato l’impugnazione nel secondo procedimento d’asilo ancora pendente dinanzi alla sezione [del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato], le autorità dei Paesi Bassi abbiano violato l’obbligo ad esse imposto dall’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento Dublino [III] di fornire alle autorità italiane le informazioni che consentissero alle medesime di verificare se fossero competenti sulla base di questo regolamento.

    5)

    In caso di risposta affermativa alla quarta questione, se siffatta violazione consenta di concludere che, pertanto, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale dell’attore non si è trasferita all’Italia, ma resta attribuita alle autorità dei Paesi Bassi.

    6)

    Qualora la competenza non sia rimasta alle autorità dei Paesi Bassi, se, a causa del trasferimento dell’attore ai Paesi Bassi da parte dell’Italia nell’ambito del procedimento penale a suo carico, tali autorità, in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino [III] e in deroga all’articolo 3, paragrafo 1, del medesimo regolamento, fossero tenute a esaminare la domanda di protezione internazionale presentata dall’attore in Italia e di conseguenza non avrebbero potuto ragionevolmente avvalersi della facoltà, prevista all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino [III], di chiedere la ripresa in carico dell’attore alle autorità italiane».

    48.

    I governi tedesco, ungherese e dei Paesi Bassi nonché la Commissione hanno presentato osservazioni ( 13 ). Non posso che rammaricarmi per l’assenza del governo italiano, il quale non ha depositato osservazioni scritte e non si è neanche presentato all’udienza.

    V. Osservazioni preliminari

    49.

    Prima di procedere all’analisi di tali questioni, occorre formulare alcune osservazioni preliminari relative all’oggetto e alla portata del presente rinvio pregiudiziale ( 14 ).

    50.

    La domanda di pronuncia pregiudiziale formulata dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) mira, in sostanza, a determinare lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale presentata da X in Italia.

    51.

    Tenuto conto delle peculiarità del contesto giuridico e fattuale in cui si colloca la controversia principale, il giudice del rinvio si chiede se sia possibile ritenere che la Repubblica italiana sia divenuta effettivamente lo Stato membro competente per l’esame di tale domanda.

    52.

    In un primo tempo, il giudice del rinvio si interroga quindi sulla portata e sulle modalità di applicazione delle due disposizioni procedurali del regolamento Dublino III su cui il Regno dei Paesi Bassi si basa per procedere ad un trasferimento di competenza:

    l’articolo 23, paragrafo 3, di tale regolamento, la cui attuazione comporta un trasferimento automatico della competenza a causa della scadenza dei termini prescritti per la presentazione di una richiesta di ripresa in carico (prima questione pregiudiziale), e

    l’articolo 24, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la cui attuazione comporta parimenti un trasferimento di competenza a seguito dell’accettazione esplicita o tacita, da parte dello Stato membro richiesto, di una richiesta di ripresa in carico (questioni pregiudiziali dalla prima alla sesta).

    53.

    Se la Corte dovesse ritenere che si sia effettivamente verificato un trasferimento automatico della competenza sulla base dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III, allora le questioni relative all’interpretazione dell’articolo 24 di tale regolamento si porrebbero soltanto in via subordinata.

    54.

    In un secondo tempo, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare la portata della clausola discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento nell’ipotesi in cui la Repubblica italiana fosse lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale di cui trattasi (sesta questione pregiudiziale).

    55.

    Il giudice del rinvio si chiede se le autorità olandesi non fossero tenute ad applicare tale clausola e ad esaminare quindi tale domanda, in quanto la Repubblica italiana ha eseguito il mandato d’arresto europeo e ha consegnato l’interessato a dette autorità ai fini dell’esercizio dell’azione penale avviata nei confronti di quest’ultimo.

    VI. Analisi

    A.   Sul trasferimento di competenza derivante dall’articolo 23 del regolamento Dublino III (prima questione pregiudiziale)

    56.

    Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III.

    57.

    Esso si chiede, in particolare, se tale disposizione, letta alla luce degli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione nell’ambito del regolamento Dublino III ( 15 ), non osti ad un trasferimento di competenza risultante dalla scadenza dei termini prescritti dall’articolo 23, paragrafo 2, di detto regolamento nel caso in cui lo Stato membro competente, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), del medesimo regolamento, abbia proceduto all’esame delle domande precedentemente presentate dall’interessato e la decisione con la quale è stata respinta la seconda domanda sia oggetto di un procedimento di impugnazione ancora pendente dinanzi alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro.

    58.

    Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo sul territorio di uno qualsiasi degli Stati membri è esaminata, in linea di principio, dal solo Stato membro individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III del regolamento medesimo ( 16 ). Tuttavia, oltre ai criteri di cui al capo III del regolamento Dublino III, il capo VI di tale regolamento istituisce procedure di presa e di ripresa in carico da parte di un altro Stato membro che «contribuiscono altresì – al pari dei criteri indicati al capo III di detto regolamento – a determinare lo Stato membro competente» ( 17 ).

    59.

    L’articolo 23 del regolamento Dublino III definisce quindi le norme applicabili alla presentazione di una richiesta di ripresa in carico in una situazione in cui una nuova domanda di protezione internazionale è presentata in un altro Stato membro, vale a dire lo Stato membro richiedente.

    60.

    Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, di tale regolamento, qualora una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), di detto regolamento, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta in uno Stato membro, presenti una nuova domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, quest’ultimo può chiedere al primo Stato membro di riprendere in carico la persona interessata.

    61.

    Una persona come X che, dopo aver presentato due domande di protezione internazionale in uno Stato membro, nella specie i Paesi Bassi, il 23 marzo 2011 e il 4 giugno 2014, le quali non vengono accolte, si reca poi in un altro Stato membro, nella specie l’Italia, nel quale presenta una nuova domanda il 23 ottobre 2014, rientra certamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 23 del regolamento Dublino III.

    62.

    A seguito dei quesiti e dei chiarimenti richiesti dalla Corte all’udienza, tutte le parti hanno d’altronde concordato sul fatto che X rientri certamente nella fattispecie di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), di tale regolamento.

    63.

    All’articolo 23, paragrafo 2, di detto regolamento, il legislatore dell’Unione fissa termini perentori per la presentazione della richiesta di ripresa in carico. Quest’ultima dev’essere presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente Eurodac o entro tre mesi qualora le autorità competenti basino la loro richiesta su prove diverse dai dati ottenuti dal sistema Eurodac. Tali termini devono garantire che la procedura di ripresa in carico sia attuata senza ritardi ingiustificati e, in ogni caso, entro un «termine ragionevole» a decorrere dal momento in cui lo Stato membro richiedente disponga delle informazioni necessarie, al fine di assicurare un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale ( 18 ).

    64.

    All’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III – di cui dobbiamo interpretare il testo –, il legislatore dell’Unione definisce gli effetti connessi alla scadenza dei termini prescritti. Ai sensi di tale disposizione, se la richiesta di ripresa in carico non è presentata entro i termini, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro in cui quest’ultima è stata presentata. Tale legislatore non prevede alcuna eccezione e non concede alcuna discrezionalità.

    65.

    Il testo di detta disposizione è molto chiaro, in tutte le versioni linguistiche, ed esprime senza ambiguità la volontà del legislatore dell’Unione di procedere a un trasferimento di competenza qualora i termini prescritti per la presentazione di una richiesta non siano rispettati.

    66.

    Nel procedimento principale, è pacifico che la Repubblica italiana, nella quale è stata presentata la terza domanda, abbia omesso di chiedere al Regno dei Paesi Bassi di riprendere in carico X entro i termini perentori stabiliti dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento Dublino III. Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, di tale regolamento, alla Repubblica italiana dovrebbe pertanto essere trasferita in modo «automatico» la competenza ad esaminare tale nuova domanda ( 19 ).

    67.

    Tutte le parti che hanno presentato osservazioni, ad eccezione di X, concordano sul fatto che, tenuto conto del testo dell’articolo 23, paragrafo 3, di detto regolamento, la Repubblica italiana è certamente divenuta lo Stato membro competente per l’esame di tale domanda, e ciò indipendentemente dall’esistenza, nei Paesi Bassi, di un procedimento di impugnazione pendente avverso la decisione recante rigetto della seconda domanda.

    68.

    Potrei condividere una siffatta conclusione se la situazione in esame si caratterizzasse effettivamente per la sola esistenza nei Paesi Bassi di tale procedimento di impugnazione pendente. Orbene, come si vedrà, non è questo il caso. Sussistono nel caso di specie ben altre circostanze le quali, considerate nel loro insieme, rendono, a mio avviso, le autorità olandesi le uniche competenti per l’esame di tale terza domanda.

    69.

    Applicata ad una situazione così peculiare come quella di cui trattasi, l’interpretazione letterale solleva più difficoltà di quante ne risolva, il che emerge in modo abbastanza evidente dalle sei questioni pregiudiziali che il giudice del rinvio rivolge alla Corte. Tenuto conto delle peculiarità del caso di specie, tale interpretazione letterale fa produrre al testo dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III effetti esattamente contrari ai principi sui quali si basa il sistema europeo comune di asilo e agli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione nell’ambito di tale regolamento.

    70.

    Al fine di preservare l’effetto utile del regolamento Dublino III, e per i motivi che mi appresto ad esporre, proporrò pertanto alla Corte di apportare una deroga all’automaticità del meccanismo previsto dall’articolo 23, paragrafo 3, di tale regolamento.

    71.

    Ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, e dell’articolo 80 TFUE, il sistema europeo comune di asilo, nel quale si inserisce il regolamento Dublino III, si basa sulla solidarietà tra gli Stati membri e sull’equa ripartizione della responsabilità tra questi ultimi ( 20 ). Come risulta dal considerando 22 del medesimo regolamento, tale solidarietà costituisce un «elemento cardine» di detto sistema. Essa deve, inoltre, essere «reale e concreta» e deve imporsi nei confronti degli Stati membri più esposti ai flussi di richiedenti asilo, che comportano un onere straordinario per i loro sistemi ( 21 ).

    72.

    Tale sistema si basa inoltre sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri, che costituisce anch’essa uno dei suoi pilastri fondamentali.

    73.

    È proprio in ragione di tale principio di reciproca fiducia che il legislatore dell’Unione ha adottato il regolamento Dublino III, al fine di accelerare il trattamento delle domande di protezione internazionale garantendo ai richiedenti l’esame della loro domanda nel merito da parte di un solo Stato membro chiaramente determinato. A tal fine, detto legislatore intende razionalizzare il trattamento di tali domande evitando la saturazione del sistema con l’obbligo, per gli Stati membri, di trattare domande multiple presentate da uno stesso richiedente, accrescendo la certezza del diritto quanto alla determinazione dello Stato membro competente ad esaminare la domanda d’asilo e, infine, evitando il «forum shopping» ( 22 ).

    74.

    Come risulta dai considerando 4 e 5 del regolamento Dublino III, il legislatore dell’Unione mira a stabilire un meccanismo per determinare con «chiarezza e praticità» lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale, meccanismo che dev’essere fondato su criteri «oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate». Tale meccanismo deve soprattutto «consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente (…) e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale».

    75.

    Sebbene il legislatore dell’Unione si riferisca anzitutto ai criteri di determinazione dello Stato membro competente stabiliti dal capo III del regolamento Dublino III, ciò non toglie che le procedure di presa e di ripresa in carico da parte di un altro Stato membro di cui al capo VI di tale regolamento debbano basarsi su criteri che presentino le medesime qualità, non soltanto perché tali procedure contribuiscono, al pari di detti criteri, a determinare lo Stato membro competente ( 23 ), ma anche perché esse partecipano allo stesso modo alla realizzazione degli obiettivi di detto regolamento.

    76.

    In tal senso, nella sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab ( 24 ), la Corte ha considerato, per quanto riguarda il trasferimento di competenza derivante dalla scadenza dei termini prescritti per la presentazione di una richiesta di presa in carico (articolo 21, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento Dublino III), che tale meccanismo contribuisce, in modo determinante, alla realizzazione dell’obiettivo di un rapido trattamento delle domande di protezione internazionale, garantendo, in caso di ritardo nell’espletamento della procedura di presa in carico, che l’esame della domanda sia effettuato nello Stato membro in cui tale domanda è stata presentata, al fine di non differire ulteriormente detto esame con l’adozione e l’esecuzione di una decisione di trasferimento ( 25 ).

    77.

    Tale analisi sarebbe, in linea di principio, trasponibile, in considerazione dell’identità del meccanismo istituito dall’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III. Tuttavia, come sto per dimostrare, sotto un primo profilo, le circostanze della presente causa sono tali che il trasferimento di competenza di cui trattasi, lungi dal contribuire alla celerità del procedimento, priverebbe inoltre quest’ultimo della razionalità, dell’obiettività e dell’equità perseguite dal legislatore dell’Unione nell’ambito di tale regolamento.

    78.

    In primo luogo, il trasferimento di competenza richiesto ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, di detto regolamento equivale a determinare lo Stato membro competente per l’esame della domanda per effetto di una sanzione. A partire dal momento in cui lo Stato membro non rispetta i termini prescritti da tale disposizione, il trasferimento di competenza è automatico ed opera indipendentemente dalle circostanze del caso di specie e dalle conseguenze umane e materiali che esso comporta. Come ho già rilevato, il legislatore dell’Unione non ha previsto alcuna eccezione e non lascia alcuna discrezionalità alle autorità competenti.

    79.

    Così, nel caso di specie, dagli elementi del fascicolo risulta chiaramente che il trasferimento di competenza richiesto ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III si risolve maggiormente nel sanzionare l’inosservanza, da parte della Repubblica italiana, di una regola formale, vale a dire la regola di procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento ( 26 ), che nel rispondere ad una reale «necessità giuridica», dato che la domanda di protezione internazionale presentata in Italia, per quanto ciò possa essere criticabile, costituisce soltanto un artificio ( 27 ).

    80.

    In secondo luogo, l’automaticità di tale meccanismo non consente di tenere conto del fatto che il trasferimento di competenza in questione riguarda l’esame di una domanda di protezione internazionale che è, se non identica, quanto meno connessa alle due precedenti domande presentate da X nei Paesi Bassi. Queste ultime hanno il medesimo oggetto, vale a dire la concessione di una protezione internazionale, la medesima causa, ossia l’eventuale esistenza di un rischio di persecuzioni per motivi religiosi, e sono state presentate dalla medesima persona, vale a dire X ( 28 ).

    81.

    In terzo luogo, l’automaticità di detto meccanismo non consente neanche di tenere conto del fatto che il Regno dei Paesi Bassi si sia pienamente riconosciuto competente per l’esame delle due precedenti domande presentate dall’interessato, in applicazione di un criterio sostanziale, quello del primo Stato membro nel quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata, previsto dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

    82.

    Come dimostrano la durata della procedura di esame della prima domanda nonché i numerosi documenti allegati al fascicolo nazionale di cui dispone la Corte, le prime due domande di protezione internazionale sono state oggetto, peraltro, di un attento esame da parte delle autorità amministrative e giudiziarie di tale Stato membro e hanno dato luogo all’adozione di due decisioni di rigetto definitive.

    83.

    Pertanto, alla data in cui X ha presentato la terza domanda in Italia, la decisione di rigetto della prima domanda, emessa il 5 settembre 2011, era definitiva e la sentenza emessa dall’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato) aveva l’autorità di cosa giudicata. La decisione di rigetto della seconda domanda, emessa l’11 giugno 2014, era parimenti definitiva, poiché il ricorso pendente, proposto dinanzi a tale giudice, non aveva effetto sospensivo ( 29 ).

    84.

    In tali circostanze, se lo scopo perseguito dal legislatore dell’Unione è proprio quello di razionalizzare e di accelerare il trattamento delle domande di asilo mediante una determinazione oggettiva dello Stato membro competente, allora mi sembra abbastanza evidente, tenuto conto del ruolo svolto dalle autorità olandesi nell’esame delle domande di asilo dell’interessato, che tali autorità restino quelle nella posizione migliore per esaminare la terza domanda. Contrariamente alla situazione esistente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab ( 30 ), il trasferimento di competenza di cui trattasi, al di là del costo umano e finanziario che comporta, non contribuirà in questo caso né alla celerità della procedura né ad una buona amministrazione in generale. Poiché siamo ancora in un sistema di asili nazionali, le autorità italiane saranno infatti tenute a condurre un esame altrettanto scrupoloso di quello svolto contemporaneamente dalle autorità olandesi al fine, da una parte, di accertare i fatti e di valutare il valore probatorio dei documenti forniti dall’interessato, con tutta la complessità che ciò implica nell’ambito delle domande di asilo, e, dall’altra, di valutare la domanda di protezione internazionale di una persona che esse non hanno ancora mai visto e con la quale non hanno mai interloquito. Qualora il richiedente fosse vulnerabile e si trovasse in una situazione di indigenza, un siffatto trasferimento di competenza, in quanto comporta una nuova procedura di esame, sarebbe davvero rispettoso dei suoi diritti?

    85.

    Inoltre, trasferendo la competenza ad esaminare tale terza domanda alle autorità italiane, ci esponiamo al rischio che queste ultime adottino una decisione diversa da quelle emesse dalle loro omologhe olandesi nell’ambito dell’esame delle prime due domande, sebbene tali domande, nel loro insieme, siano connesse o addirittura identiche. Anche se ciò aumenta le possibilità per il richiedente asilo di ottenere una decisione favorevole, una siffatta situazione compromette la coerenza e l’unità perseguite nell’ambito del sistema europeo di asilo, che si vuole comune, e comporta un rischio maggiore di «asylum shopping» che il sistema di Dublino tende a prevenire. Analogamente, ciò dà luogo alla possibilità che ogni nuovo Stato membro competente nell’ambito dell’esame di una nuova domanda di protezione internazionale svolga il ruolo di «giudice d’appello» dello Stato membro precedentemente competente.

    86.

    In quarto luogo, l’automaticità di tale meccanismo non consente neanche di tenere conto dei procedimenti giudiziari in corso nei Paesi Bassi, vale a dire il procedimento di natura amministrativa pendente dinanzi all’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato) e il procedimento di natura penale avviato a seguito della presunta commissione di un reato.

    87.

    Sebbene il trasferimento di competenza avvenga entro termini perentori e stretti, lo stesso non avviene per i procedimenti giudiziari in corso.

    88.

    È pur vero che il procedimento amministrativo di esame della seconda domanda è chiuso. Tuttavia, il procedimento giudiziario avviato nell’ambito del ricorso può condurre ad una riforma della decisione amministrativa adottata, poiché il giudice di primo grado è in grado di procedere ad un esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto ( 31 ) e il giudice di ultimo grado è in grado di accogliere un motivo di cassazione. Di conseguenza, sussiste il rischio che il giudice adito in primo luogo nello Stato membro richiedente riformi la decisione con la quale la domanda di protezione internazionale è stata inizialmente respinta, il che priva di senso e di ogni interesse un trasferimento di competenza.

    89.

    In ogni caso, tale stato di fatto è assimilabile ad una situazione di litispendenza europea e, tenuto conto della connessione, se non dell’identità, delle domande di protezione internazionale presentate da X nei Paesi Bassi e in Italia, mi sembra che, in tale ipotesi, nessun giudice di un altro Stato membro possa essere validamente competente in modo concorrente.

    90.

    Per quanto riguarda ora il procedimento penale avviato nei confronti del richiedente asilo, è estremamente difficile prevedere, salvo nei casi più semplici e più evidenti, quale sarà il trattamento riservato alla causa e all’interessato, cosicché l’automatismo del trasferimento di competenza, il quale comporta anche, in definitiva, un trasferimento dell’interessato, mi sembra, ancora una volta, inopportuno. Sebbene, nel caso di specie, il procedimento penale abbia dato luogo ad un’archiviazione senza seguito, esso può portare, in altri casi, all’adizione di un giudice istruttore o di un collegio giudicante e, se del caso, alla condanna del richiedente.

    91.

    Pertanto, la priorità del procedimento penale può soltanto avere l’effetto di paralizzare l’esame della domanda di protezione internazionale nuovamente presentata.

    92.

    Quindi, come potrebbe non tenersi conto, nell’ambito di una valutazione razionale e oggettiva, di tale procedimento penale e altresì, nell’ambito del procedimento principale, del mandato d’arresto europeo che richiede alle autorità italiane la consegna dell’interessato?

    93.

    Sebbene, come si vedrà, l’emissione, da parte di uno Stato membro, di un mandato d’arresto europeo nei confronti di un richiedente asilo non costituisca, di per sé, un ostacolo ad una procedura di ripresa in carico, tale circostanza, cumulandosi nel caso di specie con tante altre, interferisce in modo evidente con il normale svolgimento delle procedure previste dal regolamento Dublino III.

    94.

    X ha presentato la propria domanda di protezione internazionale in Italia il 23 ottobre 2014, vale a dire soltanto alcuni giorni dopo l’emissione del mandato d’arresto europeo che lo riguardava. La presentazione di tale domanda non ha ostacolato l’esecuzione del mandato d’arresto europeo ( 32 ). Come ha precisato il rappresentante di X nel corso dell’udienza, le autorità italiane hanno quindi proceduto all’arresto dell’interessato all’inizio del dicembre 2014, vale a dire alcune settimane dopo la presentazione della sua domanda d’asilo, ponendolo poi in stato di detenzione, per un periodo di circa due mesi, ai fini della sua consegna alle autorità olandesi, che è avvenuta il 30 gennaio 2015. Sebbene si censurino quindi le autorità italiane per non aver richiesto al Regno dei Paesi Bassi la ripresa in carico di X, occorre tuttavia rilevare che, nello stesso periodo, esse hanno eseguito il mandato d’arresto europeo procedendo alla consegna dell’interessato.

    95.

    Occorre chiedersi se, in situazioni come quelle del caso di specie, abbia senso trasferire la competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale all’Italia allorché, quasi contemporaneamente, tale Stato membro ha consegnato l’interessato alle autorità olandesi ai fini dell’esercizio di un’azione penale ( 33 ).

    96.

    Nessuna disposizione del regolamento Dublino III consente di risolvere tale questione. Solo il rispetto della dignità umana e il perseguimento degli obiettivi a cui mira il legislatore dell’Unione nell’ambito dell’istituzione di un sistema europeo comune di asilo lo consentono.

    97.

    Evoco la dignità umana perché il caso di specie, se non riguardasse un richiedente asilo, potrebbe sembrare una partita di ping pong.

    98.

    Alla luce di questi primi elementi, e tenuto conto della molteplicità e dell’accavallamento dei procedimenti di natura amministrativa e giudiziaria riguardanti l’interessato nei Paesi Bassi, ritengo che l’obiettività che deve caratterizzare la procedura di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale e la celerità che deve essere osservata nell’ambito di tale esame impongano che ad esaminare la nuova domanda presentata da X siano le autorità che si trovano nella posizione migliore, vale a dire le autorità olandesi – i cui vertici amministrativi si sono già riconosciuti pienamente competenti in applicazione di un criterio sostanziale previsto dal regolamento Dublino III –, e non quelle che non hanno osservato i loro obblighi non avendo presentato una richiesta di ripresa in carico entro i termini ( 34 ).

    99.

    Sotto un secondo profilo, l’automaticità di tale trasferimento di competenza è difficilmente compatibile con i principi di leale cooperazione e di solidarietà tra Stati membri sui quali si basano il sistema europeo comune di asilo nonché il regolamento Dublino III.

    100.

    Infatti, nel 2014, le autorità competenti degli Stati membri non potevano ignorare che l’afflusso massiccio di migranti sulle coste italiane sottoponeva ad una pressione accresciuta le amministrazioni incaricate dell’asilo di tale Stato membro, il che dava luogo a ritardi strutturali e aveva in particolare l’effetto di rallentare il tempo di reazione e di allungare il tempo di risposta alle richieste di (ri)presa in carico di quest’ultimo. Trasferendo automaticamente tale competenza a causa dell’inosservanza dei termini prescritti, ci allontaniamo – occorre ammetterlo – dalla solidarietà «reale e concreta» perseguita ( 35 ).

    101.

    Alla luce di tutte queste considerazioni, ritengo pertanto necessario derogare all’applicazione rigorosa della lettera dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III e al trasferimento di competenza che ne deriva riguardo all’esame della terza domanda di cui trattasi, al fine di preservare l’effetto utile di tale regolamento.

    102.

    In un caso come quello che ci occupa, al fine di preservare l’effetto utile di detto regolamento e, in particolare, al fine di razionalizzare il trattamento delle domande di protezione internazionale, propongo di applicare il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie.

    103.

    Tale principio, come è noto, costituisce il fondamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia ( 36 ), nel quale rientra la politica di asilo ( 37 ).

    104.

    Detto principio si applica nell’ambito delle procedure istituite dagli articoli 23 e 24 del regolamento Dublino III, qualora uno Stato membro decida di chiedere la ripresa in carico di un richiedente la protezione internazionale al quale un altro Stato membro ha già negato, con decisione definitiva, l’asilo.

    105.

    Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, di tale regolamento, qualora una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), di detto regolamento, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta con decisione definitiva in uno Stato membro, presenti una nuova domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro, quest’ultimo può quindi chiedere al primo Stato membro di riprendere in carico la persona interessata.

    106.

    A norma dell’articolo 24, paragrafo 4, del regolamento Dublino III, qualora una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera d), di tale regolamento, la cui domanda di protezione internazionale sia stata respinta con decisione definitiva in uno Stato membro, si trovi nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno, quest’ultimo Stato membro può chiedere al primo Stato membro di riprendere in carico l’interessato o di avviare una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115.

    107.

    Attualmente, gli Stati membri concordano quindi nel riconoscere le decisioni in materia di asilo emesse da altri Stati membri qualora esse siano negative.

    108.

    Nel caso di specie, quando X ha presentato alle autorità italiane la terza domanda, il 23 ottobre 2014, le autorità olandesi avevano già emesso una decisione avente autorità di cosa giudicata, dal 27 giugno 2013, con la quale esse avevano respinto la prima domanda. Il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) aveva inoltre, con sentenza del 7 luglio 2014, respinto il ricorso che l’interessato aveva proposto avverso la decisione di rigetto della seconda domanda.

    109.

    A partire dal momento in cui le autorità olandesi si sono riconosciute competenti per statuire sulle domande di protezione internazionale presentate dall’interessato, e ciò sulla base di un criterio sostanziale, che esse hanno, inoltre, adottato riguardo alla prima domanda una decisione definitiva, la quale ha acquisito l’autorità del giudicato a seguito della sentenza emessa dalla suprema autorità giurisdizionale amministrativa, ciò deve precludere l’esame di ogni nuova domanda di protezione internazionale presentata dall’interessato in un altro Stato membro, la quale non si basi su elementi o risultanze nuovi. In virtù dell’applicazione del principio del riconoscimento reciproco, tale Stato membro deve tenere conto dell’autorità di cosa giudicata di cui sono dotate le sentenze emesse e ciò deve quindi rendere, ipso facto, inammissibile ogni nuova domanda, ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2013/32.

    110.

    Ricordo che, in forza di tale disposizione, uno Stato membro può giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile se la domanda è una domanda reiterata, qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi. Come ho già sottolineato, ritengo che ciò avvenga nel caso oggetto del procedimento principale. Spetta tuttavia alle autorità competenti accertare tale circostanza.

    111.

    Gli scambi di informazioni previsti nell’ambito del regolamento Dublino III rendono tale meccanismo perfettamente fattibile, poiché lo Stato richiesto della ripresa in carico di un richiedente dispone, in forza degli obblighi di cui all’articolo 24, paragrafo 5, di tale regolamento – o è in grado di disporre, su richiesta, a norma dell’articolo 34 di detto regolamento –, di tutte le informazioni utili per quanto riguarda l’esistenza di una procedura relativa ad una domanda di protezione internazionale precedente (data e luogo di presentazione di una domanda di protezione internazionale precedente, stato di avanzamento della procedura, contenuto e data della decisione adottata) ( 38 ).

    112.

    L’attuazione del principio del riconoscimento reciproco consentirebbe in questo caso un funzionamento più razionale, più efficace e più coerente del sistema europeo comune di asilo, in quanto, una volta stabilita la competenza di uno Stato membro ad esaminare una domanda di protezione internazionale, quest’ultima sarebbe mantenuta in modo stabile, il che consentirebbe di garantire la celerità della procedura, di prevenire decisioni contraddittorie e di limitare i movimenti secondari del richiedente a causa di un trasferimento di competenza.

    113.

    Tale soluzione non farebbe altro che anticipare, in effetti, le proposte della Commissione in materia di riforma del sistema di Dublino ( 39 ). Nell’ambito della sua proposta di regolamento di modifica del regolamento Dublino III, quest’ultima propone infatti di introdurre la regola secondo cui, una volta che uno Stato membro abbia esaminato una domanda di protezione internazionale in qualità di Stato membro competente, esso dovrebbe anche rimanere competente per l’esame delle domande reiterate presentate dall’interessato, a prescindere dal fatto che quest’ultimo abbia o meno lasciato il territorio degli Stati membri o ne sia stato allontanato ( 40 ). Un solo Stato membro sarebbe e rimarrebbe quindi competente per l’esame di una domanda e i criteri di competenza si applicherebbero pertanto una sola volta. Inoltre, la Commissione propone di introdurre la regola secondo cui la scadenza dei termini non comporta più un trasferimento di competenza.

    114.

    Se tali proposte fossero adottate, la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) perderebbe d’interesse.

    115.

    Alla luce dell’insieme di tali considerazioni, e tenuto conto delle particolari circostanze del procedimento principale, ritengo che l’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III e il trasferimento di competenza che ne deriva riguardo all’esame della domanda di protezione internazionale presentata dall’interessato in Italia, in quanto privano la procedura di determinazione dello Stato membro competente della razionalità, dell’obiettività, dell’equità nonché della celerità perseguite nell’ambito di tale regolamento e non sono compatibili con i principi di leale cooperazione e di solidarietà tra Stati membri sui quali si basa il sistema europeo comune di asilo, debbano essere esclusi.

    B.   Sulla legittimità della richiesta di ripresa in carico presentata all’Italia dalle autorità olandesi sulla base dell’articolo 24 del regolamento Dublino III (prima e sesta questione pregiudiziale)

    116.

    Il giudice del rinvio si interroga inoltre sulla legittimità della richiesta di ripresa in carico presentata dalle autorità olandesi alle loro omologhe italiane sulla base dell’articolo 24 del regolamento Dublino III (presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora non sia stata presentata una nuova domanda nello Stato membro richiedente).

    117.

    La situazione di X rientra, questa volta, nell’ambito di applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Dublino III. Tale disposizione si riferisce ad una persona che, da una parte, ha presentato una domanda di protezione internazionale, la quale è in corso di esame, e, dall’altra, ha presentato una domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno.

    118.

    Una persona come X che, dopo aver presentato una domanda di protezione internazionale in uno Stato membro, nel caso di specie l’Italia, rientri illegalmente nel territorio di un altro Stato membro, nella specie i Paesi Bassi, senza presentare in quest’ultimo una nuova domanda di protezione internazionale rientra in effetti nell’ambito di applicazione dell’articolo 24 del regolamento Dublino III.

    119.

    Una procedura di ripresa in carico avviata sulla base dell’articolo 24, paragrafo 1, di tale regolamento è attuata a discrezione degli Stati membri, come risulta dall’espressione «può chiedere» utilizzata dal legislatore dell’Unione in tale disposizione, e consiste nell’organizzare un trasferimento di competenza quanto all’esame di una domanda di protezione internazionale.

    120.

    La questione sollevata dal giudice del rinvio si pone quindi nell’ipotesi in cui la Corte dovesse escludere il trasferimento di competenza derivante dall’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III.

    121.

    In particolare, tale giudice chiede in questo caso alla Corte di precisare le modalità di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 1, di tale regolamento.

    122.

    Il giudice del rinvio si chiede infatti se tale disposizione osti alla presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora lo Stato membro richiedente sia stato competente per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate in precedenza dall’interessato, qualora esso sia, inoltre, investito di un procedimento di impugnazione pendente relativo alla decisione con la quale una di tali domande è stata respinta e qualora esso abbia, infine, emesso un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale nei confronti dell’interessato, chiedendo allo Stato membro richiesto di procedere alla consegna di quest’ultimo.

    123.

    Ciascuna di tali circostanze, considerata singolarmente, non osta, di per sé, alla presentazione di una richiesta di ripresa in carico. Le esaminerò in successione.

    1. Lo Stato membro richiedente è stato competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in precedenza dall’interessato

    124.

    Dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non osta alla presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora lo Stato membro richiedente sia stato competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in precedenza dall’interessato.

    125.

    In effetti, in una recente sentenza, pronunciata dopo la chiusura della fase scritta della causa oggetto delle presenti conclusioni, la Corte ha dichiarato che la procedura di cui all’articolo 24 del regolamento Dublino III può essere applicata a una persona che, «nel corso di un primo soggiorno nel territorio del[lo Stato membro richiedente], abbia già presentato una domanda di protezione internazionale che è stata respinta nell’ambito previsto dall’articolo 26, paragrafo 1, di tale regolamento» ( 41 ). Secondo la Corte, poiché tale domanda non è più in corso di esame in detto Stato membro, tale persona non può essere assimilata a una persona che abbia presentato una nuova domanda di protezione internazionale ( 42 ). È giocoforza constatare che tale interpretazione dell’articolo 24, paragrafo 1, di detto regolamento comprende una situazione come quella in esame, nella quale lo Stato membro richiedente è stato adito, ha esaminato una precedente domanda di protezione internazionale presentata dall’interessato e l’ha respinta.

    2. Lo Stato membro richiedente è investito di un procedimento di impugnazione ancora pendente

    126.

    La Corte ha inoltre giudicato che il fatto che la decisione con la quale è stata respinta una domanda di protezione internazionale presentata nel corso di un primo soggiorno nel territorio dello Stato membro richiedente sia oggetto di un ricorso ancora pendente dinanzi ad uno dei suoi giudici non esclude l’applicazione dell’articolo 24 del regolamento Dublino III, «dal momento che, in assenza di effetto sospensivo conferito alla proposizione di tale ricorso, si deve ritenere che detta decisione produca i suoi effetti, quali derivano da tale regolamento, e che quindi essa comporti la chiusura della procedura amministrativa avviata in seguito alla presentazione della domanda di protezione internazionale» ( 43 ).

    127.

    Tale interpretazione dell’articolo 24 di detto regolamento si applica quindi a fortiori in una situazione come quella di cui trattasi, poiché il procedimento di impugnazione introdotto avverso la decisione di rigetto dell’11 giugno 2014 è privo di effetto sospensivo.

    3. Lo Stato membro richiedente ha emesso un mandato d’arresto europeo

    128.

    Occorre adesso esaminare la questione se l’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III osti alla presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora lo Stato membro richiedente abbia emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti del richiedente asilo, chiedendo allo Stato membro richiesto di procedere alla consegna di quest’ultimo.

    129.

    La Corte non si è pronunciata su tale questione e nessuna disposizione del regolamento Dublino III prevede una siffatta ipotesi.

    130.

    A priori, l’emissione, da parte di uno Stato membro, di un mandato d’arresto europeo nei confronti di un richiedente asilo non sembra costituire un ostacolo alla presentazione, da parte di tale Stato membro, di una richiesta di ripresa in carico di detto richiedente.

    131.

    La procedura amministrativa di esame di una domanda di protezione internazionale e il procedimento penale avviato nei confronti di un richiedente asilo costituiscono due procedimenti distinti e nulla osta, a prima vista, a che, dopo aver esercitato il proprio diritto sovrano di perseguire colui che ha commesso un reato nel suo territorio, lo Stato membro di emissione del mandato d’arresto europeo si rivolga a quello che esso ritiene competente per l’esame della domanda di protezione internazionale dell’interessato.

    132.

    Tuttavia, sarebbe erroneo pensare che l’emissione di un mandato d’arresto europeo non interferisca con la procedura di ripresa in carico del richiedente asilo da parte di un altro Stato membro.

    133.

    Infatti, la procedura di ripresa in carico prevista dall’articolo 24 del regolamento Dublino III deve essere svolta entro termini rigorosi, i quali, a mio avviso, si conciliano difficilmente con la natura dell’esercizio di un’azione penale (nel caso di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale) o con la durata di una pena detentiva (nel caso di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena).

    134.

    In primo luogo, a norma dell’articolo 24, paragrafo 2, di tale regolamento, la richiesta di ripresa in carico di una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento deve essere presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente Eurodac o entro tre mesi se la richiesta è basata su prove diverse. Tali termini sono perentori.

    135.

    In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III, se tale richiesta è accettata, il trasferimento dell’interessato deve avvenire non appena possibile e comunque entro sei mesi a decorrere da tale accettazione ( 44 ), termine che può essere prorogato fino a un massimo di un anno a causa della detenzione dell’interessato. Se il trasferimento non avviene entro il termine di un anno, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di riprendere in carico l’interessato.

    136.

    Di conseguenza, qualora uno Stato membro emetta un mandato d’arresto europeo nei confronti di un richiedente la protezione internazionale, esso può, a seguito della consegna dell’interessato, chiedere la ripresa in carico dello stesso allo Stato membro che esso ritiene competente per l’esame della sua domanda, a condizione che la richiesta sia presentata entro i termini previsti dall’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento Dublino III e che, in caso di accettazione dello Stato membro richiesto, il trasferimento sia effettuato entro i termini di cui all’articolo 29, paragrafi 1 e 2, di tale regolamento.

    137.

    Nell’ipotesi in cui il mandato d’arresto europeo sia emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale, è piuttosto difficile comprendere in quale misura sia possibile rispettare tali condizioni, ad eccezione del caso in cui, come nella specie, il procedimento penale sia rapidamente archiviato senza seguito.

    138.

    Nell’ipotesi in cui il mandato d’arresto europeo sia emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva, è invece abbastanza ovvio che la presentazione di una richiesta di ripresa in carico avrà senso solo se la pena prevista è di breve durata.

    139.

    Alla luce di tali elementi, ritengo pertanto che l’emissione di un mandato d’arresto europeo non costituisca di per sé un ostacolo alla presentazione di una richiesta di ripresa in carico qualora i termini previsti dall’articolo 24, paragrafo 2, e dall’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III siano rispettati.

    140.

    A mio avviso, tale valutazione vale anche in un’ipotesi, come quella in esame, nella quale lo Stato membro di esecuzione del mandato d’arresto europeo, che procede quindi alla consegna dell’interessato alle autorità dello Stato membro di emissione, sia anche lo Stato membro richiesto da quest’ultimo della ripresa in carico dell’interessato.

    141.

    A conclusione di tale analisi, ritengo pertanto che ciascuna delle circostanze menzionate dal giudice del rinvio, considerate singolarmente, non osti, di per sé, alla presentazione di una richiesta di ripresa in carico.

    142.

    Per contro, considerate nel loro insieme, esse costituiscono, a mio avviso, un serio ostacolo ad una siffatta procedura di ripresa in carico.

    143.

    Infatti, per ragioni identiche a quelle formulate ai paragrafi da 71 a 98 delle presenti conclusioni, qualora le autorità competenti dello Stato membro richiedente, innanzi tutto, siano state competenti per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate dal richiedente nel corso di un primo soggiorno nel territorio di tale Stato, poi, siano investite di un procedimento di impugnazione ancora pendente relativo alla decisione con la quale una di tali domande è stata respinta e, infine, abbiano emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti del richiedente, chiedendo allo Stato membro richiesto della ripresa in carico, e sul cui territorio quest’ultimo si trova, di procedere alla sua consegna, ritengo che una procedura di ripresa in carico avviata sulla base dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III privi il procedimento di determinazione dello Stato membro competente della razionalità, dell’obiettività, dell’equità e della celerità perseguite nell’ambito di tale regolamento e non sia compatibile con i principi di leale cooperazione e di solidarietà tra Stati membri sui quali si basa il sistema europeo comune di asilo.

    C.   Sulla portata degli obblighi che incombono allo Stato membro competente ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino III (seconda e terza questione pregiudiziale)

    144.

    Con la seconda e la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio invita la Corte a precisare gli obblighi che incombono allo Stato membro richiedente riguardo all’esame di una domanda di protezione internazionale rientrante nella sua competenza, qualora tale Stato membro presenti, ai sensi dell’articolo 24 del regolamento Dublino III, una richiesta di ripresa in carico del richiedente.

    145.

    In particolare, il giudice del rinvio interroga la Corte sulla questione se, una volta presentata la richiesta di ripresa in carico, lo Stato membro richiedente sia tenuto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, a sospendere l’esame ancora in corso di detta domanda e a portarlo a termine, revocando o modificando la decisione con la quale l’autorità nazionale competente ha respinto tale domanda alla scadenza del termine di cui all’articolo 24 del regolamento citato.

    146.

    Se del caso, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’inosservanza di un siffatto obbligo possa ostare alla ripresa in carico del richiedente da parte dello Stato membro richiesto.

    147.

    Sappiamo che, ai sensi della giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, uno Stato membro può effettivamente avviare una procedura di ripresa in carico del richiedente asilo anche nell’ipotesi in cui le proprie autorità giurisdizionali siano investite di un procedimento di impugnazione pendente nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione internazionale che rientra ancora nella sua competenza ( 45 ).

    148.

    Il giudice del rinvio si interroga quindi sulla natura degli obblighi che incombono allo Stato membro richiedente quanto al trattamento in corso di detta domanda.

    149.

    L’esame di tale questione solleva una prima difficoltà per quanto riguarda il termine al quale si riferisce il giudice del rinvio. In mancanza di chiarimenti nella decisione di rinvio, suppongo che si tratti del termine di due mesi previsto dall’articolo 24, paragrafo 2, primo comma, del regolamento Dublino III ( 46 ), in quanto, nel caso di specie, il Regno dei Paesi Bassi ha presentato la propria richiesta di ripresa in carico sulla base di una risposta pertinente a seguito della consultazione del sistema Eurodac.

    150.

    Orbene, ritengo che tale termine non sia pertinente nel caso di specie. Infatti, il giudice del rinvio ci interroga sugli obblighi che incombono allo Stato membro richiedente «immediatamente dopo la presentazione della richiesta [di ripresa in carico]» ( 47 ). Orbene, il termine di cui all’articolo 24, paragrafo 2, primo comma, del regolamento Dublino III costituisce il termine ultimo entro il quale detta richiesta deve essere presentata.

    151.

    L’esame di tale questione solleva una seconda difficoltà. Infatti, gli obblighi che incombono allo Stato membro richiedente riguardo all’esame di una domanda di protezione internazionale rientrante nella sua competenza non devono essere esaminati alla luce delle disposizioni specifiche di cui all’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, bensì di quelle, generali, stabilite nell’ambito della direttiva 2013/32.

    152.

    Infatti, il regolamento Dublino III non contiene disposizioni particolari per il caso in cui lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presenti, contemporaneamente, una richiesta di ripresa in carico del richiedente asilo sulla base del suo articolo 24, paragrafo 1.

    153.

    Quanto all’articolo 18 del regolamento Dublino III, esso non è applicabile a causa della sua portata limitata. Sebbene tale disposizione abbia lo scopo, come indica il suo titolo, di stabilire gli «[o]bblighi dello Stato membro competente», gli obblighi che esso istituisce rientrano nello specifico ambito di una procedura di presa in carico e di ripresa in carico, come risulta espressamente dal testo del paragrafo 1 di tale disposizione. Orbene, gli obblighi che incombono alle autorità olandesi riguardo all’esame della seconda domanda non rientrano nell’ambito di una procedura di presa in carico o di ripresa in carico.

    154.

    Al fine di fornire al giudice del rinvio una risposta utile, propongo quindi alla Corte di esaminare la questione da esso sollevata alla luce dei principi e delle garanzie fondamentali previsti dalla direttiva 2013/32.

    155.

    Gli obblighi che incombono allo Stato membro richiedente riguardo all’esame della domanda di protezione internazionale rientrante nella sua competenza si impongono, a mio avviso, con evidenza ( 48 ).

    156.

    Esso deve, in primo luogo, svolgere un esame adeguato e completo della domanda e porvi termine quanto prima possibile, conformemente al diritto ad una buona amministrazione sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 49 ) e in applicazione dell’articolo 31 della direttiva 2013/32 ( 50 ).

    157.

    Nell’ambito del procedimento di impugnazione, lo Stato membro richiedente deve, in secondo luogo, garantire il rispetto del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo, quale sancito dall’articolo 47 della Carta e in applicazione dell’articolo 46 della direttiva 2013/32, il che implica che il giudice, quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado, proceda a un esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale ( 51 ).

    158.

    La procedura di esame della domanda di asilo deve quindi seguire il suo corso.

    159.

    La presentazione di una richiesta di ripresa in carico non figura tra i motivi idonei a giustificare la sospensione della procedura di esame ( 52 ). Ciò si spiega in quanto si tratta di due procedure distinte, basate, l’una, su una domanda di protezione internazionale presentata precedentemente nello Stato membro richiedente e, l’altra, su una domanda di protezione internazionale presentata successivamente alle autorità dello Stato membro richiesto.

    160.

    Neanche la presentazione di una richiesta di ripresa in carico costituisce un motivo idoneo a giustificare la modifica o la revoca della decisione, individuale, oggetto del procedimento di impugnazione di cui trattasi. Sebbene tale decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale non sia certamente creatrice di un diritto per l’interessato, poiché si tratta di una decisione di rigetto della domanda di asilo, ciò non toglie che essa produca effetti – come riconosciuto dalla Corte nella sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan ( 53 ) – e che solo il giudice, nell’ambito della propria funzione e per motivi attinenti alla legittimità intrinseca dell’atto impugnato, può annullare o riformare tale decisione.

    161.

    La presentazione di una richiesta di ripresa in carico in concomitanza con un procedimento di impugnazione pendente nello Stato membro richiedente solleva difficoltà che ho d’altronde già menzionato.

    162.

    L’iter della procedura di ripresa in carico, infatti, non è identico a quello del procedimento giudiziario. Se la prima è soggetta al rispetto di termini rigorosi ed estremamente brevi, il secondo non ha altri termini da rispettare che quello della durata ragionevole.

    163.

    Il procedimento giudiziario può quindi protrarsi – la giurisprudenza della Corte lo dimostra – e, quando esso si conclude, può dare luogo all’annullamento o alla riforma della decisione impugnata.

    164.

    Ciò comporta il rischio che il giudice adito in primo luogo nello Stato membro richiedente riformi la decisione con la quale la domanda di protezione internazionale è stata inizialmente respinta, il che priva quindi di senso e di ogni interesse la ripresa in carico del richiedente asilo da parte di un altro Stato membro.

    165.

    Ciò comporta, inoltre, il rischio di ritrovarsi in una situazione di litispendenza europea qualora le domande di protezione internazionale presentate nello Stato membro richiedente e nello Stato membro richiesto siano identiche. In tale ipotesi, ritengo che nessun giudice dello Stato membro richiesto possa essere validamente competente in modo concorrente.

    166.

    Tuttavia, si tratta in tal caso di difficoltà che nessun testo del sistema europeo comune di asilo affronta. Tenuto conto della portata della questione sollevata e dei limiti inerenti al rispetto del contraddittorio, non esporrò in questa sede le possibili soluzioni.

    167.

    Tengo tuttavia a precisare che, in quanto non è possibile rinviare la presentazione di una richiesta di ripresa in carico a partire dal momento in cui lo Stato membro richiedente ha appreso che un altro Stato membro poteva essere competente – dato che i termini previsti dall’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento Dublino III sono perentori –, spetta quindi allo Stato membro richiedente fare in modo che il giudice adito si pronunci nel più breve tempo possibile a partire dal momento in cui viene presentata una richiesta di ripresa in carico del richiedente asilo, e ciò in applicazione dell’articolo 46, paragrafo 10, della direttiva 2013/32.

    168.

    Quanto all’atteggiamento che deve adottare lo Stato membro richiesto, occorre inoltre che esso sia informato dell’esistenza, nello Stato membro richiedente, di un procedimento di impugnazione pendente. Orbene, come si vedrà, quest’ultimo non è tenuto, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento Dublino III, a menzionare, nell’ambito della propria richiesta di ripresa in carico, lo stato di avanzamento di una procedura di esame di una domanda di protezione internazionale.

    169.

    A questo punto della mia analisi, propongo dunque alla Corte di dichiarare che il combinato disposto degli articoli 31 e 46 della direttiva 2013/32 nonché degli articoli 41 e 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che, una volta presentata nello Stato membro richiesto la richiesta di ripresa in carico, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, lo Stato membro richiedente è tenuto a portare a termine, nel più breve tempo possibile, la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale rientrante nella sua competenza.

    D.   Sulla portata dell’obbligo di informazione che incombe allo Stato membro richiedente ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento Dublino III (quarta e quinta questione pregiudiziale)

    170.

    Con la quarta e la quinta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si interessa della portata dell’obbligo di informazione che incombe allo Stato membro richiedente quando quest’ultimo presenta una richiesta di ripresa in carico sulla base all’articolo 24 del regolamento Dublino III.

    171.

    In particolare, il giudice del rinvio si chiede se, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 5, di tale regolamento, lo Stato membro richiedente sia tenuto ad informare lo Stato membro richiesto dell’esistenza di un procedimento di impugnazione pendente nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione internazionale rientrante nella propria competenza. Il giudice del rinvio intende, invero, sapere se le autorità olandesi siano venute meno ai propri obblighi omettendo di indicare alle autorità italiane che la decisione recante rigetto della seconda domanda era ancora oggetto di un ricorso pendente dinanzi all’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato).

    172.

    Se del caso, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’inosservanza di tali obblighi possa ostare alla ripresa in carico del richiedente da parte dello Stato membro richiesto.

    173.

    Nel regolamento Dublino III sono presenti due disposizioni relative alle informazioni che gli Stati membri devono scambiarsi nell’ambito di una procedura di (ri)presa in carico, vale a dire l’articolo 24, paragrafo 5, e l’articolo 34 di tale regolamento.

    174.

    Occorre anzitutto escludere l’applicazione dell’articolo 34 di detto regolamento, in assenza di una richiesta di informazioni formulata dalla Repubblica italiana.

    175.

    Tale articolo, che si inserisce nel capo VII del regolamento Dublino III, relativo alla «[c]ooperazione amministrativa», è intitolato «Scambio di informazioni» e trova applicazione, come risulta chiaramente dai suoi paragrafi 1 e 6, soltanto su richiesta di uno Stato membro. Pertanto, quand’anche l’articolo 34, paragrafo 2, lettera g), di tale regolamento comprenda un’informazione come quella di cui trattasi, relativa all’esistenza di un procedimento pendente nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione internazionale precedente ( 54 ), resta il fatto che, nel caso oggetto del procedimento principale, la Repubblica italiana non ha chiesto alle autorità olandesi una siffatta informazione.

    176.

    Occorre quindi esaminare gli obblighi incombenti allo Stato membro richiedente in forza dell’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento Dublino III, le cui modalità di attuazione sono previste all’articolo 2 del regolamento di applicazione.

    177.

    Ai sensi di tali disposizioni, la richiesta di ripresa in carico della persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), deve essere presentata utilizzando il modulo standard di cui all’allegato III del regolamento di applicazione. Tale modulo deve esporre la natura, i motivi e la base giuridica della richiesta.

    178.

    Quest’ultima deve inoltre comprendere, se del caso, una copia di tutti gli elementi di prova e circostanze indiziarie da cui si desume la competenza dello Stato membro richiesto ad esaminare la domanda di protezione internazionale, ai quali possono essere allegati le dichiarazioni dell’interessato e/o il risultato positivo Eurodac. Gli elementi di prova e le circostanze indiziarie sono descritti all’articolo 22, paragrafo 3, del regolamento Dublino III e un elenco di essi è contenuto nell’allegato II del regolamento di applicazione.

    179.

    A termini dell’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento Dublino III, l’insieme di tali dati deve permettere «alle autorità dello Stato membro richiesto di verificare se è competente sulla base dei criteri stabiliti [da tale] regolamento»

    180.

    Orbene, l’esistenza, nello Stato membro richiedente, di un procedimento di impugnazione pendente avverso una decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale non rientra, di per sé, tra i criteri sulla base dei quali lo Stato membro richiesto può valutare la propria competenza. Infatti, come ha dichiarato la Corte, una siffatta circostanza non costituisce un ostacolo ad una procedura di ripresa in carico ( 55 ).

    181.

    Esaminiamo ora il contenuto del modulo standard sulla base del quale lo Stato richiedente formula la propria richiesta di ripresa in carico, che figura all’allegato III del regolamento di applicazione.

    182.

    Constatiamo che, oltre alle informazioni relative alla base giuridica della richiesta e all’identità del richiedente asilo, lo Stato membro richiedente è tenuto, ai sensi del punto 12 di tale modulo, ad informare lo Stato membro richiesto sulle «[p]recedenti procedure». Tale punto 12 è formulato come segue:

    «Il richiedente ha già chiesto protezione internazionale (…) nel paese in cui soggiorna o in un altro paese?

    sì/no

    Quando e dove?

    È stata presa una decisione sulla domanda?

    no/ non sa/ sì, domanda respinta

    Quando è stata presa la decisione?».

    183.

    Se interpretiamo in modo rigoroso il punto 12 di detto modulo, lo Stato membro richiedente è tenuto soltanto a precisare se il richiedente abbia già presentato una domanda di protezione internazionale alle sue autorità o a quelle di un altro Stato membro e se su tale domanda sia stata presa una decisione, contrassegnando la menzione «no», la menzione «non sa» ( 56 ) oppure la menzione «sì, domanda respinta», e indicando, se del caso, la data di quest’ultima.

    184.

    Lo Stato membro richiedente non è quindi tenuto, di per sé, a descrivere dettagliatamente lo stato di avanzamento di una procedura, segnatamente le fasi giudiziarie di quest’ultima. Sembra pertanto che le autorità olandesi non fossero tenute a specificare l’esistenza di un procedimento di impugnazione pendente riguardo alla decisione di rigetto dell’11 giugno 2014.

    185.

    Tale menzione, peraltro, non trova collocazione tra gli elementi di prova e le prove indiziarie che lo Stato membro richiedente è tenuto a fornire. Infatti, anche in questo caso, tali elementi di prova e prove indiziarie devono consentire di dimostrare che lo Stato membro richiesto sia effettivamente competente in base ai criteri stabiliti dal regolamento Dublino III. Orbene, abbiamo visto che una circostanza come quella di cui trattasi non rientra fra tali criteri.

    186.

    Per completezza, preciso che gli elementi di prova, che sono enumerati in modo esaustivo ( 57 ) nell’elenco A dell’allegato II del regolamento di applicazione, costituiscono prove formali che devono consentire di dimostrare, ad esempio, che un familiare del richiedente, minore non accompagnato, soggiorna legalmente nel territorio dello Stato membro richiesto (copia del titolo di soggiorno nel contesto dell’articolo 8 del regolamento Dublino III) o, ancora, che il richiedente è effettivamente entrato in modo irregolare nel territorio dello Stato membro richiesto attraverso una frontiera esterna (copia del timbro d’ingresso su un passaporto falsificato nel contesto dell’articolo 13, paragrafo 1, di tale regolamento).

    187.

    Quanto alle prove indiziarie, che sono oggetto di un’enumerazione non esaustiva nell’elenco B dell’allegato II del regolamento di applicazione, deve trattarsi di elementi indicativi che consentano di valutare la competenza di uno Stato membro sulla base dei criteri stabiliti nel regolamento Dublino III, quali dichiarazioni circostanziate del richiedente, rapporti redatti da un’organizzazione internazionale o, ancora, biglietti di viaggio o conti di albergo.

    188.

    Di conseguenza, non ritengo che, a norma dell’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento Dublino III, le autorità olandesi siano venute meno ai propri obblighi omettendo di indicare, nell’ambito della loro richiesta, che la decisione dell’11 giugno 2014, con la quale la seconda domanda era stata respinta, era oggetto di un procedimento di impugnazione ancora pendente dinanzi all’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato).

    189.

    Tale omissione è, per contro, più censurabile, a mio avviso, alla luce del principio di leale cooperazione che è alla base del regolamento Dublino III, poiché nulla ostava a che le autorità olandesi precisassero detta circostanza a titolo delle «[a]ltre informazioni utili» di cui a piè di pagina del modulo standard che figura nell’allegato III del regolamento di applicazione.

    190.

    Alla luce di tali considerazioni, l’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento Dublino III deve dunque essere interpretato nel senso che lo Stato membro richiedente la ripresa in carico di un richiedente la protezione internazionale non viene meno agli obblighi che gli incombono qualora ometta di precisare allo Stato membro richiesto che la decisione con la quale esso ha respinto la domanda presentata dall’interessato nel corso di un primo soggiorno nel suo territorio è oggetto di un procedimento di impugnazione ancora pendente dinanzi ai suoi giudici.

    E.   Sulla portata della clausola discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III (sesta questione pregiudiziale)

    191.

    Con la sesta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che esso impone ad uno Stato membro, che non risulta competente in base ai criteri di cui al capo III di tale regolamento, di esaminare una domanda di protezione internazionale qualora il richiedente sia stato ad esso consegnato in esecuzione di un mandato d’arresto europeo.

    192.

    In altri termini, nell’ipotesi in cui la Repubblica italiana fosse divenuta lo Stato membro competente, il giudice del rinvio si chiede se le autorità olandesi non fossero tenute ad esaminare esse stesse la domanda di protezione internazionale in questione avvalendosi di tale clausola discrezionale, in quanto, in esecuzione del mandato d’arresto europeo da esse emesso nei confronti di X, quest’ultimo è stato consegnato loro dalle autorità italiane.

    193.

    Tutti gli interessati che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte ritengono che l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che esso esclude un siffatto obbligo.

    194.

    Sono anch’io dello stesso avviso tenuto conto dell’ambito di applicazione di tale disposizione e del testo assolutamente chiaro di quest’ultima.

    195.

    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III di tale regolamento.

    196.

    Il capo IV del regolamento Dublino III individua, tuttavia, le situazioni in cui uno Stato membro può essere considerato competente per l’esame di una domanda d’asilo in deroga a tali criteri. L’articolo 17 di detto regolamento, intitolato «Clausole discrezionali», dispone quindi, al paragrafo 1, primo comma, che «ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo (…), anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti [in tale] regolamento ( 58 )».

    197.

    Occorre anzitutto rilevare che la clausola enunciata in tale disposizione è rivolta agli Stati membri ai quali una domanda di protezione internazionale è «presentata da un cittadino di un paese terzo».

    198.

    Una situazione come quella in esame, nella quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata in uno Stato membro diverso da quello a cui tale disposizione è rivolta, nella specie la Repubblica italiana, non rientra quindi nell’ambito di applicazione di detta disposizione.

    199.

    In ogni caso, e nell’ipotesi in cui la situazione in esame dovesse rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Dublino III, va ricordato che la clausola enunciata in tale disposizione costituisce, come indica chiaramente il titolo di quest’ultima, una clausola discrezionale.

    200.

    Enunciando che «ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale» ( 59 ), tale disposizione esprime inequivocabilmente l’intenzione del legislatore dell’Unione di lasciare alla discrezione dello Stato membro la facoltà di procedere all’esame di una domanda che non rientra nella sua competenza in base ai criteri di determinazione stabiliti nell’ambito del regolamento Dublino III, e non di istituire un obbligo. Dallo stesso testo di detta disposizione, peraltro, risulta chiaramente che l’esercizio di tale facoltà non è soggetto ad alcuna condizione particolare ( 60 ).

    201.

    Basandosi sui lavori preparatori del regolamento Dublino III, la Corte ha quindi affermato che tale regola è stata introdotta al fine di consentire a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, in base a considerazioni di tipo politico, umanitario o pragmatico, di accettare l’esame di una domanda d’asilo, anche se detto Stato non sarebbe competente in applicazione dei criteri previsti da tale regolamento ( 61 ).

    202.

    In tal senso, nella sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. ( 62 ), relativa al trasferimento di un richiedente asilo gravemente malato verso lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda, la Corte ha dichiarato che lo Stato membro richiedente, se dovesse ritenere che lo stato di salute del richiedente non debba migliorare a breve termine, o che una sospensione di lunga durata della procedura rischi di aggravare il suo stato, «potrebbe scegliere di esaminare esso stesso la domanda di quest’ultimo facendo uso della “clausola discrezionale” prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III», ma che, in nessun caso, tale disposizione implicherebbe in capo a detto Stato membro un obbligo di farvi ricorso ( 63 ).

    203.

    Tale interpretazione si basa sull’esigenza di preservare la funzione stessa di detta clausola discrezionale e di garantire il margine di discrezionalità in tal modo lasciato allo Stato membro richiedente. Essa dovrebbe pertanto essere trasposta alla situazione in cui lo Stato membro, nel quale è presentata una domanda di protezione internazionale, emetta un mandato d’arresto europeo nei confronti del richiedente ( 64 ).

    204.

    Alla luce di tali elementi, occorre concludere che l’articolo 17, paragrafo 1, primo comma, del regolamento Dublino III non è applicabile ad una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata in uno Stato membro diverso da quello a cui tale disposizione si rivolge.

    VII. Conclusione

    205.

    Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam, Paesi Bassi) nel modo seguente:

    1)

    In considerazione delle particolari circostanze del procedimento principale, l’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, e il trasferimento di competenza che ne deriva riguardo all’esame della domanda di protezione internazionale presentata dall’interessato in Italia, in quanto privano la procedura di determinazione dello Stato membro competente della razionalità, dell’obiettività, dell’equità nonché della celerità perseguite nell’ambito del regolamento n. 604/2013 e non sono compatibili con i principi di leale cooperazione e di solidarietà tra Stati membri sui quali si basa il sistema europeo comune di asilo, devono essere esclusi.

    2)

    In considerazione delle particolari circostanze del procedimento principale, la presentazione di una richiesta di ripresa in carico sulla base dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013 priva il procedimento di determinazione dello Stato membro competente della razionalità, dell’obiettività, dell’equità e della celerità perseguite nell’ambito del regolamento n. 604/2013 e non è compatibile con i principi di leale cooperazione e di solidarietà tra Stati membri sui quali si basa il sistema europeo comune di asilo qualora le autorità competenti dello Stato membro richiedente, in primo luogo, siano state competenti per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate dal richiedente nel corso di un primo soggiorno nel territorio di tale Stato, in secondo luogo, siano investite di un procedimento di impugnazione ancora pendente relativo alla decisione con la quale una di tali domande è stata respinta e, in terzo luogo, abbiano emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti del richiedente, chiedendo allo Stato membro richiesto della ripresa in carico, e sul cui territorio quest’ultimo si trova, di procedere alla sua consegna.

    3)

    Il combinato disposto degli articoli 31 e 46 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, nonché degli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, una volta presentata nello Stato membro richiesto la richiesta di ripresa in carico, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013, lo Stato membro richiedente è tenuto a portare a termine, nel più breve tempo possibile, la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale rientrante nella sua competenza.

    4)

    L’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che lo Stato membro richiedente la ripresa in carico di un richiedente la protezione internazionale non viene meno agli obblighi che gli incombono qualora ometta di precisare, allo Stato membro richiesto, che la decisione con la quale esso ha respinto la domanda presentata dall’interessato nel corso di un primo soggiorno nel suo territorio è oggetto di un procedimento di impugnazione ancora pendente dinanzi ai suoi giudici.

    5)

    L’articolo 17, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 604/2013 non è applicabile ad una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata in uno Stato membro diverso da quello a cui tale disposizione si rivolge.

    VIII. Allegato

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    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III».

    ( 3 ) V. schema giuridico e fattuale allegato alle presenti conclusioni.

    ( 4 ) In prosieguo: la «prima domanda».

    ( 5 ) In prosieguo: la «seconda domanda».

    ( 6 ) In prosieguo: la «terza domanda».

    ( 7 ) V. proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di paese terzo o da un apolide [COM(2016) 270 final; in prosieguo: la «proposta di regolamento»].

    ( 8 ) In prosieguo: lo «Stato membro competente».

    ( 9 ) Regolamento della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 222, pag. 3), come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione, del 30 gennaio 2014 (GU 2014, L 39, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di applicazione»).

    ( 10 ) Nella mia analisi, non terrò conto di quest’ultima.

    ( 11 ) Informazioni fornite dalle parti nel corso dell’udienza.

    ( 12 ) C‑63/15, EU:C:2016:409.

    ( 13 ) Prendo atto del fatto che, all’udienza, la Commissione ha dichiarato di ritirare le proprie osservazioni relative all’invocabilità, da parte di un richiedente la protezione internazionale, nell’ambito di un procedimento giudiziario, delle disposizioni che stabiliscono, da un lato, i termini previsti dal regolamento Dublino III e, dall’altro, la cooperazione tra i servizi degli Stati membri.

    ( 14 ) Alla luce delle considerazioni svolte, in particolare, ai punti 3.2 e 3.3 della decisione di rinvio, nonché del contenuto della sesta questione pregiudiziale, ho scelto di incentrare la prima questione sull’interpretazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento Dublino III e, poi, di trattare separatamente la questione relativa all’interpretazione dell’articolo 24 di tale regolamento.

    ( 15 ) Sebbene tale punto non risulti espressamente dal testo della prima questione pregiudiziale, esso emerge dalle considerazioni contenute nel punto 3.2 della decisione di rinvio.

    ( 16 ) V. sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 56).

    ( 17 ) V., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Shiri (C‑201/16, EU:C:2017:805, punto 39; il corsivo è mio). Nella sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587), la Corte ha dichiarato che, «anche se le disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 1, di tale regolamento [(presentazione di una richiesta di presa in carico)] mirano a disciplinare la procedura di presa in carico, esse contribuiscono altresì, alla pari dei criteri indicati al capo III di detto regolamento, a determinare lo Stato membro competente, ai sensi del medesimo regolamento» (punto 53).

    ( 18 ) V. sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punti 6263 nonché giurisprudenza ivi citata).

    ( 19 ) V. sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587). Al punto 61 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che «[l]’articolo 21, paragrafo 1, [terzo comma,] [del regolamento Dublino III] (…) prevede, in caso di scadenza dei termini indicati ai due commi che lo precedono, un trasferimento automatico della competenza allo Stato membro al quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata, senza subordinare tale trasferimento a qualsivoglia reazione dello Stato membro richiesto».

    ( 20 ) Ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, l’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, fondata sulla solidarietà tra gli Stati membri. L’articolo 80 TFUE stabilisce che la politica di asilo dell’Unione è governata dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri.

    ( 21 ) V. conclusioni del Consiglio dell’Unione europea «Giustizia e affari interni», dell’8 marzo 2012, su un quadro comune per una reale e concreta solidarietà nei confronti degli Stati membri i cui sistemi di asilo subiscono particolari pressioni, anche a causa di flussi migratori misti, adottate durante la sua 3151a riunione.

    ( 22 ) V., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2013, Abdullahi (C‑394/12, EU:C:2013:813, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 23 ) V. paragrafo 58 delle presenti conclusioni.

    ( 24 ) C‑670/16, EU:C:2017:587.

    ( 25 ) Ibidem (punto 54). V. inoltre, per analogia, sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35), nella quale la Corte riprende tale giurisprudenza nell’ambito dell’interpretazione dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

    ( 26 ) Infatti, è pacifico che la Repubblica italiana ha omesso di presentare una richiesta di ripresa in carico al Regno dei Paesi Bassi entro i termini prescritti dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, cosicché quest’ultimo ha ritenuto che la Repubblica italiana fosse divenuta lo Stato membro competente. Inoltre, è parimenti assodato che la Repubblica italiana ha omesso di rispondere entro due settimane, vale a dire entro il termine prescritto dall’articolo 25, paragrafo 2, di tale regolamento, alla richiesta di ripresa in carico presentatale dal Regno dei Paesi Bassi, cosicché essa è stata ritenuta aver accettato implicitamente tale richiesta.

    ( 27 ) X si oppone oggi al suo trasferimento verso tale Stato membro. Come ha confermato il suo rappresentante nel corso dell’udienza, egli ha presentato una domanda di protezione internazionale in Italia al fine di ottenere mezzi di sussistenza. Non è escluso, a mio avviso, che la presentazione di tale domanda abbia avuto lo scopo di ostacolare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo.

    ( 28 ) Nonostante l’intervallo temporale tra tali domande, non ritengo che la domanda di protezione internazionale presentata in Italia si basi su fatti o elementi nuovi rispetto alle prime due domande esaminate nei Paesi Bassi. In primo luogo, la brevità dell’esame svolto dalle autorità olandesi in merito alla seconda domanda dimostra che non vi era alcun elemento nuovo idoneo a ribaltare la decisione di rigetto adottata riguardo alla prima domanda. All’udienza, il rappresentante di X ha d’altronde confermato che tale seconda domanda era stata motivata soltanto da un cambiamento della politica nei Paesi Bassi. In secondo luogo, è difficile immaginare che i fatti e gli elementi sui quali si basa la terza domanda, presentata il 23 ottobre 2014, siano sostanzialmente cambiati dopo il 7 luglio 2014, data in cui il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Amsterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Amsterdam) si è pronunciato sul rigetto della seconda domanda.

    ( 29 ) Come la Corte ha dichiarato nella sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35), «in assenza di effetto sospensivo conferito alla proposizione di [un] ricorso [dinanzi al giudice competente], si deve ritenere che [la] decisione [con la quale è stata respinta una domanda di protezione internazionale presentata nel corso di un primo soggiorno nel territorio dello Stato membro in questione] produca i suoi effetti, quali derivano da[l regolamento Dublino III], e che quindi essa comporti la chiusura della procedura amministrativa avviata in seguito alla presentazione della domanda di protezione internazionale» (punto 50).

    ( 30 ) C‑670/16, EU:C:2017:587.

    ( 31 ) V. articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

    ( 32 ) Tra i motivi di non esecuzione del mandato d’arresto europeo elencati agli articoli 3 e 4 della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), non compare l’esistenza né di una domanda di asilo né di una domanda di concessione dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria [v. sentenza del 21 ottobre 2010, B. (C‑306/09, EU:C:2010:626, punto 43)].

    ( 33 ) Alla data in cui il Regno dei Paesi Bassi ha presentato alla Repubblica italiana una richiesta di ripresa in carico, tale azione penale non era ancora stata oggetto di un’archiviazione senza seguito.

    ( 34 ) Ci si può peraltro chiedere se una siffatta inosservanza non debba essere interpretata in un altro modo, dalla Commissione in particolare, che tenga conto evidentemente della pressione migratoria esercitata sulle autorità italiane e dei dispositivi specifici, come quello della ricollocazione, adottati. In risposta alla situazione di crisi in Italia, il Consiglio aveva adottato due decisioni in materia di ricollocazione, che sono state applicate fino al settembre 2017, vale a dire la decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (GU 2015, L 239, pag. 146), e la decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (GU 2015, L 248, pag. 80).

    ( 35 ) Non è opportuno, inoltre, che gli Stati membri possano trarre vantaggio dal ritardo subito dagli Stati membri sottoposti ad una forte pressione migratoria per affermare un trasferimento di competenza.

    ( 36 ) V. punto 3.1. della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Un’Europa aperta e sicura: come realizzarla [COM(2014) 154 final], intitolato «Il consolidamento del sistema europeo comune di asilo», il quale così recita: «È opportuno elaborare nuove regole sul riconoscimento reciproco delle decisioni in materia di asilo tra gli Stati membri e un quadro per il trasferimento della protezione, in linea con l’obiettivo, previsto dal trattato, di creare uno status uniforme valido in tutta l’Unione. Ciò ridurrebbe gli ostacoli alla circolazione interna all’UE e faciliterebbe il trasferimento dei benefici connessi alla protezione da uno Stato membro all’altro» (pag. 8). V., inoltre, relazione del Parlamento europeo, del 9 gennaio 2015, intitolata «New Approaches, Alternative Avenues and Means of Access to Asylum Procedures for Persons Seeking International Protection», che riprende tale citazione (pag. 58).

    ( 37 ) Il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie si applica anche in materia di allontanamento. V., a tale riguardo, direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU 2001, L 149, pag. 34), nonché direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98).

    ( 38 ) I casi in cui uno Stato membro può rifiutare tale comunicazione sono limitati e tassativamente elencati all’articolo 34, paragrafo 3, del regolamento Dublino III (protezione dei suoi interessi fondamentali o protezione delle libertà e dei diritti fondamentali della persona interessata o di terzi).

    ( 39 ) V. nota 7 delle presenti conclusioni.

    ( 40 ) V. considerando 25 nonché articolo 3, paragrafo 5, e articolo 20 della proposta di regolamento.

    ( 41 ) V. sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 48; il corsivo è mio).

    ( 42 ) V. sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 49).

    ( 43 ) V. sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 50).

    ( 44 ) O a decorrere dalla decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, di tale regolamento.

    ( 45 ) V. sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 50).

    ( 46 ) Ai sensi di tale disposizione, la richiesta di ripresa in carico di una persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento, la cui domanda di protezione internazionale non è stata respinta con una decisione definitiva, è presentata quanto prima e in ogni caso entro due mesi dal ricevimento della risposta pertinente Eurodac.

    ( 47 ) V. seconda questione pregiudiziale (il corsivo è mio).

    ( 48 ) Nel caso di specie, il Regno dei Paesi Bassi è e rimarrà, nonostante la procedura di ripresa in carico avviata, lo Stato membro competente per l’esame della seconda domanda, quella nell’ambito della quale un ricorso dinanzi all’Afdeling bestuursrechtspraak van de Raad van State (sezione del contenzioso amministrativo del Consiglio di Stato) era ancora pendente al momento della presentazione della terza domanda in Italia.

    ( 49 ) In prosieguo: la «Carta».

    ( 50 ) Ai sensi di tale disposizione, gli Stati membri devono esaminare le domande di protezione internazionale con una procedura di esame adeguata e completa e provvedere affinché tale procedura sia espletata quanto prima possibile. In linea di principio, il termine è di sei mesi dalla presentazione della domanda. Qualora la domanda sia oggetto della procedura stabilita nel regolamento Dublino III, tale termine inizia a decorrere dal momento in cui si è determinato lo Stato membro competente, il richiedente si trova nel territorio di detto Stato ed è stato preso in carico dall’autorità competente. In ogni caso, gli Stati membri devono concludere la procedura di esame entro un termine massimo di 21 mesi dalla presentazione della domanda.

    ( 51 ) V. articolo 46, paragrafo 3, di tale direttiva.

    ( 52 ) V., a tale riguardo, i casi previsti dall’articolo 31 di detta direttiva.

    ( 53 ) C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 50.

    ( 54 ) Ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera g), del regolamento Dublino III, uno Stato membro è invero tenuto a comunicare i dati di carattere personale del richiedente nonché qualsiasi informazione riguardante «la data di presentazione di un’eventuale domanda di protezione internazionale precedente, la data di presentazione della domanda attuale, lo stato di avanzamento della procedura e l’eventuale decisione adottata», allo Stato membro «che ne faccia richiesta». Occorrerebbe quindi accertare che la menzione relativa allo «stato di avanzamento della procedura» comprenda la domanda di protezione internazionale precedente.

    ( 55 ) V. sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 50).

    ( 56 ) Immagino che tale menzione si riferisca alla situazione in cui la domanda di protezione internazionale è stata presentata in uno Stato membro diverso da quello che richiede la ripresa in carico, poiché quest’ultimo Stato membro non dispone necessariamente dei dati relativi allo stato di avanzamento della procedura nel primo Stato membro.

    ( 57 ) Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, lettera a), ii), del regolamento Dublino III, gli Stati membri devono fornire al comitato di cui all’articolo 44 di tale regolamento modelli dei diversi tipi di documenti amministrativi, conformemente alla tipologia stabilita nell’elenco di prove formali.

    ( 58 ) Il corsivo è mio.

    ( 59 ) Il corsivo è mio.

    ( 60 ) Il testo coincide essenzialmente con quello della clausola di sovranità che figurava all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1).

    ( 61 ) V. sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 53), nonché proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo [COM(2001) 447 definitivo].

    ( 62 ) C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127.

    ( 63 ) Sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 88; il corsivo è mio).

    ( 64 ) Così, nel caso in cui lo Stato membro richiedente dovesse emettere un mandato d’arresto europeo nei confronti del richiedente, chiedendo allo Stato membro che i criteri di cui al capo III del regolamento Dublino III designano come competente, e nel cui territorio si trova il richiedente, di consegnare quest’ultimo ai fini dell’esercizio di un’azione penale, lo Stato membro richiedente potrebbe scegliere di esaminare esso stesso la domanda di protezione internazionale facendo uso della clausola discrezionale di cui all’articolo 17, paragrafo 1, primo comma, di tale regolamento. Ciò consentirebbe, in particolare, di raggruppare l’insieme delle procedure, di natura penale e amministrativa, in un unico luogo e di evitare un nuovo trasferimento dell’interessato, tardivo per di più. Ciò non toglie che, indipendentemente dai vantaggi certi che presenterebbe un siffatto raggruppamento, lo Stato membro richiedente non è tenuto ad applicare tale clausola discrezionale.

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