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Document 62017CC0084

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Wathelet, presentate il 19 aprile 2018.
    Société des produits Nestlé SA e.a. contre Mondelez UK Holdings & Services Ltd.
    Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Marchio tridimensionale raffigurante la forma di una tavoletta di cioccolato a quattro barre – Impugnazione diretta contro alcuni punti della motivazione – Irricevibilità – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 7, paragrafo 3 – Prova del carattere distintivo acquisito in seguito all’uso.
    Cause riunite C-84/17 P, C-85/17 P e C-95/17 P.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:266

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MELCHIOR WATHELET

    presentate il 19 aprile 2018 ( 1 )

    Cause riunite C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P

    Société des produits Nestlé SA

    contro

    Mondelez UK Holdings & Services Ltd, già Cadbury Holdings Ltd,

    Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) (C‑84/17 P)

    e

    Mondelez UK Holdings & Services Ltd, già Cadbury Holdings Ltd

    contro

    Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) (C‑84/17 P)

    e

    Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

    contro

    Mondelez UK Holdings & Services Ltd, già Cadbury Holdings Ltd (C‑95/17 P)

    «Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Marchio tridimensionale rappresentante la forma di una tavoletta di cioccolato a quattro barre – Domanda di nullità presentata dalla ricorrente – Rigetto della domanda di nullità da parte della commissione di ricorso»

    I. Introduzione

    1.

    Con le loro impugnazioni, Société des produits Nestlé SA (in prosieguo: «Nestlé»), Mondelez UK Holdings & Services Ltd (in prosieguo: «Mondelez») e l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 dicembre 2016, Mondelez UK Holdings & Services/EUIPO – Société des produits Nestlé (Forma di una tavoletta di cioccolato) (T‑112/13, non pubblicata, EU:T:2016:735; in prosieguo: la «sentenza impugnata») con cui il Tribunale ha annullato la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO dell’11 dicembre 2012 (procedimento 513/2011-2), relativa ad un procedimento di dichiarazione di nullità tra Cadbury Holdings e Nestlé (in prosieguo: la «decisione controversa»).

    2.

    La presente causa offre alla Corte l’opportunità di chiarire il significato da attribuire all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario ( 2 ), nonché i punti da 60 a 63 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307). Più specificamente, essa consentirà di precisare la portata dell’estensione geografica della prova che deve essere fornita per dimostrare che un marchio ha acquisito un carattere distintivo successivamente all’uso che ne è stato fatto.

    II. Contesto normativo

    3.

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009:

    «Il marchio [dell’Unione europea] ha carattere unitario. Esso produce gli stessi effetti in tutta l’[Unione]: può essere registrato, trasferito, formare oggetto di rinuncia, di decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato soltanto per l’intera [Unione]. Tale principio si applica salvo disposizione contraria del presente regolamento».

    4.

    L’articolo 7 del regolamento n. 207/2009 dispone quanto segue:

    «1.   Sono esclusi dalla registrazione:

    (…)

    b)

    i marchi privi di carattere distintivo;

    (…)

    2.   Il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’[Unione].

    3.   Il paragrafo 1, lettere b), c) e d), non si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto».

    5.

    L’articolo 52 del regolamento n. 207/2009 dispone quanto segue:

    «1.   Su domanda presentata all’[EUIPO] o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, il marchio [dell’Unione europea] è dichiarato nullo allorché:

    a)

    è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7;

    (…)

    2.   Il marchio [dell’Unione europea], registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e d), non può essere dichiarato nullo se, per l’uso che ne è stato fatto, dopo la registrazione ha acquisito carattere distintivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato.

    (…)».

    III. Fatti

    6.

    Il 21 marzo 2002 Nestlé ha chiesto all’EUIPO la registrazione del marchio tridimensionale per il proprio prodotto denominato «Kit Kat 4 fingers», che si compone di quattro barre trapezoidali allineate su una base rettangolare:

    Image

    7.

    La registrazione è stata chiesta per prodotti rientranti nella classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato. L’EUIPO ha sollevato un’obiezione nei confronti di una parte dei prodotti per i quali era stata chiesta la registrazione, vale a dire: «cioccolato, prodotti di cioccolato, confetteria, caramelle». A seguito di tale obiezione, il segno in questione è stato registrato come marchio dell’Unione europea il 28 luglio 2006 per i prodotti della classe 30, corrispondenti alla seguente descrizione: «caramelle, prodotti di panetteria, prodotti di pasticceria, biscotti, dolci, cialdoni» (in prosieguo: il «marchio controverso»).

    8.

    Il 23 marzo 2007, Cadbury Schweppes plc (divenuta Cadbury Holdings Ltd, successivamente Mondelez) ha presentato all’EUIPO una domanda diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità della registrazione sul fondamento, in particolare, dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. L’11 gennaio 2011, la divisione di annullamento dell’EUIPO ha accolto tale domanda e ha dichiarato la nullità del marchio controverso.

    9.

    Su ricorso di Nestlé, la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO, con la decisione controversa, ha annullato la decisione della divisione di annullamento. Essa ha affermato, in particolare, che, se è vero che il marchio controverso era privo di carattere distintivo intrinseco per i prodotti per i quali esso era stato registrato, Nestlé aveva però dimostrato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, che tale marchio, in seguito all’uso fattone, aveva acquisito un siffatto carattere per i medesimi prodotti.

    IV. Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

    10.

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2013, Mondelez proponeva ricorso ai fini dell’annullamento della decisione controversa. A sostegno del proprio ricorso, essa ha sollevato tre motivi. Il Tribunale ha esaminato solo il primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 3, di tale regolamento, e suddiviso in quattro parti.

    11.

    Ai punti da 21 a 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato ed accolto la seconda parte del primo motivo di Mondelez. Come risulta dai punti da 41 a 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che a torto la seconda commissione di ricorso aveva ritenuto che Nestlé avesse dimostrato l’uso del marchio controverso per i prodotti di panetteria, di pasticceria, torte e cialdoni. Di conseguenza, il Tribunale ha esaminato le altre parti del primo motivo di Mondelez soltanto per quanto riguarda i dolci e i biscotti.

    12.

    Ai punti da da 45 a 64 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato e respinto la prima parte del primo motivo di Mondelez, relativa all’assenza di uso del marchio controverso nella forma in cui esso è stato registrato.

    13.

    Ai punti da 65 a 111 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato e respinto la terza parte del primo motivo di Mondelez, relativa all’assenza di uso del marchio controverso come indicatore di origine e all’insufficienza di elementi di prova a tal proposito. A detto riguardo, da un lato, al punto 94 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che gli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio controverso, presentati da Nestlé dinanzi all’EUIPO, costituivano elementi pertinenti i quali, valutati nel loro complesso, erano idonei a dimostrare che, agli occhi del pubblico di riferimento, il marchio in parola era percepito come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti in questione. D’altro lato, al punto 107 di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che la seconda commissione di ricorso «[aveva] effettuato un esame dell’acquisizione del carattere distintivo del marchio [controverso] in forza dello stesso e ha corroborato in modo concreto le sue conclusioni relative a tale acquisizione per quanto riguarda la Danimarca, la Germania, la Spagna, la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi, l’Austria, la Finlandia, la Svezia e il Regno Unito».

    14.

    Da ultimo, il Tribunale ha analizzato, ai punti da 112 a 178 della sentenza impugnata, la quarta parte del primo motivo di Mondelez. Ai punti 142 e 143 di tale sentenza, esso ha rilevato che la seconda commissione di ricorso aveva commesso un errore laddove quest’ultima aveva concluso, in sostanza, che, per dimostrare il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso del marchio nel complesso dell’Unione, fosse sufficiente dimostrare che una parte sostanziale del pubblico di riferimento nell’Unione, considerando globalmente tutti gli Stati membri e tutte le regioni, percepiva un marchio come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti che esso designa e che non era necessario dimostrare il carattere distintivo di un marchio acquisito in seguito all’uso in tutti gli Stati membri interessati.

    15.

    Tuttavia, come risulta dai punti 144 e 145 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che non fosse escluso che, nonostante l’affermazione erronea del criterio di valutazione al fine di dimostrare il carattere distintivo di un marchio acquisito a seguito dell’uso nel complesso dell’Unione, la seconda commissione di ricorso avesse fatto una corretta applicazione di tale criterio quando aveva esaminato gli elementi di prova presentati da Nestlé. Il Tribunale ha quindi considerato che occorreva esaminare la valutazione degli elementi in parola effettuata dalla seconda commissione di ricorso.

    16.

    A seguito dell’esame degli elementi di prova relativi alla Danimarca, alla Germania, alla Spagna, alla Francia, all’Italia, ai Paesi Bassi, all’Austria, alla Finlandia e alla Svezia così come al Regno Unito, il Tribunale ha concluso, rispettivamente, ai punti 146, 148, 151, 153, 155, 158, 159, 164 e 167, che giustamente la seconda commissione di ricorso aveva ritenuto che fosse stato dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in tutti i predetti Stati membri.

    17.

    Tuttavia, al punto 173 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la seconda commissione di ricorso non si era pronunciata espressamente sulla questione se fosse stato dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in Belgio, in Irlanda, in Grecia e in Portogallo e che essa non aveva nemmeno incluso i menzionati Stati membri fra quelli per i quali ha ritenuto che una siffatto acquisizione fosse stato dimostrato.

    18.

    Al punto 176 di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che la seconda commissione di ricorso aveva commesso un errore concludendo per l’acquisizione, da parte del marchio controverso, di un carattere distintivo in seguito all’uso nell’Unione, dal momento che tale acquisizione era stata dimostrata solo per una parte, sebbene sostanziale, del suo territorio.

    19.

    Ai punti da 177 a 179 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che occorreva accogliere la quarta parte del primo motivo di Mondelez e annullare interamente la decisione controversa, giacché la seconda commissione di ricorso non poteva validamente concludere il suo esame sul carattere distintivo del marchio controverso, acquisito in seguito al suo uso, senza pronunciarsi sulla percezione del marchio in parola da parte del pubblico di riferimento, in particolare in Belgio, in Irlanda, in Grecia e in Portogallo e senza analizzare gli elementi di prova forniti per tali Stati membri.

    V. Procedimento dinanzi alla Corte

    20.

    Con l’impugnazione nella causa C‑84/17 P, Nestlé ha chiesto che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata, per il motivo che il Tribunale avrebbe violato l’articolo 7, paragrafo 3, e l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, e

    condannare Mondelez alle spese

    21.

    Con la propria impugnazione nella causa C‑85/17 P, Mondelez chiede alla Corte di annullare il ragionamento del Tribunale contenuto ai punti da 37 a 44, da 58 a 64, da 78 a 111 e da 144 a 169 della sentenza impugnata, nonché una parte del punto 177 della medesima sentenza, del seguente tenore: «benché sia stato accertato che il marchio [controverso] aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in Danimarca, in Germania, in Spagna, in Francia, in Italia, nei Paesi Bassi, in Austria, in Finlandia, in Svezia e nel Regno Unito».

    22.

    Con la sua impugnazione nella causa C‑95/17 P, l’EUIPO chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata, e

    condannare Mondelez alle spese.

    23.

    Con decisione del presidente della Corte del 10 maggio 2017, le cause C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P sono state riunite ai fini della fase scritta ed orale nonché della sentenza.

    24.

    Nella sua comparsa di risposta nella causa C‑85/17 P, Nestlé chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione in quanto manifestamente irricevibile o manifestamente infondata mediante ordinanza o, in subordine, mediante sentenza;

    non accogliere l’impugnazione, in quanto sarebbe ricevibile, e annullare la sentenza impugnata, e

    in ogni caso, condannare Mondelez alle spese.

    25.

    Nella sua comparsa di risposta nelle cause C‑84/17 P e C‑95/17 P Mondelez chiede che la Corte voglia:

    respingere le impugnazioni di Nestlé e dell’EUIPO, e

    condannare, rispettivamente, Nestlé e l’EUIPO alle spese in entrambe le cause.

    26.

    Nella sua comparsa di risposta nelle cause C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, l’EUIPO chiede che la Corte voglia:

    accogliere l’impugnazione di Nestlé.

    respingere l’impugnazione di Mondelez, e

    condannare Mondelez alle spese sostenute dall’EUIPO.

    27.

    Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 13 novembre 2017, la European Association of Trade Mark Owners (Associazione europea che rappresenta gli interessi dei titolari di marchi, Regno Unito; in prosieguo: la «Marques») ha chiesto di essere ammessa ad intervenire nella causa C‑84/15 P a sostegno delle conclusioni di Nestlé. Con ordinanza del 12 gennaio 2018, il presidente della Corte ha ammesso tale intervento. Tenuto conto del carattere tardivo di detta richiesta, ha autorizzato la Marques a presentare le proprie osservazioni nel corso dell’udienza.

    28.

    Un’udienza si è tenuta il 22 febbraio 2018, in cui Nestlé, Mondelez, la Marques e l’EUIPO hanno presentato le loro osservazioni orali.

    VI. Sulla ricevibilità del ricorso di Mondelez nella causa C‑85/17 P

    A.   Argomenti delle parti

    29.

    Nestlé sostiene che l’impugnazione di Mondelez è irricevibile, poiché quest’ultima non chiede alla Corte di annullare, in tutto o in parte, la sentenza impugnata bensì di annullare una parte della motivazione della sentenza impugnata, pur mantenendone il dispositivo.

    30.

    Anche se il Tribunale ha accolto il suo ricorso e ha annullato la decisione controversa, Mondelez fa valere che il suo ricorso sarebbe ricevibile, giacché il Tribunale ha respinto alcuni dei suoi argomenti nell’ambito dell’esame del primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. Dato che la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO sarebbe vincolata dal rigetto dei suoi argomenti al momento del nuovo esame che sarebbe chiamata a svolgere a seguito dell’annullamento della decisione controversa, Mondelez ritiene che dovrebbe poter contestare la sentenza impugnata.

    B.   Valutazione

    31.

    Il ricorso di Mondelez è manifestamente irricevibile per due ragioni. In primo luogo, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, Mondelez non soccombe parzialmente o totalmente nelle sue conclusioni dinanzi al Tribunale. In secondo luogo, contrariamente a quanto prescrive l’articolo 169, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, le conclusioni della sua impugnazione non tendono all’annullamento, totale o parziale, del dispositivo della sentenza impugnata, ma all’annullamento di alcuni motivi di tale sentenza.

    1. Sulla conformità dell’impugnazione all’articolo 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea

    32.

    L’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia prevede che un’impugnazione può essere proposta da «qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni» ( 3 ).

    33.

    Secondo la giurisprudenza della Corte, una parte che ha concluso chiedendo al Tribunale di annullare un atto dell’Unione non è considerata come soccombente, anche solo parzialmente, nelle sue conclusioni allorché il Tribunale ha accolto tali conclusioni ( 4 ), e ciò anche se il Tribunale ha respinto svariati suoi argomenti prima di accogliere il motivo sul quale si fonda l’annullamento ( 5 ).

    34.

    Nella fattispecie, oltre alla questione delle spese, Mondelez aveva concluso soltanto che il Tribunale volesse «annullare la decisione [controversa], tranne nella parte in cui la commissione ha constatato che il marchio era privo di carattere distintivo intrinseco ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del [regolamento n. 207/2009]» ( 6 ).

    35.

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha parzialmente accolto la seconda e la quarta parte del primo motivo ( 7 ) e ha annullato la decisione controversa per violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009.

    36.

    Come spiegato dall’EUIPO durante l’udienza, tale annullamento comporta che, in mancanza di un’impugnazione e visto il ragionamento e il dispositivo della sentenza impugnata, la commissione di ricorso dell’EUIPO sarebbe stata tenuta a confermare la decisione della divisione di annullamento dell’11 gennaio 2011 che dichiara la nullità del marchio controverso, poiché detta dichiarazione è essenzialmente l’obiettivo dell’azione di nullità di Mondelez.

    37.

    Di conseguenza, Mondelez non può essere considerata parzialmente o totalmente soccombente nell’una o nell’altra delle sue domande presentate dinanzi al Tribunale.

    38.

    Per quanto a mia conoscenza, così come a quella delle parti, la sola eccezione a tale regola è quella riconosciuta dalla Corte nella causa all’origine alla sentenza del 20 settembre 2001, Procter & Gamble/UAMI (C‑383/99 P, EU:C:2001:461) in cui Procter & Gamble aveva concluso «che la Corte voglia annullare la sentenza [del Tribunale] in quanto il Tribunale [aveva] dichiarato che la prima commissione di ricorso dell’[EUIPO] non aveva violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n.[207/2009]» ( 8 ). In detta sentenza, la Corte ha ricordato che in primo grado, Procter & Gamble aveva concluso «nel senso che il Tribunale voglia, da un lato, in via principale, annullare la decisione [presa dall’EUIPO] nella parte in cui [aveva] dichiarato che il marchio non era conforme alle condizioni previste dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) e lettera c), del regolamento n. [207/2009] e, dall’altro, in subordine, annullare la decisione [presa dall’EUIPO], nella parte in cui [aveva] dichiarato irricevibile [il suo] argomento (…) basato sull’articolo 7, paragrafo 3, di tale regolamento» ( 9 ).

    39.

    Su simile base, la Corte ha dichiarato che, respingendo il motivo principale di Procter & Gamble e annullando la decisione dell’EUIPO per il motivo in subordine, la sentenza del Tribunale aveva lasciato sussistere la parte di tale decisione relativa alla conformità del marchio ai requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 209/2009, il che comportava che l’EUIPO era tenuto a riconsiderare soltanto la sua interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 e che, di conseguenza, l’annullamento pronunciato dal Tribunale era, in realtà, solo parziale ( 10 ).

    40.

    Nessuna analogia può stabilirsi con la presente causa. Da un lato, contrariamente a Procter & Gamble, Mondelez non chiede l’annullamento della sentenza impugnata, bensì unicamente l’annullamento di taluni punti del ragionamento del Tribunale. Dall’altro, nonostante Mondelez avessepresentato svariati motivi a sostegno del suo ricorso dinanzi al Tribunale, quest’ultimo ha esaminato solo quello relativo all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 e l’ha accolto, anche se inizialmente ha respinto talune censure che Mondelez aveva presentato nell’ambito del suddetto motivo. In mancanza di un motivo principale respinto, reputo che nella causa in questione non si possa delineare l’ipotesi di una parte della decisione dell’EUIPO che il Tribunale ha lasciato sussistere con la sentenza impugnata. In tal senso, ritengo che non possa operarsi alcuna analogia con la sentenza del 20 settembre 2001, Procter & Gamble/UAMI (C‑383/99 P, EU:C:2001:461).

    41.

    In siffatte circostanze, è impossibile ritenere che Mondelez sia parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

    2. Sulla conformità dell’impugnazione con l’articolo 169, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte

    42.

    L’articolo 169, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte dispone che «[l]e conclusioni dell’impugnazione tendono all’annullamento, totale o parziale, della decisione del Tribunale quale contenuta nel dispositivo della decisione stessa» ( 11 ).

    43.

    Secondo la Corte «tale disposizione riguarda il principio fondamentale in materia di impugnazione secondo cui quest’ultima deve essere diretta avverso il dispositivo della decisione del Tribunale e non può limitarsi a mirare alla modifica di parte della motivazione di tale decisione» ( 12 ).

    44.

    Inoltre, la Corte ha più volte dichiarato che, tranne se si tratta di una difesa avverso un motivo formulato dal ricorrente in sede d’impugnazione, una domanda di sostituzione di elementi della motivazione è irricevibile per carenza di interesse ad agire, in quanto essa non può procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta ( 13 ).

    45.

    Nel caso di specie, risulta dall’atto d’impugnazione che le conclusioni dell’impugnazione di Mondelez non sono dirette all’annullamento totale o parziale della decisione del Tribunale quale contenuta nel dispositivo ma all’annullamento del ragionamento del Tribunale di cui ai punti da 37 a 44, da 58 a 64, da 78 a 111, da 144 a 169 e 177 della sentenza impugnata.

    46.

    Siffatta domanda non è conforme all’articolo 169, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, ma costituisce una domanda di sostituzione della motivazione. A tal fine, Mondelez è priva di interesse ad agire.

    47.

    Per detti motivi, considero che l’impugnazione proposta da Mondelez nella causa C‑85/17 P è manifestamente irricevibile e deve essere respinta.

    VII. Nel merito

    48.

    Con il motivo unico d’impugnazione nella causa C‑84/17 P e il secondo motivo d’impugnazione nella causa C‑95/17 P, Nestlé e l’EUIPO, rispettivamente, addebitano al Tribunale una violazione dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 3, del medesimo regolamento, laddove ha considerato che il titolare di un marchio dell’Unione europea deve dimostrare che quest’ultimo ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in ogni singolo Stato membro distintamente considerato. Nestlé e l’EUIPO ritengono che tale valutazione si fondi su un’interpretazione e un’applicazione erronee dei punti 60-63 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307).

    49.

    Il primo motivo dell’EUIPO nella causa C‑95/17 P, anche se formalmente relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione, riguarda in realtà la medesima questione.

    50.

    Pertanto tratterò le due impugnazioni congiuntamente.

    A.   Argomenti delle parti

    51.

    Nestlé ( 14 ) e l’EUIPO, sostenuti da Marques, criticano la sentenza impugnata laddove riguarda il territorio dell’Unione nel quale il carattere distintivo, acquisito in seguito all’uso del marchio controverso, deve essere dimostrato. Essi ritengono che il Tribunale, statuendo, al punto 139 della sentenza impugnata, che il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso deve essere dimostrato nel complesso del territorio dell’Unione e non solo relativamente ad una parte sostanziale o alla maggior parte dello stesso e che, di conseguenza, non si può concludere per l’acquisizione di tale carattere allorché gli elementi di prova presentati non coprono una parte dell’Unione, benché non sostanziale o costituita da un unico Stato membro, il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 e l’interpretazione ad esso data dalla Corte ai punti da 60 a 63 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307).

    52.

    Secondo Nestlé, la Marques e l’EUIPO, il Tribunale avrebbe, erroneamente, giudicato che la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO aveva commesso un errore di diritto ritenendo che fosse sufficiente dimostrare che una parte significativa del pubblico di riferimento nel complesso dell’Unione, considerando globalmente tutti gli Stati membri e tutte le regioni, percepiva un marchio come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti contrassegnati dal marchio controverso e che non era necessario dimostrare il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso in tutti gli Stati membri interessati ( 15 ).

    53.

    Di conseguenza, il Tribunale avrebbe a torto statuito che la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO aveva commesso un errore di diritto dichiarando acquisito il carattere distintivo del marchio controverso in seguito all’utilizzo senza pronunciarsi sulla percezione di tale marchio da parte del pubblico di riferimento in Belgio, in Irlanda, in Grecia e in Portogallo, e senza analizzare gli elementi di prova forniti per suddetti Stati membri ( 16 ).

    54.

    Nestlé, la Marques e l’EUIPO sostengono che, concentrandosi sui mercati nazionali considerati singolarmente, tale interpretazione del Tribunale sarebbe incompatibile con il carattere unitario del marchio dell’Unione europea e con l’esistenza stessa di un mercato unico.

    55.

    Per contro, Mondelez ritiene che il Tribunale avrebbe correttamente interpretato e applicato l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 nonché la sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307). Secondo quest’ultima, non è sufficiente che un marchio dell’Unione europea sia distintivo in una parte importante dell’Unione se non è distintivo in un’altra parte dell’Unione, anche se tale parte è costituita soltanto da un unico Stato membro.

    56.

    Mondelez ritiene che una diversa conclusione condurrebbe al risultato paradossale secondo cui una domanda di registrazione di un marchio, che deve essere respinta per mancanza di carattere distintivo in un solo Stato membro, potrebbe tuttavia essere registrata come marchio dell’Unione europea, con la conseguenza che sarebbe possibile farlo valere dinanzi ai giudici di tale Stato membro.

    B.   Valutazione

    1. Osservazioni preliminari

    57.

    Le questioni dell’estensione geografica della prova che deve essere fornita per dimostrare che un marchio ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 e dell’interpretazione da dare ai punti da 60 a 63 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307) non sono nuove.

    58.

    L’impugnazione di Louis Vuitton Malletier nelle cause riunite C‑363/15 P e C‑364/15 P poneva infatti precisamente tale questione poiché, come Nestlé, la Marques e l’EUIPO, Louis Vuitton Malletier sosteneva che il Tribunale avesse, erroneamente, richiesto che la prova del carattere distintivo della scacchiera marrone-beige e della scacchiera di colore grigio fosse fornita per ciascuno degli Stati membri. Tuttavia, le parti hanno raggiunto una transazione della controversia prima dell’udienza ( 17 ).

    59.

    Le presenti impugnazioni offrono di nuovo alla Corte l’opportunità di chiarire, in modo definitivo, il significato da attribuire ai punti da 60 a 63 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307).

    2. L’estensione territoriale della prova richiesta dall’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009

    60.

    Occorre anzitutto precisare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il marchio dell’Unione europea ha carattere unitario e produce gli stessi effetti in tutta l’Unione. Come ha dichiarato il Tribunale al punto 119 della sentenza impugnata, «il marchio dell’Unione ha un carattere unitario, il che comporta che esso produce gli stessi effetti in tutta l’Unione. Risulta dal carattere unitario del marchio dell’Unione che, per essere ammesso alla registrazione, un segno deve possedere un carattere distintivo in tutta l’Unione. Pertanto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento, in combinato disposto con il paragrafo 2 dello stesso articolo, la registrazione di un marchio dev’essere negata se esso è privo di carattere distintivo in una parte dell’Unione» ( 18 ).

    61.

    L’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 introduce un’eccezione agli impedimenti assoluti previsti al paragrafo 1, lettere da b) a d), del medesimo articolo, a favore dei marchi che hanno acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto.

    62.

    I principi applicabili all’interpretazione della suddetta disposizione sono stabiliti nelle sentenze del 22 giugno 2006, Storck/UAMI (C‑25/05 P, EU:C:2006:422), e del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307).

    63.

    Al punto 83 della sentenza del 22 giugno 2006, Storck/UAMI (C‑25/05 P, EU:C:2006:422), la Corte ha dichiarato che «un marchio [poteva] essere registrato in base all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento [no 207/2009] solo se [veniva] fornita la prova che esso ha acquisito, in seguito all’uso che ne è stato fatto, un carattere distintivo nella parte [dell’Unione] in cui esso non aveva ab initio un tale carattere ai sensi del n. 1, lettera b), del medesimo articolo».

    64.

    Allo stesso punto della citata sentenza, ha aggiunto che tale parte dell’Unione, che, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 è sufficiente per rifiutare la registrazione di un marchio, «può essere eventualmente costituita da un solo Stato membro».

    65.

    Nestlé sostiene che ponendo il livello della prova ad una soglia molto elevata, la sentenza in parola ha avuto l’effetto per cui, con una sola eccezione, nessun operatore ha potuto fornire prove adeguate. Essa sostiene, quindi, nella sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307), che la Corte avrebbe adottato un approccio più adeguato al profilo territoriale della prova.

    66.

    Ricordo che la causa all’origine di quest’ultima sentenza riguardava una domanda di registrazione come marchio dell’Unione europea di un segno tridimensionale costituito dalla forma di un coniglio pasquale di cioccolato con un nastro rosso e che Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli aveva fornito prove intese a dimostrare l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso solo per tre dei quindici Stati membri dell’epoca interessata, ossia la Germania, l’Austria e il Regno Unito.

    67.

    Al punto 60 della menzionata sentenza, la Corte ha anzitutto richiamato il punto 83 della sentenza del 22 giugno 2006, Storck/UAMI (C‑25/05 P, EU:C:2006:422). Su tale base, essa ha quindi dichiarato che la conclusione del Tribunale, secondo cui il marchio la cui registrazione è richiesta deve aver acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in tutta l’Unione, non era viziata da alcun errore di diritto in quanto Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli non era riuscita a dimostrare che il marchio in questione «possedesse un carattere distintivo intrinseco e che siffatta constatazione fosse valida per tutto il territorio dell’Unione» ( 19 ). La Corte ha aggiunto che le prove fornite per i tre Stati membri non bastavano a dimostrare che il marchio in questione «possiederebbe un carattere distintivo intrinseco nei quindici Stati membri e che, pertanto, non si dovrebbe esigere l’acquisizione, in tali Stati, di un carattere distintivo in seguito all’uso da parte dello stesso marchio» ( 20 ).

    68.

    In relazione all’argomento di Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli vertente sul carattere unitario del marchio dell’Unione europea e secondo cui la valutazione dell’acquisizione, da parte di un marchio, di un carattere distintivo in seguito all’uso non dovrebbe basarsi sui mercati nazionali considerati singolarmente, la Corte ha dichiarato che «benché sia vero che l’acquisizione, da parte di un marchio, di un carattere distintivo in seguito all’uso debba essere dimostrata per la parte dell’Unione in cui esso non aveva ab initio un tale carattere, sarebbe tuttavia eccessivo pretendere che la prova di tale acquisizione venga fornita con riferimento a ciascun singolo Stato membro» ( 21 ).

    69.

    Essa ha, tuttavia, respinto il ricorso di Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli dichiarando al punto 63 della sua sentenza che «riguardo alla fattispecie, il Tribunale non [aveva] commesso alcun errore di diritto posto che, in ogni caso, la [Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli] non [aveva] sufficientemente dimostrato l’acquisizione, da parte del marchio di cui è [stata] chiesta la registrazione, di un carattere distintivo in seguito all’uso in tutto il territorio dell’Unione» ( 22 ).

    70.

    È d’uopo notare un errore nella traduzione inglese di questo passaggio. Difatti, mentre le versioni in lingua tedesca e francese di questo punto si riferiscono all’assenza di evidenze quantitativamente sufficienti ([in francese: «n’a pas prouvé de manière quantitativement suffisante»,] [in tedesco:] «keinen quantitativ hinreichenden Nachweis»), la versione inglese si riferisce solo all’assenza di prove sufficienti («sufficiently proved»). Poiché la versione in lingua tedesca è la versione facente fede della sentenza di cui trattasi, non vi è motivo di ritenere che l’avverbio «sufficiently» non riguardi delle prove «quantitativamente» sufficienti.

    71.

    Detta precisazione consente di dedurre che, nella sentenza richiamata, la Corte aveva concluso che, fornendo prove per tre soli Stati membri, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli non aveva chiaramente fornito prove quantitativamente sufficienti per operare un’estrapolazione riferibile al complesso dell’Unione.

    72.

    Curiosamente, un errore simile si è inserito nella versione in lingua francese della sentenza impugnata. Infatti, mentre i punti 125 e 130 della sentenza impugnata nella versione in lingua inglese, vale a dire la lingua processuale, fanno riferimento a prove quantitativamente sufficienti, gli stessi punti della sentenza impugnata nella versione in lingua francese fanno riferimento a prove quantitativamente sufficienti (punto 125) e a prove qualitativamente (punto 130) sufficienti.

    73.

    Tale errore materiale del Tribunale nella versione in lingua francese potrebbe forse spiegare la posizione adottata dal Tribunale ai punti da 139 a 143 e da 175 a 178 della sentenza impugnata, in cui esso ha, in sostanza, dichiarato che l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso non poteva essere dimostrata per mezzo di estrapolazione a partire da prove le quali dimostrano soltanto che una parte significativa del pubblico di riferimento nel complesso dell’Unione, considerando globalmente tutti gli Stati membri e tutte le regioni, percepisce un marchio come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi contrassegnati da tale marchio e ciò anche se la popolazione degli Stati membri per i quali le prove [sono] fornite rappresenta circa il 90% della popolazione dell’Unione.

    74.

    In altre parole, secondo il Tribunale, l’acquisizione del carattere distintivo è legata non soltanto alla maggioranza degli Stati membri e delle popolazioni, ma anche a una nozione di «rappresentatività geografica», nel senso che il marchio di cui trattasi dovrebbe acquisire un carattere distintivo nella percezione del pubblico in tutte le parti del territorio dell’Unione, che non corrispondono necessariamente alle frontiere degli Stati membri.

    75.

    I punti 60-63 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307) rispondono solo parzialmente a siffatta questione. Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli aveva fornito prove dirette a dimostrare l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso solo per tre Stati membri, vale a dire la Germania, l’Austria e il Regno Unito. In tale contesto, avendo lasciato da parte ampie zone dell’Unione, era evidente che gli elementi probatori non fossero sufficienti per fondare un’estensione per estrapolazione in relazione a tutta l’Unione.

    76.

    È certo vero che, al punto 62 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307), la Corte ha dichiarato che «sarebbe tuttavia eccessivo pretendere che la prova di tale acquisizione venga fornita con riferimento a ciascun singolo Stato membro».

    77.

    Orbene, come ammette l’EUIPO al punto 43 del suo atto di impugnazione, ciò non implica che il richiedente la registrazione di un marchio possa trascurare intere regioni e interi mercati. Al contrario, come l’EUIPO ha fatto osservare al punto 53 dello stesso atto, occorre tenere in considerazione l’importanza geografica e la ripartizione delle regioni in cui il carattere distintivo acquisito è stato dimostrato in modo effettivo, al fine di garantire che le prove a partire dalle quali si esegue l’estensione per estrapolazione riferita al complesso dell’Unione riguardino un campione quantitativamente e geograficamente rappresentativo.

    78.

    Ai fini di simile estrapolazione, se non si deve tenere conto dei territori degli Stati membri in quanto tali ( 23 ), l’esistenza del mercato unico all’interno dell’Unione non comporta l’inesistenza dei mercati nazionali o regionali. Accade spesso, infatti, che, per la distribuzione dei loro prodotti o servizi, gli operatori economici, come Nestlé, raggruppino alcuni mercati nazionali per svariati motivi quali la loro vicinanza geografica, la sussistenza fra loro di legami storici, o di una lingua, di costumi o di abitudini comuni. In tal senso, in condizioni del genere e in funzione dei prodotti di cui trattasi, le prove fornite per determinati mercati nazionali potrebbero, sulla base di quanto Mondelez ha definito all’udienza «la comparabilità dei mercati», essere sufficienti a coprire altri mercati per i quali non vi siano prove o per cui prove quantitativamente sufficienti non sono state fornite. In particolare, è possibile che per determinati prodotti o servizi e stante la comparabilità dei mercati in questione, le prove prodotte per il mercato spagnolo siano sufficienti parimenti per il mercato portoghese, o le prove prodotte per il mercato britannico siano sufficienti per il mercato irlandese ecc.

    79.

    La prova dell’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso in tutta l’Unione europea in modo quantitativamente e geograficamente sufficiente impone di tenere conto, per ogni prodotto o servizio, di siffatta diversità all’interno dell’Unione. In tal senso, un marchio non può essere un marchio dell’Unione dotato di un carattere unitario se il pubblico di riferimento di una parte dell’Unione non lo percepisce come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi da esso contrassegnati.

    80.

    A detto proposito, è d’uopo precisare che le regioni o le zone dell’Unione in cui l’acquisizione del carattere distintivo deve essere dimostrata non sono predeterminate ma devono essere definite, in occasione di ogni domanda di registrazione, per i prodotti e i servizi contrassegnati dal marchio in questione.

    81.

    Contrariamente a quanto sostiene l’EUIPO, ciò non significa che l’assenza di prove riguardanti il solo Lussemburgo basterebbe per escludere l’acquisizione del carattere distintivo, quando siano state invece fornite delle prove per gli altri Stati membri. Se, per i prodotti o i servizi contrassegnati dal marchio in questione, il Lussemburgo fa parte dello stesso mercato del Belgio, della Francia o della Germania, e sono state fornite prove sufficienti per uno dei suddetti paesi con cui il Lussemburgo costituisce lo stesso mercato, non sarebbe necessario fornire prove specifiche per il Lussemburgo. Questo è il senso, a mio avviso, da dare all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 nonché ai punti da 60 a 63 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307).

    82.

    Il requisito secondo cui le prove dell’acquisizione del carattere distintivo devono essere non solo quantitativamente sufficienti ma anche geograficamente rappresentative è parimenti sostenuto dall’esempio del puzzle, proposto dall’EUIPO al punto 42 del suo atto d’impugnazione ( 24 ).

    83.

    Per riprendere tale esempio, se la maggior parte dei pezzi del puzzle rappresentano il corpo di un cavallo, il fatto che l’unica tessera mancante per completare il puzzle sia quella della testa può avere un impatto significativo. Difatti, anche se la maggioranza delle tessere suggeriscono che il puzzle rappresenta l’immagine di un cavallo, nulla esclude che la tessera mancante rappresenti il torso di un uomo. In un caso del genere, non si tratterebbe di un cavallo ma di un centauro. È questo il rischio che pone l’esclusione selettiva di alcuni Stati membri dalle prove prodotte.

    84.

    In tale senso, nelle cause all’origine delle sentenze del Tribunale del 21 aprile 2015, Louis Vuitton Malletier/UAMI – Nanu-Nana (Rappresentazione di un motivo a scacchiera di colore marrone e beige) (T‑359/12, EU:T:2015:215) e del 21 aprile 2015, Louis Vuitton Malletier/UAMI – Nanu-Nana (Rappresentazione di un motivo a scacchiera di colore grigio) (T‑360/12, non pubblicata, EU:T:2015:214), cui ha fatto riferimento il Tribunale al punto 128 della sentenza impugnata, il Tribunale aveva correttamente dichiarato che l’acquisizione del carattere distintivo non era stata dimostrata stante la mancanza di prove relativamente alla Danimarca, al Portogallo, alla Finlandia e alla Svezia e ciò anche se, secondo Louis Vuitton Malletier, le prove da quest’ultimo fornite avrebbero riguardato undici dei quindici Stati membri che rappresentavano il 92,5% della popolazione dell’Unione. Louis Vuitton Malletier aveva infatti completamente omesso di presentare prove relativamente ai paesi nordici che costituiscono una parte dell’Unione, senza dimostrare che le prove fornite per gli altri Stati membri erano rappresentative anche per tali paesi. Una simile omissione non poteva consentire di concludere che le scacchiere in questione avessero acquisito un carattere distintivo in tutta l’Unione.

    85.

    Nella fattispecie, risulta dai punti da 60 a 87 della decisione impugnata e dai punti da da 146 a 173 della sentenza impugnata che Nestlé ha prodotto prove per quattordici dei quindici Stati membri dell’epoca interessata. L’unico Stato membro per il quale non è stata fornita alcuna prova è il Lussemburgo. Tuttavia, sebbene Nestlé ha fornito studi di mercato per la maggioranza degli Stati membri, dai punti da 84 a 87 della decisione controversa e dal punto 173 della sentenza impugnata risulta che le informazioni fornite per il Belgio, l’Irlanda, la Grecia e il Portogallo ( 25 ) non erano sufficienti per dimostrare che il pubblico di riferimento di suddetti paesi individuava Nestlé come l’origine commerciale del prodotto contrassegnato dal marchio controverso.

    86.

    Tuttavia, prima di concludere, ai punti 176 e 177 della sentenza impugnata, che la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO non poteva validamente concludere il suo esame sul carattere distintivo acquisito dal marchio controverso nel complesso dell’Unione in assenza di prove sufficienti per il Belgio, l’Irlanda, la Grecia, il Lussemburgo e il Portogallo, il Tribunale non ha esaminato se, per quanto riguarda il prodotto contrassegnato dal marchio controverso, l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso nei suddetti cinque Stati membri poteva essere estrapolata sulla base delle prove fornite per gli altri mercati nazionali o regionali.

    87.

    Anche se il Tribunale doveva, in linea di principio, esaminare tale questione, Nestlé ha confermato durante l’udienza di non aver versato agli atti elementi intesi a dimostrare che, per quanto riguarda il prodotto contrassegnato dal marchio controverso, le prove fornite per i mercati danese, tedesco, spagnolo, francese, italiano, olandese, austriaco, finlandese, svedese e britannico valessero parimenti relativamente ai mercati belga, irlandese, greco, lussemburghese e portoghese o potessero essere utilizzati come base per dedurre via estrapolazione l’acquisizione, da parte del marchio contestato, di un carattere distintivo in seguito all’uso con riguardo ai menzionati paesi. In tal senso, essa non aveva dimostrato, per il prodotto in questione, la comparabilità dei mercati belga, irlandese, greco, lussemburghese e portoghese con alcuni degli altri mercati nazionali per i quali Nestlé aveva fornito elementi di prova sufficienti.

    88.

    In mancanza di prove di siffatto genere, il Tribunale non poteva che annullare la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO, ed infatti ha proceduto in tal senso.

    89.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di respingere le impugnazioni proposte da Nestlé e dall’EUIPO.

    VIII. Sulle spese

    90.

    In applicazione dell’articolo 137 del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, si statuisce sulle spese con la sentenza che definisce la causa. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, che rinvia all’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, ogni parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    91.

    Inoltre, l’articolo 184, paragrafo 2, del suddetto regolamento, stabilisce che quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

    92.

    Infine, l’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, dispone, in particolare, che la Corte può decidere che una parte interveniente diversa da uno Stato membro o da un’istituzione, si faccia carico delle proprie spese.

    93.

    Nel caso di specie, nella causa C‑84/17 P, avendo Mondelez chiesto la condanna di Nestlé ed essendo quest’ultima rimasta soccombente, occorre condannare quest’ultima alle spese sostenute da Mondelez. Occorre statuire che l’EUIPO e la Marques sopporteranno le proprie spese.

    94.

    Nella causa C‑85/17 P, avendo Nestlé e l’EUIPO chiesto la condanna di Mondelez ed essendo quest’ultima rimasta soccombente, occorre condannare quest’ultima alle spese sostenute da Nestlé e dall’EUIPO.

    95.

    Nella causa C‑95/17 P, avendo Mondelez chiesto la condanna dell’EUIPO ed essendo quest’ultimo rimasto soccombente, occorre condannare quest’ultimo alle spese sostenute da Mondelez. Nestlé sopporterà le proprie spese.

    IX. Conclusione

    96.

    Nella causa C‑84/17 P, Société des produits Nestlé SA/EUIPO e Mondelez UK Holdings & Services Ltd, propongo alla Corte:

    di respingere l’impugnazione in quanto infondata;

    condannare la Société des produits Nestlé a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute da Mondelez UK Holdings & Services, e

    condannare l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e la European Association of Trade Mark Owners (Associazione europea che rappresenta gli interessi dei titolari di marchi) a sopportare le proprie spese.

    97.

    Nella causa C‑85/17 P, Mondelez UK Holdings & Services Ltd/EUIPO, propongo alla Corte:

    di respingere l’impugnazione in quanto manifestamente irricevibile, e

    di condannare Mondelez UK Holdings & Services a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Société des produits Nestlé e dall’EUIPO.

    98.

    Nella causa C‑95/17 P, EUIPO/Mondelez UK Holdings & Services Ltd, propongo alla Corte:

    di respingere l’impugnazione in quanto infondata;

    di condannare l’EUIPO a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute da Mondelez UK Holdings & Services, e

    di condannare la Société des produits Nestlé a sopportare le proprie spese.


    ( 1 ) Lingua originale: francese.

    ( 2 ) GU 2009, L 78, pag. 1. Detto regolamento è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). L’articolo 7, paragrafo 3, è rimasto invariato.

    ( 3 ) Questa disposizione presenta una divergenza linguistica considerevole tra le diverse versioni linguistiche dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, poiché molte di esse non si riferiscono alle conclusioni delle parti. V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa British Airways/Commissione (C‑122/16 P, EU:C:2017:406, paragrafi 4041).

    ( 4 ) V. sentenza del 29 aprile 2004, IPK-München e Commissione (C‑199/01 P e C‑200/01 P, EU:C:2004:249, punto 42).

    ( 5 ) V. sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa (C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punti 4445).

    ( 6 ) Punto 61, primo trattino, lettera 1) del ricorso dinanzi al Tribunale nella causa T‑112/13

    ( 7 ) V., paragrafi da 11 a 19 delle presenti conclusioni.

    ( 8 ) Punto 11 di tale sentenza.

    ( 9 ) V. punto 19 della sentenza.

    ( 10 ) V. punti 24 e 25 di tale sentenza.

    ( 11 ) Il corsivo è mio.

    ( 12 ) V. sentenza del 14 novembre 2017, British Airways/Commissione (C‑122/16 P, EU:C:2017:861, punto 51). V., anche, sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi-Bassi/Al-Aqsa (C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punti da 43 a 45).

    ( 13 ) V. sentenze del 21 dicembre 2011, Iride/Commissione (C‑329/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:859, punti 4950); dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione (C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 42), e del 13 gennaio 2015, Consiglio e Commissione/Stichting Natuur en Milieu e Pesticide Action Network Europe (C‑404/12 P e C‑405/12 P, EU:C:2015:5, punto 31).

    ( 14 ) L’impugnazione di Nestlé non indica in modo chiaro e preciso punti specifici della sentenza impugnata ma mi pare che risulti chiaramente dal punto 21 del suo atto d’impugnazione che essa riguarda, in realtà, i medesimi punti indicati dall’EUIPO nella sua impugnazione.

    ( 15 ) V. punti da 141 a 143 della sentenza impugnata.

    ( 16 ) V. punti da 175 a 179 della sentenza impugnata.

    ( 17 ) V. ordinanza del presidente della Corte del 21 luglio 2016, Louis Vuitton Malletier/EUIPO (C‑363/15 P e C‑364/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:595).

    ( 18 ) V., inoltre, in tal senso, sentenza del 22 giugno 2006, Storck/UAMI (C‑25/05 P, EU:C:2006:422, punti da 81 a 83).

    ( 19 ) Punto 61 di tale sentenza.

    ( 20 ) Punto 61 di tale sentenza.

    ( 21 ) Punto 62 di tale sentenza.

    ( 22 ) Il corsivo è mio.

    ( 23 ) Secondo la Corte, «ritenere che, nell’ambito del regime comunitario dei marchi, si debba attribuire un particolare significato ai territori degli Stati membri ostacolerebbe la realizzazione degli obiettivi [perseguiti dal regolamento n. 207/2009] e pregiudicherebbe il carattere unitario del marchio comunitario» (sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken, C‑149/11, EU:C:2012:816, punto 42).

    ( 24 ) V., altresì, le direttive dell’EUIPO relative all’esame sui marchi dell’Unione europea, parte B, sezione 4, capitolo 14, pag. 8, versione del 1o ottobre 2017, disponibile sul sito Internet dell’EUIPO al seguente indirizzo:https://euipo.europa.eu/tunnel-web/secure/webdav/guest/document_library/contentPdfs/law_and_practice/trade_marks_practice_manual/WP_2_2017/Part-B/04-part_b_examination_section_4_absolute_grounds_for_refusal/part_B_examination_section_4_chapter_14/part_B_examination_section_4_chapter_14_Acquired_distinctiveness_it.pdf. Secondo l’EUIPO, il principio stabilito dalla Corte al punto 62 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307), implica che «se si considera il territorio europeo come un puzzle, l’incapacità di dimostrare il carattere distintivo acquisito relativamente a uno o più mercati nazionali specifici può non essere decisiva, a condizione che la “tessera mancante” del puzzle non incida sull’immagine complessiva secondo la quale una frazione significativa del pubblico europeo di riferimento percepisce il segno come un marchio nelle diverse parti o regioni dell’Unione europea».

    ( 25 ) Si trattava della tabella denominata «Nielsen» e del materiale pubblicitario. V., in particolare, i punti 84-87 della decisione controversa.

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