Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62016CJ0180

    Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 6 luglio 2017.
    Toshiba Corp. contro Commissione europea.
    Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato dei progetti relativi ad apparecchiature di comando con isolamento in gas – Decisione adottata dalla Commissione europea in seguito all’annullamento parziale da parte del Tribunale dell’Unione europea della decisione iniziale – Modifica delle ammende – Diritti della difesa – Mancata adozione di una nuova comunicazione degli addebiti – Parità di trattamento – Impresa comune – Calcolo dell’importo di partenza – Grado di partecipazione all’infrazione – Autorità di cosa giudicata.
    Causa C-180/16 P.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:520

    SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

    6 luglio 2017 ( *1 )

    «Impugnazione — Concorrenza — Intese — Mercato dei progetti relativi ad apparecchiature di comando con isolamento in gas — Decisione adottata dalla Commissione europea in seguito all’annullamento parziale da parte del Tribunale dell’Unione europea della decisione iniziale — Modifica delle ammende — Diritti della difesa — Mancata adozione di una nuova comunicazione degli addebiti — Parità di trattamento — Impresa comune — Calcolo dell’importo di partenza — Grado di partecipazione all’infrazione — Autorità di cosa giudicata»

    Nella causa C‑180/16 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 29 marzo 2016,

    Toshiba Corp., con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata da J.F. MacLennan, solicitor, S. Sakellariou, dikigoros, A. Schulz, Rechtsanwalt, e J. Jourdan, avocat,

    ricorrente,

    procedimento in cui l’altra parte è:

    Commissione europea, rappresentata da N. Khan, in qualità di agente,

    convenuta in primo grado,

    LA CORTE (Settima Sezione),

    composta da A. Prechal (relatore), presidente di sezione, A. Rosas e C. Toader, giudici,

    avvocato generale: E. Tanchev

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 aprile 2017,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con l’impugnazione in esame, la Toshiba Corp. chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 19 gennaio 2016, Toshiba/Commissione (T‑404/12, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2016:18) con la quale quest’ultimo ha respinto il ricorso della predetta società diretto all’annullamento della decisione C(2012) 4381 della Commissione, del 27 giugno 2012, che modifica la decisione C(2006) 6762 definitiva, del 24 gennaio 2007, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE (ora articolo 101 TFUE)] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, nella parte in cui è stata indirizzata a Mitsubishi Electric Corporation e Toshiba Corporation (Caso COMP/39.966 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas – Ammende) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

    Fatti e decisione controversa

    2

    Nei punti da 1 a 20 della sentenza impugnata, i fatti sono esposti come segue:

    «1

    La [Toshiba] è una società giapponese attiva in vari settori, in particolare in quello delle apparecchiature di comando con isolamento in gas (in prosieguo: le «GIS»). Tra l’ottobre 2002 e l’aprile 2005 la sua attività in materia di GIS è stata esercitata attraverso una società comune, vale a dire la TM T&D Corp., detenuta in parti uguali con la Mitsubishi Electric Corp. (in prosieguo: la “[Mitsubishi]”) e sciolta nel 2005.

    2

    Il 24 gennaio 2007 la Commissione delle Comunità europee ha adottato la decisione C(2006) 6762 definitiva, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE ([Caso] COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas) (in prosieguo: la “decisione del 2007”).

    3

    Nella decisione del 2007 la Commissione ha constatato che nel mercato delle GIS dello Spazio economico europeo (SEE), tra il 15 aprile 1988 e l’11 maggio 2004, era stata commessa un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo e ha inflitto ai destinatari di detta decisione, produttori europei e giapponesi di GIS, ammende [...].

    4

    L’infrazione cui fa riferimento la decisione del 2007 era costituita da tre elementi essenziali:

    un accordo firmato a Vienna il 15 aprile 1988 (in prosieguo: l’“accordo GQ”) avente ad oggetto l’assegnazione dei progetti di GIS a livello mondiale in base a regole concordate, volte a rispettare le quote che riflettevano in ampia misura il “valore delle quote di mercato storiche”; l’accordo, applicabile al mondo intero, ad eccezione degli Stati Uniti, del Canada, del Giappone e di 17 paesi dell’Europa occidentale, si basava sull’assegnazione di una “quota congiunta giapponese” ai produttori giapponesi e di una “quota congiunta europea” ai produttori europei;

    un’intesa parallela (in prosieguo: l’“intesa comune”) in base alla quale, da un lato, i progetti di GIS in Giappone e nei territori dei membri europei dell’intesa erano riservati, rispettivamente, ai membri giapponesi e ai membri europei dell’intesa e, dall’altro, i progetti di GIS negli altri paesi europei erano parimenti riservati al gruppo europeo, mentre i produttori giapponesi si impegnavano a non presentare offerte per i progetti in Europa; tuttavia, in cambio di tale impegno, siffatti progetti dovevano essere notificati al gruppo giapponese e imputati alla “quota congiunta europea” prevista dall’accordo GQ;

    un accordo firmato a Vienna il 15 aprile 1988 e intitolato “E Group Operation Agreement for GQ Agreement” (Accordo operativo del gruppo E ai fini dell’accordo GQ; in prosieguo: l’“accordo EQ”), firmato dai membri del gruppo europeo dei produttori e avente ad oggetto la ripartizione dei progetti di GIS assegnati al suddetto gruppo in base all’accordo GQ.

    5

    All’articolo 1 della decisione del 2007, la Commissione ha constatato che la [Toshiba] aveva partecipato all’infrazione nel periodo compreso tra il 15 aprile 1988 e l’11 maggio 2004.

    6

    Per l’infrazione di cui all’articolo 1 della decisione del 2007, alla [Toshiba] è stata inflitta, all’articolo 2 della medesima decisione, un’ammenda di EUR 90900000, di cui EUR 4650000, corrispondenti all’infrazione commessa dalla TM T&D, da pagare in solido con la [Mitsubishi].

    7

    Il 18 aprile 2007 la [Toshiba] ha presentato ricorso contro la decisione del 2007.

    8

    Con sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione [T‑113/07, (…) EU:T:2011:343], da un lato, il Tribunale ha respinto il ricorso della [Toshiba] per la parte relativa all’annullamento dell’articolo 1 della decisione del 2007. D’altra parte, il Tribunale ha annullato l’articolo 2, lettere [h) e i)], della decisione del 2007, per la parte relativa alla [Toshiba], argomentando che la Commissione aveva violato il principio della parità di trattamento scegliendo, nel calcolare l’importo dell’ammenda, un anno di riferimento, per la [Toshiba], diverso da quello scelto per i partecipanti europei all’infrazione.

    9

    Il 23 settembre 2011 la [Toshiba] ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte avverso la sentenza [del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343)].

    10

    Il 15 febbraio 2012 la Commissione ha inviato alla [Toshiba] una lettera di esposizione dei fatti in cui si precisava che essa intendeva adottare una nuova decisione di irrogazione dell’ammenda (in prosieguo: la “lettera di esposizione dei fatti”). La Commissione ha esposto i fatti, a suo avviso, pertinenti ai fini del calcolo dell’importo di tale ammenda, tenuto conto della sentenza [del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343)].

    11

    Il 7 e il 23 marzo 2012 la [Toshiba] ha presentato le proprie osservazioni sulla lettera di esposizione dei fatti.

    12

    Il 12 giugno 2012 si è tenuta una riunione tra i rappresentanti della [Toshiba] e il gruppo di lavoro della Commissione incaricato di esaminare il caso.

    13

    Con [la] decisione [controversa] l’articolo 2 della decisione del 2007 è stata modificata con l’aggiunta di nuovi punti alle lettere h) e i). Alla lettera h), è stata inflitta alla [Toshiba] un’ammenda di EUR 4650000 da pagare in solido con la [Mitsubishi]. Alla lettera i), è stata inflitta alla [Toshiba] un’ammenda di EUR 56793000 quale unica responsabile.

    14

    Per porre rimedio alla disparità di trattamento censurata dal Tribunale nella sentenza [del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343)], la Commissione si è basata, nella decisione [controversa], sul fatturato di GIS globali per il 2003. Dato che, durante tale anno, le attività in materia di GIS della [Toshiba] e della [Mitsubishi] erano esercitate dalla TM T&D, la Commissione ha considerato il suo fatturato per il 2003 (punti 59 e 60 della decisione [controversa]).

    15

    Pertanto, in primo luogo, nell’ambito del trattamento differenziato volto a riflettere i rispettivi contributi dei diversi partecipanti all’intesa, la Commissione ha calcolato la quota di mercato della TM T&D nel 2003 relativamente alle GIS (dal 15 al 20%) e l’ha inserita nella seconda categoria in base alla classificazione stabilita ai punti da 482 a 488 della decisione del 2007. Pertanto, è stato attribuito alla TM T&D un importo ipotetico di partenza di EUR 31000000 (punto 61 della decisione [controversa]).

    16

    In secondo luogo, al fine di riflettere la diversa capacità della [Toshiba] e della [Mitsubishi] a contribuire all’infrazione per il periodo precedente alla costituzione della TM T&D, l’importo di partenza di quest’ultima è stato suddiviso tra i suoi azionisti in proporzione alle loro rispettive vendite di GIS nel 2001, ultimo anno intero precedente alla costituzione della TM T&D. Pertanto, alla [Toshiba] è stato attribuito un importo di partenza di EUR 10863199 e alla [Mitsubishi] un importo di partenza di EUR 20136801 (punti 62 e 63 della decisione [controversa]).

    17

    Inoltre, al fine di assicurare l’effetto dissuasivo dell’ammenda, la Commissione ha applicato un coefficiente di dissuasione 2 alla [Toshiba], in base al suo fatturato per il 2005 (punti da 69 a 71 della decisione [controversa]).

    18

    Si deve quindi aggiungere che, al fine di riflettere la durata dell’infrazione nel periodo precedente alla costituzione della TM T&D, l’importo di partenza della [Toshiba] è stato aumentato del 140% (punti da 73 a 76 della decisione [controversa]).

    19

    Oltre a ciò, al fine di riflettere la durata dell’infrazione durante il periodo di attività della TM T&D, alla [Toshiba] e alla [Mitsubishi] è stato inflitto, in solido, un importo corrispondente al 15% dell’importo ipotetico di partenza della TM T&D (punto 77 della decisione [controversa]).

    20

    Infine, l’importo dell’ammenda in solido è stato moltiplicato per il coefficiente di dissuasione della [Toshiba] e l’importo risultante da tale moltiplicazione, eccedente l’importo dell’ammenda in solido, le è stato inflitto a titolo individuale (punto 78 della decisione [controversa])».

    3

    Con sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione (C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866), la Corte ha segnatamente respinto l’impugnazione presentata dalla Toshiba avverso la sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343).

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    4

    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 settembre 2012, la Toshiba ha proposto un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale.

    5

    A sostegno del suo ricorso, la Toshiba ha dedotto cinque motivi, attinenti, il primo, ad una violazione dei principi di buona amministrazione e di proporzionalità; il secondo, ad una violazione dei suoi diritti della difesa; il terzo, ad una violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda l’importo di partenza dell’ammenda; il quarto, ad una violazione dell’obbligo di motivazione, e, il quinto, ad una violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la determinazione del grado di responsabilità della Toshiba rispetto ai partecipanti europei all’infrazione.

    6

    Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto tale ricorso.

    Conclusioni delle parti

    7

    Con la sua impugnazione la Toshiba chiede che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata;

    annullare la decisione controversa, o

    ridurre l’ammenda inflittale in applicazione dell’articolo 261 TFUE, o

    rinviare la causa al Tribunale perché questo statuisca conformemente ai punti di diritto pronunciati dalla sentenza della Corte e, comunque,

    condannare la Commissione alle spese della presente impugnazione e del procedimento di primo grado.

    8

    La Commissione chiede che la Corte voglia:

    respingere l’impugnazione;

    condannare la Toshiba alle spese del procedimento di impugnazione.

    Sull’impugnazione

    9

    A sostegno della sua impugnazione, la Toshiba deduce tre motivi, attinenti, il primo, ad una violazione dei suoi diritti della difesa, in quanto la decisione controversa non è stata preceduta da una nuova comunicazione degli addebiti; il secondo, ad una violazione del principio della parità di trattamento relativamente all’importo di partenza dell’ammenda, e, il terzo, ad una violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la determinazione del grado di responsabilità della Toshiba rispetto ai partecipanti europei all’infrazione

    Sul primo motivo, attinente ad una violazione dei diritti della difesa in quanto la decisione controversa non è stata preceduta da una nuova comunicazione degli addebiti

    Argomenti delle parti

    10

    Con il suo primo motivo, la Toshiba censura il Tribunale per aver respinto, nei punti da 34 a 47 della sentenza impugnata, il primo capo del secondo motivo del suo ricorso, con il quale essa faceva valere che, a seguito della sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), la Commissione aveva l’obbligo di inviarle una nuova comunicazione degli addebiti prima dell’adozione della decisione controversa, e che, limitandosi ad inviarle la lettera di esposizione dei fatti, la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa e, in particolare, il suo diritto di essere sentita.

    11

    La Toshiba ritiene che la comunicazione degli addebiti del 20 aprile 2006 (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti del 2006») riguardi unicamente la decisione del 2007. Il Tribunale avrebbe dunque erroneamente affermato, nel punto 42 della sentenza impugnata, che il fatto che la decisione controversa costituisce una decisione di modifica della decisione del 2007 implica che il procedimento di adozione della stessa «costituisce la prosecuzione del procedimento sfociato nella decisione del 2007».

    12

    Come avrebbe correttamente affermato il Tribunale, nel punto 74 della sentenza impugnata, per quanto attiene all’imposizione dell’importo addizionale dell’ammenda, la Commissione aveva segnatamente l’obbligo di fornire alla Toshiba elementi supplementari quanto alle modalità di attuazione della sua volontà di garantire l’effetto dissuasivo dell’ammenda, onde consentirle di far valere in modo efficace il suo punto di vista. Tuttavia, tale affermazione sarebbe inconciliabile con la conclusione, contenuta nello stesso punto della sentenza impugnata, secondo la quale la Commissione non era tenuta a inviarle una nuova comunicazione degli addebiti che contenesse tali elementi.

    13

    La Toshiba sostiene che, poiché la lettera di esposizione dei fatti non ha uno status procedurale particolare, come rilevato dal Tribunale nel punto 75 nella sentenza impugnata, e poiché la comunicazione degli addebiti è il solo strumento procedurale previsto dal diritto della concorrenza dell’Unione al fine di comunicarle le informazioni necessarie per garantirle l’opportunità di essere sentita dalla Commissione, il rispetto del suo diritto di essere sentita in merito alle modalità di calcolo dell’ammenda che la Commissione intendeva infliggerle richiedeva nel caso di specie l’invio di una nuova comunicazione degli addebiti.

    14

    La Commissione obietta che, se il primo motivo deve intendersi nel senso che un’ammenda poteva essere inflitta solo in un nuovo procedimento, il quale prevedesse l’invio di una comunicazione degli addebiti contenente tutti i fatti che integrano l’infrazione, esso sarebbe irricevibile in quanto non è stato dedotto dinanzi al Tribunale.

    15

    Tale motivo sarebbe, ad ogni modo, manifestamente infondato.

    16

    Anzitutto, il Tribunale avrebbe correttamente ritenuto, al punto 42 della sentenza impugnata, che il procedimento sfociato nell’adozione della decisione controversa costituisce la prosecuzione del procedimento sfociato nella decisione del 2007. Infatti, per giurisprudenza consolidata, una decisione è viziata d’illegittimità solo a decorrere dal momento preciso in cui l’illegittimità si è verificata.

    17

    Inoltre, sebbene nel caso di specie la Commissione abbia inviato una lettera di esposizione dei fatti prima dell’adozione della decisione controversa, essa non era tenuta a farlo in quanto il requisito, ribadito nella costante giurisprudenza della Corte, secondo il quale le imprese devono essere informate dell’intenzione della Commissione di infliggere un’ammenda previamente all’adozione di una decisione, sarebbe già stato soddisfatto con la comunicazione degli addebiti del 2006.

    18

    Infine, il punto 74 della sentenza impugnata sarebbe viziato da un errore di diritto. Infatti, la giurisprudenza sulla quale si basa il Tribunale riguarderebbe unicamente il requisito secondo il quale un’impresa sottoposta ad indagine deve essere messa in condizione, durante il procedimento amministrativo, di far valere in modo efficace il suo punto di vista in merito alla sussistenza ed alla pertinenza dei fatti e degli elementi dedotti, nonché ai documenti utilizzati dalla Commissione a sostegno della sua affermazione dell’esistenza di un’infrazione delle norme del Trattato FUE in materia di concorrenza. Per contro, tale giurisprudenza non riguarderebbe il calcolo dell’ammenda imposta in seguito alla constatazione di una siffatta infrazione.

    Giudizio della Corte

    19

    In limine, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione.

    20

    Infatti, nei limiti in cui, con il suo primo motivo, la Toshiba contesta sostanzialmente al Tribunale di aver respinto il suo argomento secondo il quale la Commissione non poteva adottare la decisione controversa senza inviarle una nuova comunicazione degli addebiti, deducendo segnatamente che, contrariamente a quanto deciso dal Tribunale, il procedimento che era sfociato nell’adozione della decisione controversa non costituiva la prosecuzione del procedimento sfociato nella decisione del 2007, detto motivo non costituisce evidentemente un motivo nuovo.

    21

    Nel merito, il Tribunale, nei punti 40 e 41 della sentenza impugnata, si è correttamente basato sul principio, ribadito da una giurisprudenza costante della Corte, secondo il quale, per adempiere al suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese di essere sentite, la Commissione è tenuta a dichiarare espressamente, nella comunicazione degli addebiti, che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e ad indicare i principali elementi di fatto e di diritto che possono implicare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione ed il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza. Emerge parimenti da tale giurisprudenza che la Commissione non è tenuta, invece, una volta indicati gli elementi di fatto e di diritto su cui baserà il calcolo delle ammende, a precisare il modo in cui si avvarrà di ciascun elemento per la determinazione dell’entità dell’ammenda (v., in particolare, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 428437).

    22

    Analogamente, il Tribunale ha considerato correttamente, nel punto 42 della sentenza impugnata, che, poiché l’adozione della decisione del 2007 è stata preceduta dalla comunicazione degli addebiti del 2006 e la decisione impugnata prevede espressamente che essa costituisce una decisione di modifica della decisione del 2007, il procedimento della sua adozione costituisce la prosecuzione del procedimento sfociato nella decisione del 2007.

    23

    Il Tribunale ne ha potuto dedurre, nel medesimo punto della sentenza impugnata, senza commettere alcun errore di diritto, che il contenuto della comunicazione degli addebiti del 2006 poteva essere preso in considerazione per verificare il rispetto dei diritti della difesa della Toshiba nel procedimento sfociato nell’adozione della decisione controversa, purché non fosse rimesso in discussione dalla sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343).

    24

    A tale proposito occorre rammentare che l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori, atteso che il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può essere ripreso, in linea di principio, dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata. L’annullamento dell’atto non incide, in linea di principio, sulla validità delle misure preparatorie di quest’ultimo, antecedenti alla fase in cui tale vizio è stato constatato. Se è appurato che l’annullamento non incide sulla validità degli atti procedurali anteriori, la Commissione non è obbligata, per il solo fatto di tale annullamento, ad inviare una nuova comunicazione degli addebiti alle imprese in questione (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti da 73 a 75 nonché 8081).

    25

    Inoltre, dopo aver constatato, da un lato, nei punti 43 e 44 della sentenza impugnata, che la comunicazione degli addebiti del 2006 conteneva gli elementi di fatto e di diritto relativi al calcolo dell’importo delle ammende imposti dalla giurisprudenza rammentata nel punto 40 di tale sentenza e, dall’altro, nei punti 45 e 46 della citata sentenza, che la sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), non aveva rimesso in discussione la veridicità, la pertinenza o la fondatezza di tali elementi, conclusioni fattuali peraltro non contestate dalla Toshiba, il Tribunale ne ha correttamente dedotto, nel punto 47 della sentenza impugnata, che la citata sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011 non ostava alla presa in considerazione dei citati elementi in fase di controllo del rispetto dei diritti della difesa della Toshiba nell’ambito del procedimento sfociato nell’adozione della decisione controversa.

    26

    Peraltro, poiché il vizio rilevato dalla sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343) si era verificato al momento dell’adozione della decisione del 2007, l’annullamento di tale decisione non ha inciso sulla validità delle misure preparatorie di quest’ultima, antecedenti alla fase in cui si è verificato il vizio, conformemente al principio sancito dalla giurisprudenza rammentata nel punto 24 della presente sentenza.

    27

    Occorre parimenti constatare che, in risposta all’argomento della Toshiba secondo il quale il vizio rilevato riguarderebbe un errore di diritto materiale che incide inevitabilmente sulla validità degli atti preparatori della decisione del 2007, il Tribunale ha affermato, nel punto 62 della sentenza impugnata, che la Toshiba non aveva precisato in quale modo tali atti sarebbero stati inficiati dalla sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), ed ha aggiunto, nel punto 63 della sentenza impugnata, che, in ogni caso, le censure mosse dal Tribunale in tale sentenza del 12 luglio 2011 non riguardavano né l’individuazione di fatto e la valutazione giuridica dell’infrazione commessa dalla ricorrente né la determinazione dei fattori da prendere in considerazione nella determinazione dell’importo dell’ammenda, bensì unicamente la scelta dei dati di riferimento che dovevano essere utilizzati per il calcolo dettagliato, e dunque su un elemento che non andava precisato nella comunicazione degli addebiti.

    28

    Ne consegue che il Tribunale, nell’ambito del suo potere di valutazione, in linea di principio esclusivo, dei fatti e degli elementi di prova, ha constatato, senza che la Toshiba abbia fatto valere alcuno snaturamento di tali elementi, che quest’ultima non aveva dimostrato che l’annullamento della decisione del 2007 mediante la sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343) avesse inciso sulla validità della comunicazione degli addebiti del 2006 e che quest’ultima circostanza non si era peraltro verificata poiché il vizio constatato non riguardava le censure sollevate nei confronti della Toshiba né gli elementi da prendere in considerazione per la determinazione dell’importo della sua ammenda.

    29

    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione, contrariamente a quanto fatto valere dalla Toshiba, alla luce del principio che discenderebbe dalla giurisprudenza citata nel punto 71 della sentenza impugnata e dal quale il Tribunale ha dedotto, nel punto 74 di tale medesima sentenza, che la Commissione avrebbe l’obbligo di fornire all’impresa interessata, a seguito dell’invio della comunicazione degli addebiti, elementi supplementari quanto alle modalità di attuazione della sua volontà di garantire l’effetto dissuasivo dell’ammenda, onde consentirle di far valere in modo efficace il suo punto di vista al riguardo.

    30

    È giocoforza constatare, infatti, che un siffatto principio non emerge dalla giurisprudenza della Corte alla quale fa riferimento il Tribunale nel punto 71 della sentenza impugnata, cioè quella derivante dal punto 66 della sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6), né peraltro da altre sentenze della Corte, in quanto, in tale giurisprudenza, la Corte si limita a rammentare il principio secondo il quale il rispetto dei diritti della difesa impone che l’impresa interessata sia stata messa in condizione, durante il procedimento amministrativo, di far valere in modo efficace il suo punto di vista in merito alla sussistenza ed alla pertinenza dei fatti e degli elementi dedotti nonché sui documenti utilizzati dalla Commissione a sostegno della sua affermazione dell’esistenza di un’infrazione del Trattato.

    31

    Se è vero, come emerge da quanto suesposto, che il punto 74 della sentenza impugnata è viziato da un errore di diritto, esso non incide tuttavia sulla validità della sentenza impugnata in quanto il dispositivo di quest’ultima si basa in maniera sufficiente su altri motivi di diritto (v., in tal senso, segnatamente, sentenza del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, EU:C:2011:191, punto 136).

    32

    Infatti, come emerge dai precedenti punti della presente sentenza, il Tribunale, in base al ragionamento svolto nei punti da 40 a 65 della sentenza impugnata, ha correttamente statuito che, sebbene la Commissione non abbia inviato una nuova comunicazione degli addebiti alla Toshiba, i diritti della difesa di quest’ultima non sono stati violati.

    33

    Occorre parimenti ricordare che, anche se in talune circostanze, in particolare quando la Commissione intende applicare nuovi orientamenti per il calcolo delle ammende, e per quanto ciò non implichi che essa anticipi in modo inopportuno la sua decisione sugli addebiti, può essere auspicabile che la Commissione fornisca precisazioni sul modo in cui intende servirsi dei criteri imperativi della gravità e della durata dell’infrazione ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende, nondimeno, nel diritto di essere sentito non rientrano siffatti elementi connessi alla modalità di determinazione dell’importo delle ammende (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 438439).

    34

    Infine, se è vero che, nella specie, la Commissione, inviando la lettera di esposizione dei fatti, ha inteso fornire alla Toshiba talune precisazioni sui nuovi elementi del metodo di determinazione dell’importo della sua ammenda che considerava di dover fornire a seguito dell’annullamento parziale della decisione del 2007 da parte della sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), e se è pacifico che la Toshiba ha potuto esprimersi sia per iscritto che durante una riunione su tali elementi, come confermato nella decisione controversa, è pur vero che, per loro stessa natura, tali elementi non dovevano formare l’oggetto, conformemente alla giurisprudenza rammentata al punto 21 della presente sentenza, di una nuova comunicazione degli addebiti.

    35

    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il primo motivo deve essere respinto.

    Sul secondo motivo, attinente alla violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda

    Argomenti delle parti

    36

    Con il suo secondo motivo, la Toshiba sostiene che il Tribunale ha violato il principio della parità di trattamento respingendo il terzo motivo del suo ricorso, con il quale essa faceva valere che la Commissione, per dare esecuzione alla sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), avrebbe dovuto calcolare l’ammenda che le è stata irrogata sulla base del fatturato della TM T&D per l’anno 2003 e non sulla base dell’importo di partenza dell’ammenda attribuito a tale impresa.

    37

    La Toshiba rammenta che, dinanzi alla Commissione e al Tribunale, essa ha sostenuto, da un lato, che il metodo di calcolo dell’ammenda che le è stata inflitta violava il principio della parità di trattamento, in quanto quest’ultima non rifletteva il peso specifico della Toshiba nell’infrazione prima della creazione della TM T&D, come richiesto dal Tribunale nel punto 290 della sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), e conformemente all’approccio adottato per le imprese europee. Dall’altro lato, essa ha fatto valere che la Commissione avrebbe dovuto calcolare l’importo di partenza dell’ammenda che le è stata inflitta sulla base del suo fatturato per il 2003, cioè attribuendole il 35% del fatturato realizzato dalla TM T&D nel 2003.

    38

    La Toshiba sostiene che il punto 115 della sentenza impugnata è viziato da carenza di motivazione in quanto la circostanza, di per sé incontestabile, che l’ammenda inflittale non poteva essere calcolata «esattamente allo stesso modo» dell’ammenda delle imprese europee non può spiegare in che modo il metodo proposto dalla Toshiba fosse meno appropriato di quello della Commissione per garantire la parità di trattamento tra la Toshiba e le imprese europee.

    39

    Inoltre, seppur innegabile, il fatto richiamato dal Tribunale, nei punti 116, 117 e da 123 a 125 della sentenza impugnata, per respingere il metodo di calcolo dell’ammenda proposto dalla Toshiba, cioè che la TM T&D era un’impresa comune a pieno titolo responsabile della produzione e della vendita delle GIS nel 2003, la quale costituiva un’entità distinta dei suoi azionisti, sarebbe tuttavia privo di pertinenza in tale contesto.

    40

    L’utilizzo dell’importo di partenza dell’ammenda della TM T&D rifletterebbe unicamente il peso di quest’ultima nell’infrazione, come sarebbe stato constatato nel punto 66 della decisione controversa e nel punto 128 della sentenza impugnata, e sarebbe correttamente stato utilizzato dalla Commissione per il calcolo dell’ammenda dovuta dall’impresa comune. Tuttavia, tale importo non rifletterebbe il peso specifico della Toshiba per il periodo precedente la creazione di tale impresa comune.

    41

    Viceversa, la determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda della Toshiba sulla base del suo fatturato teorico per l’anno 2003, equivalente al 35% del fatturato realizzato dalla TM T&D nel 2003, sarebbe stato un criterio oggettivo che avrebbe quantificato in modo corretto l’effetto dannoso della pratica restrittiva della Toshiba prima della creazione della TM T&D.

    42

    Tale metodo avrebbe permesso di trattare la Toshiba allo stesso modo dei produttori europei nel calcolo delle ammende. Infatti, anzitutto, sarebbe stato calcolato un fatturato specifico per la Toshiba. Poi, in funzione della quota di mercato della Toshiba calcolata sulla base di tale fatturato, è stato possibile classificare quest’ultima in una delle categorie di importi di partenza identificate nella decisione del 2007, nella specie quella che dà luogo all’attribuzione di un importo di partenza di 9 milioni di euro.

    43

    Per contro, il metodo adottato dalla Commissione l’avrebbe condotta a non applicare tale opzione di calcolo dell’ammenda. A causa dell’attribuzione di una parte dell’importo di partenza dell’ammenda della TM T&D, alla Toshiba sarebbe stato attribuito un importo di partenza artificiale pari a EUR 10863199, che non corrisponde a nessuna delle categorie di importi di partenza indicati nella decisione del 2007.

    44

    Il metodo di calcolo proposto dalla Toshiba non sarebbe più artificioso di quello applicato dalla Commissione. Infatti, il calcolo dell’importo dell’ammenda della Toshiba richiederebbe comunque specifiche modalità. Il Tribunale avrebbe omesso di chiarire, in particolare nel punto 128 della sentenza impugnata, la ragione per cui il metodo della Commissione, il quale implica la scissione dell’importo di partenza dell’ammenda della TM T&D, fosse meno artificioso di quello proposto dalla Toshiba, il quale consiste nello scindere i fatturati della TM T&D.

    45

    Anche se, come indicato dal Tribunale nel punto 121 della sentenza impugnata, la Commissione ha seguito il metodo menzionato dal Tribunale nella sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), quale esempio appropriato di un metodo alternativo che sarebbe compatibile con il principio della parità di trattamento, da ciò non conseguirebbe tuttavia che tale metodo fosse più appropriato di quello proposto dalla Toshiba e non violasse il citato principio. Analogamente, il fatto che, inizialmente, la Toshiba abbia proposto un altro metodo di calcolo basato sull’importo di partenza dell’impresa comune, non renderebbe legittimo un siffatto metodo.

    46

    La Commissione sostiene che il metodo indicato dalla Toshiba nella sua impugnazione è più artificioso di quello adottato nella decisione controversa in quanto esso implica l’artificio di attribuirle un fatturato per un anno in cui essa non ne ha realizzato.

    47

    In ogni caso, poiché l’impresa comune era detenuta in parti uguali insieme alla Mitsubishi, un qualsivoglia «fatturato» della Toshiba per l’anno 2003 nel settore delle GIS si sarebbe potuto calcolare unicamente attribuendole il 50% del fatturato dell’impresa comune, cioè l’importo di 176,61 milioni di euro, il che corrisponderebbe ad una quota di mercato leggermente superiore all’8% e non ad un fatturato di 123,6 milioni di euro, corrispondenti al 35% del fatturato dell’impresa comune e ad una quota di mercato corrispondente del 5,6%, come fatto valere dalla Toshiba.

    48

    Anche se la Corte dovesse giungere alla conclusione che la Commissione avrebbe potuto calcolare l’ammenda nel modo ora sostenuto dalla Toshiba, ciò non dimostrerebbe che la Commissione abbia commesso un errore di diritto.

    49

    Infatti, il contraddittorio verterebbe non sul miglior metodo possibile, bensì sulla legittimità di quello attuato nella decisione controversa. A tale proposito la Commissione rileva che il metodo ora difeso dalla Toshiba è diverso da quello inizialmente proposto da quest’ultima, il quale consisteva nel dividere in parti uguali tra la Toshiba e la Mitsubishi l’importo di partenza dell’ammenda dell’impresa comune calcolato sul suo fatturato per l’anno 2003, e da quello indicato dal Tribunale nella sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343). Non sarebbe dunque possibile sostenere che tale metodo è l’unico che possa essere utilizzato per stabilire l’ammenda della Toshiba in riferimento al fatturato del 2003.

    50

    La Commissione ne trae la conclusione che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto in quanto non si è discostato dal principio di comparabilità del fatturato di «imprese diverse», atteso che l’impresa di cui trattasi che ha realizzato un fatturato nel 2003 non poteva che essere l’impresa comune.

    Giudizio della Corte

    51

    Il Tribunale, basandosi in particolare sui punti 62 e 66 della decisione controversa, ha statuito correttamente, essenzialmente sulla base della motivazione esposta nei punti da 114 a 117 e da 123 a 125 della sentenza impugnata, che la Commissione ha legittimamente dedotto dal fatto che la Toshiba non aveva realizzato alcuna vendita di GIS per l’anno di riferimento 2003 che sarebbe inadeguato calcolare per tale impresa un fatturato virtuale per tale anno scindendo artificiosamente il fatturato della TM T&D per l’anno 2003, trascurando il fatto che tale impresa comune era attiva nel mercato durante l’anno di riferimento in quanto operatore distinto dai suoi azionisti.

    52

    Infatti, la circostanza che, nel 2003, la Toshiba non ha realizzato il proprio fatturato nel settore delle GIS costituisce un elemento che differenzia oggettivamente la sua situazione da quella delle altre imprese che hanno partecipato all’intesa, in particolare le imprese europee, da cui consegue che l’ammenda che le è stata inflitta doveva essere calcolata a partire dal fatturato reale realizzato dalla TM T&D nel 2003 e non a partire da un fatturato virtuale ottenuto dal frazionamento del fatturato di quest’ultima.

    53

    Come rilevato dal Tribunale nel punto 125 della sentenza impugnata, l’approccio proposto dalla Toshiba equivarrebbe effettivamente a discostarsi dall’intenzione espressa dalla Commissione di basarsi sui fatturati realizzati nell’anno 2003 nella determinazione dell’importo delle ammende.

    54

    Il metodo di calcolo proposto dalla Toshiba, poiché condurrebbe a paragonare un fatturato virtuale per la Toshiba con fatturati reali per le imprese europee, non consentirebbe peraltro di determinare per la Toshiba e la Mitsubishi un importo di partenza dell’ammenda che rifletta in modo appropriato il loro peso nell’infrazione nel 2003, e più particolarmente il peso congiunto esercitato da tali imprese tramite la TM T&D, come sostanzialmente indicato dalla Commissione nel punto 66 della decisione controversa.

    55

    Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 102 delle sue conclusioni, è anche dubbio che tale metodo alternativo consenta un utilizzo più diretto del fatturato della TM T&D per l’anno 2003 o dia un’idea più corretta della posizione della Toshiba nel mercato in tale anno stesso, poiché esso richiede due passaggi ulteriori, vale a dire il calcolo del fatturato teorico della Toshiba per l’anno 2003 e, su tale base, la determinazione della sua quota di mercato teorica per tale medesimo anno.

    56

    Infine, se è vero che, nella decisione controversa, alla Toshiba è stato attribuito un importo di partenza dell’ammenda che non corrisponde ad alcuno degli importi di partenza attribuito alle categorie definite nella decisione del 2007, tale circostanza è la mera conseguenza del fatto che, in tale decisione, l’importo di partenza della Toshiba è stato calcolato utilizzando una parte dell’importo di partenza della TM T&D. Poiché la Toshiba non sostiene che la Commissione, includendo la TM T&D nella seconda categoria definita nella citata decisione, avrebbe violato il principio della parità di trattamento, essa non può affermare di essere stata soggetta all’attribuzione di un importo di partenza dell’ammenda più elevato di quello attribuito ad imprese di dimensioni analoghe.

    57

    Alla luce di quanto precede, il secondo motivo dev’essere respinto.

    Sul terzo motivo, attinente alla violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda la determinazione del grado di responsabilità della Toshiba rispetto ai partecipanti europei all’infrazione.

    Argomenti delle parti

    58

    Con il suo terzo motivo la Toshiba contesta al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto nell’affermare, nei punti 141 e 142 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva violato il principio della parità di trattamento nel respingere, nella decisione controversa, la sua domanda di infliggergli un importo dell’ammenda ridotto, in quanto il suo grado di responsabilità per l’infrazione è inferiore a quello dei partecipanti europei all’intesa.

    59

    La Toshiba considera che emerge dalla giurisprudenza che, dopo aver accertato l’esistenza di un’intesa e identificato i partecipanti alla stessa, la Commissione, quando infligge le ammende, deve esaminare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna impresa e adeguare la sanzione al singolo comportamento e alle caratteristiche specifiche della partecipazione dell’impresa interessata ad un’infrazione unica e continuata.

    60

    Il Tribunale avrebbe erroneamente statuito, nel punto 142 della sentenza impugnata, che il «contributo della [Toshiba] all’infrazione è paragonabile a quello delle imprese europee», il che implica che la Commissione non ha violato il principio della parità di trattamento per il motivo, menzionato nel punto 141 di tale sentenza, che l’attuazione dell’intesa comune costituiva «un contributo necessario» al conseguimento degli obiettivi dell’infrazione nel suo insieme o una «condizione preliminare» all’attribuzione dei progetti tra i produttori europei.

    61

    Nella specie, sarebbe infatti evidente che le imprese giapponesi non hanno causato nel mercato SEE lo stesso danno causato dai produttori europei e hanno contribuito in misura inferiore rispetto a questi ultimi all’infrazione globale, in quanto tali produttori europei si sono spinti oltre ripartendosi i progetti europei con atti collusivi positivi.

    62

    La Commissione sostiene che il terzo motivo è irricevibile in quanto va oltre gli argomenti esposti dalla Toshiba in primo grado

    63

    Infatti, tale motivo costituirebbe una contestazione della convalida, nella decisione controversa, dei rilievi riguardanti la gravità relativa dell’infrazione commessa dalla Toshiba contenuti nella decisione del 2007. Orbene, tali rilievi, pur se contestati nell’ambito del quinto motivo sollevato dinanzi al Tribunale nella causa sfociata nella sentenza impugnata, non farebbero parte della sua argomentazione, come da essa ammesso in primo grado nella sua replica. In realtà, in tale replica, la Toshiba avrebbe rinunciato ai suoi argomenti attinenti a tale questione della gravità relativa della sua infrazione.

    64

    In subordine, la Commissione fa valere che il terzo motivo è irricevibile in quanto verte su una questione passata in giudicato.

    65

    Nella sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), il Tribunale avrebbe collegato la sua valutazione della gravità dell’infrazione commessa dalla Toshiba alla questione dell’infrazione unica e continuata. Tuttavia, poiché tale questione è ormai passata in giudicato, essa non potrebbe più essere rimessa in discussione nell’ambito del presente procedimento.

    66

    Infine, la Commissione sostiene che, qualora la Corte dovesse decidere che il terzo motivo è ricevibile, esso dovrebbe essere respinto in quanto infondato. Essa si riferisce, a tale proposito, al principio derivante dalla giurisprudenza secondo il quale la circostanza che un’impresa non abbia direttamente partecipato a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa globale non può scagionarla dalla responsabilità per l’infrazione, se sia comprovato che dovesse necessariamente esserle noto, da una parte, il fatto che la collusione a cui partecipava rientrava in un piano globale e, dall’altra, che questo piano globale riguardava il complesso degli elementi costitutivi dell’intesa.

    Giudizio della Corte

    – Sulla ricevibilità

    67

    Occorre respingere le due eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione.

    68

    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento secondo il quale la questione che costituisce l’oggetto del terzo motivo non sarebbe stata sollevata dinanzi al Tribunale, è giocoforza constatare che invece lo è stata. Infatti, nell’ambito del quinto motivo del suo ricorso, la Toshiba ha fatto valere che la Commissione, nello stabilire l’ammenda, e in particolare l’importo di partenza di quest’ultima, non ha tenuto conto del suo presunto contributo all’intesa, il che costituirebbe una violazione del principio della parità di trattamento. Inoltre, nella sua replica dinanzi al Tribunale, la Toshiba non ha rinunciato al succitato quinto motivo.

    69

    In secondo luogo, relativamente all’obiezione che la Commissione fa discendere dal principio dell’autorità di cosa giudicata, occorre constatare che essa si basa sulla premessa secondo la quale, nella sua impugnazione, la Toshiba contesterebbe l’esistenza di un’infrazione unica e continuata.

    70

    Orbene, ciò non ricorre in quanto il terzo motivo è limitato alla diversa questione della determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alla Toshiba alla luce della gravità dell’infrazione contestatale.

    71

    Per contro, quest’ultima questione, relativa non all’esistenza dell’infrazione unica e continuata addebitata alla Toshiba, bensì alla determinazione dell’importo dell’ammenda alla luce della gravità dell’infrazione contestatale, è stata esaminata specificatamente dal Tribunale nella sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343).

    72

    Infatti, nei punti da 258 a 261 della citata sentenza, il Tribunale ha respinto il primo capo del quarto motivo del ricorso della Toshiba con il quale essa aveva fatto valere che la Commissione non aveva tenuto conto del fatto che la gravità relativa della sua partecipazione all’intesa era inferiore a quella contestata ai produttori europei, in quanto la Toshiba aveva unicamente partecipato all’intesa comune attraverso la quale si era impegnata a non presentare offerte per i progetti relativi alle GIS situate in Europa, mentre i produttori europei avevano in aggiunta partecipato all’accordo EQ avente ad oggetto la ripartizione di tali progetti.

    73

    Occorre inoltre rilevare che la sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), ha formato oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte.

    74

    A seguito del rigetto di tale impugnazione con sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione (C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866), la sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), e più precisamente il suo dispositivo così come la motivazione che ne costituisce il necessario fondamento, ha acquisito carattere definitivo (v., in tal senso, sentenza del 19 febbraio 2009, Gorostiaga Atxalandabaso/Parlamento, C‑308/07 P, EU:C:2009:103, punto 57).

    75

    È appurato che, nell’ambito della sua impugnazione della sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), la Toshiba non ha contestato i punti da 258 a 262 di tale sentenza.

    76

    Tuttavia, conformemente all’articolo 169 del regolamento di procedura della Corte, le conclusioni dell’impugnazione tendono all’annullamento, totale o parziale, della decisione del Tribunale quale contenuta nel dispositivo della decisione stessa.

    77

    Ne consegue che, nell’ambito della sua impugnazione della sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), la Toshiba non poteva contestare la motivazione contenuta nei punti da 258 a 262 di tale sentenza senza rimettere in discussione il suo dispositivo nei limiti in cui, con quest’ultimo, il Tribunale aveva annullato l’ammenda inflittale.

    78

    Orbene, non si può censurare la Toshiba per non aver contestato la citata motivazione nell’ambito della sua impugnazione dinanzi alla Corte, bensì di aver limitato quest’ultima alla motivazione della sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), attinente all’infrazione addebitatale.

    79

    Infatti, nessuno può essere costretto ad agire contro i propri interessi al fine di salvaguardare i propri diritti procedurali, tra i quali il diritto di proporre un’impugnazione dinanzi alla Corte.

    80

    Pertanto, nell’esaminare, nei punti da 139 a 141 della sentenza impugnata, la questione della conformità con il principio della parità di trattamento della determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta alla Toshiba alla luce della gravità dell’infrazione contestatale rispetto a quella presa in considerazione per i produttori europei, il Tribunale non ha violato l’autorità di cosa giudicata di cui gode la sentenza del Tribunale del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343).

    – Nel merito

    81

    Nei punti 141 e 142 della sentenza impugnata, il Tribunale, senza commettere alcun errore di diritto, ha deciso che, dal momento che la partecipazione delle imprese giapponesi all’intesa comune costituiva una «condizione preliminare» per l’attuazione concreta dell’accordo EQ al quale hanno partecipato unicamente le imprese europee e che, quindi, il rispetto da parte delle imprese giapponesi dei loro impegni in forza dell’intesa comune costituiva un «contributo necessario» al funzionamento dell’infrazione, si doveva giungere alla conclusione che il contributo della Toshiba all’infrazione è paragonabile a quello delle imprese europee.

    82

    Inoltre, nel punto 141 della sentenza impugnata, il Tribunale ha fatto riferimento al punto 261 della sentenza del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), nel quale il Tribunale ha parimenti correttamente deciso che, poiché la Toshiba si era impegnata in base all’intesa comune a non operare nel mercato SEE, era ininfluente che essa partecipasse anche all’accordo EQ, il quale aveva ad oggetto la ripartizione dei progetti relativi a talune GIS nel SEE. Infatti, la circostanza che la Toshiba non partecipasse all’accordo EQ era irrilevante e non era il risultato di una sua scelta.

    83

    In altri termini, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 134 delle sue conclusioni, il Tribunale ha correttamente deciso che la circostanza che la Toshiba non abbia partecipato all’accordo EQ è una mera conseguenza della sua partecipazione all’intesa comune e non implica quindi che il suo comportamento fosse meno grave di quello dei produttori europei.

    84

    Pertanto, la Toshiba non poteva censurare la Commissione per non averle concesso una riduzione dell’importo della sua ammenda per il fatto che essa non ha partecipato all’accordo EQ.

    85

    In considerazione di quanto precede, si deve constatare che il terzo motivo non è fondato e dev’essere respinto.

    86

    Quindi, atteso che nessuno dei motivi dedotti dalla Toshiba ha trovato accoglimento, il ricorso deve essere respinto.

    Sulle spese

    87

    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, quando l’impugnazione è infondata, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    88

    La Toshiba, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    L’impugnazione è respinta.

     

    2)

    La Toshiba Corp. è condannata alle spese.

     

    Firme


    ( *1 ) * Lingua processuale: l’inglese.

    Top