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Document 62016CC0470

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 19 ottobre 2017.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:781

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 19 ottobre 2017 ( 1 )

Causa C‑470/16

North East Pylon Pressure Campaign Limited

Maura Sheehy

contro

An Bord Pleanála

Minister for Communications, Climate Action and Environment, Ireland

Attorney General, Ireland

e

Interveniente

EirGrid Plc

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Alta Corte, Irlanda)]

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 11, paragrafi 2 e 4, della direttiva 2011/92/UE – Decisioni, atti od omissioni – Spese processuali «non eccessivamente onerose» – Rigetto del ricorso in quanto prematuro – Elementi di un procedimento giurisdizionale di diritto dell’Unione e non di diritto dell’Unione – Applicabilità diretta dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus»

I. Introduzione

1.

L’EirGrid Plc (in prosieguo: l’«EirGrid») è un operatore pubblico irlandese di trasmissione di energia elettrica. Tale società progetta la realizzazione di un’interconnessione elettrica tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda. La North East Pylon Pressure Campaign Ltd (in prosieguo: la «NEPPC») e la sig.ra Maura Sheehy (in prosieguo: le «ricorrenti») ritengono che la procedura di autorizzazione del progetto sia viziata. Le ricorrenti hanno presentato una domanda di autorizzazione a proporre un ricorso giurisdizionale, costituente la prima fase di una procedura di controllo giurisdizionale articolata in due fasi. Dopo diversi giorni di udienza, la High Court (Alta Corte, Irlanda) ha dichiarato che la domanda era stata presentata prematuramente e non ha rilasciato l’autorizzazione a proporre un ricorso giurisdizionale.

2.

Nelle domande sulle spese, formulate in base a tale pronuncia, le parti vittoriose [l’An Bord Pleanála, il Minister for Communications, Climate Action and Environment (Ministro delle comunicazioni, l’azione per il clima e l’ambiente), e l’Attorney General] hanno affermato che le controparti avrebbero dovuto essere condannate al pagamento delle spese da esse sostenute. Lo stesso è stato affermato dalle parti soccombenti, ossia dalle ricorrenti. Queste ultime hanno sostenuto l’applicabilità della norma di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92/UE ( 2 ) (in prosieguo: la «direttiva»), secondo la quale le spese sostenute nel proporre determinati ricorsi non dovrebbero essere eccessivamente onerose.

3.

La High Court (Alta Corte) irlandese nutre dubbi sul fatto che la norma sulle spese «eccessivamente onerose» trovi applicazione nel tipo di procedimenti di autorizzazione su cui è chiamata a pronunciarsi, il cui riconoscimento è stabilito caso per caso. Essa chiede chiarimenti sull’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva in cui tale norma è rinvenibile. Essa chiede chiarimenti sull’applicabilità dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus ( 3 ) (in prosieguo: la «Convenzione»).

II. Contesto normativo

A. Diritto internazionale

1.   Convenzione di Aarhus

4.

Ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione:

«(…)

2.   Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

(…)

(…) abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale.

3.   In aggiunta, e ferme restando le procedure di ricorso di cui ai paragrafi 1 e 2, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale.

4   Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. (…)».

B. Diritto dell’Unione

1.   Decisione relativa alla conclusione della Convenzione di Aarhus

5.

Con l’articolo 1 della decisione 2005/370/CE la Comunità europea ha approvato la Convenzione di Aarhus ( 4 ).

2.   Direttiva 2011/92 concernente la valutazione ambientale di progetti pubblici e privati

6.

L’articolo 11 della direttiva 2011/92 disciplina l’accesso alle procedure di ricorso:

«1.   Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

(…)

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

2.   Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.

(…)

4.   Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale.

Una siffatta procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa».

3.   Regolamento (UE) n. 347/2013

7.

In forza del suo articolo 1, il regolamento (UE) n. 347/2013 (in prosieguo: il «regolamento PIC») ( 5 ) stabilisce «gli orientamenti per lo sviluppo tempestivo e l’interoperabilità delle aree e dei corridoi prioritari dell’infrastruttura energetica transeuropea».

8.

L’articolo 8, intitolato «Organizzazione del procedimento di rilascio delle autorizzazioni», impone a ogni Stato membro di nominare «un’autorità nazionale competente che sarà responsabile dell’agevolazione e del coordinamento del procedimento di rilascio delle autorizzazioni per i progetti di interesse comune».

C. Diritto irlandese

1.   Planning and Development Act, 2000

9.

L’articolo 50B del Planning and Development Act 2000 (legge del 2000 in materia di pianificazione e sviluppo urbanistico), come modificato ( 6 ) (in prosieguo: il «PDA»), stabilisce quanto segue:

«1)   Il presente articolo si applica ai seguenti tipi di procedimento:

a)

procedimenti avviati dinanzi alla High Court (Alta Corte) mediante ricorso giurisdizionale, o diretti a ottenere l’autorizzazione a proporre un ricorso giurisdizionale, avverso

i)

qualsiasi decisione o presunta decisione adottata o asseritamente adottata,

ii)

qualsiasi azione intrapresa o asseritamente intrapresa, o

iii)

qualsiasi omissione, ai sensi di una legge dello Stato che dà attuazione

[in particolare] a una disposizione della direttiva [85/337/CEE ( 7 )] alla quale si applica l’articolo 10a (…)».

10.

L’articolo 50B, paragrafo 3, stabilisce che:

«La High Court (Alta Corte) può condannare una parte alle spese in procedimenti cui si applica il presente articolo qualora lo ritenga opportuno

a)

in quanto considera futile o vessatoria l’azione o la domanda riconvenzionale promossa dalla parte,

b)

a causa della condotta della parte durante procedimento, o

c)

laddove sia ravvisabile un caso di oltraggio alla corte».

11.

Ai sensi dell’articolo 50B, paragrafo 4, del PDA:

«Il paragrafo 2 non incide sul potere della High Court (Alta Corte) di statuire il rimborso delle spese a favore di una parte laddove una questione rivesta un’importanza pubblica eccezionale e laddove, nelle particolari circostanze del caso di specie, occorra procedere in tal modo nell’interesse della giustizia».

2.   Environment (Miscellaneous Provisions) Act 2011

12.

L’articolo 3 dell’Environment (Miscellaneous Provisions) Act 2011 [legge del 2011 sull’ambiente (disposizioni varie); in prosieguo la «legge sull’ambiente del 2011»] ( 8 ) prevede che:

«3)   un giudice può condannare una parte alle spese in procedimenti cui si applica il presente articolo qualora lo ritenga opportuno

a)

laddove consideri futile o vessatoria l’azione o la domanda riconvenzionale promossa dalla parte,

b)

a causa della condotta della parte durante procedimento, o

c)

laddove sia ravvisabile un caso di oltraggio alla corte.

4)   Il paragrafo 1 non incide sul potere del giudice di statuire il rimborso delle spese a favore di una parte laddove una questione rivesta un’importanza pubblica eccezionale e laddove, nelle particolari circostanze del caso di specie, tale rimborso sia nell’interesse della giustizia».

13.

L’articolo 4 della legge sull’ambiente del 2011 dispone quanto segue:

«1)   L’articolo 3 si applica ai procedimenti civili diversi dai procedimenti di cui al paragrafo 3, avviati da una persona

a)

al fine di garantire il rispetto o l’esecuzione di obblighi di legge, di condizioni o di altre prescrizioni relativi ad una licenza, un’autorizzazione, un permesso, un’approvazione o una concessione specificati al paragrafo 4, o

b)

relativamente alla violazione o mancata osservanza di tale licenza, autorizzazione, permesso, approvazione o concessione,

laddove l’omissione della garanzia del rispetto o dell’esecuzione di tali obblighi di legge, condizioni o altre prescrizioni di cui alla lettera a), o la violazione o mancata osservanza di cui alla lettera b), abbia causato, causi o possa causare danni all’ambiente.

(…)».

14.

L’articolo 8 della legge sull’ambiente del 2011 richiede ai giudici di «prendere giuridicamente in considerazione» la Convenzione.

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

15.

Nel 2014 l’EirGrid ha proposto un progetto per collegare le reti elettriche dell’Irlanda e dell’Irlanda del Nord (in prosieguo: il «progetto di interconnessione»). Il progetto di interconnessione è un «progetto di interesse comune» ai sensi del regolamento PIC.

16.

In Irlanda l’organo designato ai sensi dell’articolo 8 del regolamento PIC è l’An Bord Pleanála, il planning appeals board irlandese (commissione di ricorso in materia di pianificazione territoriale; in prosieguo: la «commissione di ricorso»). In quanto tale, la commissione di ricorso è responsabile dell’agevolazione e del coordinamento della procedura di concessione dell’autorizzazione del progetto di interconnessione.

17.

In qualità di commissione di ricorso irlandese in materia di pianificazione territoriale, essa è anche l’organo responsabile dell’approvazione dell’autorizzazione di tale progetto. In seguito alla presentazione, da parte della EirGrid, della domanda formale di autorizzazione del progetto e della valutazione di impatto ambientale, la commissione di ricorso ha fissato un’udienza di trattazione per il 7 marzo 2016.

A. Domanda di «autorizzazione»: prima fase di un procedimento di controllo giurisdizionale articolato in due fasi

18.

La NEEPC è un’organizzazione non governativa che promuove la tutela dell’ambiente. Essa rappresenta un gran numero di parti interessate e di proprietari locali, tra i quali la sig.ra Sheehy.

19.

Poco tempo prima dell’udienza di trattazione, il 4 marzo 2016, la NEEPC e la sig.ra Sheehy (in prosieguo: le «ricorrenti») hanno tentato di contestare la procedura di autorizzazione del progetto, cercando in particolare di impedire che si svolgesse la trattazione orale. Ciò è avvenuto mediante una domanda di autorizzazione a proporre un ricorso giurisdizionale e una domanda di provvedimenti provvisori. Sono state presentate sedici richieste in base a 46 a motivi, tra cui: l’invalidità di talune parti della procedura di autorizzazione del progetto, in particolare la richiesta di approvazione presentata ai sensi del PDA e la dichiarazione che la designazione della commissione di ricorso quale autorità competente era irregolare.

20.

La domanda di provvedimenti provvisori è stata respinta. L’udienza di trattazione dinanzi alla commissione di ricorso si è tenuta il 7 marzo 2016 come previsto. La domanda di autorizzazione a proporre ricorso ha continuato ad essere pendente dinanzi al giudice del rinvio che ha provveduto a esaminarla.

21.

Il giudice investito della domanda ha consentito alle ricorrenti di aggiungere in veste di convenuti il Minister for Communications, Energy and Natural Resources (Ministro delle comunicazioni, dell’energia e delle risorse naturali), ora Minister for Communications, Climate Action and Environment (Ministro delle comunicazioni, l’azione per il clima e l’ambiente; in prosieguo: il «Ministro»), che aveva nominato la commissione di ricorso quale autorità competente ai sensi del regolamento PIC, e l’Attorney General. A questi ultimi è stato consentito di affinare e modificare l’impugnazione della nomina della commissione di ricorso quale autorità competente. L’EirGrid è intervenuta nel procedimento in qualità di interveniente.

22.

Secondo il giudice del rinvio, i convenuti avevano affermato che la domanda era prematura, ma anche tardiva.

23.

Il 12 maggio 2016, dopo quattro giorni di udienza di trattazione sulla domanda di autorizzazione, il giudice del rinvio ha negato l’autorizzazione a proporre un ricorso giurisdizionale con la motivazione che la domanda era prematura.

B. Domande sulle spese

24.

Si sono svolti altri due giorni di udienza, che hanno visto impegnati quattro team distinti di legali, riguardanti le spese di importo pari a EUR 513000. Tutte le parti risultate vittoriose chiedono che le ricorrenti siano condannate al pagamento delle spese. Le ricorrenti, a loro volta, chiedono che le controparti siano condannate al pagamento delle spese e affermano che le spese dovrebbero seguire la regola della procedura «non eccessivamente onerosa» di cui all’articolo 11 della direttiva (in prosieguo: la «regola della non eccessiva onerosità»).

25.

Nell’ambito della domanda sulle spese, la High Court (Alta Corte) irlandese ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, con decisione del 29 luglio 2016, le sette questioni seguenti:

«i)

se, nel contesto di un ordinamento giuridico nazionale in cui il legislatore non abbia stabilito in modo espresso e definitivo in quale fase del procedimento una decisione possa essere impugnata e in cui tale questione debba essere risolta dal giudice nell’ambito di ogni singolo ricorso, caso per caso, secondo le regole di common law, il diritto di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva [2011/92] ad una procedura “non eccessivamente onerosa” si applichi al giudizio dinanzi ad un giudice nazionale nell’ambito del quale si accerta se lo specifico ricorso in questione sia stato presentato nella fase appropriata;

ii)

se il requisito secondo cui una procedura debba essere “non eccessivamente onerosa”, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva [2011/92], si applichi a tutti gli elementi di un procedimento giudiziario mediante il quale si impugna la legittimità (in base al diritto nazionale o dell’Unione) di una decisione, atto od omissione soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla direttiva, o unicamente agli elementi di diritto dell’Unione di tale impugnazione (o, in particolare, unicamente agli elementi dell’impugnazione relativi a questioni riguardanti le disposizioni della direttiva sulla partecipazione del pubblico);

iii)

se la locuzione “decisioni, atti od omissioni” di cui all’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva [2011/92] comprenda le decisioni amministrative adottate durante l’esame di una richiesta di autorizzazione di un progetto, indipendentemente dal fatto che dette decisioni amministrative stabiliscano o meno i diritti delle parti in maniera irreversibile e definitiva;

iv)

se un giudice nazionale, al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva nei settori coperti dal diritto dell’ambiente dell’Unione, debba interpretare il proprio diritto nazionale nella maniera più conforme possibile agli obiettivi enunciati nell’articolo 9, paragrafo 3, della [Convenzione], a) in un procedimento in cui si contesta la validità di una procedura di autorizzazione relativa ad un progetto di interesse comune designato ai sensi del [regolamento n. 347/2013], e/o b) in un procedimento in cui si contesta la validità di una procedura di autorizzazione di un progetto che riguarda un sito europeo designato ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;

v)

se, nel caso in cui alla questione sub iv), a) e/o b), sia data risposta affermativa, la prescrizione secondo cui i ricorrenti devono “[soddisfare] i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale” impedisca che la Convenzione sia considerata come dotata di effetto diretto, nel caso in cui i ricorrenti abbiano soddisfatto tutti i criteri previsti dal diritto nazionale per presentare un ricorso e/o siano chiaramente legittimati a presentare il ricorso a) in un procedimento in cui si contesta la validità di una procedura di autorizzazione relativa ad un progetto di interesse comune designato ai sensi del [regolamento n. 347/2013], e/o b) in un procedimento in cui si contesta la validità di una procedura di autorizzazione di un progetto che riguarda un sito europeo designato ai sensi della [direttiva 92/43 del Consiglio];

vi)

se uno Stato membro sia libero di prevedere nella propria legislazione eccezioni alla norma secondo cui i ricorsi in materia ambientale non dovrebbero essere eccessivamente onerosi, sebbene né la [direttiva 2011/92] né la [Convenzione] prevedano una simile eccezione; e

vii)

in particolare, se un requisito posto dal diritto nazionale che prescrive la sussistenza di un nesso di causalità fra l’atto o la decisione asseritamente illegittimi e il danno all’ambiente, quale condizione per l’applicazione della legislazione nazionale che attua l’articolo 9, paragrafo 4, della [Convenzione], al fine di garantire che i procedimenti in materia ambientale non siano eccessivamente onerosi, sia compatibile con la Convenzione.

26.

I ricorrenti, la commissione di ricorso, il Ministro, l’Attorney General, l’EirGrid e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte alla Corte; tutte le predette parti hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 29 giugno 2017.

IV. Valutazione

27.

Le presenti conclusioni sono così articolate: inizierò formulando alcune osservazioni generali riguardo alla regola della non eccessiva onerosità (sezione A.1) per dimostrare come e perché tale regola sia effettivamente applicabile al tipo di procedimento dinanzi alla High Court (Alta Corte) irlandese. Esaminerò successivamente, una per una, le questioni prima, seconda, terza, sesta e settima sollevate dal giudice del rinvio riguardo all’applicazione di tale regola prevista dalla direttiva 2011/92 (sezioni da A.2 a A.6). Concluderò formulando considerazioni sulla rilevanza dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione ai fini dell’analisi, con riferimento alle questioni quarta e quinta (sezione B).

A. Applicabilità e ambito di applicazione della regola della non eccessiva onerosità: questioni dalla prima alla terza e questioni sesta e settima

1.   Osservazioni generali sulla regola della non eccessiva onerosità

28.

Le questioni prima, seconda, terza, sesta e settima del giudice del rinvio si riferiscono tutte all’ambito di applicazione della regola della non eccessiva onerosità e alle sue condizioni di applicabilità. Inizierò quindi formulando alcune osservazioni generali sulla regola della non eccessiva onerosità, riguardanti i) la natura di tale regola, ii) l’obiettivo dell’ampio accesso alla giustizia in materia ambientale, e iii) la prevedibilità dell’applicazione della regola.

i)   Natura della regola della non eccessiva onerosità

29.

Strutturalmente, nella direttiva 2011/92, la regola della non eccessiva onerosità è rinvenibile, alquanto stranamente, in una riga separata, non numerata, a chiusura dell’articolo 11, paragrafo 4. Prima facie, tale collocazione non consente di comprendere se la regola della non eccessiva onerosità sia applicabile a tutti i procedimenti di cui all’articolo 11 o solo ai procedimenti amministrativi previsti dall’articolo 11, paragrafo 4.

30.

Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta chiaramente che la regola è applicabile a tutte le procedure di cui all’articolo 11, compreso il ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge (di cui all’articolo 11, paragrafo 1) ( 9 ). Ciò è confermato inoltre dalla disposizione equivalente della Convenzione (articolo 9, paragrafo 4), numerata separatamente e chiaramente attinente alle «procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3», ossia di natura amministrativa o giurisdizionale.

31.

La genesi storica di tale disposizione fornisce ulteriore supporto a tale interpretazione. L’articolo 11 della direttiva 2011/92 era in origine l’articolo 10 bis della direttiva 85/337 ( 10 ). Contrariamente all’articolo 11 della direttiva 2011/92, l’articolo 10 bis non era suddiviso in paragrafi numerati. Era quindi evidente che la regola della non eccessiva onerosità si applicava all’intero articolo. Poiché la direttiva 2011/92 doveva essere una semplice codificazione della direttiva 85/337, ritengo che nell’introdurre la numerazione dei paragrafi non vi fosse alcun intento di modificare l’ambito di applicazione della regola della non eccessiva onerosità.

32.

Stante quanto precede, in forza dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2011/92, l’ambito di applicazione della regola della non eccessiva onerosità comprende quindi procedure di ricorso dinanzi a organi giurisdizionali «per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva», ossia «procedimenti giurisdizionali» in tale settore del diritto ambientale.

33.

Inoltre, occorre tener presente che la regola della non eccessiva onerosità costituisce una particolare espressione, nella direttiva 2011/92, del più generale principio di accesso alla giustizia nel diritto ambientale come risulta evidente dalla giurisprudenza della Corte ( 11 ) e dalla Convenzione (in quanto uno dei suoi tre pilastri).

34.

Infine, la regola della non eccessiva onerosità riflette anche il più ampio requisito del diritto dell’Unione secondo il quale tutti i procedimenti nazionali rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione non possono essere «eccessivamente onerosi» alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), che sancisce il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Una giustizia eccessivamente onerosa non è giustizia ( 12 ).

35.

La regola della non eccessiva onerosità conferma la tutela offerta dalla Carta, ma ha una portata più ampia: in particolare essa richiede che si tenga conto anche dell’interesse pubblico a garantire il controllo giurisdizionale effettivo di decisioni che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente, mentre l’articolo 47 della Carta è incentrato sui diritti individuali ( 13 ). La regola fornisce quindi una tutela supplementare.

36.

Ritengo importante sottolineare, fin dall’inizio, tale più ampio contesto delle origini e dell’applicazione della regola della non eccessiva onerosità. La natura supplementare e relativa di tale regola dovrebbe essere, infatti, tenuta presente quando si discute del (dei limiti al) suo ambito di applicazione, che diviene allora, probabilmente, assai meno «binario» ( 14 ).

ii)   Ampio accesso alla giustizia in materia ambientale

37.

L’obiettivo di garantire un ampio accesso alla giustizia riflette la «volontà del legislatore dell’Unione di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e di assegnare al pubblico un ruolo attivo a tal fine» ( 15 ).

38.

«Ampio accesso» alla giustizia significa precisamente che: l’accesso alla giustizia deve essere esteso, completo e di vasta portata. Infatti, l’obiettivo stesso dell’articolo 11 è proprio quello di garantire il più ampio accesso possibile al ricorso ( 16 ). Esso comprende tutti gli elementi del ricorso, quale la legittimazione ad agire, ma anche le spese. Si afferma che esso trova applicazione ogni qual volta lo Stato membro esercita il suo potere discrezionale nel fissare norme procedurali dettagliate. Viene infatti definito come limite a tale potere discrezionale ( 17 ).

39.

Le spese processuali elevate possono in pratica costituire facilmente un ostacolo all’accesso per i contendenti privi dei mezzi necessari. Probabilmente, tali spese rappresentano altresì uno dei principali disincentivi a proporre ricorso perfino per coloro che dispongono di mezzi. Pertanto, le spese processuali elevate sono in contrasto con l’obiettivo dell’ampio accesso alla giustizia.

iii)   Prevedibilità dell’applicazione della regola della non eccessiva onerosità

40.

La prevedibilità costituisce parte integrante della valutazione dell’eccessiva onerosità delle spese. Ciò è già stato confermato nella giurisprudenza della Corte proprio in relazione alla regola della non eccessiva onerosità prevista dalla direttiva ( 18 ). L’importanza della prevedibilità è stata altresì riconosciuta dalla Corte, in termini più generali, relativamente alle spese di procedimenti giudiziari (non in materia ambientale) ( 19 ).

41.

La prevedibilità è rilevante, in particolare, per due aspetti del caso di specie: prevedibilità di «cosa» e di «quando».

42.

Una delle questioni relative all’ambito di applicazione della regola della non eccessiva onerosità riguarda le impugnazioni cui essa si riferisce: possono essere suddivise in parti specifiche che sono «soggett[e] alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva» e in parti che non lo sono? Discuterò della fattibilità di tale suddivisione in sede di esame della seconda questione (sezione A.3). In questa fase è sufficiente osservare che, se ritrovarsi da una parte o dall’altra di tale linea fa la differenza tra costi contenuti e la probabilità di andare in fallimento, l’imprevedibilità in quanto tale può costituire chiaramente, a tal riguardo, un forte disincentivo a proporre impugnazioni ( 20 ). Tale circostanza evidenzia anch’essa l’importanza della relatività della regola della non eccessiva onerosità di cui si è già discusso supra al paragrafo 36.

43.

Nella fattispecie sorgono inoltre questioni di prevedibilità in relazione alla fase in cui le impugnazioni possono essere proposte.

44.

L’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva richiede che lo Stato membro «stabilisc[a] in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni».

45.

In Irlanda non sono state emanate norme di legge espresse per trasporre tale disposizione. Al contrario, le parti sono soggette a regole generali di common law di diritto amministrativo. Se l’impugnazione di una decisione, atto o od omissione sia prematura o tardiva viene stabilito caso per caso.

46.

Vorrei sottolineare che, in generale, non vi è nulla da obiettare, in linea di principio, contro il fatto che obblighi di diritto dell’Unione siano trasposti a livello nazionale attraverso la giurisprudenza. La flessibilità intrinseca alla giurisprudenza non costituisce di per sé un problema ( 21 ). Tuttavia, è altresì evidente che, a prescindere dai mezzi di trasposizione prescelti, l’obiettivo generale dello Stato membro rimane lo stesso: garantire la piena applicazione della direttiva in modo da fornire sufficiente chiarezza, precisione e prevedibilità ( 22 ). Deve esistere un orientamento giurisprudenziale chiaro e comprensibile, che consenta di dedurre le norme con chiarezza e che soddisfi i requisiti della certezza del diritto attraverso un risultato di efficacia cogente incontestabile ( 23 ). La prevedibilità è fondamentale ( 24 ).

47.

Tuttavia, nel caso di specie, il giudice del rinvio ha sottolineato la presenza di incertezze nella giurisprudenza relativamente a quando (in quale fase) si debba proporre un’impugnazione. Nelle questioni sottoposte alla Corte, il giudice del rinvio non ha sollevato direttamente il problema dell’adeguatezza della trasposizione dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva effettuata dall’Irlanda. Tuttavia, il giudice del rinvio ha dichiarato espressamente, nell’ordinanza di rinvio, che le norme non sono del tutto chiare e che sono problematiche per i ricorrenti in termini di certezza del diritto.

48.

La Corte è vincolata dall’interpretazione del diritto nazionale fornita dal giudice del rinvio. Pur riconoscendo che il grado di incertezza delle norme irlandesi è stato contestato dalle parti dinanzi alla Corte, procederò con la valutazione degli effetti del diritto nazionale secondo quanto esposto dal giudice del rinvio come punto di partenza. Di conseguenza, la questione della prevedibilità delle spese è particolarmente rilevante.

49.

Tenendo conto delle precedenti considerazioni, passo ora all’esame delle questioni concretamente formulate dal giudice del rinvio.

2.   Sulla prima questione

50.

Ai fini dell’analisi, la questione può essere suddivisa in due punti. In primo luogo, la regola della non eccessiva onerosità si applica allo stesso modo alle domande di autorizzazione a proporre un ricorso giurisdizionale e ai ricorsi giurisdizionali in quanto tali? In secondo luogo, la risposta affermativa al primo quesito cambierebbe se la domanda di autorizzazione fosse respinta in quanto presentata con troppo anticipo?

51.

A mio avviso, la risposta al primo quesito è chiara: sì, la regola della non eccessiva onerosità si applica allo stesso modo alle domande di autorizzazione.

52.

Quando il controllo giurisdizionale è suddiviso in due fasi, anche la prima fase costituisce un «procedimento giurisdizionale» e può essere certamente definita come «ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale». Presentare una domanda di autorizzazione a proporre un ricorso giurisdizionale richiede un esame, seppure non approfondito, del merito, delle memorie e delle osservazioni orali delle parti. Nel caso di specie, tale esame è stato effettuato nel corso di quattro giorni di udienza. Inoltre, ritengo che esista la possibilità di trattare le domande di autorizzazione come ricorsi giurisdizionali, racchiudendo quindi le due fasi del ricorso giurisdizionale in un’unica udienza.

53.

Inoltre, se il procedimento dovesse indirizzarsi verso il pieno controllo giurisdizionale, la regola sarebbe certamente applicabile anche alla fase dell’autorizzazione. Al riguardo, la Corte ha già confermato che dovrebbe essere preso in considerazione «il complesso dei costi finanziari derivanti dalla partecipazione al procedimento giurisdizionale», ossia che il carattere eccessivamente oneroso dovrebbe essere «valutato globalmente» ( 25 ). La Corte ha anche dichiarato espressamente che non dovrebbero sussistere distinzioni tra le fasi del procedimento – primo grado, appello o ulteriore impugnazione – quando si decide sul carattere eccessivamente oneroso delle spese: «oltre al fatto che tale distinzione non è prevista nelle direttive 85/337 e 96/61, una siffatta interpretazione non sarebbe atta a rispettare pienamente l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione, che è quello di garantire un ampio accesso alla giustizia e di contribuire al miglioramento della tutela dell’ambiente» ( 26 ).

54.

Spetta certamente allo Stato membro determinare la struttura del sistema di controllo giurisdizionale in questo settore, tuttavia se viene aggiunto al procedimento un livello giurisdizionale ulteriore e obbligatorio per raggiungere la fase dell’esame completo dell’impugnazione della decisione, dell’atto o dell’omissione, la prima fase nonché tutte le fasi successive devono rientrare nella regola della non eccessiva onerosità.

55.

Metaforicamente parlando, spetta a me decidere come si possa entrare in casa mia. Potrebbe esservi soltanto una porta d’ingresso. Potrebbe anche esservi una porta sul retro, una zanzariera, una veranda o un atrio. Ma in ogni caso l’entrata è strutturata, sarà sempre parte della mia casa e le regole di ingresso saranno applicabili all’intera struttura.

56.

Questo ci porta al secondo punto. La risposta precedente cambia se la domanda di autorizzazione viene respinta in quanto presentata con troppo anticipo?

57.

Nella fattispecie, la risposta a tale quesito è, a mio avviso, chiaramente negativa, ossia, ciò non modifica l’applicabilità della regola della non eccessiva onerosità.

58.

L’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva impone agli Stati membri di specificare la fase in cui è possibile proporre le impugnazioni di cui all’articolo 11, paragrafo 1. Nei casi in cui lo Stato membro abbia dato attuazione all’articolo 11, paragrafo 2, in termini chiari e precisi, in modo tale da essere oltremodo evidente che l’azione promossa dal ricorrente è prematura, tale circostanza potrebbe essere presa in considerazione ( 27 ). Ricordo che quando stabilisce ciò che si configura, nel presente contesto, come spese «eccessivamente onerose», il giudice nazionale può certamente tener conto di fattori tra i quali rientrano la prospettiva del ricorrente di risultare vittorioso e la potenziale futilità della sua domanda ( 28 ).

59.

Tuttavia, date le incertezze sottolineate supra al paragrafo 47 relativamente alla fase in cui dovrebbero essere proposte le impugnazioni, tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

60.

Concordo con l’osservazione della Commissione secondo la quale l’obiettivo fondamentale dell’articolo 11 sarebbe pregiudicato se il ricorrente scoprisse se l’azione sia stata promossa o meno nella fase opportuna, e se egli sia esposto o meno a spese eccessive, soltanto dopo che il procedimento è stato avviato e le spese sono state sostenute, a causa del fatto che lo Stato membro non ha stabilito in anticipo, chiaramente e senza ambiguità la fase in cui un procedimento può essere avviato. Qualsiasi potenziale lacuna nella trasposizione dell’articolo 11 non deve essere usata a danno dei ricorrenti.

61.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione del giudice del rinvio nei seguenti termini:

Nel contesto di un ordinamento giuridico nazionale in cui il legislatore non abbia stabilito in modo espresso e definitivo in quale fase del procedimento una decisione possa essere impugnata e in cui tale questione debba essere risolta dal giudice nell’ambito di ogni singolo ricorso, caso per caso, secondo le regole di common law, il diritto di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92 ad una procedura «non eccessivamente onerosa» si applica al giudizio dinanzi ad un giudice nazionale nell’ambito del quale si accerta se lo specifico ricorso in questione sia stato presentato nella fase appropriata.

3.   Sulla seconda questione

62.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se la regola della non eccessiva onerosità si applichi:

1)

a tutti gli «elementi» di un procedimento giudiziario mediante il quale si impugna la legittimità di una decisione, di un atto o di un’omissione, o

2)

unicamente agli elementi di diritto dell’Unione di un procedimento giudiziario, o

3)

unicamente alle questioni riguardanti le disposizioni sulla partecipazione del pubblico.

63.

Intendo il riferimento agli «elementi» di un’«impugnazione», contenuto nella questione del giudice nazionale, come costituito da differenti motivi, allegazioni o argomenti individuali presentati in una domanda con la quale si contesta una decisione, un atto o un’omissione ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2011/92 ( 29 ).

64.

Per le ragioni esposte infra, ritengo che la regola della non eccessiva onerosità si applichi a ogni motivo, allegazione o argomento (elementi) basati su violazioni sostanziali o procedurali della direttiva 2011/92 o di altri atti di diritto dell’Unione e fatti valere nell’ambito di impugnazioni di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite da tale direttiva. Quando siffatte impugnazioni includono motivi, allegazioni o argomenti in cui si asserisce la violazione sia del diritto dell’Unione che del diritto nazionale, la regola della non eccessiva onerosità si applicherà in generale all’impugnazione e all’esito della causa nel suo insieme.

i)   Impugnazioni ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2011/92

65.

L’articolo 11, paragrafo 1, si riferisce a contestazioni della legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni «soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva».

66.

Gli articoli 6 e 8 della direttiva 2011/92, in particolare ( 30 ), contengono requisiti per la creazione di diritti e obblighi al fine specifico di garantire la partecipazione del pubblico in senso stretto [in particolare, per garantire che il pubblico sia informato (informazione), che abbia la possibilità di esprimere effettivamente osservazioni e pareri (contributo) e che tali osservazioni siano tenute nella debita considerazione (considerazione)].

67.

L’articolo 11, paragrafo 1, si applica quindi, certamente, alle impugnazioni proposte contro decisioni che, ad esempio, negano l’accesso alle informazioni o vietano la presentazione di osservazioni [scenario 3, indicato supra al paragrafo 62].

68.

Tuttavia, a mio avviso, la portata dell’articolo 11, paragrafo 1, (e della regola della non eccessiva onerosità) è naturalmente più ampia dello scenario 3. Tale interpretazione restrittiva avrebbe, in effetti, scarso valore pratico e non è certamente suffragata dalla giurisprudenza esistente ( 31 ). Ad esempio, si possono agevolmente immaginare situazioni in cui la partecipazione del pubblico a un procedimento è apparentemente rispettata, ma sussistono tuttavia carenze in tale procedimento e nella valutazione di impatto ambientale.

69.

Inoltre, una lettura più attenta del testo dell’articolo 11, paragrafo 1, conferma che l’interpretazione corretta non è tanto restrittiva quanto lo scenario 3 menzionato supra.

70.

I termini «soggetti alle», contenuti nell’articolo 11, paragrafo 1, sono tradotti in vari modi ma in genere trasmettono l’idea che le impugnazioni pertinenti non debbano essere necessariamente finalizzate a tutelare un specifico diritto di partecipazione al procedimento, ma devono riguardare piuttosto il procedimento in relazione al quale viene garantita la partecipazione. Pertanto, a titolo esemplificativo, in altre versioni linguistiche «soggetti alle» viene tradotto come «relevant de» (rientranti nelle), «dentro del ámbito» (nell’ambito di applicazione delle), «vallend onder» e «podléhající» (che ricadono nelle), «gelten» (relativi alle) disposizioni sulla partecipazione del pubblico.

71.

La disposizione fondamentale sulla partecipazione del pubblico, articolo 6, paragrafi 2 e 3, richiede a sua volta che la partecipazione sia garantita in relazione a «procedure (…) di cui all’articolo 2, paragrafo 2». Dal canto suo, l’articolo 2, paragrafo 2, fa riferimento a) alla valutazione dell’impatto ambientale e b) alla procedura nazionale in cui è essa è integrata (autorizzazione di progetti o altro).

72.

In base a tale interpretazione della direttiva 2011/92, l’articolo 11, paragrafo 1, sancisce quindi il diritto di impugnare decisioni, atti od omissioni facenti parte della valutazione dell’impatto ambientale e della procedura nazionale in cui tale valutazione è integrata.

73.

Tale interpretazione, inoltre, riflette il testo della stessa Convenzione. L’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione richiede che sia consentito l’accesso a una procedura di ricorso per impugnare «decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 [sulla partecipazione del pubblico] (…)». L’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione impone alle parti di applicare le disposizioni dell’articolo 6 «alle decisioni relative all’autorizzazione delle attività (…)» (le attività sono essenzialmente quelle elencate espressamente o quelle che incidono significativamente sull’ambiente). Il combinato disposto di tali norme richiede l’accesso alla giustizia per impugnare decisioni relative all’autorizzazione delle attività che incidono sostanzialmente sull’ambiente. Il diritto di impugnare è quindi collegato a processi decisionali che possono avere un impatto sull’ambiente più che essere collegato soltanto, specificamente, a presunte violazioni del diritto di partecipazione.

ii)   Distinzione tra motivi diversi

74.

Seguendo la logica suesposta, ciò che è decisivo nella determinazione dell’applicabilità della regola della non eccessiva onerosità è l’oggetto del singolo procedimento che porta alla decisione, all’atto o all’omissione impugnati. Se la natura di tale oggetto determina l’applicazione dei diritti e degli obblighi di partecipazione del pubblico ai sensi della direttiva, rientra nella regola della non eccessiva onerosità l’intera impugnazione. Tale regola si applica in generale alle «procedure di ricorso» di cui all’articolo 11, non già a motivi specifici dedotti nell’ambito di tali procedure.

75.

Non viene operata alcuna distinzione tra i motivi basati su violazioni del diritto alla partecipazione del pubblico e i motivi in cui si deducono altre ipotesi di illegittimità che incidono sulla valutazione dell’impatto ambientale o in cui si affermano, in realtà, altre ipotesi di illegittimità che incidono sul processo decisionale nel quale la valutazione dell’impatto ambientale è stata integrata (ad esempio, autorizzazione di progetti). Né vengono operate distinzioni tra motivi basati su violazioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale. Inoltre, come la Corte ha dichiarato in precedenza, l’articolo 11 «non ha in alcun modo limitato i motivi che possono essere invocati a sostegno di un ricorso giurisdizionale disciplinato da detta disposizione» ( 32 ).

76.

Tuttavia, è stato affermato dal Ministro e dall’Attorney General, dalla commissione di ricorso e dall’EirGrid che l’articolo 11, paragrafo 1, e quindi la regola della non eccessiva onerosità, non possono essere interpretati nel senso che si applicano estensivamente a tutti gli elementi di un’impugnazione a prescindere dal loro fondamento. In particolare, tali parti concentrano tutte la propria attenzione e concordano sul fatto che la regola della non eccessiva onerosità non può riferirsi a elementi delle impugnazioni basati unicamente sul diritto nazionale.

77.

La commissione di ricorso riconosce espressamente che sono comprese tutte le impugnazioni e i motivi individuali basati su violazioni della direttiva 2011/92, anche se non riguardano specificamente le disposizioni sulla partecipazione del pubblico. Tale ragionamento è basato sull’obiettivo dell’articolo 11 della direttiva di garantire la partecipazione al processo di valutazione dell’impatto ambientale. Tuttavia, la commissione di ricorso insiste sul fatto che la valutazione dell’impatto ambientale è solo una parte del procedimento di autorizzazione dei progetti e respinge l’idea che la regola della non eccessiva onerosità possa essere estesa a impugnazioni basate su preoccupazioni relative ad altri aspetti di tale procedimento.

78.

Concordo sul fatto che l’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva illustrata supra al paragrafo 64 possa essere considerata intuitivamente come fonte di alcune difficoltà di ordine concettuale. Tale interpretazione potrebbe apparire troppo ampia e onnicomprensiva. In particolare, essa implica che la regola della non eccessiva onerosità possa applicarsi quando la legittimità di decisioni in materia di pianificazione (che a un certo punto richiedono la partecipazione del pubblico) possa essere in teoria impugnata sulla base di a) una presunta violazione del diritto ambientale dell’Unione diversa da una violazione della direttiva, b) una presunta violazione del diritto dell’Unione «non correlato» all’ambiente, e/o c) una presunta violazione del diritto puramente nazionale, sia essa in materia ambientale o non ambientale.

79.

Tuttavia, almeno alla luce delle circostanze del caso di specie, ritengo che la regola della non eccessiva onerosità debba essere applicata al ricorso nel suo insieme. Sussistono quattro ragioni principali a sostegno di tale posizione.

80.

In primo luogo, ammettiamo per il momento, per pura ipotesi, l’assunto che l’impugnazione di una decisione (di un atto o di un’omissione) possa essere suddivisa in differenti motivi, allegazioni o argomenti, e che la regola della non eccessiva onerosità sia applicabile ad alcuni di essi ma non ad altri. Per quanto riguarda i motivi rientranti nella regola della non eccessiva onerosità, le spese devono rimanere contenute. Per quanto riguarda gli altri motivi, le spese potrebbero essere significative ( 33 ). Qualsiasi imprevedibilità riguardo alla parte della linea nella quale si colloca un motivo costituirà inevitabilmente un disincentivo a far valere tale motivo. Come già accennato supra ( 34 ), tale disincentivo è di per sé in contrasto con la regola della non eccessiva onerosità.

81.

In secondo luogo, per quanto riguarda la distinzione tra la direttiva e altri motivi basati su presunte violazioni del diritto dell’Unione, la giurisprudenza esistente già conferma che altri atti normativi dell’Unione in materia ambientale e le norme sull’accesso alla giustizia a livello nazionale per contestare la conformità delle azioni dello Stato membro con tali atti normativi devono essere interpretate alla luce dell’articolo 9 della Convenzione (che include la regola della non eccessiva onerosità) ( 35 ). Tale approccio è, inoltre, conforme all’obiettivo dell’ampio accesso alla giustizia in materia ambientale quale espresso nella giurisprudenza della Corte ( 36 ).

82.

In terzo luogo, per quanto riguarda ulteriori distinzioni tra elementi basati su presunte violazioni del diritto dell’Unione ( 37 ) e altri elementi basati esclusivamente sul diritto nazionale – che costituiscono la principale preoccupazione del Ministro, dell’Attorney General, dell’EirGrid e della commissione di ricorso – esistono altre significative questioni di fattibilità e, soprattutto, di prevedibilità.

83.

Da un punto di vista pratico, la fatturazione delle spese per i procedimenti di diritto pubblico già tiene conto di una serie di fattori, tra i quali: la quantità di tempo (impiegato per calcolare le spese) trascorso a svolgere il compito A, B o C; le qualifiche dell’avvocato che ha trascorso tale periodo di tempo sulla causa, basate anche sull’anno in cui l’avvocato ha conseguito l’abilitazione; il compito svolto da tale avvocato, riguardante una questione di diritto amministrativo o di diritto sostanziale; la ragionevolezza della durata dell’impegno profuso svolgendo l’uno o l’altro compito; il modo in cui le parti hanno partecipato al procedimento: la recuperabilità delle spese a seconda del tipo di spese di cui trattasi, e qualsiasi tariffa speciale stabilita legalmente per gli avvocati che trattano questioni di diritto pubblico. Aggiungere a quanto esposto una separazione in funzione del fatto che i motivi siano basati su «elementi» nazionali oppure su «elementi» dell’Unione non è certamente un’operazione impossibile, ma essa può più che altro rivelarsi artificiosa ed estremamente difficile da realizzare.

84.

Il fatto a mio avviso decisivo è che, anche se fosse possibile effettuare in qualche modo una separazione di tal genere, quest’ultima introdurrebbe per le ricorrenti un livello significativo di imprevedibilità. Imprevedibilità ulteriormente aggravata dall’eventualità che il giudice chiamato a pronunciarsi sulla controversia possa stabilire discrezionalmente quali particolari elementi debbano essere presi in considerazione per definire la controversia e quali possano essere ignorati.

85.

Ad esempio, in caso di «ricorsi misti» (che combinano motivi basati sul diritto nazionale e sul diritto dell’Unione), potrei sostenere che il progetto proposto determinerà una riduzione di valore del mio terreno e che la valutazione ambientale non è stata svolta in modo adeguato. A sua difesa, la controparte contesta perfino il fatto che io sia proprietario del terreno, il che costituisce, probabilmente, una mera questione di diritto nazionale. Il giudice potrebbe: i) concentrarsi sul motivo puramente nazionale, ii) concentrarsi sul motivo di diritto dell’Unione, iii) decidere che le contestazioni relative alla proprietà e alla procedura di valutazione dovrebbero essere trattate separatamente, iv) limitare o respingere alcuni dei motivi, oppure v) concludere che è semplicemente impossibile (di fatto o a causa della complessità) separare la questione della proprietà e della valutazione.

86.

Supponiamo ora che il giudice in questione non proceda in nessuno dei modi elencati ai punti da iii) a v), il che è naturalmente difficile di per sé da prevedere, ed esamini invece il mio ricorso e i suoi due motivi: uno di questi è classificato come avente elementi di diritto dell’Unione (mancato svolgimento della valutazione di impatto ambientale) e l’altro è classificato come avente elementi di diritto nazionale (proprietà del terreno). Diciamo che il giudice nazionale respinge il ricorso in base al motivo «nazionale» in quando è palese che il ricorrente non è proprietario del terreno asseritamente pregiudicato. Di conseguenza, il giudice non esamina neppure gli altri motivi.

87.

Inoltre, in vari ordinamenti giuridici, può altresì accadere che anche se «elementi» basati sul diritto dell’Unione non sono espressamente invocati dal ricorrente o individuati da nessuna delle parti del procedimento, il giudice adito potrebbe ad esempio considerare che sia stata di fatto sollevata una questione di diritto dell’Unione o potrebbe sollevare d’ufficio una questione di diritto dell’Unione.

88.

Questi e altri scenari dimostrano il livello di imprevedibilità determinato dalla ripartizione delle spese secondo le modalità proposte ( 38 ). Per questi motivi, trovo assai difficile capire come tale prassi possa essere compatibile con i requisiti di prevedibilità imposti dalla giurisprudenza della Corte ( 39 ).

89.

In quarto luogo, può accadere che l’intero procedimento prosegua e che la NEPPC finisca per proporre tre, quattro o più azioni separate contro decisioni separate, alcune delle quali rientranti nella regola della non eccessiva onerosità e altre no. Se l’Irlanda fosse stata più chiara nel dare attuazione all’articolo 11, paragrafo 2, i motivi avrebbero potuto essere naturalmente separati in impugnazioni distinte, ossia come un ricorso di diritto amministrativo, di diritto della proprietà o di diritto non ambientale, eventualmente soggette a requisiti sostanziali e procedurali differenti. Questo aspetto mi riporta al problema iniziale che caratterizza l’intera causa: se perfino il giudice del rinvio qualifica il proprio sistema come imprevedibile al riguardo, tale circostanza, semplicemente, non può essere utilizzata a danno delle ricorrenti ( 40 ).

90.

In conclusione, la suddivisione o separazione proposta è a mio avviso concettualmente singolare. Trattare le domande sulle spese non solo costituirebbe un ulteriore onere per i giudici nazionali, ma soprattutto sarebbe fonte di imprevedibilità per i contendenti, che sarebbero quindi potenzialmente dissuasi dal proporre qualsiasi ricorso in materia ambientale. Esiste infatti il detto (traduco direttamente dal tedesco) secondo il quale «davanti alla giustizia e in alto mare si è nelle mani di Dio» ( 41 ). Tuttavia, si deve presumere che il compito della Corte di giustizia, come, del resto, di qualsiasi altro giudice, sia quello di dimostrare che questo detto è sbagliato, non di confermarlo.

91.

Infine, è pacifico che la soluzione proposta in questa sede, che collega l’applicabilità della regola della non eccessiva onerosità all’intera impugnazione e al suo esito e non già alla separazione dei singoli motivi invocati, potrebbe comportare un’inclusione eccessiva della tutela derivante dal diritto dell’Unione, relativamente alle spese processuali, in materie in cui il diritto dell’Unione non è stricto sensu pertinente. Tuttavia, considerato quanto precede, a livello di principio non vedo quali gravi pericoli presenti il fatto di rendere «accidentalmente» alcuni elementi di un’impugnazione in materia ambientale non eccessivamente onerosi. Vedo invece problemi effettivi nel caso opposto, ossia la possibilità di eludere o di paralizzare di fatto l’applicazione della regola della non eccessiva onerosità nei modi descritti nella presente sezione, tenendo conto ancora una volta del contesto e dello scopo complessivi di tale regola: il contenzioso in materia ambientale dovrebbe essere accessibile e non oneroso, in linea con l’obiettivo dell’ampio accesso alla giustizia in tale settore ( 42 ).

iii)   Eccezioni a un’applicazione ampia della regola della non eccessiva onerosità

92.

Il fatto che la regola della non eccessiva onerosità e la sua applicazione abbiano un’ampia portata non significa naturalmente che tale regola sia illimitata. Nella causa in esame sono stati individuati due limiti potenziali alla sua applicazione: ipotetico abuso del beneficio della regola e sua eccessiva portata relativamente alle parti contro le quali potrebbero essere fatti valere elementi di diritto dell’Unione presenti nel ricorso.

 Potenziali abusi

93.

Nelle loro memorie il Ministro e l’Attorney General hanno espresso il timore che un’ampia applicazione della regola della non eccessiva onerosità alle impugnazioni senza distinzione tra i vari motivi potrebbe portare ad abusi. Pertanto, è possibile che un ricorrente intenda impugnare una decisione esclusivamente in base a presunte violazioni del diritto nazionale, ma «introduca in sordina» nel ricorso una pretesa basata sul diritto dell’Unione (presumibilmente fittizia) per beneficiare della regola della non eccessiva onerosità.

94.

A tal proposito, occorre sottolineare anzitutto che tale situazione sembra ipotetica nei limiti in cui, nella causa in esame, non sussiste a quanto pare nessuna allegazione di tale «abuso». Tuttavia, anche se dovesse verificarsi, tale ipotesi potrebbe essere trattata certamente mediante applicazione, ad esempio, del principio dell’Unione del divieto di abuso del diritto, che richiederebbe in particolare la dimostrazione che il ricorso basato sul diritto dell’Unione non è stato proposto, in realtà, per far osservare un diritto sancito dal diritto dell’Unione ma piuttosto al fine di creare artificialmente le condizioni per beneficiare della regola della non eccessiva onerosità.

95.

In subordine, come prefigura anche la sesta questione del giudice del rinvio, è giusto supporre che le norme nazionali degli Stati membri prevedano la possibilità per i giudici nazionali, quando statuiscono sulle spese, di tener conto del comportamento delle singole parti nonché dello scopo e del modo in cui tali parti hanno partecipato al procedimento. Pertanto, gli elementi vessatori, futili o fittizi di un ricorso potrebbero svolgere certamente un ruolo in una decisione generale sulle spese ( 43 ).

 Suddivisione degli «elementi» in base allo status delle parti

96.

In udienza è stato anche suggerito che le impugnazioni avverso decisioni, atti od omissioni potrebbero essere «separate», ai fini dell’applicazione della regola della non eccessiva onerosità, per convenuto anziché in base a motivi specifici. Pertanto, quando vi sono più convenuti e, per definizione, possono essere fatti valere contro uno di essi solo motivi basati sul diritto puramente nazionale, la regola della non eccessiva onerosità non dovrebbe essere applicata alle spese sostenute nei limiti in cui il ricorso è stato proposto contro tale convenuto.

97.

Tale proposta fa sorgere, a mio avviso, questioni riguardanti la struttura del processo decisionale e la portata del relativo ricorso. Ritengo che, nella fattispecie, l’impugnazione della nomina della commissione di ricorso avrebbe potuto essere proposta in un procedimento separato o, come è avvenuto, essere «agganciata» alla domanda (di autorizzazione) a proporre un ricorso giurisdizionale. Se tale approccio è corretto, è plausibile che sarebbero potute esistere due azioni separate, una diretta contro la commissione di ricorso e l’altra contro il Ministro e l’Attorney General.

98.

Se la seconda fosse basata sul diritto puramente nazionale, capirei il motivo per cui non rientrerebbe nella regola della non eccessiva onerosità e per cui la sua esclusione sarebbe giustificata. Ciò nonostante, questa non è la situazione che si verifica nella causa rinviata alla Corte. Nella causa in esame esiste solo un’impugnazione dinanzi al giudice nazionale ( 44 ). In tali circostanze, non vedo alcun motivo per scindere l’azione per convenuto ai fini dell’applicazione della regola della non eccessiva onerosità.

99.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione del giudice del rinvio nei seguenti termini:

Il requisito della procedura «non eccessivamente onerosa» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92 si applica a ogni motivo, allegazione o argomento basati su violazioni sostanziali o procedurali di tale direttiva o di altri atti di diritto dell’Unione e dedotti nell’ambito dell’impugnazione di una decisione, di un atto o di un’omissione soggetta alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite da tale direttiva. Quando siffatta impugnazione include motivi, allegazioni o argomenti con cui si asserisce la violazione sia del diritto dell’Unione sia del diritto nazionale, il requisito della procedura «non eccessivamente onerosa» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, della summenzionata direttiva si applicherà in generale all’intera impugnazione.

4.   Sulla terza questione

100.

L’azione che forma oggetto del procedimento sulle spese dinanzi al giudice del rinvio è stata proposta prima dell’adozione di una decisione definitiva nel procedimento di autorizzazione del progetto. Con la terza questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se la nozione di «decisioni, atti od omissioni» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, comprenda atti «intermedi» o «provvisori» nonché «definitivi».

101.

L’articolo 11 della direttiva impone agli Stati membri di prevedere l’accesso a procedure di ricorso. La determinazione delle modalità procedurali con le quali raggiungere tale risultato è tuttavia rimessa, in gran parte, agli Stati membri.

102.

Esiste, nella prassi, una varietà significativa di processi decisionali ( 45 ) tra gli Stati membri e perfino all’interno dei singoli Stati membri ( 46 ). Anche le procedure di ricorso presentano notevoli differenze ( 47 ).

103.

Ad esempio, le procedure di autorizzazione di progetti e di valutazione ambientale possono essere riunite, dando luogo a un’unica decisione, o possono essere separate, dando luogo a due o più decisioni separate ( 48 ). Possono sussistere distinzioni procedurali nei processi decisionali relativi a progetti di dimensioni più ridotte, più semplici e limitati rispetto a progetti di maggiori dimensioni e più complessi che possono avere un impatto più significativo sull’ambiente.

104.

Le differenze nelle strutture decisionali e nei loro esiti avranno quindi, naturalmente, un impatto sui meccanismi di ricorso. Esistono anche altre differenze fondamentali tra le procedure di ricorso. Ad esempio, prima che un’azione possa essere promossa dinanzi ai giudici nazionali, gli Stati membri possono (o meno) imporre la presentazione di un ricorso amministrativo. Esistono anche differenze istituzionali in relazione a tali ricorsi (ricorso dinanzi al ministro, all’autorità competente, o a specifiche commissioni di riscorso e così via).

105.

La direttiva non richiede né vieta in genere la proposizione di ricorsi contro decisioni «non definitive». Tale flessibilità è del tutto prevedibile considerata la gamma potenzialmente ampia delle varie strutture decisionali e di ricorso esistenti ( 49 ).

106.

Tuttavia, come è stato spiegato supra ( 50 ), gli Stati membri devono indicare espressamente la fase in cui è possibile proporre un’impugnazione. Ciò implica di per sé che il diritto nazionale chiarisca ai potenziali ricorrenti quando un particolare atto costituisce una decisione impugnabile e se un ricorrente possa e/o debba promuovere un ricorso contro decisioni o atti «non definitivi».

107.

In mancanza di norme di diritto dell’Unione, spetta al diritto nazionale stabilire le norme dettagliate sul momento in cui può essere presentata una domanda di autorizzazione a proporre ricorso, ma ogni decisione, atto od omissione pertinente deve poter essere oggetto di ricorso in quel determinato momento ( 51 ).

108.

Inoltre, lo stesso filo conduttore o leitmotif già individuato ( 52 ) è nuovamente presente nella risposta alla terza questione del giudice del rinvio: il fatto che lo Stato membro non sembri stabilire chiaramente tale momento non può essere capovolto e usato contro i potenziali ricorrenti come strumento per escludere il controllo giurisdizionale quale conseguenza di spese eccessivamente onerose o il grave rischio di dover sostenere tali spese.

109.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla terza questione del giudice del rinvio nei seguenti termini:

La locuzione «decisioni, atti od omissioni», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2011/92 può comprendere le decisioni amministrative adottate durante l’esame di una domanda di autorizzazione di un progetto le quali, di per sé, non stabiliscono i diritti delle parti in maniera irreversibile e definitiva.

5.   Sulla sesta questione

110.

Con la sesta questione, il giudice del rinvio chiede se gli Stati membri possano prevedere eccezioni alla regola della non eccessiva onerosità, quando queste ultime non sono previste nella direttiva o nella Convenzione.

111.

A mio avviso, dall’ordinanza di rinvio emerge che l’eccezione cui si fa riferimento riguarda le controversie futili o vessatorie. A tal riguardo, non è del tutto chiaro il motivo per cui tale questione sia rilevante ai fini del procedimento principale. Il giudice del rinvio non afferma, infatti, che il ricorso è futile o vessatorio. Secondo il giudice del rinvio, tale eventualità è stata suggerita dall’interveniente, l’EirGrid, nel procedimento dinanzi al giudice nazionale. D’altro canto, la commissione di ricorso, in veste di convenuto, ha confermato all’udienza dinanzi alla Corte di giustizia di non avere allegato alcun abuso da parte dei ricorrenti.

112.

Tuttavia, conformemente allo spirito di cooperazione sotteso ai procedimenti pregiudiziali, per quanto possa essere d’aiuto al giudice nazionale, formulerò le seguenti osservazioni.

113.

Come sottolinea il giudice nazionale, né la direttiva né la Convenzione contengono una base giuridica specifica per stabilire un’eccezione alla regola della non eccessiva onerosità in caso di azioni futili o vessatorie

114.

Tuttavia, la Corte ha già confermato che la regola della non eccessiva onerosità non impone ai giudici nazionali di disapplicare completamente le norme nazionali sulle spese. Inoltre, si può tener conto della «futilità» (e a fortiori della vessatorietà) della causa quando si determinano le spese soggette alla regola della non eccessiva onerosità ( 53 ). Pertanto, modificare l’applicazione di tale regola per tener conto di domande abusive o manifestamente infondate non costituisce di per sé un’eccezione.

115.

Così, anziché descriverla in termini di eccezioni o anche di necessità di disapplicazione, intenderei piuttosto l’applicazione della regola della non eccessiva onerosità in termini più armonici: nel quadro generale della regola della non eccessiva onerosità continuano ad essere applicate le normali regole generali nazionali sulle spese e il giudice terrà conto di come ciascuna parte sia risultata soccombente o vittoriosa nel suo ricorso e di qualsiasi altro elemento pertinente del procedimento previsto dal diritto nazionale.

116.

Pur essendo, in teoria, corretto affermare che anche le norme fondamentali sull’accesso alla giustizia possono non essere applicate in caso di causa vessatoria ( 54 ), il che potrebbe anche estendersi alla regola della non eccessiva onerosità, con la conseguenza, a tutti i fini pratici, della sua «disapplicazione», tali situazioni sono realmente eccezionali. In base alle informazioni fornite dal giudice del rinvio, il tipo di azione nel caso di specie è ben lungi dal rientrare in tale categoria eccezionale.

117.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla sesta questione del giudice del rinvio nei seguenti termini:

Nell’applicare la regola prevista all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92, secondo la quale le spese non dovrebbero essere eccessivamente onerose, tale direttiva non osta a che i giudici nazionali tengano conto della futilità o della vessatorietà del ricorso al quale la regola viene applicata.

6.   Sulla settima questione

118.

Con la settima questione, il giudice del rinvio chiede se un requisito posto dal diritto nazionale che prescrive la sussistenza di un nesso di causalità tra l’atto o la decisione asseritamente illegittimi e il danno all’ambiente quale condizione per l’applicazione della legislazione nazionale che attua la regola della non eccessiva onerosità sia compatibile con la Convenzione.

119.

A mio avviso, il requisito del nesso di causalità è previsto nella normativa nazionale relativamente alle spese di procedimenti che non rientrano, in via di principio, nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva [(articoli 3 e 4 della legge sull’ambiente del 2011]. Inoltre, il giudice del rinvio ha dichiarato che tali disposizioni di diritto nazionale non si applicano nel caso di specie.

120.

Pertanto, trovo difficile comprendere la pertinenza della questione sollevata dal giudice nazionale nella causa in esame. Ritengo quindi che la settima questione del giudice del rinvio debba essere considerata estranea all’ambito di applicazione del diritto dell’Unione o puramente ipotetica e di conseguenza debba essere respinta in quanto irricevibile.

121.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di respingere la settima questione del giudice del rinvio in quanto irricevibile.

B. Rilevanza della Convenzione di Aarhus – Questioni quarta e quinta

122.

Con le questioni quarta e quinta, il giudice del rinvio chiede chiarimenti in ordine ai potenziali effetti dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione, sulla normativa nazionale, diretti (effetto diretto di tale disposizione) o indiretti (tramite interpretazione conforme).

123.

In udienza si è svolto un dibattito ampio ancorché non risolutivo sulla possibilità che, in base ai fatti di causa e alla luce della normativa irlandese vigente, fosse in realtà l’articolo 9, paragrafo 2, ad essere applicabile piuttosto che l’articolo 9, paragrafo 3.

124.

Ritengo che, dal punto di vista del diritto nazionale, l’applicazione dell’una o dell’altra disposizione della Convenzione abbia conseguenze diverse in termini di norme nazionali specifiche in materia di spese applicabili alla causa. Tuttavia, l’interpretazione e la valutazione del diritto nazionale e dei fatti che portano poi alla loro classificazione secondo la disposizione pertinente della Convenzione, sono in realtà questioni di competenza del giudice nazionale.

125.

Pur partendo dal presupposto che sia in effetti l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione ad essere applicabile nel procedimento dinanzi al giudice nazionale, dal punto di vista del diritto dell’Unione, le risposte alle questioni del giudice del rinvio sono state già fornite in base alla direttiva che ha trasposto nel diritto dell’Unione le disposizioni pertinenti della Convenzione di Aarhus. L’ulteriore applicazione (autonoma o meno) dell’articolo 9, paragrafo 3, cambierebbe ben poco o nulla a tale riguardo.

126.

Riconosco che si può discutere a lungo sui limiti entro i quali il diritto dell’Unione traspone l’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione, se si considera che nella Dichiarazione dell’Unione sull’approvazione della Convenzione si afferma che l’articolo 9, paragrafo 3, non sarà pienamente attuato dall’Unione ( 55 ) e la mancanza di una formulazione corrispondente per dare attuazione all’articolo 9, paragrafo 3, nell’articolo 11 della direttiva ( 56 ).

127.

Tuttavia, a prescindere dall’esito di tale discussione, nei limiti in cui un’impugnazione rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva, essa è in ogni caso soggetta alla regola della non eccessiva onerosità contenuta nell’articolo 11, paragrafo 4, della stessa.

128.

Per le ragioni esposte in risposta alla seconda questione del giudice del rinvio, ritengo che un’impugnazione non possa essere separata in diversi elementi secondo le modalità proposte. O il ricorso rientra nell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva ed è soggetto alla regola della non eccessiva onerosità nella sua interezza, o non vi rientra. Nel procedimento principale, tutte le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale indicano che il ricorso rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

129.

Pertanto, non è necessario rispondere alla quarta e alla quinta questione del giudice del rinvio.

V. Conclusione

130.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni della High Court (Alta Corte, Irlanda) nei seguenti termini:

1)

nel contesto di un ordinamento giuridico nazionale in cui il legislatore non abbia stabilito in modo espresso e definitivo in quale fase del procedimento una decisione possa essere impugnata e in cui tale questione debba essere risolta dal giudice nell’ambito di ogni singolo ricorso, caso per caso, secondo le regole di common law, il diritto di cui all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati ad una procedura «non eccessivamente onerosa» si applica al giudizio dinanzi ad un giudice nazionale nell’ambito del quale si accerta se lo specifico ricorso in questione sia stato presentato nella fase appropriata.

2)

Il requisito della procedura «non eccessivamente onerosa» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92 si applica a ogni motivo, allegazione o argomento basati su violazioni sostanziali o procedurali di tale direttiva o di altri atti di diritto dell’Unione e dedotti nell’ambito dell’impugnazione di una decisione, di un atto o di un’omissione soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite da tale direttiva. Quando una siffatta impugnazione include motivi, allegazioni o argomenti con cui si asserisce la violazione sia del diritto dell’Unione sia del diritto nazionale, il requisito della procedura «non eccessivamente onerosa» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, della summenzionata direttiva si applicherà in generale all’intera impugnazione.

3)

La locuzione «decisioni, atti od omissioni», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2011/92 può comprendere le decisioni amministrative adottate durante l’esame di una domanda di autorizzazione di un progetto le quali, di per sé, non stabiliscono i diritti delle parti in maniera irreversibile e definitiva.

4)

Tenuto conto delle risposte alla prima e alla seconda questione del giudice del rinvio, non è necessario rispondere alla quarta questione.

5)

Tenuto conto delle risposte alla prima e alla seconda questione del giudice del rinvio, non è necessario rispondere alla quinta questione.

6)

Nell’applicare la regola prevista all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2011/92, secondo la quale le spese non dovrebbero essere eccessivamente onerose, tale direttiva non osta a che i giudici nazionali tengano conto della futilità o della vessatorietà del ricorso al quale la regola viene applicata.

7)

La settima questione del giudice del rinvio è irricevibile.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1).

( 3 ) Convenzione UNECE sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998.

( 4 ) Decisione del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2005, L 124, pag. 1).

( 5 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee e che abroga la decisione n. 1364/2006/CE e che modifica i regolamenti (CE) n. 713/2009, (CE) n. 714/2009 e (CE) n. 715/2009 (GU 2013, L 115, pag. 39).

( 6 ) Planning and Development Act, 2000, legge diretta a rivedere e a codificare la normativa in materia di pianificazione e sviluppo urbanistico mediante l’abrogazione e la riemanazione con modifiche dei Local Government (Planning and Development) Acts, adottati tra il 1963 e il 1999, a prevedere, nell’interesse comune, una pianificazione adeguata e uno sviluppo urbanistico sostenibile, compresa l’assegnazione di alloggi, a prevedere il rilascio di autorizzazioni per eventi e il controllo dei luna park, a modificare l’Environmental Protection Agency Act, 1992, il Roads Act, 1993, il Waste Management Act, 1996, e taluni altri atti normativi, nonché a disciplinare materie connesse, 28 agosto 2000, n. 30 del 2000.

( 7 ) Direttiva del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40). V. anche infra, paragrafo 31.

( 8 ) Environment (Miscellaneous Provisions) Act 2011: legge diretta a modificare e ad ampliare la portata dell’Air Pollution Act 1987, dell’Environmental Protection Agency Act 1992, del Waste Management Act 1996 e del Freedom of Information Act 1997, a prevedere le spese di taluni procedimenti, a dare attuazione a taluni articoli della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus, Danimarca, il 25 giugno 1998 e diretta a prevedere che i giudici debbano prendere giuridicamente in considerazione tale convenzione, a modificare il Planning and Development Act 2000, il Local Government Act 1998, il Local Government Act 2001 e l’Official Languages Act 2003, nonché a disciplinare materie connesse.

( 9 ) Nella sentenza del 13 febbraio 2014, Commissione/Regno Unito (C 530/11, EU:C:2014:67), la Corte ha esaminato la trasposizione della regola della procedura non eccessivamente onerosa in una causa riguardante le spese processuali, in particolare punti 64 e 66. V. anche sentenza dell’11 aprile 2013Edwards e Pallikaropoulos, (C 260/11, EU:C:2013:221, punto 27), in cui è stato dichiarato che tale regola riguarda tutte le spese generate dalla partecipazione a un procedimento.

( 10 ) Inserito dall’articolo 3 della direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003 (GU 2003, L 156, pag. 17).

( 11 ) V. sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos, (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 33) a titolo di esempio specifico.

( 12 ) Una giustizia eccessivamente onerosa è anche in contrasto con il principio di effettività – nei limiti in cui tale principio può essere distinto dal diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta – in quanto, per definizione, essa rende l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione «impossibile o eccessivamente difficile» [sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos, (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 33)].

( 13 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2012:645).

( 14 ) «Binario» nel senso che o i) si applica la regola della non eccessiva onerosità, oppure ii) non esistono limiti per quanto riguarda le spese.

( 15 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos, (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 32).

( 16 ) Sentenza del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania (C‑37/14, EU:C:2015:683, punto 80).

( 17 ) Sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 58). V. anche sentenza del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punto 39).

( 18 ) Sentenza del 13 febbraio 2014, Commissione/Regno Unito (C‑530/11, EU:C:2014:67, punto 58).

( 19 ) Sentenza dell’11 dicembre 2003, AMOK (C‑289/02, EU:C:2003:669, punto 30). V. anche De Baere, G., e Nowak, J.T., «The right to “not prohibitively expensive” judicial proceedings under the Aarhus Convention and the ECJ as an international (environmental) law court: Edwards and Pallikaropoulos», Common Market Law Review, Vol. 53, 2016, pagg. 1735 e 1736.

( 20 ) La Commissione ha anche sottolineato che i costi del procedimento giurisdizionale rappresentano un fattore che può fortemente dissuadere dall’accesso alla giustizia, soprattutto nelle cause ambientali, e che un potere discrezionale troppo ampio può minare la prevedibilità dei costi, un aspetto particolarmente importante, qualora siano dovuti elevati onorari di avvocato: comunicazione della Commissione del 28 aprile 2017, Comunicazione della Commissione sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, C(2017) 2616 final, pagg. 51 e 55.

( 21 ) Sentenza del 13 febbraio 2014, Commissione/Regno Unito (C‑530/11, EU:C:2014:67, punto 36).

( 22 ) Sentenze del 16 luglio 2009, Commissione/Irlanda (C‑427/07, EU:C:2009:457, punto 54), e del 13 febbraio 2014, Commissione/Regno Unito (C‑530/11, EU:C:2014:67, punto 33).

( 23 ) Sentenze del 16 luglio 2009, Commissione/Irlanda (C‑427/07, EU:C:2009:457, punto 55), dell’11 settembre 2014, Commissione/Portogallo (C‑277/13, EU:C:2014:2208, punto 43), e del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania (C‑137/14, EU:C:2015:683, punto 51).

( 24 ) Si potrebbe aggiungere che anche nella costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) l’espressione «prescritto dalla legge» viene interpretata nel senso che include la giurisprudenza consolidata. V., tra gli esempi più recenti, sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dell’11 aprile 2013, Firoz Muneer c. Belgio (CE:ECHR:2013:0411JUD005600510, §§ 54, 59 e 60).

( 25 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punti 2728).

( 26 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 44).

( 27 ) V. supra, ai paragrafi da 44 a 48 delle presenti conclusioni.

( 28 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 42).

( 29 ) Come accennato in udienza dal rappresentante del Ministro e dall’Attorney General, tale riferimento potrebbe anche indicare l’identità del convenuto e l’eventuale esistenza di allegazioni riguardanti la violazione dei diritti garantiti dalla direttiva dedotte contro tale singolo convenuto. Tratterò tale possibile interpretazione infra ai paragrafi da 96 a 98.

( 30 ) Si tratta della principale «disposizione sulla partecipazione del pubblico» contenuta nella direttiva, sebbene disposizioni riguardanti specificamente la partecipazione del pubblico compaiano anche in vari altri articoli (ad esempio, articoli 7, paragrafo 3, e 9, paragrafi 1 e 2).

( 31 ) V., ad esempio, sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 37). V. anche, per analogia, la direttiva habitat (direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 56). Tale giurisprudenza conferma che l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione, incorporato nella direttiva dal suo articolo 11, paragrafo 1, riguarda una serie di questioni relative alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale.

( 32 ) Sentenza del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania (C‑137/14, EU:C:2015:683, punto 47 e giurisprudenza ivi citata) per ricorsi proposti nell’interesse del pubblico. Va osservato, tuttavia, che la Corte, ai punti 32 e 33, dichiara che quando si tratta di ricorsi proposti dai singoli, sebbene sia possibile dedurre qualsiasi motivo, tali motivi possono essere sottoposti a limiti legislativi da parte degli Stati membri.

( 33 ) Tuttavia, come sottolineato supra al paragrafo 34, l’articolo 47 della Carta e il principio di effettività ostano a ricorsi basati sul diritto dell’Unione che siano «eccessivamente onerosi» nel senso di rendere i ricorsi impossibili o eccessivamente difficili a causa dei costi.

( 34 ) V. supra al paragrafo 39 delle presenti conclusioni.

( 35 ) V. sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C 243/15, EU:C:2016:838) in cui la Convenzione è stata applicata alla direttiva habitat.

( 36 ) V. supra ai paragrafi da 37 a 39 delle presenti conclusioni.

( 37 ) Tra cui quelli adottati mediante norme nazionali ad esclusione della questione, talvolta complessa, di decidere quali specifiche norme nazionali andrebbero in effetti considerate a tal fine.

( 38 ) Interamente incentrate sul funzionamento obiettivo di tale sistema e a completa esclusione di qualsiasi ipotesi su come dette norme potrebbero essere applicate in casi di malafede, elusione o abuso delle stesse ad opera di una qualsiasi parte del procedimento.

( 39 ) V. supra ai paragrafi da 40 a 48.

( 40 ) V. supra, paragrafi da 44 a 48 e da 58 a 60.

( 41 ) «Vor Gericht und auf hoher See ist man in Gottes Hand».

( 42 ) V. supra ai paragrafi da 37 a 39.

( 43 ) Come discusso anche infra nella sezione A.5, paragrafi da 110 a 117 delle presenti conclusioni.

( 44 ) Giova ricordare ancora una volta che se fosse stata effettuata una trasposizione più esplicita dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva, che avesse stabilito chiaramente in quale fase si sarebbe dovuta proporre l’impugnazione, le ricorrenti avrebbero potuto essere obbligate a presentare ricorsi separati [ad esempio, un primo ricorso contro il Ministro (per tentare di prevenire la decisione di un organo non imparziale) e una successiva impugnazione contro la decisione di pianificazione in quanto tale: tutto dipenderebbe dalla struttura del processo decisionale e delle procedure di ricorso e, aspetto cruciale, anche dall’esatta trasposizione dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva].

( 45 ) Cfr. le relazioni comparative presentate al 20° Simposio dell’Associazione dei Consigli di Stato e dei supremi organi giurisdizionali amministrativi dell’Unione europea in Rüdiger, R., Silbermann., E.I., Road planning in Europe – A Case Study, Lpsia, 2006, in particolare pagg. da 23 a 32 della relazione generale.

( 46 ) Ad esempio, le regioni del Belgio hanno una normativa propria in materia di pianificazione urbanistica. V. per un’analisi più dettagliata del diritto ambientale in Belgio, Delnoy, M., «Implementation of the Aarhus Convention in Belgium: Some Elements», nonché Macrory, R., e Westaway, N., «Access to Environmental Justice – A United Kingdom Perspective», in Pallemaerts, M., (ed) The Aarhus Convention at Ten, Interactions and Tensions between Conventional International Law and EU Environmental Law, Europa Law Publishing, 2011, pag. 341 e segg.

( 47 ) V. le seguenti relazioni comparative: Rüdiger, R., Silbermann., E.I., op. cit. supra, nota 45, pagg. 34 e 35; Summary Report on the inventory of EU Member States’ measures on access to justice in environmental matters, redatto dalla Milieu Ltd per la DG Ambiente della Commissione, settembre 2007, pagg. da 4 a 6; Darpö, J., Effective Justice? Synthesis report of the study on the Implementation of Articles 9.3 and 9.4 of the Aarhus Convention in the Member States of the European Union (European Commission), 2013.10.11/Final, pagg. 11 e 12. V. anche Pallemaerts, M. (a cura di), The Aarhus Convention at Ten, Interactions and Tensions between Conventional International Law and EU Environmental Law, Europa Law Publishing, 2011, pagg. 322, 343 e 349.

( 48 ) V. anche sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a. (C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 38).

( 49 ) Per quesioni analoghe sorte in un diverso settore del diritto (quello degli appalti pubblici), v. sentenza del 5 aprile 2017, Marina del Mediterráneo e a. (C‑391/15, EU:C:2017:268, punti 2627).

( 50 ) V. paragrafi da 44 a 46 delle presenti conclusioni.

( 51 ) V., ancora una volta per analogia, sentenza del 5 aprile 2017, Marina del Mediterráneo e a. (C‑391/15, EU:C:2017:268, punti da 26 a 32).

( 52 ) V. supra ai paragrafi da 44 a 48, da 58 a 60, e 89.

( 53 ) Come altresì indicato al paragrafo 58, v. sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 42).

( 54 ) Sentenza del 17 luglio 1998, ITT Promedia/Commissione (T‑111/96, EU:T:1998:183).

( 55 ) Raccolta dei Trattati delle Nazioni Unite, Dichiarazioni e riserve della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale – dichiarazioni formulate dall’Unione europea in occasione dell’approvazione (disponibile in inglese all’indirizzo Internet: https://treaties.un.org/Pages/ViewDetails.aspx?src=IND&mtdsg_no=XXVII‑13&chapter= 27&clang=_en#EndDec).

( 56 ) Circostanza che apre quindi, potenzialmente, un altro livello di complessità, interessante ma che esula ancora una volta dall’ambito della causa in esame: se, infatti, dovesse essere promossa un’azione rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione e non in quello delle disposizioni che l’Unione avrebbe potuto attuare nel suo ordinamento giuridico adottando la direttiva, la potenziale applicabilità della Convenzione per tali questioni nell’ordinamento giuridico irlandese non sarebbe disciplinata dal diritto dell’Unione, bensì dalle norme costituzionali irlandesi sugli effetti giuridici dei trattati internazionali in detto ordinamento giuridico nazionale. Se così fosse, la Corte non sarebbe affatto competente a rispondere alle due questioni pregiudiziali sollevate.

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