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Document 62016CC0358

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 26 luglio 2017.
UBS Europe SE, venant aux droits de UBS (Luxembourg) SA e Alain Hondequin et consorts contro DV e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour administrative.
Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Direttiva 2004/39/CE – Articolo 54, paragrafi 1 e 3 – Portata dell’obbligo di segreto professionale che incombe sulle autorità nazionali di vigilanza finanziaria – Decisione che constata la perdita dell’onorabilità professionale – Casi contemplati dal diritto penale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 47 e 48 – Diritti della difesa – Accesso al fascicolo.
Causa C-358/16.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:606

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 26 luglio 2017 ( 1 )

Causa C‑358/16

UBS (Luxembourg) S. A. e a.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/39/CE – Articolo 54, paragrafi 1 e 3 – Accesso alle informazioni in un procedimento giurisdizionale contro una decisione dell’autorità nazionale di vigilanza dei mercati finanziari – Segreto professionale – Eccezione per casi contemplati dal diritto penale – Diritto ad una buona amministrazione – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva»

I. Introduzione

1.

Ci si chiede se un’autorità di vigilanza finanziaria possa negare al destinatario di una misura restrittiva l’accesso a documenti a suo favore che riguardano terzi invocando il segreto professionale di cui all’articolo 54 della direttiva 2004/39/CE ( 2 ) relativa ai mercati degli strumenti finanziari ( 3 ).

2.

Tale questione si pone, nel presente caso, nel contesto di una decisione adottata dall’autorità lussemburghese di vigilanza finanziaria, con la quale non si riconosceva al sig. DV il requisito dell’onorabilità, necessario per l’assunzione di funzioni direttive in imprese di investimento. Il motivo della decisione era il suo ruolo nella costituzione e amministrazione di un’impresa coinvolta nello scandalo finanziario Madoff ( 4 ).

3.

In tale domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dalla Cour administrative (corte amministrativa) lussemburghese, la Corte si trova dinanzi alla sfida di rendere compatibili la tutela del segreto professionale e la tutela dei diritti di difesa.

4.

Va dunque esaminato, in primo luogo, se una fattispecie come quella di cui trattasi rientri nell’eccezione al segreto professionale prevista dall’articolo 54 della direttiva 2004/39 per i «casi contemplati dal diritto penale». In secondo luogo, alla luce delle garanzie dell’equo processo e della tutela giurisdizionale effettiva, occorre analizzare se la configurazione del segreto professionale di cui all’articolo 54 della direttiva tenga sufficientemente conto del diritto di accesso al fascicolo spettante al destinatario di una misura avente le caratteristiche del presente caso.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

5.

Il contesto di diritto dell’Unione del presente caso è rappresentato dagli articoli 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché dalla direttiva 2004/39.

6.

A titolo preliminare, occorre fare riferimento ai considerando 2, 44, 63 e 71 della direttiva:

«(2)

(…) è indispensabile assicurare il grado di armonizzazione necessario per poter offrire agli investitori un livello elevato di protezione e consentire alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta la Comunità, nel quadro del mercato unico, sulla base della vigilanza dello Stato membro di origine.

(44)

Nel duplice intento di tutelare gli investitori e garantire il buon funzionamento dei mercati mobiliari (…)

(63)

È necessario rafforzare le disposizioni riguardanti lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali competenti e potenziare i doveri di assistenza e cooperazione reciproche. A causa della crescente attività transfrontaliera, le autorità competenti dovrebbero trasmettersi reciprocamente le informazioni pertinenti ai fini dell’esercizio delle loro funzioni, in modo tale da garantire l’effettiva applicazione della presente direttiva, anche in situazioni in cui le violazioni o presunte violazioni possono interessare le autorità di due o più Stati membri. Nello scambio di informazioni è necessaria un’osservanza rigorosa del segreto professionale per garantire la trasmissione senza intoppi di tali informazioni e la protezione dei diritti delle persone.

(71)

Per raggiungere lo scopo di creare un mercato finanziario integrato, nel quale gli investitori siano efficacemente tutelati e l’efficienza e l’integrità del mercato nel suo insieme siano salvaguardate, è necessario che le imprese di investimento debbano rispettare gli stessi obblighi in qualsiasi Stato membro esse ottengano l’autorizzazione e che i mercati regolamentati e gli altri sistemi di negoziazione siano soggetti alle stesse norme in tutta la Comunità, in modo da impedire che l’opacità o le disfunzioni di un mercato mettano a repentaglio il buon funzionamento del sistema finanziario europeo nel suo insieme. (…)».

7.

La direttiva disciplina l’autorizzazione delle imprese di investimento e le condizioni per l’esercizio della loro attività nel titolo II.

8.

L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva stabilisce la necessità dell’autorizzazione nei termini che seguono:

«Ciascuno Stato membro prescrive che la prestazione di servizi o l’esercizio di attività di investimento come occupazione o attività abituale a titolo professionale sia soggetta ad autorizzazione preventiva ai sensi delle disposizioni del presente capo. (…)».

9.

Ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettera c), della direttiva, l’autorità competente può revocare l’autorizzazione concessa all’impresa di investimento quando quest’ultima «non soddisfa più le condizioni cui è subordinata l’autorizzazione (…)».

10.

L’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, e paragrafo 3, della direttiva riguarda le condizioni in materia di autorizzazione con riguardo ai dirigenti di un’impresa di investimento:

«1.   Gli Stati membri prescrivono che le persone che dirigono effettivamente l’attività di un’impresa di investimento abbiano onorabilità e professionalità sufficienti per assicurare una gestione sana e prudente di detta impresa. (…)

3.   L’autorità competente rifiuta l’autorizzazione se non è certa che le persone che dirigeranno effettivamente l’attività dell’impresa di investimento abbiano onorabilità e professionalità sufficienti o laddove esistano ragioni obiettive e dimostrabili per ritenere che i cambiamenti proposti nella direzione mettano a repentaglio la gestione sana e prudente dell’impresa».

11.

L’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva precisa che le condizioni per ottenere l’autorizzazione iniziale, tra cui l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva, devono sussistere in ogni momento.

«Gli Stati membri prescrivono che le imprese di investimento autorizzate nel loro territorio soddisfino in ogni momento alle condizioni per ottenere l’autorizzazione iniziale stabilite nel capo I del presente titolo».

12.

Il primo capo del titolo IV («autorità competenti») della direttiva comprende norme sulla designazione delle autorità competenti, sui loro poteri e sulle procedure di ricorso.

13.

L’articolo 50, paragrafo 1, della direttiva prescrive che «alle autorità competenti sono conferiti tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l’esercizio delle loro funzioni». Ai sensi del paragrafo 2, lettera l), rientra in detti poteri, inter alia, il diritto di «riferire fatti all’autorità giudiziaria ai fini della promozione dell’azione penale».

14.

L’articolo 51, paragrafo 1, della direttiva riguarda le possibili conseguenze delle violazioni delle norme adottate conformemente alla direttiva.

«1.   Fatte salve le procedure per la revoca dell’autorizzazione o il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali, gli Stati membri assicurano, conformemente al loro diritto nazionale, che possano essere adottate misure o irrogate sanzioni amministrative appropriate a carico delle persone responsabili nel caso in cui le disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva non siano rispettate. Gli Stati membri provvedono a che le predette misure siano effettive, proporzionate e dissuasive».

15.

L’articolo 54 della direttiva, recante la rubrica «Segreto professionale», dispone nei paragrafi da 1 a 3 quanto segue:

«1.   Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti, tutte le persone che lavorano o hanno lavorato per le autorità competenti o per gli organismi ai quali sono state delegate funzioni a norma dell’articolo 48, paragrafo 2, nonché i revisori dei conti e gli esperti che agiscono per conto delle autorità competenti siano soggetti all’obbligo del segreto professionale. Le informazioni riservate ricevute da tali persone nell’esercizio delle loro funzioni non possono essere rivelate ad alcuna persona o autorità, salvo in una forma sommaria o aggregata che non consenta di identificare le singole imprese di investimento, i gestori del mercato, i mercati regolamentati o qualsiasi altra persona, fatti salvi i casi contemplati dal diritto penale o dalle altre disposizioni della presente direttiva.

2.   Qualora un’impresa di investimento, un gestore del mercato o un mercato regolamentato siano dichiarati falliti o siano soggetti a liquidazione coatta, le informazioni riservate che non riguardino terzi possono essere rivelate nel quadro di procedimenti civili o commerciali, se necessarie a tali procedimenti.

3.   Fatti salvi i casi contemplati dalla legge penale, le autorità competenti, gli organismi o le persone fisiche o giuridiche diversi dalle autorità competenti che ricevono informazioni riservate a norma della presente direttiva possono servirsene soltanto nell’espletamento dei loro compiti e per l’esercizio delle loro funzioni, per quanto riguarda le autorità competenti nell’ambito di applicazione della presente direttiva o, per quanto riguarda le altre autorità, organismi o persone fisiche o giuridiche per le finalità per cui le informazioni sono state loro fornite e/o nel contesto dei procedimenti amministrativi o giudiziari specificamente connessi con l’esercizio di tali funzioni. Tuttavia, qualora l’autorità competente o un’altra autorità, organismo o persona che comunica le informazioni vi acconsenta, l’autorità che riceve le informazioni può utilizzarle per altri scopi».

B.   Normativa lussemburghese

16.

L’articolo 11 della legge dell’8 giugno 1979 ( 5 ) disciplina il diritto di accesso al fascicolo nel procedimento amministrativo, mentre l’articolo 13 concerne le deroghe.

17.

L’articolo 19 della legge del 5 aprile 1993 ( 6 ), aggiornato per effetto della trasposizione della direttiva 2004/39, prevede, analogamente all’articolo 9 della direttiva, il requisito dell’onorabilità.

18.

L’articolo 32 della legge del 13 luglio 2007 ( 7 ) disciplina il segreto professionale, trasponendo l’articolo 54 della direttiva 2004/39.

III. Procedimento principale e procedimento dinanzi alla Corte

19.

La UBS (Luxembourg) S.A. ( 8 ) (in prosieguo: la «UBS») costituiva la società di investimento LUXALPHA SICAV (in prosieguo: la «Luxalpha») con la collaborazione del sig. DV, che svolgeva peraltro una funzione direttiva presso la Luxalpha. La Luxalpha era coinvolta nello scandalo finanziario Madoff e veniva liquidata nel 2009.

20.

Con decisione del 4 gennaio 2010, la commissione lussemburghese di vigilanza del settore finanziario (Commission de Surveillance du Secteur Financier; in prosieguo: la «CSSF») dichiarava che il sig. DV, in ragione del ruolo svolto nella costituzione e amministrazione della Luxalpha, non era più degno di fiducia e dunque inidoneo allo svolgimento del ruolo di dirigente o di altra funzione soggetta ad autorizzazione in un’impresa vigilata dalla CSSF. Pertanto, doveva dimettersi dai relativi incarichi.

21.

Contro la decisione della CSSF, il sig. DV presentava ricorso dinanzi al Tribunal administratif (tribunale amministrativo). Nel contesto di detto procedimento principale, il sig. DV chiedeva alla CSSF la produzione di vari documenti da essa ricevuti nell’ambito dell’attività di vigilanza espletata nei confronti della UBS e della Luxalpha.

22.

La CSSF respingeva il ricorso invocando il segreto professionale e il fatto di non aver basato la sua decisione del 4 gennaio 2010 sui documenti oggetto di richiesta. Essa avrebbe trasmesso al sig. DV tutti i documenti inerenti alla procedura amministrativa che lo riguardava.

23.

Contro la decisione di diniego della CSSF il sig. DV presentava, nell’ambito di un incidente processuale, un ricorso presso il tribunale amministrativo diretto ad ottenere la consegna dei documenti. A suo avviso, i documenti in questione sarebbero necessari ai fini di una difesa adeguata. Essi fornirebbero informazioni sulla reale distribuzione dei ruoli delle persone intervenute in sede di costituzione della Luxalpha. Il tribunale amministrativo accoglieva solo in parte la richiesta di accesso.

24.

Con sentenza del 16 dicembre 2014, la Cour administrative si pronunciava sull’impugnazione presentata contro detta decisione. La corte amministrativa condannava la CSSF alla produzione di numerosi documenti nell’ambito del procedimento principale. La UBS e gli allora amministratori della Luxalpha, il sig. Alain Hondequin e a., proponevano contro detta sentenza un’opposizione di terzo dinanzi alla corte amministrativa. Gli opponenti ritengono che la trasmissione dei documenti al sig. DV sia in contrasto con il segreto professionale garantito dall’articolo 54 della direttiva 2004/39.

25.

La Cour administrative ha pertanto sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

1.

Se l’eccezione dei «casi contemplati dal diritto penale», che figura sia all’articolo 54, paragrafo 1 in fine, della direttiva 2004/39/CE, sia nella parte iniziale del medesimo articolo 54, paragrafo 3 – segnatamente, nel contesto dell’articolo 41 della Carta che sancisce il principio di buona amministrazione –, si applichi a una fattispecie qualificabile, in base alla normativa nazionale, come sanzione amministrativa ma considerata, nella prospettiva della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), come rientrante nel diritto penale, quale la sanzione di cui al procedimento principale, inflitta dall’autorità nazionale di regolamentazione, l’autorità nazionale di sorveglianza, e consistente nell’ordinare a un membro dell’ordine nazionale degli avvocati di cessare l’esercizio, presso un soggetto sorvegliato dalla suddetta autorità di regolamentazione, della funzione di amministratore o di ogni altra funzione soggetta ad autorizzazione, con intimazione a dimettersi al più presto da tutti i relativi incarichi dal medesimo ricoperti.

2.

Qualora la sanzione amministrativa succitata, considerata come tale dal diritto nazionale, rientri in un procedimento amministrativo, in che misura l’obbligo di mantenere il segreto professionale che un’autorità nazionale di vigilanza può invocare sulla base delle disposizioni dell’articolo 54 della citata direttiva 2004/39/CE sia influenzato dalle esigenze di un processo equo comprendente un ricorso effettivo, quali risultanti dall’articolo 47 della Carta, da valutare rispetto alle esigenze derivanti, in parallelo, dagli articoli 6 e 13 della CEDU in materia di equo processo e di ricorso effettivo, nonché rispetto alle garanzie previste dall’articolo 48 della Carta, segnatamente alla luce dell’accesso integrale dell’amministrato al fascicolo amministrativo dell’autore di una sanzione amministrativa - che è, al contempo, l’autorità nazionale di vigilanza - ai fini della difesa degli interessi e dei diritti civili dell’amministrato sanzionato.

26.

Nel procedimento dinanzi alla Corte la CSSF, la UBS, il sig. Hondequin e a., nonché il sig. DV e a. ( 9 ), in qualità di parti interessate nel procedimento principale, nonché la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, la Repubblica ellenica, la Repubblica italiana, la Repubblica di Polonia e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Nell’udienza del 1o giugno 2017 erano rappresentate, oltre alle parti nel procedimento principale, la Repubblica federale di Germania e la Commissione europea.

IV. Valutazione

27.

Il presente procedimento pregiudiziale concerne la disciplina del segreto professionale di cui all’articolo 54 della direttiva 2004/39.

28.

La prima questione pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’eccezione dei «casi contemplati dal diritto penale» che figura ai paragrafi 1 e 3. Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se la configurazione del segreto professionale previsto dall’articolo 54 della direttiva, con riguardo al diritto di accesso al fascicolo spettante al destinatario di una misura analoga a quella di cui trattasi, soddisfi le garanzie di un equo processo e di un ricorso effettivo.

29.

Va anzitutto osservato che devono essere presi in considerazione, per rispondere alle questioni pregiudiziali, gli obiettivi perseguiti con la direttiva 2004/39 e il contesto in cui si inquadra il suo articolo 54.

30.

La direttiva 2004/39 mira alla creazione di un mercato integrato per gli strumenti finanziari che fornisca agli investitori un livello elevato di protezione e consenta alle imprese di investimento di prestare servizi sulla base della vigilanza dello Stato membro di origine ( 10 ). L’articolo 54 della direttiva assume pertanto il ruolo di garantire lo scambio agevole di informazioni necessario a tal fine. Dato che ciò presuppone che le imprese di investimento sorvegliate e le autorità competenti possano avere la certezza che le informazioni riservate oggetto di trasmissione conservino, in linea di principio, il loro carattere riservato ( 11 ), ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva è in generale proibito rivelare a terzi informazioni riservate in forma non aggregata e anonima.

A.   Sulla prima questione pregiudiziale – «casi contemplati dal diritto penale»

31.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la deroga al segreto professionale stabilita dall’articolo 54 della direttiva 2004/39 per i «casi contemplati dal diritto penale» trovi applicazione ad una misura avente le caratteristiche della decisione della CSSF del 4 gennaio 2010, tenuto conto del diritto ad una buona amministrazione.

32.

Nel contesto dell’articolo 54 della direttiva la locuzione ricorre sia al paragrafo 1, sia al paragrafo 3, primo periodo.

33.

L’ultima frase dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva stabilisce che il divieto di rivelazione a terzi di informazioni riservate non si applica ai «casi contemplati dal diritto penale». L’articolo 54, paragrafo 3, della direttiva riguarda l’utilizzazione delle informazioni riservate da parte dell’autorità competente. Essa è consentita solo per scopi determinati, dettagliatamente indicati, «[f]atti salvi i casi contemplati dalla legge penale» ( 12 ).

1. Sull’interpretazione autonoma della deroga

34.

Va constatato, anzitutto, che nella direttiva non figura una definizione dei «casi contemplati dal diritto penale» né un rinvio, per tale aspetto, alla normativa degli Stati membri.

35.

Pertanto, tale locuzione deve dar luogo ad un’interpretazione autonoma e uniforme, in tutta l’Unione, in base alla costante giurisprudenza della Corte ( 13 ).

36.

A ciò non osta il fatto che l’articolo 54, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva obblighi gli Stati membri ad assicurare che si applichi il segreto professionale senza precisarne il contenuto. Infatti, un eventuale potere degli Stati membri, non rilevante nel caso di specie ( 14 ), di formulare la nozione di «segreto professionale» incontrerebbe i suoi limiti nel diritto dell’Unione, in particolare nelle deroghe ( 15 ) al divieto di rivelazione di informazioni riservate, tassativamente disciplinate nell’articolo 54 della direttiva.

37.

Inoltre, in assenza di un’interpretazione uniforme in tutta l’Unione dei casi in cui sia possibile in via di eccezione una rivelazione di informazioni riservate a terzi, lo scambio agevole di informazioni tra le diverse autorità e le imprese di investimento sarebbe pregiudicato, in quanto le parti interessate non potrebbero avere la certezza che le informazioni riservate conservino, in linea di principio, il loro carattere riservato. Ciò contrasterebbe altresì con il considerando 2 della direttiva 2004/39, secondo il quale detta direttiva mira proprio ad un’armonizzazione nella misura necessaria a consentire alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta l’Unione sulla base della vigilanza dello Stato membro di origine e a garantire un’elevata protezione agli investitori.

2. Sul significato della deroga

38.

Nell’interpretazione della locuzione «casi non contemplati dal diritto penale» si pongono in sostanza due alternative. Da un lato, viene in questione un’interpretazione «materiale», secondo la quale per «casi contemplati dal diritto penale» si intendono fattispecie aventi ad oggetto un reato o una sanzione penale. Tale situazione potrebbe configurarsi nel caso di specie, poiché può attribuirsi alla decisione della CSSF una natura penale. Dall’altro lato, viene proposta un’interpretazione «procedurale», secondo la quale tale deroga consentirebbe la rivelazione di informazioni riservate solo quando ciò sia necessario per le indagini o il processo penale in base alla normativa nazionale.

39.

La determinazione dell’interpretazione corretta va operata, in particolare, tenendo conto del contesto in cui i termini sono utilizzati e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte ( 16 ).

a) Sul contesto della deroga di cui all’articolo 54 della direttiva

40.

Nel presente caso, il contesto in cui la locuzione «casi contemplati dal diritto penale» è utilizzata depone a sfavore dell’interpretazione «materiale» di detta espressione.

41.

Anzitutto, il fatto che i «casi contemplati dal diritto penale» debbano essere interpretati restrittivamente discende proprio dal carattere derogatorio dell’espressione da interpretare ( 17 ), nonché dalla necessità di una «osservanza rigorosa del segreto professionale» sancita nel considerando 63 della direttiva. Qualora si applicasse la deroga a tutte le fattispecie aventi ad oggetto un reato o una sanzione penale, sarebbe privata di contenuto la regola di base dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva, che stabilisce un divieto di rivelare a terzi le informazioni riservate.

42.

Va inoltre osservato che il tenore letterale dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva, nei casi contemplati dal diritto penale, non stabilisce altri requisiti per la violazione del segreto professionale.

43.

Ciò si pone in netto contrasto con la deroga di cui all’articolo 54, paragrafo 2, della direttiva, che è inteso ad agevolare la comunicazione di informazioni riservate «quando la situazione sia seriamente compromessa e l’ente in questione abbia cessato le proprie normali attività» ( 18 ), ma nondimeno stabilisce ulteriori requisiti. Ne consegue che l’articolo 54, paragrafo 2, della direttiva è applicabile solo in determinate situazioni (qualora un’impresa di investimento sia dichiarata fallita o sia soggetta a liquidazione coatta), circoscrive la rivelazione ad un contesto determinato (nel quadro di procedimenti civili o commerciali) e consente unicamente la rivelazione di determinate informazioni (informazioni che non riguardino terzi e necessarie per il rispettivo procedimento).

44.

A seguito di detta comparazione tra l’articolo 54, paragrafi 1 e 2, della direttiva, è chiaro che la locuzione «casi contemplati dal diritto penale» non possa comprendere tutte le fattispecie in cui si tratti sostanzialmente di reati o di sanzioni penali. Infatti, una tale interpretazione, tenuto conto della mancanza di ulteriori condizioni, indebolirebbe senza apparenti giustificazioni la rigorosa tutela del segreto professionale perseguita dall’articolo 54, indispensabile per le finalità della direttiva. Al contempo, le dettagliate restrizioni poste dall’articolo 54, paragrafo 2, sarebbero vanificate in ipotesi siffatte. In particolare, si deve ritenere che il legislatore avrebbe previsto ulteriori condizioni, nel caso in cui l’espressione «casi contemplati dal diritto penale» dovesse includere anche casi in cui si tratti di reati nella negoziazione di titoli o, come nel presente caso, del carattere sanzionatorio di una misura.

b) Sullo scopo della deroga

45.

Depone nel senso che la locuzione «casi contemplati dal diritto penale» non possa includere tutte le fattispecie in cui si tratti sostanzialmente di reati o di sanzioni penali anche lo scopo di detta locuzione.

46.

L’articolo 51, paragrafo 1, della direttiva precisa che, «[f]atte salve le procedure per la revoca dell’autorizzazione o il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali», sussiste un obbligo di adottare «misure o […] sanzioni amministrative» appropriate per poter reagire alle violazioni della direttiva nei confronti delle persone responsabili.

47.

A mio avviso, le espressioni «fatti salvi i casi contemplati dal diritto penale» di cui all’articolo 54, paragrafo 1, e «[f]atti salvi i casi contemplati dalla legge penale» di cui all’articolo 54, paragrafo 3, della direttiva devono essere interpretate come un chiarimento, al pari della constatazione secondo la quale il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali resta impregiudicato. Esse precisano che il segreto professionale, nelle ipotesi in cui la normativa degli Stati membri disponga l’irrogazione di una sanzione penale o l’avvio di un procedimento penale, non osta alla trasmissione di informazioni alle autorità competenti. Conformemente a ciò, l’articolo 50, paragrafo 2, lettera l, disciplina il diritto dell’autorità competente di riferire fatti all’autorità giudiziaria ai fini della promozione dell’azione penale nel caso in cui l’iniziativa non provenga dalle autorità degli Stati membri.

48.

La locuzione «casi contemplati dal diritto penale» è intesa ad evitare un conflitto con il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali e di promuovere l’azione penale.

49.

Tale finalità è altresì in linea con la causa Altmann e a. ( 19 ), che trattava della richiesta di informazioni da parte di investitori di un’impresa di investimento operante in modo fraudolento, i quali avevano subito un danno. La Corte ha stabilito che quel caso non era contemplato dal diritto penale, perché la richiesta di informazioni «è stata presentata successivamente alle condanne penali che sono state pronunciate contro i responsabili [dell’impresa di investimento]» ( 20 ). Né il modello commerciale fraudolento della società, né le condanne penali dei responsabili facevano sì che il caso fosse contemplato dal diritto penale ai sensi della direttiva ( 21 ). L’avvocato generale Jääskinen sosteneva su tale base, nelle sue conclusioni, che la richiesta di informazioni «non avrebbe [l’obiettivo] di utilizzarl[e] ai fini di procedimenti penali» ( 22 ). La deroga perseguirebbe piuttosto proprio l’obiettivo «di rendere possibili le indagini e i procedimenti penali in ogni momento, anche durante l’esercizio delle normali attività dell’impresa di investimento, e permett[erebbe] quindi all’autorità di vigilanza di rivelare informazioni ai fini di tali procedimenti» ( 23 ).

50.

Infine, anche con riguardo all’individuazione dello scopo della deroga prevista per i «casi contemplati dal diritto penale», si può rinviare al fatto che l’eccezione non prevede alcuna ulteriore condizione. La tesi secondo la quale, in casi concernenti reati o sanzioni penali, l’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva consentirebbe la rivelazione di qualsivoglia informazione riservata in ogni contesto a ogni autorità o persona, non può rappresentare lo scopo della deroga prevista per i «casi contemplati dal diritto penale». Infatti, una siffatta interpretazione vanificherebbe la finalità fondamentale dell’articolo 54 della direttiva 2004/39 di assicurare una rigorosa tutela del segreto professionale.

c) Ulteriori considerazioni

51.

Un’interpretazione «procedurale» dei «casi contemplati dal diritto penale» si trova anche in linea con le considerazioni che seguono.

52.

Anzitutto tale interpretazione corrisponde all’impianto sistematico della direttiva 2004/39. La direttiva differenzia chiaramente, nell’articolo 51, paragrafo 1, tra misure di vigilanza e amministrative, disciplinate dalla direttiva, e sanzioni penali degli Stati membri che restano impregiudicate. Un’interpretazione sostanziale della deroga nel senso che sia rilevante la natura penale della misura e che pertanto anche le misure amministrative aventi natura penale potrebbero essere qualificate come casi contemplati dal diritto penale sarebbe in contraddizione con detta distinzione.

53.

Inoltre, un’interpretazione «procedurale» sarebbe compatibile con il fatto che la locuzione «casi contemplati dal diritto penale» venga impiegata in una molteplicità di atti in ambito finanziario ( 24 ). Ciò depone a favore della conclusione che si tratti piuttosto, in tal caso, di una formulazione diretta ad evitare conflitti e a consentire lo scambio di informazioni allo scopo della promozione dell’azione penale e che pertanto non si miri ad una valutazione caso per caso delle misure – diverse rispettivamente per tipo e oggetto di regolamentazione della direttiva.

54.

Infine, tale approccio «procedurale» è suffragato anche dall’articolo 76, paragrafo 1, della direttiva 2014/65/UE ( 25 ), che rifonde la direttiva 2004/39. Anche se la direttiva 2014/65, entrata in vigore il 2 luglio 2014, ha sostituito la direttiva 2004/39 con effetto dal 3 gennaio 2017, la rifusione può essere utilizzata come indizio per l’interpretazione dei casi contemplati dal diritto penale. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, della direttiva 2014/65, dal divieto della rivelazione di informazioni riservate sono fatte «salve le disposizioni del diritto penale o fiscale nazionale». Non si tratta allora della rivelazione di informazioni riservate a destinatari di misure di vigilanza o della natura penale di tali misure, ma piuttosto di dimostrare che il segreto professionale non osta alla trasmissione, laddove essa sia necessaria ai fini del diritto penale o fiscale nazionale.

55.

Si deve dunque concludere che la locuzione «casi contemplati dal diritto penale» non esclude dall’applicazione del segreto professionale tutte le fattispecie in cui si tratti di un reato o di una sanzione penale. L’eccezione così introdotta dovrebbe invece consentire la rivelazione di informazioni riservate agli organismi nazionali competenti per le indagini o un procedimento penale, ove richiesto dal diritto e dalla procedura penale nazionale. Le fattispecie analoghe a quelle di cui trattasi non rappresentano pertanto «casi contemplati dal diritto penale».

56.

In che misura il principio generale della buona amministrazione consacrato dall’articolo 41 della Carta ( 26 ) e il diritto di accesso al fascicolo in tal modo garantito ( 27 ) siano in linea con l’articolo 54 della direttiva deve essere discusso nel contesto della seconda questione pregiudiziale.

3. Sull’alternativa di un’interpretazione «sostanziale» dei «casi contemplati dal diritto penale»

57.

Qualora la Corte non accolga la mia proposta, ma statuisca che la locuzione «casi contemplati dal diritto penale» comprende fattispecie aventi ad oggetto reati o sanzioni penali, sarebbe necessario appurare se una decisione come quella della CSSF del 4 gennaio 2010 abbia natura penale.

58.

In ordine alla questione relativa a quando una misura sia qualificabile di diritto penale, vengono in considerazione il riferimento all’interpretazione dei termini «reato» e «pena» nel rispettivo Stato membro oppure un’interpretazione autonoma.

59.

La prima possibilità solleva però i dubbi già manifestati nei paragrafi da 34 a 37.

60.

Un’interpretazione autonoma della nozione di «casi contemplati dal diritto penale» può aver luogo in applicazione della giurisprudenza della Corte riguardante il principio del ne bis in idem di cui all’articolo 50 della Carta. La Corte, facendo riferimento ai «criteri della sentenza Engel» ( 28 ) della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»), ha statuito che, ai fini della valutazione della natura penale di una misura, sono rilevanti tre criteri Il primo criterio consiste nella qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, il secondo nella natura dell’illecito e il terzo nella natura nonché nel grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere ( 29 ).

61.

Riguardo al primo criterio occorre rilevare che la normativa lussemburghese qualifica di diritto amministrativo una misura come la decisione adottata dalla CSSF.

62.

Per quanto riguarda il secondo criterio, vanno presi in considerazione la cerchia di destinatari della normativa sulla quale si fonda la misura, la sua finalità e i beni giuridici da essa tutelati ( 30 ).

63.

Una decisione avente le caratteristiche del presente caso non è diretta alla collettività, come è invece tipico per il diritto penale. Tale decisione può rivolgersi solo ai membri di un gruppo determinato, vale a dire alla ristretta cerchia di coloro i quali abbiano deciso, di propria iniziativa, di esercitare funzioni direttive in imprese soggette ad autorizzazione nel settore della negoziazione dei titoli.

64.

Per quanto attiene alla finalità della decisione della CSSF, occorre rilevare che il criterio dell’onorabilità di cui all’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2004/39 mira ad assicurare «la gestione sana e prudente dell’impresa» ( 31 ). Come gli altri requisiti che le imprese di investimento devono soddisfare per ottenere l’autorizzazione, tale condizione serve a garantire la tutela degli investitori e la stabilità del sistema finanziario ( 32 ). Al fine di assicurare tale protezione, l’idoneità dei dirigenti viene riesaminata non solo nell’ambito della procedura di autorizzazione, ma anche in seguito, periodicamente, da parte dell’autorità competente ( 33 ). La constatazione compiuta dalla CSSF quanto al venir meno della fiducia nel fatto che il sig. DV offra sufficienti garanzie per una gestione sana e prudente di imprese di investimento, pertanto, non è intesa ad irrogargli una pena, ma ad evitare pericoli per il sistema finanziario e gli investitori. Anche nella parte in cui si accerta che il sig. DV non sarebbe idoneo a svolgere funzioni direttive in un’impresa vigilata dalla CSSF, la decisione non assume la finalità repressiva tipica del diritto penale. Tale deduzione sul piano giuridico si ricava piuttosto direttamente dalla direttiva 2004/39, in base alla quale solo persone dotate di onorabilità possono assumere siffatte funzioni. L’intimazione al sig. DV di dimettersi dai relativi incarichi costituisce la conseguenza inevitabile in termini di effettiva prevenzione, nonché il mezzo meno restrittivo rispetto alla revoca dell’autorizzazione concessa all’impresa di investimento.

65.

Anche i beni giuridici tutelati nel caso di specie non determinano una qualificazione penale della decisione della CSSF del 4 gennaio 2010. Infatti, la tutela degli investitori e la stabilità del mercato finanziario vengono garantiti, in genere, sia attraverso gli strumenti di diritto penale, sia con quelli di diritto amministrativo.

66.

Per quanto attiene al terzo «criterio della sentenza Engel», segnatamente la natura e la severità della misura inflitta, la CEDU si basa sulla pena massima stabilita in astratto per l’infrazione ( 34 ). L’applicazione di tali premesse al caso di specie non è agevole, in quanto dal rinvio non emerge se la decisione si fondi su una disciplina che stabilisce sanzioni penali oppure pone tale decisione in un rapporto gerarchico con altre misure. La decisione applica, piuttosto, la condizione dell’autorizzazione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva. A tal riguardo, il caso di specie si distingue anche dalle sentenze della CEDU relative a sanzioni irrogate da autorità di vigilanza dei mercati finanziari ( 35 ).

67.

Qualora si prenda in considerazione la natura della decisione adottata nel presente caso, è evidente che l’accertamento della carenza di onorabilità e l’intimazione di dimettersi dalle funzioni direttive in imprese di investimento non è collegata ad alcuna pena pecuniaria o detentiva. Anche in caso di inosservanza non sono stabilite siffatte sanzioni, tipiche del diritto penale. D’altra parte, il diritto penale contempla però anche divieti di esercizio dell’attività professionale. Ciò non significa, tuttavia, che ogni decisione che incida negativamente sulla libera scelta dell’attività professionale dell’interessato debba essere considerata di per sé come ascrivibile al diritto penale. Infatti, le restrizioni alla libertà professionale attraverso la previsione di condizioni di autorizzazione inerenti alle persone sono altresì tipiche del diritto amministrativo e, in particolare, del settore della prevenzione dei rischi.

68.

Qualora si prenda in considerazione la severità della decisione adottata nel caso di specie, va rilevato che essa ha implicazioni di ampia portata per l’interessato. Al destinatario manca la condizione per esercitare funzioni direttive in imprese di investimento ed è tenuto a dimettersi dai relativi incarichi. Pertanto, le perdite finanziarie e il discredito del destinatario possono essere associati nell’opinione pubblica.

69.

Va però osservato che la decisione verte solo su determinate attività nel rispettivo settore professionale. Non è preclusa l’assunzione di altre funzioni in imprese di investimento, né l’esercizio della professione forense. Inoltre, si sarebbero ugualmente verificate perdite finanziarie anche se l’autorità di vigilanza non avesse intimato al sig. DV di dimettersi, ma avesse invece revocato l’autorizzazione concessa all’impresa di investimento. A ciò l’autorità sarebbe legittimata in forza dell’articolo 8, primo comma, lettera c), della direttiva, qualora l’impresa di investimento avesse mantenuto il sig. DV al suo posto in spregio dei requisiti della direttiva 2004/39. Infine, assume particolare rilevanza il fatto che la decisione della CSSF non esclude il sig. DV da attività direttive per una durata rilevante o in via permanente. Essa rappresenta piuttosto l’interpretazione giuridica della CSSF nel momento in cui è stata adottata la decisione. L’idoneità del sig. DV sarà oggetto di ulteriore decisione, laddove un’impresa di investimento che lo impieghi in funzioni direttive richieda alla CSSF il rilascio di un’autorizzazione o un’impresa autorizzata comunichi l’intenzione di impiegarlo in un siffatto ruolo. Va inoltre considerato che la decisione della CSSF, come confermato all’udienza dalla rappresentante di tale autorità, non è stata pubblicata. Gli effetti negativi della decisione sulla reputazione pubblica del destinatario non costituiscono pertanto una conseguenza diretta della decisione.

70.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il caso di specie non costituisce un divieto di esercizio di attività professionale contemplato dal diritto penale. Pertanto, anche l’applicazione del terzo «criterio della sentenza Engel» non ha come conseguenza il fatto che la decisione della CSSF del 4 gennaio 2010 abbia natura penale.

71.

In conclusione, alla prima questione pregiudiziale si dovrebbe rispondere, ricorrendo ad un’interpretazione «sostanziale», che la locuzione «casi contemplati dal diritto penale» non comprende la presente fattispecie. Qualora la Corte dovesse riconoscere la natura penale della decisione, ciò comporterebbe che l’articolo 54 della direttiva 2004/39 non osti alla rivelazione di informazioni riservate. Dato che l’articolo 54 non subordina ad ulteriori condizioni la rivelazione di informazioni nei «casi contemplati dal diritto penale», ne conseguirebbe, in pratica, lo svuotamento di significato del segreto professionale in fattispecie con venature penalistiche. Non si potrebbero del resto neppure scongiurare interferenze nelle rispettive indagini e nei procedimenti penali a livello nazionale. Ciò dimostra ancora una volta che, nell’interpretare i «casi contemplati dal diritto penale» di cui all’articolo 54 della direttiva 2004/39, non si debba procedere con un approccio «sostanziale», ma piuttosto «procedurale».

4. Conclusione parziale

72.

In linea con le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione pregiudiziale come segue:

73.

La locuzione «casi contemplati dal diritto penale» di cui all’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39 non comprende fattispecie nelle quali un’autorità nazionale di vigilanza constati che una persona non sia più degna di fiducia e pertanto sia inidonea all’esercizio di funzioni direttive in un’impresa da essa vigilata e le intimi di dimettersi dai relativi incarichi.

B.   Sulla seconda questione pregiudiziale – il diritto a un processo equo e a un ricorso effettivo

74.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la configurazione del segreto professionale previsto dall’articolo 54 della direttiva, con riguardo al diritto di accesso al fascicolo spettante al destinatario di una misura analoga a quella di cui trattasi, soddisfi le garanzie di un equo processo e di un ricorso effettivo sancite dagli articoli 47 e 48 della Carta, nonché dagli articoli 6 e 13 della CEDU.

75.

Va anzitutto evidenziato che la CEDU non è uno strumento giuridico recepito formalmente nell’ordinamento dell’Unione e pertanto l’interpretazione dell’articolo 54 della direttiva deve essere compiuta sulla base degli articoli 47 e 48 della Carta ( 36 ).

1. Sull’articolo 47 della Carta

76.

L’articolo 47 della Carta disciplina, al paragrafo 1, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice e, al paragrafo 2, il diritto a un processo giurisdizionale equo.

77.

La direttiva assicura che vengano rispettati i requisiti di un ricorso effettivo di cui all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta. L’articolo 52, paragrafo 1, della direttiva prescrive che le decisioni dell’autorità competente debbano essere adeguatamente motivate e che debba sussistere un diritto al ricorso giurisdizionale. La garanzia dell’articolo 47, paragrafo 1, della Carta, relativa all’effettività del ricorso, si esaurisce nella disponibilità di un diritto di ricorrere a un giudice indipendente dall’autorità competente per l’adozione della decisione sfavorevole e dotato del potere di riesame della decisione. La motivazione della decisione della CSSF del 4 gennaio 2010 e il procedimento principale comprovano la sussistenza di dette condizioni nel caso di specie.

78.

Il diritto a un equo processo di cui all’articolo 47, paragrafo 2, della Carta comprende, in primo luogo, il principio del contraddittorio. In base ad esso, le parti nel procedimento hanno il diritto di prendere conoscenza di tutte le prove e le osservazioni presentate dinanzi al giudice e di discuterle ( 37 ). Tale diritto non è tuttavia implicato in ipotesi come quella del caso di specie. Infatti, le parti interessate non controvertono sulle informazioni entrate nel procedimento giurisdizionale. Pertanto non si deve neanche temere che la decisione giurisdizionale sia basata su fatti e documenti di cui una delle parti non abbia avuto conoscenza ( 38 ).

79.

Il diritto a un equo processo di cui all’articolo 47, paragrafo 2, della Carta comprende, inoltre, la tutela dei diritti della difesa. Tale manifestazione del principio generale di diritto dell’Unione trova la sua declinazione nell’articolo 41, per i procedimenti amministrativi, e nell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, per quelli penali. La tutela dei diritti della difesa include anche il diritto di accesso al fascicolo.

80.

Tale diritto si riferisce, come mostrato ad esempio dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, al fascicolo che «riguarda» l’individuo. In esso sono compresi, in primo luogo, tutti i documenti e le informazioni a carico che l’autorità ha posto alla base della sua decisione ( 39 ). Inoltre, il diritto di accesso al fascicolo comprende anche i documenti a discarico ( 40 ) e quelli che non siano stati utilizzati per la motivazione della decisione, ma presentino un nesso obiettivo con essa ( 41 ). Non è rilevante, in tale ipotesi, la questione del dossier cui siano fisicamente assegnate le informazioni.

81.

I documenti controversi nel caso di specie spiegherebbero, ad avviso del sig. DV, la «reale» distribuzione di ruoli in sede di costituzione della Luxalpha. Dato che la CSSF fonda la sua decisione anche sul ruolo assunto dal destinatario in sede di costituzione della Luxalpha, le informazioni richieste costituiscono dunque documenti potenzialmente a discarico.

82.

La CSSF ha però ottenuto tali documenti nel contesto della sua attività di vigilanza sulla UBS e sulla Luxalpha. Il fatto che le informazioni riguardino terzi non esclude il diritto di accesso al fascicolo. Occorre tuttavia prendere in considerazione i diritti fondamentali dei terzi. Infatti, il diritto di accesso al fascicolo non si applica in modo assoluto ma, come mostrato ad esempio dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, è subordinato al rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale.

83.

Il diritto di accesso al fascicolo e il segreto professionale devono pertanto essere ponderati tra di loro. Nel caso della direttiva 2004/39, l’articolo 54 rappresenta l’esito di tale attività di ponderazione da parte del legislatore dell’Unione. Occorre esaminare se, a tal riguardo, abbia avuto luogo un bilanciamento proporzionale degli interessi contrapposti ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

84.

Va osservato che l’articolo 54 della direttiva non accorda al segreto professionale alcun primato assoluto nei confronti del diritto di accesso al fascicolo nel procedimento amministrativo. È vero che l’articolo 54 enuncia il divieto fondamentale di rivelazione di informazioni riservate, ma consente sempre la rivelazione in forma sintetica o aggregata ( 42 ). Inoltre, l’articolo 54 prevede numerose, per quanto tassative, deroghe a detto divieto, tra cui anche i già discussi «casi contemplati dal diritto penale».

85.

La decisione del legislatore della direttiva a favore di un rigoroso rispetto del segreto professionale si basa sulla considerazione che in tal modo non solo sono tutelate le imprese direttamente interessate, ma viene altresì garantito il normale funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell’Unione ( 43 ).

86.

La qualità delle informazioni trasmesse dalle imprese di investimento alle autorità di vigilanza e lo scambio di informazioni tra le autorità dipendono dall’affidamento nella riservatezza delle informazioni comunicate. Senza una rigorosa tutela del segreto professionale sarebbero pertanto esposti a rischio anche il sistema di sorveglianza delle imprese di investimento fondato sulla scambio di informazioni e, dunque, l’obiettivo di tutela degli investitori dei mercati dell’Unione.

87.

Inoltre, le informazioni raccolte dalle autorità di vigilanza possono avere un elevato valore economico. Un abbassamento del livello di protezione del segreto professionale potrebbe indurre un abuso del diritto di accesso al fascicolo finalizzato all’utilizzazione di informazioni riservate per altri scopi.

88.

Al contempo, bisogna tener conto del fatto che il rigoroso rispetto del segreto professionale di cui all’articolo 54 della direttiva può comportare che il destinatario di una misura restrittiva ottenga, per la sua difesa, solo quelle informazioni concessegli dalla medesima autorità di vigilanza che ha adottato la misura impugnata. Così l’autorità di vigilanza potrebbe restringere l’ambito dei diritti della difesa nel procedimento giurisdizionale spettanti ai destinatari delle sue misure. Ci sarebbero minori perplessità, nel caso in cui esistesse una separazione organizzativa tra l’autorità di vigilanza e l’autorità che adotta la misura restrittiva. Nel presente caso, la CSSF è competente per la sorveglianza delle imprese di investimento, adotta le pertinenti misure e decide sull’accesso alle informazioni ( 44 ). Dato che possono sussistere dubbi sull’imparzialità dell’autorità sul piano del procedimento amministrativo, deve essere pertanto garantito un effettivo controllo giurisdizionale della sua decisione ( 45 ).

89.

Va altresì rilevato che l’autorità competente lede il segreto professionale già con la rivelazione delle informazioni a carico che essa pone a fondamento della sua decisione. In tale contesto non sembra accettabile che l’autorità possa negare la rivelazione di informazioni potenzialmente a discarico, che presentino un nesso con la decisione, richiamandosi genericamente al segreto professionale.

90.

Tuttavia, ritengo che la direttiva 2004/39 consenta un bilanciamento proporzionale tra i diritti della difesa e la tutela del segreto professionale in casi come quello di specie. Infatti, i diritti della difesa possono essere rispettati, nel presente caso, in modo diverso dall’accesso del destinatario della decisione a documenti potenzialmente a discarico.

91.

L’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva dispone invero, in base al suo tenore letterale, che le informazioni riservate non possano essere rivelate «ad alcuna persona o autorità», in cui potrebbe essere incluso anche un giudice nazionale. Contro tale conclusione depone però l’articolo 54, paragrafo 3, della direttiva, il quale prescrive che l’autorità competente possa servirsi di informazioni riservate nel contesto di procedimenti giudiziari specificamente connessi con l’esercizio delle loro funzioni. Anche l’articolo 50, paragrafo 2, lettera l), della direttiva avalla detta tesi, in quanto esso contempla il potere di riferire fatti all’autorità giudiziaria. Pertanto, la direttiva non osta al fatto che l’autorità renda disponibili al giudice competente i relativi documenti in casi come quello di specie. Al giudice nazionale competente spetta allora il compito di stabilire se i documenti siano a discarico e come possano trovare ingresso nel procedimento compatibilmente con la normativa nazionale.

92.

Sebbene il principio dell’equo processo esiga, in linea di principio, che tali informazioni vengano rivelate anche al destinatario della misura, affinché quest’ultimo possa prendere posizione su di esse nel procedimento giurisdizionale, una restrizione a tale diritto può essere tuttavia giustificata nel solo caso in cui si tratti di informazioni potenzialmente a lui favorevoli e che non potrebbero trovare altrimenti alcun ingresso in detto procedimento.

93.

Così, da un lato, può essere salvaguardata la rigorosa tutela del segreto professionale, perseguita dalla direttiva 2004/39. Dall’altro lato, si garantisce che il destinatario di una misura come quella di cui al caso di specie abbia un equo procedimento giurisdizionale.

2. Sull’articolo 48 della Carta

94.

In merito all’articolo 48 della Carta va osservato che esso tutela la presunzione di innocenza e i diritti della difesa di cui deve beneficiare una persona «accusata» ( 46 ) e dunque è concepito per procedimenti esclusivamente penali.

95.

Il relativo diritto fondamentale non è dunque pertinente nel caso in questione. Infatti, né il procedimento di vigilanza sfociato nell’adozione della decisione amministrativa della CSSF avente carattere preventivo, né il procedimento amministrativo di riesame giurisdizionale di detta decisione possono essere qualificati come procedimenti penali.

96.

Quand’anche si configuri un siffatto procedimento, l’articolo 48 della Carta non sarebbe in contrasto con la conformazione del segreto professionale di cui all’articolo 54 della direttiva. Infatti, in tal caso la mia proposta di un’interpretazione «procedurale» dei casi «contemplati dal diritto penale» ai sensi dell’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva consente la rivelazione delle informazioni riservate alle autorità competenti per l’esercizio dell’azione penale. A queste ultime spetta il compito di rivelare alla persona accusata le informazioni necessarie all’esercizio dei suoi diritti conformemente alla procedura penale nazionale.

3. Conclusione parziale

97.

In conclusione, occorre dunque rispondere alla seconda questione pregiudiziale affermando che l’autorità di vigilanza competente può negare la rivelazione di informazioni riservate potenzialmente favorevoli al destinatario di una misura come quella di cui al caso di specie invocando il segreto professionale ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva, qualora non ricorra alcuna delle deroghe previste dall’articolo 54 della direttiva e i diritti della difesa del destinatario della misura possano essere altrimenti tutelati.

V. Conclusione

98.

Sulla base delle osservazioni precedenti, propongo alla Corte di giustizia di rispondere alle questioni pregiudiziali della Cour administrative nel seguente modo:

1)

La locuzione «casi contemplati dal diritto [dalla legge] penale» di cui all’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39/CE non comprende fattispecie in cui un’autorità di vigilanza nazionale constati che una persona non sia più degna di fiducia e pertanto sia inidonea all’esercizio di funzioni direttive in un’impresa da essa vigilata e le intimi di dimettersi dai relativi incarichi.

2)

L’autorità di vigilanza competente può negare la rivelazione di informazioni riservate potenzialmente favorevoli al destinatario di una decisione con la quale venga constatato che quest’ultimo non sia più degno di fiducia e pertanto sia inidoneo all’esercizio di funzioni direttive in un’impresa da essa vigilata e debba di conseguenza dimettersi dai relativi incarichi, invocando il segreto professionale ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva, qualora non ricorra alcuna delle deroghe previste dall’articolo 54 della direttiva e i diritti della difesa del destinatario della misura possano essere altrimenti tutelati.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2008/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008 (GU 2008, L 76, pag. 33).

( 3 ) V. a tal riguardo anche sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362), e la causa pendente C‑15/16, Baumeister.

( 4 ) La truffa nel settore degli investimenti organizzata dallo statunitense Bernard Lawrence Madoff ha causato un danno di circa 65 miliardi di dollari statunitensi. Madoff è stato condannato alla reclusione per 150 anni.

( 5 ) Mémorial A n. 54 del 6 luglio 1979.

( 6 ) Mémorial A n. 27 del 10 aprile 1993.

( 7 ) Mémorial A n. 116 del 16 luglio 2007.

( 8 ) Alla quale è subentrata dal 1o dicembre 2016 la UBS Europe SE.

( 9 ) Il sig. EU, a carico del quale la CSSF adottava in data 18 giugno 2010 una decisione analoga a quella adottata a carico del sig. DV, è del pari parte interessata nella controversia principale e nel procedimento dinanzi alla Corte.

( 10 ) V. sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362, punto 26) e i considerando 2, 31, 44 e 71 della direttiva 2004/39.

( 11 ) V. sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362, punti 31, 32), e inoltre sentenza dell’11 dicembre 1985, Hillenius (110/84, EU:C:1985:495, punto 27), nonché i considerando 44 e 63 della direttiva 2004/39.

( 12 ) Ritengo dubbio il fatto che il «servirsi» di dati riservati ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 3, possa includere anche la «rivelazione» delle informazioni di cui all’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva [v. però le conclusioni presentate dall’avvocato generale Slynn nella causa Hillenius (110/84, EU:C:1985:333, pag. 3950)]. Dato che i due paragrafi dispongono una deroga per i «casi contemplati dal diritto penale», la risposta a tale questione non è decisiva nel caso di specie. Dass die „Verwendung“ vertraulicher Daten nach Art. 54 Abs. 3 auch die „Weitergabe“ der Informationen im Sinne von Art. 54 Abs. 1 der Richtlinie umfassen kann, halte ich für zweifelhaft (vgl. aber Schlussanträge des Generalanwalts Slynn in der Rechtssache Hillenius [110/84, EU:C:1985:333, S. 3950]). Da beide Absätze mit identischem Wortlaut eine Ausnahme für „Fälle, die unter das Strafrecht fallen“ vorsehen, ist die Beantwortung dieser Frage hier nicht entscheidend.

( 13 ) V. sentenze del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza del 9 novembre 2016, Wathelet (C‑149/15, EU:C:2016:840, punto 28).

( 14 ) V. a tal riguardo la causa pendente C‑15/16, Baumeister, la quale verte sull’interpretazione delle nozioni di «segreto professionale» e «informazione riservata».

( 15 ) V. sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362, punto 35).

( 16 ) V. sentenze del 18 ottobre 2011, Brüstle (C‑34/10, EU:C:2011:669, punto 31), del 19 dicembre 2013, Fish Legal e Shirley (C‑279/12, EU:C:2013:853, punto 42), e del 29 ottobre 2015, Saudaçor (C‑174/14, EU:C:2015:733, punto 52).

( 17 ) V. sentenze del 22 aprile 2010, Commissione/Regno Unito (C‑346/08, EU:C:2010:213, punto 39), e del 26 febbraio 2015, Wucher Helicopter e Euro-Aviation Versicherung (C‑6/14, EU:C:2015:122, punto 24).

( 18 ) Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen presentate nella causa Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2168, paragrafo 50).

( 19 ) Sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362).

( 20 ) Sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362, punto 39).

( 21 ) V. sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362, punto 41).

( 22 ) Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen presentate nella causa Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2168, paragrafo 28).

( 23 ) Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen presentate nella causa Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2168, paragrafo 27).

( 24 ) V. e multis articolo 53, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338); articolo 70, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/77/CE della Commissione (GU 2010, L 331, pag. 84); articolo 24, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2015/2366, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU 2015, L 337, pag. 35).

( 25 ) Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349).

( 26 ) V. sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 49), nonché la spiegazione relativa all’articolo 41 della Carta (Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali, GU 2007, C 303, pag. 17), e la giurisprudenza ivi citata.

( 27 ) V. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 99), nonché sentenza del Tribunale di primo grado del 18 dicembre 1992, Cimenteries CBR e a./Commissione (cause riunite da T‑10/92 a T‑12/92 e T‑15/92, EU:T:1992:123, punti da 37 a 41).

( 28 ) V. sentenza della Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel e a. c. Paesi Bassi (ECLI:CE:ECHR:1976:0608JUD000510071, §§ da 80 a 82).

( 29 ) V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 35) con rinvio alla sentenza del 5 giugno 2012, Bonda (C‑489/10, EU:C:2012:319, punto 37), nonché le mie conclusioni presentate nella causa Bonda (C‑489/10, EU:C:2011:845, paragrafi da 45 a 50 e la giurisprudenza ivi citata).

( 30 ) V. sentenza del 5 giugno 2012, Bonda (C‑489/10, EU:C:2012:319, punto 39) e inoltre sentenze della Corte EDU, 21 febbraio 1984, Ötztürk c. Germania (ECLI:CE:ECHR:1984:0221JUD000854479, § 53), 24 febbraio 1992, Bendenoun c. Francia (ECLI:CE:ECHR:1994:0224JUD001254786, § 47) e 10 giugno 1996, Benham c. Regno Unito (ECLI:CE:ECHR:1996:0610JUD001938092, § 56).

( 31 ) Qualora detta condizione non sussista o venga a mancare, l’autorità competente non concede (v. articolo 7, paragrafo 1, e articolo 9, paragrafo 3, della direttiva) o revoca a posteriori [v. articolo 8, primo comma, lettera c) della direttiva] l’autorizzazione concessa all’impresa di investimento.

( 32 ) V. il considerando 17 e inoltre i considerando 2, 31, 44 e 71 della direttiva 2004/39.

( 33 ) V. articoli 16 e 17 della direttiva 2004/39.

( 34 ) V. sentenza della Corte EDU, 9 ottobre 2008, Ezeh and Connors c. Regno Unito (ECLI:CE:ECHR:2003:1009JUD003966598, § 120).

( 35 ) V. sentenze della Corte EDU, 11 giugno 2009, Dubus S.A. c. Francia (ECLI:CE:ECHR:2009:0611JUD000524204) e 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia (ECLI:CE:ECHR:2014:0304JUD001864010), che si differenziano dal presente caso per il fatto che la CSSF non è un giudice.

( 36 ) V. sentenze del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 46), e del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punti 4546, nonché la giurisprudenza ivi citata).

( 37 ) V. sentenze del 14 febbraio 2008, Varec (C‑450/06, EU:C:2008:91, punto 47), e del 4 giugno 2013, ZZ (C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 55).

( 38 ) V. sentenza del 4 giugno 2013, ZZ (C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 56), nonché sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 52, e la giurisprudenza ivi citata).

( 39 ) V. sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 68).

( 40 ) V. sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti 68, 7475), e del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑110/10 P, EU:C:2011:687, punto 49).

( 41 ) V. sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti 125126).

( 42 ) V. sentenza del 18 giugno 2008, Hoechst/Commissione (T‑410/03, EU:T:2008:211, punti 153154) relativa all’esigenza di versioni non riservate o di sintesi non riservate di documenti.

( 43 ) V. sentenza del 12 novembre 2014, Altmann e a. (C‑140/13, EU:C:2014:2362, punto 33).

( 44 ) Il richiamo del sig. DV alla sentenza della Corte EDU, 11 giugno 2009, Dubus S.A. c. Francia (ECLI:CE:ECHR:2009:0611JUD000524204) non è pertinente in quanto esso si fonda sull’errato convincimento che la CSSF – come la Commission bancaire in quel caso (punti 24 e 55 della sentenza) – sia un giudice ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione ovvero degli articoli 47 e 48 della Carta.

( 45 ) V. sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 55) e inoltre, sul principio di imparzialità di cui all’articolo 47, paragrafo 2, della Carta, sentenza del 14 giugno 2017, Online Games e a. (C‑685/15, EU:C:2017:452, punti da 60 a 64), nonché, in relazione all’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, le mie conclusioni presentate nella causa Spagna/Consiglio (C‑521/15, EU:C:2017:420, paragrafi da 98 a 115).

( 46 ) V. sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 83).

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