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Document 62016CC0301

Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 5 dicembre 2017.
Commissione europea contro Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd.
Impugnazione – Politica commerciale – Dumping – Importazioni di vetro solare originario della Cina – Regolamento (CE) n. 1225/2009 – Articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c) – Status di impresa operante in condizioni di economia di mercato – Nozione di “distorsione di rilievo derivante dal precedente sistema ad economia non di mercato”, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino – Vantaggi fiscali.
Causa C-301/16 P.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:938

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 5 dicembre 2017 ( 1 )

Causa C‑301/16 P

Commissione europea

contro

Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd

«Impugnazione – Dumping – Importazioni di vetro solare originario della Cina – Regolamento (CE) n. 1225/2009 – Articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino – Status di impresa operante in condizioni di economia di mercato – Nozione di distorsione di rilievo derivante dal precedente sistema ad economia non di mercato – Vantaggi fiscali – Obbligo di motivazione – Irregolarità procedurali»

1. 

Il trattamento nel diritto antidumping dell’Unione delle importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato e, più specificamente, il trattamento delle importazioni provenienti dalla Cina sono materie di grande attualità, che costituiscono oggetto di un acceso dibattito.

2. 

Al momento della presentazione delle presenti conclusioni, da un lato, è pendente dinanzi alle istanze competenti dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) un contenzioso avviato dalla Repubblica popolare cinese nei confronti dell’Unione europea concernente tale questione ( 2 ). La denuncia presentata dalle autorità cinesi dinanzi all’OMC riguarda il regime che, nel diritto dell’Unione, si applica attualmente al calcolo del valore normale, e dunque del margine di dumping, per le importazioni provenienti dai paesi designati come «non retti da un’economia di mercato». Essa ha ad oggetto, in maniera specifica, le disposizioni previste all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (UE) 2016/1036 ( 3 ), le quali corrispondono, in sostanza, alle disposizioni di cui alla presente causa, ossia quelle contenute all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1225/2009 ( 4 ) (in prosieguo: il «regolamento di base»).

3. 

Dall’altro, il regime antidumping nel diritto dell’Unione delle importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato è in piena evoluzione. Assai di recente, infatti, i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo su una proposta presentata dalla Commissione europea, intesa a modificare tale regime ( 5 ). La futura legislazione introdurrà una nuova metodologia per calcolare i margini di dumping per le importazioni da paesi terzi in presenza di forti distorsioni del mercato o di un’influenza penetrante dello Stato sull’economia ( 6 ).

4. 

La causa in esame si inserisce nel dibattito concernente il trattamento, nel diritto antidumping dell’Unione, delle importazioni provenienti da paesi designati come non retti da un’economia di mercato. Più specificamente, essa verte sulle condizioni che un produttore, segnatamente di origine cinese, deve soddisfare, allo stato attuale del diritto, per ottenere lo status di società operante in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: lo «status di SEM»), ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base.

5. 

Questa causa verte su un’impugnazione con la quale la Commissione chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 marzo 2016, Xinyi PV Products (Anhui) Holdings/Commissione ( 7 ), con la quale quest’ultimo, accogliendo il ricorso presentato dalla Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd (in prosieguo: la «Xinyi»), società cinese, ha annullato il regolamento di esecuzione (UE) n. 470/2014 ( 8 ) (in prosieguo: il «regolamento controverso»), nella parte in cui tale regolamento riguardava detta società. In sintesi, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione si era erroneamente rifiutata di concedere alla Xinyi lo status di SEM ritenendo che, a causa di due regimi fiscali previsti dalla legislazione cinese di cui la Xinyi aveva beneficiato, i suoi costi e la sua situazione finanziaria fossero stati soggetti a distorsioni «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato».

6. 

È pertanto l’interpretazione dei termini «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato» di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, ad essere al centro della causa in esame e a costituire la questione sulla quale la Corte è chiamata a fornire taluni chiarimenti.

I. Contesto normativo

7.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base:

«a)

Nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato [(inclusi Azerbaigian, Bielorussia, Corea del Nord, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan)], il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi; compresa la Comunità, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nella Comunità per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto.

(…)

b)

Nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni in provenienza dal Kazakistan, nonché da qualsiasi paese non retto da un’economia di mercato che sia membro dell’OMC alla data di apertura dell’inchiesta, il valore normale è determinato a norma dei paragrafi da 1 a 6 qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e in funzione dei criteri e delle procedure di cui alla lettera c), sia dimostrata la prevalenza di condizioni dell’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile. Qualora ciò non sia possibile, si applica il regime di cui alla lettera a).

c)

La domanda di cui alla lettera b) (…) deve contenere prove sufficienti in ordine al fatto che il produttore opera in condizioni di economia di mercato. Ciò si verifica quando:

le decisioni delle imprese in materia di prezzi, costi e fattori produttivi, inclusi ad esempio le materie prime, le spese per gli impianti tecnologici e la manodopera, la produzione, le vendite e gli investimenti, vengano prese in risposta a tendenze del mercato che rispecchiano condizioni di domanda e di offerta, senza significative interferenze statali, ed i costi dei principali mezzi di produzione riflettano nel complesso i valori di mercato;

le imprese dispongano di una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità;

i costi di produzione e la situazione finanziaria delle imprese non siano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato relativamente alle svalutazioni anche degli attivi, alle passività di altro genere, al commercio di scambio e ai pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti;

le imprese in questione siano soggette a leggi in materia fallimentare e di proprietà che garantiscano certezza del diritto e stabilità per la loro attività, e

le conversioni del tasso di cambio siano effettuate ai tassi di mercato.

(…)».

II. Fatti e regolamento controverso

8.

I fatti sono esposti dettagliatamente ai punti da 1 a 18 della sentenza impugnata, ai quali rinvio. Ai fini del presente procedimento, mi limito a ricordare che, il 28 febbraio 2013, la Commissione ha avviato un procedimento antidumping relativo alle importazioni di determinati prodotti di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese ( 9 ).

9.

Nel corso dell’inchiesta, la Xinyi – una società produttrice ed esportatrice di vetro solare stabilita in Cina avente come azionista unico la Xinyi Solar (Hong Kong) Ltd, stabilita ad Hong Kong (Cina) – ha chiesto alla Commissione la concessione dello status di SEM ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base.

10.

Con lettera del 22 agosto 2013, la Commissione ha informato la Xinyi che non riteneva di poter dar seguito a tale richiesta, per il solo motivo che essa non soddisfaceva il terzo criterio di concessione previsto all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

11.

In tale lettera, la Commissione ha considerato quanto segue:

«L’inchiesta ha rivelato che la [Xinyi] aveva beneficiato di diversi vantaggi fiscali a titolo d’imposta sul reddito, quali:

il programma “2 Free 3 Half”. Tale regime fiscale permette alle società a capitale straniero di beneficiare di un’esenzione fiscale totale (0%) per due anni e, nei tre anni successivi, di un’aliquota fiscale del 12,5%, invece dell’aliquota normale del 25%;

il regime fiscale delle imprese ad alta tecnologia. In applicazione di tale regime, la società è sottoposta ad un’aliquota ridotta del 15%, invece dell’aliquota normale del 25%. Tale aliquota preferenziale costituisce una sovvenzione in grado di adattarsi quasi in permanenza che potrebbe anche avere l’obiettivo di attirare investimenti a tassi ridotti, falsando così la concorrenza.

Si ritiene che le aliquote ridotte creino vantaggi finanziari notevoli, di modo che [la Xinyi] non è stat[a] in grado di dimostrare che i suoi costi di produzione e la sua situazione finanziaria non sono soggetti a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato (…)

Pertanto, la Commissione propone di rigettare la richiesta [della Xinyi volta a ottenere lo status di] SEM».

12.

Successivamente, in una lettera datata 13 settembre 2013, in risposta alle osservazioni presentate dalla Xinyi, la Commissione ha confermato il rigetto della domanda di concessione dello status di SEM introdotta da tale società considerando quanto segue:

«Un regime d’imposta sul reddito che tratta [favorevolmente] alcune società o alcuni settori economici considerati strategici dal governo, implica che questo regime fiscale non deriva da un’economia di mercato[,] ma [che esso] risulta ancora ampiamente da una pianificazione statale e può, pertanto, essere rilevante ai fini del terzo criterio [dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base]. L’applicazione di un regime d’aliquota preferenziale modifica l’importo degli utili pre-imposte che la società deve generare per essere attraente per gli investitori (…)

A tale proposito, conviene ricordare che era possibile applicare [alla Xinyi] l’aliquota ridotta (14,01%) poiché [essa] poteva cumulare il regime fiscale delle imprese ad alta tecnologia con un altro regime, quello del programma “2 Free 3 Half”. L’effetto combinato è stato un’aliquota sensibilmente ridotta rispetto all’aliquota normale (25%), che poteva, in particolare, perseguire l’obiettivo d’attirare capitali a tassi ridotti e così influire sulla situazione finanziaria ed economica della società nel suo insieme (…)».

13.

Il 26 novembre 2013, la Commissione ha adottato il regolamento (UE) n. 1205/2013, che istituisce un dazio provvisorio antidumping sulle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese ( 10 ). In tale regolamento, la Commissione ha ritenuto che, avendo beneficiato, in particolare, di regimi fiscali preferenziali, la Xinyi non fosse stata in grado di dimostrare che la sua situazione economica non era soggetta a distorsioni di rilievo derivanti dal sistema ad economia non di mercato e che, per questo motivo, tale società non soddisfacesse il terzo criterio per la concessione dello status di SEM ( 11 ). La Commissione ha dunque imposto un dazio antidumping provvisorio del 39,3% alle importazioni del prodotto in esame fabbricato dalla Xinyi.

14.

Il 13 maggio 2014, la Commissione ha adottato il regolamento controverso, nel quale essa ha confermato le osservazioni esposte nel regolamento n. 1205/2013, secondo cui le richieste di status di SEM, e segnatamente quella presentata dalla Xinyi, dovevano essere respinte ( 12 ). In tali circostanze, un dazio antidumping definitivo del 36,1% è stato istituito sulle importazioni di determinati prodotti di vetro solare fabbricati dalla Xinyi ( 13 ).

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15.

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 7 agosto 2014, la Xinyi ha chiesto l’annullamento del regolamento controverso, deducendo quattro motivi a sostegno del suo ricorso.

16.

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato esclusivamente il primo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, del quale ha accolto la prima parte.

17.

Nell’ambito di tale parte, la Xinyi aveva addebitato alla Commissione di avere inficiato il regolamento controverso di illegittimità, ritenendo, in particolare, che i vantaggi fiscali di cui la Xinyi aveva beneficiato – menzionati nel paragrafo 11 delle presenti conclusioni – costituissero distorsioni «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

18.

A tal riguardo, il Tribunale ha considerato, anzitutto, che i vantaggi «derivanti» da un’economia non di mercato, ai sensi di tale disposizione, non possano riguardare qualsiasi vantaggio, salvo rimettere in discussione l’efficacia e la portata illustrativa degli esempi citati in detta disposizione. Secondo il Tribunale, il termine «derivante» dovrebbe essere interpretato nel senso che esso significa che il precedente sistema ad economia non di mercato deve aver portato o condotto alle distorsioni in questione. Pertanto, soltanto i vantaggi che derivano dal precedente sistema ad economia non di mercato sarebbero rilevanti ai fini dell’applicazione di detta disposizione ( 14 ).

19.

Sulla base di tali premesse, il Tribunale ha dichiarato che, nella fattispecie, non era possibile concludere che i vantaggi fiscali in questione «derivavano» da un precedente sistema ad economia non di mercato, nel senso che ne erano il risultato o la conseguenza. Secondo il Tribunale, notoriamente, infatti, anche i paesi ad economia di mercato accordano a talune imprese vantaggi fiscali sotto forma di esenzioni fiscali per un periodo determinato o di aliquote ridotte, come risulterebbe del resto dalla giurisprudenza della Corte in materia di aiuti di Stato ( 15 ).

20.

Il Tribunale ha poi considerato che tale valutazione non poteva essere rimessa in discussione dai diversi argomenti fatti valere dalla Commissione nel corso del procedimento ( 16 ).

21.

In primo luogo, al punto 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha ritenuto che l’argomento, fatto valere dalla Commissione, tratto dal legame tra i vantaggi fiscali in questione e i piani quinquennali attuati in Cina, fosse il risultato di un formalismo eccessivo. Secondo il Tribunale, la continuità dei suddetti piani non implicherebbe necessariamente che tali regimi derivassero dalla precedente economia non di mercato della Cina, a meno che non si volesse concludere che tutte le misure adottate in Cina e ricollegabili ad un piano derivino dalla sua precedente economia non di mercato, circostanza che priverebbe l’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base di ogni efficacia.

22.

In secondo luogo, ai punti 75 e 76 della sentenza impugnata il Tribunale ha respinto l’argomento della Commissione secondo il quale i regimi fiscali in questione non perseguivano obiettivi legittimi. Da un lato, secondo il Tribunale, non è possibile contestare che il sostegno a certi settori d’attività, come le alte tecnologie, giudicati strategici da un determinato paese, costituisca un obiettivo legittimo in un’economia di mercato, indipendentemente dalla questione della legittimità delle misure in questione, in particolare, rispetto al diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato. Dall’altro, l’obiettivo di attirare investimenti stranieri sarebbe perseguito da diversi paesi ad economia di mercato e sarebbe in antitesi con un modello d’organizzazione economica basato sulla proprietà collettiva o statale delle imprese sottoposte a obiettivi di produzione definiti da un piano centralizzato, situazione tipica di un sistema ad economia non di mercato.

23.

In terzo luogo, ai punti 77 e 78 della sentenza impugnata il Tribunale ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui i vantaggi fiscali in questione avrebbero avuto un impatto non soltanto su costi direttamente collegati all’obiettivo perseguito, ma sull’insieme dei risultati economici della Xinyi e quindi sulla sua situazione economica globale. Secondo il Tribunale, un siffatto argomento potrebbe essere utilmente avanzato soltanto con riferimento all’entità di un’eventuale distorsione dei costi di produzione e della situazione finanziaria della Xinyi, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, ma non per argomentare che tale distorsione «deriverebbe» dalla precedente economia non di mercato ai sensi di questa stessa disposizione.

24.

Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale ha concluso che la Commissione era incorsa in un manifesto errore di valutazione nel negare, in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, la concessione dello status di SEM alla Xinyi. Esso ha dunque annullato l’articolo 1 del regolamento controverso nella parte che riguardava tale società, senza esaminare gli altri motivi da essa dedotti.

IV. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

25.

Con la sua impugnazione, la Commissione chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata; di respingere, in quanto infondata in diritto, la prima parte del primo motivo del ricorso di primo grado; di rinviare la causa dinanzi al Tribunale ai fini del riesame della seconda parte del primo motivo, nonché del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso di primo grado e di riservare le spese dei due gradi di giudizio.

26.

La Xinyi chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la Commissione e gli intervenienti alle spese.

27.

Con ordinanza del presidente della Corte del 13 ottobre 2016, la GMB Glasmanufaktur Brandenburg GmbH (in prosieguo: la «GMB») è stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

28.

La Corte ha formulato una serie di quesiti chiedendo alle parti di rispondere per iscritto. La Commissione, la Xinyi nonché la GMB vi hanno risposto nei termini impartiti e hanno svolto le loro difese orali all’udienza svoltasi il 21 giugno 2017.

V. Analisi

29.

A sostegno della propria impugnazione, la Commissione deduce tre motivi. Il primo motivo verte su un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base. Con il secondo e con il terzo motivo, la Commissione addebita al Tribunale, rispettivamente, violazioni dell’obbligo di motivazione e irregolarità procedurali.

A.  Sul primo motivo, relativo ad un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base

1. Osservazioni preliminari

30.

Con il primo motivo, la Commissione, sostenuta dalla GMB, fa valere che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione della disposizione prevista nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

31.

Tale disposizione stabilisce il terzo dei cinque criteri che deve essere soddisfatto da un produttore originario di un paese non retto da un’economia di mercato al fine di poter beneficiare dello status di SEM.

32.

A tal riguardo, occorre ricordare, in via preliminare, che, tramite l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, il legislatore dell’Unione ha inteso adottare un regime speciale che fissa norme dettagliate in materia di calcolo del valore normale relativamente alle importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato ( 17 ).

33.

Più specificamente, secondo l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, nel caso di importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato, al fine di evitare di prendere in considerazione prezzi e costi che non sono la risultante normale delle forze che si esercitano sul mercato, il valore normale è determinato non secondo le regole generali di cui ai paragrafi da 1 a 6 di questo stesso articolo bensì, in linea di principio, secondo il metodo cosiddetto «del paese di riferimento», ossia sulla base del prezzo o del valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato ( 18 ) (nella fattispecie è stata scelta la Turchia).

34.

Tuttavia, in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni provenienti in particolare dalla Cina, il valore normale può essere determinato, qualora determinate condizioni siano soddisfatte, non sulla base del metodo del paese di riferimento, bensì sulla base dei prezzi e dei costi propri del produttore (esportatore) interessato. A tal fine, detto produttore interessato deve tuttavia presentare una richiesta debitamente motivata in grado di dimostrare, nel rispetto dei cinque criteri e delle procedure di cui allo stesso paragrafo, lettera c), la prevalenza delle condizioni di un’economia di mercato per il medesimo relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile interessato ( 19 ).

35.

In forza di quest’ultima disposizione, incombe dunque a ciascun produttore che desideri beneficiare di tali norme fornire prove sufficienti a dimostrare che esso soddisfa i cinque criteri ivi indicati e può pertanto essere considerato operante in condizioni di economia di mercato ( 20 ). Non spetta dunque alle istituzioni dell’Unione provare che il produttore interessato non soddisfa le condizioni previste per beneficiare di detto status ( 21 ).

36.

Spetta, per contro, al Consiglio e alla Commissione valutare se gli elementi forniti dal produttore interessato siano sufficienti a dimostrare che i criteri enunciati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, sono soddisfatti ai fini della concessione dello status di SEM, ed al giudice dell’Unione verificare che tale valutazione non sia viziata da un errore manifesto ( 22 ).

37.

Nella fattispecie, la Commissione ha negato la concessione del beneficio dello status di SEM alla Xinyi per il solo motivo che, avendo quest’ultima beneficiato dei due regimi fiscali menzionati al paragrafo 11 delle presenti conclusioni, essa non aveva dimostrato di soddisfare il criterio enunciato nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base. I quattro criteri restanti previsti all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, sono per contro stati considerati soddisfatti dalla Commissione.

38.

In forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, un produttore originario della Cina può essere considerato operante in condizioni di economia di mercato, e può vedersi dunque concedere lo status di SEM, solo qualora presenti prove sufficienti del fatto che «i [suoi] costi di produzione e la [sua] situazione finanziaria (…) non siano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato».

39.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione ha commesso un manifesto errore di valutazione nel ritenere che la distorsione risultante dai vantaggi fiscali conferiti dalle autorità cinesi alla Xinyi «deriva[sse] dal precedente sistema ad economia non di mercato». Il Tribunale non si è espresso, per contro, sulla questione se la Commissione avesse correttamente considerato che i vantaggi fiscali in oggetto avevano dato luogo a distorsioni che potevano essere qualificate di rilievo.

2. Breve riepilogo degli argomenti delle parti

40.

Nel primo motivo, articolato in cinque parti, la Commissione contesta l’interpretazione accolta dal Tribunale nella sentenza impugnata dei termini «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato» come previsti all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

41.

Secondo la Commissione, in primo luogo, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, da un lato, sarebbe sufficiente dimostrare che una misura è destinata all’attuazione di un piano quinquennale in Cina per considerare tale misura «derivante dal precedente sistema ad economia non di mercato» e, dall’altro, una siffatta interpretazione non priverebbe di efficacia l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base ( 23 ).

42.

In secondo luogo, non sarebbe esatto che il sostegno apportato a certi settori industriali giudicati strategici da un paese costituirebbe un obiettivo legittimo in un’economia di mercato ( 24 ). Infatti, gli interventi statali autorizzati in un’economia sociale di mercato avrebbero sempre come obiettivo il perseguimento dell’interesse generale e non la selezione di «campioni» o la valorizzazione di un settore economico dichiarato «strategico» rispetto ad un altro.

43.

In terzo luogo, i regimi fiscali in questione non potrebbero essere paragonati agli aiuti accordati in un’economia di mercato ( 25 ). Infatti, tali regimi non sarebbero, come siffatti aiuti, mirati e limitati ad una categoria particolare di costi legati ad un investimento e non sarebbero neanche limitati nel tempo.

44.

In quarto luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che i regimi di aiuti di Stato giudicati illegittimi nelle sentenze citate al punto 66 della sentenza impugnata sarebbero paragonabili alle misure fiscali in questione.

45.

In quinto luogo, la nozione di «paese non retto da un’economia di mercato» sottesa all’analisi effettuata nella sentenza impugnata sarebbe erronea. In particolare, detta nozione sarebbe molto più ampia di quella di cui il Tribunale ha illustrato le caratteristiche nel punto 76 della sentenza impugnata e che corrisponderebbe alla definizione tradizionale di paese ad economia di Stato.

46.

La Xinyi replica, in primo luogo, che la prima parte del presente motivo si fonderebbe su un’affermazione nuova e sarebbe pertanto irricevibile. Inoltre, la Commissione non avrebbe apportato alcuna prova con riferimento alla natura e agli obiettivi dei piani quinquennali di cui trattasi e non spiegherebbe perché un qualsivoglia legame fra una misura e un siffatto piano dovrebbe automaticamente comportare il rigetto delle domande di status di SEM.

47.

In secondo luogo, l’obiettivo del terzo criterio dello status di SEM consisterebbe nel valutare non ciò che è legittimo in un’economia di mercato, bensì ciò che costituisce una distorsione derivante dal precedente sistema ad economia non di mercato. La Xinyi avrebbe fornito al Tribunale numerosi esempi di sovvenzioni accordate da paesi retti da un’economia di mercato, e spetterebbe unicamente al Tribunale valutare il valore degli elementi che gli sono stati sottoposti e che sono a sua disposizione. La Commissione non avrebbe fatto valere alcuno snaturamento degli elementi di prova a tal riguardo.

48.

In terzo luogo, la Commissione non apporterebbe alcun elemento per dimostrare che le uniche sovvenzioni esistenti nelle economie di mercato sarebbero mirate e limitate al finanziamento pubblico necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti. Del resto, l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, verterebbe sulla questione non se una distorsione rientri in un tipo accettabile nelle economie di mercato, bensì se essa rientri in un tipo di distorsione che esisteva nel precedente sistema ad economia non di mercato.

49.

In quarto luogo, la Xinyi ritiene che le constatazioni fatte dal Tribunale ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata in relazione ai vantaggi fiscali concessi nelle economie di mercato sono valutazioni di fatto che non possono costituire oggetto di esame nella fase dell’impugnazione, dal momento che la Commissione non ha né addotto né dimostrato uno snaturamento manifesto degli elementi di prova.

50.

In quinto luogo, secondo la Xinyi, il termine «precedente», figurante all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, non darebbe adito ad alcun dubbio quanto al fatto che, per valutare le domande di status di SEM depositate da produttori cinesi a partire dal 1o luglio 1998, ossia alla data di entrata in vigore del regolamento (CE) n. 905/98 ( 26 ), il quale ha introdotto la possibilità di ottenere tale status, la Commissione deve verificare se esistano distorsioni derivanti dal sistema ad economia pianificata in vigore prima di tale data, vale a dire quando la Repubblica popolare cinese era ancora un paese ad economia di Stato tradizionale. Il Tribunale avrebbe pertanto interpretato correttamente, al punto 76 della sentenza impugnata, i termini «economia non di mercato» figuranti all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, come cossispondenti alla definizione di economia di Stato.

3. Analisi giuridica

51.

La questione dell’interpretazione accolta dal Tribunale nella sentenza impugnata dei termini «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato» di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, questione che si trova al centro del primo motivo della Commissione, costituisce una mera questione di diritto, la quale è soggetta al pieno controllo dei giudici dell’Unione, e in relazione alla quale le istituzioni dell’Unione non possono invocare alcun margine di valutazione discrezionale ( 27 ).

52.

Al fine di poter interpretare tali termini e poter rispondere agli argomenti sollevati dalla Commissione, reputo necessario partire da un’analisi della ratio sottesa all’introduzione dello status di SEM nel diritto dell’Unione. Tale analisi consentirà di qualificare il sistema economico cinese nel diritto antidumping dell’Unione.

a) La ratio dell’introduzione dello status di SEM e la qualificazione del sistema economico cinese nel diritto antidumping dell’Unione

53.

Il trattamento particolare delle importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato nelle norme antidumping dell’Unione risale agli anni 50 ( 28 ).

54.

Tuttavia, è solo nel 1979 che, con l’adozione del regolamento (CEE) n. 1681/79, sono state introdotte norme specifiche nel diritto dell’Unione al fine di codificare la prassi sviluppatasi nella materia ( 29 ).

55.

La possibilità per i produttori originari, in particolare, della Cina di chiedere la concessione dello status di SEM, come prevista dal regolamento di base in vigore al momento dei fatti rilevanti nella presente causa, è stata introdotta nel diritto dell’Unione dal regolamento n. 905/98.

56.

Tale regolamento era stato proposto al fine esplicito di introdurre adeguamenti alla prassi antidumping dell’Unione associata allo status di paese non retto da un’economia di mercato al fine di riconoscere gli sforzi compiuti dalla Cina e dalla Russia per riformare le loro economie ( 30 ).

57.

A tal riguardo, come la Corte ha già avuto occasione di rilevare ( 31 ), risulta dal quarto e dal quinto considerando del regolamento n. 905/98 che l’introduzione, nel regolamento di base, dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), è stata motivata dal fatto che le riforme intraprese segnatamente in Cina hanno modificato in modo essenziale l’economia di tale paese e hanno portato all’emergere di imprese per le quali prevalgono condizioni di economia di mercato, sicché tale paese si è discostato dal modello economico che aveva suggerito il ricorso sistematico al metodo del paese di riferimento.

58.

La Corte ha tuttavia parimenti rilevato che, nella misura in cui, malgrado tali riforme, la Repubblica popolare cinese non costituisce ancora un paese ad economia di mercato, alle cui esportazioni si applichino automaticamente le regole generali per la determinazione del valore normale enunciate all’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento di base, il legislatore dell’Unione ha deciso che, in forza del paragrafo 7, lettera c), del medesimo articolo, incombe a ciascun produttore che desideri beneficiare delle regole suddette di fornire prove sufficienti, come specificate in quest’ultima disposizione, atte a dimostrare che esso opera in condizioni di economia di mercato ( 32 ).

59.

A tal riguardo, si evince dal riferimento, ai suddetti quarto e quinto considerando del regolamento n. 905/98, «all’emergere di imprese per le quali prevalgono condizioni dell’economia di mercato», che, allorché ha introdotto nel regolamento di base le disposizioni contenute all’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), il legislatore dell’Unione era ben consapevole del fatto che, nonostante le riforme attuate in Cina, le condizioni di un’economia di mercato non prevalevano globalmente a livello del sistema economico cinese. Introducendo nel diritto dell’Unione lo status di SEM, detto legislatore ha tuttavia voluto riconoscere ( 33 ) che, a seguito di tali riforme, in taluni settori e ambiti, esistevano in Cina imprese operanti in condizioni tipiche di un’economia di mercato, ossia obbedienti ai principi dell’offerta e della domanda, in un ambiente non falsato dall’influenza dello Stato.

60.

In un contesto del genere, poiché il ricorso sistematico al metodo del paese di riferimento non era più giustificato per le importazioni provenienti dalla Cina, detto legislatore, introducendo le summenzionate disposizioni, ha creato uno strumento che offriva a siffatte imprese, in casi debitamente giustificati, la possibilità di fondarsi sui propri prezzi e costi ai fini della determinazione del valore normale nell’ambito delle inchieste antidumping che le riguardavano.

61.

Risulta da tali considerazioni, da un lato, che, allorché ha introdotto nel regolamento di base le disposizioni concernenti lo status di SEM, il legislatore dell’Unione non ha affatto inteso riconoscere in maniera generale la prevalenza delle condizioni di un’economia di mercato nel sistema economico cinese, nel quale, al di fuori di settori specifici, l’intervento dello Stato – esercitato segnatamente tramite l’adozione di piani quinquennali aventi portata generale e natura obbligatoria – restava un elemento distintivo.

62.

Dall’altro, se è vero che il legislatore dell’Unione ha inteso offrire la possibilità ai produttori cinesi di essere riconosciuti come soggetti che operano nelle condizioni di un’economia di mercato e, pertanto, di ottenere il valore normale sulla base dei loro prezzi e costi reali, nel sistema che il legislatore ha creato, come emerge dai paragrafi 34 e 35, nonché 58 delle presenti conclusioni, l’onere di provare l’esistenza di siffatte condizioni è stato nondimeno manifestamente posto a carico dei produttori che intendono beneficiare dello status di SEM.

63.

Pertanto, invece del ricorso sistematico al metodo del paese di riferimento, il legislatore dell’Unione ha introdotto un sistema che consente un’analisi caso per caso delle condizioni economiche proprie di ognuna delle inchieste antidumping. In tale sistema, tuttavia, in assenza di una prova fornita dai produttori interessati, la quale dimostri che essi soddisfano le cinque condizioni previste all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, e che possono pertanto essere considerati operanti in condizioni di economia di mercato, il metodo del paese di riferimento si applica «automaticamente». La Corte ha peraltro già riconosciuto il carattere di eccezione delle disposizioni previste all’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base ( 34 ).

64.

Ne consegue che, secondo l’idea del legislatore, se il sistema economico cinese non è più quello di un’economia di Stato, esso, a voler essere precisi, non è neanche quello di un’economia di mercato ( 35 ). Si tratta di un sistema economico che si potrebbe definire «ibrido» o «in una fase di transizione» ( 36 ), nel quale si ritiene che l’intervento dello Stato, fonte di distorsioni, è, in generale, ancora presente, cosicché tale sistema viene trattato «automaticamente» come privo dei caratteri di un’economia di mercato, ma nel quale, in certi settori e per certe imprese, le condizioni di un’economia di mercato prevalgono. Tale sistema è caratterizzato dunque da una coesistenza di elementi tipici di un sistema non retto da un’economia di mercato ed elementi, prevalenti in determinati settori dell’economia, tipici di un’economia di mercato.

b) L’interpretazione dei termini «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato»

65.

È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre interpretare la disposizione che prevede la terza condizione che deve essere soddisfatta da un produttore al fine di ottenere lo status di SEM, ossia l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base e, più precisamente, i termini «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato».

66.

A tal riguardo, per quanto riguarda anzitutto il termine «derivante», il Tribunale, al punto 64 della sentenza impugnata, ha giudicato che tale termine dev’essere interpretato nel senso che «il precedente sistema ad economia non di mercato deve aver portato o condotto alle distorsioni» e che, pertanto, la disposizione in questione riguardi unicamente un vantaggio che è «una conseguenza del precedente sistema ad economia non di mercato» ( 37 ).

67.

Anche se la Commissione non ha contestato esplicitamente l’interpretazione del termine «derivante» accolta dal Tribunale – interpretazione che si potrebbe qualificare come «causale» –, le parti hanno ampiamente discusso, nel corso del procedimento, in merito a un’altra possibile interpretazione di tale termine, interpretazione che si è profilata a seguito di talune osservazioni formulate dalla Xinyi.

68.

Secondo tale approccio, in considerazione del fatto, da un lato, che l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, si riferisce al «precedente» sistema ad economia non di mercato e, dall’altro, che i termini utilizzati in talune versioni linguistiche ( 38 ), corrispondenti al termine «induit» utilizzato nella versione francese, rimandano alla nozione di «eredità», si potrebbe considerare l’eventualità di interpretare la disposizione in questione nel senso che essa rinvia esclusivamente a distorsioni «storiche». In tale prospettiva, solo le distorsioni che hanno origine in misure adottate anteriormente al 1o luglio 1998, data di entrata in vigore del regolamento n. 905/98, potrebbero essere considerate «ereditate» dal precedente sistema ad economia pianificata. In tale contesto, eventuali «nuove» distorsioni, le quali hanno origine in una misura adottata dopo il 1o luglio 1998, potrebbero eventualmente essere prese in considerazione nell’ambito della disposizione prevista dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base.

69.

Orbene, benché un siffatto approccio possa indubbiamente trovare un fondamento nel testo della disposizione in questione, nei termini in cui essa è redatta in talune versioni linguistiche, tale interpretazione, tuttavia, non mi persuade.

70.

A tal riguardo, devo anzitutto rilevare che, come risulta da un’analisi approfondita, effettuata dalla Commissione, delle diverse versioni linguistiche della disposizione in questione, nella maggior parte di queste ultime (dodici versioni ( 39 )) i termini corrispondenti al termine francese «induit» non rimandano affatto alla nozione di «eredità», ma presuppongono l’esistenza di un nesso di causalità fra la distorsione e il sistema ad economia pianificata, senza avere una connotazione temporale. È solo in tre versioni linguistiche ( 40 ) che una siffatta connotazione temporale, la quale rinvia alla nozione di «eredità», è ravvisabile ( 41 ).

71.

Cionondimeno, secondo la giurisprudenza, in caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di una disposizione, quest’ultima deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte ( 42 ).

72.

A tal riguardo, occorre rilevare, da un lato, che non risulta né dal testo del regolamento n. 905/98 o dei suoi considerando, né dai lavori preparatori che il legislatore dell’Unione, allorché ha introdotto l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, abbia inteso considerare la data del 1o luglio 1998 come un limite cronologico, a partire dal quale il sistema economico cinese avrebbe improvvisamente cambiato natura.

73.

Come ho già illustrato ai paragrafi 56 e 57 delle presenti conclusioni, la ratio dell’introduzione delle disposizioni concernenti lo status di SEM era di riconoscere i risultati ottenuti dalla Repubblica popolare cinese nei suoi sforzi di riforma, che la ravvicinano ad un’economia di mercato. Si tratta di un processo che si è esteso lungo diversi anni, ovvero decenni, e che, alla data del 1o luglio 1998, non era certamente compiuto. Indubbiamente con il regolamento n. 905/98 il legislatore ha riconosciuto che la Repubblica popolare cinese aveva raggiunto un grado di avanzamento nella sua trasformazione in economia di mercato in determinati settori. Tuttavia, il regolamento n. 905/98 non ha individuato un evento importante che abbia affrancato, in una data precisa, il sistema economico cinese dal regime di pianificazione economica e non ha nemmeno interamente riconosciuto la Repubblica popolare cinese come un’economia di mercato.

74.

Dall’altro, la disposizione prevista dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, costituisce, a mio avviso, una condizione diversa da quella prevista al terzo trattino. Le due disposizioni non coprono le stesse situazioni e il loro ambito di applicazione non si distingue esclusivamente per un elemento temporale.

75.

A tal riguardo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, per ottenere lo status di SEM il produttore interessato deve presentare prove sufficienti idonee a dimostrare che le sue decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi sono adottate in risposta a tendenze del mercato che rispecchiano condizioni di domanda e di offerta, senza significative interferenze statali, e che i costi dei principali mezzi di produzione riflettono nel complesso i valori di mercato.

76.

Tale disposizione riguarda dunque le decisioni commerciali del produttore interessato, nonché i costi effettivi dei principali fattori produttivi ( 43 ). La disposizione contenuta nel terzo trattino riguarda, per contro, distorsioni «strutturali», risultanti dal sistema economico nel quale opera il produttore. Le due disposizioni riguardano pertanto situazioni distinte. Tale interpretazione, la quale si basa sull’assenza di una sovrapposizione fra i rispettivi ambiti di applicazione ratione materiae delle due disposizioni, preserva peraltro in toto l’efficacia di ognuna di esse ( 44 ).

77.

Da ciò consegue che, a mio avviso, l’interpretazione – da me definita «causale» – del termine «derivante», accolta dal Tribunale al punto 64 della sentenza impugnata, è corretta.

78.

Per quanto riguarda la nozione di «precedente sistema ad economia non di mercato», rilevo che, nel corso del procedimento, le parti hanno compiuto notevoli sforzi per presentare classificazioni dei diversi sistemi economici che verrebbero prese in considerazione nel regolamento di base ( 45 ).

79.

Tuttavia, come ammesso dalla Commissione, nella sentenza impugnata il Tribunale non ha concretamente definito la nozione di «precedente sistema ad economia non di mercato», come prevista nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base ( 46 ). In tali circostanze, non sono sicuro che sia necessario, per la Corte, prendere posizione su tali classificazioni per determinare la portata della disposizione in questione.

80.

Infatti, tutte le considerazioni che precedono consentono, a mio avviso, di definire in maniera precisa l’interpretazione da dare alla disposizione prevista dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base. Essa riguarda le distorsioni di rilievo concernenti i costi di produzione e la situazione finanziaria dei produttori interessati causate – o risultanti – da misure rientranti nel sistema economico che non riveste la natura di economia di mercato, sistema che, attualmente, viene considerato, nel diritto dell’Unione, ancora esistente «automaticamente» in Cina, al di fuori dei settori in cui prevalgono le condizioni di un’economia di mercato.

81.

È nel contesto giuridico tracciato ai paragrafi precedenti che occorre analizzare le censure mosse dalla Commissione nella sua impugnazione avverso l’analisi effettuata dal Tribunale nella sentenza impugnata.

c) Sulle conseguenze giuridiche dell’esistenza di un nesso fra misure che conferiscono un vantaggio e piani quinquennali adottati dal governo cinese

82.

Nella prima parte del primo motivo, la Commissione addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto allorché ha dichiarato, ai punti 63 e 69 della sentenza impugnata, che non sarebbe sufficiente che una misura sia destinata all’attuazione di un piano quinquennale in Cina per ritenere che essa «derivi dal precedente sistema ad economia non di mercato». Secondo la Commissione, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, l’interpretazione da essa proposta non priverebbe di efficacia l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

83.

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, che, nonostante il loro legame – dallo stesso qualificato come indiretto – con piani quinquennali adottati dal governo cinese, non poteva ritenersi che i vantaggi fiscali in questione derivassero dal precedente sistema ad economia pianificata in quanto, notoriamente, anche i paesi ad economia di mercato accordano a talune imprese vantaggi fiscali analoghi ( 47 ). Il Tribunale ha considerato che l’argomento della Commissione tratto dal legame con i piani quinquennali era il risultato di un formalismo eccessivo, poiché la sopravvivenza dei suddetti piani non implicava necessariamente che detti regimi fiscali derivassero dalla precedente economia pianificata della Cina, salvo concludere che tutte le misure adottate in Cina e ricollegabili ad un piano derivano dalla sua precedente economia pianificata, circostanza che avrebbe privato l’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base di ogni efficacia ( 48 ).

84.

A tal riguardo, occorre anzitutto respingere l’argomento della Xinyi secondo il quale la prima parte del primo motivo sarebbe irricevibile, nella misura in cui si fonderebbe su un’affermazione nuova.

85.

Ai sensi dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte, l’impugnazione proposta dinanzi alla Corte deve limitarsi ai motivi di diritto e può essere fondata su motivi attinenti, in particolare, alla violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale. Peraltro, l’articolo 170 del regolamento di procedura della Corte prevede che l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale.

86.

Tuttavia, è giocoforza constatare che, al punto 69 della sentenza impugnata, il Tribunale ha espressamente respinto l’argomento della Commissione relativo al legame tra i vantaggi fiscali in questione e i piani attuati in Cina. Il Tribunale ha esplicitamente escluso la sussistenza di un rapporto di necessità fra l’esistenza di un legame fra una misura e tali piani, da un lato, e la circostanza che una siffatta misura «derivi» dalla precedente economia pianificata, dall’altro. È esattamente tale ragionamento che viene preso in considerazione dalla prima parte del primo motivo d’impugnazione della Commissione. In tali circostanze, la Xinyi non può validamente sostenere che tale parte si fondi su un’affermazione nuova, che non avrebbe fatto parte dell’oggetto del contendere dinanzi al Tribunale.

87.

Nel merito, occorre osservare che, come rilevato dal Tribunale stesso al punto 76 della sentenza impugnata in fine, l’utilizzazione di piani pluriennali centralizzati per l’organizzazione dell’economia costituisce il tratto distintivo di tutti i sistemi ad economia pianificata.

88.

Orbene, è pacifico che in Cina, nonostante le riforme menzionate ai paragrafi 57 e 58 delle presenti conclusioni, le quali hanno indotto il legislatore ad introdurre lo status di SEM, il governo cinese continua ad adottare piani quinquennali intesi a fissare direttive di sviluppo economico per la totalità del paese.

89.

Benché i piani quinquennali cinesi si siano evoluti nel tempo e non prevedano più ormai obiettivi di produzione definiti, è pacifico che tali piani svolgono ancora un ruolo fondamentale nell’organizzazione dell’economia cinese.

90.

Emerge dalle memorie della Commissione e della GMB, nonché dalle loro affermazioni in udienza, che tali piani quinquennali operano a tutti i livelli dell’economia cinese e coprono un’ampia gamma (se non la totalità) dei settori dell’economia. Tali piani non si limitano semplicemente ad esporre la visione del governo cinese con riferimento allo sviluppo economico nazionale, ma contengono obiettivi precisi ed hanno, in linea di principio, carattere obbligatorio a tutti i livelli governativi cinesi. Tali piani sono completati da strumenti di politica specifici utilizzati per orientare gli operatori economici verso gli obiettivi prestabiliti a livello centrale.

91.

La Xinyi non ha contestato la qualificazione dei piani quinquennali risultante dalle affermazioni fatte dalla Commissione e dalla GMB, ma si è limitata ad affermare che la Commissione non avrebbe fornito la prova della natura dei piani quinquennali attuali.

92.

Orbene, in una cornice normativa come quella stabilita dal legislatore dell’Unione per la concessione dello status di SEM, nell’ambito della quale un sistema economico in fase di transizione, come il sistema cinese, è considerato «automaticamente» non retto da un’economia di mercato, qualora venga adottata una misura per attuare piani quinquennali, come quelli definiti ai paragrafi precedenti, ed essa contribuisca a perseguire le politiche e gli obietti prestabiliti a livello centrale, è possibile, a mio avviso, in assenza di prova contraria, presumere che le distorsioni risultanti da siffatte misure «derivano dal precedente sistema ad economia non di mercato».

93.

Infatti, anche se, in un sistema economico in fase di transizione, elementi tipici di un’economia di mercato possono coesistere con gli elementi tipici di un’economia pianificata, ciò non toglie che l’adozione di piani come quelli descritti ai paragrafi da 88 a 90 delle presenti conclusioni resta l’elemento caratteristico di ogni sistema che non riveste il carattere di un’economia di mercato. In tali condizioni, la mera circostanza che una misura venga adottata per dare esecuzione ad un siffatto piano è sufficiente a far presumere che essa «deriva dal precedente sistema ad economia non di mercato», ossia, come risulta dal paragrafo 80 delle presenti conclusioni, che essa derivi dal sistema economico privo delle caratteristiche di un’economia di mercato che è rimasto in vigore in Cina, al di fuori dei settori nei quali, a seguito delle riforme intraprese dal governo cinese, le condizioni di un’economia di mercato prevalgono.

94.

Peraltro, come si evince dalla giurisprudenza menzionata ai paragrafi da 34 a 36 delle presenti conclusioni, nel sistema creato dal legislatore dell’Unione incombe al produttore che intende beneficiare dello status di SEM e non alle istituzioni provare che, nonostante il fatto che questa gode di vantaggi risultanti dall’elemento che caratterizza tutti i sistemi ad economia pianificata, ossia il piano quinquennale, tali vantaggi non sono idonei ad alterare le condizioni di economia di mercato che dovrebbero prevalere per il medesimo.

95.

La circostanza, considerata decisiva dal Tribunale nella sentenza impugnata, che misure analoghe a quelle adottate in esecuzione del piano quinquennale siano eventualmente parimenti previste in economie di mercato, anche ammesso che sia accertata nella fattispecie, non è a mio avviso sufficiente, di per sé, ad escludere che distorsioni risultanti dalle misure adottate in esecuzione di un piano quinquennale derivino dal precedente sistema ad economia pianificata.

96.

Infatti, non è possibile considerare isolatamente misure prese nell’ambito dell’attuazione di un piano quinquennale, prescindendo dal più ampio contesto in cui sono state adottate. È evidente, infatti, che misure più o meno simili adottate in economie di mercato non verranno mai prese nell’ambito di piani come quelli che il governo cinese adotta, i quali sono totalmente estranei ad un sistema di economia di mercato.

97.

L’errore che può essere addebitato al Tribunale è, a mio avviso, quello di non aver tenuto conto del contesto – il piano quinquennale – nell’ambito del quale le misure che comportano le distorsioni vengono adottate. Infatti, è possibile che gli obiettivi economici vincolanti la cui realizzazione viene fissata in maniera centralizzata dal governo cinese siano conseguiti tramite misure diverse, alcune delle quali possono essere più o meno paragonabili a misure adottate in economie di mercato. Ciò non toglie, tuttavia, che tali simili misure vengano adottate in un contesto – quello del piano quinquennale – fondamentalmente diverso da quello di un’economia di mercato.

98.

Per questa ragione, nutro seri dubbi in ordine alla rilevanza degli esempi tratti dalla giurisprudenza dell’Unione in materia di aiuti di Stato, menzionata dal Tribunale al punto 66 della sentenza impugnata, rilevanza che viene contestata dalla Commissione nella quarta parte del primo motivo. Infatti, il contesto economico e giuridico del diritto dell’Unione nel cui ambito siffatte misure di aiuto vengono adottate e valutate è fondamentalmente diverso dal contesto economico e giuridico cinese.

99.

Lo stesso ragionamento vale per gli argomenti fatti valere dalla Commissione nell’ambito della seconda e della terza parte del suo primo motivo. Alla luce del contesto fondamentalmente diverso, gli interventi statali e gli aiuti concessi nell’ambito di un’economia sociale di mercato non sono equiparabili ad interventi o regimi risultanti da piani quinquennali come quelli descritti ai paragrafi da 88 a 90 delle presenti conclusioni.

100.

Inoltre, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 69 della sentenza impugnata, l’interpretazione secondo la quale l’esistenza di un legame fra una misura e il piano quinquennale fa presumere che le distorsioni risultanti dalla misura derivino dal precedente sistema ad economia pianificata non è idonea a privare di ogni efficacia la disposizione contenuta nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

101.

Infatti, in primo luogo, il produttore interessato che intenda beneficiare dello status di SEM conserva la possibilità di confutare la presunzione dimostrando che, benché la misura che gli conferisce vantaggi sia stata adottata nell’ambito del piano quinquennale o della sua attuazione, essa non provoca una distorsione incompatibile con un’economia di mercato. In secondo luogo, anche se la distorsione deriva dal precedente sistema ad economia pianificata, affinché la condizione prevista dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base non venga rispettata occorre che la distorsione sia di rilievo. In tal senso, distorsioni non di rilievo non sono in grado di escludere la concessione dello status di SEM, pur se risultino da un piano quinquennale e si presuma pertanto che esse derivano dal precedente sistema ad economia pianificata. In terzo luogo, misure statali che conferiscono vantaggi, prevedendo, ad esempio, regimi fiscali favorevoli, ma che non presentano un legame con un piano quinquennale, non rientrano nell’ambito di applicazione della disposizione in questione e non costituiscono pertanto un ostacolo alla concessione dello status di SEM ai produttori che chiedono di beneficiarne.

102.

Per di più, l’argomento addotto dal Tribunale al punto 76 della sentenza impugnata, secondo il quale, in sostanza, le politiche intese ad attirare investimenti stranieri sarebbero, almeno in teoria, in antitesi con un modello d’organizzazione economica basato sulla proprietà collettiva delle imprese sottoposte a obiettivi di produzione definiti da un piano centralizzato non può rimettere in discussione la precedente analisi. Infatti, indipendentemente dal dibattito semantico e tassonomico chehe oppone la Commissione alla Xinyi, volto a determinare se le caratteristiche poste in evidenza dal Tribunale si ricolleghino meglio a un sistema economico di Stato piuttosto che a un sistema economico pianificato, come risulta dal paragrafo 64 delle presenti conclusioni, è pacifico che il sistema economico cinese è un sistema in fase di transizione. Ne consegue che, in un contesto del genere, il fatto, ammesso che sia accertato, che talune misure siano teoricamente o generalmente in antitesi con un sistema ad economia pianificata o ad economia di Stato non significa necessariamente che esse non derivino dal sistema economico che non riveste la natura di economia di mercato – come inteso al paragrafo 80 delle presenti conclusioni – rimasto in vigore in Cina.

d) Applicazione al caso di specie

103.

Nella fattispecie, è pacifico che le misure fiscali in questione sono state adottate nell’ambito dell’attuazione di piani quinquennali adottati dal governo cinese ( 49 ). Peraltro, il Tribunale stesso ammette tale fatto al punto 69 della sentenza impugnata, anche se qualifica come «indiretto» il legame esistente fra le misure in questione e detti piani attuati in Cina. Neanche la Xinyi nega tale fatto.

104.

Di conseguenza, poiché le misure fiscali in questione presentano una connessione con l’elemento caratteristico delle economie pianificata, ossia il piano quinquennale, il quale resta un elemento fondamentale nell’organizzazione economica cinese, la Commissione poteva presumere che esse «deriva[ssero] dal precedente sistema ad economia non di mercato».

105.

In tali circostanze, il Tribunale, a mio avviso, ha commesso un errore di diritto allorché ha dichiarato che, nonostante le misure fiscali in questione siano state adottate nell’ambito dell’attuazione di piani quinquennali adottati dal governo cinese, la Commissione era incorsa in un manifesto errore di valutazione nel negare alla Xinyi la concessione dello status di SEM, sulla base della considerazione che le distorsioni risultanti da tale misure non «derivavano dal precedente sistema ad economia non di mercato».

e) Conclusione

106.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di accogliere il primo motivo di impugnazione della Commissione e di annullare la sentenza del Tribunale.

107.

È dunque in subordine, per il caso in cui la Corte non dovesse aderire alla mia proposta, che esamino anche il secondo e il terzo motivo dedotti dalla Commissione nei confronti della sentenza impugnata.

B.  Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

1. Breve riepilogo degli argomenti delle parti

108.

Con il secondo motivo, la Commissione addebita al Tribunale la violazione dell’obbligo di motivazione ad esso incombente. Tale motivo si compone, in sostanza, di due parti.

109.

Nella prima parte, la Commissione fa valere un difetto di motivazione per quanto attiene a talune affermazioni contenute nella sentenza impugnata. La Commissione prende in considerazione, in primo luogo, il punto 66 di tale sentenza, nel quale il Tribunale ha affermato, secondo la Commissione senza fornire una motivazione, che «notoriamente (…) anche i paesi ad economia di mercato accordano a talune imprese vantaggi fiscali sotto forma di esenzioni fiscali». Il Tribunale non spiegherebbe neanche perché i regimi di aiuti di Stato di cui allo stesso punto della sentenza impugnata sarebbero equiparabili alle misure in questione.

110.

In secondo luogo, la Commissione fa valere un difetto di motivazione quando, al punto 75 della sentenza impugnata, il Tribunale afferma che «[è] (…) incontestabile che il sostegno a certi settori d’attività come le alte tecnologie, giudicati strategici da un determinato paese, costituisce un obiettivo legittimo in un’economia di mercato».

111.

In terzo luogo, il Tribunale non spiegherebbe neanche, al punto 69 della sentenza impugnata, perché la posizione della Commissione, secondo la quale tutte le misure adottate in Cina e ricollegabili ad un piano derivano dalla sua precedente economia pianificata, sarebbe idonea a privare l’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base di ogni efficacia.

112.

Nella seconda parte, la Commissione sostiene che la sentenza impugnata è viziata da una contraddizione nella motivazione. Infatti, il Tribunale, da un lato, ammetterebbe, al punto 76 della sentenza impugnata, che un piano centralizzato costituisce un tratto caratteristico di un sistema ad economia pianificata ma, dall’altro, ai punti 63 e 69 della sentenza impugnata, negherebbe la rilevanza di un siffatto piano allorché occorre valutare se una misura derivi o meno da un precedente sistema ad economia pianificata.

113.

La Xinyi sostiene che la linea argomentativa diretta avverso i punti 66 e 75 della sentenza impugnata sia irricevibile, nella misura in cui essa verte non su un difetto di motivazione, bensì sull’assenza di elementi di prova a sostegno dei fatti notori o pacifici invocati dal Tribunale in detti punti. Essa contesta poi nel merito tanto la prima quanto la seconda parte del secondo motivo.

2. Analisi

114.

Occorre ricordare, in via preliminare, che, secondo la giurisprudenza, la motivazione di una sentenza richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far risultare in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento seguito dal Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale ( 50 ). In tal senso, l’obbligo di motivazione imposto al Tribunale ai sensi degli articoli 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea è adempiuto quando, pur essendo implicita, la motivazione adottata consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi e alla Corte di disporre degli elementi necessari per esercitare il suo controllo ( 51 ).

115.

Per quanto riguarda la prima parte del secondo motivo, ritengo anzitutto che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Xinyi debba essere respinta. Infatti, un’analisi della linea argomentativa della Commissione diretta avverso i punti 66 e 75 della sentenza impugnata mostra che tale linea argomentativa non mira ad addebitare al Tribunale di non aver dimostrato in maniera sufficiente i fatti che lo stesso, nella sentenza impugnata, qualifica come «notori» o definisce pacifici. Al contrario, detta linea argomentativa prende in considerazione in maniera chiara il ragionamento del Tribunale sotto il profilo della motivazione, la quale sarebbe, secondo la Commissione, carente.

116.

Quanto al merito, in primo luogo, non credo che le censure concernenti il punto 66 della sentenza impugnata possano essere accolte. Infatti, si evince chiaramente da tale punto che, secondo il Tribunale, la motivazione del carattere notorio del fatto che anche i paesi ad economia di mercato accordino a talune imprese vantaggi fiscali sotto forma di esenzioni fiscali si ritrova nel riferimento, fatto allo stesso punto, alle sentenze della Corte in materia di aiuti di Stato. Tali sentenze riguardano tutte regimi fiscali concessi dagli Stati membri che, evidentemente, il Tribunale ha considerato implicitamente comparabili ai regimi in questione.

117.

Orbene, indipendentemente dalla questione della fondatezza di tale posizione, da me rimessa in discussione al paragrafo 98 delle presenti conclusioni, è pacifico, a mio avviso, che gli interessati e la Corte possono ben comprendere il ragionamento del Tribunale ad essa sotteso.

118.

Un’analisi analoga può applicarsi, a mio avviso, in secondo luogo, al ragionamento del Tribunale contenuto al punto 75 della sentenza impugnata, anche se, in questo caso, la comprensione del ragionamento del Tribunale, effettivamente piuttosto lapidario, necessita di un maggiore sforzo deduttivo.

119.

Cionondimeno, in combinato disposto con i punti 66, 67, 74 e 76 della sentenza impugnata, è possibile comprendere che, per dedurre il carattere notorio («non contestabile») delle sue affermazioni concernenti la legittimità, nelle economie di mercato, dell’obiettivo di sostenere certi settori d’attività giudicati strategici, il Tribunale si fonda sull’esistenza, in siffatte economie, di misure aventi quest’obiettivo, indipendentemente dalla legittimità delle misure in questione secondo il diritto dell’Unione, nel caso di specie degli aiuti di Stato.

120.

Anche in questo caso, a prescindere dalla questione della fondatezza di tale analisi o della sufficienza delle prove fornite per avvalorarla, ritengo che, con un certo sforzo deduttivo, sia possibile comprendere il ragionamento del Tribunale ad essa sotteso. Anche la censura concernente la motivazione del punto 75 della sentenza impugnata deve dunque, a mio avviso, essere respinta.

121.

Analogamente ritengo, in terzo luogo, che anche la censura concernente la motivazione del punto 69 della sentenza impugnata debba essere respinta, indipendentemente dalla questione della fondatezza dell’analisi contenuta in tale punto.

122.

Infatti, leggendo detto punto 69, è possibile comprendere chiaramente che il Tribunale ha ritenuto che, qualora la posizione della Commissione venisse accolta, la disposizione prevista dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base perderebbe qualsiasi significato, in quanto tutti i produttori che beneficiano di un vantaggio conferito dalle autorità cinesi, il quale trovi la propria origine in un piano quinquennale, non otterrebbero mai lo status di SEM. Orbene, ho contestato ai paragrafi 100 e 101 delle presenti conclusioni la fondatezza di tale analisi. Ciò non toglie, tuttavia, che il ragionamento del Tribunale, a mio avviso erroneo, sia comprensibile.

123.

Per quanto riguarda la seconda parte del secondo motivo, la Commissione sostiene che sussista una contraddizione fra il punto 69 e il punto 76 della sentenza impugnata.

124.

In sostanza, il ragionamento del Tribunale contenuto in tali punti è il seguente, ossia, da un lato, in detto punto 76, il Tribunale considera che la presenza di un piano centralizzato è tipica di qualsiasi sistema ad economia pianificata e, dall’altro, al punto 69 in combinato disposto con i punti 66 e 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ritiene che non necessariamente tutte le misure ricollegabili ad un piano «derivino dalla sua precedente economia non di mercato». Secondo il Tribunale, non può ritenersi che misure paragonabili a quelle adottate nelle economie di mercato, anche se ricollegate ad un piano, siano derivate dalla precedente economia pianificata.

125.

Orbene, come si evince dai paragrafi da 87 a 97 delle presenti conclusioni, non condivido l’approccio adottato dal Tribunale. Tuttavia, collocandosi nell’ottica del Tribunale, che, lo ripeto, reputo erronea nel merito, non vi è contraddizione nel ragionamento fra le affermazioni contenute al punto 76 e quelle contenute ai punti 66, 67 e 69 della sentenza impugnata.

126.

Da ciò consegue che, a mio avviso, tanto la prima quanto la seconda parte del secondo motivo devono essere respinte. Pertanto, il secondo motivo dev’essere respinto in toto.

C.  Sul terzo motivo, vertente su irregolarità procedurali

127.

Con il terzo motivo, relativo ai punti 66, 67 e 76 della sentenza impugnata, la Commissione sostiene che il Tribunale ha commesso irregolarità procedurali che giustificherebbero l’annullamento della sentenza impugnata. Tale motivo si articola in tre parti.

1. Sulla prima e sulla seconda parte, concernenti le sentenze della Corte menzionate al punto 66 della sentenza impugnata

128.

Con la prima parte, la Commissione fa valere che il Tribunale avrebbe introdotto nel procedimento un argomento di merito nuovo, non invocato dalla Xinyi, sul quale si sarebbe fondato per annullare il regolamento controverso. La Commissione sostiene, infatti, che la Xinyi non ha mai invocato l’argomento tratto dalla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato citata al punto 66 della sentenza impugnata. Più specificamente, essa non avrebbe mai sostenuto che un aiuto di Stato dichiarato illegittimo avrebbe una qualche rilevanza per stabilire se le misure in questione derivino o meno da un precedente sistema ad economia pianificata. La linea argomentativa della Xinyi si sarebbe basata esclusivamente su aiuti autorizzati.

129.

Ne conseguirebbe, secondo la Commissione, che il Tribunale ha statuito ultra vires, che ha violato il principio secondo il quale l’oggetto del ricorso è definito dalle parti, e che ha violato l’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché l’articolo 44, paragrafo 1, e l’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, quali vigenti al momento dell’introduzione della causa di primo grado.

130.

Nell’ambito della seconda parte del terzo motivo, la Commissione addebita al Tribunale di non averla sentita sulla questione dell’asserita comparabilità fra le misure in questione e gli aiuti di Stato oggetto delle sentenze citate al punto 66 della sentenza impugnata. Procedendo in tal modo, senza sentirla su questo nuovo elemento di fatto, il Tribunale avrebbe violato i diritti della difesa e il diritto della Commissione ad essere sentita.

131.

La Xinyi contesta la linea argomentativa della Commissione

132.

Per quanto riguarda la prima parte del terzo motivo, occorre ricordare, anzitutto, che dalle norme che disciplinano il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione, segnatamente dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale in vigore al momento dell’introduzione della causa di primo grado ( 52 ), emerge che, in linea di principio, la controversia è determinata e circoscritta dalle parti e che il giudice dell’Unione non può statuire ultra petita ( 53 ).

133.

Come precisato dalla Corte, sebbene taluni motivi possano, o anche debbano, essere rilevati d’ufficio, quali un difetto o un’insufficienza di motivazione della decisione contestata, rilevanti a titolo di forme sostanziali, un motivo vertente sulla legittimità sostanziale della predetta decisione, riconducibile alla violazione dei Trattati o di qualsiasi norma di diritto relativa alla loro applicazione, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, può invece essere esaminato dal giudice dell’Unione solo se è dedotto dal ricorrente ( 54 ).

134.

In tali circostanze, occorre verificare se, fondandosi sulle sentenze della Corte citate al punto 66 della sentenza impugnata per annullare il regolamento controverso, il Tribunale abbia statuito ultra petita.

135.

A tal riguardo, occorre rilevare che il primo motivo dedotto dalla Xinyi dinanzi al Tribunale era relativo alla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base. Come risulta dal punto 49 della sentenza impugnata, nell’ambito della prima parte di tale motivo, la Xinyi ha invocato, a fondamento della sua linea argomentativa, la prassi della Commissione in materia d’aiuti di Stato. L’invocazione di tale prassi era intesa a dimostrare l’argomento della Xinyi, accolto dal Tribunale, secondo il quale i paesi ad economia di mercato, inclusi gli Stati membri dell’Unione, adottano regimi fiscali analoghi a quelli in questione.

136.

È dunque giocoforza constatare che l’invocazione della prassi della Commissione in materia di aiuti di Stato, quale emerge tanto dalle sue decisioni quanto dalla giurisprudenza della Corte, faceva effettivamente parte degli argomenti addotti dalla Xinyi nell’ambito del suo motivo.

137.

In tali circostanze, la Commissione non può validamente sostenere che il Tribunale, fondando il proprio ragionamento su esempi tratti dalle sentenze della Corte in materia di aiuti di Stato, abbia ecceduto i limiti dell’oggetto della controversia.

138.

Analogamente, la Commissione non può far valere una violazione dei diritti della difesa e del diritto di essere sentita per il semplice motivo che il Tribunale non l’avrebbe sentita su sentenze specifiche, concernenti la prassi della Commissione in materia di aiuti di Stato da questi citate nella sentenza impugnata, laddove tali prassi è stata dibattuta per iscritto tra le parti. A tal riguardo, occorre parimenti rilevare che la Xinyi afferma, senza essere contestata dalla Commissione, che nell’udienza dinanzi al Tribunale le parti hanno discusso ampiamente in merito alla rilevanza, sotto il profilo materiale, della prassi della Commissione e della giurisprudenza della Corte in materia di aiuti fiscali.

139.

Alla luce di tali considerazioni, ritengo che la prima e la seconda parte del terzo motivo debbano essere respinte.

2. Sulla terza parte, concernente l’omessa risposta a taluni argomenti fatti valere dalla Commissione

140.

La terza parte del terzo motivo verte sul punto 76 della sentenza impugnata e sulla nozione, erronea secondo la Commissione, di «sistema non retto da un’economia di mercato» accolta dal Tribunale in tale punto.

141.

La Commissione addebita al Tribunale di aver ignorato gli argomenti da essa invocati in merito a tale nozione, e di essersi limitato a riprendere quella proposta dalla Xinyi. Così facendo, il Tribunale avrebbe omesso di rispondere ad un argomento presentato dalla Commissione; ciò costituirebbe un’irregolarità procedurale che dovrebbe comportare l’annullamento della sentenza impugnata. A tal fine, la Commissione richiama il punto 112 della sentenza del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione (C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682).

142.

La Xinyi contesta gli argomenti della Commissione.

143.

A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone a quest’ultimo di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia ( 55 ).

144.

Il Tribunale può dunque respingere implicitamente taluni argomenti addotti, segnatamente dalla convenuta, per confutare argomenti fatti valere dalla ricorrente.

145.

Ne consegue che, nel suo ragionamento contenuto al punto 76 della sentenza impugnata, il Tribunale poteva effettivamente respingere implicitamente certi argomenti addotti dalla Commissione senza commettere irregolarità procedurali.

146.

La sentenza del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione (C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682), sulla quale si fonda la Commissione, riguardava una situazione totalmente diversa da quella oggetto della presente causa. In detta sentenza, infatti, la Corte ha constatato che il Tribunale aveva omesso di rispondere ad un’argomentazione fatta valere dalla ricorrente e figurante in modo inequivocabile nel ricorso di primo grado.

147.

Alla luce di quanto precede, a mio avviso, la terza parte del terzo motivo deve essere parimenti respinta. Di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto in toto.

VI. Sul ricorso dinanzi al Tribunale

148.

Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, o rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

149.

Nella fattispecie, ritengo che la Corte sia in grado di statuire sulla prima parte del primo motivo dedotto dalla Xinyi dinanzi al Tribunale.

150.

Infatti, come si evince dai paragrafi 103 e 104 delle presenti conclusioni, le misure che prevedono i regimi fiscali in questione, menzionati al paragrafo 11 delle presenti conclusioni, dei quali ha beneficiato la Xinyi, sono state adottate dal governo cinese nell’ambito dell’attuazione di diversi piani quinquennali.

151.

In tali circostanze, la Commissione era legittimata a presumere che le distorsioni risultanti da siffatte misure «deriva[ssero] dal precedente sistema ad economia non di mercato» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

152.

In tali circostanze, la prima parte del primo motivo della Xinyi deve essere respinta.

153.

Per contro, il Tribunale non ha esaminato la seconda parte del primo motivo, né il secondo, il terzo e il quarto motivo presentati dalla Xinyi.

154.

Poiché lo stato degli atti non consente di definire la controversia, per quanto riguarda tale parte e tali motivi, ritengo pertanto opportuno rinviare al Tribunale la presente causa, affinché quest’ultimo esamini tale parte e tali motivi, nonché gli argomenti elaborati a loro sostegno.

155.

In tali circostanze, occorre parimenti riservare le spese.

VII. Conclusione

156.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 marzo 2016, Xinyi PV Products (Anhui) Holdings/Commissione (T‑586/14, EU:T:2016:154), è annullata.

2)

La prima parte del primo motivo del ricorso proposto dalla Xinyi PV Products (Anhui) Holdings dinanzi al Tribunale dell’Unione europea è respinta.

3)

Per il resto, la causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

4)

Le spese sono riservate.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Procedimento WT/DS516.

( 3 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21).

( 4 ) Regolamento del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51). Tale regolamento è stato abrogato dal regolamento 2016/1036.

( 5 ) Proposta della Commissione, del 9 novembre 2016, di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento 2016/1036 e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea [COM(2016) 721 final].

( 6 ) V., a tal riguardo, comunicato stampa della Commissione europea del 3 ottobre 2017 (IP/17/3668) e scheda informativa dello stesso giorno (MEMO/17/3703).

( 7 ) T‑586/14, EU:T:2016:154 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).

( 8 ) Regolamento di esecuzione della Commissione, del 13 maggio 2014, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese (GU 2014, L 142, pag. 1).

( 9 ) Avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese (GU 2013, C 58, pag. 6).

( 10 ) GU 2013, L 316, pag. 8

( 11 ) V. i considerando da 34 a 47 del regolamento n. 1205/2013 e, specificamente, i considerando 41 e 43 di quest’ultimo.

( 12 ) V. considerando 34 del regolamento controverso.

( 13 ) V. articolo 1, paragrafo 2, del regolamento controverso. Tale aliquota del 36,1% è stata successivamente sostituita da un’aliquota del 75,4% in forza del regolamento di esecuzione (UE) 2015/1394 della Commissione, del 13 agosto 2015, recante modifica del regolamento di esecuzione (UE) n. 470/2014, modificato dal regolamento di esecuzione (UE) 2015/588, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese, a seguito di una nuova inchiesta antiassorbimento a norma dell’articolo 12 del regolamento n. 1225/2009 (GU 2015, L 215, pag. 42).

( 14 ) Punti 63 e 64 della sentenza impugnata.

( 15 ) Punti 65 e 66 della sentenza impugnata.

( 16 ) V. punti da 68 a 78 della sentenza impugnata.

( 17 ) V. sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punto 47).

( 18 ) V., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 66).

( 19 ) V., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 67).

( 20 ) Sentenza del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 69).

( 21 ) Sentenza del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (C‑249/10 P, EU:C:2012:53, punto 32).

( 22 ) Sentenze del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (C‑249/10 P, EU:C:2012:53, punto 32), e del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 70).

( 23 ) Punti 63 e 69 della sentenza impugnata.

( 24 ) V. punti da 74 a 76 della sentenza impugnata.

( 25 ) V. punti 77 e 78 della sentenza impugnata.

( 26 ) Regolamento del Consiglio, del 27 aprile 1998, che modifica il regolamento (CE) n. 384/96 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1998, L 128, pag. 18).

( 27 ) V., in tal senso, per quanto riguarda la disposizione prevista nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:22, paragrafo 42).

( 28 ) V., a tal riguardo, sintesi e punti da 4 a 6 della comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 12 dicembre 1997, relativa al trattamento delle economie in precedenza definite non di mercato nei procedimenti antidumping e proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio [COM(97) 677 def.].

( 29 ) Regolamento del Consiglio, del 1o agosto 1979, che modifica il regolamento (CEE) n. 459/68 relativo alla difesa contro le pratiche di dumping, premi o sovvenzioni da parte dei paesi non membri della Comunità economica europea (GU 1979, L 196, pag. 1), il quale ha modificato diverse disposizioni del regolamento (CE) n. 459/68 del Consiglio, del 5 aprile 1968, relativo alla difesa contro le pratiche di dumping, premi o sovvenzioni da parte di paesi non membri della Comunità economica europea (GU 1968, L 93, pag. 1). V., in maniera specifica, sesto considerando del regolamento n. 1681/79.

( 30 ) A tal riguardo, v. comunicazione [COM(97) 677 def.] e la proposta di regolamento menzionate alla nota in calce 28 delle presenti conclusioni. V., parimenti, proposta di regolamento del Consiglio, che modifica il regolamento (CE) n. 384/96 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea [COM 2000(363) def.].

( 31 ) V., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 68).

( 32 ) V., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 69).

( 33 ) Anche per ragioni politiche intese ad incoraggiare i processi di riforma che avvengono, segnatamente, in Cina. V., a tal riguardo, punto 5 della sintesi della comunicazione della Commissione [COM(97) 677 def.] e la proposta di regolamento menzionate alla nota in calce 28 delle presenti conclusioni.

( 34 ) V., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 93), nonché conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella stessa causa Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:22, paragrafi 7576).

( 35 ) V., a tal riguardo, punto 12 della comunicazione della Commissione [COM(97) 677 def.] menzionata alla nota in calce 28 delle presenti conclusioni.

( 36 ) È questo il termine utilizzato dall’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:22, paragrafi 1, 61, 6368).

( 37 ) Il corsivo è mio.

( 38 ) V., in particolare, la versione inglese, che utilizza il termine «carried over» e, in modo ancora più evidente, le versioni spagnola e portoghese, le quali utilizzano, rispettivamente, i termini «heredadas» e «herdadas».

( 39 ) Segnatamente, le versioni ceca, tedesca, estone, francese, croata, italiana, maltese, neerlandese, polacca, rumena, finlandese e svedese.

( 40 ) Versioni spagnola, lettone e portoghese.

( 41 ) Nove altre versioni (bulgara, danese, greca, inglese, irlandese, lituana, ungherese, slovacca e slovena) si prestano sia ad una lettura temporale sia ad una lettura causale.

( 42 ) Sentenza del 25 marzo 2010, Helmut Müller (C‑451/08, EU:C:2010:168, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata). V. parimenti, a tal riguardo, le mie conclusioni nella causa British Airways/Commissione (C‑122/16 P, EU:C:2017:406, paragrafi 4041).

( 43 ) V. sentenze del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group (C‑337/09 P, EU:C:2012:471, punto 73), e dell’11 settembre 2014, Gem-Year Industrial e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio (C‑602/12 P, non pubblicata, EU:C:2014:2203, punto 56).

( 44 ) A tal riguardo, secondo una costante giurisprudenza, allorché una disposizione di diritto dell’Unione può avere diverse interpretazioni, occorre dare priorità a quella che è idonea a salvaguardare la sua efficacia [v., inter alia, sentenza del 14 dicembre 2016, Mercedes Benz Italia (C‑378/15, EU:C:2016:950, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata)].

( 45 ) In tal senso, secondo la Xyinin, il regolamento di base classifica tutti i paesi del mondo in tre categorie: i) le economie pianificate o paesi ad economia di Stato, il cui elenco figura alla nota in calce inserita all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), di detto regolamento; ii) le economie pianificate in fase di transizione, che comprendono la Repubblica popolare cinese, disciplinate dall’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base; iii) le economie di mercato, che raggruppano tutti i paesi ad eccezione di quelli coperti dall’articolo 2, paragrafo 7, del medesimo regolamento. La Commissione contesta tale classificazione e ritiene che, in realtà, esistano quattro categorie, ossia: i) i paesi ad economia statale; ii) i paesi non retti da un’economia di mercato; iii) i paesi aventi un’economia di mercato speciale; e iv) le economie di mercato.

( 46 ) La questione della definizione della nozione di «sistema ad economia non di mercato» ai sensi della disposizione in oggetto trova la sua origine nella quinta parte del primo motivo, nella quale la Commissione contesta il punto 76 della sentenza impugnata. Su tale aspetto, v. specificamente il paragrafo 102 delle presenti conclusioni.

( 47 ) Punti 65 e 66 della sentenza impugnata.

( 48 ) Punto 69 della sentenza impugnata.

( 49 ) Più specificamente, per quanto riguarda il programma «2 Free 3 Half», tale programma è stato concepito per favorire le politiche industriali risultanti dai piani quinquennali della Repubblica popolare cinese, come indicato esplicitamente dalla «decisione n. 40 del Consiglio di Stato sulla promulgazione e l’attuazione delle “disposizioni temporanee per la promozione dell’adeguamento della struttura industriale”». Il regime fiscale delle imprese ad alta tecnologia è stato adottato per dare esecuzione al 12° piano quinquennale 2011-2015, il quale considera l’energia solare fotovoltaica un «settore strategico emergente» ai fini di tale piano (v. capitolo 10 del 12° piano quinquennale 2011‑2015).

( 50 ) V. sentenza del 26 gennaio 2017, Maxcom/City Cycle Industries (C‑248/15 P, C‑254/15 P e C‑260/15 P, EU:C:2017:62, punto 87).

( 51 ) V., segnatamente, in tal senso, sentenza del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione (C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punti 5455).

( 52 ) Divenuto articolo 76, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale attualmente in vigore.

( 53 ) Sentenza del 10 dicembre 2013, Commissione/Irlanda e a. (C‑272/12 P, EU:C:2013:812, punto 27). V., per uno sguardo più ampio sul principio ne ultra petita, le mie conclusioni nella causa British Airways/Commissione (C‑122/16 P, EU:C:2017:406, paragrafi 82 e seguenti).

( 54 ) Sentenza del 10 dicembre 2013, Commissione/Irlanda e a. (C‑272/12 P, EU:C:2013:812, punto 28). A tal riguardo, v. specificamente i paragrafi 91 e 92 delle mie conclusioni nella causa British Airways/Commissione (C‑122/16 P, EU:C:2017:406).

( 55 ) V., inter alia, sentenza del 26 luglio 2017, Continental Reifen Deutschland/Compagnie générale des établissements Michelin (C‑84/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:596, punto 83).

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