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Document 62016CC0065

Conclusioni dell’avvocato generale H. Saugmandsgaard Øe, presentate il 6 aprile 2017.
Istanbul Lojistik Ltd contro Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatóság.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság.
Rinvio pregiudiziale – Accordo che istituisce un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia – Articolo 9 – Decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione CE Turchia – Articoli 4, 5 e 7 – Unione doganale – Trasporto su strada – Tassa sugli autoveicoli – Imposizione sui veicoli pesanti immatricolati in Turchia che attraversano il territorio ungherese in transito.
Causa C-65/16.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:282

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 6 aprile 2017 ( 1 )

Causa C‑65/16

Istanbul Lojistik Ltd

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatóság

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szeged, Ungheria)]

«Rinvio pregiudiziale – Trasporto internazionale su strada – Accordo che istituisce un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia – Articolo 9 – Decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione CE‑Turchia – Articoli 4, 5 e 7 – Libera circolazione delle merci – Tassa di circolazione degli autoveicoli – Imposizione sui veicoli pesanti immatricolati in Turchia che attraversano l’Ungheria in transito – Accordo bilaterale concluso da uno Stato membro con la Turchia – Articolo 3, paragrafo 2, TFUE – Regolamento (CE) n. 1072/2009 – Articolo 1»

I. Introduzione

1.

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szeged, Ungheria) si inserisce nell’ambito di una controversia tra una società di trasporto turca e un’autorità tributaria ungherese che ha obbligato la prima al pagamento di somme dovute a titolo di tassa sugli autoveicoli prevista dalla normativa ungherese.

2.

Ai sensi di tale normativa, è dovuta una tassa sui veicoli pesanti immatricolati in un paese che non è membro dell’Unione europea, nel caso di specie la Turchia, che sono utilizzati per il trasporto di merci, ogni volta che, in transito per un altro Stato membro, attraversano la frontiera dell’Ungheria.

3.

Il giudice del rinvio chiede alla Corte se una tale normativa nazionale sia compatibile con i requisiti del diritto dell’Unione, in particolare con le norme derivanti dall’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica di Turchia ( 2 ) (in prosieguo: l’«accordo di associazione CEE-Turchia») ( 3 ).

4.

Tale giudice chiede, innanzitutto, se le disposizioni della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione CE‑Turchia ( 4 ) (in prosieguo: la «decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione») vietino di applicare una tassa come quella oggetto del procedimento principale, in quanto costituirebbe un onere di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi dell’articolo 4 di tale decisione o, altrimenti, una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’articolo 5 della suddetta decisione, misura che potrebbe, eventualmente, essere giustificata dai motivi di deroga previsti all’articolo 7 della medesima.

5.

Inoltre, detto giudice chiede se questa tipologia di tassa sia contraria all’articolo 9 dell’accordo di associazione CEE-Turchia, il quale vieta ogni discriminazione fondata sulla nazionalità.

6.

Infine, esso invita la Corte a stabilire se l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE nonché l’articolo 1, paragrafo 2 e paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 1072/2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada ( 5 ), ostino a che le autorità di uno Stato membro possano applicare tale tassa sulla base di un accordo bilaterale sui trasporti concluso con un paese terzo, nel caso di specie, un accordo concluso dall’Ungheria con la Repubblica di Turchia.

7.

Per i motivi esposti di seguito, sono del parere che sarà opportuno rispondere in modo affermativo alla prima questione sollevata, nel senso che una misura nazionale come quella oggetto del procedimento principale costituisce un onere di effetto equivalente a un dazio doganale contrario all’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, e che non sarà dunque necessario che la Corte risponda alle altre questioni, in relazione alle quali presenterò tuttavia osservazioni in subordine.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

1.  L’accordo di associazione CEE‑Turchia e il protocollo addizionale

8.

A termini dell’articolo 9 dell’accordo di associazione CEE-Turchia, «[l]e Parti Contraenti riconoscono che nel campo di applicazione dell’Accordo, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari eventualmente fissate in applicazione dell’articolo 8, qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità è vietata in conformità del principio enunciato nell’articolo 7 del Trattato che istituisce la Comunità».

9.

Il protocollo addizionale all’accordo di associazione CEE-Turchia firmato a Bruxelles il 23 novembre 1970 ( 6 ), fa parte integrante di tale accordo ( 7 ). Il suo articolo 41 dichiara che il Consiglio di associazione ha il compito di stabilire, conformemente ai principi enunciati agli articoli 13 e 14 del suddetto accordo, il ritmo e le modalità secondo le quali le parti contraenti sopprimono progressivamente tra loro le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

10.

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1, di tale protocollo, «[i]l consiglio di Associazione estende alla Turchia, secondo le modalità che adotta tenendo conto in particolare della situazione geografica della Turchia, le disposizioni del trattato che istituisce la Comunità relative ai trasporti, e può alle stesse condizioni, estendere alla Turchia gli atti adottati dalla Comunità in applicazione di dette disposizioni per i trasporti (…) su strada (…)».

2.  La decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione

11.

Ai sensi dell’articolo 1 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, «[f]atte salve le disposizioni dell’accordo [di associazione CEE-Turchia], dei suoi protocolli aggiuntivo e supplementare, il consiglio di associazione stabilisce le regole di applicazione della fase finale dell’unione doganale di cui agli articoli 2 e 5 dell’accordo suddetto».

12.

L’articolo 4, che figura alla sezione I, intitolata «Eliminazione dei dazi doganali e degli oneri di effetto equivalente», del capitolo 1, intitolato «Libera circolazione delle merci e politica commerciale», di tale decisione, prevede che «[i] dazi doganali all’importazione o all’esportazione e gli oneri di effetto equivalente sono totalmente aboliti fra la Comunità e la Turchia alla data di entrata in vigore della presente decisione. La Comunità e la Turchia si astengono, a decorrere da tale data, dall’introdurre nuovi dazi doganali all’importazione e all’esportazione oppure oneri di effetto equivalente. Tali disposizioni si applicano anche ai dazi doganali di natura fiscale».

13.

L’articolo 5, che figura alla sezione II del suddetto capitolo I, intitolata «Eliminazione delle restrizioni quantitative o delle misure di effetto equivalente», dispone che «[s]ono vietate tra le parti contraenti le restrizioni quantitative all’importazione e tutte le misure di effetto equivalente».

14.

Ai sensi dell’articolo 7, «[i]l disposto degli articoli 5 e 6 non osta ai divieti o alle restrizioni di importazione, di esportazione o di transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di protezione della salute e della vita delle persone e degli animali o di conservazione delle piante, di protezione dei tesori nazionali che abbiano valore artistico, storico o archeologico, ovvero di protezione della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali divieti o restrizioni non devono costituire né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio tra le parti contraenti».

15.

L’articolo 66, che figura al capitolo VI della predetta decisione, intitolato «Disposizioni generali e finali», prevede che «[l]e disposizioni della presente decisione, nella misura in cui sono identiche nel merito alle corrispondenti disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea, sono interpretate, per la loro attuazione e la loro applicazione ai prodotti oggetto dell’unione doganale, in conformità con la giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia delle Comunità europee».

3.  Il regolamento n. 1072/2009

16.

L’articolo 1 del regolamento n. 1072/2009, intitolato «Ambito di applicazione», dispone quanto segue:

«1.   Il presente regolamento si applica ai trasporti internazionali di merci su strada per conto terzi per i percorsi effettuati nel territorio della Comunità.

2.   Nel caso di un trasporto da uno Stato membro verso un paese terzo e viceversa, il presente regolamento si applica alla parte di percorso effettuato sul territorio di qualsiasi Stato membro attraversato in transito. Esso non si applica alla parte di percorso effettuato sul territorio dello Stato membro di carico o di scarico fintanto che non sia stato concluso il necessario accordo tra la Comunità e il paese terzo interessato.

3.   In attesa che siano conclusi gli accordi di cui al paragrafo 2, il presente regolamento lascia impregiudicate:

a)

le disposizioni relative ai trasporti da uno Stato membro verso un paese terzo e viceversa che figurano in accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e i paesi terzi interessati;

(…)».

17.

L’articolo 2, punto 1, definisce la nozione di «veicolo», ai fini del citato regolamento, come «un veicolo a motore immatricolato in uno Stato membro o un complesso di veicoli accoppiati di cui almeno il veicolo a motore sia immatricolato in uno Stato membro, adibiti esclusivamente al trasporto di merci».

B. Diritto nazionale

1.  La Convenzione Ungheria-Turchia

18.

La convenzione conclusa tra il Consiglio presidenziale e il governo della Repubblica popolare di Ungheria, da una parte, e il governo della Repubblica di Turchia, dall’altra, in materia di trasporto internazionale su strada, è stata firmata a Budapest il 14 settembre 1968 ( 8 ) (in prosieguo: la «convenzione Ungheria-Turchia»).

19.

L’articolo 18, paragrafo 2, di detta convenzione prevede che «[i] veicoli che effettuano trasporto di merci tra il territorio delle due Parti Contraenti sono esenti, compreso lo spostamento a vuoto, da tasse, sovrattasse, dazi, pagamenti dovuti sul territorio dell’altra Parte Contraente per la corrispondente attività di trasporto o a titolo di detenzione del veicolo, o ancora a titolo di utilizzo delle strade». Secondo il paragrafo 3 del medesimo articolo, «[i] veicoli che effettuano trasporto di merci attraverso il territorio dell’altra Parte Contraente sono soggetti, compreso lo spostamento a vuoto, alle tasse, alle sovrattasse, ai dazi e ai pagamenti dovuti per il trasporto di merci e per coprire le spese legate alla manutenzione e alla riparazione delle strade (…)».

2.  La legge relativa alla tassa sugli autoveicoli

20.

Ai sensi del preambolo della gépjárműadóról szóló 1991. évi LXXXII. Törvény (legge n. LXXXII del 1991 relativa alla tassa sugli autoveicoli) ( 9 ) (in prosieguo: la «legge relativa alla tassa sugli autoveicoli»), «[l]’Assemblea nazionale, nell’interesse di una migliore ripartizione degli oneri pubblici relativi al traffico automobilistico, dell’aumento delle entrate delle amministrazioni comunali o, nella capitale, delle municipalità dei quartieri, nonché dell’ampiamento delle fonti di finanziamento necessarie al mantenimento e allo sviluppo della rete stradale, adotta la presente legge relativa alla tassa sugli autoveicoli».

21.

L’articolo 1 di tale legge è così formulato:

«1.   La tassa sugli autoveicoli deve essere pagata su ogni veicolo o rimorchio provvisto di targa ungherese, nonché da qualsiasi veicolo pesante immatricolato all’estero e che circola sul territorio ungherese (in prosieguo, congiuntamente: il “veicolo”) (…).

2.   L’ambito di applicazione della presente legge non si estende (…), nella categoria dei veicoli pesanti immatricolati all’estero, a quelli che sono immatricolati in uno Stato membro dell’Unione europea».

22.

Il capitolo II della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli stabilisce le modalità della «tassa sui veicoli nazionali». L’importo della tassa annuale da versare sui veicoli pesanti immatricolati in Ungheria varia a seconda della grandezza del veicolo in questione, del sistema di sospensioni e della sua classificazione ambientale.

23.

L’articolo 6 di tale legge prevede che l’imponibile della tassa corrisponda alla massa a vuoto del veicolo pesante indicata nel registro ufficiale, aumentata del 50% della capacità di carico (carico utile).

24.

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, di detta legge, il tariffario della tassa è, per ogni 100 kg di imponibile, di 850 fiorini ungheresi (HUF) (circa EUR 3) per i veicoli pesanti con sospensioni pneumatiche o con un sistema di sospensione equivalente e di HUF 1380 (circa EUR 5) per gli altri veicoli pesanti.

25.

L’articolo 8 della medesima legge enuncia i criteri che permettono di richiedere sgravi fiscali, che vanno dal 20% al 30% di riduzione, in funzione del codice di classe ambientale in cui rientra il relativo veicolo pesante.

26.

Il capitolo III della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli stabilisce le modalità della «tassa sui veicoli immatricolati all’estero».

27.

Secondo l’articolo 10 di tale legge, «[l]a tassa è dovuta dal detentore del veicolo» e, secondo l’articolo 11, «[l]’obbligo tributario inizia al momento dell’ingresso nel territorio dell’Ungheria».

28.

L’articolo 15 di detta legge dispone quanto segue:

«1.   Nel caso (…) di un veicolo di massa massima eccedente le 12 tonnellate, che circola con una licenza di trasporto utilizzata a fini di trasporto di collegamento, è dovuta una tassa di HUF 30000 (circa EUR 100), rispettivamente, per il percorso di andata e per il percorso di ritorno. Nel caso (…) di un veicolo di massa massima eccedente le 12 tonnellate, che circola con una licenza di trasporto utilizzata a scopi di transito, è dovuta una tassa di HUF 60000 (circa EUR 200), rispettivamente per il percorso di andata e ritorno (…).

2.   Gli importi della tassa fissati al paragrafo 1 s’intendono per un percorso di andata o un percorso di ritorno e per un soggiorno sul territorio ungherese che non superi le 48 ore per percorso. Se la durata del soggiorno è superiore, la tassa è dovuta, in conformità alle disposizioni del paragrafo 1 di cui sopra, per ogni nuovo periodo di 48 ore iniziato (…).

3.   L’importo della tassa dovuta in applicazione del paragrafo 1 è pagato per mezzo dell’acquisto di un bollo fiscale che deve essere applicato alla licenza di trasporto su strada – in caso di trasporto di collegamento, per la durata totale del trasporto e, in caso di trasporto di transito, separatamente per l’andata e il ritorno – al momento dell’ingresso nel territorio dell’Ungheria. Una volta che il o i timbri sono stati applicati, il contribuente deve obbligatoriamente indicare su di esso, o su di essi, la data e l’ora d’ingresso (anno-mese-giorno-ora). Se non è adempiuto l’obbligo di pagamento (bollo fiscale), è possibile circolare con la licenza di trasporto senza incorrere in sanzioni solo entro un raggio massimo di 5 km intorno al punto di ingresso nel territorio dell’Ungheria».

29.

L’articolo 17, paragrafo 2, della medesima legge prevede che «[s]e il contribuente non ha adempiuto in tutto o in parte al suo obbligo di pagamento della tassa, l’autorità doganale accerta il debito fiscale, nonché una sanzione tributaria equivalente a cinque volte l’importo di tale debito. (…)».

3.  Legge sulla circolazione stradale e decreto del governo n. 156/2009

30.

Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera a), della közúti közlekedésről szóló 1988. évi I. törvény (legge n. 1 del 1988 sulla circolazione stradale) ( 10 ), (in prosieguo: la «legge sulla circolazione stradale»), si può imporre il pagamento di una sanzione a chiunque violi le disposizioni relative ai servizi di trasporto su strada (trasporti di persone o di merci) nazionali o internazionali subordinati ad un’autorizzazione e al possesso di un documento, come previsto in tale legge o in atti legislativi o regolamentari specifici, o ancora in atti normativi dell’Unione.

31.

Secondo l’articolo 2, lettera b), del közúti árufuvarozáshoz, személyszállításhoz és a közúti közlekedéshez kapcsolódó egyes rendelkezések megsértése esetén kiszabható bírságok összegéről, valamint a bírságolással összefüggő hatósági feladatokról szóló 156/2009. (VII.29.) Korm. rendelet [decreto governativo n. 156/2009 (VII.29.) relativo all’importo delle sanzioni che possono essere irrogate in caso di violazione di alcune disposizioni relative al trasporto stradale di merci e di persone e alla circolazione stradale, nonché ai compiti dell’autorità pubblica connessi all’imposizione di una sanzione] ( 11 ), nella sua versione applicabile nella fattispecie:

«Ai fini dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera a) della [legge relativa alla circolazione stradale], e fatte salve le disposizioni contrarie, è tenuto al pagamento di una sanzione dell’importo previsto all’allegato 1 chiunque (…) violi le disposizioni relative alle autorizzazioni e ai documenti richiesti per effettuare dei servizi di trasporti su strada, previsti dagli articoli da 3 a 34 del [decreto governativo n. 261/2011 ( 12 )]».

32.

Ai sensi del punto 5, lettera a), dell’allegato 1 del medesimo decreto, il trasportatore titolare di una licenza di trasporto su strada di merci non valida è tenuto al pagamento di una sanzione di HUF 300000 (circa EUR 980).

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

33.

La Istanbul Lojistik Ltd è una società commerciale di diritto turco che si occupa, per conto di imprese con sede in Turchia e nell’Unione, del trasporto su strada di merci provenienti dalla Turchia e dirette verso gli Stati membri dell’Unione, attraversando in particolare l’Ungheria.

34.

Il 30 marzo 2015, la Nemzeti Adó- és Vámhivatal (amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria; in prosieguo: l’«autorità tributaria di primo grado») sottoponeva a ispezione, nei dintorni di Nagylak (Ungheria), nei pressi della frontiera con la Romania, un complesso di veicoli accoppiati ( 13 ) con massa massima che superava le 12 tonnellate, immatricolato in Turchia e utilizzato dalla Istanbul Lojistik. Quest’ultima era titolare, per il veicolo pesante in questione, di una licenza di transito Ungheria-Turchia, che utilizzava per il trasporto di prodotti tessili dalla Turchia verso la Germania attraverso l’Ungheria. Tale licenza recava tutte le menzioni richieste dalla normativa ungherese, ma il bollo fiscale corrispondente all’importo della tassa dovuta per gli autoveicoli e che dimostrava il pagamento di quest’ultima non era stato applicato alla predetta licenza.

35.

Nelle decisioni amministrative adottate il 31 marzo 2015 a seguito di detto controllo, l’autorità tributaria di primo grado constatava che la Istanbul Lojistik non aveva adempiuto al suo obbligo tributario previsto dalla legge ungherese relativa alla tassa sugli autoveicoli e che, di conseguenza, la sua licenza di transito non era valida. Tale autorità imponeva alla Istanbul Lojistik il pagamento di un debito fiscale di HUF 60000 (circa EUR 200) corrispondente a detta tassa, di una sanzione tributaria di HUF 300000 (circa EUR 980), nonché di un’ammenda amministrativa di HUF 300000, per un importo totale di HUF 660000 (circa EUR 2150).

36.

La Istanbul Lojistik contestava tali decisioni amministrative dinanzi alla Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatóság (amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, direzione d’appello, Ungheria; in prosieguo: l’«autorità tributaria di secondo grado») che, con decisioni del 13 maggio 2015, confermava le decisioni impugnate.

37.

Detta impresa presentava un ricorso amministrativo avverso queste ultime decisioni, dinanzi al Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szeged).

38.

A sostegno del ricorso, la Istanbul Lojistik afferma che le disposizioni della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli in questione violano gli articoli da 4 a 6 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione. Essa sostiene che la tassa riscossa per i veicoli immatricolati in paesi non membri dell’Unione in caso di transito attraverso l’Ungheria potrebbe essere considerata una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi dell’articolo 30 TFUE e, pertanto, dell’articolo 4 di tale decisione. Secondo la ricorrente, detta tassa produrrebbe un effetto sia discriminatorio sia protezionistico e costituirebbe una restrizione alla libera circolazione delle merci, contraria al diritto dell’Unione.

39.

Nel controricorso, l’autorità tributaria di secondo grado conclude per il rigetto del ricorso. Essa sostiene di aver agito in virtù di una normativa nazionale relativa ai trasporti, settore nel quale l’articolo 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE autorizzerebbe l’Ungheria a legiferare e ad applicare le norme già adottate. Essa aggiunge che la tassa sugli autoveicoli costituirebbe un costo sostenuto nell’ambito di un trasporto internazionale che non può essere considerato un dazio doganale o una tassa di effetto equivalente. Inoltre, afferma che, anche se le disposizioni relative all’unione doganale fossero dichiarate applicabili nella fattispecie, l’Ungheria avrebbe il diritto di restringere la libera circolazione delle merci che provengono dalla Turchia nell’ambito delle eccezioni relative all’interesse pubblico previste all’articolo 36 TFUE, in particolare quelle relative alla sicurezza stradale e all’ordine pubblico in materia di perseguimento dei reati. Infine, essa afferma che il regolamento n. 1072/2009 non impedirebbe all’Ungheria di regolamentare attraverso accordi bilaterali il trasporto internazionale di merci per strada tra il suo territorio e quello della Turchia.

40.

In tale contesto, con decisione del 18 gennaio 2016, pervenuta in cancelleria l’8 febbraio 2016, il Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szeged) decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 4 della [decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione] debba essere interpretato nel senso che una tassa come quella disciplinata dalla legge ungherese relativa alla tassa sugli autoveicoli, la quale, in forza di detta legge, grava su un veicolo per il trasporto di merci con targa turca, utilizzato da un trasportatore turco e adibito al trasporto di merci, per il fatto che detto veicolo, proveniente dalla Turchia ed essendo di passaggio in Ungheria quale Stato membro di transito, ha attraversato la frontiera ungherese per raggiungere un altro Stato membro, costituisce una tassa equivalente a un dazio doganale e, pertanto, si pone in contrasto con il suddetto articolo.

2)

a)

In caso di risposta negativa alla prima questione pregiudiziale, se l’articolo 5 della [decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione] debba essere interpretato nel senso che una tassa come quella disciplinata dalla legge ungherese relativa alla tassa sugli autoveicoli, la quale, in forza di detta legge, grava su un veicolo per il trasporto di merci con targa turca, utilizzato da un trasportatore turco e adibito al trasporto di merci, per il fatto che detto veicolo, proveniente dalla Turchia ed essendo di passaggio in Ungheria quale Stato membro di transito, ha attraversato la frontiera ungherese per raggiungere un altro Stato membro, costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa e, pertanto, si pone in contrasto con il suddetto articolo.

b)

Se l’articolo 7 della [decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione] debba essere interpretato nel senso che permette di invocare motivi legati alla sicurezza stradale e all’applicazione della legge per giustificare la riscossione di una tassa come quella disciplinata dalla legge ungherese relativa alla tassa sugli autoveicoli, la quale, in forza di detta legge, grava su un veicolo per il trasporto di merci con targa turca, utilizzato da un trasportatore turco e adibito al trasporto di merci, per il fatto che detto veicolo, proveniente dalla Turchia ed essendo di passaggio in Ungheria quale Stato membro di transito, ha attraversato la frontiera ungherese per raggiungere un altro Stato membro.

3)

Se l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 1072/2009 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che, sulla base di un accordo bilaterale in materia di trasporti concluso con la Turchia, lo Stato membro di transito applichi una tassa come quella disciplinata dalla legge ungherese relativa alla tassa sugli autoveicoli, la quale, in forza di detta legge, grava su un veicolo per il trasporto di merci con targa turca, utilizzato da un trasportatore turco e adibito al trasporto di merci, per il fatto che detto veicolo, proveniente dalla Turchia ed essendo di passaggio in Ungheria quale Stato membro di transito, ha attraversato la frontiera ungherese per raggiungere un altro Stato membro.

4)

Se l’articolo 9 dell’accordo di associazione [CEE-Turchia] debba essere interpretato nel senso che una tassa come quella disciplinata dalla legge ungherese relativa alla tassa sugli autoveicoli la quale, in forza di detta legge, grava su un veicolo per il trasporto di merci con targa turca, utilizzato da un trasportatore turco e adibito al trasporto di merci, per il fatto che detto veicolo, proveniente dalla Turchia ed essendo di passaggio in Ungheria quale Stato membro di transito, ha attraversato la frontiera ungherese per raggiungere un altro Stato membro, comporta una discriminazione fondata sulla cittadinanza e, pertanto, si pone in contrasto con il suddetto articolo».

41.

Osservazioni scritte sono state presentate dalla Istanbul Lojistik, dai governi ungherese e italiano, nonché dalla Commissione europea. Con lettera del 24 novembre 2016, la Corte, in applicazione dell’articolo 61, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura, poneva un quesito a risposta scritta prima dell’udienza al governo ungherese, il quale vi ha dato seguito. All’udienza del 19 gennaio 2017, sono stati rappresentati la Istanbul Lojistik, il governo ungherese e la Commissione.

IV. Analisi

A. Osservazioni preliminari

42.

Secondo il preambolo della legge ungherese relativa alla tassa sugli autoveicoli, adottata nel 1991, l’obiettivo principale di tale tassa è finanziare la manutenzione della rete stradale pubblica. Questa tassa grava su tutti i veicoli con targa ungherese nonché su tutti i veicoli pesanti che sono immatricolati all’estero e che circolano sul territorio ungherese, ad eccezione di quelli immatricolati in un altro Stato membro dell’Unione ( 14 ). Il motivo preciso di quest’ultima esenzione non risulta dalla decisione di rinvio ( 15 ).

43.

La frequenza del prelievo e il metodo di calcolo di tale tassa variano in funzione del luogo di immatricolazione del veicolo in questione. Se quest’ultimo è immatricolato in Ungheria, la tassa deve essere pagata annualmente e l’importo da pagare dipende da diverse caratteristiche del veicolo, quali il peso a vuoto e la capacità di carico, l’eventuale dotazione in sospensioni pneumatiche, nonché l’impatto sull’ambiente ( 16 ). Invece, se si tratta di un veicolo pesante immatricolato in un paese terzo, il suo detentore è tenuto a versare la tassa, mediante l’acquisto di un bollo fiscale, ad ogni ingresso nel territorio ungherese. Quando, come nella controversia principale, un siffatto veicolo straniero è munito di una licenza di transito su detto territorio, il prezzo del bollo, pari a HUF 60000 (circa EUR 200), è dovuto sia per il percorso di andata sia per quello di ritorno e il suo pagamento deve essere rinnovato dal momento in cui la durata del soggiorno su tale territorio supera le 48 ore ( 17 ).

44.

Tale legge prevede che il mancato pagamento dell’imposta è sanzionato con una sanzione tributaria di importo pari a cinque volte l’importo non pagato ( 18 ). Inoltre, la legge sulla circolazione stradale, che risale al 1988, prevede una sanzione amministrativa, dovuta per la circolazione in territorio ungherese senza i documenti richiesti, il cui importo è fissato in HUF 300000 (circa EUR 980) dal decreto governativo n. 156/2009 ( 19 ).

45.

In applicazione di tali disposizioni nazionali, l’amministrazione fiscale ungherese ha irrogato alla ricorrente nel procedimento principale, una società turca di trasporto, due sanzioni oltre al pagamento della tassa sugli autoveicoli che detta società avrebbe dovuto versare per l’ingresso in Ungheria di un veicolo con targa turca di cui essa era detentrice.

46.

Il giudice del rinvio chiede, innanzitutto, se una tassa come quella prevista dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale debba essere qualificata come onere di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi dell’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, interpretato alla luce della giurisprudenza relativa all’articolo 30 TFUE. Alla luce della motivazione della sua ordinanza di rinvio, mi sembra che esso ponga le altre tre questioni solo in subordine, nell’ipotesi in cui la Corte rispondesse negativamente alla prima questione.

47.

Per i motivi elencati di seguito, proporrò alla Corte di rispondere in maniera affermativa alla prima questione e, pertanto, di non pronunciarsi sulle altre questioni sollevate. Tuttavia, per completezza, esaminerò queste ultime in maniera relativamente sintetica.

48.

Con le sue questioni prima, seconda e quarta, che a mio avviso occorre analizzare seguendo questo ordine preciso, il giudice del rinvio chiede alla Corte l’interpretazione dei principi di libera circolazione delle merci e di non discriminazione rispetto agli obblighi che derivano dall’accordo di associazione CEE-Turchia. La terza questione verte, invece, sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri in relazione agli accordi bilaterali conclusi con i paesi terzi in materia di trasporto internazionale su strada di merci.

B. Sulla violazione della libera circolazione delle merci in relazione agli articoli 4, 5 e 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione (prima e seconda questione)

49.

Con le prime due questioni pregiudiziali si chiede se il fatto di imporre ai trasportatori turchi il pagamento della tassa sugli autoveicoli sia incompatibile con le disposizioni della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione CE-Turchia, la quale, come prevede l’articolo 1, stabilisce le regole di attuazione della fase finale dell’unione doganale dell’accordo di associazione CEE-Turchia.

50.

Le suddette questioni riguardano, più specificamente, gli articoli 4, 5 e 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione. L’articolo 4 impone che i dazi doganali all’importazione o all’esportazione e gli oneri di effetto equivalente siano totalmente aboliti negli scambi fra l’Unione e la Turchia. L’articolo 5 vieta le restrizioni quantitative all’importazione e tutte le misure di effetto equivalente, nello stesso ambito, mentre l’articolo 7 permette di derogare a tale divieto prevedendo che tali misure possono essere giustificate, in particolare, da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di protezione della salute e della vita delle persone.

51.

Tale domanda di pronuncia pregiudiziale ha carattere inedito. Tuttavia, risulta dall’articolo 66 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione che le disposizioni di quest’ultima che sono identiche, in sostanza, alle norme corrispondenti del trattato CE (divenuto trattato FUE) devono essere interpretate in conformità alle sentenze della Corte in materia ( 20 ). Nei limiti in cui la portata degli articoli 4, 5 e 7 di detta decisione equivale a quella, rispettivamente, degli articoli 30, 34 e 36 TFUE, occorrerà interpretare questi primi articoli trasponendo la giurisprudenza della Corte relativa agli ultimi.

1.  Sulla qualifica di onere di effetto equivalente a un dazio doganale ai sensi dell’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione (prima questione)

52.

Con la prima questione pregiudiziale si invita la Corte a stabilire se una tassa come quella di cui trattasi nel procedimento principale costituisca un onere di effetto equivalente ad un dazio doganale, che sarebbe contrario all’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione. A tale riguardo, il giudice del rinvio sottolinea che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli, i detentori di veicoli immatricolati in un altro Stato membro dell’Unione sono esenti dal pagamento di tale tassa, mentre i detentori di veicoli immatricolati in un paese terzo, ed in particolare in Turchia, sono soggetti a tale tassa, per il passaggio sul territorio ungherese.

53.

Risulta dalla giurisprudenza della Corte avente ad oggetto l’interpretazione dell’articolo 30 TFUE, che è identico in sostanza all’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione ( 21 ), che la nozione di «tassa d’effetto equivalente ad un dazio doganale», ai sensi di tali disposizioni, deve essere concepita estensivamente, includendo, qualsiasi onere pecuniario, sia pur minimo, che è imposto unilateralmente ( 22 ), a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura e che colpisce le merci in ragione del fatto che esse varcano la frontiera, pur non essendo un dazio doganale propriamente detto. Lo scopo in vista del quale la tassa in questione è stata istituita e la destinazione dei proventi che ne derivano sono elementi di valutazione irrilevanti ( 23 ).

54.

Come sottolineano il giudice del rinvio, la Istanbul Lojistik, il governo italiano e la Commissione, la definizione di detta nozione è incentrata essenzialmente sugli effetti negativi che un tale onere pecuniario produce. Quest’ultimo deve avere la stessa incidenza protezionistica, e dunque restrittiva, di un dazio doganale, come nella fattispecie, in particolare, quando ha come risultato di aumentare artificiosamente il costo di produzione delle merci importate o esportate rispetto a quello delle merci nazionali ( 24 ). Orbene, ritengo che ciò avvenga nel caso di specie.

55.

Innanzitutto, rilevo come sia vero che i veicoli con targa ungherese sono anch’essi soggetti alla tassa che risulta dalla legge adottata nel 1991 dal Parlamento ungherese. Tuttavia, emerge dalle disposizioni di tale legge ( 25 ) che le modalità di riscossione della suddetta tassa, nonché i costi supplementari che ne derivano per tali veicoli, sono notevolmente differenti da quelli cui sono soggetti i veicoli immatricolati in un paese terzo. Come ho già descritto in precedenza ( 26 ), le condizioni di applicazione della tassa in esame non sono affatto equivalenti secondo che si tratti di un veicolo con targa ungherese o, come nella fattispecie, di un veicolo con targa turca. Inoltre, il governo ungherese riconosce, come fa valere la Istanbul Lojistik, che il numero di licenze di transito esenti dalle tasse, che dovrebbe garantire l’uguaglianza concorrenziale tra i trasportatori ungheresi e i trasportatori turchi ( 27 ), non è sufficiente a soddisfare le richieste reali di quest’ultimi, i quali si trovano obbligati a pagare la tassa controversa una volta che il contingente annuale di licenze gratuite è esaurito ( 28 ).

56.

È irrilevante, in conformità alla giurisprudenza citata ( 29 ), che l’impatto della tassa contestata sul prezzo finale delle merci possa essere molto debole, come ha asserito il governo ungherese in udienza. Basta constatare che i trasportatori che detengono veicoli con targa turca sono tenuti a sostenere un onere supplementare, sia pur minimo, rispetto a quelli che detengono veicoli con targa ungherese.

57.

Inoltre, considero non di poco conto che una società turca di trasporto, come la ricorrente nel procedimento principale, sia obbligata a pagare una tassa pari a HUF 60000 (circa EUR 200), sia per l’andata sia per il ritorno, e ogni volta che uno dei suoi veicoli è in transito sul territorio ungherese per un periodo superiore a 48 ore. Per evitare tale onere rilevante e ripetuto, le sole alternative sarebbero compiere una lunga deviazione per non passare da questo territorio o utilizzare altri mezzi di trasporto, soluzioni che comportano vincoli evidentemente importanti e che generano essi stessi costi aggiuntivi ( 30 ). A mio avviso, in tale contesto vi è il rischio concreto che la concorrenzialità dei trasportatori turchi si riduca ( 31 ).

58.

Peraltro, i governi ungherese e italiano obbiettano che non può sussistere alcuna violazione della libera circolazione delle merci, in quanto la tassa in questione nel procedimento principale colpisce non già direttamente i prodotti consegnati in quanto tali, bensì il servizio costituito dal trasporto su strada transfrontaliero, dato che quest’ultimo settore non sarebbe liberalizzato nel contesto dell’accordo di associazione CEE-Turchia e della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione ( 32 ). Essi sostengono che il prelievo della tassa è operato su tutti i detentori di veicoli pesanti immatricolati in un paese terzo che circolano sul territorio ungherese e che l’importo è fissato senza tenere conto né dell’origine o della destinazione delle merci trasportate, né della loro natura o quantità, dato che il veicolo tassato può essere anche vuoto.

59.

Tuttavia, sottolineo che l’importo della tassa prelevata su questi soggetti è modulato, in particolare, in funzione della massa massima autorizzata per il veicolo in questione e a seconda che il trasporto in corso sia effettuato a fine di collegamento o di transito sul territorio ungherese ( 33 ), criteri che, a mio avviso, sono in realtà collegati, rispettivamente, alla quantità di merci che possono essere trasportate e al luogo in cui esse devono essere consegnate. Quindi, al pari del giudice del rinvio, che interroga la Corte dal punto di vista della libera circolazione delle merci, ritengo che la tassa in questione nel procedimento principale riguardi non già il servizio fornito dai trasportatori stranieri, bensì i prodotti che circolano su quel territorio per loro tramite.

60.

Inoltre, al pari della Istanbul Lojistik e della Commissione, sottolineo che la Corte ha già dichiarato che «un’imposta riscossa non su prodotti in quanto tali, ma per un’attività necessaria in relazione con i prodotti può rientrare [nell’articolo 30 TFUE]» ( 34 ). Orbene, il trasporto delle merci costituisce, secondo me, una tale attività, in quanto è indissolubilmente connesso allo spostamento di queste ultime e dunque alla libera circolazione. Pertanto, anche se si ritenesse che il fatto generatore della tassa controversa sia unicamente il trasporto, mi sembra che tale constatazione non precluderebbe che quest’ultima possa essere classificata come una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi del citato articolo 30 nonché dell’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione ( 35 ).

61.

Questi due governi sostengono anche che la tassa in questione non viene prelevata in ragione del fatto che le merci attraversano la frontiera, come impone la giurisprudenza della Corte. La tassazione sarebbe connessa non già all’atto di attraversamento della frontiera ungherese, bensì alla circolazione sul territorio ungherese, tenuto conto del fatto che quest’ultima è in grado di nuocere allo stato delle strade e all’ambiente.

62.

Tuttavia, tale analisi è contraria a quella adottata dal giudice del rinvio, come rivela in particolare la formulazione delle questioni pregiudiziali. Inoltre, osservo che detta tassa deve essere sempre versata, al momento «dell’ingresso nel territorio dell’Ungheria», «in funzione, rispettivamente, del percorso di andata e del percorso di ritorno», sia nel caso di trasporto di collegamento sia di trasporto di transito, e ciò unicamente in relazione ai veicoli immatricolati nei paesi che non sono membri dell’Unione ( 36 ). La relazione materiale con la circolazione delle merci mi sembra dunque chiara ( 37 ).

63.

Inoltre, come sottolineano il giudice del rinvio, la Istanbul Lojistik e la Commissione, secondo giurisprudenza costante il divieto delle tasse di effetto equivalente ad un dazio doganale previsto all’articolo 30 TFUE si estende alla circolazione di merci provenienti direttamente da uno Stato terzo che, come nel caso di specie, transitano semplicemente sul territorio di uno Stato membro per poi essere esportati verso altri Stati membri. La Corte ha, infatti, dichiarato che l’unione doganale implica necessariamente che venga garantita la libera circolazione delle merci tra gli Stati membri, la quale costituisce uno dei principi fondamentali del suddetto trattato e ha come conseguenza l’esistenza di un principio generale di libertà di transito delle merci nell’ambito dell’Unione europea ( 38 ). Lo stesso approccio deve, a mio parere, essere adottato in relazione all’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, dato che il buon funzionamento dell’unione doganale che risulta dall’accordo di associazione CEE‑Turchia sarebbe, altrimenti, compromesso, come la Corte ha già dichiarato nel contesto di altri accordi conclusi con paesi terzi ( 39 ).

64.

Aggiungo che l’argomento del governo ungherese secondo il quale si tratterrebbe di un’«imposta» ( 40 ) che sarebbe giustificata, in particolare, dalla manutenzione e dallo sviluppo della rete stradale pubblica è inconferente, dal momento che né la finalità delle misure in esame né la denominazione attribuitale dalle autorità nazionali sono determinanti, secondo la citata giurisprudenza della Corte ( 41 ).

65.

Per completezza, preciso che, al pari della Commissione, sono del parere che una normativa nazionale come quella in questione nel procedimento principale non rientra tra le cause di eccezione del divieto delle tasse di effetto equivalente ad un dazio doganale la cui possibilità è stata ammessa dalla Corte ( 42 ), in condizioni specifiche e di rigorosa applicazione ( 43 ). In particolare, la Corte ha già dichiarato che i motivi relativi alla riparazione e al mantenimento della rete stradale non possono consentire di imporre una tassa particolare agli operatori che trasportano merci varcando le frontiere del relativo territorio, nella misura in cui tale attività non va specificamente a beneficio di questi ultimi e non può dunque giustificare l’esigenza di un corrispettivo pecuniario nei loro confronti ( 44 ).

66.

Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 30 TFUE, sono del parere che una misura nazionale come quella in questione nel procedimento principale costituisce un onere di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi dell’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione e che è, pertanto, vietata da questo articolo in relazione alle merci contemplate dall’unione doganale esistente tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia.

2.  Sull’esistenza di una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione e sua eventuale giustificazione alla luce degli articoli 5 e 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione (seconda questione)

67.

Le due parti della seconda questione pregiudiziale, che vertono, nell’ordine, sugli articoli 5 e 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, sono sollevate dal giudice del rinvio solo nell’ipotesi in cui la Corte dichiari che la misura nazionale, oggetto del procedimento principale, non debba essere qualificata come onere di effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi dell’articolo 4 della medesima decisione.

68.

Dal momento che propongo alla Corte di rispondere alla prima delle questioni sollevate nel senso che detta misura costituisce una tassa di tale natura, raccomando di non rispondere alla seconda questione, nonostante l’obiezione formulata dalla Istanbul Lojistik, la quale ritiene che occorra pronunciarsi su tale punto in ogni caso. Tuttavia, come nota anche questa parte, dalla giurisprudenza della Corte relativa al rapporto tra le disposizioni del trattato FUE sulla libera circolazione delle merci risulta che le misure di natura fiscale, come quella di cui trattasi, rientrano, in linea di principio, nella sfera di applicazione di disposizioni specifiche, vale a dire quelle dell’articolo 30 TFUE, e non nel divieto di restrizioni quantitative all’importazione, previsto dagli articoli 34 e 36 TFUE, di modo che occorre esaminare una misura nazionale alla luce di questi ultimi soltanto qualora il primo di tali articoli non sia applicabile ( 45 ). Sapendo che detti articoli equivalgono, in sostanza, rispettivamente agli articoli 4, 5 e 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, risulta da quanto detto che una risposta affermativa alla prima questione renderebbe inutile una risposta alla seconda questione. Tuttavia, discuterò di ciò in subordine, al fine di affrontare l’ipotesi prevista dal giudice del rinvio.

a)  Sull’interpretazione dell’articolo 5 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione (prima parte della seconda questione)

69.

La prima parte della seconda questione pregiudiziale ha ad oggetto la questione se la tassa imposta ai veicoli immatricolati in un paese terzo che circolano in transito sul territorio ungherese possa essere qualificata come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’articolo 5 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione e sia pertanto vietata da detta disposizione.

70.

Nella motivazione della sua decisione, il giudice del rinvio stabilisce una correlazione tra detto articolo 5 e l’articolo 34 TFUE ( 46 ), le cui le disposizioni sono effettivamente identiche nella sostanza ( 47 ). Tenuto conto della loro equivalenza, occorre, come prevede l’articolo 66 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, interpretare l’articolo 5 di quest’ultima alla luce delle sentenze della Corte relative all’articolo 34 TFUE ( 48 ).

71.

Secondo una giurisprudenza costante, ogni normativa degli Stati membri idonea ad ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio nell’ambito dell’Unione deve essere considerata come una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative ( 49 ). Ciò deve valere ugualmente, a mio parere, per analogia, per una normativa di uno Stato membro che rischia di ostacolare, nelle stesse condizioni, il commercio in seno all’unione doganale che risulta dall’accordo di associazione CEE-Turchia.

72.

Nella presente causa, per negare la qualificazione di misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, il governo ungherese sostiene che la tassa sugli autoveicoli in questione nel procedimento principale probabilmente ha sì un effetto sulla libera circolazione delle merci, potendo riflettersi sul prezzo di determinati prodotti, ma che tale effetto sarebbe troppo aleatorio e troppo indiretto per essere censurabile ai sensi della giurisprudenza della Corte in materia ( 50 ). Il governo italiano sostiene anche che l’onere derivante dalla norma controversa grava sul mezzo di trasporto, e non sulle merci che sono trasportate tramite esso.

73.

Tuttavia, supponendo che la Corte dichiari che la normativa oggetto del procedimento principale non rientra nell’ambito d’applicazione dell’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, ritengo che essa possa generare una restrizione al commercio tra l’Unione e la Repubblica di Turchia, contraria all’articolo 5 di detta decisione. Infatti, al pari della Istanbul Lojistik e della Commissione, ritengo che la tassa controversa dovrebbe, in questo caso, essere qualificata come misura che può ostacolare detto commercio, in quanto essa genera costi aggiuntivi per le merci che sono trasportate dai veicoli con targa turca e ne aumenta dunque il prezzo finale ( 51 ). Inoltre, anche se tale normativa ungherese colpisce principalmente i servizi di trasporto forniti dai trasportatori turchi, essa, a mio avviso, può essere considerata come costituente una tale misura, dal momento che l’esercizio della libertà di circolazione delle merci è necessariamente legato al trasporto di queste ultime ( 52 ). Dunque, mi sembra che l’effetto restrittivo dell’onere supplementare in questione non sia così indiretto da non poter essere preso in considerazione.

74.

Alla luce di tali elementi, propongo, in subordine, di riconoscere che l’applicazione di una tassa come quella in questione nel procedimento principale possa essere qualificata come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione delle merci comprese nell’unione doganale conclusa con la Turchia, ai sensi dell’articolo 5 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, e dunque rientri nel divieto previsto da tale disposizione.

b)  Sull’interpretazione dell’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione (seconda parte della seconda questione)

75.

Qualora la Corte dichiari che la tassa in questione nel procedimento principale costituisca una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa vietata dall’articolo 5 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, la seconda parte della seconda questione pregiudiziale la invita a stabilire, di conseguenza, se l’applicazione di tale misura possa, tuttavia, trovare una giustificazione valida nei motivi relativi alla sicurezza stradale e al perseguimento dei reati, alla luce delle disposizioni dell’articolo 7 della medesima decisione.

76.

Al pari del giudice del rinvio, della Istanbul Lojistik e della Commissione, ritengo che, ai sensi della norma prevista all’articolo 66 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, l’articolo 7 di detta decisione debba essere interpretato in conformità alla giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 36 TFUE, dal momento che il testo di detto articolo 7 è analogo in sostanza a quello di quest’ultimo ( 53 ).

77.

Secondo tale giurisprudenza, l’elenco dei motivi di cui all’articolo 36 TFUE – che permettono di consentire restrizioni all’importazione, all’esportazione o al transito nei limiti in cui tali restrizioni perseguono obiettivi di interesse generale – ha carattere tassativo e deve, in linea di principio, essere interpretato restrittivamente, dal momento che si tratta di una deroga al principio di libera circolazione delle merci ( 54 ). Lo stesso approccio deve, a parer mio, essere adottato per quanto riguarda l’elenco che si trova all’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione.

78.

La Istanbul Lojistik sostiene che non figurano espressamente in quest’elenco di eccezioni i motivi dedotti, nella fattispecie, dalle autorità ungheresi per tentare di giustificare la normativa controversa, vale a dire ragioni imperative dirette alla sicurezza stradale e al perseguimento dei reati, secondo la difesa presentata nel procedimento principale dall’autorità tributaria di secondo grado ( 55 ).

79.

Tuttavia, osservo che la Corte ha già riconosciuto che la sicurezza stradale può essere presa in considerazione ai sensi dell’articolo 30 CE, divenuto l’articolo 36 TFUE ( 56 ). Infatti, non si può escludere che la prevenzione dell’insicurezza stradale possa ricollegarsi agli obiettivi di «ordine pubblico» e/o di «pubblica sicurezza», ai sensi di quest’ultimo articolo. Lo stesso vale, a mio parere, per la necessità di garantire il perseguimento dei reati, proposta come giustificazione dalla resistente nel procedimento principale ( 57 ). Mi sembra dunque che il campo di applicazione materiale dell’articolo 36 TFUE e, per analogia, quello dell’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione possano, in linea di principio, includere tali motivi di giustificazione.

80.

Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, oltre ai motivi elencati all’articolo 36 TFUE, possono anche essere tenute in considerazione ragioni imperative di interesse generale per giustificare gli ostacoli alla libera circolazione delle merci ( 58 ). Ritengo che tale giurisprudenza possa essere trasposta in relazione all’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione. Rilevo che la Corte ha già dichiarato che la lotta alla criminalità e la tutela della sicurezza stradale possono costituire ragioni di questo tipo ( 59 ). Tuttavia, la possibilità di invocare tali ragioni è, in linea di principio, riservata ai casi in cui le misure nazionali in questione sono indistintamente vigenti ( 60 ), e ciò non avviene, a mio avviso, nella presente causa ( 61 ).

81.

Inoltre, non è dimostrato che le ragioni imperative dedotte dalla resistente nel procedimento principale, poi riprese nella seconda questione pregiudiziale, corrispondano esattamente agli obiettivi perseguiti dal legislatore ungherese nell’adottare la normativa controversa. A tale riguardo, sottolineo che nel preambolo della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli figurano considerazioni diverse da dette ragioni imperative, di carattere principalmente finanziario ( 62 ). Orbene, la Corte ha più volte escluso che argomenti di ordine economico possano giustificare ostacoli alla libera circolazione delle merci ( 63 ).

82.

In ogni caso, come ricorda il giudice del rinvio, per giurisprudenza consolidata, al fine di poter essere giustificata da un obiettivo di interesse generale, una misura restrittiva deve essere non solo necessaria ed idonea a garantire il perseguimento dell’obiettivo stesso, ma anche proporzionata al medesimo ( 64 ). Incombe sull’autorità nazionale che intenda avvalersi delle disposizioni dell’articolo 36 TFUE e, per analogia, dell’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, l’onere di provare che detti criteri sono effettivamente soddisfatti nel caso di specie ( 65 ).

83.

Nella fattispecie, al pari della Istanbul Lojistik e della Commissione, ritengo che le autorità ungheresi non abbiano addotto elementi sufficientemente probanti in tal senso. Mi sembra che la tassa in questione non costituisca uno strumento idoneo a realizzare gli obiettivi di interesse generale fatti valere, poiché è dubbio che il fatto di imporre tale tassa, senza altro controllo, e ciò a un livello più vincolante solo per determinate categorie di veicoli pesanti che circolano in Ungheria – vale a dire quelli immatricolati in un paese terzo, contrariamente a quelli con targa ungherese o di un altro Stato membro –, possa realmente contribuire a migliorare la sicurezza stradale e a favorire il perseguimento dei reati in tale territorio.

84.

Per di più, anche ipotizzando che i requisiti di cui sopra siano tutti soddisfatti, dal testo finale dei due articoli summenzionati risulta che una tale misura non deve costituire né uno strumento di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata. Orbene, dato che il regime della tassa imposta agli autoveicoli che circolano sul territorio ungherese varia a seconda che il veicolo in questione sia immatricolato in Ungheria, in un altro Stato membro dell’Unione o in un paese terzo ( 66 ), mi sembra che il trattamento differenziato e più sfavorevole applicato in quest’ultimo caso, senza una ragione obiettiva dimostrata, costituisca un fattore di discriminazione arbitraria ( 67 ).

85.

Tali considerazioni impediscono, a mio parere, di ammettere le giustificazioni dedotte dalle autorità ungheresi. In conclusione, sono del parere che, nell’ipotesi in cui la tassa in questione sia qualificata come misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi dell’articolo 5 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, gli argomenti difensivi non possono essere sufficienti per giustificare una tale misura nazionale in applicazione dell’articolo 7 della decisione citata.

C. Sulla violazione del principio di non discriminazione in base alla nazionalità ai sensi dell’articolo 9 dell’accordo di associazione CEE-Turchia (quarta questione)

86.

La quarta questione pregiudiziale è in linea con la prima e con la seconda questione, in quanto verte sullo stesso quadro normativo delle precedenti, vale a dire gli obblighi che risultano dagli accordi conclusi tra la CE (divenuta l’Unione) e la Turchia ( 68 ). Sembra dunque opportuno affrontarla prima di esaminare la terza questione sollevata dal giudice di rinvio.

87.

In sostanza, alla Corte si chiede se l’articolo 9 dell’accordo di associazione CEE-Turchia, che vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità nel settore di applicazione del suddetto accordo, debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa come quella in questione, dal momento che obbliga i detentori di veicoli pesanti immatricolati all’estero, nella fattispecie in Turchia, a pagare una tassa speciale, mentre i detentori di tali veicoli immatricolati in uno Stato membro dell’Unione ne sono esonerati ( 69 ).

88.

Nella motivazione della sua decisione, il giudice del rinvio precisa di chiedersi se la tassa controversa sia discriminatoria nei confronti dei trasportatori turchi e se essa debba, pertanto, essere considerata incompatibile con l’articolo 9 dell’accordo di associazione CEE-Turchia nonché con l’articolo 18 TFUE. Infatti, il tenore di questi due articoli è equivalente, poiché il paragrafo 1 di quest’ultimo stabilisce il principio secondo il quale ogni discriminazione fondata sulla nazionalità è vietata nell’ambito di applicazione dei trattati ( 70 ). Aggiungo che l’articolo 9 di detto accordo fa riferimento espressamente allo stesso «principio [di non-discriminazione] enunciato nell’articolo 7 del Trattato che istituisce la [CEE]», che corrisponde all’articolo 18 TFUE ( 71 ).

89.

La Commissione ritiene che non sia necessario rispondere in modo specifico alla quarta questione pregiudiziale, dal momento che la problematica afferente ad una eventuale discriminazione effettuata in base alla nazionalità dovrebbe già essere esaminata a titolo delle due prime questioni, se la Corte riconoscesse che la normativa nazionale in questione rientra nella sfera di applicazione degli articoli da 4 a 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione e, quindi, in quello dell’accordo di associazione CEE-Turchia ( 72 ).

90.

È vero, in particolare, che gli Stati membri possono adottare misure che restringono la libera circolazione delle merci, che siano giustificate da uno dei motivi elencati all’articolo 36 TFUE, solo a condizione che esse non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria ( 73 ), criterio che dovrebbe essere analizzato nell’ambito della seconda parte della seconda questione ( 74 ), qualora la Corte intendesse pronunciarsi su quest’ultima.

91.

Considerata la risposta affermativa che raccomando di dare alla prima questione, ritengo inutile rispondere alla quarta questione, dal momento che è sufficiente che la Corte accerti l’esistenza di una sola causa di non conformità al diritto dell’Unione, tra tutte quelle menzionate dal giudice del rinvio. Più precisamente, qualora la Corte ritenesse, come raccomando, che la normativa in causa rientra nel divieto degli oneri di effetto equivalente ad un dazio doganale menzionato all’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, non sarebbe opportuno, secondo me, alla luce della giurisprudenza che verte sul coordinamento tra l’articolo 18 TFUE e le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali di circolazione ( 75 ), procedere all’interpretazione dell’articolo 9 dell’accordo di associazione CEE‑Turchia.

D. Sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri alla luce dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 1, paragrafo 2 e paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 1072/2009 (terza questione)

92.

Dalla motivazione della decisione di rinvio risulta che la terza questione pregiudiziale è posta solamente nell’ipotesi in cui la Corte dichiarasse che la tassa in questione non costituisce né un onere di effetto equivalente a un dazio doganale né una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione ai sensi, rispettivamente, degli articoli 4 e 5 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione. Considerata la risposta affermativa che propongo di dare alla prima delle questioni sottoposte alla Corte, non occorre, a mio avviso, rispondere alla terza. Tuttavia, esporrò qualche osservazione a tale riguardo, a fini di completezza.

93.

In sostanza, la terza questione verte sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri con riguardo agli accordi conclusi con paesi terzi in materia di trasporti internazionali di merci su strada. Dalla decisione di rinvio risulta che la resistente nel procedimento principale, vale a dire l’autorità tributaria di secondo grado, ha sostenuto che l’Ungheria sarebbe libera di regolamentare il trasporto internazionale di merci attraverso accordi bilaterali, in virtù dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE, secondo il quale «[l]’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri nei[, tra gli altri settori,] trasporti», nonché in relazione alle disposizioni del regolamento n. 1072/2009. Questo punto di vista è anche quello dei governi ungherese e italiano, nonché della Commissione. Invece, la Istanbul Lojistik sostiene che l’Unione deterrebbe una competenza esclusiva implicita nella suddetta materia.

94.

Concretamente, il giudice del rinvio vuole stabilire se le autorità dell’Ungheria mantengano il diritto di eseguire l’accordo bilaterale che quest’ultima ha firmato con la Repubblica di Turchia nel 1968 e il cui articolo 18, paragrafo 3, stabilisce l’imposizione di tasse ai veicoli turchi che effettuano un trasporto di merci e transitano attraverso il territorio ungherese ( 76 ). Esso si domanda se la tassazione che è oggetto della controversia principale possa, pertanto, essere applicata sulla base di tale disposizione.

95.

A questo proposito, tale giudice fa valere la competenza esclusiva dell’Unione per la conclusione di accordi internazionali, prevista all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE ( 77 ) e deduce che, in conformità alla giurisprudenza della Corte, «tutte le volte che (per la realizzazione di una politica comune prevista dal trattato) la Comunità ha adottato delle disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere – né individualmente, né collettivamente – di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che incidono su dette norme» ( 78 ). Ricordo che il principio così enunciato è stato ulteriormente definito dalla Corte, che ha in particolare precisato che, poiché l’Unione dispone solo di competenze di attribuzione ( 79 ), l’esistenza di una competenza, per giunta di natura esclusiva, deve basarsi su conclusioni tratte da un’analisi concreta delle relative disposizioni ( 80 ).

96.

A sostegno della sua domanda, il giudice del rinvio espone che il regolamento n. 1072/2009 ha giustamente stabilito norme comuni di accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada che sono valide per l’Unione e che, ai sensi del considerando 3 ( 81 ) e dell’articolo 1, paragrafo 2, prima frase ( 82 ), tale strumento si intende applicabile in ogni Stato membro che, come è stato il caso dell’Ungheria nella controversia principale, è attraversato in transito da un veicolo che trasporta delle merci da un paese terzo ad uno Stato membro (o viceversa) ( 83 ).

97.

Il giudice del rinvio chiede alla Corte, più precisamente, se, benché l’Unione abbia legiferato in questa materia, le autorità ungheresi possano continuare a far produrre i suoi effetti alla convenzione Ungheria-Turchia ( 84 ) in virtù dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 1072/2009, ai sensi del quale «[i]n attesa che siano conclusi gli accordi di cui al paragrafo 2, [tale] regolamento lascia impregiudicate (…) le disposizioni relative ai trasporti da uno Stato membro verso un paese terzo e viceversa che figurano in accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e i paesi terzi interessati» ( 85 ).

98.

Infatti, dalla seconda frase del paragrafo 2 dell’articolo 1 risulta che il regolamento n. 1072/2009 «non si applica alla parte di percorso effettuato sul territorio dello Stato membro di carico e scarico fintanto che non sia stato concluso il necessario accordo tra la Comunità e il paese terzo interessato» ( 86 ), a differenza dell’applicabilità di tale regolamento che è prevista alla prima frase di questo stesso paragrafo con riguardo alle situazioni nelle quali uno Stato membro dell’Unione è solamente attraversato in transito ( 87 ).

99.

Tuttavia, la citata seconda frase non è, a mio avviso, pertinente nel caso di specie, poiché, come nota la Istanbul Lojistik e come riconosce anche il giudice del rinvio, il territorio ungherese ha qui costituito solamente una via di transito, e non il luogo di carico e scarico delle relative merci.

100.

Soprattutto, al pari dei governi ungherese e italiano nonché della Commissione, sottolineo che la controversia principale non rientra nell’ambito di applicazione materiale del regolamento n. 1072/2009, dato che il suo articolo 2, punto 1, stabilisce che questo strumento riguarda unicamente i veicoli di trasporto di merci immatricolati in uno Stato membro dell’Unione ( 88 ), mentre il veicolo assoggettato alla tassazione ungherese dalle decisioni contestate era immatricolato in Turchia.

101.

Di conseguenza, ritengo, in subordine, che, dal momento che il regolamento n. 1072/2009 non è applicabile in una fattispecie come quella di cui al procedimento principale, le sue disposizioni non possano ostare a che le autorità ungheresi facciano valere l’articolo 18, paragrafo 3, dell’accordo Ungheria-Turchia per imporre il pagamento della tassa controversa di cui trattasi nella presente causa.

V. Conclusione

102.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szeged, Ungheria) come segue:

L’articolo 4 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione CE‑Turchia, del 22 dicembre 1995, relativa all’attuazione della fase finale dell’unione doganale, deve essere interpretato nel senso che costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale per le merci incluse in tale unione, ed è dunque vietata da questo articolo, una tassa sugli autoveicoli come quella oggetto del procedimento principale, imposta a tutti i detentori di veicoli pesanti immatricolati in un paese non membro dell’Unione europea che attraversano il territorio dell’Ungheria in transito verso un altro Stato membro, e che deve essere pagata a ogni passaggio della frontiera ungherese.

Alla luce della risposta data alla prima questione pregiudiziale, non è necessario rispondere alla seconda, alla terza e alla quarta questione pregiudiziale.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Accordo firmato il 12 settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da un lato, e dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con la decisione 64/732/CEE del Consiglio, del 23 dicembre 1963 (GU 1964, 217, pag. 3685).

( 3 ) Una problematica simile è stata sottoposta alla Corte nella causa pendente CX (C‑629/16).

( 4 ) Decisione del 22 dicembre 1995, relativa all’attuazione della fase finale dell’unione doganale (GU 1996, L 35, pag. 1).

( 5 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009 (GU 2009, L 300, pag. 72).

( 6 ) Il protocollo è stato concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con regolamento (CEE) n. 2760/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972 (GU 1972, L 293, pag. 1).

( 7 ) Conformemente all’articolo 62 del suddetto protocollo.

( 8 ) Il governo ungherese fa riferimento, a tale riguardo, alle disposizioni del regolamento con forza di legge n. 29/1969, di promulgazione della citata convenzione in Ungheria, Magyar Közlöny 1969/78 (X.11.).

( 9 ) Magyar Közlöny 1991/145 (XII.26.).

( 10 ) Magyar Közlöny 1988/15 (IV.21.).

( 11 ) Magyar Közlöny 2009/107 (VII.29.).

( 12 ) Díj ellenében végzett közúti árutovábbítási, a saját számlás áruszállítási, valamint az autóbusszal díj ellenében végzett személyszállítási és a saját számlás személyszállítási tevékenységről, továbbá az ezekkel összefüggő jogszabályok módosításáról szóló 261/2011. (XII. 7.) Korm. rendelet [decreto governativo n. 261/2011 (XII. 7.) relativo alle attività di trasporto di merci su strada a titolo oneroso, di trasporto di merci per conto proprio, nonché alle attività di trasporto di persone con autobus a titolo oneroso e di trasporto di persone per conto proprio, nonché alla modifica delle norme relative a tali attività], Magyar Közlöny 2011/146 (XII.7.).

( 13 ) Preciso che, secondo il diritto dell’Unione, la nozione di «complesso di veicoli accoppiati» figura, in particolare, all’articolo 2, punto 1, del regolamento n. 1072/2009.

( 14 ) V. articolo 1, paragrafi 1 e 2, di detta legge.

( 15 ) Secondo il governo italiano, il fatto che il guidatore di un veicolo adibito al trasporto merci immatricolato in un altro Stato membro dell’Unione sia dispensato dal pagare la tassa per il suo transito sul territorio ungherese sarebbe giustificato ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 1999/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1999, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture (GU 1999, L 187, pag. 42), il quale prevede che le tasse sui veicoli elencati all’articolo 3 di detta direttiva «sono riscosse unicamente dallo Stato membro d’immatricolazione».

( 16 ) Ai sensi delle disposizioni del capitolo II della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli, il cui contenuto essenziale è citato ai paragrafi da 22 a 25 delle presenti conclusioni.

( 17 ) V. disposizioni del capitolo III della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli, il cui contenuto essenziale è menzionato ai paragrafi 26 e segg. delle presenti conclusioni. Come rileva la Commissione, l’articolo 15, paragrafo 3, di tale legge prevede una «zona di tolleranza» di 5 km intorno al punto di ingresso nel territorio ungherese, all’interno della quale non si incorre nella sanzione.

( 18 ) V. articolo 17, paragrafo 2, della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli.

( 19 ) V. paragrafi 30 e segg. delle presenti conclusioni.

( 20 ) Come ricorda il giudice del rinvio, per giurisprudenza costante l’interpretazione data alle disposizioni del diritto dell’Unione relative al mercato interno può essere trasposta all’interpretazione di un accordo concluso dall’Unione con uno Stato terzo, salvo che lo stesso accordo non contenga espresse disposizioni in tal senso (v., in particolare, sentenza del 24 settembre 2013, Demirkan (C‑221/11, EU:C:2013:583, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

( 21 ) Infatti, l’articolo 30 TFUE vieta i dazi doganali all’importazione e all’esportazione o le tasse di effetto equivalente tra gli Stati membri dell’Unione, mentre l’articolo 4 stabilisce la stessa norma per quanto riguarda le parti dell’accordo di associazione CEE-Turchia.

( 22 ) Vale a dire, una tassa stabilita di propria iniziativa da uno Stato membro, in contrapposizione ad una tassa che risulta dalle esigenze del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenza del 21 febbraio 1984, St. Nikolaus Brennerei und Likörfabrik, 337/82, EU:C:1984:69, punto 15). Nella presente causa, mi sembra pacifico che la normativa nazionale in questione non derivi da tali esigenze. Non dedicherò dunque considerazioni specifiche a tale condizione.

( 23 ) V., in particolare, sentenze del 1o luglio 1969, Commissione/Italia (24/68, EU:C:1969:29, punti 79); dell’8 novembre 2005, Jersey Produce Marketing Organisation (C‑293/02, EU:C:2005:664, punto 55); del 21 giugno 2007, Commissione/Italia (C‑173/05, EU:C:2007:362, punto 42), nonché del 2 ottobre 2014, Orgacom (C‑254/13, EU:C:2014:2251, punti 2335).

( 24 ) V., in particolare, sentenze del 14 dicembre 1962, Commissione/Lussemburgo e Belgio (2/62 e 3/62, EU:C:1962:45, pag. 827, penultimo comma); del 3 febbraio 1981, Commissione/Francia (90/79, EU:C:1981:27, punto 12), nonché del 21 marzo 1991, Commissione/Italia (C‑209/89, EU:C:1991:139, punto 7).

( 25 ) V. disposizioni dei capitoli II e III della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli elencate ai paragrafi da 22 a 25 nonché 26 e segg. delle presenti conclusioni.

( 26 ) V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.

( 27 ) In conformità alle disposizioni dell’accordo Ungheria-Turchia.

( 28 ) La Istanbul Lojistik sostiene che il sistema ungherese genera quote stradali che limitano il commercio tra l’Unione e la Turchia, poiché esse rendono più costose le merci che provengono da quest’ultima, rifacendosi ad un rapporto del 14 ottobre 2014, intitolato «Study on the economic impact of an agreement between the EU and the Republic of Turkey», elaborato dall’ICF Consulting Ltd a richiesta della Commissione, accessibile al seguente indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/transport/modes/road/studies/road_en (in particolare, pagg. da v a vi e pag. 39).

( 29 ) V. paragrafo 53 delle presenti conclusioni.

( 30 ) La Istanbul Lojistik e la Commissione ritengono, inoltre, che la tassa in questione sia in grado di aumentare il costo di produzione delle merci trasportate, dal momento che il trasportatore straniero deve versare l’importo richiesto, oppure scegliere un itinerario alternativo più lungo e quindi più oneroso.

( 31 ) V., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2011, Commissione/Austria (C‑28/09, EU:C:2011:854, punti 115116), nella quale la Corte ha dichiarato che l’esistenza di mezzi di trasporto o di itinerari alternativi non è sufficiente ad escludere la possibilità di una restrizione alla libera circolazione delle merci.

( 32 ) A tale riguardo, ricordo semplicemente che la Corte ha dichiarato che, allo stato attuale dello sviluppo dell’associazione CEE-Turchia, non esiste alcuna normativa specifica nel settore dei trasporti, ma che i servizi dei trasporti forniti in seno a questa associazione non sono esenti dalle norme generali applicabili alle prestazioni di servizio, e specialmente dall’articolo 41, paragrafo 1, del protocollo addizionale all’accordo di associazione CEE‑Turchia, che vieta ad uno Stato membro di introdurre nuove restrizioni alle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, a partire dalla data di entrata in vigore del Protocollo (v. sentenze del 21 ottobre 2003, Abatay e a., C‑317/01 e C‑369/01, EU:C:2003:572, punti da 92 a 102, nonché del 24 settembre 2013, Demirkan, C‑221/11, EU:C:2013:583, punti 37 e segg.).

( 33 ) V. articolo 15, paragrafo 1, della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli.

( 34 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Essent Netwerk Noord e a. (C‑206/06, EU:C:2008:33, paragrafi da 48 a 50), nonché sentenza del 17 luglio 2008, Essent Netwerk Noord e a. (C‑206/06, EU:C:2008:413, punto 44).

( 35 ) V., per analogia, in materia di tasse qualificate come imposizioni interne, sentenza dell’8 novembre 2007, Stadtgemeinde Frohnleiten e Gemeindebetriebe Frohnleiten (C‑221/06, EU:C:2007:657, punti 43 e segg. nonché giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) V. articoli 1, 11 e 15 della legge relativa alla tassa sugli autoveicoli.

( 37 ) Contrariamente ad altre circostanze, nelle quali la Corte ha ritenuto che la tassa in questione rientrasse nel regime generale di riscossioni interne sulle merci (v., in particolare, sentenze del 5 ottobre 2006, Nádasdi e Németh, C‑290/05 e C‑333/05, EU:C:2006:652, punti da 40 a 42), nonché del 18 gennaio 2007, (C‑313/05, EU:C:2007:33, punti da 23 a 25).

( 38 ) V., in particolare, sentenze del 21 giugno 2007, Commissione/Italia (C‑173/05, EU:C:2007:362, punti da 30 a 32 e giurisprudenza ivi citata), nonché del 21 dicembre 2011, Commissione/Austria (C‑28/09, EU:C:2011:854, punto 113 e giurisprudenza ivi citata).

( 39 ) V., in particolare, sentenze del 5 ottobre 1995, Aprile (C‑125/94, EU:C:1995:309, punti 39 e segg.), nonché del 21 giugno 2007, Commissione/Italia (C‑173/05, EU:C:2007:362, punti 3340).

( 40 ) Il governo ungherese sviluppa un ragionamento attorno all’idea che la tassa controversa potrebbe costituire, in realtà una misura di imposizione interna, ai sensi della giurisprudenza relativa all’articolo 110 TFUE. Rilevo che disposizioni simili, quindi di natura proibitiva, figurano anche all’articolo 50 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione. Tuttavia, ritengo inutile che la Corte si pronunci a tal proposito, dal momento che il giudice del rinvio non chiede l’interpretazione di queste disposizioni e che ciò non sembra necessario ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale (v. per analogia, in particolare, sentenza del 19 settembre 2013, Martin Y Paz Diffusion, C‑661/11, EU:C:2013:577, punto 48). Inoltre, il regime di tassazione applicabile ai veicoli con targa ungherese è talmente diverso da quello applicabile ai veicoli immatricolati in un paese terzo che la qualifica di «imposizione interna» è, secondo me, impossibile da considerare (su tale nozione, v., in particolare, sentenza del 17 luglio 2008, Essent Netwerk Noord e a., C‑206/06, EU:C:2008:413, punto 41).

( 41 ) V. nota a piè di pagina 23 delle presenti conclusioni.

( 42 ) Ricordo che i motivi giustificativi enunciati all’articolo 36 TFUE, come all’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione (a tal proposito, v. paragrafi 75 e segg. delle presenti conclusioni), sono applicabili esclusivamente alle misure di effetto equivalente ad un dazio doganale (v., in particolare, sentenza del 14 giugno 1988, Dansk Denkavit, 29/87, EU:C:1988:299, punto 32).

( 43 ) Così, un onere pecuniario che soddisfa i criteri per la qualificazione come tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale può tuttavia eludere il divieto che ne deriva quando essa costituisce «il corrispettivo di un servizio effettivamente prestato di importo proporzionato al detto servizio o se fa parte di un sistema generale di tributi interni gravanti sistematicamente, secondo gli stessi criteri, sia sulle merci nazionali sia su quelle importate ed esportate, o ancora, a determinate condizioni, se è riscosso in base a controlli effettuati per ottemperare agli obblighi imposti dalla normativa comunitaria» (v., in particolare, sentenze del 21 marzo 1991, Commissione/Italia, C‑209/89, EU:C:1991:139, punto 9, nonché dell’8 novembre 2005, Jersey Produce Marketing Organisation, C‑293/02, EU:C:2005:664, punto 56).

( 44 ) V. sentenza del 9 settembre 2004, Carbonati Apuani (C‑72/03, EU:C:2004:506, punto 32).

( 45 ) V., in particolare, sentenze del 16 dicembre 1992, Lornoy e a. (C‑17/91, EU:C:1992:514, punti 1415); del 17 giugno 2003, De Danske Bilimportører (C‑383/01, EU:C:2003:352, punti 32 e segg.), nonché del 18 gennaio 2007, Brzeziński (C‑313/05, EU:C:2007:33, punto 50).

( 46 ) Negli elementi di risposta che essa fornisce – in subordine – in merito alla seconda questione, la Commissione include non solo le disposizioni relative alle restrizioni quantitative all’importazione, che sono indicate dal giudice del rinvio, ma anche quelle relative alle restrizioni quantitative all’esportazione, che figurano all’articolo 6 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione e all’articolo 35 TFUE. Tuttavia, ritengo preferibile limitare le mie osservazioni all’oggetto della questione come sottoposta dal giudice di rinvio.

( 47 ) Infatti, l’articolo 34 TFUE vieta fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente, mentre detto articolo 5 formula lo stesso divieto in relazione alle parti dell’accordo di associazione CEE-Turchia.

( 48 ) V., inoltre, paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

( 49 ) V., in particolare, sentenze del 16 gennaio 2014, Juvelta (C‑481/12, EU:C:2014:11, punto 16), nonché del 27 ottobre 2016, Audace e a. (C‑114/15, EU:C:2016:813, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

( 50 ) A tale riguardo, il governo ungherese cita, in particolare, le sentenze del 14 luglio 1994, Peralta (C‑379/92, EU:C:1994:296, punto 24), nonché del 21 settembre 1999, BASF (C‑44/98, EU:C:1999:440, punto 21).

( 51 ) V. anche paragrafo 55 delle presenti conclusioni.

( 52 ) In tal senso, il giudice del rinvio sottolinea, correttamente, che la Corte ha già più volte dichiarato, a proposito del principio di libera circolazione delle merci enunciato dal trattato FUE, che le misure che riguardano i trasporti possono costituire un ostacolo agli scambi intracomunitari di questi prodotti. A tale riguardo, esso fa riferimento, in particolare, alla sentenza del 21 dicembre 2011, Commissione/Austria (C‑28/09, EU:C:2011:854), in cui la Corte ha effettivamente ammesso che una normativa nazionale che vieta l’uso di certe modalità di trasporto in luoghi determinati ostacola la libera circolazione di merci spedite con dette modalità (v. punti 114 e segg. nonché giurisprudenza ivi citata). V. anche paragrafo 60 delle presenti conclusioni.

( 53 ) Infatti, i fattori che permettono di derogare ai divieti previsti agli articoli 34 e 35 TFUE, elencati all’articolo 36 TFUE, sono gli stessi di quelli citati all’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione con riguardo ai divieti previsti agli articoli 5 e 6 di quest’ultima. Inoltre, sia il citato articolo 36 che il citato articolo 7 esigono che tali deroghe non costituiscano «un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio», da un lato, tra gli Stati membri e, dall’altro, tra le parti dell’accordo di associazione CEE‑Turchia.

( 54 ) V., in particolare, sentenze del 17 giugno 1981, Commissione/Irlanda (113/80, EU:C:1981:139, punto 7), nonché del 19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung (C‑148/15, EU:C:2016:776, punto 29).

( 55 ) V. paragrafo 39 delle presenti conclusioni.

( 56 ) V. sentenza dell’11 giugno 1987, Gofette e Gilliard (406/85, EU:C:1987:274, punto 7).

( 57 ) In tal senso, nelle sentenze del 17 giugno 1987, Commissione/Italia (154/85, EU:C:1987:292, punti 1314), nonché del 30 aprile 1991, Boscher (C‑239/90, EU:C:1991:180, punto 23), la Corte non ha escluso che l’obiettivo di prevenire il traffico di beni rubati possa costituire un motivo di ordine pubblico, ai sensi del citato articolo 36, sebbene essa abbia ritenuto che le misure controverse non rispettassero il principio di proporzionalità.

( 58 ) La possibilità aperta dalla sentenza del 20 febbraio 1979, Rewe-Zentral, detta Cassis de Dijon (120/78, EU:C:1979:42, punti 8 e segg.), è stata più volte ribadita dalla Corte successivamente (v., in particolare, sentenza del 16 aprile 2013, Las, C‑202/11, EU:C:2013:239, punto 28).

( 59 ) V., in particolare, sentenze del 10 aprile 2008, Commissione/Portogallo (C‑265/06, EU:C:2008:210, punto 38); del 10 febbraio 2009, Commissione/Italia (C‑110/05, EU:C:2009:66, punto 60), nonché del 6 ottobre 2015, Capoda Import‑Export (C‑354/14, EU:C:2015:658, punto 43).

( 60 ) V., in particolare, sentenza del 17 giugno 1981, Commissione/Irlanda (113/80, EU:C:1981:139, punto 10). Mi sembra che, nella sua giurisprudenza più recente, la Corte abbia messo meno l’accento su tale condizione (v., in particolare, sentenze, del 1o luglio 2014, Ålands Vindkraft, C‑573/12, EU:C:2014:2037, punti 7576, nonché del 12 novembre 2015, Visnapuu, C‑198/14, EU:C:2015:751, punti 108110).

( 61 ) V. anche paragrafo 84 delle presenti conclusioni.

( 62 ) V. paragrafo 20 delle presenti conclusioni. Nelle sue osservazioni scritte e orali, il governo ungherese ha confermato che il preambolo di detta legge indica che anche questa tassa è stata considerata necessaria al fine di aumentare gli stanziamenti finanziari a disposizione per il mantenimento delle infrastrutture stradali. Esso ha aggiunto che i danni generati più nello specifico dai veicoli pesanti giustificavano l’aumento dell’imponibile della tassa, al fine di affrontare in tal modo, almeno indiretto, i problemi ambientali e di sicurezza stradale.

( 63 ) V., in particolare, sentenza del 25 ottobre 2001, Commissione/Grecia (C‑398/98, EU:C:2001:565, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 64 ) V., in particolare, sentenza del 21 giugno 2016, New Valmar (C‑15/15, EU:C:2016:464, punto 48).

( 65 ) V., in particolare, sentenze dell’8 novembre 1979, Denkavit Futtermittel (251/78, EU:C:1979:252, punto 24), nonché del 5 febbraio 2004, Commissione/Italia (C‑270/02, EU:C:2004:78, punti 22 e segg.).

( 66 ) Su questi differenti regimi, v. paragrafi 43 e 55 delle presenti conclusioni.

( 67 ) Tra gli altri fattori di discriminazione, osservo che si prevede un’attenuazione della tassa per i veicoli forniti di sospensioni pneumatiche, che deteriorano meno le strade e/o che preservano l’ambiente, ma solo se sono immatricolati in Ungheria (v. paragrafi 24 e 25 delle presenti conclusioni), e non se sono immatricolati all’estero.

( 68 ) Anche se la quarta questione è relativa all’accordo di associazione CEE-Turchia mentre le prime due questioni sono relative alla decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione, tali strumenti sono strettamente connessi tra loro, poiché la suddetta decisione è stata adottata con l’obiettivo di applicare la fase finale dell’unione doganale istituita tra le parti che hanno concluso l’accordo, come indicano sia il titolo di tale decisione sia il preambolo e il suo articolo 1.

( 69 ) Su tale esenzione, v. paragrafo 42 delle presenti conclusioni.

( 70 ) Principio ugualmente sancito dall’articolo 21, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Nella sentenza del 2 giugno 2016, Commissione/Paesi Bassi (C‑233/14, EU:C:2016:396, punto 76), la Corte ha ricordato che il divieto previsto dall’articolo 18 TFUE si applica in tutte le situazioni che rientrano nella sfera di applicazione ratione materiae del diritto dell’Unione.

( 71 ) L’articolo 37 del protocollo aggiuntivo di detto accordo prevede un’applicazione specifica di tale principio nel settore del lavoro, affermando che «[o]gni Stato membro accorda ai lavoratori di nazionalità turca occupati nella Comunità un regime caratterizzato dall’assenza di discriminazioni fondate sulla nazionalità nei confronti dei lavoratori cittadini degli altri Stati membri della Comunità, per quanto riguarda le condizioni di lavoro e la retribuzione».

( 72 ) A tale riguardo, essa cita la sentenza del 30 aprile 2014, Pfleger e a. (C‑390/12, EU:C:2014:281, punti da 31 a 36), in cui viene ricordato che quando uno Stato membro invoca ragioni imperative di interesse generale per giustificare una normativa idonea a frapporre ostacolo all’esercizio di una delle libertà previste dai trattati, tale giustificazione deve essere interpretata alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione, e in particolare, dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta, tra i quali figura il principio di non-discriminazione sulla base della nazionalità.

( 73 ) Una norma equivalente figura sia all’articolo 7 della decisione n. 1/95 del Consiglio di associazione sia all’articolo 29 alla fine del protocollo addizionale all’accordo di associazione CEE-Turchia.

( 74 ) V. paragrafo 75 ss. delle presenti conclusioni.

( 75 ) V., in particolare, sentenze del 19 giugno 2014, Strojírny Prostějov e ACO Industries Tábor (C‑53/13 e C‑80/13, EU:C:2014:2011, punti 31 e segg.); del 18 dicembre 2014, Generali-Providencia Biztosító (C‑470/13, EU:C:2014:2469, punti 30 e segg.), nonché del 29 ottobre 2015, Nagy (C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 24), che ricordano che l’articolo 18 TFUE non è applicabile quando le disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi o dei capitali sono applicabili e prevedono regole specifiche di non discriminazione.

( 76 ) L’obbligo di adempiere alle tasse dovute «per il trasporto di merci e per coprire le spese legate alla manutenzione e alla riparazione delle strade» grava su questi veicoli turchi anche per il percorso in transito che effettuano a vuoto. Ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo 18, i veicoli ungheresi che attraversano la Turchia in transito devono, reciprocamente, versare tasse della stessa natura in vigore nel proprio territorio. Secondo il paragrafo 2 del medesimo articolo, i veicoli immatricolati in uno degli Stati contraenti di questo accordo bilaterale sono, invece esenti dalle tasse dovute «per il trasporto di merci, il diritto di possesso del veicolo o l’utilizzo delle strade» quando il territorio dell’altro Stato parte è la loro destinazione finale.

( 77 ) Ai sensi del paragrafo 2, «[l’] Unione dispone (…) di una competenza esclusiva per la conclusione di un accordo internazionale allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata».

( 78 ) Il giudice del rinvio fa riferimento ai punti da 17 a 19 della sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio, detta AETS (22/70, EU:C:1971:32).

( 79 ) In conformità all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, TUE.

( 80 ) V., in particolare, giurisprudenza citata nella presa di posizione dell’avvocato generale Jääskinen relativa al parere 1/13 [(Adesione degli Stati terzi alla convenzione dell’Aja), EU:C:2014:2292, paragrafi 58 e segg.], nonché nel parere 1/13 (Adesione degli Stati terzi alla convenzione dell’Aja), del 14 ottobre 2014 (EU:C:2014:2303, paragrafi 71 e segg.) e nel parere 3/15 (Trattato di Marrakech sulle opere pubbliche), del 14 febbraio 2017 (EU:C:2017:114, paragrafo 108).

( 81 ) Secondo il considerando 3, «[p]er assicurare un quadro normativo coerente al trasporto internazionale di merci su strada nell’intera Comunità, è opportuno che il [regolamento n. 1072/2009] si applichi a tutti i trasporti internazionali effettuati sul territorio comunitario. Il trasporto con partenza da Stati membri e destinazione in paesi terzi è ancora disciplinato, in larga misura, da accordi bilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi. Pertanto è opportuno che il regolamento non si applichi al percorso effettuato sul territorio dello Stato membro di carico o di scarico fintanto che non siano stati conclusi i necessari accordi tra la Comunità e i paesi terzi. È opportuno, tuttavia, che esso si applichi al territorio di uno Stato membro attraversato in transito».

( 82 ) Ai sensi di detta prima frase, il regolamento n. 1072/2009 è applicabile, «[n]el caso di un trasporto da uno Stato membro verso un paese terzo e viceversa, (…) alla parte di percorso effettuato sul territorio di qualsiasi Stato membro attraversato in transito».

( 83 ) Ricordo che, nella fattispecie, il veicolo sottoposto alla tassa controversa era partito dalla Turchia per raggiungere la Germania, attraversando l’Ungheria.

( 84 ) Il giudice di rinvio e la Istanbul Lojistik sono in contrasto in relazione al fatto che tale possibilità sia confermata o contraddetta dal rapporto di ICF Consulting Ltd citato alla nota a piè di pagina 28 delle presenti conclusioni (v. pag. 6, punto 2.1, e pag. 8, punto 2.2 del suddetto rapporto).

( 85 ) Il governo ungherese sostiene che l’Unione non avrebbe competenza esclusiva in questo settore, in quanto tale disposizione del regolamento n. 1072/2009, che tiene espressamente conto degli accordi bilaterali conclusi tra gli Stati membri e i paesi terzi, prevede che tali accordi restano in vigore fino a quando non saranno sostituiti da disposizioni adottate a livello dell’Unione.

( 86 ) Il corsivo è mio. Disposizioni simili figuravano già al terzo considerando e all’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (GU 1992, L 95, pag. 1) che il regolamento n. 1072/2009 ha sostituito.

( 87 ) V., inoltre, considerando 3, citato alla nota a piè di pagina 81 delle presenti conclusioni.

( 88 ) Infatti, il citato punto 1 definisce la nozione di «veicolo», ai sensi di tale regolamento, come qualsiasi «veicolo a motore immatricolato in uno Stato membro o un complesso di veicoli accoppiati di cui almeno il veicolo a motore sia immatricolato in uno Stato membro, adibiti esclusivamente al trasporto di merci».

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