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Document 62016CC0016

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 12 dicembre 2017.
Regno del Belgio contro Commissione europea.
Impugnazione – Tutela dei consumatori – Servizi di gioco d’azzardo on-line – Tutela dei consumatori e degli utenti nonché prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi di cui trattasi – Raccomandazione 2014/478/UE della Commissione – Atto dell’Unione giuridicamente non vincolante – Articolo 263 TFUE.
Causa C-16/16 P.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:959

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 12 dicembre 2017 ( 1 )

Causa C‑16/16 P

Regno del Belgio

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Tutela dei consumatori – Servizi di gioco d’azzardo online – Tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo online e prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo online – Raccomandazione della Commissione – Articolo 263 TFUE – Atto impugnabile – Controllo giurisdizionale degli strumenti di soft law – Atti non vincolanti produttivi di effetti giuridici – Atti che possono essere ragionevolmente percepiti come finalizzati a indurre il destinatario a conformarsi»

Indice

 

I. Introduzione

 

II. Contesto normativo

 

A. Diritto primario

 

B. Raccomandazione della Commissione

 

III. Fatti e procedimento

 

IV. Ordinanza impugnata

 

V. Procedimento dinanzi alla Corte

 

VI. Analisi

 

A. Preminenza della sostanza sulla forma

 

1. Sentenza ERTA

 

2. Il criterio ERTA come applicato dal Tribunale nella presente causa

 

3. Aspetti problematici del criterio ERTA

 

a) Questioni interne

 

1) Effetti giuridici, carattere vincolante o effetti giuridici vincolanti?

 

2) Sul ruolo dell’intenzione dell’autore

 

b) Problemi esterni

 

1) La diffusione degli strumenti di soft law

 

2) Raccomandazioni: mancanza di carattere vincolante ma idoneità a produrre effetti giuridici

 

i) A livello dell’Unione

 

ii) A livello degli Stati membri

 

4. Ritorno alle origini: la sentenza ERTA e gli effetti giuridici

 

5. Applicazione del criterio nella presente causa

 

B. Determinazione della sostanza da parte della forma

 

1. Un’esclusione (piena): raccomandazione significa raccomandazione

 

2. Sostanza o forma?

 

3. I chiarimenti (potenzialmente) necessari

 

VII. Conclusione

I. Introduzione

1.

Uno dei grandi dibattiti che hanno plasmato la filosofia del diritto (anglo‑americana) negli ultimi decenni è stato il confronto tra Hart e Dworkin sulla natura della legge e sulla struttura di un ordinamento giuridico. Alla fine degli anni ’60 e nel corso degli anni ’70, la critica mossa da Dworkin all’opera Concept of Law ( 2 ) di Hart si è cristallizzata attorno ad alcune tematiche. Secondo una delle principali tesi di Dworkin, la lettura data da Hart di un ordinamento giuridico era eccessivamente restrittiva e troppo incentrata sulle norme giuridiche e ometteva un altro elemento chiave di ogni ordinamento giuridico: i principi ( 3 ).

2.

È forse lecito ritenere che, malgrado il suo titolo, nell’adottare la «Raccomandazione sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo on line» (in prosieguo: la «raccomandazione») ( 4 ), la Commissione non intendesse schierarsi all’interno del suddetto dibattito teorico. Tuttavia, un ricorso di annullamento proposto dinanzi al Tribunale dal Regno del Belgio avverso la suddetta raccomandazione ha generato un dibattito simile nei termini ma in parte diverso sotto il profilo contenutistico: nel diritto dell’Unione, ai fini del sindacato giurisdizionale, i suddetti principi in cosa si differenziano dalle norme (giuridiche, vincolanti)? Inoltre, una raccomandazione della Commissione, vale a dire uno strumento di diritto dell’Unione espressamente escluso dal sindacato giurisdizionale ai sensi dell’articolo 263, primo comma, TFUE può comunque essere oggetto di un ricorso di annullamento in base alla disposizione di cui trattasi?

3.

Il Tribunale ha dichiarato il ricorso del Belgio irricevibile ( 5 ), stabilendo che la raccomandazione non era destinata a produrre effetti giuridici vincolanti. Il Regno del Belgio ha impugnato la suddetta decisione dinanzi alla Corte.

4.

Nelle presenti conclusioni, il suggerimento da me fornito alla Corte è essenzialmente duplice: in primis e a livello generale, alla luce dei cambiamenti nel contesto legislativo (non solo) del diritto dell’Unione, caratterizzato da una proliferazione di vari strumenti di soft law, l’accesso ai giudici dell’Unione dovrebbe essere adeguato al fine di rispondere ai suddetti sviluppi. Infatti, in tal senso e nella misura in cui il gioco di parole teorico lo permette, occorrerebbe adottare un approccio in un certo qual modo più dworkiniano, riconoscendo l’esistenza di disposizioni che producono effetti giuridici significativi che si collocano al di là della logica binaria che distingue tra norme giuridiche vincolanti e non vincolanti. In secondo luogo, a livello concreto della raccomandazione di cui trattasi nella presente causa, uno strumento normativo che alla luce della sua ratio, del suo contesto, del suo scopo e in parte anche della sua formulazione può ragionevolmente essere considerato come destinato a fissare norme di comportamento, dovrebbe essere assoggettabile a sindacato giurisdizionale, a prescindere dal fatto che esso sia in un certo qual modo mascherato come un insieme di meri «principi» contenuti in una raccomandazione.

II. Contesto normativo

A. Diritto primario

5.

In base all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli «Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione. Gli Stati membri facilitano all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione».

6.

L’articolo 263, primo comma, TFUE così dispone: «[l]a Corte di giustizia dell’Unione europea esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi».

7.

L’articolo 288 TFUE ha il seguente tenore:

«Per esercitare le competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi.

Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti».

8.

L’articolo 292 TFUE è così formulato: «Il Consiglio adotta raccomandazioni. Delibera su proposta della Commissione in tutti i casi in cui i trattati prevedono che adotti atti su proposta della Commissione. Delibera all’unanimità nei settori nei quali è richiesta l’unanimità per l’adozione di un atto dell’Unione. La Commissione, e la Banca centrale europea nei casi specifici previsti dai trattati, adottano raccomandazioni».

9.

L’articolo 296 TFUE dispone quanto segue:

«Qualora i trattati non prevedano il tipo di atto da adottare, le istituzioni lo decidono di volta in volta, nel rispetto delle procedure applicabili e del principio di proporzionalità.

Gli atti giuridici sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni, richieste o pareri previsti dai trattati.

In presenza di un progetto di atto legislativo, il Parlamento europeo e il Consiglio si astengono dall’adottare atti non previsti dalla procedura legislativa applicabile al settore interessato».

B. Raccomandazione della Commissione

10.

A norma del considerando 5 della raccomandazione della Commissione, «[i]n assenza di armonizzazione a livello di Unione europea, in via di principio gli Stati membri sono liberi di definire gli obiettivi delle rispettive politiche sui giochi di sorte e di fissare il livello di tutela che intendono offrire allo scopo di proteggere la salute dei consumatori. (…)».

11.

Il considerando 8 indica che «[l]e norme e le politiche introdotte dagli Stati membri per perseguire obiettivi di interesse pubblico variano in misura considerevole. L’intervento a livello UE incoraggia gli Stati membri a garantire un elevato livello di protezione in tutta l’UE (…)».

12.

Lo scopo della raccomandazione della Commissione, come stabilito nel considerando 9, è «salvaguardare la salute dei consumatori e dei giocatori, e quindi anche ridurre al minimo eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo. A tale fine, raccomanda principi per realizzare un elevato livello di protezione di consumatori, giocatori e minori in relazione ai servizi di gioco d’azzardo on line. Per elaborare la presente raccomandazione, la Commissione si è ispirata alle buone pratiche seguite negli Stati membri».

13.

Il considerando 15 raccomanda che «[è] opportuno invitare gli Stati membri a definire norme sulle informazioni da fornire ai consumatori riguardo al gioco d’azzardo on line. (…)».

14.

A norma del considerando 16, «[o]ve opportuno, i principi della presente raccomandazione dovrebbero valere non solo per gli operatori, ma anche per i terzi, compresi i cosiddetti “affiliati”, che sono autorizzati a promuovere i servizi di gioco d’azzardo on line per conto dell’operatore».

15.

Il considerando 27 rileva che «[è] necessaria un’efficace vigilanza per garantire un’adeguata tutela degli obiettivi di interesse pubblico. Gli Stati membri dovrebbero designare autorità competenti, stabilire orientamenti chiari per gli operatori e fornire informazioni facilmente accessibili per i consumatori, i giocatori e i gruppi vulnerabili, compresi i minori».

16.

Il considerando 29 aggiunge che «[l]a presente raccomandazione lascia impregiudicate la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 93/13/CEE del Consiglio».

17.

La sezione I della raccomandazione ne stabilisce lo scopo. In base al punto 1, «[s]i raccomanda agli Stati membri di adottare principi per i servizi di gioco d’azzardo on line e per le comunicazioni commerciali responsabili relative a tali servizi, allo scopo di garantire ai consumatori, ai giocatori ed ai minori un elevato livello di tutela, inteso a salvaguardare la salute e a ridurre al minimo gli eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo». Il punto 2 dispone che «[l]a presente raccomandazione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di regolamentare i servizi di gioco d’azzardo».

18.

La sezione III della raccomandazione stabilisce una serie di prescrizioni relative alle informazioni piuttosto specifiche e dettagliate per i siti Internet degli operatori di giochi d’azzardo, in particolare, con riferimento alla tipologia di informazioni che dovrebbero essere visibili sulla pagina di destinazione (landing page) e al numero di clic necessari per accedere a ciascuna informazione. La sezione IV introduce ulteriori prescrizioni riguardanti i minori.

19.

La sezione V concerne la registrazione dei giocatori e i conti di gioco. In particolare, il punto 15 dispone che «[g]li Stati membri dovrebbero garantire che una persona possa partecipare a un servizio di gioco d’azzardo on line solo se si registra come giocatore ed è titolare di un conto di gioco presso l’operatore».

20.

La sezione VI verte sull’attività dei giocatori e sull’assistenza. La sezione VIII riguarda le comunicazioni commerciali e la sezione IX le sponsorizzazioni.

21.

La sezione XI concerne la vigilanza. Il punto 51 invita gli Stati membri a «designare, nel quadro dell’applicazione dei principi di cui alla presente raccomandazione, autorità di regolamentazione del gioco d’azzardo che garantiscano e controllino in maniera indipendente l’effettiva conformità alle misure nazionali adottate a sostegno dei principi stabiliti nella presente raccomandazione».

22.

L’ultima sezione della raccomandazione, la sezione XII, verte sulle relazioni. Il punto 52 stabilisce che «[g]li Stati membri sono invitati a notificare alla Commissione le misure adottate ai sensi della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2016, per consentirle di valutare l’attuazione della raccomandazione stessa».

23.

In base al punto 53, «[g]li Stati membri sono invitati a raccogliere dati annuali attendibili a fini statistici su quanto segue:

a)

le misure di protezione applicabili, in particolare sul numero dei conti di gioco (aperti e chiusi), sul numero dei giocatori autoesclusi, sul numero di quelli con una patologia legata al gioco d’azzardo e delle denunce dei giocatori;

b)

le comunicazioni commerciali sulle violazioni dei principi, per categoria e per tipo.

Gli Stati membri sono invitati a comunicare tali informazioni alla Commissione per la prima volta entro il 19 luglio 2016».

24.

Infine, il punto 54 dispone che «[l]a Commissione dovrebbe valutare l’attuazione della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2017».

III. Fatti e procedimento

25.

Nel 2011, in un «Libro verde sul gioco d’azzardo on-line nel mercato interno» ( 6 ) la Commissione individuava gli obiettivi comuni degli Stati membri in materia di regolamentazione dei servizi di gioco d’azzardo online. Essa stabiliva anche le aree chiave prioritarie per l’azione dell’Unione.

26.

Nella sua comunicazione «Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d’azzardo on-line», adottata il 23 ottobre 2012 ( 7 ), la Commissione proponeva una serie di azioni per rispondere ai problemi di ordine normativo, sociale e tecnologico legati al gioco d’azzardo online. In particolare, la Commissione sosteneva che, nell’insieme, per il momento non pareva opportuno proporre una normativa dell’Unione specifica per quel settore. Nella suddetta comunicazione, la Commissione annunciava che avrebbe presentato raccomandazioni sulla tutela dei consumatori nel campo dei servizi di gioco d’azzardo online, compresa la tutela dei minori, e sulla comunicazione commerciale responsabile dei servizi di gioco d’azzardo online.

27.

Nella sua risoluzione del 10 settembre 2013 sul gioco d’azzardo online nel mercato interno ( 8 ), il Parlamento europeo sollecitava la Commissione a esplorare la possibilità di interoperabilità tra registri nazionali di autoesclusione. Ciò avrebbe sensibilizzato sui rischi di dipendenza dal gioco d’azzardo e sulla presa in considerazione dell’attuazione di controlli obbligatori di identificazione di terzi. Il Parlamento chiedeva anche di imporre agli operatori di gioco d’azzardo online l’obbligo di pubblicare informazioni sulle autorità di regolamentazione e avvisi per i minori e di utilizzare autorestrizioni sui propri siti Internet. Inoltre, il Parlamento chiedeva di definire principi comuni per le comunicazioni commerciali responsabili, raccomandando che esse contenessero chiari avvertimenti in merito alle conseguenze del gioco d’azzardo compulsivo e ai rischi di dipendenza dal gioco. Le comunicazioni commerciali non dovrebbero essere eccessive né comparire all’interno di contenuti destinati specificamente ai minori o dove vi è un elevato rischio di raggiungere i minori.

28.

Anche il Comitato economico e sociale europeo ha chiesto alla Commissione di intervenire allo scopo di migliorare la tutela dei consumatori riguardo al gioco d’azzardo online e tutelare i minori ( 9 ).

29.

In tale contesto, in data 14 luglio 2014, la Commissione europea adottava la raccomandazione impugnata sulla base dell’articolo 292 TFUE. Essa veniva pubblicata in versione integrale nella serie L della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 19 luglio 2014.

30.

L’adozione della raccomandazione era accompagnata da un comunicato stampa ( 10 ) e da un memorandum ( 11 ). Detto memorandum descriveva una raccomandazione della Commissione nei seguenti termini: «La raccomandazione è uno strumento non vincolante utilizzato dalla Commissione europea per inviare un chiaro messaggio agli Stati membri in merito alle azioni attese per porre rimedio a una determinata situazione, lasciando nel contempo sufficiente flessibilità a livello nazionale quanto alle modalità di attuazione. Nel fissare gli obiettivi perseguiti, essa funge da catalizzatore dello sviluppo di principi coerenti da applicare in tutta l’Unione europea». Per quanto attiene alla scelta della tipologia di strumento, il memorandum aggiungeva che «non esiste alcuna normativa dell’Unione specifica per il settore dei servizi di gioco d’azzardo online, né si è ritenuto opportuno proporne l’adozione. Inoltre, una raccomandazione della Commissione può essere adottata immediatamente, mentre le proposte legislative devono essere adottate dal Consiglio dei ministri dell’Unione e dal Parlamento europeo, il che può richiedere tempo».

IV. Ordinanza impugnata

31.

Il 13 ottobre 2014, il Regno del Belgio presentava dinanzi al Tribunale un ricorso di annullamento contro la raccomandazione di cui trattasi.

32.

Con ordinanza del 27 ottobre 2015, il Tribunale respingeva il ricorso in quanto irricevibile ( 12 ). Esso dichiarava che, tenuto conto del suo testo, del suo contenuto e del suo contesto, la raccomandazione non esplicava né era destinata ad esplicare effetti giuridici obbligatori, e non poteva conseguentemente essere qualificata come atto suscettibile di sindacato di legittimità ai sensi dell’articolo 263 TFUE ( 13 ).

33.

Nel suo ragionamento, il Tribunale osservava anzitutto che la raccomandazione era redatta sostanzialmente in termini non imperativi, malgrado talune marginali differenze nelle versioni linguistiche ( 14 ).

34.

Inoltre, il Tribunale dichiarava che il contenuto della raccomandazione indicava come la Commissione non avesse affatto inteso conferirle effetti giuridici vincolanti ( 15 ). In particolare, i punti da 51 a 53 invitano gli Stati membri a designare autorità di regolamentazione del gioco d’azzardo e a notificare alla Commissione le misure adottate ai sensi della raccomandazione. Ciò non sancisce a carico degli Stati membri un obbligo di applicazione dei principi enunciati nel suddetto atto. Inoltre, la Commissione affermava espressamente che la raccomandazione lasciava impregiudicato il potere regolamentare degli Stati membri in materia: da essa discendeva unicamente un invito, rivolto agli Stati membri, a conformarsi ai principi ivi enunciati ( 16 ).

35.

Il Tribunale riteneva che l’analisi del testo e del contenuto della raccomandazione trovasse conferma nell’analisi del suo contesto. Le discussioni condotte all’interno del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione indicano che, all’epoca, non vi era alcuna intenzione di proporre una normativa dell’Unione in tale settore ( 17 ).

36.

Il Tribunale aggiungeva che la pubblicazione nella serie L della Gazzetta ufficiale, e non nella serie C della medesima, non era da sola idonea a confutare la conclusione secondo cui la raccomandazione di cui trattasi non era destinata a esplicare effetti giuridici obbligatori ( 18 ). Esso indicava inoltre che dal mero fatto che le raccomandazioni, benché non vincolanti, possano produrre effetti giuridici, non può desumersi che esse siano impugnabili in sede giudiziale. Una conclusione contraria contrasterebbe con l’articolo 263 TFUE, in base al quale le raccomandazioni, le quali non producono effetti giuridici obbligatori, non possono costituire l’oggetto di un ricorso di annullamento ( 19 ).

37.

Un’asserita violazione da parte di un’istituzione dell’Unione dei principi di equilibrio istituzionale, di attribuzione delle competenze o di leale cooperazione non consente di eludere i requisiti di ricevibilità del ricorso di annullamento fissati dal Trattato ( 20 ). In particolare, dal mero fatto che, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, la Corte può esaminare un atto o un comportamento privo di effetti giuridici obbligatori alla luce del dovere di leale cooperazione gravante sugli Stati membri, non può desumersi che lo stesso debba valere nel caso di un ricorso di annullamento ( 21 ).

38.

Il Tribunale ha dichiarato che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – la raccomandazione non enuncia alcuna regola, né alcun principio intesi ad armonizzare il mercato dei servizi nel settore dei giochi d’azzardo online, come chiaramente desumibile dal paragrafo 2 che riconosce esplicitamente il potere regolamentare degli Stati membri in tale ambito ( 22 ). La raccomandazione non era concepita per limitare la possibilità per ciascuno Stato membro di valutare, in linea con le proprie preferenze, le esigenze che la tutela degli aspetti di ordine morale, religioso e culturale comporta ( 23 ).

V. Procedimento dinanzi alla Corte

39.

Con la sua impugnazione, il Regno del Belgio (ricorrente) chiede che la Corte voglia annullare l’ordinanza del Tribunale, dichiarare ricevibile il ricorso di annullamento, decidere la causa nel merito, dichiarare ricevibili le domande di intervento della Repubblica ellenica e della Repubblica portoghese ( 24 ) e condannare la Commissione alle spese.

40.

La Commissione chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare il ricorrente alle spese.

41.

Nella sua impugnazione, il ricorrente deduce tre motivi: i) la violazione dei principi di attribuzione delle competenze, di leale cooperazione e di equilibrio istituzionale; ii) la violazione del principio di leale cooperazione e la mancata considerazione della posizione degli Stati membri quali ricorrenti privilegiati, e iii) l’erronea interpretazione degli effetti giuridici della raccomandazione nei confronti del Belgio.

42.

Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente afferma che il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato ricevibile: il Tribunale avrebbe, infatti, dovuto verificare la competenza degli autori della raccomandazione e non limitarsi a esaminare se la stessa produca effetti giuridici vincolanti. Più precisamente, il Tribunale non ha rispettato i principi di attribuzione delle competenze, di leale cooperazione e di equilibrio istituzionale, avendo omesso di accertare la sussistenza di una base giuridica sostanziale atta a giustificare l’adozione della raccomandazione. L’articolo 292 TFUE non funge da base giuridica autonoma: esso autorizza sia il Consiglio sia la Commissione ad adottare raccomandazioni, ma al fine di stabilire quale tra i due sia competente occorre analizzare le competenze sostanziali attribuite a ciascuna delle suddette istituzioni dai Trattati.

43.

Inoltre, il ricorrente afferma che anche una raccomandazione non vincolante dovrebbe comunque poter essere assoggettata a sindacato giurisdizionale per stabilire se essa rispetti i suddetti principi. Escludendo tale sindacato, il Tribunale ha violato il principio di attribuzione delle competenze. Esso ha altresì applicato l’articolo 263 TFUE seguendo modalità incompatibili con la giurisprudenza consolidata: ogni misura adottata dalle istituzioni dovrebbe indicare chiaramente la sua base giuridica ( 25 ).

44.

Secondo il ricorrente, il semplice fatto che la Commissione, seppur priva di una siffatta competenza, adotti uno degli strumenti giuridici elencati nell’articolo 288 TFUE produrrebbe di per sé un effetto giuridico in quanto altera l’equilibrio delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri nonché tra le istituzioni dell’Unione. Di conseguenza, tale strumento dovrebbe essere soggetto al sindacato della Corte. Il rispetto dei suddetti principi dovrebbe essere accertato prima di valutare se si tratti di una «vera e propria» raccomandazione. Il ricorrente afferma che il vero e proprio atto legislativo dell’Unione dev’essere adottato in conformità del diritto dell’Unione e nel rispetto delle prerogative delle altre istituzioni dell’Unione e degli Stati membri.

45.

Nel suo secondo motivo d’impugnazione, il ricorrente critica il fatto che, basandosi sulla differenza tra ricorso di annullamento e per inadempimento, il Tribunale ha ritenuto irrilevante la giurisprudenza secondo cui gli atti privi di effetti giuridici vincolanti adottati in violazione del principio di leale cooperazione sono assoggettabili a sindacato giurisdizionale nell’ambito di un ricorso per inadempimento ( 26 ). Ciò è sostanzialmente in contrasto con il carattere reciproco del principio di leale cooperazione ( 27 ). Ciò induce il Tribunale a precludere a uno Stato membro l’accesso alla Corte nell’ambito dei ricorsi di annullamento mentre gli Stati membri sono ricorrenti privilegiati.

46.

Nel suo terzo motivo d’impugnazione, il ricorrente critica il Tribunale per non aver correttamente applicato la sentenza ERTA ( 28 ) e la giurisprudenza successiva nell’esaminare la raccomandazione. Esso conclude affermando che la legittimità della raccomandazione può essere oggetto di controllo in base all’articolo 263 TFUE, poiché essa produce effetti giuridici, quantomeno nei confronti del Belgio e del Portogallo.

47.

A giudizio del ricorrente, considerato, in particolare, che le raccomandazioni devono essere prese in considerazione dai giudici nazionali, il Tribunale avrebbe dovuto tener conto del fatto che la raccomandazione è formulata in termini imperativi in varie versioni linguistiche, come ad esempio quella portoghese, ma anche in due delle tre lingue ufficiali del Belgio, vale a dire in neerlandese e in tedesco. Il Tribunale non dovrebbe analizzare la raccomandazione in termini generali, ma in maniera specifica, stabilendo se essa produca effetti giuridici con riferimento al Belgio. Considerando la formulazione in termini imperativi nelle lingue neerlandese e tedesca, è possibile concludere che gli effetti giuridici nei confronti del Belgio sono più «forti» rispetto ad altre versioni linguistiche.

48.

Nella comparsa di risposta, la Commissione respinge le argomentazioni dedotte dal ricorrente con riferimento alle condizioni di ricevibilità del ricorso di annullamento avverso le raccomandazioni. Essa afferma che le suddette argomentazioni concernono il merito della causa (deducendo i principi di attribuzione, di leale cooperazione e di equilibrio istituzionale nonché la questione della base giuridica), mentre il procedimento pendente riguarda unicamente la ricevibilità.

49.

Volgendo l’attenzione al carattere reciproco del principio di leale cooperazione (secondo motivo), la Commissione afferma che il Regno del Belgio ha affermato a torto che Tribunale aveva creato una diseguaglianza processuale a favore della Commissione nei ricorsi per inadempimento e a detrimento degli Stati membri nei ricorsi di annullamento. Tale conclusione del Tribunale comporta unicamente che la legittimità delle raccomandazioni non può essere assoggettata a controllo sulla base dell’articolo 263 TFUE. Pertanto, non sussiste alcuna disuguaglianza nell’applicazione dell’articolo 263 TFUE.

50.

La Commissione ritiene che la presenza di formulazioni leggermente diverse in una delle versioni linguistiche ufficiali di uno Stato membro sia irrilevante. Infatti, una valutazione degli effetti giuridici prodotti da una raccomandazione, se presenti, dovrebbe essere fondata anche sullo scopo e sul contesto dello strumento. A giudizio della Commissione, gli atti dell’Unione dovrebbero essere interpretati in maniera autonoma a prescindere dalla normativa nazionale.

51.

Nella sua replica, il ricorrente si è concentrato sulla base giuridica della raccomandazione, da esso ritenuta assente. Esso ha ribadito che una raccomandazione della Commissione produce effetti giuridici in ragione della sua esistenza (seppur limitati), il che significa che essa deve poter essere controllata sotto il profilo della sua legittimità. Uno Stato membro dovrebbe poter chiedere un controllo della validità di un atto dell’Unione quando non è chiaro se esso sia stato adottato nei limiti del principio di attribuzione, in particolare, quando non vi è alcuna base giuridica sostanziale. Un mero rimando all’articolo 292 TFUE non è sufficiente. Esso non soddisfa il requisito della base giuridica sostanziale.

52.

Nella sua controreplica, la Commissione ha affermato che non sussiste nessuna lacuna nelle procedure previste dai Trattati. Le raccomandazioni sono escluse dall’ambito di applicazione dell’articolo 263 TFUE. L’unica questione è se la raccomandazione di cui trattasi sia una «vera e propria» raccomandazione. La questione della base giuridica rientra nella valutazione del merito e, pertanto, dovrebbe essere valutata unicamente in caso di ricevibilità del ricorso. In ogni caso, la Commissione non ha ritenuto che il ricorrente avesse dimostrato le ragioni della necessità di una base giuridica diversa dall’articolo 292 TFUE.

53.

In aggiunta alle loro osservazioni scritte, il Regno del Belgio e la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 26 giugno 2017.

VI. Analisi

54.

Nella sua impugnazione, il ricorrente ha dedotto tre motivi. Ritengo opportuno trattare per primo il terzo motivo d’impugnazione (con cui il ricorrente contesta al Tribunale di essere incorso in errore nel valutare l’assenza di effetti giuridici della raccomandazione controversa), essenzialmente per due ragioni. In primis, si tratta del fulcro dell’impugnazione proposta dinanzi alla Corte. In un modo o nell’altro, il terzo motivo interessa anche elementi del primo e del secondo. In una certa misura, in un caso come quello in esame, taluni elementi della valutazione sostanziale si ricollegano già alla fase della ricevibilità e penetrano al suo interno. In secondo luogo, ritengo che il terzo motivo di ricorso dedotto dal ricorrente sia fondato. Il Tribunale ha commesso un errore di diritto: esso ha interpretato erroneamente gli effetti della raccomandazione in questione, e ha quindi valutato erroneamente la ricevibilità della domanda ( 29 ).

55.

Una raccomandazione è un atto «tipico» di diritto dell’Unione, elencato nell’articolo 288 TFUE. A fronte di un ventaglio potenzialmente ampio di atti «atipici» delle istituzioni e degli organi dell’Unione, vale a dire quelli non elencati, l’articolo 288 TFUE precisa invece le caratteristiche di una raccomandazione, vale a dire, il fatto che essa non è vincolante. Inoltre, l’articolo 263, primo comma, TFUE esclude chiaramente le raccomandazioni dai ricorsi di annullamento.

56.

Alla luce di questo contesto legislativo di diritto primario, l’orientamento giurisprudenziale riconducibile alla sentenza ERTA ( 30 ) e pensato per gli atti «atipici», non è forse trasponibile in maniera del tutto automatica. Pertanto, nel trattare gli eventuali ricorsi di annullamento delle raccomandazioni, sono ipotizzabili due approcci. In primis, un approccio caratterizzato dalla «preminenza della sostanza sulla forma», nel senso che, anche nel caso degli atti tipici, è l’esame del contenuto dell’atto controverso a determinare la ricevibilità di un ricorso di annullamento. Se, contrariamente al suo titolo, l’atto è, di fatto, diverso da quanto indicato (non si tratta, ad esempio, di una «vera e propria» raccomandazione), esso potrebbe essere soggetto a controllo a prescindere dalla sua denominazione. In secondo luogo, vi è l’approccio della «forma che determina la sostanza», secondo cui le cose corrispondono al nome che possiedono, sebbene possano rivestire una forma in un certo senso bizzarra. Ma, in quanto e fintantoché si avrà una chiara denominazione, l’elemento considerato dovrà essere inteso e interpretato secondo detta denominazione.

57.

Le presenti conclusioni sono così strutturate. La sezione A illustra il primo approccio: inizierò tornando alle radici del criterio elaborato nella sentenza ERTA (A.1.), prima di affrontare la successiva giurisprudenza e la lettura di tale criterio fornita dal Tribunale nella presente causa (A.2.). Spiegherò poi perché, nel caso delle raccomandazioni, tale criterio risulti problematico a vari livelli (A.3.), prima di affrontare il correttivo suggerito (A.4.). Dimostrerò in seguito come un siffatto – più articolato – criterio si applicherebbe alla raccomandazione in esame (A.5.).

58.

La sezione B si apre con una descrizione del secondo approccio (B.1.), prima di illustrare ulteriori argomenti per cui, a mio giudizio, tale approccio non dovrebbe essere accolto dalla Corte (B.2.). Tuttavia, ove la Corte dovesse comunque seguirlo, la inviterei a fornire almeno vari importanti chiarimenti in ordine alla natura e agli effetti delle raccomandazioni (B.3.).

A. Preminenza della sostanza sulla forma

1.   Sentenza ERTA

59.

Nella sua prima versione del 1957, l’articolo 173 del Trattato CEE (divenuto articolo 230 CE e oggi articolo 263 TFUE) stabiliva che la Corte esercitava un controllo di legittimità sugli «atti del Consiglio e della Commissione che non siano raccomandazioni o pareri». Esso non forniva una definizione positiva degli atti giuridici che potevano essere oggetto di controllo. Spettava pertanto alla Corte stabilire quali atti potessero essere assoggettati a controllo: se solo gli atti della Commissione o del Consiglio esplicitamente indicati come vincolanti nell’articolo 189 CEE (oggi articolo 288 TFUE), vale a dire i regolamenti, le direttive e le decisioni, oppure anche gli «atti atipici» adottati da dette istituzioni, ma non esplicitamente menzionati nei Trattati.

60.

Nella sua sentenza ERTA ( 31 ), concernente verbali del Consiglio relativi alla negoziazione e alla stipulazione di un accordo internazionale, la Corte ha elaborato un criterio volto a stabilire se un ricorso di annullamento di un atto delle istituzioni fosse o meno ricevibile (in prosieguo: il «criterio ERTA»). La Corte ha statuito che, a norma dell’articolo 173 CEE, «[essa esercita] il sindacato di legittimità» su un atto che comprende «tutti i provvedimenti adottati dalle istituzioni e miranti a produrre effetti giuridici (…). L’azione di annullamento deve quindi potersi esperire nei confronti di qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni (indipendentemente dalla sua natura e dalla sua forma giuridica) che miri a produrre effetti giuridici» ( 32 ).

61.

L’originario criterio ERTA riguardava così due elementi: sussisteva un atto dell’Unione destinato a produrre effetti giuridici?

62.

Nella giurisprudenza successiva, la Corte ha applicato il suddetto criterio a una serie di atti atipici quali le istruzioni o le linee guida interne della Commissione ( 33 ), i codici di condotta di applicazione di un regolamento del Consiglio ( 34 ), le comunicazioni ( 35 ), le note informative ( 36 ) o le lettere ( 37 ).

63.

Esaminando più in dettaglio le suddette decisioni, la formulazione del criterio non è rimasta sempre esattamente la stessa. Tuttavia, sussiste un chiaro tema comune: con riferimento a tutti i suddetti atti atipici, la Corte ha chiaramente stabilito che, nel valutare la ricevibilità di un ricorso di annullamento, la sostanza di un atto dell’Unione prevale sulla sua forma ( 38 ). La denominazione e la forma effettive dell’atto non sono decisive nello stabilire se la sua legittimità sia sindacabile o meno.

2.   Il criterio ERTA come applicato dal Tribunale nella presente causa

64.

Nell’ordinanza controversa, il Tribunale ha stabilito che «[e]merge da una giurisprudenza costante che sono considerati atti impugnabili, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, tutti i provvedimenti, a prescindere dalla loro forma, adottati dalle istituzioni e intesi alla produzione di effetti giuridici vincolanti (…). [S]ono esenti dal controllo giurisdizionale previsto dall’articolo 263 TFUE tutti gli atti che non producono effetti giuridici vincolanti, quali gli atti preparatori, gli atti confermativi e gli atti di mera esecuzione, le semplici raccomandazioni e i pareri, nonché, in linea di principio, le istruzioni di servizio (…). Alla luce della giurisprudenza, il giudizio sull’idoneità di un atto a produrre effetti giuridici e, di conseguenza, a costituire l’oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, implica che vengano esaminati il tenore letterale dell’atto stesso e il contesto nel quale si inscrive (…), la sua sostanza (…), nonché le intenzioni del suo autore (…)» ( 39 ).

65.

Il Tribunale ha proseguito applicando per la prima volta, almeno a quanto mi consta, il criterio ERTA a una raccomandazione. Esso ha esaminato il tenore letterale, il contesto, la sostanza e le intenzioni dell’autore e ha dichiarato che la raccomandazione non produceva effetti giuridici vincolanti per i suoi destinatari. Il Tribunale ha riconosciuto che i principi enunciati nella raccomandazione erano estremamente dettagliati. Tuttavia, ha considerato che non avessero carattere «obbligatorio», come risulta, in particolare, dalla formulazione in termini di «invito» della maggior parte delle versioni linguistiche della raccomandazione. Di conseguenza, riconoscendo al tenore letterale un peso superiore rispetto ad altri fattori, il Tribunale ha considerato che il ricorso fosse irricevibile.

66.

In sintesi, gli elementi dirimenti nell’analisi della raccomandazione controversa compiuta dal Tribunale sembrano essere la mancanza di effetti giuridici vincolanti della stessa, stabilita sulla base dell’intenzione della Commissione, come desunta principalmente dalla forma dell’atto e dal suo tenore letterale.

3.   Aspetti problematici del criterio ERTA

67.

Se concepito e applicato in questo modo, il criterio ERTA pone alcuni problemi. Essi possono essere raggruppati in due categorie: in primis, vi sono questioni interne al criterio, alla sua ratio, alle sue condizioni e alla sua articolazione che emergono forse in maniera più marcata nel caso dell’applicazione a una raccomandazione. In secondo luogo, si presentano questioni che potrebbero essere definite esterne. Esse si riferiscono al fatto che il criterio ERTA, divenendo nel tempo in effetti sempre più rigoroso, non è più al passo con l’evoluzione del quadro normativo dell’Unione. In un mondo in cui, di fatto, vari strumenti di soft law stanno divenendo molto più numerosi e rilevanti rispetto al 1971, i presupposti di legittimazione e sindacato giurisdizionale dovrebbero adattarsi a tale evoluzione.

a)   Questioni interne

68.

A questo proposito, due elementi spiccano tra tutti: il carattere necessariamente vincolante di un atto dell’Unione ai fini dell’ammissibilità di un controllo della sua legittimità (1) e l’intenzione del suo autore quanto ai suoi effetti giuridici (2).

1) Effetti giuridici, carattere vincolante o effetti giuridici vincolanti?

69.

Il punto 42 della sentenza ERTA ( 40 ) non si riferiva a misure miranti a produrre effetti giuridici vincolanti, ma soltanto effetti giuridici. Lo stesso sembra valere per le espressioni impiegate in altre versioni linguistiche vigenti all’epoca ( 41 ).

70.

Lo spostamento terminologico da meri effetti giuridici a «effetti giuridici vincolanti» è apparso nella giurisprudenza successiva ( 42 ). Tale tendenza sembra essere proseguita anche di recente, dal momento che la Corte subordina oggi la possibilità di un controllo giurisdizionale degli atti dell’Unione al fatto che essi abbiano effetti giuridici vincolanti ( 43 ).

71.

In effetti si potrebbe suggerire che, nonostante l’uso dell’espressione «effetti giuridici», nella sentenza ERTA la Corte intendesse in realtà parlare di «carattere vincolante», benché, vista la tipologia di documento sottoposto a controllo in tal caso (verbali del Consiglio), tale posizione non risulti del tutto convincente. Una siffatta proposta potrebbe fondarsi in particolare sul tenore letterale dell’articolo 189 CEE che già allora distingueva tra atti vincolanti (regolamenti, direttive e decisioni) e atti non vincolanti (raccomandazioni e pareri) ( 44 ). Così, anche se chiaramente la Corte non aveva interpretato l’articolo 173 CEE alla luce della terminologia contenuta nell’articolo 189 CEE, è probabile che quest’ultima disposizione abbia influenzato il criterio.

72.

Ad ogni modo, è anche vero che la tendenza della Corte a divenire generalmente più rigorosa nel restringere l’ambito di applicazione dell’articolo 263 TFUE agli atti che spiegano effetti giuridici vincolanti, andando ad arricchire la formulazione della suddetta disposizione che si limita ai soli effetti giuridici (nei confronti dei terzi), sembra essere un fenomeno ancora piuttosto recente. Tuttavia, in mancanza di una chiara discussione giurisprudenziale su tale distinzione e soprattutto di una comprovata scelta consigliata in un senso piuttosto che in un altro, è lecito chiedersi se la Corte intendesse effettivamente assumere una posizione più rigorosa e restrittiva. Tuttavia, è chiaro che né il tenore letterale, né la ratio dell’ERTA implicavano necessariamente che gli effetti fossero vincolanti oltre ad essere meri effetti giuridici.

73.

Non si tratta soltanto di un gioco di parole. L’impatto pratico è notevole, come emerge nel caso di specie. In cosa consistano esattamente gli effetti giuridici può essere oggetto di discussione. Tuttavia, la nozione è chiaramente piuttosto ampia, ricomprendendo tutti i tipi di impatto sulla/nella legge, la sua interpretazione e la sua applicazione. Per contro, l’effetto vincolante e, a fortiori, l’effetto giuridico vincolante costituisce una categoria molto più ristretta.

74.

Tradizionalmente, il carattere vincolante della legge è collegato al potere coercitivo. Al mancato adempimento possono seguire l’esecuzione e l’applicazione di sanzioni. In un’ottica siffatta (puramente positivista ( 45 )), l’esistenza di una sanzione è l’elemento definitorio del carattere vincolante.

75.

Tralasciando le discussioni teoriche, è piuttosto evidente che se si accogliesse il criterio dell’efficacia giuridica vincolante, una serie di atti che possono avere effetti giuridici significativi sulla condotta dei destinatari ma che non sono vincolanti in senso tradizionale, in quanto non contengono un meccanismo diretto o indipendente di coercizione, si sottrarrebbero al controllo in base al criterio ERTA e, in definitiva, in base all’articolo 263, primo comma, TFUE. Come si vedrà a tempo debito, ciò accade, in particolare, alla raccomandazione in esame.

2) Sul ruolo dell’intenzione dell’autore

76.

In secondo luogo, il criterio ERTA come applicato dal Tribunale manca di chiarezza interna: qual è precisamente il ruolo dell’intenzione dell’autore nello stabilire se un atto debba essere considerato come produttivo di effetti giuridici (vincolanti)?

77.

La sentenza ERTA, così come l’attuale formulazione dell’articolo 263 TFUE, si basa sull’intenzione dell’autore. Inoltre, l’utilizzo del tempo passato (era destinato a) indicherebbe che ciò che rileva è l’accertamento dell’intenzione soggettiva (storica) passata dell’autore al momento dell’adozione dell’atto di cui trattasi. Una lettura siffatta sarebbe forse anche coerente con le regole generali applicabili ai ricorsi di annullamento. Nel quadro dei ricorsi di cui trattasi, gli atti dell’Unione impugnati devono essere valutati in funzione degli elementi di fatto e di diritto disponibili all’epoca dell’adozione della misura ( 46 ).

78.

Tuttavia, se l’intenzione dell’autore dell’atto deve sempre essere l’intenzione storica soggettiva, allora, in pratica, nessuna raccomandazione sarà mai soggetta a controllo. La valutazione della natura e degli effetti di una raccomandazione cade rapidamente nel vuoto. Visto che la Commissione non intendeva emanare una normativa vincolante è stata scelta una raccomandazione. Dal momento che la Commissione ha scelto una raccomandazione, la sua intenzione soggettiva era chiaramente quella di non riconoscere a detto strumento efficacia vincolante. In ragione di detta intenzione, attestata di fatto dalla scelta dello strumento, essa non potrà mai essere vincolante a prescindere dal suo contenuto e dal suo tenore letterale in quanto la Commissione non intendeva adottare alcuna normativa vincolante.

79.

In tal modo, la scelta dello strumento predeterminerà sempre il contesto e lo scopo della misura, che potrà poi prevalere sul contenuto o sul tenore letterale, qualunque esso sia.

b)   Problemi esterni

80.

Oltre ai suddetti problemi logici, inerenti all’articolazione del criterio ERTA come applicato dal Tribunale, quando riferito alle raccomandazioni, detto stesso criterio si trova ad affrontare sfide esterne forse ancora maggiori. Due saranno illustrate nella presente sezione: in primis, l’insorgere di varie forme di strumenti di soft law che non hanno carattere vincolante in senso stretto ma comportano, nel contempo, effetti giuridici (1). In secondo luogo, le raccomandazioni possono, di fatto, generare una serie di effetti giuridici, spesso piuttosto significativi, sia a livello di Unione che a livello nazionale (2).

1) La diffusione degli strumenti di soft law

81.

Nel diritto dell’Unione (ma non solo) esiste un’ampia gamma di strumenti recanti nomi e forme diversi (orientamenti, comunicazioni, codici di condotta, avvisi, raccomandazioni, pareri, accordi interistituzionali, conclusioni, dichiarazioni, risoluzioni, eccetera), generalmente indicati con l’espressione «soft law». Essi possono essere adottati in tutti i settori, a tutti i possibili livelli del processo decisionale, a prescindere che si tratti di una consultazione preventiva a monte delle parti interessate o di un’attuazione a valle degli atti legislativi. Pertanto, tali strumenti possono avere carattere sia pre-legislativo sia post-legislativo.

82.

Vi sono forse due elementi rispetto ai quali sussiste un generale accordo nel contesto degli approcci a tali strumenti di soft law, altrimenti molto differenti: anzitutto, il soft law non si inserisce agevolmente nella distinzione binaria, netta, tra effetti giuridici vincolanti e non vincolanti. In secondo luogo, negli ultimi uno o due decenni esso è cresciuto divenendo sempre più frequente rispetto al passato ( 47 ).

83.

Di conseguenza, la questione della diffusione del soft law e (dell’assenza di) sindacato giurisdizionale su di esso è stata oggetto di discussione non soltanto nella letteratura accademica ( 48 ), ma anche in seno alle istituzioni dell’Unione ( 49 ).

84.

Inoltre, negli anni precedenti, numerose autorità giurisdizionali superiori degli Stati membri hanno cercato di affrontare lo stesso fenomeno a livello nazionale. Esse hanno esteso il sindacato giurisdizionale sino a ricomprendere atti che non sono, in senso stretto, vincolanti, collegando così di fatto i criteri di ricevibilità dei ricorsi di annullamento alla garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva ( 50 ). Ciò accade, ad esempio, nei casi in cui i destinatari possono percepire l’atto contestato come vincolante in ragione di una serie di elementi, in particolare, poiché esso contiene degli incentivi ( 51 ) o poiché i suoi autori hanno il potere di infliggere sanzioni ( 52 ) o, ancora, perché l’atto può dispiegare effetti significativi sui destinatari ( 53 ). Lo stesso vale, a maggior ragione, per i giudici di common law che sono stati tradizionalmente molto più generosi dei loro omologhi continentali nell’ammettere il sindacato giurisdizionale degli atti non vincolanti. Ad esempio, in Irlanda, i giudici garantiscono la tutela dei diritti fondamentali anche laddove la misura contestata non sia vincolante e non dispieghi alcun effetto concreto sui diritti e gli obblighi dei destinatari ( 54 ).

85.

Infine, a questo riguardo, vale la pena di soffermarsi sull’approccio e sulla prassi seguita del Conseil d’Etat (Consiglio di Stato, Francia). In primis, in una relazione esaustiva che offriva, inter alia, una definizione di soft law ( 55 ), il Conseil d’Etat (Consiglio di Stato) ha, per così dire, preparato il terreno. In secondo luogo, lo scorso anno, esso ha anche ampliato tale studio elaborando un nuovo criterio giudiziale concentrato sugli effetti economici e sull’esistenza di un impatto significativo sulla condotta dei destinatari dello strumento ( 56 ).

86.

Malgrado le loro differenze, sia a livello nazionale sia a livello di diritto dell’Unione, i vari strumenti di soft law sembrano condividere la medesima caratteristica centrale: essi non sono vincolanti nel senso tradizionale del termine. Detti strumenti costituiscono una sorta di norma imperfetta: da un lato, si prefiggono chiaramente l’obiettivo normativo di ottenere che i rispettivi destinatari vi si conformino. Dall’altro, essi non sono accompagnati da nessuno strumento di coercizione diretta. Adottati, di norma, nel quadro di un processo di consultazione con le diverse parti interessate (un approccio dal basso), essi possono contenere «obblighi blandi» o «decise esortazioni», formulati in termini di «invito».

2) Raccomandazioni: mancanza di carattere vincolante ma idoneità a produrre effetti giuridici

87.

Generalmente, le raccomandazioni corrispondono alla suddetta descrizione. Nei Trattati, le raccomandazioni sono definite soltanto in termini negativi: esse non sono vincolanti (articolo 288 TFUE). A parte questo, l’uso e la prassi delle raccomandazioni risultano varie ( 57 ). Di norma, esse contengono inviti ad adottare una certa condotta, a seguire una determinata politica o determinate norme che sono considerate dal loro autore (o dai loro autori) adeguate alla luce dello scopo perseguito.

88.

Tuttavia, benché chiaramente descritte come non vincolanti, le raccomandazioni possono produrre effetti giuridici notevoli nel senso di indurre determinate condotte e modificare la realtà normativa. Esse possono incidere sui diritti e sugli obblighi dei destinatari e dei terzi. A titolo esemplificativo, nella presente sezione saranno delineati alcuni di questi effetti su due livelli distinti ma tra loro collegati, vale a dire, a livello i) dell’Unione e ii) degli Stati membri.

i) A livello dell’Unione

89.

A livello dell’Unione, è opportuno evidenziare tre tipi di effetti giuridici delle raccomandazioni: i) aspettativa e legittimo affidamento; ii) funzione interpretativa, e iii) potenziale capacità delle raccomandazioni di generare insiemi di regole parallele che precedono il processo legislativo incidendo, così, sull’equilibrio istituzionale.

90.

In primo luogo, se un’istituzione dell’Unione adotta raccomandazioni vertenti sulla condotta attesa da terzi, è forse lecito attendersi che, se del caso, detta istituzione si conformi a tale medesima raccomandazione nella sua prassi e nella sua condotta. Sotto tale profilo, l’aspettativa legittima così creata è in effetti analoga ad altri tipi di atti di soft law adottati da istituzioni od organi dell’Unione e che sono percepiti come un’(auto)limitazione dell’esercizio del loro potere discrezionale in futuro ( 58 ).

91.

In secondo luogo, le raccomandazioni possono essere impiegate nell’ambito dell’interpretazione del diritto, in particolare, al fine di precisare il significato di nozioni giuridiche indeterminate contenute in una normativa vincolante. Ciò accade in particolare (anche se, di certo, non soltanto) nel caso delle raccomandazioni postlegislative che non sono adottate sulla sola base dell’articolo 292 TFUE, ma sulla base di un atto di diritto derivato, per l’appunto al fine di precisare le nozioni giuridiche ivi contenute. Tuttavia, anche le raccomandazioni prelegislative possono svolgere la medesima funzione con riferimento alle disposizioni giuridiche indeterminate contenute nei Trattati o al fine di interpretare un altro strumento giuridico che si sovrappone, rationae materiae, a detta raccomandazione. In tal modo, entrambi i tipi di raccomandazione possono integrare la normativa vincolante.

92.

In terzo luogo, nella sentenza Grimaldi, la Corte ha già spiegato le circostanze in cui possono essere adottate le raccomandazioni: esse «sono in genere adottate dalle istituzioni comunitarie quando queste non dispongono, in forza del Trattato, del potere di adottare atti obbligatori o quando ritengono che non vi sia motivo di adottare norme più vincolanti» ( 59 ).

93.

Quella che costituisce forse la più grande forza delle raccomandazioni può rappresentarne però anche il più grande pericolo. Esse possono essere utilizzate come qualcosa di più di che semplici strumenti per portare avanti iniziative che versino in una situazione di stallo dal punto di vista politico (mancanza di consenso) o giuridico (mancanza di poteri specifici a tal fine). Esse potrebbero essere utilizzate anche come strumento per aggirare i medesimi processi legislativi.

94.

Ciò implica due tipi di prelazione: uno a breve termine e uno a lungo termine. Il problema immediato dell’esclusione delle altre istituzioni di norma coinvolte nel processo legislativo è già stato riconosciuto e discusso ( 60 ). È pertanto chiaro che una raccomandazione può incidere sull’equilibrio istituzionale ( 61 ) e dunque anche sulla separazione dei poteri all’interno dell’Unione. In più, se le raccomandazioni venissero escluse dal controllo di legittimità per il solo fatto che esse non sono vincolanti non si potrebbe mai garantire il rispetto del principio dell’equilibrio istituzionale ( 62 ).

95.

Tuttavia, è ipotizzabile un altro tipo di prelazione, che può essere presente in particolare nel caso delle raccomandazioni prelegislative: la capacità di formulare norme prima che abbia luogo l’effettivo processo legislativo, che può persino tradursi in un’anticipazione unilaterale di detto processo. È pacifico che una raccomandazione mira a ottenere che i suoi destinatari vi si conformino. Ora, la raccomandazione, qualora raggiunga anche solo in parte tale obiettivo, andrà a plasmare il ventaglio di soluzioni normative ipotizzabili (accettabili) per il futuro. Se, sulla base di una raccomandazione, più istituzioni dell’Unione o Stati membri si sono già resi adempienti, nell’ambito del processo legislativo che dovesse succederle, tali attori promuoveranno naturalmente la soluzione legislativa da essi già accolta. In tal modo, il soft law di oggi diviene il diritto vincolante di domani.

ii) A livello degli Stati membri

96.

Le raccomandazioni dispiegano quantomeno tre tipi di effetti giuridici a livello degli Stati membri. La loro esatta portata dipende da quella riconosciuta al principio di leale cooperazione con riferimento alle raccomandazioni.

97.

La prima e principale tipologia di obblighi che, ad oggi, la Corte ha indicato con riferimento alle raccomandazioni è quella, per i giudici nazionali, di prenderle in considerazione nell’interpretare la normativa interna che ha dato loro attuazione. È piuttosto chiaro che le raccomandazioni non possono, esse stesse, attribuire diritti che i singoli possano far valere dinanzi ai giudici nazionali ( 63 ). Tuttavia, nella sentenza Grimaldi, la Corte ha anche aggiunto che le raccomandazioni «non possono essere considerat[e] (…) priv[e] di qualsiasi effetto giuridico. Infatti, i giudici nazionali sono tenuti a prendere in considerazione le raccomandazioni ai fini della soluzione delle controversie sottoposte al loro giudizio, in particolare quando esse sono di aiuto nell’interpretazione di norme nazionali adottate allo scopo di garantire la loro attuazione, o mirano a completare norme comunitarie aventi natura vincolante» ( 64 ).

98.

È opportuno osservare che, ad oggi, tali effetti giuridici interpretativi sono stati riconosciuti dalla Corte solo nel caso delle raccomandazioni, distinguendole così dagli altri atti dell’Unione privi di carattere vincolante ( 65 ).

99.

Tuttavia, cosa implica esattamente l’obbligo di prenderle in considerazione? Le interpretazioni possibili sono varie. Ad un potenziale estremo di detto ventaglio di possibilità, si pone la questione se ciò implichi un tipo di obbligo di interpretazione conforme ai sensi della sentenza Von Colson ( 66 ). Alla luce della formulazione adottata in tale sentenza, risulta che la Corte non intendeva forse spingersi al punto di imporre ai giudici nazionali l’obbligo di interpretare la normativa interna in conformità delle raccomandazioni ( 67 ). All’altro ipotetico estremo, «prendere in considerazione» potrebbe anche significare «dare un’occhiata» per poi scegliere di discostarsene completamente.

100.

In teoria, si potrebbe ipotizzare una posizione intermedia: l’autorità nazionale dovrà essere quanto meno tenuta a motivare la sua scelta di discostarsi da una raccomandazione senza essere strettamente obbligata a interpretare il diritto interno in conformità ad essa. Tale possibilità è stata ipotizzata in passato con riferimento a un’altra tipologia di soft law ( 68 ). Si comprende facilmente perché una siffatta posizione, apparentemente intermedia, risulti piuttosto attraente: benché, ad oggi, la Corte abbia imposto tale obbligo unicamente a carico dell’autore stesso di norme di condotta previste in misure interne od orientamenti aventi effetti esterni ( 69 ), non si può escludere che tale orientamento giurisprudenziale possa parimenti applicarsi alle raccomandazioni, che sono innegabilmente una forma più avanzata e sofisticata di soft law, dal momento che si tratta di atti «tipici» menzionati nell’articolo 288 TFUE e posto che i giudici nazionali sono tenuti a prenderle in considerazione ( 70 ).

101.

Perché definire una tale posizione come apparentemente intermedia? Per il semplice motivo che l’obbligo di indicare le ragioni per cui un giudice si discosta da una determinata fonte implica necessariamente che essa presenti carattere vincolante. Un giudice è tenuto a giustificare soltanto la scelta di discostarsi da fonti cogenti ( 71 ). Pertanto, se l’«obbligo di prendere in considerazione» dovesse essere interpretato nel senso che impone un obbligo a carico dei giudici nazionali di giustificare e spiegare le ragioni per cui non hanno seguito una raccomandazione, ciò significherebbe, eo ipso, che tali raccomandazioni non solo hanno «qualche effetto giuridico» ma che esse sono, di fatto, vincolanti.

102.

In secondo luogo, quali sono gli obblighi esatti gravanti sulle autorità nazionali rispetto a una raccomandazione? Il tenore letterale dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, nel sancire il dovere di leale cooperazione nell’Unione europea, è senza dubbio molto generale e potenzialmente di vasta portata. Si potrebbe suggerire che, poiché la disposizione si riferisce soltanto agli «obblighi» e che, in base all’articolo 288 TFUE, le raccomandazioni «non sono vincolanti», queste ultime non possano per definizione creare alcun obbligo e, pertanto, non possano affatto rientrare nel succitato articolo 4, paragrafo 3, TUE.

103.

Non credo che una lettura siffatta dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE rispecchi fedelmente l’approccio interpretativo che la Corte, da tempo, ha assunto rispetto alla disposizione di cui trattasi. L’obbligo di leale cooperazione tende ad essere applicato a livello di principi, non necessariamente focalizzando sempre l’attenzione su una disposizione concreta e specifica o su un obbligo giuridico particolare ( 72 ).

104.

Pur ammettendo che non sussista alcun obbligo positivo di attuare una raccomandazione, lo stesso può dirsi con riferimento a potenziali obblighi «più blandi» a carico degli Stati membri, come quello di prendere in considerazione una raccomandazione al momento di adottare una normativa in un determinato settore? Tale effetto potrebbe forse essere più evidente per le raccomandazioni postlegislative utilizzate per precisare nozioni giuridiche all’interno della normativa vincolante. Non è legittimo attendersi che uno Stato membro, nel recepire l’atto normativo originario dell’Unione cui la raccomandazione postlegislativa è in un certo modo «allegata», dia ad esso attuazione nel senso meglio illustrato in tale raccomandazione? Se non è così, qual è la funzione della raccomandazione? Se è così, risulta dunque ben difficile mettere in discussione i considerevoli e concreti effetti giuridici di una raccomandazione.

105.

Tuttavia, si potrebbe di certo affermare che non sussiste alcun obbligo di attuazione dal momento che non è prevista alcuna sanzione separata e distinta in caso di inadempimento. Anche tralasciando la lettura alquanto formalistica secondo cui la sanzione «diretta» sarebbe l’elemento chiave ed essenziale del carattere vincolante ( 73 ), che dire dei potenziali obblighi negativi gravanti sugli Stati membri con riferimento alle raccomandazioni? In questa fase, ci troviamo certamente ancora nell’ambito di congetture e in assenza di un valido elemento giuridico, ma se l’effetto preclusivo delle direttive si applica al periodo che precede la scadenza del loro termine di recepimento e, in tale periodo, gli Stati membri non possono adottare nessuna misura seriamente idonea a compromettere il risultato previsto da una direttiva ( 74 ), la stessa logica non potrebbe applicarsi a una raccomandazione?

106.

In terzo e ultimo luogo, quali tipi di effetti giuridici possono produrre le raccomandazioni nel contesto delle regole e delle procedure nazionali? Nella sentenza Grimaldi, la Corte ha chiarito che è possibile proporre un rinvio pregiudiziale vertente sull’interpretazione di una raccomandazione ( 75 ). Resta la questione se un giudice nazionale possa chiedere alla Corte di valutare la validità di una raccomandazione. A quanto mi consta, finora un’ipotesi siffatta non si è mai verificata, ma nella sentenza Grimaldi, la Corte sembrerebbe aver confermato che un simile rinvio è possibile ( 76 ).

107.

Pertanto, la Corte sembra aver chiaramente previsto che una raccomandazione produrrà effetti giuridici a livello nazionale. Dopo tutto, essa è concepita per essere presa in considerazione negli Stati membri a prescindere da cosa ciò comporti esattamente. Va aggiunto che, in passato, la giurisprudenza della Corte ha riconosciuto e di fatto assoggettato a controllo, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, vari atti non vincolanti dell’Unione che avevano avuto ripercussioni a livello nazionale, compreso, di recente, un comunicato stampa della Banca centrale europea ( 77 ).

108.

Così, una raccomandazione, al pari di altri atti del diritto dell’Unione apparentemente privi di carattere vincolante, può essere oggetto di rinvio pregiudiziale, sia sotto il profilo dell’interpretazione sia sotto quello della validità. A mio giudizio, ben difficilmente la situazione potrebbe essere diversa in un sistema completo di mezzi di ricorso giurisdizionali ( 78 ). L’obiettivo delle raccomandazioni è quello di indurre i destinatari a conformarvisi. Si immagini uno Stato membro che, avendo agito in buona fede e nello spirito di leale cooperazione, abbia recepito una raccomandazione nel diritto nazionale. Mediante un atto legislativo nazionale, detto Stato membro prevede a livello interno obblighi a carico dei singoli. Ora, se detta normativa interna può essere oggetto di impugnazione dinanzi ai giudici nazionali, sarebbe in un certo qual modo insolito negare il controllo di ciò che costituisce il fondamento sostanziale della normativa nazionale, vale a dire la raccomandazione dell’Unione ( 79 ) con la scusa alquanto formalistica che tali obblighi sono stati creati dalla normativa nazionale e non da uno strumento di diritto dell’Unione e che lo Stato membro ha adottato tale normativa di propria iniziativa.

4.   Ritorno alle origini: la sentenza ERTA e gli effetti giuridici

109.

La dettagliata analisi compiuta nella sezione che precede si prefigge un duplice obiettivo: mostrare in primis i problemi che il criterio ERTA (come poi gradualmente modificato) si trova a fronteggiare se applicato alle raccomandazioni (ma, a mio avviso, più in generale, anche se applicato ad altri strumenti di soft law) e, in secondo luogo, dimostrare che, sebbene forse prive di efficacia vincolante nel senso tradizionale e piuttosto restrittivo del termine, le raccomandazioni possono produrre effetti giuridici significativi, sia a livello di Unione che sul piano nazionale.

110.

Pertanto, a mio parere, il criterio ERTA come applicato dal Tribunale necessita di qualche correttivo. Il mio suggerimento a questo proposito è piuttosto semplice: il criterio dovrebbe tornare alle sue origini, alla sentenza ERTA, nonché al tenore letterale dell’articolo 263, primo comma, TFUE. Entrambi fanno riferimento agli «effetti giuridici» e non agli «effetti giuridici vincolanti». Come accade con i letti dei fiumi, anche nel caso della giurisprudenza occorre talvolta ripulire il flusso rimuovendo i sedimenti (verbali) accumulatisi negli anni e che impediscono alla legge di procedere lungo il proprio percorso.

111.

Un siffatto correttivo non rappresenta la rivoluzione che, prima facie, sembra essere. La base del criterio diretto a valutare se un atto normativo dell’Unione produca o meno effetti giuridici nei confronti dei suoi destinatari e/o di terzi resta immutata: oggetto di valutazione sono il testo, il contesto e lo scopo dell’atto controverso. Tuttavia, si rendono necessari due chiarimenti sulle modalità di applicazione del criterio: in primo luogo, deve essere valutata unicamente l’esistenza di effetti giuridici e non di effetti giuridici vincolanti. In secondo luogo, nell’ambito del criterio, l’attenzione va posta sul contenuto e sul contesto della misura e non sul mero testo.

112.

Come già spiegato nella sezione precedente, sotto il profilo analitico, la dicotomia tra effetti giuridici vincolanti e non vincolanti è di ben poca utilità con riferimento al soft law. Se la precondizione per l’esistenza di effetti vincolanti è un meccanismo applicativo e sanzionatorio diretto, allora il soft law non sarà mai – per definizione – vincolante, a prescindere dalle disposizioni ivi contenute.

113.

Per contro, la valutazione della capacità di generare effetti giuridici, vale a dire, di esercitare un impatto sulla/nella situazione giuridica dei suoi destinatari, dovrebbe concentrarsi su un aspetto diverso: in qualità di destinatario ragionevole, posso dedurre dal contenuto, dallo scopo, dall’impianto generale e dal contesto complessivo di una raccomandazione o, più in generale, di uno strumento di soft law, che ci si aspetta da me una determinata condotta? Posso adeguare la mia condotta di conseguenza oppure tale atto può incidere sulla mia posizione giuridica?

114.

Inoltre, nel quadro dei tre classici dogmi di ogni interpretazione della legge – testo, contesto e scopo – nell’esaminare una raccomandazione o altri strumenti di soft law, il tenore letterale (segnatamente, la denominazione e la formulazione) di un atto non dovrebbe prevalere sul suo contenuto, contesto e scopo nel quadro della sua valutazione. Nell’ambito della ricevibilità, il tenore letterale, per sua essenza, dovrebbe persino risultare alquanto secondario rispetto agli elementi sostanziali. In caso contrario, la formulazione in termini di «invito» implicherebbe necessariamente l’esclusione del sindacato giurisdizionale. Ciò significherebbe, di fatto, che la forma prevale sulla sostanza e, quindi, che nessuna raccomandazione che utilizzi termini che esprimono un «incoraggiamento» potrebbe essere assoggettata a controllo. Pertanto, sarebbe forse opportuno dare maggiore peso alla ratio, al contenuto, al contesto e allo scopo.

115.

Nel quadro di una siffatta valutazione del contesto e dello scopo, tre fattori assumono rilievo al fine di stabilire se un atto dell’Unione sia suscettibile di produrre effetti giuridici e se si possa ragionevolmente attendersi il suo rispetto.

116.

Il primo fattore che dovrebbe essere preso in considerazione è il grado di formalizzazione (la misura dell’Unione assume la forma di un atto giuridico?) e di definitività della misura (è stata adottata al termine di una procedura di consultazione, quale atto conclusivo, o più in generale nell’ambito di un processo di «approvazione di uno strumento di soft law»?). In altri termini e tenuto conto di entrambi gli aspetti congiuntamente, l’atto dell’Unione di cui trattasi non ha piuttosto l’aspetto di un atto legislativo finalizzato?

117.

Per quanto attiene alla forma di un atto potenzialmente impugnabile, tale atto deve apparire come un testo giuridico così da poter ragionevolmente essere considerato produttivo di effetti giuridici. A questo proposito, un atto apparirà come atto giuridico se, ad esempio, è suddiviso in articoli o quantomeno in sezioni e se è pubblicato nella Gazzetta ufficiale (certamente nella serie L dove sono pubblicati gli atti normativi).

118.

Circa il carattere definitivo, probabilmente gli atti preparatori sono carenti sotto questo aspetto. La medesima logica già si applica agli atti preparatori nell’ambito del processo decisionale dell’Unione ( 80 ). Essa dovrebbe valere a fortiori anche per i processi di adozione di uno strumento di soft law. Una siffatta esclusione dal sindacato giurisdizionale degli atti preparatori è ancora più rilevante nel contesto del soft law nel quale il processo di consultazione può implicare l’adozione di più atti.

119.

Il secondo fattore si riferisce al contesto e allo scopo generale dell’atto controverso: quanto sono precisi gli «obblighi» ivi contenuti? Qual è lo scopo generale perseguito? Quanto più generici e astratti sono gli atti dell’Unione, tanto più bassa è la probabilità che essi indurranno i rispettivi destinatari a conformarvisi in maniera concreta e specifica. Se, d’altro canto, l’atto dell’Unione prevede una serie di obblighi specifici e precisi, tale aspetto risulta certamente rilevante. Inoltre, se il testo persegue un chiaro obiettivo di armonizzazione, è ancor più probabile che esso sia percepito come idoneo a produrre effetti giuridici.

120.

Il terzo fattore riguarda l’esecuzione. La misura contiene meccanismi di garanzia della conformità o di attuazione o sanzionatori chiari e specifici? Ovviamente, ciò non si riferisce soltanto a un meccanismo di attuazione diretta, la cui presenza è altamente improbabile, ma a meccanismi o a un’attuazione di tipo indiretto, dal punto di vista sia strutturale che istituzionale.

121.

Tra i meccanismi di garanzia della conformità strutturali possono rientrare diversi meccanismi indiretti, quali la presentazione di relazioni o comunicazioni, il controllo e la vigilanza. Possono assumere rilievo anche elementi di pressione reciproca, come la pubblicazione di tabelle prestazionali o di relazioni contenenti denunce pubbliche ecc.

122.

Anche l’elemento istituzionale assume rilievo: quale istituzione ha adottato lo strumento di cui trattasi? Si tratta della medesima istituzione che, in ambiti di disciplina collegati o addirittura identici, ha il potere di infliggere sanzioni a carico degli stessi destinatari? ( 81 ). In tal caso, infatti, è probabile che l’atto controverso sia effettivamente idoneo a indurre i suoi destinatari a conformarvisi.

5.   Applicazione del criterio nella presente causa

123.

Esaminando la raccomandazione controversa in tale ottica, devo concludere che, in generale, la suddetta raccomandazione eccede considerevolmente quello che ci si potrebbe attendere da un documento volto semplicemente a raccomandare determinati principi. In questo caso specifico si può effettivamente affermare che la raccomandazione di cui trattasi è destinata a produrre effetti giuridici e che destinatari ragionevoli modificheranno probabilmente la loro condotta al fine di conformarsi, almeno in parte, alla raccomandazione.

124.

Se, in sede di valutazione della vera natura di un atto, la sua sostanza deve prevalere sulla denominazione formale, allora l’analisi da compiere consiste nello stabilire, dopo aver espunto il titolo formale del documento, quale sia la sua natura alla luce della formulazione, del contenuto, del contesto e dello scopo che presenta.

125.

Muovendo dallo scopo generale della raccomandazione, i suoi considerando ( 82 ) e i documenti che ne hanno accompagnato l’adozione ( 83 ) indicano in maniera piuttosto esplicita che essa mira a raggiungere un livello minimo di armonizzazione raccomandando principi per realizzare un maggiore livello di protezione di consumatori, giocatori e minori in relazione ai servizi di gioco d’azzardo online. Nel contempo, è anche chiaro che essa interviene in tal senso in un ambito piuttosto sensibile, certamente dal punto di vista di taluni Stati membri ( 84 ).

126.

Occorre poi sottolineare diversi elementi contenutistici e contestuali. In primis, l’atto controverso è un testo altamente strutturato avente l’apparenza di un testo giuridico con almeno trenta considerando. La raccomandazione stessa è ripartita in dodici sezioni numerate ed è stata pubblicata nella serie L della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

127.

Di conseguenza, la reale forma della raccomandazione dà l’impressione che essa sia destinata a produrre effetti giuridici. Ciò trova conferma anche nel fatto che la raccomandazione non è un atto preparatorio. Essa segna già la conclusione di un processo di consultazione, dal momento che completa un precedente libro verde e una comunicazione della Commissione. Pertanto, essa cristallizza chiaramente la posizione di quest’ultima sulla protezione dei consumatori in relazione ai servizi di gioco d’azzardo online, formulando nei confronti degli Stati membri alcune raccomandazioni estremamente concrete.

128.

In secondo luogo, le disposizioni concrete della raccomandazione presentano un grado di dettaglio e di precisione considerevole. La raccomandazione, lungi dal formulare meri «principi», fissa piuttosto regole chiare e precise.

129.

Per citare qualche esempio: nella sezione III, la raccomandazione precisa il contenuto dettagliato delle informazioni che dovrebbero essere visibili sulla pagina di destinazione (landing page) del sito Internet dell’operatore di gioco d’azzardo e accessibili da tutte le pagine di detto sito. Nella sezione V, la raccomandazione invita gli Stati membri a garantire che una persona possa partecipare a un servizio di gioco d’azzardo online solo se si registra come giocatore ed è titolare di un conto di gioco presso l’operatore. Quest’ultimo dovrebbe verificare i dati identificativi del giocatore. Inoltre, la sezione VIII mira a disciplinare la comunicazione commerciale. Essa vieta, in particolare, agli Stati membri di formulare determinate dichiarazioni, come descrivere il gioco d’azzardo come socialmente attraente o lasciare intendere che esso possa risolvere problemi di carattere personale.

130.

In terzo luogo, la raccomandazione contiene «inviti» molto particolareggiati ed esaurienti in ordine alle relazioni e alla vigilanza. In base alla sezione XI, gli Stati membri sono «invitati a designare, nel quadro dell’applicazione dei principi di cui alla presente raccomandazione, autorità di regolamentazione del gioco d’azzardo che garantiscano e controllino in maniera indipendente l’effettiva conformità alle misure nazionali adottate a sostegno dei principi stabiliti nella presente raccomandazione». La sezione XII concerne le relazioni. In base ad essa, gli Stati membri non solo sono invitati a notificare alla Commissione le misure di attuazione, ma anche a raccogliere dati annuali a fini statistici entro determinati termini.

131.

Con riferimento ai suddetti «inviti» alla presentazione di relazioni e alla vigilanza, occorre formulare due osservazioni. In primo luogo, in passato e in termini generali, la Corte sembra aver dimostrato una particolare sensibilità per l’inserimento di meccanismi di garanzia della conformità o di controllo in diversi strumenti atipici. Almeno in due occasioni essa ha annullato atti atipici della Commissione in quanto disciplinanti, in dettaglio, obblighi di relazione e verosimilmente eccedenti quanto opportuno per detta tipologia di atto ( 85 ). In secondo luogo, nel contesto della raccomandazione specifica in esame, è interessante osservare che una raccomandazione non vincolante che gli Stati membri non sono tenuti ad attuare crea comunque aspettative in ordine al fatto che tali Stati membri (o anche solo quelli che hanno deciso di accogliere l’«invito») designino, monitorino, comunichino, valutino, raccolgano dati e trasmettano una relazione alla Commissione, entro determinate scadenze, in merito a tutte le suddette attività (interamente volontarie).

132.

Il punto 54 della raccomandazione afferma poi che la Commissione dovrebbe valutare l’attuazione (sic!) della raccomandazione entro il 19 gennaio 2017. In più, in udienza è emerso che la Commissione non aveva finora provveduto in tal senso in quanto attendeva ancora le relazioni degli Stati membri prima di redigere la propria. A questo punto, il livello di dissonanza cognitiva di tale proposte mi sembra degno della sofisticata manipolazione mentale di uno Jedi.

133.

In quarto luogo, la raccomandazione intende indurre gli Stati membri ad adottare determinati atti legislativi e, attraverso di essi, a incidere sulle imprese e sui giocatori del settore del gioco d’azzardo che costituiscono i suoi destinatari indiretti. Si può così ovviamente sostenere che, a livello formale e in sé, non è la raccomandazione, bensì la potenziale normativa nazionale che inciderà sui diritti dei soggetti terzi: tuttavia è difficile negare che la reale fonte della normativa nazionale debba essere rinvenuta nella suddetta raccomandazione ( 86 ).

134.

In quinto luogo, pur trattandosi di un elemento di per sé forse marginale ma idoneo a evidenziare la dissonanza tra contenuto e titolo, è interessante concentrarsi sia sul considerando 29 sia sul punto 2 della raccomandazione. Essi affermano, rispettivamente, che tale raccomandazione lascia impregiudicate le direttive (vincolanti e valide) dell’Unione e il diritto degli Stati membri di regolamentare i servizi di gioco d’azzardo. Tali affermazioni sollevano semplicemente la questione del perché, ove la raccomandazione fosse effettivamente una mera raccomandazione non vincolante priva di ogni effetto giuridico, si sia reso necessario dichiararlo espressamente. Uno strumento di soft law realmente non vincolante non potrebbe mai, per definizione, incidere sulla normativa vincolante e valida dell’Unione o sulle competenze degli Stati membri.

135.

In sintesi, già alla luce dei suddetti elementi concernenti lo scopo, il contenuto e il contesto, è lecito ritenere che un lettore il quale, ricevuto il documento in questione privo del titolo, fosse invitato a leggerlo senza conoscere detto titolo, penserebbe verosimilmente di trovarsi di fronte a una direttiva o, in certi punti, addirittura a un regolamento, ma indubbiamente a un documento legislativo volto a imporre obblighi chiari e precisi e a indurre i suoi destinatari a conformarvisi.

136.

Passo solo ora a esaminare la formulazione della raccomandazione e, più concretamente, il testo specifico delle singole disposizioni (dopo aver già trattato nei precedenti paragrafi della presente sezione il grado di dettaglio e di concretezza di dette disposizioni). Nel ragionamento compiuto dal Tribunale, il tenore letterale sembra assumere un ruolo decisivo. Tuttavia, per le ragioni che ho cercato di spiegare in termini generali nella sezione precedente ( 87 ), a mio giudizio, il tenore letterale è rilevante, ma non decisivo. Inoltre, esso non dovrebbe di certo assumere rilievo determinate ove, in sé e per sé, sia di fatto inconcludente.

137.

Nelle sue osservazioni sia scritte che orali, il ricorrente ha contestato l’analisi linguistica svolta dal Tribunale nella sua ordinanza. In particolare, detto ricorrente ha sostenuto che in due delle tre lingue ufficiali del Regno del Belgio, vale a dire in neerlandese e in tedesco, la formulazione delle disposizioni di cui trattasi appare «più forte» rispetto ad altre versioni linguistiche. Pertanto, ne consegue logicamente che la raccomandazione avrebbe effetti giuridici «più forti» in Belgio.

138.

Questo specifico argomento del ricorrente non convince. In effetti, talune versioni linguistiche possono essere percepite come «più vincolanti» rispetto ad altre. Ciò accade, in particolare, nel caso delle versioni tedesca, spagnola, neerlandese e portoghese. Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, si potrebbe forse anche discutere sulle versioni polacca e ceca.

139.

Tuttavia, il fatto che le versioni neerlandese e tedesca sembrino impiegare un tenore letterale più imperativo rispetto alle altre assume scarso rilievo. La circostanza che si tratti delle lingue ufficiali del Belgio non attribuisce loro un peso superiore rispetto alle altre versioni linguistiche. Esiste il ben noto principio della pari autenticità di tutte le versioni linguistiche delle fonti dell’Unione che, a mio avviso, dovrebbe applicarsi alle raccomandazioni come a tutte le altre misure adottate ai sensi dell’articolo 288 TFUE. Secondo una giurisprudenza consolidata, in caso di disparità tra versioni linguistiche, la disposizione di cui è causa deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui essa fa parte ( 88 ).

140.

Sono proprio tali discutibili confronti linguistici a dimostrare e sottolineare perché la ricorrenza dell’espressione «sono invitati a» in luogo di «potranno» assume un significato limitato nell’ambito della valutazione di una misura siffatta. In generale, tutte le versioni linguistiche vanno nella medesima direzione e permettono di pervenire a una conclusione chiara quanto alla natura del testo senza dover soffermarsi in dettaglio sul contesto e sullo scopo di una misura. Oppure esse sono in contraddizione tra loro e il tenore letterale di una raccomandazione non dovrebbe prevalere sul suo contenuto e sul suo scopo. Tuttavia, non è corretto riconoscere la presenza di discrepanze tra le varie versioni linguistiche salvo poi sostenere che, visto che la maggior parte di esse afferma X, questa dovrebbe essere l’interpretazione corretta. In un sistema che riconosce pari autenticità a tutte le lingue, nessuna di esse può essere «messa in minoranza» in sede di interpretazione ( 89 ).

141.

Tuttavia, in definitiva, l’esame minuzioso dell’impiego (o meno) di una terminologia imperativa in alcune lingue dell’Unione sarà sempre inconcludente, in particolare nel valutare gli effetti giuridici degli strumenti di soft law. Ai fini di tale tipo di valutazione, assumono molto più peso il contesto, il sistema e la ratio. L’affermazione «la invito a trasmettermi i Suoi commenti scritti sulla questione entro questo venerdì a mezzogiorno» sarà inevitabilmente interpretata in maniera molto diversa a seconda che sia pronunciata dal proprio superiore gerarchico, da un collega ricercatore o dal partner. Pur dipendendo ovviamente dal rapporto di cui trattasi, è piuttosto probabile che nel primo caso l’«invito» sia di fatto un ordine, nel secondo solo un suggerimento e nel terzo una battuta scherzosa.

142.

In sintesi, ciascuno dei singoli elementi del contenuto e del contesto, considerati separatamente, potrebbe forse indurre a considerare raccomandazione non sia destinata a produrre effetti giuridici. Tuttavia, se considerati nel loro insieme, l’applicazione congiunta dei suddetti diversi elementi nel contesto della presente raccomandazione specifica, tenuto conto in aggiunta del fatto che quest’ultima è stata adottata dall’istituzione incaricata di vigilare sulle regole nel medesimo settore (vale a dire, la disciplina del mercato interno), mi induce a concludere nel senso che essa mira chiaramente a produrre effetti giuridici e a indurre i destinatari a conformarvisi, andando oltre mere indicazioni programmatiche.

143.

Per tutte le ragioni che precedono, ritengo che il terzo motivo d’impugnazione dedotto dal ricorrente sia fondato. Il Tribunale ha commesso un errore di diritto valutando erroneamente gli effetti giuridici della raccomandazione di cui trattasi, e ha di conseguenza erroneamente dichiarato irricevibile il ricorso di annullamento.

B. Determinazione della sostanza da parte della forma

144.

Diversamente dagli atti «atipici» emanati dalle istituzioni o dagli organi dell’Unione, per i quali il criterio ERTA era originariamente pensato, le raccomandazioni sono atti «tipici» elencati nell’articolo 288 TFUE, il cui sindacato giurisdizionale è espressamente escluso in base all’articolo 263, primo comma, TFUE. Tale circostanza deve assumere un qualche rilievo con riferimento al controllo delle raccomandazioni e all’ammissibilità del medesimo?

145.

L’argomento esposto nella parte A delle presenti conclusioni si fondava sulla premessa che il criterio ERTA, seppure forse in una certa misura rivisto, è applicabile alle raccomandazioni come a ogni altra forma di soft law. La prima parte della presente sezione delinea un approccio alternativo volto a porre maggiore attenzione al fatto che le raccomandazioni sono atti «tipici» rispetto ai quali la forma dovrebbe determinare l’interpretazione della sostanza (1). Tuttavia, per una serie di ragioni, sono propenso a raccomandare alla Corte di mantenere l’approccio (modificato), descritto nella parte A delle presenti conclusioni, secondo cui la sostanza prevale sulla forma (2). Qualora la Corte dovesse comunque ritenere che, nel caso specifico delle raccomandazioni, la forma debba invece determinare l’interpretazione della sostanza, esporrò brevemente alcuni importanti chiarimenti che si renderebbero necessari (3).

1.   Un’esclusione (piena): raccomandazione significa raccomandazione

146.

Il ragionamento compiuto dal Tribunale è partito dalla premessa che il criterio elaborato dalla Corte nella sentenza ERTA per gli atti «atipici» delle istituzioni e degli organi dell’Unione sia applicabile anche agli atti «tipici», quale ad esempio una raccomandazione. Tale punto di partenza potrebbe essere discusso su due livelli: normativo e pratico. Sotto il profilo normativo, l’articolo 288 TFUE indica chiaramente che una raccomandazione non è vincolante. La prima frase dell’articolo 263, primo comma, TFUE esclude poi espressamente le raccomandazioni della Commissione dal campo di applicazione di detta disposizione e, quindi, dai ricorsi di annullamento. Le due suddette disposizioni, lette congiuntamente, indicano in modo chiaro che una raccomandazione non può essere vincolante e non può essere oggetto di controllo.

147.

Tuttavia, a ciò si aggiunge quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza Grimaldi, che (ri)mette in gioco la valutazione sostanziale: la raccomandazione è esclusa dal controllo fintantoché si tratta di una «vera e propria raccomandazione» ( 90 ). Così, di conseguenza, potrebbe esistere una «falsa raccomandazione» che potrebbe ricadere in tale ambito ed essere oggetto di controllo. Pertanto, malgrado il tenore letterale piuttosto chiaro dei Trattati, nella giurisprudenza della Corte si rinvengono alcuni elementi a favore di un assoggettamento delle raccomandazioni al criterio ERTA persino ove si tratti di atti «tipici» (la cui mancanza di efficacia vincolante è chiaramente sancita nel Trattato) ( 91 ).

148.

Tuttavia, ciò che accade poi a livello pratico è che, nel valutare se un documento costituisca una raccomandazione «vera e propria» o «falsa», il fatto che un documento sia denominato raccomandazione inevitabilmente «contamina» la valutazione del suo contesto e del suo scopo. Ancora una volta, un criterio pensato per atti «atipici» deve essere applicato in una maniera che in ampia misura «ignora la forma», senza tener conto del titolo e/o dell’intestazione del documento. In caso contrario, si finirebbe necessariamente per incorrere in un ragionamento circolare, nel quale la forma determina alla fine l’interpretazione della sostanza ( 92 ).

149.

Ciò mi conduce al possibile approccio alternativo. Tale approccio implicherebbe, invece di lasciare che la forma di un atto «tipico» contamini tacitamente l’interpretazione della natura di un atto «atipico», che la suddetta distinzione sia portata alla sua estrema conseguenza logica: una forma «tipica» comporta conseguenze «tipiche»a prescindere dal contenuto. Una raccomandazione non avrà mai efficacia vincolante e non dovrebbe produrre effetti giuridici. Punto. Non vi sarebbe alcuna necessità di valutare ulteriormente se si tratti di una raccomandazione «vera e propria» o «falsa». Raccomandazione significa raccomandazione.

150.

A questo proposito, è possibile tracciare un parallelo con i pareri secondo il Trattato CECA: si tratta di atti che erano espressamente non vincolanti e non sindacabili. Già nel 1957, la Corte ha confermato che tali atti non potevano essere assoggettati a controllo. Essa ha chiarito, in particolare, che i pareri forniscono soltanto un orientamento. Essi erano considerati come aventi «il carattere di semplici consigli dati alle imprese. Esse restano libere di tenerne o di non tenerne conto ma devono comprendere che ove non tengano conto di un parere sfavorevole, esse accettano i rischi che possono derivare loro indirettamente da una situazione che hanno contribuito a creare. In altri termini, la libertà di decisione e la responsabilità delle imprese, come quelle dell’Alta Autorità, rimangono piene» ( 93 ). Questa stessa affermazione potrebbe effettivamente essere parafrasata in extenso nel caso delle raccomandazioni.

2.   Sostanza o forma?

151.

Vi sono due argomenti che depongono a favore di un approccio formale agli atti giuridici «tipici»: i) l’argomento della certezza del diritto e della prevedibilità e ii) l’argomento della necessità di una certa flessibilità legislativa.

152.

Anzitutto, l’approccio formale resta fedele al tenore letterale dell’articolo 263 TFUE che, a partire dal 1957, ha sempre coerentemente ed espressamente escluso le raccomandazioni e i pareri dall’ambito dei ricorsi di annullamento.

153.

A ciò si ricollegano l’affidamento e le aspettative. Benché dipinto quasi sempre come qualcosa di negativo, il formalismo presenta anche taluni lati positivi. Esso incentiva la certezza del diritto e la prevedibilità. Ciò che è chiamato in un determinato modo dovrebbe essere effettivamente tale, senza la costante esigenza di sottoporlo a un riesame sostanziale e contestuale.

154.

Tale considerazione è tanto più valida con riferimento alle fonti «tipiche» formalizzate. Fin dove può spingersi la «preminenza della sostanza sulla forma»? Le altre fonti tipiche del diritto dell’Unione, quali il regolamento o la direttiva, dovrebbero anch’esse essere dunque valutate in ragione del loro reale, effettivo contenuto? Potrebbero anch’esse essere quindi potenzialmente «riclassificate» in ragione del fatto che il titolo non è in linea con il loro contenuto? In casi estremi, una siffatta riclassificazione può portare addirittura a escludere il sindacato giurisdizionale? Potrebbe la Corte dichiarare un ricorso di annullamento proposto, ad esempio, avverso un regolamento, irricevibile in quanto il regolamento di cui trattasi è redatto in maniera talmente approssimativa da non poter produrre, di fatto, alcun effetto giuridico (vincolante)?

155.

In secondo luogo, le raccomandazioni possono essere validi punti di riferimento, ispirazione e buona prassi. Esse possono offrire la possibilità di testare soluzioni e idee diverse al fine di stabilire quali portare avanti e quali scartare. In tal senso, potrebbero essere considerate come una sorta di laboratorio legislativo. È forse giusto riconoscere che se una raccomandazione potesse essere impugnata e messa in discussione, tale flessibilità quale laboratorio legislativo andrebbe persa. In particolare, alla Commissione potrebbe essere effettivamente impedito di adottare modalità di azione più informali per portare avanti la sua agenda nell’interesse dell’Unione.

156.

Dal punto di vista dell’approccio della «preminenza della sostanza sulla forma», la risposta a entrambe le suddette argomentazioni è semplice: in primis, un siffatto approccio si rende necessario proprio quando non sono rispettati i limiti formali di un atto «tipico». Così, lungi dal mettere in discussione tutti gli atti tipici, l’approccio di cui trattasi è riservato, per sua natura, a scenari estremi. In secondo luogo, le attrattive di un laboratorio legislativo flessibile dovrebbero trovare chiari limiti nel principio di legalità dei pubblici poteri e nel principio di attribuzione delle competenze. Anche con le migliori intenzioni, i laboratori legislativi possono rapidamente trasformarsi in una «legislazione adottata occultamente».

157.

Per contro, almeno tre argomenti depongono a favore dell’approccio sostanziale delineato nella parte A: i) la preminenza della sostanza sulla forma si riscontra ovunque; ii) l’esigenza di garantire una tutela giurisdizionale effettiva, e iii) la coerenza generale dei mezzi di ricorso nel diritto dell’Unione.

158.

In primo luogo, pur in presenza di talune importanti eccezioni, l’approccio e la mentalità generali nel diritto dell’Unione sono semplicemente di tipo sostanziale: in innumerevoli settori del diritto dell’Unione oggetto di esame è la sostanza, l’essenza di un fenomeno, di una categoria o di un’istituzione e non realmente la sua etichetta o denominazione formale. La forma è certamente importante. Tuttavia, nel diritto dell’Unione, essa rappresenta una prima approssimazione della vera natura di un atto. Non è decisiva.

159.

In secondo luogo, come già esposto in dettaglio supra ( 94 ), è difficilmente contestabile che le raccomandazioni producano una serie di effetti giuridici significativi, anche se, nel singolo caso, esse possono non essere vincolanti in senso stretto. Se realmente è così, deve derivarne una tutela giurisdizionale effettiva. Può essere utile ricordare che, in passato, sia originariamente nella sentenza ERTA sia in altre cause successive, la Corte non ha esitato a riconoscere l’evoluzione sociale e giuridica e a colmare le lacune così createsi nella tutela giurisdizionale ( 95 ). Si è anche suggerito che l’avvento di nuove forme di governance «più morbide» costituisce un’evoluzione di questo tipo ( 96 ).

160.

In terzo luogo, l’argomento concernente la coerenza dei mezzi di ricorso nel diritto dell’Unione assume rilievo su due livelli: da un lato, la coerenza tra l’articolo 263 TFUE (ricorso di annullamento) e l’articolo 267 TFUE (procedimento di rinvio pregiudiziale) e, dall’altra, la posizione di ricorrenti (non) privilegiati all’interno dei suddetti procedimenti.

161.

Secondo una giurisprudenza costante, «[i]l controllo della legittimità degli atti dell’Unione che la Corte garantisce in forza dei Trattati riposa (…) su due procedimenti giurisdizionali complementari. Infatti, il Trattato FUE, agli articoli 263 e 277, da un lato, e all’articolo 267, dall’altro, ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti dell’Unione, affidandolo al giudice dell’Unione (…). È intrinseco a tale sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti il fatto che i singoli abbiano il diritto, nell’ambito di un ricorso proposto dinanzi ad un giudice nazionale, di contestare la legittimità di disposizioni contenute in atti dell’Unione che fungono da fondamento a una decisione o a un atto nazionale adottato nei loro confronti (…)» ( 97 ).

162.

Desidero sottolineare due aggettivi contenuti nella suddetta citazione: «complementari» e «completo». È forse in un certo qual modo paradossale che il secondo aggettivo possa essere problematico per un ricorrente privilegiato, ossia per uno Stato membro che, «invitato» da una raccomandazione ad adottare una certa condotta, non condivida tale «invito», senza che, a livello nazionale, non sia (ancora) stata tuttavia avviata alcuna causa concernente tale raccomandazione.

163.

Da un lato, come già illustrato ( 98 ), sembra sia possibile proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sulla validità di una raccomandazione. Se è così, non è dato comprendere perché dovrebbe essere più difficile per un ricorrente privilegiato impugnare un atto direttamente dinanzi alla Corte in forza dell’articolo 263 TFUE rispetto a un ricorrente non privilegiato agire indirettamente sulla base dell’articolo 267 TFUE.

164.

Dall’altro lato, anche se dovesse prevalere la logica generale della complementarità, scoraggiando le impugnazioni dirette vertenti sulla validità e cercando di incanalarle nel procedimento pregiudiziale, la posizione di uno Stato membro non sarebbe resa molto più agevole. In pratica, come dovrebbe comportarsi uno Stato membro? Dovrebbe prima attuare la raccomandazione (contrariamente alle sue intenzioni in una prima fase) e poi impugnarla dinanzi ai propri giudici nazionali? Dovrebbe simulare una controversia?.

165.

Senza che sia necessario riaprire tali questioni ( 99 ) è sufficiente sottolineare che gli Stati semplicemente non sono singoli che forse, in futuro, potrebbero essere tenuti ad adempiere una misura dell’Unione in seguito all’applicazione della medesima nei loro confronti mediante una decisione individuale, a livello del diritto nazionale o dell’Unione. Sono gli Stati membri ad essere invitati a dare attuazione a tali regole in prima battuta. Sarebbe pertanto semplicemente illogico indurli ad adottare una determinata condotta e, nel contempo, privarli della possibilità di agire dinanzi alla Corte. Ciò contrasterebbe con gli interessi di buona amministrazione della giustizia poiché ritarderebbe un eventuale ricorso avverso una raccomandazione, oltre a ledere gli interessi dell’autore stesso della raccomandazione. Invece di essere autorizzato a incanalare il potenziale conflitto, superarlo e proseguire, lo Stato membro sarebbe semplicemente costretto a rifiutarsi di cooperare e ad attendere fintantoché uno dei suoi giudici ed eventualmente un giudice di un altro Stato membro proponga un rinvio ai sensi dell’articolo 267 TFUE vertente sulla validità dell’atto controverso. Dal punto di vista pratico, ciò mi sembra avere ben poco senso.

3.   I chiarimenti (potenzialmente) necessari

166.

In sintesi, ravviso molti più motivi validi per invitare la Corte ad ampliare il criterio ERTA, come modificato, in modo tale da ricomprendere il potenziale sindacato giurisdizionale sulle raccomandazioni.

167.

Tuttavia, ove la Corte dovesse decidere di seguire l’approccio secondo cui la forma di un atto «tipico» determina la percezione e l’interpretazione della sua sostanza, senza che sia necessario un suo esame separato, sembrerebbe fondamentale chiarire una serie di punti. Tali chiarimenti necessari si riferirebbero di fatto agli elementi precedentemente individuati nell’ambito dei concreti effetti giuridici delle raccomandazioni ( 100 ). Vorrei sottolineare, in particolare, tre elementi chiave: i) la portata dell’obbligo di leale cooperazione gravante sugli Stati membri con riferimento alle raccomandazioni; ii) la mancanza di effetto di prelazione delle raccomandazioni sul potenziale futuro processo legislativo a livello dell’’Unione, e iii) il chiarimento della portata dell’obbligo derivante dalla sentenza Grimaldi a carico dei giudici nazionali.

168.

In primo luogo, le raccomandazioni non sono vincolanti e non possono neppure produrre effetti giuridici. Di conseguenza, esse non possono creare in capo agli Stati membri o ai singoli né diritti, né obblighi. Per quanto attiene agli Stati membri, il principio di leale cooperazione non può essere impiegato per cominciare a erodere, in qualsiasi modo, tale affermazione. Gli Stati membri hanno pienamente diritto di ignorare in toto il contenuto di una raccomandazione senza che siano ipotizzabili sanzioni dirette o indirette. Ciò non vale soltanto per gli «obblighi» concreti che gli Stati membri sono esortati ad adempiere, ma anche per ogni «invito» a presentare relazioni. Da una raccomandazione non possono discendere obblighi, né positivi né negativi. Una raccomandazione non può neppure essere impiegata per definire una norma o una nozione legale indeterminata che, dopo essere stata riempita di contenuti dalla raccomandazione di cui trattasi, sarà applicata nei confronti di uno Stato membro o di un singolo.

169.

In secondo luogo, una raccomandazione, e di certo una raccomandazione prelegislativa, rappresenta semplicemente una manifestazione unilaterale e non vincolante dell’opinione di un’istituzione. Quand’anche dovesse essere seguita in futuro da un atto legislativo vincolante, il processo legislativo deve ricominciare da zero. In particolare, una raccomandazione non può creare una «scorciatoia» legislativa o una «prelazione», escludendo determinati attori dal successivo processo legislativo o penalizzando, di fatto, taluni attori all’interno dello stesso per il solo fatto che essi non avevano già presentato i loro pareri, osservazioni, dati o relazioni sulla raccomandazione e/o nel processo di «attuazione».

170.

Da ultimo, vi è la sentenza Grimaldi ( 101 ). Se le raccomandazioni non sono vincolanti, allora esse non possono ‑ per definizione ‑ generare alcun obbligo a carico dei giudici nazionali di prendere in considerazione tali orientamenti non vincolanti, per non parlare a fortiori di un obbligo di interpretazione conforme. Ove la Corte dovesse seguire questo approccio, più formale, nei confronti di un atto «tipico» del diritto dell’Unione, sarebbe necessario rivedere la sentenza Grimaldi su tale aspetto, stabilendo chiaramente che non sussiste alcun obbligo di prendere in considerazione una raccomandazione. I giudici nazionali possono agire in tal senso se lo ritengono utile, ma di certo non sono obbligati a farlo.

171.

Ciò significherebbe allora che i giudici nazionali dovrebbero trattare le raccomandazioni come ogni altra fonte ammissibile di ispirazione nel processo di interpretazione del diritto, al pari di un testo di dottrina o di uno studio comparativo. Essi possono includerle nel loro ragionamento se lo desiderano, ma possono anche ignorarle completamente senza essere tenuti a esporne le ragioni.

VII. Conclusione

172.

Alla luce di quanto precede, concludo che il Tribunale ha commesso un errore nel valutare gli effetti giuridici della raccomandazione controversa. Il terzo motivo d’impugnazione del ricorrente è quindi fondato, senza che si renda necessario esaminare separatamente il primo e il secondo motivo.. Di conseguenza, l’ordinanza del Tribunale deve essere annullata nei limiti in cui ha dichiarato il ricorso irricevibile.

173.

Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, dopo aver annullato la decisione del Tribunale, può altresì statuire sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

174.

Nel caso di specie la Corte non è in grado, nella presente fase del procedimento, di statuire sul merito del ricorso proposto dinanzi al Tribunale. Poiché il Tribunale ha dichiarato il ricorso irricevibile, il merito della causa è stato oggetto di discussioni molto limitate e piuttosto indirette dinanzi al suddetto giudice. Inoltre, per i medesimi motivi, nessuno degli intervenienti è stato autorizzato a presentare le proprie osservazioni ( 102 ). Se la Corte dovesse dichiarare ricevibile il ricorso di annullamento, è probabile che detti intervenienti, ed eventualmente altri, sarebbero interessati a presentare le proprie osservazioni.

175.

Tuttavia, ritengo che la Corte disponga di tutti gli elementi necessari per potersi pronunciare respingendo l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione in primo grado. Nell’interesse dell’efficienza e dell’economia del procedimento, propongo alla Corte di statuire in tal senso, dichiarando il ricorso ricevibile e rinviando la causa al Tribunale affinché statuisca nel merito.

176.

Pertanto, propongo alla Corte di pronunciarsi nei termini seguenti:

annullare l’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea nella causa T‑721/14 e dichiarare ricevibile il ricorso di annullamento proposto dal ricorrente in detta causa;

rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca nel merito;

riservare le spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Hart, H.L.A., The Concept of Law, 2a ed (con un post-scriptum), Clarendon Press, Oxford, 1997 (prima edizione pubblicata nel 1961).

( 3 ) Dworkin, R., Taking Rights Seriously (New Impression with a Reply to Critics), London, Duckworth, 1987 (prima edizione pubblicata nel 1977), pagg. 22 e segg.

( 4 ) Raccomandazione 2014/478/UE della Commissione, del 14 luglio 2014 (GU 2014, L 214, pag. 38) (il corsivo è mio).

( 5 ) Ordinanza del 27 ottobre 2015, Belgio/Commissione (T‑721/14, EU:T:2015:829).

( 6 ) COM (2011) 128 definitivo.

( 7 ) COM (2012) 596 final.

( 8 ) P7_TA(2013)0348.

( 9 ) 2012/2322(INI).

( 10 ) IP/14/828 del 14 luglio 2014, disponibile online all’indirizzo http://europa.eu/rapid/press-release_IP-14-828_it.htm

( 11 ) MEMO/14/484 del 14 luglio 2014, disponibile online all’indirizzo http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-14-484_en.htm

( 12 ) Ordinanza del 27 ottobre 2015, Belgio/Commissione (T‑721/14, EU:T:2015:829).

( 13 ) Punto 37 dell’ordinanza impugnata.

( 14 ) Punti 21 e segg. dell’ordinanza impugnata.

( 15 ) Punto 29 dell’ordinanza impugnata.

( 16 ) Punti da 32 a 35 dell’ordinanza impugnata.

( 17 ) Punto 36 dell’ordinanza impugnata.

( 18 ) Punti da 38 a 40 dell’ordinanza impugnata.

( 19 ) Punti da 42 a 48 dell’ordinanza impugnata.

( 20 ) Punti 51 e 52 dell’ordinanza impugnata.

( 21 ) Punti 54 e 55 dell’ordinanza impugnata.

( 22 ) Punto 64 dell’ordinanza impugnata.

( 23 ) Punto 68 dell’ordinanza impugnata.

( 24 ) La Repubblica portoghese e la Repubblica ellenica hanno chiesto di intervenire dinanzi al Tribunale a sostegno del ricorrente. Tuttavia, avendo respinto il ricorso in quanto irricevibile, il Tribunale ha stabilito che non era necessario statuire sulle suddette domande di intervento (punto 86 dell’ordinanza impugnata).

( 25 ) Il ricorrente si richiama al parere 2/00 per sottolineare l’importanza costituzionale della scelta della corretta base giuridica [parere 2/00 (Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici), del 6 dicembre 2001, EU:C:2001:664, punto 5]. V. anche sentenza del 1o ottobre 2009, Commissione/Consiglio (C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 47).

( 26 ) Sentenze del 12 febbraio 2009, Commissione/Grecia (C‑45/07, EU:C:2009:81), e del 20 aprile 2010, Commissione/Svezia (C‑246/07, EU:C:2010:203).

( 27 ) Sentenza del 16 ottobre 2003, Irlanda/Commissione (C‑339/00, EU:C:2003:545, punto 71).

( 28 ) Sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32).

( 29 ) A mio giudizio, l’interpretazione degli effetti giuridici (o dell’assenza di essi) di una (potenziale) fonte di diritto dell’Unione, come una raccomandazione, è una questione di puro diritto e quindi soggetta a pieno riesame in grado di appello. Iura (item «ius mollis») novit Curia.

( 30 ) Sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32).

( 31 ) Sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32).

( 32 ) Punti 39 e 42 della sentenza succitata (il corsivo è mio). La formulazione in esame che faceva riferimento agli «atti che producono effetti giuridici», è stata poi ripresa nell’articolo 173 CEE con il Trattato di Maastricht.

( 33 ) V. sentenze del 9 ottobre 1990, Francia/Commissione (C‑366/88, EU:C:1990:348), e del 6 aprile 2000, Spagna/Commissione (C‑443/97, EU:C:2000:190).

( 34 ) V. sentenza del 13 novembre 1991, Francia/Commissione (C‑303/90, EU:C:1991:424).

( 35 ) V. sentenze del 16 giugno 1993, Francia/Commissione (C‑325/91, EU:C:1993:245), e del 20 marzo 1997, Francia/Commissione (C‑57/95, EU:C:1997:164).

( 36 ) V. sentenza del 1o dicembre 2005, Italia/Commissione (C‑301/03, EU:C:2005:727), unitamente alle illuminanti conclusioni dell’avvocato generale Jacobs (C‑301/03, EU:C:2005:550, paragrafi 70 e seg.).

( 37 ) V. sentenza del 5 ottobre 1999, Paesi Bassi/Commissione (C‑308/95, EU:C:1999:477).

( 38 ) V. già, con riferimento agli atti dell’Alta Autorità, sentenza del 10 dicembre 1957, Société des usines à tubes de la Sarre/Alta autorità (1/57 e 14/57, EU:C:1957:13).

( 39 ) Punti da 16 a 18 dell’ordinanza impugnata (il corsivo è mio).

( 40 ) ,Nota 31 supra.

( 41 ) In francese «qui visent à produire des effets de droit»; in tedesco «Rechtswirkungen zu erzeugen»; in italiano «che miri a produrre effetti giuridici»; in neerlandese, «die beogen rechtsgevolgen teweeg te brengen».

( 42 ) V., ad esempio, ordinanza del 17 maggio 1989, Italia/Commissione (151/88, EU:C:1989:201, punto 21). V. anche sentenza del 5 ottobre 1999, Paesi Bassi/Commissione (C‑308/95, EU:C:1999:477, punto 30). Tuttavia, con riferimento ai meri «effetti giuridici», v., ad esempio, sentenza del 1o dicembre 2005, Italia/Commissione (C‑301/03, EU:C:2005:727, punti da 22 a 24).

( 43 ) V. sentenze del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione (C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punto 36), e del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione (C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punto 54).

( 44 ) V. sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32, punto 39), alla luce delle conclusioni dell’avvocato generale Dutheillet de Lamothe nella causa Commissione/Consiglio (22/70, non pubblicate,EU:C:1971:23, pag. 287) secondo cui «gli artt. 173 e 189 del trattato formano un tutto coerente». V. anche sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento (294/83, EU:C:1986:166, punto 24).

( 45 ) In questo senso, un’ottica molto più kelseniana rispetto alla già citata tradizione hartiana, posto che quest’ultima è marcatamente più «sociologica». Hart ammetteva che una disposizione giuridica potesse essere vincolante non soltanto perché emanata in conformità di una qualche disposizione di diritto derivato che le riconosceva tale natura, ma anche perché un gruppo di persone accetta che tale norma funga per loro da modello di condotta, generando una pressione sociale interna al gruppo a conformarsi ad essa; v. Hart, H.L.A., The Concept of Law, 2a ed (con un post-scriptum), Clarendon Press, Oxford, 1997, capitoli V e VI.

( 46 ) V., ad esempio, sentenze del 7 febbraio 1979, Francia/Commissione (15/76 e 16/76, EU:C:1979:29, punto 7), e del 29 aprile 2004, Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238, punto 39).

( 47 ) A giudicare dal volume del materiale accademico e dall’attenzione dedicata alla materia.

( 48 ) In termini generali, sul soft law nel contesto dell’Unione, v., ad esempio, Wellens, K.C., e Borchardt, G.M., «Soft Law in European Community law», European Law Review 14, 1989, pag. 267; Klabbers, J., «Informal Instruments before the European Court of Justice», Common Market Law Review 31, 1994, pag. 997; Senden, L., Soft Law in European Community Law, Hart Publishing, Oxford e Portland, Oregon, 2004; Schwarze, J., «Soft Law im Recht der Europäischen Union», Europarecht, 2011, pag. 3; Scott, J., «In Legal Limbo: Post-Legislative Guidance as a Challenge for European Administrative Law», Common Market Law Review 48, 2011, pag. 329; Knauff, M., «Europäisches Soft Law als Gegenstand des Vorabentscheidungsverfahrens», Europarecht, 2011, pag. 735; Stefan, O., Soft Law in Court. Competition Law, State Aid and the Court of Justice of the European Union, Kluwer, Alphen aan den Rijn, 2013; Bertrand, B., «Les enjeux de la soft law dans l’Union européenne», Revue de l’Union européenne, 2014, pag. 73.

( 49 ) V., in particolare, lo studio del Parlamento europeo, Checks and Balances of soft EU rule-making, Direzione generale delle politiche interne, Direzione C, Diritti dei cittadini e affari costituzionali, 2012 (PE 462.433), segnatamente, pagg. da 54 a 58.

( 50 ) Ad esempio, sentenza del Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania) del 15 novembre 2010 – 19 BV 10.871 (concernente delle circolari amministrative volte a fissare i tassi di emissione in materia ambientale).

( 51 ) V. Corte suprema amministrativa svedese, 24 maggio 1996, causa 2904-1994 (I) (RA 1996 ref 43).

( 52 ) V., ad esempio, con riferimento alle circolari amministrative, il Conseil d’Etat (Consiglio di Stato, Belgio), sentenza 237/674 del 16 marzo 2017; v. anche, con riferimento ai pareri (prises de position) o ai rapporti adottati da autorità amministrative indipendenti autorizzate a comminare sanzioni, sentenze del Conseil d’Etat (Consiglio di Stato, Francia) del 17 novembre 2010, Syndicat français des ostéopathes, n. 332 771, e dell’11 ottobre 2012, Société Casino Guichard-Perrachon, n.°357193.

( 53 ) A titolo esemplificativo, in Svezia, gli organismi pubblici e privati possono contestare la legittimità di un atto amministrativo quando lo hanno percepito come vincolante e sono tenuti ad agire in conformità ad esso [Corte suprema amministrativa svedese, 10 febbraio 2004, causa 2696‑03 (RA 2004 ref 8), vertente su un’«informazione» potenzialmente atta a spiegare concreti effetti sulla situazione personale ed economica del destinatario].

( 54 ) V., ad esempio, con riferimento a un’azione giudiziaria proposta avverso una relazione amministrativa nel contesto delle procedure di pianificazione, High Court (Alta Corte, Irlanda), De Burca/Wicklow County Manager (2009) IEHE 54; v. anche, sulle linee guida dell’Irish Competition Authority (Autorità irlandese per la concorrenza), High Court (Alta Corte), Law Society of Irland/Competition Authority (2006) 2 IR 262.

( 55 ) Nella sua relazione annuale del 2013, esso definiva il soft law come l’insieme degli strumenti che soddisfano i seguenti tre criteri: 1) devono avere ad oggetto la modifica o la guida della condotta dei rispettivi destinatari inducendoli a conformarsi; 2) non creano di per sé diritti od obblighi in capo ai destinatari; 3) presentano, per il loro contenuto e le caratteristiche della loro struttura, un livello di formalizzazione e struttura che li avvicina alle norme di legge (Conseil d’Etat, Francia, Etude annuelle 2013 - Le droit souple, La Documentation française, 2013, pagg. da 61 a 63).

( 56 ) Conseil d’Etat (Consiglio di Stato, Francia), sentenze del 21 marzo 2016, Numericable, n. 390023, e del 21 marzo 2016, Société Fairvesta International GmBH, n. 368082, rispettivamente concernenti una prise de position dell’autorità francese per la concorrenza e un comunicato stampa dell’autorità francese di vigilanza sui mercati.

( 57 ) Per alcune prime, ormai classiche, relazioni, v., in particolare, Morand, C., «Les recommandations, les résolutions et les avis du droit communautaire», Cahiers de droit européen, 1970, pag. 523, e Soldatos, P., Vandersanden, G., «La recommandation, source indirecte du rapprochement des legislations nationales dans le cadre de la Communauté économique européenne», in De Ripainsel-Landy, D. e a., Les instruments de rapprochement des législations dans la Communauté économique européenne, Editions de l’Université de Bruxelles, Bruxelles, 1976, pag. 94.

( 58 ) V. sentenze del 29 settembre 2011, Arkema/Commissione (C‑520/09 P, EU:C:2011:619, punto 88), e del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 209 a 211). Tuttavia, per un approccio più articolato alle comunicazioni in materia di diritto della concorrenza, v. sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia (C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 29).

( 59 ) Sentenza del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 13).

( 60 ) L’iniziativa «Legiferare meglio» ha posto l’accento sulla suddetta dimensione problematica del soft law. V., segnatamente, Accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea (GU 2010, L 304, pag. 47). Il punto 43 sottolinea in particolare che «[n]ei settori in cui il Parlamento partecipa abitualmente al processo legislativo, la Commissione fa ricorso a norme non vincolanti, ove opportuno e in casi debitamente motivati, dopo aver accordato al Parlamento la possibilità di esprimere il proprio parere. La Commissione fornisce al Parlamento una spiegazione dettagliata su come il suo parere sia stato tenuto in conto in sede di adozione della proposta».

( 61 ) Si rammenta che l’attribuzione delle competenze e l’equilibrio istituzionale sono alla base della pronuncia, da parte della Corte, della sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento (294/83, EU:C:1986:166, punto 25).

( 62 ) È questo, per inciso, l’argomento sollevato dal ricorrente nel suo secondo motivo di ricorso. Da un certo punto di vista, è vero che subordinare la ricevibilità del ricorso di annullamento all’esistenza di effetti giuridici vincolanti (come contrapposti ai meri effetti giuridici) impedisce di garantire che l’autore dell’atto controverso abbia agito nell’ambito della sua competenza. Ciò solleva poi la questione se gli strumenti di soft law, compresa la raccomandazione, possano essere adottati o meno soltanto nell’ambito delle competenze attribuite all’Unione e all’istituzione di cui trattasi. Tuttavia, non senza cadere in un circolo vizioso, posto che tali effetti giuridici vincolanti non esistono, un loro assoggettamento a controllo mediante ricorso di annullamento non è ammissibile.

( 63 ) V. sentenza del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 16). V. anche sentenze del 21 gennaio 1993, Deutsche Shell (C‑188/91, EU:C:1993:24, punto 18); dell’11 settembre 2003, Altair Chimica (C‑207/01, EU:C:2003:451, punto 41), e del 18 marzo 2010, Alassini e a. (da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 40).

( 64 ) Sentenza del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 18).

( 65 ) In particolare, la Corte ha negato tale effetto giuridico alle comunicazioni della Commissione (sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 31).

( 66 ) Sentenza del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153).

( 67 ) Come in seguito sviluppato e consolidato, ad esempio, nelle sentenze del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punti 114115); del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C‑212/04, EU:C:2006:443, punti 108109), e del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punti da 99 a 101).

( 68 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Expedia (C‑226/11, EU:C:2012:544, paragrafi 3839), secondo cui le autorità e i giudici nazionali sono tenuti a prendere debitamente in considerazione le comunicazioni della Commissione in materia di politica della concorrenza. In detto caso particolare, ciò implicava che le autorità e i giudici di cui trattasi dovessero aver riguardo per le valutazioni ivi espresse dalla Commissione circa la significatività delle restrizioni della concorrenza e addurre i motivi, sindacabili da un giudice, di eventuali deroghe alla stessa.

( 69 ) V. sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 209 a 211), e del 29 settembre 2011, Arkema/Commissione (C‑520/09 P, EU:C:2011:619, punto 88).

( 70 ) V. sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia (C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 26).

( 71 ) Rispetto alle fonti permissive o persuasive, v., ad esempio, Peczenik, A., On Law and Reason, Kluwer, Dordrecht, 1989, pagg. 319 e segg.

( 72 ) V., per analogia, come la leale cooperazione è stata impiegata per creare obblighi in relazione all’effetto diretto, alla responsabilità dello Stato membro per le violazioni del diritto dell’Unione o all’adozione di sanzioni [rispettivamente, a titolo esemplificativo, sentenze del 16 dicembre 1976, Comet (45/76, EU:C:1976:191, punto 12); del 2 febbraio 1977, Amsterdam Bulb (50/76, EU:C:1977:13, punto 32), e del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428, punto 36)].

( 73 ) Come già indicato supra (nota 45), anche una serie di correnti della teoria giuridica positivista non adottano tale approccio restrittivo. Inoltre, tale lettura si allontana sensibilmente da come i «desideri non vincolanti» manifestati da uno stesso soggetto con poteri di regolamentazione autorizzato altresì ad emanare, il giorno successivo, disposizioni normative e sanzioni vincolanti in detto stesso ambito o in un ambito collegato, saranno realmente compresi e percepiti dai destinatari. Così, a prescindere dalle sanzioni dirette, possono esistere anche sanzioni indirette, certamente nei casi in cui i soggetti coinvolti siano ripetutamente gli stessi da entrambe le parti (uno stesso soggetto con poteri di regolamentazione e uno stesso gruppo di destinatari). Occorre ricordare che una logica analoga ha portato alcune autorità giurisdizionali superiori nazionali ad assoggettare gli atti «non vincolanti» emananti da tale tipologia di soggetti con poteri di regolamentazione al controllo giurisdizionale (supra, nota 52).

( 74 ) A partire dalla sentenza del 18 dicembre 1997, Inter‑Environnement Wallonie (C‑129/96, EU:C:1997:628).

( 75 ) «Ebbene, occorre rilevare che, in base a una giurisprudenza consolidata, il fatto che un atto di diritto comunitario sia privo di effetti obbligatori non può impedire alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione di tale atto, ai sensi dell’art. 177 del Trattato» [sentenze del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 9), e del 21 gennaio 1993, Deutsche Shell (C‑188/91, EU:C:1993:24, punto 18 e giurisprudenza citata)].

( 76 ) «(…) diversamente dall’art. 173 del Trattato CEE, che esclude il sindacato della Corte sugli atti aventi la natura di raccomandazione, l’art. 177 attribuisce alla Corte la competenza a statuire, in via pregiudiziale, sulla validità e l’interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni della Comunità, senza alcuna eccezione», sentenza del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 8) – il corsivo è mio.

( 77 ) Sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400). La Corte non esaminava la ricevibilità del ricorso proposto avverso un comunicato stampa in quanto tale. V. tuttavia le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón in detta stessa causa (C‑62/14, EU:C:2015:7, paragrafi 70 e segg.).

( 78 ) V., ad esempio, sentenze del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento (294/83, EU:C:1986:166, punto 23), e del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 66).

( 79 ) In particolare, nei casi in cui l’impugnazione a livello nazionale del recepimento interno rispecchia semplicemente la stessa questione che si porrebbe potenzialmente con riferimento alla raccomandazione medesima – v., al riguardo, per analogia, sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punti 5455).

( 80 ) Sentenza del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione (C‑131/03 P, EU:C:2006:541, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

( 81 ) V. anche nota 73 supra.

( 82 ) Considerando 8 e 9 citati supra nei paragrafi 11 e 12 delle presenti conclusioni.

( 83 ) Supra, paragrafo 30 delle presenti conclusioni.

( 84 ) V., ad esempio, sentenza del 22 gennaio 2015, Stanley International Betting and Stanleybet Malta (C‑463/13, EU:C:2015:25, punto 51).

( 85 ) Sentenza del 13 novembre 1991, Francia/Commissione (C‑303/90, EU:C:1991:424, punti da 20 a 25), in cui un codice di condotta di attuazione di un regolamento del Consiglio richiedeva agli Stati membri di fornire informazioni con una certa frequenza e mediante determinati strumenti; sentenza del 16 giugno 1993, Francia/Commissione (C‑325/91, EU:C:1993:245, punti 2223), in cui una comunicazione della Commissione volta a concretizzare una direttiva imponeva obblighi aggiuntivi, quali la rendicontazione annuale dei dati finanziari alla Commissione entro una determinata data.

( 86 ) V. anche paragrafi da 102 a 105, 97 e 98 supra, nonché la possibilità che la raccomandazione plasmi l’interpretazione di disposizioni nazionali preesistenti adottate nel medesimo ambito e riguardanti la stessa materia.

( 87 ) Paragrafo 114 supra.

( 88 ) V., ad esempio, sentenza del 26 aprile 2012, DR e TV2 Danmark (C‑510/10, EU:C:2012:244, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

( 89 ) Compresi, al riguardo, anche i casi estremi in cui sembra piuttosto chiaro che si è verificato un errore di traduzione in una soltanto delle versioni linguistiche della misura dell’Unione, v., ad esempio, sentenza del 19 aprile 2007, Profisa (C‑63/06, EU:C:2007:233).

( 90 ) Sentenza del 13 dicembre 1989, Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 16).

( 91 ) Il che ha condotto il Tribunale ad affermare che «il mero fatto che la raccomandazione controversa sia formalmente designata come raccomandazione e sia stata adottata ai sensi dell’articolo 292 TFUE non è idoneo ad escludere automaticamente la sua qualificazione come atto impugnabile» (punto 20 dell’ordinanza impugnata).

( 92 ) Delineati in dettaglio supra, paragrafi da 77 a 79.

( 93 ) Sentenza del 10 dicembre 1957, Société des usines à tubes de la Sarre/Alta Autorità (1/57 e 14/57, EU:C:1957:13, pag. 203).

( 94 ) Paragrafi da 87 a 108 supra.

( 95 ) Per un esempio degno di nota, v. in particolare sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento (294/83, EU:C:1986:166, punto 24).

( 96 ) Paragrafi da 81 a 86 supra.

( 97 ) Sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punti 6667 e giurisprudenza ivi citata). V. anche parere 1/09 (accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti) dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123, punto 70).

( 98 ) Paragrafi da 106 a 108 supra.

( 99 ) Decise dalla sentenza del 1o aprile 2004, Commissione/Jégo-Quéré (C‑263/02 P, EU:C:2004:210).

( 100 ) Paragrafi da 87 a 108 supra.

( 101 ) Paragrafi da 97 a 101 supra.

( 102 ) Nota 24 supra.

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