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Document 62015TJ0015

    Sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 12 maggio 2017.
    Paolo Costa contro Parlamento europeo.
    Trattamento economico dei deputati del Parlamento – Pensione di anzianità – Sospensione – Recupero – Norma anticumulo – Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento – Rinvio alla legislazione nazionale – Articolo 12, commi 2 bis, lettera v), del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati – Indennità percepita per l’esercizio della carica di presidente di un’autorità portuale italiana – Legittimo affidamento.
    Cause riunite T-15/15 e T-197/15.

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2017:332

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

    12 maggio 2017 (*)

    «Trattamento economico dei deputati del Parlamento – Pensione di anzianità – Sospensione – Recupero – Norma anticumulo – Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento – Rinvio alla legislazione nazionale – Articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati – Indennità percepita per l’esercizio della carica di presidente di un’autorità portuale italiana – Legittimo affidamento»

    Nelle cause riunite T‑15/15 e T‑197/15,

    Paolo Costa, residente in Venezia (Italia), rappresentato da G. Orsoni e M. Romeo, avvocati,

    ricorrente,

    contro

    Parlamento europeo, rappresentato da G. Corstens e S. Seyr, in qualità di agenti,

    convenuto,

    aventi ad oggetto due domande fondate sull’articolo 263 TFUE e dirette all’annullamento delle decisioni dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 20 ottobre 2014 e del 9 febbraio 2015 concernenti, rispettivamente, la sospensione della pensione provvisoria di cessata attività di cui beneficia il ricorrente e il recupero dell’importo di EUR 49 770,42 pagato a tal titolo, nonché della nota di addebito 2015-239, del 23 febbraio 2015, concernente detto recupero,

    IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

    composto da S. Frimodt Nielsen, presidente, V. Kreuschitz (relatore) e N. Półtorak, giudici,

    cancelliere: G. Predonzani, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 dicembre 2016,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

     Fatti

    1        Il sig. Paolo Costa, ricorrente, è stato deputato al Parlamento europeo durante la quinta e la sesta legislatura, vale a dire dal 20 luglio 1999 al 13 luglio 2009.

    2        L’11 luglio 2008 il ricorrente è stato nominato presidente dell’autorità portuale di Venezia (Italia), ente competente per la gestione del porto di Venezia nonché per la programmazione, il coordinamento e il controllo delle operazioni portuali. Il ricorrente ha comunicato tale nomina al Parlamento mediante dichiarazione sugli interessi del 12 gennaio 2009, senza tuttavia indicare gli importi mensili percepiti a titolo dell’esercizio di tale funzione.

    3        Previa domanda del ricorrente del 26 maggio 2009, pervenuta al Parlamento il 6 luglio 2009, quest’ultimo gli ha versato, a partire dal luglio 2009, una pensione provvisoria di cessata attività in base all’allegato III alla regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: la «regolamentazione SID»).

    4        Con lettera del 17 giugno 2010, la direzione generale delle finanze del Parlamento ha informato il ricorrente che da una verifica avviata d’ufficio risultava che in data 11 giugno 2008 egli era stato nominato presidente dell’autorità portuale di Venezia. In forza dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento per gli assegni vitalizi dei deputati italiani, adottato dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia) il 30 luglio 1997 e modificato infine da quest’ultimo il 23 luglio 2007 (in prosieguo: il «regolamento del 1997»), l’esercizio di una siffatta funzione comporterebbe la sospensione del versamento della pensione provvisoria di cessata attività. Conformemente a detto regolamento il ricorrente, in qualità di ex deputato del Parlamento, avrebbe tuttavia la facoltà di optare per l’erogazione di tale pensione in luogo dell’indennità che gli viene corrisposta per l’esercizio della carica di presidente dell’autorità portuale di Venezia. Con tale lettera, il ricorrente era stato inoltre informato del fatto che il pagamento della pensione provvisoria di cessata attività era sospeso dal mese di giugno 2010 e che il Parlamento si riservava il diritto di recuperare le mensilità precedentemente versate. Infine, il ricorrente è stato invitato a presentare le prove degli importi mensili percepiti in qualità di presidente dell’autorità portuale di Venezia per il periodo tra il 1° agosto 2009 e il 31 maggio 2010.

    5        Con lettera del 30 luglio 2010, il ricorrente ha sostenuto che, a suo parere, non sussistevano i presupposti per la sospensione della sua pensione provvisoria di cessata attività e per il recupero delle mensilità che gli erano già state versate. Egli ha fornito la prova degli importi mensili percepiti in qualità di presidente dell’autorità portuale di Venezia per il periodo tra il 1° agosto 2009 e il 31 maggio 2010.

    6        Con lettera del 20 maggio 2011, la direzione generale delle finanze del Parlamento ha informato il ricorrente che era stata avviata nei suoi confronti la procedura di recupero di un importo totale di EUR 49 770,42 indebitamente corrisposti, e l’ha invitato a versare detto importo su un conto del Parlamento.

    7        Con lettera del 29 giugno 2011, il ricorrente ha proposto un reclamo ai sensi dell’articolo 72 della decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento, del 19 maggio e 9 luglio 2009, recante misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1; in prosieguo: le «MAS») presso il segretario generale del Parlamento, chiedendogli di revocare la sospensione del pagamento della pensione di cessata attività e di interrompere la procedura di recupero.

    8        Con lettera del 22 aprile 2013, il segretario generale del Parlamento ha comunicato al ricorrente che aveva deciso di confermare la sospensione della sua pensione di cessata attività, gli ha reso noto la sua intenzione di procedere a una decisione di recupero delle somme indebitamente percepite e l’ha informato del fatto che disponeva di un termine di due mesi a decorrere dal ricevimento di tale lettera, nel caso volesse far valere il diritto di sottoporre il proprio reclamo all’esame dei questori. Il segretario generale del Parlamento ha inoltre informato il ricorrente della sua intenzione di procedere al recupero di un importo totale di EUR 49 770,42 indebitamente corrispostogli a titolo di pensione provvisoria di cessata attività e l’ha invitato a comunicare, entro 30 giorni a decorrere dal ricevimento di detta lettera, se volesse essere ascoltato prima dell’adozione di tale decisione.

    9        Il 14 giugno 2013 il ricorrente ha presentato un nuovo reclamo presso il segretario generale del Parlamento contro la sospensione della sua pensione di cessata attività e il recupero degli importi indebitamente percepiti, in forza dell’articolo 72, paragrafo 2, delle MAS. Egli ha affermato, in sostanza, che la sua nomina a presidente dell’autorità portuale non aveva alcun profilo di rappresentanza politica, bensì era basata sulle sue specifiche qualifiche e competenze professionali. Tale valutazione sarebbe confermata da una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte di giustizia nella causa che ha dato luogo successivamente alla sentenza del 10 settembre 2014, Haralambidis (C‑270/13, EU:C:2014:2185), relativa alla natura della carica di presidente di un’autorità portuale alla luce dell’articolo 45 TFUE.

    10      Con lettera del 24 giugno 2013, sulla base dei medesimi motivi, il ricorrente ha chiesto al segretario generale del Parlamento l’esame del suo reclamo del 29 giugno 2011 da parte dei questori, conformemente all’articolo 72, paragrafo 2, delle MAS.

    11      Il 17 settembre 2013 si è tenuto un incontro tra il ricorrente e il segretario generale del Parlamento.

    12      Con lettera dell’11 marzo 2014, il segretario generale del Parlamento ha informato il ricorrente della sua decisione di procedere al recupero delle somme indebitamente versate.

    13      Con lettera del 7 maggio 2014, il ricorrente ha chiesto il riesame di tale decisione da parte dei questori.

    14      Con lettera del 20 maggio 2014, i questori hanno informato il ricorrente della loro decisione, adottata durante la riunione del 15 aprile 2014, di confermare la decisione del segretario generale del Parlamento relativa alla sospensione della sua pensione di cessata attività.

    15      Con due lettere del 15 luglio 2014, il ricorrente ha chiesto, da un lato, un nuovo esame del suo reclamo da parte dei questori, adducendo che essi, durante la riunione del 15 aprile 2014, non avrebbero potuto tenere conto della sua domanda di riesame del 7 maggio 2014, e, dall’altro, il rinvio del suo reclamo all’Ufficio di presidenza del Parlamento ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 3, delle MAS.

    16      Con lettera del 16 ottobre 2014, i questori hanno informato il ricorrente che avevano deciso di confermare la decisione del segretario generale del Parlamento relativa al recupero delle somme indebitamente percepite. In detta lettera si precisava che tale decisione dei questori riguardava esclusivamente il recupero, dato che essi si erano già pronunciati nella riunione del 15 aprile 2014 sulla questione della sospensione della pensione di cessata attività.

    17      Con lettera dell’11 novembre 2014, il presidente del Parlamento ha informato il ricorrente che l’Ufficio di presidenza del Parlamento, nel corso della riunione del 20 ottobre 2014, aveva esaminato la questione della sospensione della pensione di cessata attività e deciso di confermare la decisione del segretario generale del Parlamento.

    18      Con lettera del 24 novembre 2014, indirizzata al segretario generale del Parlamento, e con lettera del 12 dicembre 2014, indirizzata all’Ufficio di presidenza del Parlamento, il ricorrente ha chiesto il riesame da parte di quest’ultimo sia della sospensione della pensione di cessata attività, sia del recupero degli importi indebitamente percepiti, ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 3, delle MAS, richiamando in particolare la sentenza del 10 settembre 2014, Haralambidis (C‑270/13, EU:C:2014:2185).

    19      Con lettera del 25 febbraio 2015, il presidente del Parlamento ha informato il ricorrente che l’Ufficio di presidenza del Parlamento, durante la riunione del 9 febbraio 2015, aveva esaminato la questione del recupero degli importi indebitamente percepiti e deciso di confermare la decisione del segretario generale del Parlamento.

    20      Il 27 febbraio 2015 è stata notificata al ricorrente la nota di addebito 2015-239, del 23 febbraio 2015, per un importo di EUR 49 770,42.

     Procedimento e conclusioni delle parti

    21      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 gennaio 2015, il ricorrente ha proposto il ricorso nella causa T‑15/15.

    22      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 aprile 2015, il ricorrente ha proposto il ricorso nella causa T‑197/15.

    23      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 aprile 2015, il ricorrente ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori diretta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della nota di addebito 2015-239. Con ordinanza del 19 maggio 2015, Costa/Parlamento (T‑197/15 R, non pubblicata, EU:T:2015:294), il presidente del Tribunale ha respinto tale domanda e riservato la pronuncia sulle spese.

    24      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

    25      Con ordinanza del presidente della Terza Sezione del Tribunale del 26 ottobre 2016, sentite le parti, le cause T‑15/15 e T‑197/15 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento, nonché della decisione che definisce il giudizio, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura.

    26      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il Parlamento a depositare un documento e ha sottoposto ad esso un quesito scritto, invitandolo a rispondervi in udienza.

    27      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti scritti ed orali posti dal Tribunale all’udienza del 14 dicembre 2016.

    28      Nella causa T‑15/15, il ricorrente chiede in sostanza che il Tribunale voglia:

    –        annullare la decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 20 ottobre 2014, notificata con lettera del presidente del Parlamento dell’11 novembre 2014, e «tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali»;

    –        condannare il Parlamento alle spese.

    29      Nella causa T‑197/15, il ricorrente chiede in sostanza che il Tribunale voglia:

    –        annullare la decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 9 febbraio 2015, notificata con lettera del presidente del Parlamento del 25 febbraio 2015, e «tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresa la [nota di addebito 2015-239]»;

    –        condannare il Parlamento alle spese.

    30      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

    –        respingere i ricorsi in quanto in parte irricevibili e in parte infondati;

    –        condannare il ricorrente alle spese.

     In diritto

     Sulla ricevibilità

    31      In considerazione della riunione delle cause T‑15/15 e T‑197/15 ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio, il Parlamento ha dichiarato, in udienza, di far valere l’irricevibilità dei ricorsi solo nei limiti in cui i capi delle conclusioni del ricorrente riguardano anche l’annullamento di «tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali» alle decisioni dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 20 ottobre 2014 e del 9 febbraio 2015. Il Parlamento ritiene difatti che le conclusioni del ricorrente non consentano di identificare, in maniera chiara e precisa, l’atto contestato di cui egli chiede l’annullamento.

    32      In forza dell’articolo 21 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che, conformemente all’articolo 53 dello stesso, si applica anche al procedimento dinanzi al Tribunale, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dell’oggetto della controversia e dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si basa un ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso (v. sentenza del 14 febbraio 2012, Italia/Commissione, T‑267/06, non pubblicata, EU:T:2012:69, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

    33      In limine, occorre ricordare che, nei suoi capi delle conclusioni figuranti alla fine dell’atto di ricorso nella causa T‑197/15, il ricorrente ha chiaramente identificato la nota di addebito 2015-239 come uno degli «atti presupposti, connessi e consequenziali» dei quali chiedeva l’annullamento. Ne consegue che, per quanto riguarda la sua domanda di annullamento di detta nota di addebito, il ricorrente ha indicato l’oggetto della controversia in modo tanto preciso da consentire al Parlamento di preparare la sua difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo.

    34      Per contro, si deve necessariamente constatare che i capi delle conclusioni del ricorrente nei ricorsi non contengono alcuna precisazione per quanto riguarda altri «atti presupposti, connessi e consequenziali» di cui egli chiede l’annullamento. Orbene, dalla giurisprudenza risulta che i capi delle conclusioni diretti all’annullamento di tutti gli «atti presupposti e consequenziali» non indicano l’oggetto di una controversia in maniera sufficientemente precisa e che essi devono pertanto essere respinti, in applicazione dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura (v. ordinanza del 25 settembre 2008, Regione Siciliana/Commissione, T‑392/03, T‑408/03, T‑414/03 e T‑435/03, EU:T:2008:404, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

    35      In primo luogo, l’identificazione precisa da parte del ricorrente di tali altri «atti presupposti, connessi e consequenziali» nelle repliche è intervenuta tardivamente e non può rimediare alla mancanza di precisione dei capi delle conclusioni contenuti negli atti introduttivi a tale riguardo.

    36      In secondo luogo, è certamente vero che il ricorrente aveva già menzionato in vari punti negli atti introduttivi la maggior parte degli altri «atti presupposti, connessi e consequenziali» che ha in particolare identificato di seguito in sede di replica. Tuttavia, il solo fatto che il ricorrente abbia menzionato taluni atti nella sua esposizione dei fatti contenuta nei ricorsi non consente al Tribunale di individuare chiaramente l’identità precisa degli atti presi in considerazione nei capi delle conclusioni diretti contro «tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali» a uno specifico atto impugnato.

    37      In terzo luogo, nei limiti in cui il ricorrente si riferisce alla giurisprudenza secondo la quale irregolarità e vizi che inficiano gli atti preparatori e connessi possono essere fatti valere con l’impugnazione dell’atto finale, è sufficiente constatare che, in ogni caso, tale circostanza non può assolutamente rimediare alla mancanza di precisione di cui è viziata la descrizione dell’oggetto della controversia nei ricorsi. Inoltre, da un lato, il ricorrente non fa valere che tali atti preparatori e connessi siano inficiati da errori che differiscano da quelli invocati nei confronti delle decisioni finali dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 20 ottobre 2014 e del 9 febbraio 2015. Dall’altro lato, dalla giurisprudenza risulta che, parimenti, un atto intermedio non è impugnabile se si stabilisce che l’illegittimità che gli viene attribuita possa essere fatta valere nel ricorso diretto contro la decisione finale, di cui esso costituisce un atto di elaborazione. In simili circostanze, il ricorso proposto avverso la decisione che conclude il procedimento assicurerà una tutela giurisdizionale sufficiente (sentenze dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, EU:C:1981:264, punto 12; del 24 giugno 1986, AKZO Chemie e AKZO Chemie UK/Commissione, 53/85, EU:C:1986:256, punto 19, e del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punto 53). Tale giurisprudenza non può dunque essere usata a sostegno della tesi del ricorrente secondo la quale detti atti possono essere oggetto di un ricorso di annullamento.

    38      Di conseguenza, le conclusioni del ricorrente devono essere respinte in quanto irricevibili nei limiti in cui hanno ad oggetto l’annullamento di «tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali» alla decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 20 ottobre 2014 e alla decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 9 febbraio 2015 diversi dalla nota di addebito 2015-239.

     Nel merito

    39      A sostegno dei suoi ricorsi, il ricorrente solleva due motivi, il primo vertente su una violazione della regolamentazione SID e dell’articolo 12 del regolamento del 1997, il secondo vertente su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

     Sul primo motivo, vertente su una violazione della regolamentazione SID e dell’articolo 12 del regolamento del 1997

    40      Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che le decisioni dell’Ufficio di presidenza del Parlamento del 20 ottobre 2014 e del 9 febbraio 2015 nonché la nota di addebito 2015-239 violano la regolamentazione SID e l’articolo 12 del regolamento del 1997. In sostanza, egli ritiene che l’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 si applichi solo alle funzioni di natura politica o agli impieghi che comportino lo svolgimento di siffatte funzioni. Orbene, secondo il ricorrente, la carica di presidente di un’autorità portuale italiana non soddisfa tali requisiti.

    41      Il Parlamento contesta gli argomenti del ricorrente e fa valere che, a motivo della modalità di nomina, la carica di presidente di un’autorità portuale italiana rientra tra le cariche contemplate nell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997.

    42      Poiché il mandato del ricorrente come deputato al Parlamento è terminato anteriormente al primo giorno della legislatura del Parlamento iniziata nel 2009 e quindi, secondo l’articolo 73 delle MAS letto in combinato disposto con l’articolo 30 della decisione del Parlamento europeo del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU 2005, L 262, pag. 1; in prosieguo: lo «statuto dei deputati»), prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati e delle MAS, dall’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, delle MAS risulta che la pensione di cessata attività del ricorrente continua ad essere disciplinata dall’allegato III alla regolamentazione SID.

    43      Secondo l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III alla regolamentazione SID, l’entità e le modalità della pensione provvisoria di cessata attività corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale il deputato al Parlamento europeo è stato eletto. Per quanto riguarda il ricorrente, queste sono pertanto le norme applicabili agli (ex) membri della Camera dei deputati (Italia) a cui l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III alla regolamentazione SID fa riferimento.

    44      Per quanto riguarda dette norme applicabili agli (ex) membri della Camera dei deputati, da una lettura combinata dell’articolo 1, comma 1, del Regolamento per il trattamento previdenziale dei deputati, adottato dall’Ufficio della presidenza della Camera dei deputati il 30 gennaio 2012 (in prosieguo: il «regolamento del 2012»), e dell’articolo II, comma 2, delle disposizioni transitorie e finali di tale regolamento risulta che, in particolare, l’articolo 7 dello stesso regolamento, relativo alla sospensione di una pensione di anzianità, non si applica a funzioni assunte e terminate anteriormente al 1° gennaio 2012.

    45      Nella fattispecie, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III alla regolamentazione SID, il regolamento del 1997 si applica quindi alla pensione provvisoria di cessata attività pagata al ricorrente dal Parlamento.

    46      L’articolo 12, comma 2 bis, del regolamento del 1997 prevede che «[l]’erogazione dell’assegno vitalizio resta (...) sospesa qualora il titolare assuma, a decorrere dal l° gennaio 2008, una delle seguenti cariche, ove l’importo delle relative indennità sia pari o superiore al 40 per cento dell’indennità parlamentare» ed elenca, di seguito, le cariche considerate.

    47      L’unico punto sul quale le parti sono in disaccordo nella fattispecie è la questione se la carica di presidente dell’autorità portuale di Venezia esercitata dal ricorrente dal luglio 2008 sia una di quelle contemplate all’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997. Tale disposizione contempla le «altre cariche elettive o di governo presso gli enti locali, [le] altre cariche di nomina parlamentare o da parte di assemblee elettive regionali, provinciali o comunali, ovvero di nomina governativa, a livello statale, regionale o locale, per le quali sia prevista la corresponsione di una indennità».

    48      Per quanto riguarda l’interpretazione della portata di tale disposizione del regolamento del 1997, dalla giurisprudenza risulta che, investito di un ricorso con cui si contesta la validità di una decisione adottata da un’istituzione dell’Unione europea che nega la concessione di una prestazione di natura pecuniaria prevista dal diritto dell’Unione, il giudice dell’Unione è competente a valutare se le condizioni derivanti dal diritto nazionale di uno Stato membro alle quali il diritto dell’Unione subordina la concessione della prestazione di cui trattasi siano soddisfatte nella fattispecie (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 1972, Meinhardt/Commissione, 24/71, EU:C:1972:37, punto 12).

    49      Dal tenore letterale dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 risulta in modo univoco che detta disposizione si presenta sotto forma di una norma applicabile in via subordinata, vale a dire se nessuna delle norme precedenti è applicabile, e che essa fa riferimento a tre tipi di cariche, ossia, in primo luogo, le «altre cariche elettive o di governo presso gli enti locali», in secondo luogo, le «altre cariche di nomina parlamentare o da parte di assemblee elettive regionali, provinciali o comunali» e, in terzo luogo, le «altre cariche (...) di nomina governativa a livello statale, regionale o locale», e i tre tipi di cariche sono presi in considerazione solo se «sia prevista la corresponsione di una indennità».

    50      Nella fattispecie occorre osservare da un lato che, nel diritto italiano, un’autorità portuale come quella di Venezia, a capo della quale il ricorrente è stato nominato, costituisce un ente pubblico non economico e non un ente locale. Ne consegue che, in ogni caso, la carica di presidente di un’autorità portuale italiana non può essere considerata come facente parte delle «altre cariche elettive o di governo presso gli enti locali» ai sensi del primo tipo di cariche di cui all’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997. Orbene, tra le cariche comprese da detta disposizione, sono soltanto le «altre cariche (...) di governo presso gli enti locali», ai sensi della seconda variante di detto primo tipo di cariche, che fanno riferimento alla natura delle funzioni esercitate. Per contro, si deve necessariamente constatare che sia le «altre cariche elettive (...) presso gli enti locali», ai sensi della prima variante di tale primo tipo di cariche, sia le «altre cariche di nomina parlamentare o da parte di assemblee elettive regionali, provinciali o comunali» e le «altre cariche (...) di nomina governativa, a livello statale, regionale o locale», ai sensi del secondo e del terzo tipo di cariche, identificano le cariche a cui si riferiscono tramite il solo riferimento alla modalità di nomina senza riguardo alla natura delle funzioni. Infatti, la prima variante del primo tipo di cariche e il secondo tipo di cariche riguardano cariche acquisite mediante elezioni che hanno luogo a diversi livelli e il terzo tipo di cariche concerne quelle ottenute tramite una nomina governativa a diversi livelli.

    51      Dall’altro lato, l’articolo 8 della legge del 28 gennaio 1994, n. 84, Riordino della legislazione in materia portuale (supplemento ordinario alla GURI n. 28, del 4 febbraio 1994), prevede che gli enti politici territoriali competenti per la zona territoriale nella quale l’autorità portuale interessata ha la sede, quali la provincia e il comune, nonché la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, designino una terna di esperti altamente qualificati nei settori dell’economia e dell’economia dei trasporti nonché dell’economia portuale, e che il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano designi, dopo aver ottenuto l’accordo del presidente della regione interessata, il presidente di un’autorità portuale. La carica di presidente di un’autorità portuale deriva quindi da una nomina da parte del ministro competente d’intesa con il rappresentante supremo della regione interessata e, pertanto, «di nomina governativa a livello statale [o] regionale (...)» ai sensi del terzo tipo di cariche contemplate dall’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997.

    52      La semplice lettura del testo dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 contraddice pertanto l’argomento del ricorrente secondo il quale, in maniera generale, detto articolo si riferisce solo agli impieghi di natura politica che comportino lo svolgimento di funzioni politiche e conferma quello del Parlamento secondo il quale, per quanto riguarda funzioni al di fuori degli enti locali (quelle considerate dal primo tipo di cariche), detta disposizione identifica le cariche da essa ricomprese tramite il solo riferimento alla modalità di nomina, e ciò senza riguardo alla natura delle funzioni di cui trattasi.

    53      Si deve pertanto giungere alla conclusione che da una lettura testuale dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 risulta che la carica di presidente di un’autorità portuale italiana costituisce una di quelle rientranti nel suo ambito di applicazione.

    54      Per quanto riguarda il contesto dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997, occorre rilevare che l’articolo 12, comma 2 bis, del regolamento del 1997 menziona anche altre cariche, in particolare le seguenti:

    –        componente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato [lettera m)];

    –        componente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni [lettera n)];

    –        componente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas [lettera o)];

    –        componente dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture [lettera p)].

    55      In forza del diritto italiano, si tratta qui di autorità amministrative indipendenti che hanno principalmente funzioni amministrative e godono di una posizione particolare di autonomia e indipendenza nei confronti del governo. Di conseguenza, i componenti di tali autorità non esercitano funzioni di natura politica o impieghi che comportino lo svolgimento di siffatte funzioni.

    56      Orbene, se l’argomento del ricorrente, secondo il quale l’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 si riferisce solo a funzioni di natura politica o a impieghi che comportino lo svolgimento di siffatte funzioni fosse corretto, ci si aspetterebbe che le altre cariche considerate dall’articolo 12, comma 2 bis, del regolamento del 1997 siano parimenti di tale natura. Il contesto dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 depone pertanto ugualmente contro l’argomento del ricorrente.

    57      Pertanto, dall’interpretazione del tenore letterale dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 nonché dal suo contesto risulta che la carica di presidente di un’autorità portuale italiana costituisce una di quelle rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

    58      Gli altri argomenti addotti dalle parti sono inconferenti e pertanto non possono rimettere in discussione tale conclusione.

    59      Infatti, in primo luogo, il ricorrente cita varie decisioni giudiziarie rese da diverse corti e tribunali italiani a sostegno della sua tesi secondo la quale, in maniera generale, l’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 si riferisce solo alle funzioni di natura politica o agli impieghi che comportino lo svolgimento di siffatte funzioni.

    60      A tale riguardo, è certamente vero che il giudice dell’Unione, quando è chiamato a valutare se le condizioni derivanti dal diritto nazionale di uno Stato membro alle quali il diritto dell’Unione subordina la concessione di una prestazione siano soddisfatte nella fattispecie (v. precedente punto 48), deve in linea di principio tener conto delle decisioni giurisdizionali pronunciate nello Stato membro interessato che possono chiarire il diritto nazionale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar, C‑96/09 P, EU:C:2011:189, punto 190).

    61      Orbene, come parimenti riconosciuto dal ricorrente in udienza, circostanza di cui è stato preso atto nel verbale d’udienza, la giurisprudenza nazionale da questi citata non riguarda la questione dell’applicazione concreta del regolamento del 1997 o di regolamenti analoghi, ovvero l’interpretazione dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 in quanto tale.

    62      Ne consegue che la giurisprudenza invocata dal ricorrente è inconferente.

    63      In secondo luogo, per quanto riguarda la sentenza del 10 settembre 2014, Haralambidis (C‑270/13, EU:C:2014:2185), invocata dal ricorrente, è certamente vero che la Corte ivi interpreta le disposizioni pertinenti del diritto nazionale italiano al fine di valutare se il presidente di un’autorità portuale italiana debba essere considerato come un lavoratore, ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 1, TFUE, e se tale carica costituisca un impiego nella pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 4, TFUE.

    64      Si deve tuttavia necessariamente constatare che, sebbene la Corte sia stata così chiamata a interpretare le disposizioni del diritto nazionale italiano concernenti la natura della carica di presidente di un’autorità portuale italiana, essa si è astenuta dall’interpretare il regolamento del 1997.

    65      Ne consegue che l’argomento del ricorrente tratto dalla sentenza del 10 settembre 2014, Haralambidis (C‑270/13, EU:C:2014:2185), è parimenti inconferente.

    66      In terzo luogo, è a giusto titolo che il ricorrente fa osservare che la lettera del Capo del servizio per le competenze dei parlamentari della Camera dei deputati del 12 dicembre 2013, prodotta dal Parlamento a sostegno della sua interpretazione dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997, evoca la sospensione di una prestazione previdenziale e menziona la sospensione dell’assegno vitalizio solo nell’oggetto. Come ammesso dal Parlamento, la circostanza che detta lettera faccia riferimento alle prestazioni previdenziali si spiega con il fatto che essa si riferisce al regolamento del 2012. Orbene, com’è stato constatato ai precedenti punti 44 e 45, nella fattispecie, è il regolamento del 1997 concernente gli assegni vitalizi e non il regolamento del 2012 riguardante il trattamento previdenziale dei deputati ad essere applicabile ratione temporis.

    67      L’argomento del Parlamento tratto da tale lettera è pertanto inconferente.

    68      In considerazione di quanto precede, si deve giungere alla conclusione che nessuno degli elementi avanzati dalle parti può rimettere in discussione il risultato dell’interpretazione letterale e contestuale dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997, dalla quale deriva che, a motivo della modalità di nomina, la carica di presidente di un’autorità portuale italiana costituisce una di quelle a cui si riferisce detta disposizione (v. precedenti punti da 49 a 57).

    69      Ne consegue che il primo motivo sollevato dal ricorrente deve essere respinto in quanto infondato.

     Sul secondo motivo, vertente su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

    70      In udienza, il ricorrente ha precisato che il suo secondo motivo verteva, in sostanza, su una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, circostanza di cui è stato preso atto nel verbale d’udienza. Il ricorrente fa valere che il comportamento adottato dagli uffici del Parlamento ha ingenerato, nella fattispecie, un legittimo affidamento in capo al medesimo in ordine alla possibilità di cumulare la pensione provvisoria con l’indennità corrisposta in relazione all’espletamento dell’incarico di presidente dell’autorità portuale di Venezia.

    71      Il Parlamento contesta gli argomenti del ricorrente e ritiene che egli non possa avvalersi del legittimo affidamento.

    72      Secondo una giurisprudenza costante, il principio della tutela del legittimo affidamento rientra fra i principi fondamentali dell’Unione (v. sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle, C‑545/11, EU:C:2013:169, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

    73      Il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende a tutti i soggetti nei confronti dei quali un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Il diritto di avvalersi di tale principio presuppone tuttavia il soddisfacimento di tre condizioni cumulative. In primo luogo, gli organi amministrativi dell’Unione devono aver fornito all’interessato assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, promananti da fonti autorizzate ed affidabili. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a generare una legittima aspettativa in capo al soggetto al quale esse sono rivolte. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

    74      Per quanto riguarda la prima di tali condizioni, ne consegue in particolare che una parte non è legittimata ad avvalersi del silenzio dell’amministrazione per invocare la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento [sentenza del 9 settembre 2011, dm-drogerie markt/UAMI – Distribuciones Mylar (dm), T‑36/09, EU:T:2011:449, punto 110].

    75      Inoltre, i pagamenti indebiti effettuati dall’amministrazione, anche per molti anni, non possono di per sé essere considerati alla stregua di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, che attribuiscano il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento. Infatti, nel caso contrario, qualsiasi decisione dell’amministrazione che rifiuti per il futuro, ed eventualmente con effetto retroattivo, il pagamento di un diritto pecuniario versato indebitamente all’interessato per vari anni sarebbe sistematicamente annullata dal giudice dell’Unione sulla base della violazione del principio del legittimo affidamento.

    76      Nella fattispecie, il ricorrente asserisce, in sostanza, che il suo legittimo affidamento riguardo alla possibilità di cumulare pensione provvisoria di cessata attività e indennità ricevuta per l’esercizio della funzione di presidente dell’autorità portuale di Venezia derivasse dalla circostanza che il Parlamento, inizialmente, mentre era ancora deputato al Parlamento, aveva continuato a versargli l’indennità parlamentare e, successivamente, dopo la fine del suo mandato, aveva iniziato a versargli la sua pensione provvisoria di cessata attività, sebbene egli avesse informato il Parlamento della sua nomina in quanto presidente dell’autorità portuale di Venezia in più occasioni. Tuttavia, l’unica prova di una siffatta informazione che il ricorrente ha prodotto dinanzi al Tribunale è la modifica della sua dichiarazione di interessi del 12 gennaio 2009, mentre era ancora deputato al Parlamento.

    77      Così, in primo luogo, il ricorrente si limita a fondarsi, da un lato, sul semplice pagamento dell’indennità parlamentare, poi della pensione provvisoria di cessata attività e, dall’altro, sul silenzio dell’amministrazione del Parlamento a seguito della modifica della sua dichiarazione di interessi. Nel fare ciò, egli non fa valere assicurazioni precise, incondizionate e concordanti da parte del Parlamento, circostanza che sarebbe tuttavia necessaria al fine di potersi avvalere di un legittimo affidamento.

    78      In secondo luogo, va osservato che l’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997 riguarda soltanto il cumulo di una pensione provvisoria di cessata attività con altre indennità. Per contro, tale disposizione non è applicabile al cumulo dell’indennità versata a un deputato al Parlamento in carica con siffatte altre indennità. Poiché l’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997, che disciplina il cumulo della pensione provvisoria di cessata attività del ricorrente con l’indennità da lui percepita per l’esercizio della sua carica di presidente dell’autorità portuale di Venezia, non era pertanto applicabile al cumulo della sua indennità parlamentare con l’indennità percepita in quanto presidente dell’autorità portuale di Venezia, ne consegue che il fatto che il Parlamento abbia accettato il cumulo all’epoca in cui il ricorrente era ancora deputato al Parlamento, anche ammesso che sia dimostrato e indipendentemente dalla conformità di un siffatto comportamento alle norme applicabili, non sarebbe, in ogni caso, idoneo a fondare un qualsivoglia legittimo affidamento del ricorrente riguardo alla questione se, a seguito della scadenza del suo mandato in quanto deputato al Parlamento, in forza dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997, egli potesse cumulare la sua pensione provvisoria di cessata attività con l’indennità che percepiva per l’esercizio della sua funzione di presidente dell’autorità portuale di Venezia.

    79      In terzo luogo, per quanto riguarda la terza delle condizioni ricordate al precedente punto 73, è stato accertato nell’ambito dell’esame del primo motivo che, in forza dell’articolo 12, comma 2 bis, lettera v), del regolamento del 1997, il ricorrente non aveva, nella fattispecie, diritto alla corresponsione di una pensione provvisoria di cessata attività da parte del Parlamento sulla base dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III alla regolamentazione SID. Ne consegue che, in ogni caso, i versamenti effettuati dal Parlamento a tale titolo non erano conformi alle norme applicabili e pertanto non potevano fondare un legittimo affidamento del ricorrente.

    80      Ne consegue che il secondo motivo è infondato e deve essere pertanto respinto.

    81      Poiché nessuno dei motivi invocati dal ricorrente a sostegno dei suoi ricorsi è pertanto fondato, occorre respingere integralmente tali ricorsi.

     Sulle spese

    82      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il sig. Costa è rimasto soccombente, va condannato alle spese, comprese quelle inerenti al procedimento sommario, conformemente alle conclusioni del Parlamento.

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1)      I ricorsi sono respinti.



    2)      Il sig. Paolo Costa è condannato alle spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

    Frimodt Nielsen

    Kreuschitz

    Półtorak

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 maggio 2017.

    Il cancelliere

     

    Il presidente

    E. Coulon

     

          S. Frimodt Nielsen


    * Lingua processuale: l’italiano.

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