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Document 62015CJ0316

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 novembre 2016.
    Timothy Martin Hemming e a. contro Westminster City Council.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom.
    Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 13, paragrafo 2 – Procedure di autorizzazione – Nozione di oneri che ne possono derivare.
    Causa C-316/15.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:879

    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    16 novembre 2016 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale — Libera prestazione dei servizi — Direttiva 2006/123/CE — Articolo 13, paragrafo 2 — Procedure di autorizzazione — Nozione di oneri che ne possono derivare»

    Nella causa C‑316/15,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), con decisione del 22 giugno 2015, pervenuta in cancelleria il 26 giugno 2015, nel procedimento

    The Queen, su istanza di:

    Timothy Martin Hemming, operante con la denominazione «Simply Pleasure Ltd»,

    James Alan Poulton,

    Harmony Ltd,

    Gatisle Ltd, operante con la denominazione «Janus»,

    Winart Publications Ltd,

    Darker Enterprises Ltd,

    Swish Publications Ltd

    contro

    Westminster City Council,

    con l’intervento di:

    The Architects’ Registration Board,

    The Solicitors’ Regulation Authority,

    The Bar Standards Board,

    The Care Quality Commission,

    The Farriers’ Registration Council,

    The Law Society,

    The Bar Council,

    The Local Government Association,

    Her Majesty’s Treasury,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, M. Vilaras, J. Malenovský, M. Safjan (relatore) e D. Švaby, giudici,

    avvocato generale: M. Wathelet

    cancelliere: L. Hewlett, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o giugno 2016,

    considerate le osservazioni presentate:

    per T. M. Hemming, operante con la denominazione «Simply Pleasure Ltd», J. A. Poulton, la Harmony Ltd, la Gatisle Ltd, operante con la denominazione «Janus», la Winart Publications Ltd, la Darker Enterprises Ltd e la Swish Publications Ltd da T. Johnston e M. Hutchings, barristers, P. Kolvin, QC, V. Wakefield, barrister, A. Milner e S. Dillon, solicitors;

    per il Westminster City Council, da H. Davies, in qualità di agente, assistita da D. Matthias, QC, N. Lieven, QC, J. Lean e C. Streeten, barristers;

    per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman, B. Koopman e M. Gijzen, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da H. Tserepa-Lacombe e T. Scharf, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 luglio 2016,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36; in prosieguo: la «direttiva “servizi”»).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposti il sig. Timothy Martin Hemming, operante con la denominazione «Simply Pleasure Ltd», il sig. James Alan Poulton, la Harmony Ltd, la Gatisle Ltd, operante con la denominazione «Janus», la Winart Publications Ltd, la Darker Enterprises Ltd e la Swish Publications Ltd (in prosieguo: il «sig. Hemming e a.»), da un lato, e il Westminster City Council (consiglio comunale della città di Westminster, Regno Unito), dall’altro, in merito ad una tassa da versare al momento della presentazione di una domanda per il rilascio o il rinnovo di una licenza per l’esercizio commerciale di articoli erotici.

    Contesto normativo

    Il diritto dell’Unione

    3

    I considerando 39, 42, 43, e 49 della direttiva «servizi» hanno il seguente tenore:

    «(39)

    La nozione di regime di autorizzazione dovrebbe comprendere, in particolare, le procedure amministrative per il rilascio di autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni, ma anche l’obbligo, per potere esercitare l’attività, di essere iscritt[i] in un albo professionale, in un registro, ruolo o in una banca dati, di essere convenzionato con un organismo o di ottenere una tessera professionale. L’autorizzazione può essere concessa non solo in base ad una decisione formale, ma anche in base ad una decisione implicita derivante, ad esempio, dal silenzio dell’autorità competente o dal fatto che l’interessato debba attendere l’avviso di ricevimento di una dichiarazione per iniziare l’attività o affinché quest’ultima sia legittima.

    (…)

    (42)

    Le norme relative alle procedure amministrative non dovrebbero mirare ad armonizzare le procedure amministrative, ma a sopprimere regimi di autorizzazione, procedure e formalità eccessivamente onerosi che ostacolano la libertà di stabilimento e la creazione di nuove società di servizi che ne derivano.

    (43)

    Una delle principali difficoltà incontrate, in particolare dalle PMI, nell’accesso alle attività di servizi e nel loro esercizio è rappresentata dalla complessità, dalla lunghezza e dall’incertezza giuridica delle procedure amministrative. Per questa ragione, sul modello di alcune iniziative in materia di modernizzazione delle buone pratiche amministrative avviate a livello comunitario e nazionale, è necessario stabilire principi di semplificazione amministrativa, in particolare mediante la limitazione dell’obbligo di autorizzazione preliminare ai casi in cui essa è indispensabile e l’introduzione del principio della tacita autorizzazione da parte delle autorità competenti allo scadere di un determinato termine. Tale azione di modernizzazione, pur mantenendo gli obblighi di trasparenza e di aggiornamento delle informazioni relative agli operatori, ha il fine di eliminare i ritardi, i costi e gli effetti dissuasivi che derivano, ad esempio, da procedure non necessarie o eccessivamente complesse e onerose, dalla duplicazione delle procedure, dalle complicazioni burocratiche nella presentazione di documenti, dall’abuso di potere da parte delle autorità competenti, dai termini di risposta non precisati o eccessivamente lunghi, dalla validità limitata dell’autorizzazione rilasciata o da costi e sanzioni sproporzionati. Tali pratiche hanno effetti dissuasivi particolarmente rilevanti nel caso dei prestatori che intendono sviluppare le loro attività in altri Stati membri e che avvertono l’esigenza di una modernizzazione coordinata in un mercato interno allargato a venticinque Stati membri.

    (…)

    (49)

    La tassa che può essere riscossa dagli sportelli unici dovrebbe essere proporzionale al costo delle procedure e formalità espletate. Ciò non dovrebbe impedire che gli Stati membri affidino allo sportello unico la riscossione di altri oneri amministrativi come quelli degli organi di controllo».

    4

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva:

    «La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi».

    5

    L’articolo 4, punto 6, della direttiva in parola definisce il «regime di autorizzazione» come «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio».

    6

    L’articolo 9 della medesima direttiva, dal titolo «Regimi di autorizzazione», al paragrafo 1 così recita:

    «Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

    a)

    il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

    b)

    la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

    c)

    l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia».

    7

    L’articolo 10 della direttiva «servizi», intitolato «Condizioni di rilascio dell’autorizzazione», dispone quanto segue:

    «1.   I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario.

    2.   I criteri di cui al paragrafo 1 devono essere:

    a)

    non discriminatori;

    b)

    giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

    c)

    commisurati all’obiettivo di interesse generale;

    d)

    chiari e inequivocabili;

    e)

    oggettivi;

    f)

    resi pubblici preventivamente;

    g)

    trasparenti e accessibili.

    (…)».

    8

    L’articolo 11 di tale direttiva, recante il titolo «Durata di validità dell’autorizzazione», prevede quanto segue:

    «1.   L’autorizzazione rilasciata al prestatore non ha durata limitata, ad eccezione dei casi seguenti:

    a)

    l’autorizzazione prevede il rinnovo automatico o è esclusivamente soggetta al costante rispetto dei requisiti;

    b)

    il numero di autorizzazioni disponibili è limitato da un motivo imperativo di interesse generale;

    o

    c)

    una durata limitata è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

    (…)

    4.   Il presente articolo non pregiudica la facoltà degli Stati membri di revocare le autorizzazioni qualora non siano più rispettate le condizioni di autorizzazione».

    9

    L’articolo 13 della direttiva in parola, intitolato «Procedure di autorizzazione», al paragrafo 2 dispone quanto segue:

    «Le procedure e le formalità di autorizzazione non sono dissuasive e non complicano o ritardano indebitamente la prestazione del servizio. Esse devono essere facilmente accessibili e gli oneri che ne possono derivare per i richiedenti devono essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione e non essere superiori ai costi delle procedure».

    10

    L’articolo 14 della medesima direttiva, intitolato «Requisiti vietati», è così redatto:

    «Gli Stati membri non subordinano l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:

    (…)

    6)

    il coinvolgimento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, ai fini del rilascio di autorizzazioni o ai fini dell’adozione di altre decisioni delle autorità competenti, ad eccezione degli organismi o ordini e delle associazioni professionali o di altre organizzazioni che agiscono in qualità di autorità competente; tale divieto non riguarda la consultazione di organismi quali le camere di commercio o le parti sociali su questioni diverse dalle singole domande di autorizzazione né la consultazione del grande pubblico;

    7)

    l’obbligo di presentare, individualmente o con altri, una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un’assicurazione presso un prestatore o presso un organismo stabilito sul territorio degli Stati membri in questione. Ciò non pregiudica la facoltà, per gli Stati membri, di esigere un’assicurazione o garanzie finanziarie in quanto tali come pure i requisiti relativi alla partecipazione a un fondo collettivo di indennizzo, ad esempio per i membri di organismi o ordini o di organizzazioni professionali;

    (…)».

    Il diritto del Regno Unito

    11

    La regola 4 del Provision of services Regulations 2009 (regolamento del 2009 sulla prestazione di servizi) che recepisce la direttiva «servizi» dispone quanto segue:

    «La nozione di “regime di autorizzazione” vale a designare qualsiasi regolamentazione che obblighi il prestatore o il destinatario di un servizio a ottenere l’autorizzazione da un’autorità competente o a informare detta autorità, allo scopo di avere accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio (…)».

    12

    A termini della regola 18, paragrafi da 2 a 4, di detto regolamento:

    «(2)

    Le procedure e le formalità di autorizzazione stabilite dall’autorità competente nell’ambito di un regime di autorizzazione non possono:

    (a)

    essere dissuasive, né

    (b)

    complicare o ritardare indebitamente la prestazione del servizio.

    (3)

    Le procedure e le formalità di autorizzazione stabilite dall’autorità competente nell’ambito di un regime di autorizzazione devono essere facilmente accessibili.

    (4)

    Gli oneri stabiliti dall’autorità competente che possono derivare da un regime di autorizzazione per i richiedenti devono essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure e delle formalità di autorizzazione ai termini del regime e non possono eccedere i costi delle suddette procedure e formalità».

    13

    Il paragrafo 19 dell’allegato 3 del Local Government (Miscellaneous Provisions) Act 1982 [legge del 1982 sugli enti locali (disposizioni varie)] prevede che un richiedente il rilascio o il rinnovo di una licenza debba versare una tassa ragionevole, fissata dall’autorità competente.

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    14

    Il consiglio comunale della città di Westminster è l’autorità preposta al rilascio della licenza per gli esercizi commerciali di articoli erotici, inclusi i «sex shop», a Westminster. Il sig. Hemming e a. erano, per tutto il periodo di riferimento di cui al procedimento principale, titolari di licenze relative a sex shop a Westminster.

    15

    Dalla decisione di rinvio risulta che, durante il suddetto periodo e conformemente all’allegato 3, paragrafo 19, della legge del 1982 sugli enti locali (disposizioni varie), poteva essere richiesta una tassa per coprire non solo i costi connessi al trattamento delle domande di rilascio o di rinnovo delle licenze di esercizio commerciale di articoli erotici, ma anche quelli relativi all’ispezione dei locali successivamente al rilascio delle licenze allo scopo di garantire «operazioni di vigilanza» finalizzate a individuare e perseguire coloro che gestiscono senza licenza negozi di articoli erotici.

    16

    In tal modo, un soggetto che per un anno qualsiasi richiedesse il rilascio o il rinnovo di una licenza per un negozio di articoli erotici era tenuto a versare una tassa composta di due parti, una relativa al trattamento amministrativo della domanda e non rimborsabile e l’altra, d’importo notevolmente maggiore, per la gestione del regime di licenza e rimborsabile in caso di rifiuto della domanda. Ad esempio, per l’anno 2011/2012, l’importo totale della tassa ammontava a 29102 sterline (GBP) (circa EUR 37700) per ciascun richiedente, di cui GBP 2667 (circa EUR 3455) per il trattamento amministrativo della licenza e non rimborsabili, mentre le rimanenti GBP 26435 (circa EUR 34245) erano relative alla gestione del regime di licenza ed erano rimborsabili in caso di rigetto della domanda.

    17

    Ad avviso del sig. Hemming e a., il consiglio comunale della città di Westminster non poteva imporre il pagamento di detta seconda parte della tassa. Le corrispondenti somme, benché recuperabili in caso di rigetto della domanda, sarebbero state dovute in virtù dei costi connessi all’attuazione del regime di licenza, senza rapporto alcuno con i costi del trattamento amministrativo delle domande, e avrebbero dovuto essere a carico del bilancio generale del consiglio comunale della città di Westminster o avrebbero dovuto essere richieste esclusivamente agli operatori la cui domanda fosse stata accolta.

    18

    Il sig. Hemming e a. sono risultati vittoriosi dinanzi ai giudici del Regno Unito dinanzi i quali avevano presentato dei ricorsi. Tali giudici hanno ritenuto che rientrino nell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva «servizi» gli oneri imposti tanto ai richiedenti la cui domanda sia accolta quanto a quelli la cui domanda sia respinta e che detta disposizione impedisca a un’autorità preposta al rilascio delle licenze di addebitare indistintamente ai richiedenti che ottengano una licenza e a quelli la cui domanda sia rigettata il costo delle attività di indagine e di perseguimento nei confronti delle persone che gestiscano senza licenza esercizi commerciali di articoli erotici a Westminster.

    19

    Pertanto, ai richiedenti che non ottengano la licenza potrebbe essere esclusivamente imposto il pagamento delle spese di trattamento della loro domanda, incluso l’esame della loro capacità di gestire un esercizio commerciale di articoli erotici, mentre ai richiedenti che la ottengano potrebbero essere imposte solo spese simili e, in caso di rinnovo della loro licenza, quelle relative al controllo del rispetto degli obblighi connessi alla loro licenza nel passato.

    20

    Il giudice del rinvio, chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione avverso la sentenza della Court of Appeal (England & Wales) (Civil division) (Corte d’appello civile d’Inghilterra e del Galles, Regno Unito), ha ritenuto che l’impostazione dinanzi ad esso criticata implichi che l’autorità preposta alla gestione del regime di licenza debba sostenere i costi di funzionamento di detto regime a vantaggio degli operatori che abbiano ottenuto la licenza, dal momento che tale autorità non potrebbe imporre ad un richiedente di contribuire ai costi riconducibili all’applicazione del regime stesso ai gestori di esercizi commerciali di articoli erotici che non dispongano di una licenza, nonostante la gestione in parola avvantaggi i gestori di siffatti esercizi commerciali titolari di licenza. A tal fine, l’autorità in questione dovrebbe ricorrere alle dotazioni finanziarie globali di cui dispone.

    21

    Detto giudice si chiede quale sarebbe la soluzione per altri organi di regolamentazione od organizzazioni professionali che applichino regimi simili, che potrebbero non disporre di dotazioni finanziarie globali né del potere di reperire fondi in qualche modo.

    22

    Anche se il giudice del rinvio è persuaso che un regime secondo cui il richiedente debba pagare una tassa aggiuntiva per coprire i costi connessi al funzionamento e al monitoraggio del regime di licenza in caso di accoglimento della domanda sia conforme all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva «servizi», esso si interroga circa la compatibilità con tale disposizione del regime applicato dal consiglio comunale della città di Westminster.

    23

    Stante ciò, detto giudice rileva che non dispone di alcun elemento che consenta di ritenere che il requisito secondo cui una domanda deve essere corredata del pagamento di una somma rimborsabile in caso di rigetto della stessa sia atto a dissuadere gli operatori dal presentare una domanda di licenza per l’esercizio commerciale di articoli erotici.

    24

    Infine, il giudice del rinvio si chiede se il fatto di dover anticipare una somma, nell’attesa di una decisione di rilascio o di diniego di una licenza, configuri effettivamente un onere per un richiedente la licenza.

    25

    In tale contesto, la Supreme Court of the United Kingdom (Corte Suprema del Regno Unito) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «Qualora un soggetto richiedente il rilascio o il rinnovo di una licenza per un esercizio commerciale di articoli erotici sia tenuto a versare una tassa composta di due parti, di cui una relativa al trattamento amministrativo della domanda e non rimborsabile e l’altra relativa alla gestione del regime di licenza e rimborsabile in caso di rigetto della domanda:

    1)

    se l’imposizione di una tassa comprendente la seconda componente rimborsabile sia sufficiente per poter ritenere, alla luce del diritto dell’Unione, che i convenuti abbiano sostenuto, a fronte delle loro domande, un onere in contrasto con l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva [“servizi”] in quanto superiore ai costi del trattamento della domanda (…), o

    2)

    se la conclusione che l’imposizione di una siffatta tassa debba essere considerata un onere – o, se del caso, un onere superiore ai costi relativi al trattamento della domanda (…) – dipenda da ulteriori circostanze (e, in caso di risposta affermativa, quali), come ad esempio:

    a)

    elementi di prova che dimostrino che il pagamento della seconda componente rimborsabile ha comportato o potrebbe comportare spese o perdite a carico di un richiedente,

    b)

    l’ammontare della seconda componente rimborsabile e il periodo di tempo durante il quale questa è trattenuta prima di essere rimborsata, o

    c)

    l’eventuale risparmio sui costi del trattamento delle domande (…) (e quindi sulla componente non rimborsabile) risultante dall’imposizione, a carico di tutti i richiedenti, di una tassa da versare anticipatamente e comprendente entrambe le componenti».

    Sulle questioni pregiudiziali

    26

    Con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva «servizi» debba essere interpretato nel senso che osta, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, all’obbligo, all’atto della presentazione di una domanda per il rilascio o il rinnovo di autorizzazione, di una tassa di cui una parte corrisponda ai costi connessi alla gestione del regime di autorizzazione e alle relative attività di polizia amministrativa, anche se tale parte è recuperabile in caso di rigetto della domanda stessa.

    27

    Secondo giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione si deve tenere conto non solo dei suoi termini, ma anche del contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenza del 14 luglio 2016, Verband Sozialer Wettbewerb, C‑19/15, EU:C:2016:563, punto 23).

    28

    Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che la questione se la tassa che un richiedente è tenuto a versare sia rimborsabile in caso di rigetto della sua domanda di licenza è ininfluente rispetto alla qualificazione della stessa quale onere ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva «servizi». Invero, il fatto di dover pagare una tassa configura un’obbligazione finanziaria, e quindi un onere, che il richiedente deve adempiere affinché la sua domanda sia esaminata, a prescindere dal fatto che l’importo possa essere successivamente recuperato in caso di rigetto di detta domanda. Ciò vale a maggior ragione in quanto tale articolo, letto alla luce dei considerando 39, 42 e 43 di detta direttiva, si propone di evitare che taluni aspetti delle procedure e delle formalità di autorizzazione scoraggino l’accesso alle attività di servizio.

    29

    Per essere conforme all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva «servizi», gli oneri considerati devono, a norma di tale disposizione, essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione e non essere superiori ai costi delle procedure.

    30

    Dato che, alla luce di tali criteri, l’ammontare di simili oneri non può in alcun caso superare i costi della procedura di autorizzazione in questione, occorre esaminare se i costi connessi alla gestione del regime di autorizzazione nel suo complesso e alle relative attività di polizia amministrativa siano sussumibili nella nozione di «costi delle procedure».

    31

    Quantunque la Corte non abbia ancora avuto l’occasione di interpretare tale nozione nell’ambito della direttiva «servizi», essa ha già precisato in un contesto diverso che, per calcolare gli importi dei diritti a carattere remunerativo, uno Stato membro ha facoltà di prendere in considerazione non solo i costi, materiali e retributivi, che sono direttamente connessi al compimento delle operazioni di cui essi costituiscono il corrispettivo, ma anche la parte delle spese generali dell’amministrazione competente imputabili a tali operazioni (sentenza del 2 dicembre 1997, Fantask e a., C‑188/95, EU:C:1997:580, punto 30).

    32

    Inoltre, la Corte ha già avuto modo di precisare, dato ancor più rilevante, con riferimento ad una disposizione del diritto dell’Unione che consentiva esplicitamente di tener conto, nel calcolo delle spese amministrative, di quelle afferenti all’applicazione, alla gestione e al controllo di un regime di licenze individuali, che i costi di cui tener conto non possono ricomprendere le spese connesse all’attività generale di vigilanza dell’autorità in questione (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2006, i-21 Germany e Arcor, C‑392/04 e C‑422/04, EU:C:2006:586, punti 3435).

    33

    Orbene, la suesposta considerazione vale a fortiori per quanto concerne l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva «servizi» che, da un lato, riguarda soltanto i «costi delle procedure» e, dall’altro, persegue l’obiettivo di agevolare l’accesso alle attività di servizi. Infatti, tale obiettivo non sarebbe conseguito da un’esigenza di rifinanziamento dei costi connessi alla gestione e alle attività di polizia amministrativa, che comprendono segnatamente i costi collegati all’individuazione e alla repressione delle attività non autorizzate, del regime di autorizzazione di cui trattasi.

    34

    Si deve pertanto rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva «servizi» deve essere interpretato nel senso che esso osta, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, al requisito del pagamento, al momento della presentazione di una domanda diretta a ottenere il rilascio o il rinnovo di un’autorizzazione, di una tassa di cui una parte corrisponda ai costi connessi alla gestione del regime di autorizzazione e alle relative attività di polizia amministrativa, anche se tale parte è recuperabile in caso di rigetto di detta domanda.

    Sulle spese

    35

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, al requisito del pagamento, al momento della presentazione di una domanda diretta a ottenere il rilascio o il rinnovo di un’autorizzazione, di una tassa di cui una parte corrisponda ai costi connessi alla gestione del regime di autorizzazione e alle relative attività di polizia amministrativa, anche se tale parte è recuperabile in caso di rigetto di detta domanda.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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