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Document 62015CC0689

Conclusioni dell’avvocato generale M. Wathelet, presentate il 1° dicembre 2016.
W. F. Gözze Frottierweberei GmbH e Wolfgang Gözze contro Verein Bremer Baumwollbörse.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Oberlandesgericht Düsseldorf.
Rinvio pregiudiziale – Proprietà intellettuale – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articoli 9 e 15 – Deposito del segno fiore di cotone da parte di un’associazione – Registrazione come marchio individuale – Concessione di licenze d’uso di tale marchio ai fabbricanti di prodotti tessili in cotone membri di tale associazione – Domanda di nullità o di decadenza – Nozione di “uso effettivo” – Funzione essenziale di indicazione d’origine.
Causa C-689/15.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:916

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 1o dicembre 2016 ( 1 )

Causa C‑689/15

W.F. Gözze Frottierweberei GmbH,

Wolfgang Gözze

contro

Verein Bremer Baumwollbörse

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore di Düsseldorf, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale — Marchio dell’Unione europea — Regolamento (CE) n. 207/2009 — Articolo 9 — Articolo 15 — Uso effettivo — Utilizzo di un marchio quale marchio di qualità — Assenza di controlli di qualità regolari presso i licenziatari — Decadenza dei diritti del titolare del marchio — Marchio di certificazione»

I – Introduzione

1.

Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore di Düsseldorf, Germania) chiede alla Corte di interpretare, da una parte, l’articolo 9, paragrafo 1, e l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1) e, dall’altra, l’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), l’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), e l’articolo 73, lettera c), di detto regolamento.

2.

Rispondendo al giudice del rinvio, la Corte sarà chiamata a pronunciarsi sulla questione se un marchio di qualità – vale a dire un segno che ha lo scopo di garantire il materiale utilizzato nei prodotti sui quali è apposto, la loro qualità o il procedimento di fabbricazione – è idoneo a costituire un marchio individuale dell’Unione europea.

II – Contesto normativo

3.

Il regolamento n. 207/2009 ha codificato il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1). Come ha dichiarato la Corte, le interpretazioni relative alle disposizioni del regolamento n. 40/94 sono trasponibili al regolamento n. 207/2009 qualora, all’atto dell’adozione di quest’ultimo regolamento, le disposizioni pertinenti non abbiano subito alcuna modifica sostanziale quanto alla loro formulazione, al loro contesto e alla loro finalità ( 2 ). Ciò avviene nel procedimento principale.

4.

A sua volta, il regolamento n. 207/2009 è stato recentemente modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, recante modifica del regolamento (CE) n. 207/2009 sul marchio comunitario, e del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione relativo alle tasse da pagare all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) (GU 2015, L 341, pag. 21).

5.

Tenuto conto della data dei fatti del procedimento principale, il presente rinvio pregiudiziale deve essere esaminato, tuttavia, alla luce del regolamento n. 207/2009 nella sua versione in vigore prima di tale modifica.

A – Il regolamento n. 207/2009

6.

A termini dell’articolo 4 del regolamento n. 207/2009:

«Possono costituire marchi [dell’Unione europea] tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro imballaggio, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.

7.

L’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento prevede quanto segue:

«Sono esclusi dalla registrazione:

(…)

c)

i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

(…)

g)

i marchi che possono indurre in errore il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio;

(…)».

8.

L’articolo 9, paragrafo 1, di detto regolamento dispone quanto segue:

«Il marchio [dell’Unione europea] conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)

un segno identico al marchio [dell’Unione europea] per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)

un segno che a motivo della sua identità o somiglianza col marchio [dell’Unione europea] e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio [dell’Unione europea] e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio;

(…)».

9.

L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 prevede quanto segue:

«Se entro cinque anni dalla registrazione il marchio [dell’Unione europea] non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nell[‘Unione] per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio [dell’Unione europea] è sottoposto alle sanzioni previste nel presente regolamento, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerate come uso:

a)

l’utilizzazione del marchio [dell’Unione europea] in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato;

b)

l’apposizione del marchio [dell’Unione europea] sui prodotti o sul loro imballaggio nell[‘Unione] solo ai fini dell’esportazione».

10.

A termini dell’articolo 51, paragrafo 1, di tale regolamento:

«Il titolare del marchio [dell’Unione europea] è dichiarato decaduto dai suoi diritti su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione:

a)

se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nell[‘Unione] per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione (…);

b)

se, per l’attività o l’inattività del suo titolare, il marchio è divenuto denominazione abituale nel commercio di un prodotto o di un servizio per il quale è registrato;

c)

se, in seguito all’uso che ne viene fatto dal titolare del marchio o col suo consenso per i prodotti o servizi per i quali è registrato, il marchio è tale da poter indurre in errore il pubblico, particolarmente circa la natura, la qualità o la provenienza geografica di tali prodotti o servizi».

11.

L’articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 così recita:

«Su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, il marchio [dell’Unione europea] è dichiarato nullo allorché:

a)

è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7;

(…)».

12.

Ai sensi dell’articolo 73 di tale regolamento:

«Oltre alle cause di decadenza previste all’articolo 51, il titolare del marchio [dell’Unione europea] collettivo è dichiarato decaduto dai suoi diritti su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, quando:

a)

il titolare non prende misure ragionevoli per prevenire un’utilizzazione del marchio non compatibile con le eventuali condizioni previste dal regolamento d’uso, della cui modifica si sia fatta menzione, se del caso, nel registro;

(…)

c)

la modifica del regolamento d’uso è stata iscritta nel registro in contrasto con le disposizioni dell’articolo 71, paragrafo 2, salvo che il titolare del marchio si conformi a dette disposizioni con una nuova modifica del regolamento d’uso».

B – Il regolamento 2015/2424

13.

Il considerando 27 del regolamento 2015/2424 prevede quanto segue:

«Per integrare le vigenti disposizioni in materia di marchi collettivi comunitari e per correggere l’attuale squilibrio tra i sistemi nazionali e il sistema del marchio UE, è necessario aggiungere una serie di disposizioni specifiche al fine di proteggere i marchi di certificazione dell’Unione europea (…), in modo da consentire ad un istituto o organismo di certificazione di permettere ai partecipanti al sistema di certificazione di usare il marchio d’impresa come segno per i prodotti o i servizi che soddisfano i requisiti di certificazione».

14.

A tal fine, il regolamento 2015/2424 ha inserito nel regolamento n. 207/2009 un articolo 74bis, formulato come segue:

«1.   Possono costituire marchi di certificazione UE i marchi UE così designati all’atto del deposito della domanda e idonei a distinguere i prodotti o i servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione del servizio, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche, ad eccezione della provenienza geografica, da prodotti e servizi non certificati.

2.   Ogni persona fisica o giuridica, tra cui istituzioni, autorità e organismi di diritto pubblico, può presentare domanda di marchio di certificazione UE purché detta persona non svolga un’attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato.

(…)».

15.

Ai sensi dell’articolo 4 del regolamento 2015/2424, l’articolo 74 bis del regolamento n. 207/2009 si applicherà a decorrere dal 1o ottobre 2017.

III – Fatti del procedimento principale

16.

Nel procedimento principale si contrappongono, da un lato, la W.F. Gözze Frottierweberei GmbH (in prosieguo: la «Gözze») e il suo amministratore, Wolfgang Gözze (in prosieguo: il «sig. Gözze») e, dall’altro, l’associazione Verein Bremer Baumwollbörse (in prosieguo: la «VBB»).

17.

La VBB è un’associazione che tutela gli interessi di imprese del settore del tessile in cotone. Essa è titolare del marchio dell’Unione europea figurativo seguente (in prosieguo: il marchio «fiore di cotone»):

Image

18.

Il marchio «fiore di cotone» è stato depositato in bianco e nero e registrato il 22 maggio 2008, in particolare per prodotti tessili.

19.

La VBB conclude contratti di licenza relativi al marchio «fiore di cotone» con imprese del settore tessile. Tali imprese si impegnano ad utilizzare detto marchio soltanto per prodotti di buona qualità fabbricati con fibre di cotone. Il rispetto di tale impegno può essere controllato dalla VBB.

20.

La Gözze opera nel settore tessile e commercializza in particolare asciugamani sui quali appone cartellini pendenti il cui retro, solitamente stampato in verde e bianco, è riprodotto di seguito:

Image

21.

La Gözze non rientra fra i licenziatari della VBB. Quest’ultima non ha acconsentito ad alcun utilizzo, da parte della Gözze, di un segno identico o simile al marchio «fiore di cotone». Pertanto, la VBB ha promosso un’azione per contraffazione nei confronti della Gözze dinanzi al tribunale dei marchi dell’Unione europea competente, il Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale di Düsseldorf, Germania)

22.

La Gözze ha proposto una domanda riconvenzionale di nullità, o in subordine di decadenza, del marchio «fiore di cotone». A suo avviso, il segno figurativo «fiore di cotone» sarebbe meramente descrittivo e pertanto privo di carattere distintivo. Tale segno non potrebbe servire da indicazione di origine e non avrebbe quindi dovuto essere registrato come marchio.

23.

Il Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale di Düsseldorf) ha accolto il ricorso della VBB e ha respinto la domanda riconvenzionale della Gözze, la quale ha quindi interposto appello dinanzi all’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore di Düsseldorf).

24.

Secondo quest’ultimo giudice, il pubblico comprende che il segno «fiore di cotone» svolge una funzione ulteriore rispetto a quella consistente semplicemente nell’indicare che la materia utilizzata per la fabbricazione del prodotto è il cotone. Esso ritiene inoltre che, a causa dell’elevato grado di somiglianza tra il segno «fiore di cotone» utilizzato dalla Gözze e il marchio «fiore di cotone» della VBB, sussista un rischio di confusione. A questo proposito, esso constata che tale segno si distingue da detto marchio soltanto per il colore.

25.

Tuttavia, da ciò non deriverebbe necessariamente che l’azione per contraffazione debba essere accolta. Infatti, nel segno «fiore di cotone», il pubblico ravviserebbe anzitutto un’indicazione relativa alla qualità del prodotto. Ciò posto, si potrebbe ritenere che l’uso del segno e del marchio «fiore di cotone» non trasmetta alcun messaggio riguardo all’origine del prodotto. Ciò potrebbe portare alla conclusione che la VBB sia decaduta dai propri diritti e che la Gözze non commetta atti di contraffazione.

26.

Il giudice del rinvio aggiunge, tuttavia, che l’uso di un marchio individuale come marchio di qualità potrebbe, al pari dell’utilizzo di un marchio collettivo, essere considerato un uso come marchio qualora il pubblico collegasse a tale marchio l’aspettativa di un controllo di qualità effettuato dal titolare.

27.

Infatti, in tale ipotesi, il pubblico ravviserebbe, nell’uso di detto marchio, l’indicazione di un prodotto fabbricato sotto il controllo del titolare. Il marchio svolgerebbe in tal modo la sua funzione essenziale, che è quella di indicare che il prodotto proviene da un’impresa soggetta alla garanzia di qualità.

28.

In siffatta ipotesi, il giudice del rinvio ritiene che si possa considerare di applicare per analogia l’articolo 73 del regolamento n. 207/2009 per i marchi collettivi, a norma del quale occorre dichiarare la decadenza del marchio qualora il suo titolare non adotti misure adeguate per prevenire un’utilizzazione del marchio non compatibile con le eventuali condizioni previste dal regolamento d’uso.

29.

Ciò premesso, il giudice del rinvio ha ritenuto opportuno sospendere il procedimento e interrogare la Corte in via pregiudiziale.

IV – La domanda di pronuncia pregiudiziale e il procedimento dinanzi alla Corte

30.

Con decisione del 15 dicembre 2015, pervenuta alla Corte il 21 dicembre 2015, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore di Düsseldorf) ha quindi deciso di sottoporre alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’utilizzo di un marchio individuale quale marchio di qualità possa integrare un uso come marchio, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, e dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento [n. 207/2009], per i prodotti in relazione ai quali viene impiegato.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione: se un siffatto marchio debba essere dichiarato nullo, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), oppure decaduto, applicando per analogia l’articolo 73, lettera c), del regolamento [n. 207/2009], qualora il titolare del marchio non garantisca, attraverso controlli periodici di qualità presso i suoi licenziatari, la conformità delle aspettative riguardo alla qualità che il pubblico associa a tale segno».

31.

Sono state presentate osservazioni scritte dalla Gözze, dal sig. Gözze, dalla VBB, dal governo tedesco nonché dalla Commissione europea. Inoltre, essi hanno tutti presentato osservazioni orali all’udienza svoltasi il 19 ottobre 2016.

V – Analisi

A – Sulla prima questione pregiudiziale

32.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se sia possibile riconoscere ad un marchio di qualità il diritto esclusivo conferito al titolare di un marchio individuale dal regolamento n. 207/2009.

33.

Infatti, secondo l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore di Düsseldorf), il successo del ricorso proposto dalla VBB dipende dalla questione se l’utilizzo di un marchio individuale come marchio di qualità possa costituire un uso come marchio ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, e dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 ( 3 ).

34.

Il regolamento n. 207/2009 non riconosce, in quanto tali, i marchi di qualità (titolo 1 infra). Di conseguenza, il problema può essere esaminato soltanto alla luce delle funzioni del marchio (titoli da 2 a 4 infra). Tale esame spetta, in definitiva, al giudice nazionale (titolo 5 infra).

1. L’assenza di riconoscimento del marchio di qualità come marchio dell’Unione europea nel regolamento n. 207/2009

35.

L’utilizzo di un segno al fine di garantire il materiale di un prodotto, il suo procedimento di fabbricazione o la sua qualità non è previsto, in quanto tale, nel regolamento n. 207/2009. Dall’evoluzione storica della normativa relativa al marchio dell’Unione europea si evince che tale mancata previsione è frutto di una scelta cosciente del legislatore.

36.

Infatti, i «marchi di certificazione» erano espressamente previsti dalla Commissione fin dalle prime riflessioni relative alla creazione di un marchio comunitario, accanto ai marchi collettivi, in aggiunta ai marchi «ordinari» ( 4 ). Tale tipo di marchio figurava d’altronde all’articolo 86 della proposta di regolamento (CEE) del Consiglio sul marchio comunitario, sotto la denominazione «marchi comunitari di garanzia» ( 5 ). Orbene, il legislatore non ha mantenuto detto tipo di marchio nel regolamento n. 40/94, né nel regolamento n. 207/2009.

37.

Non vi è quindi alcun dubbio sull’esclusione di tale tipo di marchio dal campo di applicazione del regolamento n. 207/2009. Se necessario, il riconoscimento della loro esistenza nella prima direttiva 89/104 conferma il carattere intenzionale della scelta contraria operata in detto regolamento ( 6 ).

38.

Pertanto, il marchio di certificazione compare come marchio dell’Unione europea soltanto con il regolamento 2015/2424.

39.

Infatti, il legislatore chiarisce espressamente, al considerando 27 di tale nuovo regolamento, che è «[p]er integrare le vigenti disposizioni in materia di marchi collettivi comunitari e per correggere l’attuale squilibrio tra i sistemi nazionali e il sistema del marchio UE (…)» ( 7 ) che è sembrato «necessario aggiungere una serie di disposizioni specifiche al fine di proteggere i marchi di certificazione dell’Unione europea».

40.

È dunque certo che l’utilizzo di un segno al fine di garantire il materiale di un prodotto, il suo procedimento di fabbricazione o la sua qualità non può essere previsto, in quanto tale, dal regolamento n. 207/2009. Si tratta di un nuovo tipo di marchio dell’Unione europea introdotto dal regolamento 2015/2424 con la denominazione di «marchio di certificazione» ( 8 ).

41.

Ciò vuol dire che un siffatto segno non può mai beneficiare della protezione conferita ai marchi individuali dal regolamento n. 207/2009? Ritengo di no.

42.

Tuttavia, per conferire al suo titolare un diritto esclusivo, il segno utilizzato come marchio di qualità deve necessariamente svolgere la funzione essenziale del marchio.

2. La necessità di svolgere la funzione essenziale del marchio

43.

Secondo una giurisprudenza costante, «la funzione essenziale del marchio consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio, consentendo loro di distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da quelli di provenienza diversa. Infatti, per poter svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato intende istituire e mantenere, il marchio deve costituire la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità» ( 9 ).

44.

Detta funzione essenziale del marchio si concretizza nell’uso che ne viene fatto, in quanto l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 richiede un «uso effettivo». Infatti, tale «uso effettivo» è stato definito dalla Corte come «un uso (…) conforme alla funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine di un prodotto o di un servizio, consentendo loro di distinguere senza confusione possibile tale prodotto o tale servizio da quelli di provenienza diversa» ( 10 ).

45.

In conseguenza del carattere essenziale di tale funzione, «si presuppone che un marchio soddisfi sempre la propria funzione di indicazione d’origine, mentre esso garantisce le proprie altre funzioni solo nei limiti in cui il suo titolare lo sfrutti in tal senso (…)» ( 11 ).

46.

Pertanto, da tale giurisprudenza sembra derivare che, nel regime del regolamento n. 207/2009, un marchio di qualità deve necessariamente svolgere la funzione di origine del marchio affinché il suo titolare possa pretendere di avvalersi del diritto esclusivo conferitogli dall’articolo 9 di detto regolamento.

47.

In altri termini, quando l’uso di un segno, quale marchio di qualità, è legato non soltanto ad un’indicazione relativa alla qualità del prodotto, ma anche e simultaneamente ad un’indicazione di origine, siamo in presenza di un uso del segno quale marchio ai sensi della giurisprudenza della Corte.

3. La necessità di pregiudicare una delle funzioni del marchio

48.

In quest’ultimo caso – vale a dire nell’ipotesi in cui un segno sia utilizzato in connessione con un’indicazione relativa alla qualità del prodotto e con un’indicazione di origine, occorrerebbe inoltre stabilire se l’uso, da parte di un terzo, di un segno identico o simile al marchio dell’Unione europea registrato pregiudichi o rischi di pregiudicare i diritti del titolare del marchio.

49.

A tale riguardo, la Corte è stata particolarmente chiara al punto 39 della sua sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C‑323/09, EU:C:2011:604): «la funzione di indicazione d’origine del marchio non è la sola funzione di quest’ultimo degna di protezione contro violazioni da parte di terzi (…)». Orbene, la Corte ha espressamente riconosciuto, tra queste altre funzioni, quella consistente nel garantire la qualità del prodotto ( 12 ).

50.

Secondo la Corte, il diritto esclusivo previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 è concesso al titolare del marchio al fine di garantire che quest’ultimo possa adempiere le proprie funzioni. Esso può pertanto essere esercitato qualora l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio e, in particolare, la sua funzione essenziale di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto ( 13 ).

51.

In altri termini, il titolare del marchio è legittimato a vietare tale uso qualora quest’ultimo possa pregiudicare una delle funzioni del marchio, si tratti della funzioni di indicazione d’origine o di una delle altre funzioni ( 14 ).

52.

Di conseguenza, a contrario, l’uso del segno a fini puramente descrittivi è escluso dal campo di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 ( 15 ).

53.

Tuttavia, occorre sottolineare che la Corte limita la possibilità di contestare la violazione di una delle funzioni del marchio all’ipotesi in cui un segno identico ad un marchio dell’Unione europea sia utilizzato per prodotti o servizi identici a quelli per i quali quest’ultimo è stato registrato, vale a dire il campo di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2008/95 o dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009.

54.

Tale distinzione è stata espressamente sottolineata dalla Corte nella sentenza del 25 marzo 2010, BergSpechte (C‑278/08, EU:C:2010:163):

nell’ipotesi di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, «in cui l’uso da parte di un terzo di un segno identico a un marchio avviene per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio ha il diritto di vietare detto uso qualora quest’ultimo possa compromettere una delle funzioni del marchio» ( 16 ),

nell’altra ipotesi, prevista dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, «in cui il terzo fa uso di un segno identico o simile ad un marchio per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio può opporsi all’uso di detto segno solo ove esista un rischio di confusione» ( 17 ).

55.

Tale distinzione deriva dal testo dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009. Infatti, la protezione conferita dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento è più ampia di quella prevista nello stesso articolo, paragrafo 1, lettera b), in quanto quest’ultima richiede espressamente, per la sua applicazione, l’esistenza di un rischio di confusione in caso di somiglianza, contrariamente alla prima ( 18 ).

4. Conclusione intermedia

56.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che l’utilizzo di un segno quale marchio di qualità possa costituire un uso a titolo di marchio in grado di assicurare al suo titolare il mantenimento dei diritti conferitigli dal marchio dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 207/2009, a condizione che l’utilizzo di tale segno svolga simultaneamente la funzione essenziale di indicazione d’origine del marchio.

57.

In tale ipotesi, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato nel senso che esso autorizza il titolare del marchio dell’Unione europea che corrisponde ad un marchio di qualità a vietare ad un concorrente di utilizzare un segno identico per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è stato registrato, qualora tale uso possa pregiudicare una delle funzioni del marchio, quale l’indicazione di qualità del prodotto.

58.

Tuttavia, qualora un terzo utilizzi un segno identico o simile ad un marchio per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali il marchio è stato registrato, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato nel senso che esso legittima il titolare del marchio dell’Unione europea ad opporsi all’uso di tale segno soltanto se sussista un rischio di confusione.

5. Il ruolo del giudice nazionale

59.

Spetta al giudice del rinvio, in primo luogo, valutare se il marchio «fiore di cotone» svolga la funzione essenziale del marchio e, in secondo luogo, se sussista un pregiudizio, o un rischio di pregiudizio, per la funzione di indicazione d’origine di un marchio o per un’altra delle sue funzioni ( 19 ).

a) Sulla funzione essenziale dell’indicazione d’origine

60.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, dall’utilizzo di tale segno, il pubblico ricava un’indicazione sulla qualità del prodotto ( 20 ).

61.

Tuttavia, anche se abbiamo visto che la garanzia di qualità di un prodotto può essere tutelata in quanto funzione del marchio, l’indicazione di qualità rilevata dal giudice del rinvio non ha come conseguenza quella di escludere automaticamente la possibilità per il marchio in questione di svolgere anche la funzione di indicazione d’origine.

62.

Al contrario, condivido la riflessione del giudice del rinvio, secondo cui un segno nel quale il pubblico ravvisa un rimando ad un prodotto soggetto al controllo del titolare del marchio consente di distinguere il prodotto così contrassegnato dai prodotti di altre imprese non sottoposti a tale controllo ( 21 ).

63.

Infatti, la Corte ha precisato che «per poter svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato intende istituire e mantenere, il marchio deve costituire la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità» ( 22 ).

64.

Pertanto, sebbene la garanzia di qualità possa essere tutelata quale funzione del marchio, può darsi che ciò costituisca una conseguenza della funzione di indicazione d’origine. La garanzia di qualità è collegata alla sua origine ( 23 ).

65.

Infatti, è ragionevole considerare che la funzione di indicazione d’origine presenti un interesse precisamente in ragione degli effetti che vi sono connessi. Ciò che il consumatore si aspetta da un prodotto sul quale è apposto un marchio da lui (ri)conosciuto è una qualità costante. A partire da tale aspettativa di qualità, generata dal marchio, il suo titolare è in grado di preservare e di consolidare l’attenzione alla qualità da parte del consumatore, al fine di aumentare le sue vendite future ( 24 ).

66.

Peraltro, il riferimento ad un’«unica impresa» che sia responsabile della qualità del prodotto o del servizio non dev’essere interpretato letteralmente.

67.

Sembra che possa trattarsi del titolare del marchio, ma anche di imprese «economicamente connesse», poiché la Corte ha riconosciuto, in particolare, che sussiste violazione della funzione di indicazione di origine del marchio quando un annuncio pubblicitario, suggerito dall’uso di una parola chiave identica a un marchio in un motore di ricerca su Internet, «non consente o consente soltanto difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente connessa a quest’ultimo o, al contrario, da un terzo» ( 25 ).

68.

Nello stesso senso, rilevo che la Corte ha inoltre fatto riferimento, nella determinazione di una violazione della funzione di indicazione di origine del marchio, ai rivenditori autorizzati del titolare del marchio ( 26 ) o all’appartenenza alla medesima rete ( 27 ).

69.

Di conseguenza, qualora il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che l’indicazione di qualità indotta dal marchio «fiore di cotone» richiama anche la VBB o uno dei suoi licenziatari, tale marchio svolgerebbe allora anche la funzione di indicazione d’origine.

70.

Qualora, al contrario, il giudice del rinvio dovesse giudicare che la fiducia nella qualità del prodotto sul quale è apposto il segno «fiore di cotone» è legata soltanto al materiale utilizzato, indipendentemente dal suo produttore o dall’associazione che rilascia detto marchio di qualità, occorrerebbe allora constatare che l’anzidetto segno non svolge la funzione essenziale di un marchio.

b) Sul pregiudizio, o rischio di pregiudizio, per la funzione di indicazione d’origine del marchio o per una delle sue funzioni

71.

Nel caso in cui il giudice del rinvio concludesse che il segno «fiore di cotone» svolge la funzione di indicazione d’origine, resterebbe da determinare se l’uso di un segno identico o simile da parte di un terzo violi o rischi di violare i diritti della VBB.

72.

Nel caso di specie, non mi sembra che il marchio «fiore di cotone» e il segno utilizzato dalla Gözze possano essere considerati identici, data la differenza di colori tra detti segni. Infatti, un segno è identico ad un marchio solo quando riproduce, senza modifiche né aggiunte, tutti gli elementi che costituiscono il marchio stesso, o quando, considerato complessivamente, contiene differenze talmente insignificanti da poter passare inosservate agli occhi di un consumatore medio ( 28 ).

73.

Ancora una volta, tuttavia, spetta al giudice nazionale valutare se il segno utilizzato dalla Gözze sia identico o simile al marchio «fiore di cotone». Nel primo caso, la VBB avrebbe diritto a fare vietare l’uso del segno idoneo a pregiudicare una delle funzioni del proprio marchio, quale l’indicazione di qualità del prodotto [applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009]. Nel secondo caso, la VBB potrebbe opporsi all’uso di detto segno soltanto qualora esistesse un rischio di confusione riguardo all’origine del prodotto [applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009].

B – Sulla seconda questione pregiudiziale

74.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia possibile dichiarare la decadenza di un marchio individuale utilizzato come marchio di qualità, sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a) e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, o sulla base di un’applicazione analogica dell’articolo 73, lettera c), di detto regolamento, qualora il titolare del marchio non garantisca, attraverso controlli periodici di qualità presso i suoi licenziatari, la conformità delle aspettative riguardo alla qualità che il pubblico associa a tale segno.

75.

Tale questione è spiegata da una premessa del giudice del rinvio. Secondo quest’ultimo, affinché un marchio di qualità sia riconosciuto come marchio dell’Unione europea, occorre che il pubblico colleghi il marchio in questione all’aspettativa di un controllo di qualità effettuato dal titolare del segno. Di conseguenza, per riconoscere a tale marchio la tutela relativa al marchio dell’Unione europea, occorrerebbe che l’idea di «qualità controllata» che il pubblico associa a tale marchio fosse effettivamente garantita ( 29 ).

76.

Sebbene io condivida la premessa del ragionamento, non sono d’accordo con la conclusione che ne viene tratta.

77.

Infatti, come ho già osservato in precedenza, un marchio di qualità può rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento n. 207/2009 non già in quanto marchio di garanzia o di certificazione – le cui condizioni di decadenza potrebbero avvicinarsi a quelle applicabili al marchio collettivo ( 30 ) – bensì unicamente in quanto marchio individuale.

78.

Orbene, benché l’idea di un controllo dell’uso di un marchio possa eventualmente desumersi dall’articolo 73 del regolamento n. 207/2009, occorre constatare che detto regolamento non impone alcuna condizione di tal genere per i marchi individuali.

79.

Secondo il ragionamento che ho sviluppato nell’ambito dell’esame della prima questione pregiudiziale, un marchio di qualità deve necessariamente – e unicamente – svolgere la funzione di indicazione d’origine del marchio affinché il suo titolare possa pretendere di avvalersi del diritto esclusivo conferitogli dall’articolo 9 del regolamento n. 207/2009.

80.

In tale contesto, la possibilità di un controllo della qualità del prodotto può essere un elemento che consente di collegare il prodotto ad un produttore e alle imprese economicamente connesse a quest’ultimo. Invece, l’effettività di detto controllo non è richiesta. Infatti, l’importante non è l’effettività del controllo, bensì l’imputabilità della qualità a una determinata impresa e la possibilità di controllo associata a quest’ultima.

81.

Di conseguenza, ritengo che né gli articoli 52, paragrafo 1, lettera a) e 7, paragrafo 1, lettera g), né l’articolo 73, lettera c), del regolamento n. 207/2009 legittimino la nullità o la decadenza di un marchio dell’Unione europea che sia anche un marchio di qualità, qualora il titolare di tale marchio non garantisca, con un controllo di qualità effettivo o regolare presso i suoi licenziatari, la conformità delle aspettative riguardo alla qualità che il pubblico associa a tale segno.

VI – Conclusione

82.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale regionale superiore di Düsseldorf):

«1)

L’utilizzo di un segno quale marchio di qualità può costituire un uso come marchio idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti ai sensi dell’articolo 15 del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea, a condizione che l’utilizzo del segno in questione svolga simultaneamente la funzione essenziale di indicazione d’origine del marchio.

In tale ipotesi, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato nel senso che esso autorizza il titolare del marchio dell’Unione europea che corrisponde ad un marchio di qualità a vietare ad un concorrente di utilizzare un segno identico per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è stato registrato, qualora tale uso possa pregiudicare una delle funzioni del marchio, quale l’indicazione di qualità del prodotto.

Tuttavia, qualora un terzo utilizzi un segno identico o simile ad un marchio per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato nel senso che esso legittima il titolare del marchio dell’Unione europea ad opporsi all’uso di detto segno soltanto se sussista un rischio di confusione.

2)

Né gli articoli 52, paragrafo 1, lettera a) e 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, né l’articolo 73, lettera c), del medesimo regolamento legittimano la nullità o la decadenza di un marchio dell’Unione europea che sia anche un marchio di qualità, qualora il titolare di tale marchio non garantisca, con un controllo di qualità effettivo o regolare presso i suoi licenziatari, la conformità delle aspettative riguardo alla qualità che il pubblico associa a tale segno».


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) V., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C‑323/09, EU:C:2011:604, punto 4). Nella stessa sentenza, la Corte ha inoltre precisato che la giurisprudenza relativa all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1) era rilevante anche per l’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 40/94. Infatti, tale interpretazione «è stata più volte ribadita ed applicata all’art[icolo] 9, [paragrafo] 1, lett[era] a), del regolamento n. 40/94» [v. sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C‑323/09, EU:C:2011:604, punto 38)]. Orbene, il testo dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 è identico a quello dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 40/94.

( 3 ) V. punto 7 della domanda di pronuncia pregiudiziale.

( 4 ) V. memorandum della Commissione sulla creazione di un marchio comunitario [Sec(76) 2462], Bollettino CE, supplemento 8/76, punto 69 (v., inoltre, punti 53 e 71).

( 5 ) Proposta di regolamento (CEE) del Consiglio sul marchio comunitario presentata dalla Commissione al Consiglio il 25 novembre 1980 (COM/80/635DEF) (GU 1980, C 351, pag. 5).

( 6 ) Secondo l’articolo 1 di quest’ultima, la direttiva si applicava «ai marchi di impresa di prodotti o di servizi individuali, collettivi, di garanzia o certificazione che hanno formato oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione in uno Stato membro o presso l’ufficio dei marchi del Benelux o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro» (il corsivo è mio; v., inoltre, articolo 15, intitolato «Disposizioni particolari concernenti i marchi collettivi, i marchi di garanzia e i marchi di certificazione»). Tale presa in considerazione del marchio di garanzia o di certificazione è stata mantenuta nella direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25) e la nozione è stata definita all’articolo 27 della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1).

( 7 ) Il corsivo è mio.

( 8 ) V., in tal senso, Rodhain, Ph., «La nouvelle marque de l’Union européenne: version 2.0 ou simple mise à jour?», Revue Lamy droit de l’immatériel, 2016, n. 127, pagg. da 45 a 51, specialmente pag. 49.

( 9 ) Sentenza del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club (C‑206/01, EU:C:2002:651, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) Sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul (C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 36).

( 11 ) Sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C‑323/09, EU:C:2011:604, punto 40). Il corsivo è mio.

( 12 ) V., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2009, L’Oréal e a. (C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 58); del 23 marzo 2010, Google France e Google (da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punto 77), nonché del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C‑323/09, EU:C:2011:604, punto 38). V., a proposito del riconoscimento di tali nuove funzioni del marchio, Bonet, G., «Les trois âges de la fonction de la marque. Selon la jurisprudence de la Cour de justice», Propriétés intellectuelles, 2012, n. 43, pagg. da 154 a 160.

( 13 ) V., in tal senso, sentenze del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club (C‑206/01, EU:C:2002:651, punto 51); del 18 giugno 2009, L’Oréal e a. (C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 58), nonché del 23 marzo 2010, Google France e Google (da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punto 77).

( 14 ) V., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2009, L’Oréal e a. (C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 65), nonché del 23 marzo 2010, Google France e Google (da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punto 79).

( 15 ) V., in tal senso, a proposito dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/104, sentenza del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club (C‑206/01, EU:C:2002:651, punto 54). Il riferimento a fini puramente descrittivi è stato definito dalla Corte come quello volto ad illustrare le caratteristiche del prodotto [sentenza del 14 maggio 2002, Hölterhoff (C‑2/00, EU:C:2002:287, punto 16)].

( 16 ) Punto 21 [a proposito dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/104].

( 17 ) Punto 22 [a proposito dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/104].

( 18 ) V., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2010, Google France e Google (da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punto 78). L’interpretazione letterale dell’articolo 9 del regolamento n. 207/2009 trova conferma nel considerando 8 di tale regolamento. Infatti, quest’ultimo prevede una tutela «assoluta» del marchio in caso di identità tra il marchio e il segno, e tra i prodotti o servizi, ma considera la tutela del marchio in caso di somiglianza soltanto in relazione al rischio di confusione [v., in tal senso, a proposito dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/104, sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 59)].

( 19 ) V., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2009, L’Oréal e a. (C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 63); del 23 marzo 2010, Google France e Google (da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punto 88), nonché del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C‑323/09, EU:C:2011:604, punto 46).

( 20 ) V. punto 9 della domanda di pronuncia pregiudiziale.

( 21 ) V. punto 12 della domanda di pronuncia pregiudiziale. L’incidenza dell’effettività del controllo costituisce l’oggetto della seconda questione sollevata.

( 22 ) V., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club (C‑206/01, EU:C:2002:651, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

( 23 ) V., in tal senso, Bonet, G., «Les trois âges de la fonction de la marque. Selon la jurisprudence de la Cour de justice», Propriétés intellectuelles, 2012, n. 43, pagg. da 154 a 160, specialmente pag. 159. Alcuni autori giungono persino a sostenere che il marchio non eserciti alcuna funzione autonoma di garanzia di qualità. Ammesso che il marchio eserciti tale funzione, ciò avverrebbe attraverso la funzione di garanzia di identità d’origine, «la constance de la provenance garantissant, en principe mais néanmoins pas nécessairement, une constance de la qualité» (v. Passa, J., «Les nouvelles fonctions de la marque dans la jurisprudence de la cour de justice: Portée? Utilité?», Cahiers de droit de l’entreprise, gennaio 2012, fascicolo 5). In tale ottica, la funzione di qualità costituisce un aspetto o un’articolazione della funzione di garanzia di identità d’origine.

( 24 ) V., in tal senso, Riehle, G., Trade Mark Rights and Remanufacturing in the European Community, ICC Studies, vol. 22, Verlag C.H. Beck, Monaco, 2003, pag. 50.

( 25 ) V. sentenza del 23 marzo 2010, Google France e Google (da C‑236/08 a C‑238/08, EU:C:2010:159, punto 84). Il corsivo è mio.

( 26 ) V., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club (C‑206/01, EU:C:2002:651, punto 59).

( 27 ) V., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C‑323/09, EU:C:2011:604, punto 51).

( 28 ) V., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2010, BergSpechte (C‑278/08, EU:C:2010:163, punto 25).

( 29 ) V. punti 12 e 13 della domanda di pronuncia pregiudiziale.

( 30 ) Come avviene nel regolamento 2015/2424.

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