Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62015CC0678

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate l'8 febbraio 2017.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:100

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

    presentate l’8 febbraio 2017 ( 1 )

    Causa C‑678/15

    Mohammad Zadeh Khorassani

    contro

    Kathrin Pflanz

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione, Germania)]

    «Tutela dei consumatori — Mercati degli strumenti finanziari — Nozione di “servizi e attività di investimento” — Servizio di “ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari” — Eventuale inclusione della mediazione nella conclusione di un contratto di gestione del portafoglio»

    1. 

    Il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione, Germania) chiede alla Corte di pronunciarsi in merito a una delle modalità di prestazione di servizi finanziari disciplinati dalla direttiva 2004/39/CE ( 2 ). Nello specifico, il giudice nazionale desidera sapere se l’intervento di una persona fisica quale mediatrice nella conclusione di un contratto di gestione del portafoglio (sottoscritto da un terzo e da alcune società di investimento con sede in Liechtenstein) possa inquadrarsi tra i servizi cui si applica la direttiva stessa.

    2. 

    La causa è rilevante, da un lato, dal punto di vista generale della tutela dell’investitore. L’asimmetria dell’informazione tra gli utenti di tali servizi e le imprese che prestano questi ultimi, la crescente complessità dei prodotti offerti e la mancanza di cultura finanziaria in grandi segmenti della popolazione, unitamente ad altri fattori, fanno sì che i singoli possano essere indotti a prendere decisioni errate (e gravemente dannose per i loro interessi) in materia di risparmio, investimenti o indebitamento. Per arrestare tali fenomeni, dai quali non sono rimaste indenni alcune crisi recenti, i poteri legislativi hanno approvato, nonostante la liberalizzazione dei mercati e il loro elevato livello di concorrenza sul piano globale, normative che tutelano la posizione del consumatore, con l’intento di raggiungere un equilibrio ( 3 ) tra gli interessi di quest’ultimo e quelli degli operatori del mercato. A tale modello di intervento risponde precisamente la direttiva MiFID I.

    3. 

    D’altro lato, in un’ottica più mirata al regime giuridico particolare di tale direttiva, si pongono questioni circa l’inquadramento normativo di determinate attività di intermediazione come quella che è all’origine del procedimento principale. Si pone la domanda se tali attività siano soggette alla direttiva MiFID I, ciò che si tradurrebbe in una maggiore tutela degli investitori o se, invece, esulano dall’ambito di applicazione di detta direttiva. La controversia verte, in particolare, sulla questione se per servizi finanziari debbano intendersi solo i servizi prestati da quelle imprese di investimento che ricevono ed eseguono ordini degli investitori riguardanti strumenti finanziari specifici. Su quest’ultimo aggettivo si è focalizzata una grande parte del dibattito.

    I – Contesto normativo

    A – Diritto dell’Unione

    1. Direttiva 2004/39

    4.

    A termini del considerando 2:

    «(…) è indispensabile assicurare il grado di armonizzazione necessario per poter offrire agli investitori un livello elevato di protezione e consentire alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta la Comunità, nel quadro del mercato unico, sulla base della vigilanza dello Stato membro di origine (…)».

    5.

    Il considerando 20 è del seguente tenore:

    «Ai fini della presente direttiva, l’attività di ricezione e trasmissione di ordini dovrebbe comprendere anche l’attività consistente nel mettere in contatto due o più investitori, rendendo così possibile la conclusione di un’operazione fra di essi».

    6.

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1:

    «La presente direttiva si applica alle imprese di investimento e ai mercati regolamentati».

    7.

    L’articolo 3, paragrafo 1, prevede quanto segue:

    «1.   Gli Stati membri hanno la facoltà di non applicare la presente direttiva alle persone rispetto alle quali essi sono lo Stato membro d’origine che:

    non sono autorizzate a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che per questo motivo non possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro clienti, e

    non sono autorizzate a prestare servizi di investimento, tranne la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d’investimento collettivo e l’attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari, e

    nell’ambito della prestazione di tali servizi sono autorizzate a trasmettere ordini soltanto a:

    i)

    imprese di investimento autorizzate ai sensi della presente direttiva,

    (…)».

    8.

    L’articolo 4, paragrafo 1, contiene le seguenti definizioni:

    «1)

    “impresa di investimento”: qualsiasi persona giuridica la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell’effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale;

    (…)

    2)

    “servizio e attività di investimento”: qualsiasi servizio o attività riportati nella sezione A dell’allegato I relativo ad uno degli strumenti che figurano nella sezione C dell’allegato I;

    (…)

    4)

    “consulenza in materia di investimenti”: prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell’impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari;

    5)

    “esecuzione di ordini per conto dei clienti”: conclusione di accordi di acquisto o di vendita di uno o più strumenti finanziari per conto dei clienti;

    (…)

    9)

    “gestione del portafoglio”: gestione, su base discrezionale e individualizzata, di portafogli di investimento nell’ambito di un mandato conferito dai clienti, qualora tali portafogli includano uno o più strumenti finanziari;

    (…)».

    9.

    Nell’allegato I, sezione A, sono elencati i seguenti servizi e attività di investimento:

    «(1)

    Ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari.

    (2)

    Esecuzione di ordini per conto dei clienti.

    (3)

    Negoziazione per conto proprio.

    (4)

    Gestione di portafogli.

    (5)

    Consulenza in materia di investimenti».

    2. Direttiva 2006/73/CE ( 4 )

    10.

    A termini del considerando 81:

    «Una consulenza generica in merito ad un tipo di strumento finanziario non è una consulenza in materia di investimenti ai fini della direttiva 2004/39/CE, in quanto la presente direttiva specifica che, ai fini della direttiva 2004/39/CE, la consulenza in materia di investimenti è limitata alla consulenza in merito a determinati strumenti finanziari. Tuttavia se l’impresa di investimento fornisce una consulenza generica ad un cliente in merito ad un tipo di strumento finanziario che essa presenta come adatto per tale cliente, considerate le sue particolari caratteristiche, e tale consulenza non è in realtà adeguata per tale cliente o non è basata sulla considerazione delle sue caratteristiche, in funzione delle circostanze di ciascun caso, è probabile che tale impresa violi l’articolo 19, paragrafo 1 o 2, della direttiva 2004/39/CE. In particolare, è probabile che l’impresa che fornisce ad un cliente tale consulenza violi l’obbligo di cui all’articolo 19, paragrafo 1, di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi dei suoi clienti. Analogamente o alternativamente, tale consulenza sarebbe probabilmente in contrasto con il requisito di cui all’articolo 19, paragrafo 2, che le informazioni indirizzate dalle imprese di investimento ai clienti siano corrette, chiare e non fuorvianti».

    11.

    L’articolo 52 stabilisce quanto segue:

    «Ai fini della definizione di “consulenza in materia di investimenti” di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 4), della direttiva 2004/39/CE, una raccomandazione personalizzata è una raccomandazione che viene fatta ad una persona nella sua qualità di investitore o potenziale investitore o nella sua qualità di agente di un investitore o potenziale investitore.

    Tale raccomandazione deve essere presentata come adatta per tale persona, o deve essere basata sulla considerazione delle caratteristiche di tale persona, e deve raccomandare la realizzazione di un’operazione appartenente ad una delle seguenti categorie:

    a)

    comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare, riscattare, detenere un determinato strumento finanziario o assumere garanzie nei confronti dell’emittente rispetto a tale strumento;

    b)

    esercitare o non esercitare qualsiasi diritto conferito da un determinato strumento finanziario a comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare o riscattare uno strumento finanziario.

    Una raccomandazione non è una raccomandazione personalizzata, se viene diffusa esclusivamente tramite canali di distribuzione o se è destinata al pubblico».

    B – Diritto tedesco

    12.

    Le disposizioni nazionali applicabili alla presente controversia sono contenute nel Kreditwesengesetz (legge sul sistema creditizio; in prosieguo: il «KWG») ( 5 ).

    13.

    L’articolo 1 così dispone:

    «1a.   (…) Costituiscono servizi finanziari:

    1)

    la mediazione in operazioni di acquisto e vendita di strumenti finanziari (mediazione in materia di investimenti);

    1a)

    la prestazione di raccomandazioni personalizzate a clienti o ai loro rappresentanti riguardo ad operazioni relative a determinati strumenti finanziari, nella misura in cui le raccomandazioni si basino sull’esame delle circostanze personali dell’investitore o siano considerate adattate a quest’ultimo e non siano trasmesse esclusivamente tramite mezzi di informazione né siano dirette al pubblico in generale (consulenza in materia di investimenti);

    (…)».

    14.

    L’articolo 32, paragrafo 1, recita:

    «1.   Chiunque intenda fornire servizi finanziari nel territorio nazionale, a titolo professionale o in misura tale da esigere l’organizzazione di un’impresa commerciale (…) deve ottenere l’autorizzazione scritta della Bundesanstalt [für Finanzdienstleistungsaufsicht (Ufficio federale di controllo dei servizi finanziari)] (…)».

    15.

    L’articolo 823, paragrafo 2, del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile tedesco; in prosieguo: il «BGB») stabilisce quanto segue:

    «Un (…) obbligo [di risarcire il danno cagionato] incombe a chiunque violi una legge intesa a tutelare un interesse altrui».

    II – Procedimento principale e questione pregiudiziale

    16.

    Nel novembre 2007 il sig. Khorassani è entrato in contatto con la sig.ra Pflanz, la quale, a quanto sembra, gli ha raccomandato l’investimento «Grand Slam». La sig.ra Pflanz non era in possesso di un’autorizzazione della Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht (Ufficio federale di controllo dei servizi finanziari, Germania; in prosieguo: il «BaFin») per la prestazione di servizi finanziari, in conformità dell’articolo 32, paragrafo 1, del KWG.

    17.

    Il 19 novembre 2007 la sig.ra Pflanz ha consigliato al sig. Khorassani di sottoscrivere un contratto di servizi con la società G.S.S. AG e un contratto di gestione del portafoglio con la società D. AG, entrambe stabilite in Liechtenstein.

    18.

    Con la firma di tali contratti, il sig. Khorassani si è impegnato ad effettuare un versamento iniziale di importo pari a EUR 20000 e successivi versamenti di rate mensili di EUR 1000 ciascuno, aumentati di un aggio di emissione del 5%. Nel dicembre 2007 il ricorrente aveva già pagato un totale di EUR 27000, dei quali EUR 19731,60 sono stati trattenuti come acconto sulla commissione di gestione e EUR 1285,71 come aggio di emissione.

    19.

    Il sig. Khorassani ha receduto dai contratti e ha chiesto, tanto alle due società del Liechtenstein quanto alla sig.ra Pflanz, il rimborso degli importi versati nonché il risarcimento dei danni. Il Landgericht Berlin (tribunale regionale di Berlino, Germania) ha dichiarato inammissibile per difetto di competenza internazionale il ricorso proposto nei confronti delle due società, e ha considerato infondato il ricorso proposto nei confronti della sig.ra Pflanz.

    20.

    Dopo aver ottenuto un rimborso di EUR 6803,03, il sig. Khorassani ha dichiarato soddisfatto il petitum in misura pari a tale importo, ma ha interposto appello dinanzi al Kammergericht (Corte d’appello di Berlino, Germania), ribadendo il petitum del proprio ricorso (pagamento di EUR 20196,97 con i relativi interessi e declaratoria di estinzione del contratto) nei confronti della sig.ra Pflanz.

    21.

    Il Kammergericht (Corte d’appello di Berlino, Germania) ha respinto l’appello. Secondo tale giudice, il sig. Khorassani non aveva diritto ad un risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 823, paragrafo 2, del BGB, in combinato disposto con l’articolo 32, paragrafo 1, del KWG, in quanto la sig.ra Pflanz non gli avrebbe prestato alcun servizio soggetto ad autorizzazione conformemente all’articolo 1, paragrafo 1a, del KWG.

    22.

    Il giudice di appello ha riconosciuto che vi era stata non solo una consulenza in materia di investimenti, ma anche una mediazione nell’ambito degli investimenti (ai sensi delle citate disposizioni della normativa nazionale), giacché, a seguito della consulenza, la sig.ra Pflanz ha fatto sottoscrivere ( 6 ) al sig. Khorassani i documenti corrispondenti. Tuttavia, né l’una né l’altra attività si riferivano ad una (determinata) operazione di acquisto e di vendita di strumenti finanziari. Per il giudice d’appello il punto rilevante era che al sig. Khorassani fosse stato fornito un contratto di gestione del portafoglio che, a sua volta, avrebbe dovuto servire come base per l’acquisto, la vendita e l’amministrazione di strumenti finanziari specifici ma che, di per sé, non costituiva uno strumento finanziario.

    23.

    Avverso detta sentenza, il sig. Khorassani ha proposto un ricorso per cassazione dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione). Nell’ordinanza di rinvio, il giudice a quo dichiara che il giudice d’appello ha giustamente affermato che la sig.ra Pflanz non aveva prestato nei confronti del sig. Khorassani alcuna consulenza in materia di investimenti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1a, del KWG. Per tale motivo, inoltre, non sussisterebbe alcuna violazione dell’articolo 32, paragrafo 1, del KWG.

    24.

    Secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione), non viene prestata una consulenza in materia di investimenti quando si raccomanda una gestione del portafoglio ( 7 ) senza fare riferimento a strumenti finanziari specifici. La sig.ra Pflanz non svolgeva un’attività di consulenza, poiché i contratti da essa raccomandati avevano ad oggetto la gestione di un portafoglio finanziario e non è stato dimostrato che la convenuta abbia altresì fornito raccomandazioni su investimenti finanziari specifici.

    25.

    Per contro, il giudice del rinvio ritiene che il comportamento della sig.ra Pflanz consistente nell’indurre il sig. Khorassani a stipulare un contratto di gestione del portafoglio sollevi alcuni dubbi. Per il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione), la soluzione della controversia di cui è investito dipende dalla questione se la mediazione in materia di contratti di gestione del portafoglio sia compresa nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, prima frase, in combinato disposto con l’allegato I, sezione A, punto 1, della direttiva MiFID I, il cui contenuto è stato recepito dalle pertinenti disposizioni del diritto tedesco.

    26.

    Ai sensi della legge tedesca ( 8 ), per mediazione in materia di investimenti si intende la mediazione nell’ambito di operazioni aventi ad oggetto l’acquisto e la vendita di strumenti finanziari, ciò che implica un’attività volta sostanzialmente alla conclusione di un’operazione da parte del cliente.

    27.

    Il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione) riprende gli accertamenti del giudice d’appello, secondo cui la sig.ra Pflanz aveva svolto attività di mediazione in relazione al contratto di gestione del portafoglio concluso tra il ricorrente e la società D. AG. Si deve chiarire, quindi, se detto contratto comporti già di per sé un’«operazione avente ad oggetto l’acquisto e la vendita di strumenti finanziari» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1a, seconda frase, punto 1, del KWG.

    28.

    Il giudice del rinvio afferma che tale questione è ancora irrisolta e che, in Germania, il BaFin ritiene che un contratto di gestione del portafoglio costituisca un’operazione avente ad oggetto l’acquisto e la vendita di strumenti finanziari, perché implica la realizzazione di tali operazioni in rappresentanza dell’investitore ( 9 ). Per contro, nella dottrina relativa all’articolo 1, paragrafo 1a, seconda frase, punto 1a, del KWG e alla norma di identico tenore di cui all’articolo 2, paragrafo 3, prima frase, punto 4, del Wertpapierhandelsgesetz (legge sul commercio dei valori mobiliari), prevale l’orientamento secondo cui la mediazione in materia di investimenti non può limitarsi soltanto a tappe intermedie, ma deve riguardare anche un’operazione avente ad oggetto strumenti finanziari concreti, sicché la mediazione volta alla gestione di portafogli non sarebbe inclusa in tale categoria.

    29.

    Il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione), di fronte al dubbio se si debba accogliere un’interpretazione restrittiva oppure estensiva dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, prima frase, in combinato disposto con l’allegato I, sezione A, punto 1, della direttiva MiFID I, ha ritenuto necessario sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se la ricezione e la trasmissione di un ordine riguardante una gestione di portafoglio (articolo 4, paragrafo 1, punto 9, della direttiva 2004/39) costituiscano un servizio di investimento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, prima frase, in combinato disposto con l’allegato I, sezione A, punto 1, della direttiva 2004/39».

    30.

    Nessuna delle due parti del procedimento principale ha depositato osservazioni scritte nell’ambito del procedimento pregiudiziale né ha partecipato all’udienza del 16 novembre 2016, in cui hanno svolto le proprie osservazioni orali i governi del Regno Unito e della Repubblica federale di Germania, nonché la Commissione.

    III – Analisi della questione pregiudiziale

    31.

    Il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione) ha delimitato con precisione la sua questione pregiudiziale, dopo aver escluso che l’intervento della sig.ra Pflanz ( 10 ), consistente nel suggerire al sig. Khorassani la conclusione di un contratto di gestione del portafoglio con le società di investimento del Liechtenstein, possa considerarsi una «consulenza in materia di investimenti» ai sensi dell’allegato I, sezione A, punto 5, della direttiva MiFID I. Secondo il giudice a quo, non trattandosi di raccomandazioni personalizzate riguardanti strumenti finanziari specifici, l’intervento in questione non potrebbe qualificarsi come un servizio del tipo suindicato.

    32.

    La Corte deve quindi circoscrivere la risposta da fornire al giudice del rinvio, limitandosi ad interpretare la nozione di servizio di investimento, conformemente alla direttiva MiFID I, senza che sia richiesto un suo parere in ordine alla nozione di consulenza in materia investimenti.

    33.

    Il fatto di fissare la discussione in tali termini, a mio parere, ha una certa rilevanza. Se, alla luce degli avvenimenti successivi, la scelta delle società di gestione del portafoglio raccomandate ( 11 ) dalla sig.ra Pflanz si è rivelata inadeguata, il comportamento di quest’ultima, nel formulare tale raccomandazione, secondo me, assume maggior rilievo rispetto alla successiva, e quasi derivata, firma del contratto «indotto», sottoscritto dal sig. Khorassani. Sarebbe paradossale escludere il requisito dell’autorizzazione amministrativa (e, secondo la tesi del giudice del rinvio, la conseguente responsabilità) per il comportamento di maggior gravità, vale a dire, per il consiglio di affidare parte del patrimonio a due imprese determinate affinché lo gestiscano e, contemporaneamente, richiedere l’autorizzazione (facendo sorgere la conseguente responsabilità in mancanza di quest’ultima) per il fatto, quasi strumentale, di aver trasmesso tale contratto alle società di gestione del portafoglio.

    34.

    Si tratta di chiarire, in definitiva, se un comportamento come quello posto in essere dalla sig.ra Pflanz costituisca un servizio di investimento soggetto alla disciplina della direttiva MiFID I e, nello specifico, un servizio di «ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari».

    35.

    Dalle argomentazioni svolte nell’ordinanza di rinvio e nelle osservazioni, scritte e orali, emerge che esistono due possibili interpretazioni della nozione in parola. I governi della Germania, del Regno Unito e del Portogallo propongono un’interpretazione più ampia o estensiva mentre la Commissione e il governo polacco sono a favore di un’interpretazione più rigorosa o restrittiva. Anticipo fin d’ora che mi oriento verso quest’ultima, vale a dire a favore di una risposta negativa alla questione del Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione).

    36.

    Secondo una costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto della lettera della stessa, del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte ( 12 ). Applicherò quindi questi stessi criteri ermeneutici (letterale, sistematico e teleologico) alla norma controversa.

    37.

    Inizierò dall’interpretazione letterale. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, prima frase, della direttiva MiFID I, costituisce un servizio e un’attività di investimento «qualsiasi servizio o attività riportati nella sezione A dell’allegato I relativo ad uno degli strumenti che figurano nella sezione C dell’allegato I». Tali servizi comprendono la «ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari» ( 13 ).

    38.

    La versione tedesca ( 14 ) di tale articolo sembra avere un tenore più restrittivo di altre versioni, come quelle in lingua spagnola, francese, inglese, italiana o portoghese ( 15 ). Per tale motivo, il governo tedesco pone in rilievo che l’espressione «riguardanti uno o più strumenti finanziari» (o le espressioni equivalenti nella maggior parte delle versioni linguistiche) potrebbe non richiedere un nesso diretto tra il contratto di gestione del portafoglio e gli strumenti finanziari concreti. In tale ottica, basterebbe un’intermediazione finanziaria indiretta per far rientrare un’attività nell’ambito di applicazione di tale disposizione: ciò accadrebbe nel caso di un comportamento finalizzato alla conclusione di un contratto di gestione del portafoglio che, di conseguenza, si qualificherebbe come servizio finanziario soggetto alla direttiva MiFID I, la cui prestazione richiede l’apposita autorizzazione amministrativa.

    39.

    Benché suggestiva, tale argomentazione non mi convince completamente. Al pari della Commissione, ritengo invece che l’elemento chiave per interpretare l’allegato I, sezione A, punto 1, della direttiva MiFID I sia costituito dalla parola «ordini», ripetuta invariabilmente nelle diverse versioni linguistiche («ordres», «orders», «Auftrag», «ordini», «ordens»). Tale disposizione parla di servizi finanziari consistenti nella «ricezione e trasmissione di ordini» e questi ultimi, a mio giudizio, si riferiscono ad operazioni riguardanti strumenti finanziari particolari o specifici.

    40.

    A mio modo di vedere, è difficile ricevere e trasmettere un «ordine» che non verta sulla realizzazione di operazioni finanziarie specifiche, giacché tale termine sottintende, nel linguaggio corrente dei mercati finanziari, un’idea di concretezza. Sebbene in tale punto dell’allegato la direttiva non impieghi la formulazione scelta dal legislatore tedesco per l’articolo 1 del KWG («operazioni di acquisto e vendita»), considero che la nozione di «ordini» sia indissociabile dagli strumenti finanziari specifici rispetto ai quali si «ordina» un acquisto, un’alienazione o un’altra operazione analoga. L’invito ad orientare l’investimento verso determinati tipi di attività finanziarie, in generale, costituirebbe invece una raccomandazione o un consiglio, e non già un «ordine» che possa essere oggetto di «ricezione e trasmissione».

    41.

    Rafforza tale interpretazione il fatto che l’«esecuzione di ordini per conto dei clienti», quale modalità di servizio finanziario elencata nell’allegato I, sezione A, punto 2, della direttiva MiFID I, sia definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 5, della direttiva stessa come la «conclusione di accordi di acquisto o di vendita di uno o più strumenti finanziari per conto dei clienti» ( 16 ).

    42.

    Esiste uno stretto collegamento fra il servizio di «ricezione e trasmissione di ordini» e quello consistente nell’«esecuzione di ordini per conto dei clienti». Se l’impresa che presta entrambi i servizi possiede l’infrastruttura e i mezzi adeguati, la ricezione e la trasmissione dell’ordine riguardante un prodotto specifico (uno o più) va giocoforza legata alla sua esecuzione. Non sarebbe stato necessario distinguere le due suddette categorie di servizi finanziari in tali circostanze, ma la direttiva MiFID I ha operato tale distinzione poiché esistono imprese di servizi finanziari che, non avendo la capacità di eseguire gli ordini ricevuti, devono trasmetterli ad altre imprese che siano in grado di farlo. In tali casi, la «ricezione e trasmissione» si distinguono dall’«esecuzione», ma gli ordini rimangono invariati.

    43.

    Orbene, tanto la ricezione quanto la trasmissione di ordini, come l’esecuzione di questi ultimi, vanno riferite a strumenti finanziari specifici: all’interno di questo tipo di mercati, non è possibile eseguire ordini generici, né sarebbe possibile ricevere e trasmettere tali ordini, se questi non potessero essere successivamente eseguiti. Nella direttiva MiFID I, gli ordini non sono assimilabili agli incarichi generici, né possono comprendere l’attività diretta alla stipulazione di un contratto di gestione del portafoglio, che non implica alcun ordine eseguibile riguardante uno strumento finanziario specifico.

    44.

    Contrariamente a quanto sostiene il Regno Unito, non ritengo che tale interpretazione venga compromessa dal considerando 20 della direttiva MiFID I ( 17 ). A mio parere, per essere compresa nei servizi finanziari corrispondenti, l’attività consistente nel mettere in contatto due o più investitori, come esempio ipotetico di ricezione e trasmissione di ordini, deve avere ad oggetto la realizzazione di un’operazione concreta tra gli interessati, riguardante «uno o più strumenti» di tale natura.

    45.

    Ad una stessa conclusione si perviene, a mio avviso, attraverso il collegamento sistematico della norma in esame con altre disposizioni più o meno prossime.

    46.

    Per difendere l’interpretazione estensiva dell’allegato I, sezione A, punto I, della direttiva MiFID I, i governi del Regno Unito e della Germania invocano, da un lato, la diversa regolamentazione dei servizi di consulenza in materia di investimenti e, dall’altro, la ricezione e la trasmissione di ordini riguardanti strumenti finanziari:

    A tenore del considerando 81 e dell’articolo 52 della direttiva 2006/73, non costituisce una consulenza in materia di investimenti, ai fini della direttiva MiFID I, una consulenza generica in merito ad un tipo di strumento finanziario, giacché tale nozione è limitata alla consulenza in merito a determinati strumenti finanziari.

    Per contro, la direttiva MiFID I e la direttiva 2006/73 non contengono una simile limitazione rispetto ai servizi di ricezione e trasmissione di ordini.

    47.

    Pertanto, secondo i governi tedesco e britannico, si dovrebbe ritenere che gli ordini non debbano necessariamente riguardare determinati strumenti finanziari. Di conseguenza, sarebbe esclusa un’interpretazione restrittiva dell’allegato I, sezione A, punto 1, della direttiva MiFID I giacché, se il legislatore avesse voluto introdurre una simile limitazione, lo avrebbe fatto.

    48.

    Neppure tale argomento a contrario riesce a convincermi. I riferimenti del considerando 81 e dell’articolo 52 della direttiva 2006/73 a determinati strumenti finanziari, allorché si tratta di consulenza in materia di investimenti, si giustificano in base all’esigenza di escludere da quest’ultima i consigli di carattere generale che riguardano un tipo di strumento finanziario ( 18 ). Il proposito di non assoggettare (in questa fase della regolamentazione) ( 19 ) la consulenza generica ai requisiti della direttiva MiFID I spiega il fatto che sia stato introdotto il riferimento esplicito ai «determinati strumenti finanziari», per definire i limiti positivi e negativi della nozione in parola.

    49.

    Tuttavia, siffatta precisazione non risultava imprescindibile con riguardo ai servizi finanziari di ricezione e trasmissione di ordini, in quanto tali operazioni erano già (e rimangono) di per sé legate agli «ordini» relativi ad un determinato intervento che, per definizione, contengono un mandato in merito a strumenti finanziari specifici. Sarebbe stato ridondante riprodurre una simile nota nella direttiva 2006/73 in relazione a tali servizi.

    50.

    Inoltre, come correttamente rileva la Commissione, una precisazione inserita in una direttiva di esecuzione (nella fattispecie, la direttiva 2006/73) sui servizi di consulenza in materia di investimenti non può costituire il fondamento per interpretare a contrario una disposizione della direttiva di base (la direttiva MiFID I), con riguardo ai servizi finanziari di ricezione e trasmissione di ordini.

    51.

    In realtà, si potrebbe dire che tutti i servizi e le attività in materia di investimenti contemplati dall’allegato I, sezione A, della direttiva 2004/39 si riferiscono a operazioni riguardanti strumenti finanziari specifici. La consulenza in materia di investimenti era l’unico servizio che poteva far sorgere dubbi e, per dissipare questi ultimi, la direttiva di esecuzione (direttiva 2006/73) ha esplicitamente aggiunto che la consulenza potrebbe rientrare nel suo ambito di applicazione unicamente qualora si tratti di «determinati strumenti finanziari».

    52.

    In conclusione, allorché un soggetto interviene in qualità di mediatore tra il cliente e la società di investimenti, suggerendo al primo di affidare alla seconda la gestione del suo patrimonio, questi non agisce né opera, in linea di principio, con nessuno strumento finanziario specifico. Saranno, in un momento successivo, le società che gestiscono il portafoglio del cliente i soggetti che, previo accordo o mandato di quest’ultimo, preciseranno in quali strumenti finanziari si concretizzerà l’investimento.

    53.

    Anche l’applicazione dei criteri di interpretazione teleologica o finalistica mi induce a rispondere in senso negativo alla questione formulata dal giudice del rinvio.

    54.

    Come ha dichiarato la Corte ( 20 ), secondo quanto emerge in particolare dai considerando 2, 5 e 44 della direttiva 2004/39, gli obiettivi di questa consistono, segnatamente, nella tutela degli investitori, nella preservazione dell’integrità e dell’efficienza globale del sistema finanziario nonché nella trasparenza delle transazioni.

    55.

    I governi tedesco, britannico e portoghese hanno invocato la tutela degli investitori, ampiamente prevista dalla direttiva 2004/39, per giustificare un’interpretazione estensiva dell’allegato I, sezione A, punto 1, della direttiva MiFID I. In tale prospettiva, la mediazione nella conclusione di un contratto di gestione del portafoglio sarebbe equivalente alla «ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più servizi finanziari».

    56.

    I governi medesimi affermano che l’interpretazione da essi proposta è la più coerente rispetto all’obiettivo di realizzare un livello elevato di tutela degli investitori, poiché permetterebbe di assoggettare alla direttiva MiFID I i detti casi di intermediazione finanziaria indiretta. Di conseguenza, in Germania, gli operatori come la sig.ra Pflanz sarebbero tenuti a disporre dell’autorizzazione amministrativa del BaFin e sarebbero soggetti al controllo di quest’ultima.

    57.

    È certamente vero che la tutela degli investitori rappresenta un obiettivo fondamentale della direttiva MiFID I ( 21 ), obiettivo che si traduce nei requisiti imposti alle imprese di investimento nell’ambito delle relazioni con gli utenti dei loro servizi: in forza dell’articolo 19, paragrafi 1 e 2, si richiede che tali imprese agiscano in modo onesto, equo e professionale, nel miglior interesse dei loro clienti, ai quali devono fornire informazioni corrette, chiare e non fuorvianti.

    58.

    Tuttavia, l’applicazione delle norme sulla tutela degli investitori non può produrre risultati sproporzionati, come avverrebbe con l’estensione dei controlli previsti dalla direttiva MiFID I a qualsiasi operatore e ad ogni tipo di servizio finanziario ( 22 ). Un valido scopo, come lo è indubbiamente quello che ispira la tesi dei governi che intendono massimizzare l’ambito di applicazione di tale direttiva per proteggere gli investitori da comportamenti come quelli oggetto del procedimento principale, non può tradursi in un’interpretazione del diritto vigente che travisi il senso della direttiva stessa.

    59.

    La direttiva MiFID I contiene determinati limiti, da non oltrepassare, entro i quali va applicato l’obiettivo di tutela dell’investitore. Da un lato, l’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, include nella definizione di impresa di investimento le persone giuridiche che prestano servizi finanziari a terzi con carattere abituale e professionale, sebbene autorizzi gli Stati membri a includere in tale definizione le persone fisiche, a determinate condizioni.

    60.

    D’altro lato, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva MiFID I consente altresì agli Stati membri di disciplinare mediante le rispettive normative nazionali e di escludere dal suo ambito di applicazione l’attività di tutte le persone non autorizzate a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che possano unicamente ricevere o trasmettere ordini in valori mobiliari e quote di organismi di investimento collettivo, qualora esse siano autorizzate a trasmettere tali ordini alle imprese di investimento, affinché li eseguano.

    61.

    Menziono le suddette due disposizioni per evidenziare che la tutela dell’utente del servizio finanziario, quale parte più «debole» dell’equazione, non legittima l’inosservanza dei requisiti inerenti ad una corretta interpretazione delle norme, a maggior ragione se queste ultime lasciano spazio ad altre modalità di salvaguardia dei diritti e degli interessi dell’investitore, come accade nel presente caso.

    62.

    In tal senso, per realizzare l’equilibrio patrimoniale cui aspira il sig. Khorassani quando chiede che gli venga rimborsato il suo investimento, non è indispensabile «distorcere» la nozione di «ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari» in modo tale da includervi condotte precedenti (nella fattispecie, quella di mediare affinché venga concluso un contratto di gestione del portafoglio), che sono di per sé avulse dalle condizioni in cui si concretizzerà successivamente l’effettiva amministrazione del patrimonio.

    63.

    Orbene, la tutela dell’investitore è assicurata in modo sufficiente dalla direttiva MiFID I, giacché l’impresa di gestione del portafoglio, che propone all’investitore l’esecuzione di ordini (adesso sì) riguardanti strumenti finanziari specifici, si assume le responsabilità inerenti alla sua posizione giuridica.

    64.

    Nel caso del sig. Khorassani (il quale peraltro non poteva ignorare il fatto che stava realizzando investimenti attraverso istituti finanziari non stabiliti in Germania), quest’ultimo potrà citare in giudizio le società del Liechtenstein in base alle clausole sul foro competente contenute nel contratto di gestione del portafoglio che ha sottoscritto. Qualora il foro competente fosse il Liechtenstein, la tutela giuridica dell’interessato in quanto cliente sarebbe garantita, dato che la direttiva MiFID I è applicabile all’interno dello Spazio economico europeo, di cui il Liechtenstein fa parte, non essendo considerato un paese terzo ai fini della direttiva ( 23 ).

    65.

    Poiché il cliente dispone della possibilità di agire in giudizio nei confronti dell’impresa di gestione del portafoglio, non vedo la necessità di estendere il regime della direttiva MiFID I a chi abbia svolto unicamente un intervento di mediazione finalizzato alla conclusione di un contratto di gestione del portafoglio. L’obiettivo di garantire la tutela degli interessi dell’investitore, quando questi sono già adeguatamente salvaguardati da altre disposizioni della direttiva stessa, non richiede, lo ripeto, una pesante forzatura, in termini giuridici, dell’interpretazione delle disposizioni oggetto della controversia.

    66.

    Da ultimo, si deve aggiungere una puntualizzazione, sulla scia delle osservazioni svolte dal governo polacco. In base alle informazioni contenute nell’ordinanza di rinvio risulta impossibile stabilire se la sig.ra Pflanz fosse o meno un’agente collegata alle due imprese di investimento del Liechtenstein, aspetto questo che deve essere chiarito dai giudici nazionali ( 24 ).

    67.

    Se si trattasse di un agente collegato, si dovrebbe tenere conto dell’articolo 23 della direttiva MiFID I, che impone una serie di obblighi e di controlli alle imprese finanziarie che nominano agenti collegati «per promuovere i loro servizi, procurare clienti o ricevere ordini dei clienti o dei potenziali clienti e trasmetterli, collocare strumenti finanziari e prestare consulenza rispetto agli strumenti e servizi finanziari proposti da tali imprese».

    68.

    In tale ipotesi, dato che la mediazione nella conclusione di un contratto di gestione del portafoglio sarebbe una delle tante attività che un agente collegato può svolgere a favore dell’impresa che lo nomina, detto agente dovrebbe conformarsi anche alle norme di comportamento da rispettare al momento della prestazione di servizi stabilite dall’articolo 19 della direttiva MiFID I. In particolare, il paragrafo 1 di tale articolo prescrive che gli agenti collegati «agiscano in modo onesto, equo e professionale, per servire al meglio gli interessi dei loro clienti, e che ess[i] rispettino in particolare i principi di cui ai paragrafi da 2 a 8». Spetta, lo ribadisco, al giudice a quo (o, se del caso, ai giudici di grado inferiore) stabilire se le suddette disposizioni trovino applicazione nel procedimento principale e trarne le conseguenze giuridiche pertinenti.

    IV – Conclusione

    69.

    Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione, Germania) nei seguenti termini:

    «La mediazione nella conclusione di un contratto di gestione del portafoglio, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, non costituisce un servizio di investimento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, prima frase, in combinato disposto con l’allegato I, sezione A, punto 1, della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari».


    ( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

    ( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive del Consiglio 85/611/CEE e 93/6/CEE e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1). Solitamente nota come la «direttiva MiFID I».

    ( 3 ) Alla base del problema si trovano opinioni divergenti circa la posizione giuridica degli utenti di servizi finanziari. Per alcuni, l’eccesso di tutela avrebbe quasi l’effetto di equiparare tali utenti, nella pratica, alle persone incapaci di prestare il proprio consenso. Secondo altri, al contrario, trattandosi di operazioni complesse, che implicano l’assunzione di rischi (insita nelle decisioni finanziarie), gli obblighi di previa informazione non sembrano sufficienti e si è scelto di completarli con rigorose condizioni e garanzie ex ante.

    ( 4 ) Direttiva della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva (GU 2006, L 241, pag. 26).

    ( 5 ) Legge del 9 settembre 1998 (BGB1. 1998 I, pag. 2776), modificata dalla legge del 16 luglio 2007 (BGB1. 2007 I, pag. 1330).

    ( 6 ) L’ordinanza di rinvio non descrive dettagliatamente questa parte dei fatti.

    ( 7 ) A tal fine, il giudice del rinvio invoca l’articolo 1, paragrafo 1a, seconda frase, punto 3, del KWG e l’articolo 4, paragrafo 1, punto 9, della direttiva 2004/39.

    ( 8 ) Articolo 1, paragrafo 1a, seconda frase, punto 1a, del KWG.

    ( 9 ) Aggiunge che tale interpretazione è stata confermata da due tribunali amministrativi in decisioni di primo grado riguardanti misure cautelari, che si sono fondate sul tenore letterale della legge («Geschäfte über», «operazioni aventi ad oggetto»), dal quale non sarebbe possibile dedurre che la norma ricomprenda soltanto la mediazione in negozi giuridici con cui viene realizzata direttamente l’acquisizione giuridica dello strumento finanziario.

    ( 10 ) Nell’ordinanza di rinvio non si indica se la sig,ra Pflanz operasse a titolo professionale o meramente personale, né se lo facesse in maniera occasionale o abituale. Come riconosciuto dal governo tedesco all’udienza, la direttiva 2004/39, quale recepita nel diritto nazionale, si applica in tale paese alle persone fisiche solo quando prestano un servizio a titolo professionale.

    ( 11 ) Secondo quanto esposto dal governo tedesco all’udienza, la sig.ra Pflanz agiva come «ambasciatrice», proponendo al sig. Khorassani il contratto di gestione del portafoglio, che egli firmava e che essa trasmetteva, di seguito, alla società di gestione. Pertanto, tale governo ha ritenuto che il problema sollevato nella presente causa sia derivato piuttosto dall’atto di raccomandare la conclusione del contratto (comportamento che esso considerava colpevole) che non dalla trasmissione del contratto già firmato.

    ( 12 ) Sentenze del 16 luglio 2015, Lanigan (C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 35), e dell’8 novembre 2016, Ognyanov (C‑554/14, EU:C:2016:835, punto 31).

    ( 13 ) Allegato I, sezione A, punto 1.

    ( 14 )

    ( 15 ) Secondo la versione spagnola, «recepción y transmisión de órdenes de clientes en relación con uno o más instrumentos financieros»; secondo la versione francese, «réception et transmission d’ordres portant sur un ou plusieurs instruments financiers»; secondo la versione inglese, «reception and transmission of orders in relation to one or more financial instruments»; secondo la versione italiana, «ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari»; secondo la versione portoghese, «recepção e transmissão de ordens relativas a um ou mais instrumentos financeiros».

    ( 16 ) Il corsivo è mio.

    ( 17 ) Ricordo che, a termini di tale considerando «[a]i fini della presente direttiva, l’attività di ricezione e trasmissione di ordini dovrebbe comprendere anche l’attività consistente nel mettere in contatto due o più investitori, rendendo così possibile la conclusione di un’operazione fra di essi».

    ( 18 ) V. sentenza del 30 maggio 2013, Genil 48 e Comercial Hostelera de Grandes Vinos (C‑604/11, EU:C:2013:344, punti 5152).

    ( 19 ) È opportuno ricordare che la consulenza in materia di investimenti è stata qualificata come tipo di servizio finanziario, per la prima volta, nella direttiva MiFID I, giacché la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi nel campo degli investimenti in valori mobiliari (GU 1993, L 141, pag. 27), non la contemplava. Sarebbe illogico se la direttiva 93/22 avesse incluso la mediazione nella conclusione di un contratto di gestione del portafoglio tra i servizi finanziari di ricezione e trasmissione di ordini, senza essere applicabile ai servizi di consulenza in materia di investimenti.

    ( 20 ) Sentenza del 22 marzo 2012, Nilas e a. (C‑248/11, EU:C:2012:166, punto 48).

    ( 21 ) È opportuno segnalare che la direttiva in parola non armonizza completamente la prestazione dei servizi finanziari, ma si limita a realizzare un’armonizzazione parziale, come si deduce dal suo secondo considerando, a tenore del quale «è indispensabile assicurare il grado di armonizzazione necessario per poter offrire agli investitori un livello elevato di protezione e consentire alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta la Comunità, nel quadro del mercato unico, sulla base della vigilanza dello Stato membro di origine».

    ( 22 ) In tal senso, nella sentenza del 3 dicembre 2015, Banif Plus Bank (C‑312/14, EU:C:2015:794), la Corte ha concluso nel senso che non costituiscono un servizio o un’attività di investimento, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2004/39, talune operazioni di cambio, effettuate da un ente creditizio in virtù delle clausole di un contratto di mutuo denominato in valuta estera, che consistono nello stabilire l’ammontare del prestito in base al tasso di acquisto della valuta estera applicabile al momento dell’erogazione dei fondi e nel determinare l’importo delle mensilità sulla base del tasso di vendita di tale valuta applicabile al momento del calcolo di ciascuna mensilità.

    ( 23 ) La direttiva MiFID II (articoli da 39 a 42) e il regolamento MiFIR (articoli da 46 a 49), che sostituiranno la direttiva MiFID I a partire dal 3 gennaio 2018, prevedono un sistema di registrazione delle imprese di paesi terzi che desiderano proporre i loro servizi finanziari nell’Unione, senza obbligarle ad aprire una succursale, purché il regime di vigilanza del loro Stato di origine sia considerato dalla Commissione come equivalente a quello dell’Unione. Regolamento (UE) n. 600/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2014, L 173, pag. 84) e direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349).

    ( 24 ) Interrogato su questo punto nel corso dell’udienza, il governo tedesco ha affermato di non disporre di informazioni supplementari sui fatti.

    Top