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Document 62015CC0673

Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 31 maggio 2017.
The Tea Board contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) – Marchi denominativi e figurativi contenenti l’elemento denominativo “darjeeling” o “darjeeling collection de lingerie” – Opposizione del titolare di marchi collettivi dell’Unione europea – Marchi collettivi costituiti dall’indicazione geografica “Darjeeling” – Articolo 66, paragrafo 2 – Funzione essenziale – Conflitto con domande di marchi individuali – Rischio di confusione – Nozione – Somiglianza tra i prodotti o i servizi – Criteri di valutazione – Articolo 8, paragrafo 5.
Cause riunite da C-673/15 P a C-676/15 P.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:411

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 31 maggio 2017 ( 1 )

Cause riunite da C‑673/15 P a C‑676/15 P

The Tea Board

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) – Opposizione del titolare di marchi collettivi dell’Unione europea – Articolo 66, paragrafo 2 – Marchi collettivi costituiti da un’indicazione geografica – Funzione – Conflitto con una domanda di marchio individuale – Rischio di confusione – Nozione – Somiglianza tra prodotti o servizi – Criteri di valutazione – Articolo 8, paragrafo 5 – Marchio denominativo e figurativo contenente l’elemento denominativo “darjeeling” – Marchio collettivo anteriore costituito dall’indicazione geografica “Darjeeling”»

1. 

Con le sue impugnazioni, la The Tea Board chiede alla Corte di annullare parzialmente le sentenze del Tribunale dell’Unione europea del 2 ottobre 2015, The Tea Board/UAMI – Delta Lingerie (Darjeeling) (T‑624/13, EU:T:2015:743), del 2 ottobre 2015, The Tea Board/UAMI – Delta Lingerie (Darjeeling collection de lingerie) (T‑625/13, non pubblicata, EU:T:2015:742), del 2 ottobre 2015, The Tea Board/UAMI – Delta Lingerie (DARJEELING collection de lingerie) (T‑626/13, non pubblicata, EU:T:2015:741), e del 2 ottobre 2015, The Tea Board/UAMI – Delta Lingerie (Darjeeling) (T‑627/13, non pubblicata, EU:T:2015:740) (in prosieguo, congiuntamente: le «sentenze impugnate»), con le quali il Tribunale ha, in parte, respinto i suoi ricorsi di annullamento avverso le decisioni della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) dell’11 e del 17 settembre 2013 (R 1387/2012‑2, R 1501/2012-2, R 1502/2012-2 e R 1504/2012-2; in prosieguo: le «decisioni controverse»), relative ad alcuni procedimenti di opposizione tra la The Tea Board e la Delta Lingerie. Tali sentenze sono oggetto altresì di quattro impugnazioni incidentali proposte dalla Delta Lingerie.

I. Contesto normativo

2.

A termini dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea ( 2 ), sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio».

3.

L’articolo 66 del medesimo regolamento, intitolato «Marchi (…) collettivi [dell’Unione europea]», prevede quanto segue:

«1.   Possono costituire marchi (…) collettivi [dell’Unione europea] i marchi [dell’Unione europea] così designati all’atto del deposito e idonei a distinguere i prodotti o i servizi dei membri dell’associazione titolare da quelli di altre imprese. Possono depositare marchi (…) collettivi [dell’Unione europea] le associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti che, conformemente alla legislazione loro applicabile, hanno la capacità, a proprio nome, di essere titolari di diritti e obblighi di qualsiasi natura, di stipulare contratti o compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio, nonché le persone giuridiche di diritto pubblico.

2.   In deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), possono costituire marchi (…) collettivi [dell’Unione europea], ai sensi del paragrafo 1, segni o indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi. Un marchio collettivo non autorizza il titolare a vietare a un terzo l’uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché detto uso sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica.

3.   Salvo disposizione contraria degli articoli da 67 a 74, le disposizioni del presente regolamento si applicano ai marchi (…) collettivi [dell’Unione europea]».

II. Fatti e decisioni controverse

4.

I fatti della controversia, quali risultano dalle sentenze impugnate, possono essere riassunti come segue.

5.

Il 22 ottobre 2010 la Delta Lingerie ha presentato alcune domande di registrazione di marchi comunitari all’UAMI, ai sensi del regolamento n. 207/2009.

6.

I marchi di cui è stata chiesta la registrazione sono i seguenti:

il segno figurativo riprodotto di seguito, contenente l’elemento denominativo «darjeeling», in caratteri bianchi, sullo sfondo di un rettangolo di colore verde chiaro:

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il segno figurativo riprodotto di seguito, contenente l’elemento denominativo «darjeeling collection de lingerie», in caratteri bianchi, sullo sfondo di un rettangolo di colore verde chiaro:

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il segno figurativo riprodotto di seguito, contenente l’elemento denominativo «darjeeling collection de lingerie», in caratteri neri, su fondo bianco:

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il segno figurativo riprodotto di seguito, contenente l’elemento denominativo «darjeeling», in caratteri neri, su fondo bianco:

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7.

I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 25, 35 e 38 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957 sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato ( 3 ).

8.

Le domande di marchi comunitari sono state pubblicate il 7 gennaio 2011 nel Bollettino dei marchi comunitari n. 4/2011.

9.

Il 7 aprile 2011 la The Tea Board, ente istituito dalla legge indiana sul tè n. 29 del 1953 e incaricato di amministrare la produzione del tè, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione dei marchi richiesti per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 7.

10.

L’opposizione si fondava sui seguenti marchi anteriori:

il marchio collettivo denominativo dell’Unione europea anteriore DARJEELING, richiesto il 7 marzo 2005 e registrato il 31 marzo 2006 con il n. 4325718;

il marchio collettivo figurativo dell’Unione europea anteriore richiesto il 10 novembre 2009, registrato il 23 aprile 2010 con il n. 8674327 e riprodotto di seguito:

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11.

Entrambi i marchi collettivi dell’Unione europea contrassegnano prodotti della classe 30 corrispondenti alla seguente descrizione: «Tè».

12.

Gli impedimenti invocati a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafi 1 e 5, del regolamento n. 207/2009.

13.

Dalle sentenze impugnate risulta che la The Tea Board ha prodotto dinanzi alla commissione di ricorso elementi attestanti che l’elemento denominativo «darjeeling», vale a dire l’elemento denominativo comune ai segni in conflitto, costituisce un’indicazione geografica protetta per il tè, registrata mediante il regolamento di esecuzione (UE) n. 1050/2011 della Commissione, del 20 ottobre 2011, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni d’origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Darjeeling (IGP)] ( 4 ), a seguito di una domanda ricevuta il 12 novembre 2007. Tale regolamento di esecuzione è stato adottato sulla base del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari ( 5 ), sostituito nel frattempo dal regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari ( 6 ).

14.

Con quattro decisioni adottate il 31 maggio, l’11 giugno e il 10 luglio 2012, la divisione di opposizione ha respinto le opposizioni. Il 27 luglio e il 10 agosto 2012 la The Tea Board ha proposto ricorsi presso l’UAMI avverso tali decisioni.

15.

Con le decisioni controverse, la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto i ricorsi e confermato le decisioni della divisione di opposizione. In particolare, essa ha tratto la conclusione che, vista l’assenza di somiglianza tra i prodotti e i servizi a cui si riferiscono i segni in conflitto, non sussisteva rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Essa ha inoltre escluso l’asserita violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, di tale regolamento, in quanto gli elementi forniti della The Tea Board non erano sufficienti a dimostrare che le condizioni di applicazione di detto articolo fossero soddisfatte.

III. Le sentenze impugnate

16.

La The Tea Board ha proposto dinanzi al Tribunale quattro ricorsi volti all’annullamento delle quattro decisioni controverse.

17.

A sostegno dei suoi ricorsi, essa ha dedotto due motivi. Con il primo motivo, essa ha sostenuto che la commissione di ricorso aveva erroneamente escluso l’esistenza di un rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, dopo aver ritenuto che i prodotti e servizi contraddistinti dai segni in conflitto fossero completamente diversi. Nell’ambito di tale motivo, la The Tea Board ha addebitato, in particolare, alla commissione di ricorso di essere incorsa in errore in merito alla portata della protezione conferita ai marchi collettivi di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 – la cui funzione essenziale consisterebbe nel garantire che i prodotti o i servizi designati provengono da un’impresa situata nella zona di provenienza geografica indicata – e di aver proceduto, nel caso di specie, al medesimo tipo di valutazione che essa avrebbe effettuato al fine di valutare l’esistenza di un rischio di confusione fra due marchi individuali. Con il secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, di detto regolamento, la The Tea Board ha affermato che la commissione di ricorso ha erroneamente considerato che i requisiti previsti ai fini dell’applicazione di tale disposizione non fossero soddisfatti nel caso di specie.

18.

Per quanto riguarda il primo motivo, il Tribunale ha ritenuto che esso non fosse fondato. Il Tribunale ha considerato, in sostanza, che, dal momento che nessuna disposizione contenuta nel titolo del regolamento n. 207/2009 dedicato ai marchi collettivi dell’Unione europea consentiva di dedurre che la funzione essenziale di tali marchi, compresi quelli costituiti da un’indicazione che può servire a designare la provenienza geografica dei prodotti e dei servizi designati, fosse diversa da quella dei marchi individuali dell’Unione europea, si doveva considerare che tale funzione consiste, come per i marchi individuali dell’Unione europea, nel distinguere i prodotti o i servizi contrassegnati in funzione della specifica entità da cui provengono e non della loro provenienza geografica. Respingendo i vari argomenti in senso contrario addotti dalla The Tea Board, il Tribunale ha concluso che qualora, nell’ambito di un procedimento di opposizione, i segni in conflitto siano, da un lato, marchi collettivi e, dall’altro, marchi individuali, il confronto tra i prodotti e i servizi contemplati doveva svolgersi secondo i medesimi criteri applicati nel valutare la somiglianza o l’identità dei prodotti e servizi designati da due marchi individuali. In applicazione di tali criteri, il Tribunale ha considerato che occorreva confermare la conclusione adottata dalla commissione di ricorso, secondo la quale non sussiste alcun collegamento tra i prodotti e i servizi oggetto delle domande di marchio e il prodotto contrassegnato dai marchi anteriori, in quanto la mera eventualità che il pubblico di riferimento possa ritenere che tali prodotti e servizi abbiano la medesima provenienza geografica non è sufficiente a dimostrare la loro somiglianza o identità ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Infine, il Tribunale ha considerato che, anche qualora si tratti della valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione tra marchi collettivi e marchi individuali, la somiglianza dei segni in conflitto non può compensare l’assenza di somiglianza tra i prodotti o i servizi contraddistinti da tali segni.

19.

Per quanto concerne il secondo motivo, il Tribunale ha anzitutto rilevato che tra le parti era pacifico che i segni in conflitto fossero identici sul piano fonetico e fortemente simili sul piano visivo. Esso ha poi constatato che la commissione di ricorso non aveva concluso in modo definitivo né per l’esistenza di una notorietà dei marchi anteriori, né per l’esistenza di un nesso tra i segni in conflitto nella mente del pubblico di riferimento, ma che essa si era basata, ai fini della sua analisi, su due premesse ipotetiche, vale a dire, in primo luogo, che fosse stata dimostrata una notorietà dei marchi anteriori di intensità eccezionalmente elevata e, in secondo luogo, che fosse possibile per il pubblico di riferimento stabilire un collegamento tra i segni in conflitto. Per quanto riguarda i rischi di cui all’articolo 8, comma 5, del regolamento n. 207/2009, il Tribunale ha considerato che la commissione di ricorso aveva giustamente concluso per l’assenza di un rischio di pregiudizio per il carattere distintivo dei marchi anteriori nonché escluso il rischio che l’uso dei marchi richiesti pregiudicasse la notorietà dei marchi anteriori. Invece, per quanto concerne il rischio di un vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori da parte dei marchi richiesti, il Tribunale ha ritenuto che, visto che le decisioni controverse si basano sulla premessa ipotetica di una notorietà eccezionale dei marchi anteriori, le qualità positive evocate dall’elemento denominativo «darjeeling», comune ai segni in conflitto, potessero essere trasferite ad alcuni tra i prodotti e i servizi designati dai marchi richiesti e, di conseguenza, incrementare l’attrattiva di questi ultimi. Esso ha pertanto concluso che occorreva annullare parzialmente le decisioni controverse laddove la commissione di ricorso aveva ritenuto inapplicabile l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, escludendo, per quanto riguardava l’insieme dei prodotti della classe 25 e dei servizi di vendita al dettaglio della classe 35 designati dai marchi richiesti, l’esistenza di un rischio di vantaggio tratto dall’uso senza giusto motivo di tali marchi.

IV. Le impugnazioni

A. Procedimento

20.

Con atti introduttivi del 14 dicembre 2015, la The Tea Board ha proposto quattro impugnazioni avverso le sentenze impugnate. Con decisione del presidente della Corte del 12 febbraio 2016, le cause sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

21.

Con atto separato dell’11 aprile 2016, la Delta Lingerie, interveniente in primo grado, ha proposto un’impugnazione incidentale avverso le sentenze impugnate. La The Tea Board, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e la Delta Lingerie hanno svolto le loro difese orali all’udienza del 25 gennaio 2017.

B. Conclusioni delle parti dell’impugnazione principale

22.

In ciascuna causa, la The Tea Board chiede alla Corte di annullare parzialmente la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha respinto il ricorso per quanto riguarda i servizi designati dai marchi richiesti nella classe 35, diversi dai «servizi di vendita al dettaglio di sottovesti femminili e articoli di biancheria intima femminile, fragranze, eau de toilette e cosmetici, biancheria per la casa e da bagno», e nella classe 38, di rinviare, se necessario, la causa al Tribunale e di condannare l’EUIPO alle spese.

23.

In ciascuna causa, l’EUIPO e la Delta Lingerie domandano alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la The Tea Board alle spese.

C. Conclusioni delle parti dell’impugnazione incidentale

24.

In ciascuna causa, la Delta Lingerie chiede alla Corte di annullare parzialmente le sentenze impugnate nei limiti in cui il Tribunale ha annullato le decisioni controverse per quanto riguarda i prodotti designati dai marchi richiesti e rientranti nella classe 25 nonché i «servizi di vendita al dettaglio di sottovesti femminili e articoli di biancheria intima femminile, fragranze, eau de toilette e cosmetici, biancheria per la casa e da bagno», designati dai marchi richiesti e rientranti nella classe 35, di rinviare, se necessario, la causa al Tribunale e di condannare la The Tea Board alle spese.

25.

In ciascuna causa, l’EUIPO e la The Tea Board chiedono alla Corte di respingere l’impugnazione incidentale e di condannare la Delta Lingerie alle spese.

V. Analisi

A. Le impugnazioni principali

26.

A sostegno di ciascuna delle sue impugnazioni, la The Tea Board deduce due motivi, vertenti, il primo, su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e, il secondo, su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento.

1.  Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

27.

Il primo motivo di ciascuna delle impugnazioni proposte dalla The Tea Board si suddivide in tre parti. La prima parte verte su una determinazione errata della funzione essenziale dei marchi collettivi di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. La seconda parte verte su un errore relativo ai criteri da applicare per valutare la somiglianza dei prodotti e dei servizi in caso di conflitto tra un tale marchio collettivo e un segno oggetto di una domanda di marchio individuale. Infine, con la terza parte, la The Tea Board sostiene che il Tribunale ha erroneamente determinato la natura del rischio di confusione in presenza di un tale conflitto.

28.

Esaminerò anzitutto la prima delle tre parti sopra elencate, poi, per priorità logica, la terza, relativa alla natura del rischio di confusione e, infine, la seconda.

a)  Sulla prima parte del primo motivo: determinazione errata della funzione essenziale dei marchi collettivi di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

29.

Con la prima parte del suo primo motivo di impugnazione, la The Tea Board sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto e/o ha snaturato i fatti del caso di specie nel concludere che la funzione essenziale di un marchio collettivo ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, consistente in un’indicazione che serve a designare la provenienza geografica dei prodotti interessati, non è diversa dalla funzione essenziale di un marchio collettivo ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, di tale regolamento, e che, pertanto, in entrambi i casi, la funzione dei marchi è quella di fungere da indicazione dell’origine commerciale.

30.

La The Tea Board adduce quattro argomenti a sostegno di tale parte.

31.

In primo luogo, essa si basa sulla constatazione che l’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 costituisce una deroga all’impedimento assoluto alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, senza tuttavia spiegare in che modo una tale constatazione possa corroborare la sua tesi secondo cui la funzione essenziale dei marchi collettivi previsti dalla prima di tali disposizioni differisce da quella degli altri marchi collettivi.

32.

Nonostante il carattere poco dettagliato di questo primo argomento, occorre comunque approfondire il rapporto tra le due suddette disposizioni del regolamento n. 207/2009, al fine di individuare meglio la ratio della deroga prevista dall’articolo 66, paragrafo 2, di tale regolamento.

33.

A tale riguardo, rammento che, come ha precisato la Corte, i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 sono indipendenti l’uno dall’altro ( 7 ) e che l’interesse generale preso in considerazione in sede di esame di ciascuno di tali impedimenti può, anzi deve, rispecchiare considerazioni differenti, a seconda dell’impedimento in questione ( 8 ).

34.

Pronunciandosi sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della prima direttiva 89/104/CEE ( 9 ) ‐ il cui contenuto, per quel che rileva ai nostri fini, era identico a quello dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 ‐ la Corte ha precisato che tale disposizione «persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti, anche come marchi collettivi o all’interno di marchi complessi o grafici», ostando a che «siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi» ( 10 ). Nella sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 26), per quanto riguarda, più particolarmente, i segni o le indicazioni atti a designare la provenienza geografica dei prodotti per i quali si chiede la registrazione del marchio, in particolare i nomi geografici, la Corte ha precisato che «vi è un interesse generale a preservarne la disponibilità, segnatamente per la loro capacità non soltanto di rivelare eventualmente la qualità e altre proprietà delle categorie di prodotti interessate bensì anche di influenzare diversamente le preferenze dei consumatori, ad esempio associando i prodotti a un luogo che può suscitare sentimenti positivi».

35.

L’impedimento assoluto alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 persegue quindi una finalità essenzialmente «antimonopolistica», in particolare quando esso verta su indicazioni che possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi contemplati e che sono percepite dal pubblico di riferimento come designanti una tale provenienza ( 11 ).

36.

Da una siffatta finalità è possibile dedurre che la deroga a tale disposizione, e all’impedimento assoluto alla registrazione da essa enunciato, prevista dall’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, trova la propria ratio nella natura collettiva dei marchi in questione, che esclude che una sola impresa possa monopolizzare l’uso dei segni e delle indicazioni di cui tali marchi sono composti in modo contrario all’interesse generale ad una libera disponibilità di tali segni e indicazioni ( 12 ).

37.

Contrariamente a quanto afferma la The Tea Board, né da tale ratio, né, più in generale, dalla relazione tra l’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 e l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento può essere tratto alcun argomento a favore della tesi secondo cui la funzione essenziale dei marchi collettivi costituiti da un’indicazione geografica differisce da quella degli altri marchi collettivi.

38.

La The Tea Board sostiene, in secondo luogo, che la funzione essenziale di un marchio collettivo che protegge un’indicazione geografica è quella di garantire l’origine geografica dei prodotti e/o dei servizi che esso designa e non già la loro origine commerciale. Un tale marchio potrebbe soltanto servire a garantire «l’origine collettiva» dei beni o dei servizi venduti o proposti con il marchio collettivo, vale a dire il fatto che tali prodotti o tali servizi provengano da un’impresa situata nella regione geografica interessata, senza tuttavia indicare da quale specifica impresa essi provengano.

39.

Mi sembra che tale argomento prenda le mosse, almeno in parte, da una confusione sulla funzione distintiva attribuita rispettivamente a un marchio individuale e a un marchio collettivo. Tale funzione si esercita in modo diverso nell’uno o nell’altro caso. Infatti, il marchio individuale deve essere idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di una determinata impresa, mentre il marchio collettivo mira a distinguere i prodotti o i servizi che provengono dai membri dell’associazione che ne è titolare. In altri termini, un marchio collettivo non consente mai di individuare i prodotti o i servizi di un’impresa individuale, ma li distingue in funzione della loro origine collettiva. D’altronde, ciò risulta chiaramente dalla stessa formulazione dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009.

40.

La The Tea Board afferma tuttavia che un marchio collettivo ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 è, per sua natura, inidoneo a soddisfare anche una tale funzione distintiva. A sostegno della sua posizione, essa rinvia, da una parte, all’articolo 67, paragrafo 2, di detto regolamento, il quale prevede che il regolamento d’uso di un marchio collettivo consistente in un’indicazione geografica, presentato conformemente al paragrafo 1 di tale articolo ( 13 ), deve autorizzare le persone i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione a diventare membri dell’associazione titolare del marchio e, dall’altra, al punto 147 della sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar (C‑96/09 P, EU:C:2011:189).

41.

Confesso di non comprendere in che modo l’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 dimostrerebbe l’asserita inidoneità dei marchi collettivi costituiti da indicazioni geografiche a distinguere i prodotti e i servizi provenienti dai membri dell’entità titolare del marchio da quelli che non hanno la medesima origine collettiva. Tale disposizione mira in realtà a garantire che qualsiasi impresa che abbia il diritto di avvalersi dell’indicazione geografica in questione per i prodotti o i servizi contrassegnati dal marchio collettivo possa acquisire il diritto di utilizzare tale marchio aderendo all’associazione che ne è titolare, e quindi ad evitare una monopolizzazione di detta indicazione (nella sua funzione di marchio) a favore di un gruppo chiuso di imprese.

42.

Quanto al rinvio effettuato dalla The Tea Board al punto 147 della sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar (C‑96/09 P, EU:C:2011:189), rilevo che, in detto punto, la Corte si è pronunciata sulla funzione essenziale di un’indicazione geografica protetta (ai sensi di disposizioni nazionali e internazionali) e non su quella di un marchio collettivo costituito da un’indicazione geografica. Orbene, come si vedrà nel prosieguo delle presenti conclusioni, la funzione nonché la portata della protezione di tali due segni sono diverse. Ciò risulta, peraltro, dalla stessa sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar (C‑96/09 P, EU:C:2011:189), nella quale la Corte ha precisato che un segno invocato ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 al fine di opporsi ad una domanda di marchio dell’Unione europea doveva necessariamente essere utilizzato «come marchio», e quindi rinviare all’origine commerciale dei prodotti designati, e che un uso di tale segno quale indicazione geografica, vale a dire in funzione di garanzia dell’origine geografica di tali prodotti, non era ammesso ( 14 ).

43.

Su un piano più generale, alla tesi della The Tea Board ostano sia il testo dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 e la sua relazione con il paragrafo 2 del medesimo articolo, sia il sistema del marchio dell’Unione europea nel suo complesso.

44.

Da una parte, ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, possono costituire marchi collettivi dell’Unione europea soltanto i segni «idonei a distinguere i prodotti o i servizi dei membri dell’associazione titolare da quelli di altre imprese». Il paragrafo 2 di tale articolo prevede, dal canto suo, che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi possono, in deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, divenire marchi collettivi «ai sensi del paragrafo 1». Pertanto, i marchi collettivi di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 costituiscono semplicemente una categoria di marchi collettivi dell’Unione europea, quali definiti al paragrafo 1 di tale articolo. Seguire la tesi della The Tea Board significherebbe ignorare la relazione che il legislatore dell’Unione ha inteso stabilire tra i segni oggetto delle due disposizioni sopra menzionate.

45.

Dall’altra parte, conformemente all’articolo 66, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, le disposizioni di tale regolamento si applicano, salvo disposizione contraria, ai marchi collettivi dell’Unione europea ( 15 ). Orbene, a termini dell’articolo 4 del regolamento n. 207/2009, un segno può costituire un marchio dell’Unione europea soltanto a condizione di essere «adatt[o] a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese». Tale funzione distintiva deve essere intesa come riferentesi all’origine commerciale dei prodotti e dei servizi contrassegnati dal marchio. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, la funzione essenziale del marchio consiste «nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato consentendo loro di distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da quelli di provenienza diversa» ( 16 ). Nessuna delle disposizioni del regolamento n. 207/2009 dedicate ai marchi collettivi rimette in discussione tale funzione di origine, la quale, secondo la Corte, costituisce lo scopo della tutela conferita dal marchio ( 17 ). Al contrario, l’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 conferma che la medesima funzione è svolta dai marchi collettivi, precisando che, per quanto riguarda tali segni, tale funzione mira a consentire di ricondurre i prodotti o i servizi designati all’associazione titolare del marchio.

46.

È pur vero che i marchi collettivi possono soddisfare anche altre funzioni. Infatti, pur rimanendo distinti dai marchi di certificazione ( 18 ), essi possono attestare una caratteristica o una qualità particolare dei prodotti o dei servizi da essi designati ( 19 ). Per quanto riguarda, più specificamente, marchi collettivi di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, essi forniscono al consumatore un’indicazione dell’origine geografica dei prodotti e dei servizi da essi designati e possono adempiere una funzione descrittiva di qualità connesse al territorio o ad una determinata tradizione produttiva locale o, più in generale, veicolare le qualità positive che vengono attribuite alla zone geografica alla quale essi si riferiscono ( 20 ). Tuttavia, ciò non toglie che la funzione essenziale dei marchi collettivi, si tratti di quelli di cui al paragrafo 1 o di quelli di cui al paragrafo 2 dell’articolo 66 del regolamento n. 207/2009, è, come per qualsiasi marchio disciplinato da tale regolamento ( 21 ), quella di distinguere i prodotti e i servizi del loro titolare da quelli che hanno una provenienza diversa. Come ho già sottolineato, per quanto concerne i marchi collettivi, tale funzione distintiva si esercita individuando l’associazione titolare del marchio e informando il consumatore sull’origine comune ai membri di tale associazione dei prodotti e dei servizi contemplati dal marchio.

47.

In terzo e ultimo luogo, la The Tea Board sostiene che il regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato alla luce del regolamento n. 1151/2012 e dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio ( 22 ). Entrambi questi atti riconoscerebbero alle indicazioni geografiche la funzione di individuare un prodotto come originario di un determinato territorio, qualora – come avverrebbe nel caso del marchio collettivo Darjeeling – una qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto designato possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica, e attribuirebbero a tali indicazioni un livello di protezione elevato ( 23 ).

48.

Va ricordato, in via preliminare, che, nel 2011, la denominazione «Darjeeling» è stata registrata quale indicazione geografica protetta ai sensi del regolamento n. 510/2006. La domanda di registrazione di tale denominazione è stata depositata presso la Commissione europea il 12 novembre 2007, vale a dire prima del deposito, da parte della Delta Lingerie, della sua domanda di registrazione di marchio.

49.

All’epoca in cui la The Tea Board ha proposto le sue opposizioni, il regolamento 2015/2424 ( 24 ), che ha aggiunto un nuovo paragrafo 4 bis all’articolo 8 del regolamento n. 207/2009, il quale autorizza la presentazione di un’opposizione sulla base di una domanda di registrazione di un’indicazione geografica presentata anteriormente alla domanda di marchio ai sensi del diritto dell’Unione o del diritto nazionale e seguita da una registrazione, non era stato ancora adottato ( 25 ).

50.

Peraltro, sebbene, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera k), del regolamento n. 207/2009, l’UAMI fosse tenuto a rispettare il divieto di registrazione dei marchi previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 510/2006 ( 26 ), tale divieto riguardava soltanto le domande di registrazione relative alla medesima classe di prodotto designata dall’indicazione geografica.

51.

Ne consegue che, nel caso di specie, la The Tea Board non ha avuto la possibilità, dinanzi all’UAMI, di basarsi sulla registrazione della denominazione «Darjeeling» quale indicazione geografica protetta per opporsi alla registrazione delle domande di marchi depositate dalla Delta Lingerie, e ciò nonostante il fatto che la domanda di registrazione di tale denominazione fosse stata depositata prima delle domande di marchio.

52.

Ciò precisato, ritengo che neanche l’argomento della The Tea Board ripreso al precedente paragrafo 47 possa essere accolto.

53.

Le indicazioni geografiche protette e i marchi collettivi che consistono in un’indicazione geografica sono soggetti a regimi che, pur condividendo taluni elementi comuni – come, ad esempio, l’obbligo di registrazione e l’esistenza di regole che definiscono le modalità d’uso del segno –, rimangono, per il resto, molto diversi. Tra le differenze più importanti figurano il tipo di segni protetti ( 27 ), i prodotti che possono essere contraddistinti dai segni ( 28 ), i requisiti rigorosi riguardanti il collegamento tra i prodotti e il territorio, ai quali è soggetta la registrazione delle indicazioni geografiche ( 29 ), le regole concernenti l’acquisizione del carattere generico, il rinnovo della registrazione e la decadenza per assenza di uso effettivo – che sono previsti soltanto per i marchi – nonché la portata della tutela, in quanto le indicazioni geografiche protette godono di una tutela notevolmente più ampia. I marchi collettivi che consistono in indicazioni geografiche e le indicazioni geografiche protette costituiscono segni diversi che servono a scopi diversi e che sono soggetti ad una disciplina diversa.

54.

Pertanto, la The Tea Board non può fondarsi sulla disciplina relativa alle indicazioni geografiche per trarne argomenti a favore della propria tesi secondo cui la funzione essenziale dei marchi collettivi di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 differirebbe da quella dei marchi collettivi ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo e sarebbe simile a quella delle indicazioni geografiche protette.

55.

Quanto al rinvio effettuato dalla The Tea Board alle sentenze del 16 novembre 2004, Anheuser‑Busch (C‑245/02, EU:C:2004:717, punti 4255), nonché del 14 giugno 2007, Häupl (C‑246/05, EU:C:2007:340, punto 48), occorre rilevare che, in tali due sentenze, la Corte ha interpretato alcune nozioni del diritto dei marchi dell’Unione europea alla luce delle nozioni corrispondenti dell’accordo TRIPS. Nel caso di specie, la The Tea Board pretende, invece, che le disposizioni del regolamento n. 207/2009 vengano interpretate sulla base di disposizioni dell’accordo TRIPS relative a segni diversi dai marchi.

56.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, ritengo che la prima parte del primo motivo di impugnazione della The Tea Board debba essere respinta in quanto infondata.

b)  Sulla terza parte del primo motivo: valutazione erronea della natura del rischio di confusione in caso di conflitto tra un marchio anteriore collettivo consistente in un’indicazione geografica e un segno oggetto di una domanda di marchio individuale

57.

Secondo la The Tea Board, il Tribunale è incorso in un errore di diritto e/o ha snaturato i fatti del caso di specie nel concludere, nelle sentenze impugnate, che, in presenza di un marchio collettivo ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, la provenienza, reale o potenziale, dei prodotti o dei servizi designati non può essere presa in considerazione nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione ai fini dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, e che il fatto di sapere se il pubblico possa o meno credere che i prodotti in questione, o le materie prime utilizzate per fabbricarli, o i servizi designati dai marchi di cui trattasi possano avere la medesima provenienza geografica è irrilevante.

58.

A questo proposito, rammento che la Corte interpreta la nozione di «rischio di confusione» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 conformemente alla funzione distintiva attribuita al marchio. Quindi, secondo giurisprudenza costante, un tale rischio di confusione sussiste allorché il pubblico può sbagliare quanto all’origine dei prodotti o dei servizi in questione ( 30 ).

59.

È pertanto estraneo a tale nozione il rischio che il consumatore sia indotto in errore su aspetti diversi dall’origine commerciale dei prodotti o dei servizi interessati, ivi compresa la loro provenienza geografica. Nella sentenza del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 29), la Corte ha precisato, a tale riguardo, che, «per escludere l’esistenza di tale rischio di confusione, non è sufficiente dimostrare semplicemente l’insussistenza del rischio di confusione nella mente del pubblico quanto al luogo di produzione dei prodotti o servizi di cui trattasi» ( 31 ).

60.

La tesi della The Tea Board si risolve, in sostanza, nel chiedere alla Corte di reinterpretare la nozione di «rischio di confusione» in caso di conflitto tra un marchio individuale e un marchio collettivo di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, alla luce della diversa funzione che sarebbe attribuita a quest’ultimo marchio di indicare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi che esso designa. Orbene, poiché i marchi collettivi che rientrano in tale disposizione svolgono la medesima funzione distintiva dei marchi collettivi di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo, una siffatta reinterpretazione non può trovare alcuna giustificazione.

61.

Osservo peraltro che, poiché l’UAMI non ha opposto impedimenti assoluti alla registrazione dei marchi richiesti, esso ha necessariamente dovuto ritenere che il termine «Darjeeling», unico elemento di cui tali marchi si compongono, non potesse essere considerato un’indicazione che in commercio può servire a designare la provenienza geografica dei prodotti e dei servizi in questione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), regolamento n. 207/2009 ( 32 ). Lo stesso Tribunale ha d’altronde constatato, al punto 111 delle sentenze impugnate, che la The Tea Board non aveva fornito alcun elemento in grado di dimostrare che la denominazione geografica di cui trattasi presentasse, agli occhi degli ambienti interessati, un nesso con i prodotti o i servizi designati dal marchio richiesto o che detta denominazione potesse essere utilizzata dalle imprese interessate quale indicazione della loro provenienza geografica.

62.

Ne consegue che, anche ammesso che si debba accogliere l’interpretazione del rischio di confusione caldeggiata dalla The Tea Board, i marchi richiesti non sono comunque idonei ad indurre il consumatore in errore quanto alla provenienza geografica dei prodotti o dei servizi da essi designati, poiché il termine «darjeeling» nei marchi richiesti non sarà percepito dal consumatore di tali prodotti e servizi come un’indicazione geografica.

63.

Ciò premesso, la The Tea Board chiede in realtà che le sia riconosciuto, sulla base del suo marchio collettivo, un diritto ad opporsi, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, alla registrazione di un marchio richiesto anche in assenza di qualsiasi rischio di confusione, il che contrasterebbe con la chiara formulazione di tale disposizione.

64.

Per le ragioni esposte, ritengo che occorra respingere la terza parte del primo motivo di impugnazione in quanto infondata.

c)  Sulla seconda parte del primo motivo: errore relativo ai criteri da applicare per valutare la somiglianza dei prodotti e dei servizi in caso di conflitto tra un marchio anteriore collettivo consistente in un’indicazione geografica e un segno oggetto di una domanda di marchio individuale

65.

La seconda parte del primo motivo di impugnazione verte su un errore di diritto e/o su uno snaturamento dei fatti del caso di specie in cui il Tribunale sarebbe incorso nel concludere che, in presenza di un marchio collettivo ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, la provenienza, reale o potenziale, dei prodotti o dei servizi in questione non può essere presa in considerazione nella comparazione di tali prodotti e servizi ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, e che tale comparazione deve essere effettuata, piuttosto, secondo i medesimi criteri che si applicano allorché viene valutata la somiglianza o l’identità di prodotti e di servizi designati da marchi individuali. Nella fattispecie, al fine di valutare la somiglianza tra il prodotto contrassegnato dai marchi anteriori e i prodotti e i servizi designati dai marchi richiesti, occorrerebbe chiedersi se tali prodotti e servizi possano o meno avere la medesima provenienza geografica. Secondo la The Tea Board, tale questione richiede una risposta affermativa.

66.

Va ricordato che, secondo giurisprudenza costante, per valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi in questione, si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra tali prodotti o tali servizi. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità ( 33 ) e i loro canali di distribuzione ( 34 ).

67.

Va rilevato altresì che, sebbene la giurisprudenza sembri richiedere che la valutazione della somiglianza dei prodotti o dei servizi di cui trattasi sia condotta sulla base di criteri strettamente commerciali, tale valutazione si inserisce nel più ampio contesto della valutazione della sussistenza di un rischio di confusione nel senso sopra indicato. Ne consegue che, oltre all’applicazione di una serie di fattori predeterminati, si deve tenere conto, in ciascun caso di specie, della possibilità che il consumatore possa, in concreto, attribuire ai prodotti o ai servizi in questione un’origine commerciale comune.

68.

Pertanto, non è escluso che, in alcuni casi, una semplice prossimità tra i prodotti o i servizi in questione possa essere sufficiente ad ingenerare la convinzione, nella mente del pubblico interessato, qualora i prodotti siano contrassegnati da un segno identico o simile, che essi siano stati fabbricati sotto il controllo di un’unica impresa o di imprese tra loro collegate.

69.

Sulla base, segnatamente, della considerazione che precede, non escludo che, quando un’opposizione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 si basa su un marchio collettivo (ai sensi del paragrafo 1 o del paragrafo 2 dell’articolo 66 di tale regolamento), la valutazione della somiglianza tra i prodotti o i servizi interessati – pur dovendo essere effettuata sulla base dei medesimi criteri applicati in caso di conflitto tra due marchi individuali – possa tener conto della natura particolare di tali marchi, nella misura in cui un tale fattore possa incidere sulla percezione che ha il consumatore della relazione tra tali prodotti o tali servizi.

70.

Resta il fatto che, anche in un caso del genere, la valutazione di tale relazione mira, in definitiva, a determinare se sussista un rischio di confusione tra i segni in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e che tale rischio, come si è osservato sopra, verte sull’origine commerciale dei prodotti o dei servizi in questione.

71.

Orbene, il criterio della potenziale provenienza geografica dei servizi designati dai marchi richiesti non è manifestamente in grado di fornire indicazioni sul rischio che il pubblico di riferimento possa essere indotto a credere che tali servizi provengano da uno dei membri dell’associazione titolare dei marchi collettivi anteriori, quanto meno nelle circostanze del caso di specie, in cui il termine «darjeeling» non è utilizzato nei marchi richiesti quale indicazione geografica.

72.

Pertanto, anche la seconda parte del primo motivo di impugnazione deve essere respinta in quanto infondata.

d)  Conclusioni sul primo motivo dell’impugnazione principale

73.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la The Tea Board non ha dimostrato, a mio avviso, che le sentenze impugnate siano viziate da errori di diritto per quanto riguarda i profili esaminati. Quanto alle censure vertenti sullo snaturamento dei fatti, è sufficiente rilevare che esse non sono state affatto comprovate.

74.

Pertanto, il primo motivo dell’impugnazione principale deve essere integralmente respinto.

2.  Sul secondo motivo dell’impugnazione principale, vertente su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009

75.

Secondo la The Tea Board, il Tribunale è incorso in un errore di diritto e ha snaturato i fatti avendo tratto la conclusione, nelle sentenze impugnate, che le qualità positive evocate dall’elemento denominativo «darjeeling» non potevano essere trasposte a una parte dei servizi della classe 35 né ad alcuno dei servizi della classe 38, designati dai marchi richiesti, e che, pertanto, l’uso di tali marchi non avrebbe conferito alla Delta Lingerie un vantaggio commerciale per quanto riguarda tali servizi. Il Tribunale avrebbe inoltre omesso di motivare tale conclusione.

76.

A questo proposito, è sufficiente rilevare che la The Tea Board non spiega affatto in che modo detta conclusione sarebbe viziata da un errore di diritto, né comprova la sua censura vertente su uno snaturamento dei fatti. Pertanto, entrambe le censure devono essere respinte.

77.

Quanto all’asserito difetto di motivazione, osservo che, in ciascuna delle sentenze impugnate, il Tribunale ha precisato che la ragione per la quale l’uso dei marchi richiesti avrebbe conferito alla Delta Lingerie un vantaggio commerciale per quanto riguarda i servizi della classe 35 diversi dai servizi di vendita al dettaglio di sottovesti femminili e i servizi della classe 38 non risultava affatto dal fascicolo e che la The Tea Board non aveva fornito alcun elemento specifico in grado di dimostrare un tale vantaggio. Facendo riferimento all’assenza di elementi di prova idonei a dimostrare il trasferimento delle qualità positive legate all’elemento denominativo «darjeeling» ai servizi in questione, il Tribunale ha sufficientemente motivato la conclusione secondo la quale un siffatto trasferimento non poteva considerarsi dimostrato nel caso di specie.

78.

Pertanto, il secondo motivo dell’impugnazione principale deve essere respinto.

3.  Conclusioni sull’impugnazione principale

79.

Poiché, per le ragioni esposte, i due motivi dedotti a sostegno dell’impugnazione principale devono essere respinti, in parte in quanto irricevibili e in parte in quanto infondati, l’impugnazione principale non può, a mio avviso, essere accolta. Propongo pertanto alla Corte di respingerla integralmente.

B. Sulle impugnazioni incidentali

80.

A sostegno di ciascuna delle sue impugnazioni incidentali, la Delta Lingerie deduce due motivi. Il primo verte su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso snaturando le funzioni rispettive dei marchi, da una parte, e delle indicazioni geografiche protette, dall’altra. Il secondo motivo verte su una contraddizione della motivazione nonché su un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

1.  Sul primo motivo delle impugnazioni incidentali, vertente su uno snaturamento delle funzioni rispettive dei marchi e delle indicazioni geografiche protette

81.

Secondo la Delta Lingerie, invocando una premessa ipotetica secondo la quale la notorietà dei marchi anteriori era stata dimostrata e fondando tale premessa sulla conclusione, erronea, che la notorietà di cui godeva la denominazione «Darjeeling» quale indicazione geografica protetta per il tè poteva essere trasmessa al medesimo segno protetto a titolo di marchio collettivo per prodotti identici, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto snaturando le funzioni rispettive di questi due tipi di segni.

82.

Tale motivo prende le mosse, a mio avviso, da un’esegesi errata delle sentenze impugnate.

83.

Occorre osservare che, al punto 79 delle sentenze impugnate, il Tribunale ha rilevato che, per quanto riguarda la questione se i marchi anteriori godessero o meno di notorietà nell’accezione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, il testo delle decisioni controverse era «perlomeno ambiguo» e che, dall’«unica frase priva di ambiguità» del capo di tali decisioni dedicato all’analisi di detta questione, risultava che la commissione di ricorso non aveva concluso in maniera definitiva nel senso dell’esistenza di una notorietà dei marchi anteriori. Constatando che la commissione di ricorso aveva nondimeno proseguito la propria analisi ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, il Tribunale ha ritenuto, al punto 80 delle sentenze impugnate, che essa avesse necessariamente dovuto basarsi sull’ipotesi che una siffatta notorietà fosse stata dimostrata.

84.

Da una parte, contrariamente a quanto sostenuto dalla Delta Lingerie, il Tribunale non ha formulato esso stesso una tale ipotesi, ma si è limitato a constatare che l’aveva fatto la commissione di ricorso. Dall’altra, detta ipotesi verteva sulla prova della notorietà dei marchi anteriori, e non già, come sembra sostenere la Delta Lingerie, sugli elementi sulla base dei quali una siffatta prova avrebbe potuto essere fornita.

85.

In tal modo, il Tribunale, non solo non ha esso stesso preso posizione sulla questione se la prova della notorietà dei marchi anteriori fosse stata fornita, ma non si è neanche pronunciato, né esplicitamente né implicitamente, sulla questione se, ai fini di una tale prova, la notorietà di cui godeva la denominazione «Darjeeling» quale indicazione geografica protetta per il tè potesse essere trasmessa al medesimo segno protetto a titolo di marchio collettivo per prodotti identici.

86.

Non si può sostenere, contro tale conclusione, che la premessa ipotetica secondo la quale la notorietà dei marchi anteriori era stata dimostrata avrebbe potuto essere formulata soltanto prendendo in considerazione una tale trasmissione di notorietà. Infatti, da una parte, dalle decisioni controverse non risulta chiaramente, soprattutto alla luce della loro formulazione ambigua, che la mancata presa in considerazione della possibilità di una siffatta trasmissione fosse l’unico aspetto dell’analisi della divisione di opposizione riguardante la valutazione della notorietà dei marchi anteriori ad essere censurato dalla commissione di ricorso. Dall’altra, quest’ultima non ha essa stessa preso posizione chiaramente, e ancor meno definitivamente, su una tale possibilità, né sull’ulteriore questione se, anche ammettendo una trasmissione di notorietà, ciò sarebbe stato sufficiente, nelle circostanze del caso di specie, a dimostrare la notorietà dei marchi anteriori – o, quanto meno, di uno di essi – ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

87.

Per contro, la conclusione secondo la quale il Tribunale non ha risolto la questione se la notorietà di un’indicazione geografica protetta possa essere trasmessa ad un marchio collettivo di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, di tale regolamento, è confermata dal punto 147 delle sentenze impugnate, nel quale, dopo aver concluso, in ciascuna delle cause, per l’annullamento parziale delle decisioni controverse, il Tribunale ha precisato che spettava, in primo luogo, alla commissione di ricorso formulare una conclusione definitiva sull’esistenza di una notorietà dei marchi anteriori e, se del caso, sull’intensità di quest’ultima.

88.

Da quanto precede, risulta che il primo motivo in ciascuna delle impugnazioni incidentali deve essere respinto in quanto si basa su un’interpretazione erronea delle sentenze impugnate e riguarda una questione di diritto che non è stata risolta dal Tribunale.

2.  Sul secondo motivo delle impugnazioni incidentali, vertente su una contraddizione della motivazione e su un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009

89.

Nell’ambito del suo secondo motivo di impugnazione, la Delta Lingerie sostiene, in primo luogo, che il Tribunale si sia contraddetto e abbia violato il suo obbligo di motivazione quando, al punto 141 delle sentenze impugnate, esso ha affermato che nulla impediva che il pubblico a cui si rivolgono i marchi richiesti potesse essere attirato dal trasferimento, ai marchi richiesti, dei valori e delle qualità positive legati alla regione del Darjeeling, mentre, ai punti 107, 111 e 120 di tali sentenze, esso ha concluso sia per l’assenza di collegamento tra i prodotti e i servizi designati dai marchi richiesti e detta regione, sia per l’assenza totale di somiglianza tra tali prodotti e il prodotto contraddistinto dei marchi anteriori.

90.

A mio avviso, tale censura non può essere accolta. Infatti, i punti 107, 111 e 120 delle sentenze impugnate, ai quali si riferisce la Delta Lingerie, sono dedicati all’analisi della sussistenza di un rischio serio di pregiudizio arrecato al carattere distintivo dei marchi anteriori, mentre il punto 141 di tali sentenze riguarda l’esame della sussistenza di un rischio che l’uso senza giusto motivo dei marchi richiesti consenta di trarre un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori. Orbene, la valutazione della sussistenza di tali due rischi richiede la presa in considerazione di elementi diversi. Infatti, quando si considera il pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore, deve essere preso in considerazione il comportamento economico del consumatore medio dei prodotti o dei servizi per i quali tale marchio è registrato, mentre, quando deve essere valutata la sussistenza di un rischio di free-riding, l’analisi è condotta dal punto di vista del consumatore medio dei prodotti o dei servizi designati dal marchio richiesto.

91.

Pertanto, il Tribunale non si è contraddetto quando ha constatato, da una parte, che il consumatore del prodotto contraddistinto dai marchi collettivi anteriori non sarebbe indotto a credere che i prodotti e i servizi designati dalle domande di marchio depositate dalla Delta Lingerie provengano dalla regione del Darjeeling e, dall’altra, che il consumatore di tali prodotti e di tali servizi sarebbe attirato dai valori e dalle qualità positive legati a detta regione.

92.

Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla circostanza, sottolineata dalla Delta Lingerie, che i consumatori del prodotto contrassegnato dai marchi collettivi anteriori e quelli dei prodotti e dei servizi designati dai marchi richiesti si sovrappongano in una certa misura. Infatti, la percezione e il comportamento di tali consumatori sono stati analizzati dal Tribunale sotto aspetti diversi (attitudine ad attribuire e a riconoscere la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi in questione, da una parte, e propensione ad essere attirati dalla forza evocativa di un’indicazione geografica, dall’altra) e in occasione di atti di acquisto diversi.

93.

In secondo luogo, la Delta lingerie sostiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 per aver concluso, nelle sentenze impugnate, nel senso della sussistenza di un rischio di vantaggio tratto dall’uso senza giusto motivo dei marchi richiesti ai sensi di tale disposizione, pur dopo aver constatato che la commissione di ricorso non aveva condotto alcuna analisi specifica dedicata alla sussistenza di un nesso di associazione, nella mente del pubblico, tra i segni in conflitto.

94.

A questo proposito, è sufficiente osservare che è soltanto dopo aver constatato che l’analisi della commissione di ricorso era fondata sulla premessa ipotetica della sussistenza di un tale nesso di associazione che il Tribunale ha continuato il proprio esame della legittimità delle decisioni controverse sotto il profilo dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, per concludere, alla fine di tale esame, che detta disposizione era stata violata. Procedendo in tal modo, il Tribunale, contrariamente a quanto gli addebita la Delta Lingerie, non ha violato le condizioni di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

3.  Conclusioni sulle impugnazioni incidentali

95.

Poiché l’esame dei motivi dedotti a sostegno delle impugnazioni incidentali non ha consentito di constatare alcuno dei vizi invocati dalla Delta Lingerie nei confronti delle sentenze impugnate, dette impugnazioni devono essere, a mio avviso, integralmente respinte.

VI. Conclusione

96.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di respingere sia le impugnazioni principali, sia le impugnazioni incidentali, nonché di condannare la The Tea Board alle spese connesse alle prime e la Delta Lingerie alle spese connesse alle seconde.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2009, L 78, pag. 1.

( 3 ) Tali prodotti e servizi corrispondono alla descrizione seguente. Per la classe 25: «Indumenti intimi femminili e articoli di lingerie da giorno e da notte, in particolare guaine, body, reggipetto, guêpière, reggiseni, mutandine, slip, perizoma, copri-maniche, calzoncini, boxer, reggicalze, reggicalze da donna, giarrettiere, casacchine, babydoll, collant, calze, costumi da bagno; indumenti, articoli d’abbigliamento in maglia, biancheria intima, canotte, tshirt, busti, corpetti, baby-doll, boa, bluse, tute, maglioni, body, pigiami, camicie da notte, pantaloni, tute, scialli, vesti da camera, accappatoi, accappatoi da bagno, costumi da bagno, calzoncini da bagno, sottogonne, foulard»; per la classe 35: «Servizi di vendita al dettaglio di sottovesti femminili e articoli di biancheria intima femminile, fragranze, eau de toilette e cosmetici, biancheria per la casa e da bagno; consulenza commerciale per la creazione o l’utilizzo di punti vendita al dettaglio e di centrali d’acquisto per la vendita al dettaglio e la pubblicità; servizi di promozione delle vendite (per conto terzi), pubblicità, gestione d’affari commerciali, amministrazione commerciale, pubblicità online su rete informatica, distribuzione di materiale pubblicitario (pieghevoli, prospetti, giornali gratuiti, campioni), abbonamenti a giornali per conto terzi; informazioni o ragguagli in materia di affari; organizzazione d’esposizioni e d’eventi per scopi commerciali o pubblicitari, servizi di concessionarie pubblicitarie, locazione di spazi pubblicitari, pubblicità radiofonica e televisiva, sponsorizzazione pubblicitaria»; per la classe 38: «Telecomunicazioni, trasmissione di messaggi e immagini assistita al computer, servizi di radiodiffusione interattiva relativa alla presentazione del prodotto, della comunicazione tramite terminali di computer, comunicazione (trasmissione) su rete informatica globale, aperto e chiuso».

( 4 ) GU 2011, L 276, pag. 5.

( 5 ) GU 2006, L 93, pag. 12.

( 6 ) GU 2012, L 343, pag. 1.

( 7 ) V., in particolare, sentenza del 21 ottobre 2004, UAMI/Erpo Möbelwerk (C‑64/02 P, EU:C:2004:645, punto 39).

( 8 ) V., in particolare, sentenza del 29 aprile 2004, Henkel/UAMI (C‑456/01 P e C‑457/01 P, EU:C:2004:258, punti 4546).

( 9 ) Prima direttiva del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1).

( 10 ) V. sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 25); dell’8 aprile 2003, Linde e a. (da C‑53/01 a C‑55/01, EU:C:2003:206, punto 73), nonché del 15 marzo 2012, Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147, punto 31). Per quanto concerne l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), che ha preceduto il regolamento n. 207/2009, v. sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI (C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 37).

( 11 ) Tale finalità differisce da quella perseguita dall’impedimento alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, che mira ad escludere dalla registrazione i segni privi di carattere distintivo e quindi inidonei a soddisfare la funzione essenziale del marchio quale indicatore dell’origine commerciale del prodotto o del servizio designato, in quanto l’interesse generale sotteso a tale impedimento assoluto alla registrazione si confonde, per usare l’espressione utilizzata dalla Corte, con detta funzione essenziale del marchio. V., in tal senso, sentenze del 16 settembre 2004, SAT.1/UAMI (C‑329/02 P, EU:C:2004:532, punto 27), e del 15 settembre 2005, BioID/UAMI (C‑37/03 P, EU:C:2005:547, punto 60). V., tuttavia, in senso contrario, sentenza del 20 settembre 2001, Procter & Gamble/UAMI (C‑383/99 P, EU:C:2001:461, punto 37), che, per quanto riguarda tale aspetto, è rimasta isolata.

( 12 ) In tal senso si è d’altronde pronunciata la Corte nella sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 27), laddove essa ha sottolineato che l’interesse generale sotteso all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della prima direttiva 89/104 era «dimostrato dalla possibilità, attribuita agli Stati membri dall’art[icolo] 15, [paragrafo] 2, della direttiva, di stabilire, in deroga all’art[icolo] 3, [paragrafo] 1, lett[era] c), che i segni o le indicazioni idonei a designare la provenienza geografica dei prodotti possano costituire marchi collettivi». V., inoltre, sentenza del 20 luglio 2016, Internet Consulting/EUIPO – Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige (SUEDTIROL) (T‑11/15, EU:T:2016:422, punto 55).

( 13 ) L’articolo 67, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 prevede che la domanda di marchio collettivo deve essere accompagnata da un regolamento d’uso del marchio che indichi «le persone abilitate a usare il marchio, le condizioni di appartenenza all’associazione e, qualora siano previste, le condizioni per l’utilizzazione del marchio, comprese le sanzioni».

( 14 ) V. punti da 147 a 150 della sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser‑Busch/Budějovický Budvar (C‑96/09 P, EU:C:2011:189).

( 15 ) Il regolamento 2015/2424 ha riformulato, a partire dal 1o ottobre 2017, l’articolo 66, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, senza modificarne la sostanza.

( 16 ) V. sentenza del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 28).

( 17 ) V., in particolare, sentenza del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 27).

( 18 ) Il regolamento 2015/2424 ha inserito nel regolamento n. 207/2009 gli articoli da 74 bis a 74 duodecies, i quali entreranno in vigore il 1o ottobre 2017 e che disciplinano i marchi di certificazione dell’Unione europea. Tali marchi consentono ad un istituto o organismo di certificazione di autorizzare gli aderenti al sistema di certificazione ad utilizzare il marchio come segno per prodotti o servizi che soddisfino i criteri di certificazione. Detto articolo 74 bis precisa che la certificazione non può vertere sulla provenienza geografica dei prodotti o dei servizi interessati.

( 19 ) A questo proposito, l’articolo 67 del regolamento n. 207/2009 prevede che, qualora l’uso del marchio sia soggetto a condizioni, che possono riguardare ad esempio il rispetto di determinati standard di qualità o l’utilizzo di uno specifico metodo di produzione, il regolamento d’uso del marchio deve indicarle. Spetta, peraltro, al titolare del marchio collettivo, ai sensi dell’articolo 73 del regolamento n. 207/2009, adottare, a pena di decadenza dai suoi diritti, misure ragionevoli per prevenire un’utilizzazione del marchio non compatibile con le eventuali condizioni previste dal regolamento d’uso.

( 20 ) V., in tal senso, sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee (C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 26).

( 21 ) L’articolo 74 bis del regolamento n. 207/2009, introdotto dal regolamento 2015/2424, descrive tuttavia diversamente la funzione dei marchi di certificazione. A termini di tale disposizione, detti marchi devono essere «idonei a distinguere i prodotti o i servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione del servizio, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche, ad eccezione della provenienza geografica, da prodotti e servizi non certificati». La funzione distintiva di tali marchi verte quindi non già sull’origine commerciale dei prodotti o dei servizi, bensì sulla loro certificazione.

( 22 ) Accordo che figura all’allegato 1 C dell’Accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, approvato a nome della Comunità europea con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU 1994, L 336, pag. 1) (in prosieguo: l’«accordo TRIPS»).

( 23 ) La The Tea Board rinvia segnatamente all’articolo 13, lettere da a) a d), del regolamento n. 1151/2012 e all’articolo 22 dell’accordo TRIPS. Tali disposizioni estendono la protezione delle indicazioni geografiche protette alle usurpazioni, alle imitazioni ed alle evocazioni di queste ultime riguardanti beni nonché servizi.

( 24 ) Regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, recante modifica del regolamento n. 207/2009 (GU 2015, L 341, pag. 21).

( 25 ) Tale modifica è entrata in vigore il 23 marzo 2016. Peraltro, alla data di proposizione delle opposizioni, la denominazione «Darjeeling» non era stata ancora registrata come indicazione geografica.

( 26 ) Tale disposizione, il cui contenuto corrisponde in sostanza a quello dell’attuale articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012, prevede che, qualora un’indicazione geografica sia registrata conformemente al regolamento n. 510/2006, la registrazione di un marchio il cui utilizzo violi l’articolo 13, paragrafo 1, di tale regolamento e che riguardi lo stesso tipo di prodotto viene respinta, se la domanda di registrazione del marchio è presentata posteriormente alla data di presentazione presso la Commissione della domanda di registrazione relativa all’indicazione geografica.

( 27 ) Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012, soltanto le denominazioni (e non qualsiasi segno idoneo ad essere rappresentato graficamente) possono essere registrate come indicazioni geografiche.

( 28 ) La tutela delle indicazioni geografiche è prevista soltanto per i prodotti agricoli e alimentari, dal regolamento n. 1151/2012, per i vini, dal regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 671) e, per le bevande spiritose, dal regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio (GU 2008, L 39, pag. 16).

( 29 ) Ai sensi dell’articolo 5 del regolamento n. 1151/2012, le indicazioni geografiche relative ai prodotti agricoli e alimentari individuano un prodotto originario di un luogo, di una regione o di un paese determinati, di cui una determinata qualità, la reputazione o un’altra proprietà può essere attribuita essenzialmente alla sua origine geografica e di cui almeno una delle fasi di produzione si svolge nella zona geografica delimitata. Gli stessi requisiti non si applicano ai marchi collettivi di cui all’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

( 30 ) V., riguardo all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della prima direttiva 89/104, sentenza del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 26).

( 31 ) Sull’irrilevanza, ai fini della valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione, di considerazioni estranee all’origine commerciale del prodotto di cui trattasi, v. sentenza del 5 aprile 2006, Madaus/UAMI – Optima Healthcare (ECHINAID) (T‑202/04, EU:T:2006:106, punto 31)

( 32 ) Inoltre, se l’UAMI avesse ritenuto che il termine «Darjeeling» nei marchi richiesti fosse utilizzato per individuare l’origine geografica dei prodotti e dei servizi interessati, tali marchi avrebbero dovuto essere esclusi dalla registrazione in quanto ingannevoli, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009.

( 33 ) V., riguardo all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della prima direttiva 89/104, sentenza del 29 settembre 1998, Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 23).

( 34 ) V., inter alia, sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), (T‑443/05, EU:T:2007:219, punto 37).

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