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Document 62015CC0596

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 25 aprile 2017.

Court reports – general ; Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:297

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 25 aprile 2017 ( 1 )

Cause riunite C‑596/15 P e C‑597/15 P

Bionorica SE (C‑596/15 P)

Diapharm GmbH & Co. KG (C‑597/15 P)

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Sanità pubblica – Indicazioni sulla salute relative alle sostanze botaniche – Carenza della Commissione per avere omesso di ordinare all’Autorità europea per la sicurezza alimentare di valutare talune indicazioni sulla salute relative alle sostanze botaniche»

I. Introduzione

1.

Ai sensi del regolamento (CE) n. 1924/2006 ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento»), la Commissione europea doveva consultare l’Autorità europea per la sicurezza alimentare («EFSA») e adottare, entro il 31 gennaio 2010, un elenco di indicazioni sulla salute autorizzate per l’utilizzo sugli alimenti. Tuttavia, nel settembre 2010 essa ha disposto la sospensione delle valutazioni dell’EFSA di indicazioni relative agli alimenti di origine vegetale (in prosieguo: le «sostanze botaniche»). Detta sospensione è tuttora in corso.

2.

La Bionorica SE (in prosieguo: la «Bionorica») e la Diapharm GmbH (in prosieguo: la «Diapharm») (di seguito, congiuntamente, le «ricorrenti») hanno impugnato le ordinanze pronunciate dal Tribunale nelle cause T‑619/14 e T‑620/14 (in prosieguo: le «ordinanze impugnate») ( 3 ). Le ordinanze impugnate hanno dichiarato irricevibili i ricorsi per carenza proposti dalle ricorrenti contro la Commissione. L’asserita carenza della Commissione sarebbe consistita nell’omettere di ordinare all’EFSA di valutare le indicazioni sulla salute per l’impiego sulle sostanze botaniche, ai fini dell’adozione di un elenco di indicazioni sulla salute per tali alimenti (in prosieguo: l’«elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche»).

3.

Il Tribunale ha dichiarato i ricorsi irricevibili in base al rilievo che la Commissione aveva posto fine ad ogni eventuale carenza rispondendo all’invito ad agire delle ricorrenti, in tal modo «definendo la sua posizione». Inoltre, il Tribunale ha stabilito che né la Bionorica né la Diapharm avevano interesse ad agire. Infine, esso ha statuito che la Diapharm era inoltre priva di un interesse diretto ad agire.

4.

Le presenti impugnazioni sollevano una serie di questioni importanti e complesse concernenti la ricevibilità. Anzitutto, esse indurranno la Corte ad esaminare approfonditamente il significato dell’espressione «interesse ad agire» e, in particolare, a chiarire come si debba distinguere tale nozione da quelle di «atto impugnabile» e di «interesse diretto». Le impugnazioni implicano inoltre l’applicazione della nozione di «interesse diretto» nel contesto della mancata adozione di un atto e quindi in riferimento alla situazione in cui le ricorrenti verrebbero a trovarsi qualora l’atto fosse adottato. Infine, le impugnazioni sollevano la questione del mantenimento, dopo il Trattato di Lisbona, del parallelismo tra le condizioni di ricevibilità dei ricorsi di annullamento e dei ricorsi per carenza.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Il regolamento n. 1924/2006

5.

Le indicazioni sulla salute sono definite all’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento n. 1924/2006 come «qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra un[a] categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute».

6.

Ai sensi dell’articolo 13, gli Stati membri devono fornire alla Commissione gli elenchi delle indicazioni sulla salute corredati delle relative condizioni. Entro il 31 gennaio 2010, previa consultazione dell’EFSA, la Commissione doveva adottare, secondo la procedura di comitato applicabile, un elenco delle indicazioni consentite e delle relative condizioni. Dopo tale data, l’elenco poteva essere modificato secondo le procedure previste dalle successive disposizioni del regolamento.

7.

L’utilizzo di indicazioni non autorizzate conformemente al regolamento è vietato dall’articolo 10.

8.

L’articolo 17, paragrafo 5, dispone che le indicazioni sulla salute «incluse negli elenchi di cui agli articoli 13 e 14 possono essere utilizzate in osservanza delle condizioni ad esse applicabili da qualsiasi operatore del settore alimentare (…)».

9.

L’articolo 28, paragrafi 5 e 6, prevede un regime transitorio applicabile nelle more dell’adozione dell’elenco definitivo delle indicazioni:

«5.   Le indicazioni sulla salute di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a) possono essere fornite dalla data di entrata in vigore del presente regolamento fino all’adozione dell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare, purché siano conformi al presente regolamento e alle vigenti disposizioni nazionali applicabili e fatta salva l’adozione delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 24.

6.   Le indicazioni sulla salute diverse da quelle di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), e all’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), impiegate in ottemperanza alle disposizioni nazionali prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, sono soggette alle seguenti modalità:

a)

le indicazioni sulla salute sottoposte a valutazione e autorizzazione in uno Stato membro sono autorizzate come segue:

i)

gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il 31 gennaio 2008, dette indicazioni unitamente alla relazione di valutazione dei dati scientifici a sostegno dell’indicazione;

ii)

previa consultazione dell’Autorità, la Commissione adotta, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 25, paragrafo 3, una decisione relativa alle indicazioni sulla salute così autorizzate e intesa a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, integrandolo.

Le indicazioni sulla salute non autorizzate secondo questa procedura possono continuare ad essere impiegate per un periodo di sei mesi dall’adozione della decisione;

b)

indicazioni sulla salute non sottoposte a valutazione e autorizzazione in uno Stato membro: possono continuare ad essere impiegate purché sia presentata, anteriormente al 19 gennaio 2008, una domanda a norma del presente regolamento; le indicazioni sulla salute non autorizzate secondo questa procedura possono continuare ad essere impiegate per un periodo di sei mesi dall’adozione della decisione di cui all’articolo 17, paragrafo 3».

III. Fatti e procedimento

10.

Secondo l’esposizione dei fatti contenuta nelle ordinanze impugnate, la Bionorica è un’impresa che produce e commercializza in Europa prodotti farmaceutici e integratori alimentari. Essa inserisce talune indicazioni sulla salute nelle etichette e nelle pubblicità dei suoi prodotti. La Diapharm fornisce, su scala internazionale, una gamma di servizi, tra cui consulenze in materia di impiego delle indicazioni sulla salute relative agli alimenti, in particolare agli integratori alimentari ( 4 ).

11.

L’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento prevede che la Commissione adotta l’elenco delle indicazioni consentite sulla salute relative ai prodotti alimentari entro il 31 gennaio 2010. A tal fine, la Commissione doveva prima raccogliere le indicazioni proposte dagli Stati membri e incaricare l’EFSA di valutarle. La Commissione ha ordinato all’EFSA di effettuare le necessarie valutazioni; tuttavia, a settembre 2010, essa ha poi sospeso i lavori sulle indicazioni relative alle sostanze botaniche, mentre ha proceduto all’adozione dell’elenco delle indicazioni consentite in relazione ad altri prodotti alimentari conformemente al regolamento (UE) n. 432/2012 ( 5 ).

12.

Il 22 aprile 2014 la Bionorica e la Diapharm hanno invitato per lettera la Commissione ad ordinare all’EFSA di procedere immediatamente alla valutazione delle indicazioni sulla salute che era stata sospesa, ai fini dell’adozione dell’elenco previsto dall’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento. Il 19 giugno 2014 la Commissione ha risposto alle ricorrenti nei seguenti termini (in prosieguo: la «Lettera»):

«Come sapete, la Commissione ha avviato una riflessione in merito alle indicazioni sulla salute relative alle cosiddette “sostanze botaniche” dopo che alcuni Stati membri e talune parti interessate avevano espresso preoccupazioni circa il trattamento differenziato riservato ai prodotti contenenti dette sostanze conformemente alla normativa riguardante le indicazioni sulla salute e a quella sui medicinali erboristici tradizionali.

In attesa dei risultati di tale riflessione, la Commissione ha chiesto all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) di interrompere la sua valutazione scientifica delle indicazioni sulla salute relative alle sostanze botaniche. La Commissione riconosce l’importanza che tale problema complesso riveste tanto per i consumatori quanto per gli operatori economici. Tuttavia, per definire la linea d’azione più appropriata, la Commissione deve disporre del tempo e del contesto necessari a tale scopo».

IV. Procedimento dinanzi al Tribunale e ordinanze impugnate

13.

Il 19 agosto 2014, la Bionorica e la Diapharm hanno ciascuna proposto un ricorso per carenza contro la Commissione dinanzi al Tribunale (rispettivamente, cause T‑619/14 e T‑620/14).

14.

Il 20 novembre 2014 la Commissione ha opposto a detti ricorsi un’eccezione di irricevibilità, cui le ricorrenti hanno risposto in data 19 dicembre 2014.

15.

Con ordinanze del 16 settembre 2015 il Tribunale ha dichiarato irricevibili i ricorsi.

16.

Il Tribunale ha stabilito che la Lettera definiva la posizione della Commissione, il che comportava la cessazione di qualsiasi eventuale carenza.

17.

Il Tribunale ha inoltre dichiarato, in subordine, che nessuna delle ricorrenti aveva un interesse ad agire. A tale proposito, esso ha svolto quattro argomenti.

18.

In primo luogo, fintanto che la Commissione non adotti un elenco delle indicazioni ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento, si applica il regime transitorio di cui all’articolo 28, paragrafi 5 e 6. Ciò significa che le indicazioni possono essere utilizzate, purché siano rispettati il regolamento e le norme nazionali applicabili ( 6 ). Di conseguenza, qualora l’elenco fosse adottato, ciò che le ricorrenti potrebbero attendersi sarebbe tutt’al più la possibilità di continuare ad utilizzare le indicazioni di cui trattasi. Infatti, la situazione potrebbe in realtà peggiorare in caso di adozione dell’elenco, qualora le indicazioni non fossero autorizzate ( 7 ).

19.

In secondo luogo, la mancata adozione dell’elenco non determinerebbe affatto condizioni di concorrenza diseguali. Il regime transitorio consente di continuare ad utilizzare le indicazioni. Eventuali disparità risultanti dalla mancata adozione dell’elenco avrebbero ripercussioni negative solo sugli interessi degli operatori le cui indicazioni siano già state valutate e respinte. Pertanto, le ricorrenti non potrebbero sostenere di avere un interesse all’adozione dell’elenco. Inoltre, la Diapharm non sarebbe in realtà un fabbricante di prodotti alimentari interessati dalle indicazioni di cui trattasi ( 8 ).

20.

In terzo luogo, la mancata adozione dell’elenco non determinerebbe incertezza giuridica (la quale, secondo le ricorrenti, implicherebbe che esse avevano un interesse), in quanto sarebbe evidente quali norme siano applicabili durante il periodo transitorio. Inoltre, come nel caso del regolamento n. 432/2012, la Commissione può introdurre ulteriori disposizioni transitorie anche nell’elenco definitivo adottato ( 9 ).

21.

In quarto luogo, né la Bionorica né la Diapharm hanno dimostrato che l’inerzia della Commissione abbia causato loro un pregiudizio economico, o in qual modo l’adozione delle indicazioni relative alle sostanze botaniche eviterebbe il protrarsi della situazione pregiudizievole ( 10 ).

22.

Inoltre, il Tribunale ha dichiarato che la Diapharm, oltre a non avere interesse ad agire, è priva di interesse diretto, in quanto non produce né commercializza prodotti alimentari sul mercato europeo ( 11 ).

V. Procedimento dinanzi alla Corte

23.

Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia annullare le ordinanze del Tribunale nelle cause T‑619/14 e T‑620/14 e condannare la Commissione alle spese.

24.

La Bionorica deduce due motivi a sostegno della sua impugnazione. In primo luogo, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto dichiarando che la Commissione aveva definito la sua posizione. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto concludendo che essa non aveva un interesse ad agire. La Diapharm deduce parimenti questi due motivi nonché un terzo, secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore dichiarando che essa non soddisfaceva il criterio dell’interesse diretto ( 12 ).

25.

La Commissione respinge questi argomenti. Essa afferma di avere effettivamente definito la propria posizione e che, in ogni caso, nessuna delle ricorrenti ha un interesse ad agire. La Commissione sostiene inoltre che la Diapharm è priva di interesse diretto. Infine, la Commissione respinge qualsiasi parallelo tra i ricorsi di annullamento e quelli per carenza in relazione alla mancata adozione di «atti regolamentari» che «non comportano alcuna misura d’esecuzione» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

26.

Le ricorrenti e la Commissione hanno depositato osservazioni scritte e hanno presentato i loro argomenti all’udienza tenutasi il 19 gennaio 2017.

VI. Valutazione

A.   Introduzione

27.

In entrambe le ordinanze impugnate, il Tribunale ha concluso che i ricorsi erano irricevibili in quanto a) la Commissione aveva definito la propria posizione e b) né la Bionorica né la Diapharm avevano interesse ad agire. Riguardo alla Diapharm, il Tribunale ha inoltre dichiarato che il ricorso era irricevibile per mancanza di interesse diretto.

28.

Per i motivi illustrati in prosieguo ritengo che, riguardo ai primi due punti – la definizione della posizione e l’interesse ad agire – entrambe le ordinanze del Tribunale siano viziate da errori di diritto.

29.

A mio avviso, ciò dovrebbe comportare l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale per quanto concerne la Bionorica. Propongo inoltre alla Corte di pronunciarsi sulla questione della ricevibilità del ricorso della Bionorica in generale e, qualora concordi sul fatto che detto ricorso è ricevibile, di rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca nel merito.

30.

Sebbene l’ordinanza del Tribunale relativa alla Diapharm sia parimenti viziata dagli errori di diritto indicati da tale impresa nei suoi primi due motivi, in definitiva l’impugnazione della Diapharm deve essere dichiarata irricevibile per mancanza di interesse ad agire, ancorché per ragioni diverse, senza che occorra esaminare il terzo motivo concernente la mancanza di interesse diretto.

B.   Primo motivo di impugnazione: violazione dell’articolo 265 TFUE

31.

Con il loro primo motivo di impugnazione, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando che la Lettera costituiva una presa di posizione della Commissione.

32.

Sono d’accordo.

33.

Come si evince dal precedente paragrafo 12, il primo paragrafo della Lettera della Commissione descrive semplicemente lo status quo. La prima frase del secondo paragrafo indica che la Commissione ha chiesto all’EFSA di sospendere i lavori in attesa dell’esito delle riflessioni della Commissione. Nella seconda frase del secondo paragrafo viene riconosciuto che la situazione è complessa. Nella terza frase la Commissione afferma semplicemente di avere bisogno di tempo e del contesto per decidere la propria linea d’azione.

34.

Considerato nel suo insieme, il secondo paragrafo indica che l’esame di tale questione complessa è in corso e che la Commissione non è in grado di agire immediatamente. In altri termini, esso mette le ricorrenti in attesa. Certamente la Commissione non afferma che essa «rifiuta di agire».

35.

Dalla giurisprudenza emerge che il fatto di chiedere a un operatore di pazientare o di restare in attesa mentre l’istituzione si occupa di un problema non costituisce una presa di posizione ( 13 ). La Lettera rientra pienamente in tale categoria di risposte interlocutorie. Pertanto, essa non costituisce una presa di posizione.

36.

La Commissione sostiene che, dato il contesto, era chiaro che la posizione della Commissione fosse nel senso di respingere la richiesta di agire delle ricorrenti.

37.

Non sono d’accordo. La Lettera è quanto meno ambigua. Le incertezze quanto all’esistenza di una presa di posizione derivanti dal tenore letterale della comunicazione della Commissione devono essere risolte in favore dei ricorrenti. Non si può pretendere che un ricorrente intuisca contestualmente il contenuto della comunicazione della Commissione e lo interpreti di fatto a proprio sfavore. È vero che, difficilmente, le comunicazioni della Commissione, data la natura stessa delle sue funzioni, possono raggiungere l’ideale biblico di chiarezza «il vostro parlare sia: “Sì, sì; no, no”» ( 14 ). Tuttavia, la Commissione avrebbe certamente dovuto essere più diretta e inequivocabile nelle sue comunicazioni, se ciò che intendeva comunicare era una posizione istituzionale «chiara».

38.

Alla luce delle precedenti considerazioni, ritengo che il primo motivo delle ricorrenti sia fondato.

C.   Secondo motivo: interesse ad agire

39.

Con il loro secondo motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha dichiarato erroneamente che esse erano prive di un interesse sufficiente a proporre il ricorso (interesse ad agire). A tale proposito, esse contestano le conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale per quanto riguarda a) la comparabilità della situazione delle indicazioni autorizzate con quella delle indicazioni soggette al regime transitorio, b) l’assenza di svantaggi concorrenziali e c) la constatazione della mancanza di incertezza giuridica ( 15 ).

40.

Inoltre, la Bionorica sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di fatto dichiarando che essa è un produttore di integratori alimentari. La Bionorica afferma che tale errore ha contribuito a far sì che il Tribunale non riconoscesse il suo interesse ad agire ( 16 ).

41.

Esaminerò anzitutto l’errore di fatto lamentato dalla Bionorica (1), quindi analizzerò in generale la giurisprudenza relativa all’interesse ad agire e ai presupposti sostanziali (2) e infine applicherò detta giurisprudenza alle presenti impugnazioni (3).

1) Asseriti errori di fatto

42.

L’accertamento dei fatti spetta in via esclusiva al Tribunale. La Corte esercita il suo controllo solo nei limiti in cui dai documenti ad essa sottoposti emerga un’inesattezza materiale delle constatazioni del Tribunale o uno snaturamento degli elementi di prova ( 17 ).

43.

Nell’ordinanza relativa alla causa T‑619/14, il Tribunale afferma che la Bionorica è un’impresa che produce e commercializza prodotti farmaceutici e integratori alimentari sul mercato europeo ed è un «produttore alimentare» ( 18 ). Tuttavia, dal fascicolo del Tribunale emerge chiaramente che la Bionorica è un’impresa che produce e commercializza prodotti farmaceutici e non integratori alimentari né, più in generale, prodotti alimentari. Ciò è stato inoltre confermato dalla stessa Bionorica nelle osservazioni scritte e orali presentate alla Corte.

44.

Pertanto, sotto tale profilo, si ravvisa un’evidente inesattezza materiale nell’ordinanza del Tribunale relativa alla causa T‑619/14.

45.

Tuttavia, se ciò rimetta in discussione la conclusione cui è giunto il Tribunale in ordine all’interesse ad agire è una questione diversa. Infatti, come giustamente osservato dalla Commissione, probabilmente sarebbe stato più facile per la Bionorica dimostrare la propria legittimazione ad agire nella fattispecie se essa fosse stata effettivamente attiva sul mercato degli integratori alimentari.

46.

Prima di esaminare la questione dell’interesse ad agire nel caso in esame, rammenterò brevemente i principali elementi della giurisprudenza in materia.

2) Interesse ad agire

47.

L’interesse ad agire è un presupposto essenziale per proporre un ricorso diretto dinanzi alla Corte ( 19 ). La finalità generale di tale requisito è garantire che la Corte non sia adita con azioni dirette a chiedere un parere giuridico su questioni generali o ipotetiche ( 20 ). L’adozione (o l’annullamento) dell’atto deve procurare un vantaggio o un beneficio al ricorrente ( 21 ). Tale «vantaggio» o «beneficio» deve inoltre essere personale. In altre parole, il ricorrente non può proporre un’azione per conto di terzi o nell’interesse generale (vale a dire una actio popularis) ( 22 ).

48.

Pertanto, l’«interesse» implica che il ricorrente otterrà un determinato vantaggio nel caso in cui la sua domanda venga accolta. Se l’esito di un procedimento fosse di fatto ridondante o negativo per il ricorrente, non sussisterebbe un interesse ad agire ( 23 ).

49.

Il vantaggio personale può essere reale o deve essere giuridico (sotto il profilo delle ripercussioni sui diritti e sugli obblighi del ricorrente) affinché si possa dimostrare la sussistenza di un interesse ad agire? A mio parere, può essere una cosa, l’altra o entrambe. In ogni caso, una delle due è abbastanza chiara. Ad esempio, un miglioramento della situazione concorrenziale del ricorrente derivante da un annullamento può far sorgere un interesse ad agire.

50.

Tenuto conto della giurisprudenza pregressa, sarebbe tuttavia utile che la Corte lo confermasse espressamente. Ciò in quanto alcune sentenze, prima facie, sembrano effettivamente indicare che devono esservi ripercussioni sulla situazione giuridica del ricorrente affinché si possa dimostrare la sussistenza di un interesse ad agire ( 24 ). Alcune ordinanze sembrano perfino presentare la nozione di vantaggio e le conseguenze giuridiche come modi alternativi di formulare il medesimo presupposto ( 25 ).

51.

Tuttavia, da un esame più approfondito di tali pronunce emerge, in generale, che la Corte si limita ad esporre i presupposti dell’esistenza di un «atto impugnabile» e di un «interesse ad agire» nella stessa frase o nel medesimo paragrafo ( 26 ). Ovviamente, un atto deve avere effetti giuridici vincolanti per poter essere oggetto di un ricorso di annullamento o per carenza ( 27 ). Di conseguenza, l’esito del procedimento deve essere idoneo a determinare conseguenze giuridiche che implicano l’eliminazione dell’atto o la sua introduzione nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Tuttavia, non si tratta del medesimo interesse ad agire ( 28 ).

52.

Tale conclusione è inoltre avvalorata dalla giurisprudenza, che considera l’azione ricevibile quando sia evidente che, se il procedimento si concludesse a favore del ricorrente, la sua situazione giuridica resterebbe inalterata. Ne è un chiaro esempio la ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da imprese concorrenti contro decisioni della Commissione che autorizzano una concentrazione ( 29 ).

53.

La giurisprudenza ha inoltre confermato che l’interesse deve essere concreto ed attuale ( 30 ). Pertanto, un interesse ipotetico non è sufficiente ( 31 ). L’interesse ad agire deve sussistere al momento della presentazione del ricorso e perdurare fino alla pronuncia della decisione ( 32 ). Qualora l’interesse invocato da un ricorrente riguardi una situazione giuridica futura, quest’ultimo dovrebbe dimostrare che il pregiudizio a tale situazione si rivela certo già al momento presente ( 33 ).

54.

Per chiarezza, tali precedenti non implicano che, per dimostrare la sussistenza di un interesse, occorre che tutti i pertinenti eventi futuri siano certi. In particolare, può accadere che un’azione che ha avuto un esito positivo per il ricorrente gli rechi vantaggio principalmente creando una possibilità o opportunità. L’esistenza di una possibilità è certa, ma il risultato non lo è. Con un giro di roulette si ha una piccola possibilità di vincere, ma nessuna garanzia.

55.

Il settore degli appalti pubblici fornisce chiari esempi in tal senso. Il ricorrente che contesta l’aggiudicazione di un appalto ad un concorrente non ha alcuna garanzia che, qualora il suo ricorso sia accolto, gli verrà assegnato l’appalto. Tuttavia, spesso tale possibilità esiste e il ricorrente ha quindi interesse all’annullamento della decisione di aggiudicazione. In tali casi, se, per qualche motivo, tale possibilità non sussistesse, allora non potrebbe sussistere neppure un interesse ( 34 ).

56.

Le sentenze Flaherty ( 35 ) e Gordon ( 36 ) della Corte offrono ulteriori esempi di questo tipo di interesse al «beneficio di una possibilità» o a «lasciare la porta aperta». Nella causa Flaherty, i ricorrenti avevano chiesto di poter aumentare la capacità di pesca delle loro imbarcazioni. La Commissione aveva sostenuto che un gruppo di ricorrenti era privo di interesse ad agire, in quanto non aveva ancora iniziato a costruire le imbarcazioni in questione, a differenza del secondo gruppo. La Corte ha dichiarato che entrambi i gruppi avevano un interesse, anche se quello del secondo era più impellente ( 37 ). Nella causa Gordon, il ricorrente contestava il proprio rapporto di evoluzione di carriera. Sebbene fosse stato collocato a riposo per una invalidità permanente, egli aveva ancora la possibilità di essere riassunto e pertanto aveva un interesse a contestare il rapporto ( 38 ).

57.

Riassumendo, l’interesse ad agire sussiste se l’adozione dell’atto impugnato recherebbe al ricorrente un beneficio giuridico o reale personale. In generale, detto beneficio deve essere concreto e attuale, o deve esistere quanto meno una chiara possibilità o opportunità di ottenerlo. Per contro, non sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte escludere che sussista un interesse ad agire perché il vantaggio sarebbe solo «reale», o perché esiste una mera «possibilità di beneficio», in contrapposizione a una certezza assoluta, a prescindere dagli eventi futuri.

3) Applicazione al caso di specie

58.

Nell’applicare la suddetta nozione di «interesse ad agire» elaborata dalla giurisprudenza, spiegherò perché ritengo che la Bionorica abbia effettivamente siffatto interesse. Sotto tale profilo, l’ordinanza del Tribunale nella causa T‑619/14 è viziata da un errore di diritto. Per contro, però, l’operatore a monte Diapharm non ha un interesse ad agire e l’ordinanza del Tribunale nella causa T‑620/14 andrebbe confermata.

59.

Tale questione presenta vari aspetti che meritano un esame approfondito. Nella motivazione del Tribunale assume importanza decisiva un confronto generale tra il regime transitorio previsto dall’articolo 28 del regolamento e il regime definitivo (vale a dire l’adozione dell’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche). Pertanto, esaminerò anzitutto quale «vantaggio» o «beneficio» potrebbe comportare, in generale, il passaggio dal regime transitorio al regime «permanente», vale a dire l’adozione dell’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche (i). Esaminerò poi la questione della certezza del diritto quale fondamento dell’interesse ad agire (ii). Infine, analizzerò la situazione specifica della Bionorica (iii) e della Diapharm (iv).

i) Vantaggi del regime permanente rispetto al regime transitorio

60.

Al punto 39 delle ordinanze impugnate, il Tribunale ha dichiarato che l’adozione dell’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche non recherebbe alcun beneficio alle ricorrenti. In sostanza, il Tribunale ha ritenuto che ciò sia dovuto al fatto che, nelle more dell’adozione dell’elenco, si applica il regime transitorio. La situazione di una determinata indicazione sotto la vigenza del regime transitorio sarebbe in pratica tanto favorevole quanto nel caso in cui l’indicazione fosse autorizzata. Anzi, qualora l’indicazione non fosse autorizzata, la situazione risultante dal regime transitorio sarebbe più vantaggiosa.

61.

Non sono d’accordo.

62.

Sotto il profilo giuridico, il regime transitorio e l’autorizzazione non sono equivalenti. Come osservato dalle ricorrenti, la situazione determinata dal regime transitorio è obiettivamente meno favorevole rispetto all’autorizzazione, soprattutto perché, in vigenza del regime transitorio, la prosecuzione dell’uso delle indicazioni è soggetta alle condizioni previste dal diritto nazionale ( 39 ) e quindi a ventotto regimi potenzialmente diversi. Ciò non vale per le indicazioni specificamente autorizzate da norme dell’Unione ( 40 ). Sotto tale aspetto, in linea di principio, l’autorizzazione comporterebbe un chiaro beneficio rispetto al regime transitorio ( 41 ).

63.

Il Tribunale ha affermato che il regime transitorio potrebbe essere preferibile rispetto al rigetto di un’indicazione. Tuttavia, ritengo che la possibilità di un rigetto non sia di per sé sufficiente a privare le ricorrenti del loro interesse ad agire.

64.

In primo luogo, mi richiamo sul punto all’esempio relativo agli appalti pubblici menzionato in precedenza. In questi casi, i ricorrenti chiedono che sia loro garantito non un beneficio, ma solo una possibilità di ottenerlo. Siffatto beneficio potenziale esiste certamente anche nel caso in esame ( 42 ).

65.

In secondo luogo, e forse soprattutto, il caso di specie è leggermente diverso. Nel caso degli appalti pubblici, il possibile esito è apparentemente positivo (la decisione viene annullata e il ricorrente si aggiudica l’appalto) oppure neutro (la decisione viene annullata e il ricorrente perde nuovamente la gara). Nel presente caso, il possibile esito è apparentemente positivo (adozione dell’elenco e autorizzazione dell’indicazione) o negativo (adozione dell’elenco e rigetto dell’indicazione). Tuttavia, in entrambi i casi l’interesse è costituito dalla chiara possibilità di ottenere un beneficio.

66.

In terzo luogo, ritengo altresì che la tesi secondo cui «il rigetto è negativo» sia una semplificazione eccessiva. Anche il rigetto di un’indicazione può comportare chiari benefici. Ad esempio, come affermato dalla Bionorica, esso può tradursi in una maggiore certezza del diritto per l’operatore: una determinata indicazione sulla salute può non essere stata autorizzata, ma ciò implica anche che detto operatore possa adeguare la propria strategia commerciale per il futuro. O, forse un poco più cinicamente, un rigetto può complicare la situazione per i concorrenti che intendano utilizzare tali indicazioni. In tutti i casi, sussiste un beneficio di fatto, personale dell’operatore.

67.

Più fondamentalmente, ravviso gravi problemi nell’approccio del Tribunale, ove lo si porti alle sue estreme conseguenze. Applicando tale approccio, la possibilità che un’indicazione venga respinta, e che ciò ponga il ricorrente in una situazione potenzialmente peggiore rispetto a quella esistente sotto il regime transitorio, sarebbe sufficiente per negare che egli abbia un interesse. Mi sembra che, se siffatto approccio fosse accolto, un ricorrente avrebbe interesse a proporre un ricorso per carenza solo nel caso in cui il peggior esito possibile di detto ricorso fosse migliore dello status quo.

68.

Ritengo che tale affermazione sia discutibile sotto vari aspetti. Due implicazioni pratiche sono particolarmente problematiche.

69.

In primo luogo, non solo la Bionorica, ma nessun operatore potrebbe mai dimostrare concretamente che la situazione sarebbe comunque migliore dopo l’adozione dell’elenco definitivo. Pertanto, seguendo questo ragionamento fino alla sua logica conclusione, nessun operatore potrebbe mai presentare un ricorso per carenza.

70.

In secondo luogo, un simile approccio significherebbe in molti casi consentire alla Commissione di sospendere indefinitamente l’adozione di atti finali quando sia ammessa una certa discrezionalità quanto al loro risultato ( 43 ). Come hanno osservato le ricorrenti nel loro ricorso originario dinanzi al Tribunale, ciò avrebbe conseguenze negative per il ricorrente in caso di inerzia, in quanto egli non potrebbe proporre alcun tipo di azione ( 44 ).

71.

Ritengo inoltre che ciò costituisca un’interpretazione troppo restrittiva della nozione di interesse ad agire, che è in primo luogo uno strumento volto ad evitare azioni pretestuose o artificiose o quelle intraprese nell’interesse generale. Al livello più elementare, avere un interesse significa essere coinvolto, avere qualcosa in gioco, qualcosa da guadagnare o da perdere a seconda dell’esito del caso. È chiaro perché la giurisprudenza della Corte richiede che l’azione sia idonea a recare un beneficio al ricorrente. Se l’esito può essere solo negativo, l’interesse non sussiste.

72.

Tuttavia, il requisito del beneficio non andrebbe capovolto per creare una condizione secondo la quale ogni possibile esito deve recare un beneficio. Un simile approccio avrebbe l’unico risultato di inibire il ricorso per carenza ai sensi dell’articolo 265 TFUE.

73.

Infine, esiste poca giurisprudenza sulla mancata adozione di atti e ancor meno sulla mancata adozione di atti preparatori ( 45 ). A quanto mi consta, nessuna sentenza della Corte esamina nel dettaglio la nozione di interesse ad agire nel contesto di azioni siffatte. Si può legittimamente sollevare la questione se l’«interesse ad agire» riguardi il provvedimento normativo finale (nella fattispecie, l’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche) o le fasi preparatorie (nella fattispecie, l’ordine rivolto all’EFSA di valutare le indicazioni) ( 46 ).

74.

Il ragionamento svolto nella presente sezione ha ad oggetto l’adozione del provvedimento finale. È pacifico che, nel caso in esame, l’atto finale potrebbe essere vantaggioso (autorizzazione) o meno (rigetto) ( 47 ).

75.

Tuttavia, nel caso dei ricorsi per carenza diretti ad ottenere l’adozione di atti preparatori, in cui l’atto finale può essere positivo o negativo, ovviamente deve esistere un atto preparatorio affinché esista una possibilità di adozione di un atto finale favorevole. In tal senso, l’«interesse ad agire» immediato consiste in questi casi nell’ottenere che l’iter legislativo prosegua. Un modo alternativo e a mio avviso parimenti legittimo di procedere sarebbe dunque esaminare la questione dell’interesse ad agire nel contesto dei ricorsi per carenza concernenti la mancata adozione di un atto preparatorio. Anche tale approccio sarebbe conforme al ragionamento seguito dalla Corte nei pochi casi relativi a un ricorso per carenza, quale la causa Pioneer Hi‑Bred, in cui l’esito del processo decisionale era incerto, ma il Tribunale ha comunque concluso che sussisteva la legittimazione a proporre un ricorso per carenza che aveva ad oggetto la mancata adozione di un atto preparatorio ed era quindi diretto a fare in modo che il procedimento proseguisse ( 48 ).

ii) Certezza del diritto

76.

Le ricorrenti hanno ripetutamente fatto valere dinanzi al Tribunale e alla Corte che il rafforzamento della certezza del diritto deriverebbe dall’adozione dell’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche. A tale proposito, esse hanno menzionato, ad esempio, la proliferazione di approcci nazionali diversi e il rischio di procedimenti sommari dinanzi ai giudici nazionali dall’esito incerto, avviati essenzialmente allo scopo di impedire agli operatori di utilizzare le indicazioni.

77.

A mio parere, i richiami generali agli effetti favorevoli della certezza del diritto non possono costituire di per sé stessi una base valida dell’interesse ad agire. Come rilevato supra al paragrafo 47, l’interesse ad agire deve essere personale. Ciò esclude, in linea di principio, che il suddetto interesse possa essere fondato su una preoccupazione generale relativa allo Stato di diritto, su controversie ipotetiche, zelo accademico o mera curiosità.

78.

Tuttavia, vi è una chiara differenza tra siffatte preoccupazioni generali e le situazioni nelle quali l’applicazione indefinita per un lungo periodo di un regime transitorio determina un’incertezza giuridica atta ad influire sulla situazione concorrenziale individuale di una parte nonché sulle sue strategie commerciali e di investimento. Questi casi non possono essere semplicemente ignorati in quanto esempi di «actio popularis». Essi possono implicare un interesse personale. Nelle successive sezioni esaminerò se siffatti interessi costituiscano un interesse ad agire nelle presenti impugnazioni in relazione a ciascuna delle ricorrenti.

iii) Causa C‑596/15 P, Bionorica

79.

La Bionorica produce e commercializza prodotti farmaceutici nell’Unione europea. Come spiegato supra al paragrafo 43, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, attualmente la Bionorica non è attiva sul mercato dell’Unione relativo agli integratori alimentari. In tale contesto, l’interesse della Bionorica riguarderebbe dunque il suo possibile ingresso sul mercato degli integratori alimentari vegetali, che recano indicazioni sulla salute.

80.

Tuttavia, la Bionorica è parimenti attiva sul mercato contiguo dei farmaci vegetali che, a suo dire, sarebbero in concorrenza con gli integratori alimentari. In particolare, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la Bionorica ha elencato alcuni prodotti farmaceutici da lei commercializzati che contengono principi attivi a) utilizzati anche negli integratori alimentari e b) identici ai principi attivi in relazione ai quali è stata chiesta l’autorizzazione di indicazioni sulla salute ai sensi del regolamento.

81.

In sostanza, la Bionorica sostiene che, a prescindere dall’esito del procedimento normativo – che le indicazioni siano autorizzate o meno – essa otterrebbe un beneficio.

82.

La Bionorica afferma che, in caso di autorizzazione, essa potrebbe entrare sul mercato degli integratori alimentari contenenti le sostanze in questione e recanti le pertinenti indicazioni sulla salute autorizzate. In tal modo, essa commercializzerebbe prodotti che sono direttamente in concorrenza con il tipo di prodotti farmaceutici da lei attualmente venduti, ma evitando gran parte dei relativi costi in termini, ad esempio, di test clinici e farmacovigilanza. Qualora invece le indicazioni fossero respinte, essa otterrebbe quanto meno certezza del diritto a tale riguardo e potrebbe adeguarsi di conseguenza. Inoltre, gli argomenti della Bionorica implicano molto chiaramente che, se le indicazioni fossero respinte, essa beneficerebbe altresì del fatto che i suoi attuali concorrenti che commercializzano integratori alimentari non potrebbero più utilizzare dette indicazioni per promuovere i loro prodotti.

83.

Nel concludere che la Bionorica è priva di interesse ad agire, il Tribunale si basa sull’assunto generale secondo cui, in linea di principio, il regime transitorio sarebbe almeno altrettanto permissivo quanto l’adozione di un elenco di indicazioni autorizzate. Perciò, né la Bionorica né altri ( 49 ) potrebbero trarre vantaggio dall’adozione di un elenco di indicazioni relative alle sostanze botaniche.

84.

Ritengo che il ragionamento del Tribunale su questo punto sia errato. Per quanto riguarda l’impatto sulla concorrenza, il Tribunale osserva che gli eventuali svantaggi verrebbero subiti dagli operatori la cui domanda di autorizzazione fosse respinta e le cui indicazioni non potessero essere utilizzate. Per contro, gli operatori la cui domanda fosse sospesa, e le cui indicazioni potessero ancora essere utilizzate in base al regime transitorio, non subirebbero alcuno svantaggio. Tuttavia, siffatto ragionamento si basa nuovamente su un confronto erroneo tra i vantaggi e gli svantaggi del regime transitorio e di quello permanente.

85.

Per i motivi precedentemente esposti, ritengo che la nozione di interesse ad agire debba essere intesa nel senso che comprende le situazioni nelle quali un ricorrente può ottenere personalmente un beneficio reale o giuridico dall’annullamento o dall’adozione dell’atto di cui trattasi.

86.

A mio parere, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, la Bionorica ha fornito elementi sufficienti a dimostrare tale beneficio personale e tale interesse ad agire.

87.

In primo luogo, la Bionorica afferma che i suoi prodotti farmaceutici sono in concorrenza con gli integratori alimentari, alcuni dei quali contengono le medesime sostanze dei suoi prodotti, e che le valutazioni delle indicazioni relative a dette sostanze sono state sospese. Tale rapporto concorrenziale non è stato contestato ( 50 ).

88.

In secondo luogo, la Bionorica sostiene che, tenuto conto della sua presenza sul mercato dei prodotti farmaceutici contenenti le suddette sostanze, essa sarebbe pronta ad entrare sul mercato degli integratori alimentari nel caso in cui le pertinenti indicazioni fossero autorizzate. Tale ingresso potenziale non è stato contestato ( 51 ).

89.

In terzo luogo, la Bionorica ha dimostrato che il regime transitorio è meno certo rispetto a quello definitivo e ha affermato che tale incertezza relativa inibisce il suo ingresso sul mercato. In altri termini, la mancanza di certezza del diritto incide sulle sue decisioni relative alla concorrenza e agli investimenti.

90.

Ritengo che, considerati nel loro insieme, tali elementi – e in particolare la presenza della Bionorica sui mercati contigui dei prodotti contenenti sostanze identiche – dimostrino che la Bionorica può ottenere un beneficio personale e pertanto ha interesse ad agire nel caso di specie. Inoltre, tale conclusione non è inficiata dalla constatazione di fatto del Tribunale secondo cui la Bionorica non ha dimostrato l’esistenza di un pregiudizio economico. Sebbene la dimostrazione di tale pregiudizio contribuirebbe ad avvalorare la constatazione di un interesse, è evidente che non ricorre alcun obbligo in tal senso ( 52 ).

91.

Pertanto, il Tribunale è incorso in un errore di diritto concludendo che la Bionorica era priva di interesse ad agire. Il secondo motivo di impugnazione della Bionorica è fondato.

iv) Causa C‑597/15 P, Diapharm

92.

Le attività della Diapharm comprendono la consulenza alle imprese in materia di impiego delle indicazioni sulla salute, anche in relazione agli alimenti e in particolare agli integratori alimentari. Detta impresa non è attiva sul mercato dei generi alimentari né su mercati contigui. Essa è semmai presente su mercati a monte.

93.

La Diapharm afferma in sostanza che il fatto che la Commissione non abbia adottato l’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche la pregiudica in quanto riduce la domanda dei suoi servizi, il che si traduce in una consistente perdita di entrate. A tale proposito, una minore certezza del diritto quanto all’uso delle indicazioni sulla salute renderebbe, a suo parere, meno attraente il mercato dei farmaci vegetali. Ciò in quanto l’ingresso su detto mercato sarebbe costoso e le imprese potrebbero entrare sul mercato degli integratori alimentari, e beneficiare del regime transitorio, per utilizzare le indicazioni a un costo inferiore ed evitare così i costi connessi alla commercializzazione dei farmaci.

94.

La Diapharm ha inoltre affermato dinanzi al Tribunale di essere stata strettamente coinvolta nel procedimento condotto da un’associazione industriale e culminato nella presentazione alle autorità tedesche di un elenco di indicazioni sulla salute ai fini dell’autorizzazione, successivamente trasmesso alla Commissione affinché fosse autorizzato conformemente al regolamento. A tale riguardo, la Diapharm ha allegato al suo ricorso dinanzi al Tribunale un elenco di sostanze in relazione alle quali essa avrebbe proposto alla suddetta associazione industriale alcune indicazioni sulla salute, che sarebbero state successive trasmesse alla Commissione tramite le autorità tedesche.

95.

Per dichiarare che la Diapharm non aveva interesse ad agire, il Tribunale segue un ragionamento quasi identico a quello utilizzato in relazione alla Bionorica. Per gli stessi motivi esposti in precedenza nel punto i), ritengo che tale ragionamento sia errato.

96.

Nondimeno, condivido la conclusione del Tribunale secondo cui la Diapharm non ha prodotto elementi sufficienti per dimostrare un interesse ad agire nel caso di specie, ma per una ragione diversa. L’interesse della Diapharm è semplicemente troppo remoto e pertanto non soddisfa il presupposto relativo all’esistenza di un beneficio personale per il ricorrente.

97.

L’«interesse ad agire» presuppone un beneficio personale. È vero che la Diapharm è stata strettamente coinvolta nel procedimento che ha condotto alla presentazione della proposta di elenco delle indicazioni alla Commissione. Ritengo che ciò sia un elemento importante, ma non può servire a dimostrare un interesse personale in termini di beneficio che la stessa Diapharm trarrebbe dall’adozione dell’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche. A prescindere dal suo grado di coinvolgimento, la Diapharm ha partecipato solo indirettamente alla presentazione delle indicazioni alle autorità tedesche. Essa non impiegherà le indicazioni di cui trattasi (né farà concorrenza agli operatori che le utilizzano). Gli argomenti della Diapharm relativi alla maggiore certezza del diritto, che in linea di massima avvantaggerebbe principalmente le imprese attive sul mercato rilevante o su mercati concorrenti, sono del pari troppo deboli e indiretti per risultare decisivi.

98.

Nel giungere a tale conclusione, prendo atto della constatazione del Tribunale secondo cui la Diapharm non ha prodotto prove sufficienti a dimostrare un danno finanziario imputabile all’inerzia della Commissione ( 53 ). Ritengo che tale constatazione di fatto, che non può essere rimessa in discussione dalla Corte, sia rilevante in quanto il danno finanziario in termini di perdita di entrate rivestiva un’importanza fondamentale negli argomenti della Diapharm. Sottolineo che la Diapharm non era tenuta a provare l’esistenza di un danno finanziario al fine di dimostrare il beneficio reale derivante dall’adozione dell’atto e, pertanto, l’interesse ad agire. Tuttavia, nel caso di specie ciò avrebbe potuto contribuire all’accoglimento dei suoi argomenti sotto tale profilo.

99.

A conclusione di questa analisi occorre menzionare un elemento di natura piuttosto pratica. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, spetta al ricorrente dimostrare l’interesse ad agire ( 54 ). A tale proposito, vale la pena di ricordare le esigenze di praticità e proporzionalità per quanto riguarda il numero di prove a sostegno che il ricorrente è tenuto a presentare proattivamente a tal fine. Così, ritengo che attendersi, nella fase del ricorso, una dimostrazione esaustiva dell’impatto commerciale fondata, ad esempio, su articolate relazioni economiche o finanziarie non sia né realistico dal punto di vista del ricorrente (soprattutto in termini di costi e di numero massimo di pagine consentito), né nell’interesse dell’efficienza procedurale della Corte. Se necessario, tuttavia, ulteriori elementi di prova possono essere prodotti nella fase della replica o, qualora siano effettivamente fondamentali per il ragionamento del Tribunale, dovrebbero essere acquisiti dal medesimo mediante provvedimenti istruttori.

100.

Alla luce delle precedenti considerazioni, nonostante le carenze del ragionamento del Tribunale, ritengo che quest’ultimo non sia incorso in un errore di diritto concludendo che la Diapharm era priva di interesse ad agire. Il secondo motivo dedotto dalla Diapharm deve quindi essere dichiarato inoperante e la sentenza del Tribunale deve essere confermata sul punto relativo alla mancanza di interesse ad agire.

101.

Di conseguenza, non occorre esaminare la constatazione del Tribunale secondo cui il ricorso della Diapharm risulta altresì irricevibile per mancanza di interesse diretto.

D.   Gli altri presupposti di ricevibilità

102.

Poiché entrambi i motivi di irricevibilità esposti nell’ordinanza del Tribunale in relazione alla Bionorica sono viziati da errori di diritto, la Corte potrebbe decidere di annullare detta ordinanza e di rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca in via definitiva. La Bionorica dovrebbe allora dimostrare dinanzi al Tribunale che gli altri presupposti di ricevibilità sono soddisfatti e solo in tal caso potrebbe far valere i suoi argomenti nel merito ( 55 ).

103.

Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può altresì statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

104.

Nel caso di specie, però, la Corte non è in grado, nella presente fase del procedimento, di decidere sul merito del ricorso proposto dinanzi al Tribunale. La Commissione non ha svolto argomenti di merito.

105.

Tuttavia, ritengo che la Corte disponga di tutti gli elementi necessari per potersi pronunciare respingendo l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione in primo grado. Nell’interesse dell’efficienza e dell’economia procedurale, e al fine di garantire che la Bionorica riceva una risposta tempestiva sulla questione se la sua causa sarà esaminata nel merito, propongo alla Corte di statuire in tal senso.

1) Presupposti di ricevibilità dei ricorsi per carenza

106.

L’impugnazione della Bionorica è diretta, in definitiva, ad ottenere l’adozione di un regolamento contenente un elenco di indicazioni autorizzate.

107.

In base alla giurisprudenza finora elaborata, un singolo può proporre un ricorso contro la mancata adozione di un atto a lui indirizzato o che lo riguarderebbe direttamente ed individualmente ( 56 ).

108.

La Bionorica non afferma che l’elenco delle indicazioni relative alle sostanze botaniche sarebbe indirizzato a lei. Essa deve quindi dimostrare che l’adozione di detto elenco la riguarderebbe direttamente e individualmente.

109.

Il secondo fondamento alternativo della ricevibilità non è espressamente menzionato nel testo dell’articolo 265 TFUE. Esso deriva invece da un parallelismo basato sulla giurisprudenza con l’articolo 263 TFUE, che consente ai ricorrenti non privilegiati di impugnare gli atti che li riguardino direttamente e individualmente. Nella sentenza T. Port, confermando tale parallelismo dei presupposti previsti da queste due disposizioni del Trattato, la Corte ha concluso che «[l]a possibilità per i singoli di far valere i propri diritti non può infatti dipendere dall’azione o dall’inerzia dell’istituzione considerata» ( 57 ).

110.

Nel caso in esame è stata posta la questione se la modifica introdotta dal Trattato di Lisbona nel testo dell’articolo 263 TFUE influisca su tale parallelismo. Infatti, a partire dall’adozione del Trattato di Lisbona, l’articolo 263, quarto comma, TFUE prevede che i singoli possono proporre un ricorso di annullamento anche «contro gli atti regolamentari che l[i] riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

111.

La questione è se tale modifica, unitamente alla succitata giurisprudenza T. Port, implichi altresì che attualmente i singoli possono proporre ricorso per la mancata adozione di «atti regolamentari che l[i] riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

112.

In udienza, la Commissione ha sostenuto che si dovrebbe rispondere a tale questione in senso negativo. Essa ha affermato che lo scopo del Trattato di Lisbona era colmare una specifica e concreta lacuna della tutela giuridica derivante dal precedente articolo 230, quarto comma, TCE. Tuttavia, nella piena consapevolezza della giurisprudenza della Corte sul parallelismo, la modifica è stata introdotta solo nell’allora articolo 230, quarto comma, TCE (divenuto articolo 263, quarto comma, TFUE), lasciando inalterato l’ex articolo 232 TCE (divenuto articolo 265 TFUE).

113.

Non sono d’accordo. A mio parere, la risposta dovrebbe essere affermativa, in particolare per i seguenti motivi.

114.

In primo luogo, il parallelismo pre‑Lisbona tra le condizioni di cui agli articoli 263 TFUE e 265 TFUE trae origine da una preoccupazione di coerenza del sistema dei mezzi di ricorso, e non dalla lettera dell’articolo 265 TFUE. Pertanto, l’argomento della Commissione relativo alla formulazione invariata dell’articolo 265 TFUE non è particolarmente solido, dato che, anche prima del Trattato di Lisbona, l’argomento principale a sostegno del parallelismo era diverso. Nel contempo, il principale argomento e le principali preoccupazioni che hanno indotto la Corte a discostarsi dall’interpretazione restrittiva dell’articolo 265 TFUE continuano a sussistere dopo detto Trattato.

115.

In secondo luogo, le modifiche introdotte nell’articolo 263, quarto comma, TFUE dal Trattato di Lisbona erano intese ad ampliare l’accesso ai giudici dell’Unione in relazione ad alcune categorie di atti ( 58 ), segnatamente in risposta alla giurisprudenza nelle cause Jégo-Quéré ( 59 ) e UPA ( 60 ). A mio avviso, se si limitasse il diritto di accesso conferito dall’articolo 265 TFUE, negando ora un parallelo tra le due azioni, lo scopo principale e lo spirito delle suddette modifiche del Trattato sarebbero chiaramente disattesi.

116.

In terzo luogo, fondamentalmente, l’obiettivo del ricorso per carenza è relativamente modesto: contrastare l’inerzia istituzionale. A differenza del ricorso di annullamento, esso non adduce che il lavoro è stato fatto male, ma semplicemente che non è stato fatto. Lo scopo del ricorso per carenza non è rallentare l’iter, ma semmai accelerarlo in linea con gli obblighi che le istituzioni dell’Unione hanno assunto. Pertanto, qualora l’argomento della Commissione fosse accolto, sarebbe del tutto paradossale imporre in relazione all’articolo 265 TFUE condizioni di legittimazione più restrittive rispetto a quelle applicate ai ricorsi ex articolo 263 TFUE. Infatti, se il parallelismo tra queste due disposizioni dovesse essere abbandonato, ciò dovrebbe avvenire, a mio parere, esattamente nella direzione opposta, ossia stabilendo in relazione al ricorso per carenza condizioni di legittimazione più permissive rispetto a quelle applicate alle azioni di annullamento.

117.

Per tali motivi, a mio avviso, il parallelismo definito dalla Corte tra gli articoli 263 TFUE e 265 TFUE andrebbe mantenuto. Pertanto, i ricorsi per carenza proposti da ricorrenti non privilegiati dovrebbero essere ricevibili in tre casi, vale a dire quando l’atto richiesto:

sia indirizzato al ricorrente; o

riguardi il ricorrente direttamente e individualmente; o

sia un atto regolamentare che riguarda il ricorrente direttamente e non comporta alcuna misura di esecuzione.

2) Interesse individuale e atto regolamentare che non comporta alcuna misura di esecuzione

118.

È abbastanza chiaro che la Bionorica non sarebbe individualmente interessata dall’atto di cui viene chiesta l’adozione, nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte. Nulla la distingue da qualsiasi altro operatore potenzialmente interessato da tale atto ( 61 ). In particolare, non è stato affermato che la Bionorica abbia specificamente chiesto l’autorizzazione per una delle indicazioni la cui valutazione è stata sospesa ( 62 ).

119.

Supponendo che la Corte confermi il parallelismo con l’articolo 263 TFUE basato sulla sua giurisprudenza, l’adozione dell’atto richiesto può nondimeno essere considerata un «atto regolamentare» che «non comporta alcuna misura di esecuzione»?

120.

A mio parere sì. L’atto in questione non sarebbe un atto normativo, bensì un atto adottato dalla Commissione in esito a una procedura di comitato ( 63 ). Come tale, esso sarebbe chiaramente un «atto regolamentare» ai sensi della giurisprudenza finora elaborata ( 64 ).

121.

Per quanto riguarda la mancanza di misure di esecuzione, rilevo semplicemente che l’atto di cui viene chiesta l’adozione comporta la costituzione di un diritto immediato di utilizzare le indicazioni autorizzate su generi alimentari, alle eventuali condizioni specifiche cui è subordinato il loro utilizzo, oppure, in caso di diniego dell’autorizzazione, la creazione di un divieto automatico di utilizzare dette indicazioni. Non è richiesta alcuna azione da parte degli Stati membri o delle istituzioni per convalidare tali diritti o far scattare i divieti. Una conclusione analoga è infatti già stata raggiunta dal Tribunale allorché ha dichiarato che il regolamento n. 432/2012 non comporta alcuna misura di esecuzione ( 65 ).

122.

Pertanto, l’atto di cui viene chiesta l’adozione deve essere considerato un atto regolamentare che non comporta alcuna misura di esecuzione. Rimane dunque da esaminare se tale atto regolamentare riguarderebbe la Bionorica direttamente.

3) Interesse diretto

123.

Affinché un ricorso per carenza sia ricevibile, il ricorrente deve anche dimostrare di avere un interesse diretto. Secondo la formula spesso utilizzata dalla giurisprudenza ( 66 ) l’«interesse diretto» significa che l’atto deve produrre effetti direttamente sulla situazione giuridica del singolo e non deve lasciare alcun potere discrezionale ai suoi destinatari, che sono incaricati della sua applicazione, avendo l’applicazione stessa carattere meramente automatico e derivante dalla sola normativa dell’Unione, senza l’intervento di altre norme intermedie ( 67 ).

124.

Per quanto riguarda la seconda parte di tale test – automaticità o mancanza di discrezionalità – il caso in esame non solleva particolari difficoltà. Analogamente a quanto constatato dal Tribunale in relazione al regolamento n. 432/2012 ( 68 ), mi sembra chiaro che nella fattispecie l’esecuzione sarebbe effettivamente automatica e non lascerebbe spazio alla discrezionalità degli Stati membri.

125.

Per quanto riguarda la prima parte – concernente l’incidenza diretta sulla situazione giuridica del ricorrente – la Bionorica sostiene sostanzialmente che vi sarebbe un’incidenza diretta sulla sua situazione giuridica segnatamente in quanto l’atto richiesto le conferirebbe il diritto di utilizzare talune indicazioni sugli integratori alimentari oppure inibirebbe tale uso a lei e ai suoi concorrenti.

126.

Il fatto di impedire ai concorrenti di utilizzare le indicazioni potrebbe avere un’incidenza diretta sulla situazione giuridica di tali concorrenti, ma non su quella della Bionorica.

127.

La parte rimanente del test è più complessa. Mi sembra difficile sostenere che la Bionorica non otterrebbe, per effetto dell’atto richiesto, il diritto di utilizzare le indicazioni autorizzate ( 69 ) o che quanto meno non le verrebbe impedito di utilizzarne altre. Tale diritto potrebbe essere esercitato direttamente dalla Bionorica e tale divieto avrebbe effetti immediati nei suoi confronti. Interverrebbero cambiamenti diretti nella sua situazione giuridica.

128.

A tale ragionamento si potrebbe obiettare che, attualmente, la Bionorica non è attiva sul mercato dei generi alimentari, o quanto meno non lo era al momento della proposizione del ricorso.

129.

Nei precedenti relativi all’interesse diretto viene menzionato un requisito consistente nell’effettiva presenza sul mercato di cui trattasi ( 70 ). Tuttavia, ciò non accade sistematicamente. È stata constatata l’esistenza di un interesse diretto, ad esempio, in caso di ingresso potenziale (probabilmente teorico) ( 71 ) e di presenza su un mercato a monte ( 72 ).

130.

Più fondamentalmente, tuttavia, ritengo che tale presupposto non discenda dalla nozione di interesse diretto in sé. La tesi che ravvisa siffatto presupposto nella nozione in parola è infatti discutibile quanto meno sotto due profili, pratico e sistemico.

131.

In primo luogo, sotto l’aspetto pratico, non è affatto chiaro quali conseguenze abbia la condizione della presenza effettiva sul mercato in un caso come quello di specie. Tale condizione implica che le indicazioni di cui trattasi dovevano essere effettivamente utilizzate sui generi alimentari commercializzati alla data in cui è stato proposto il ricorso per carenza (o di annullamento)? Ma quale sarebbe la situazione se tali indicazioni, di fatto, non potessero essere utilizzate per effetto dell’applicazione del diritto nazionale (come può accadere in vigenza del regime transitorio)? O la suddetta condizione implicherebbe semplicemente una presenza sul mercato dei generi alimentari che utilizzano gli ingredienti o le sostanze cui si riferiscono le indicazioni, senza che occorra l’effettivo utilizzo di queste ultime? Cosa succederebbe se esistesse una vendita di prodotti (recanti le indicazioni), ma l’attività fosse sporadica o venisse interrotta per un certo periodo? E se l’ingresso sul mercato fosse imminente ma non effettivo? Oppure se l’ingresso sul mercato e l’impiego delle indicazioni avesse senso solo dopo che sia stata definita la situazione giuridica e siano state autorizzate le indicazioni, di modo che si possano giustificare gli investimenti necessari (in sostanza si tratta di uno degli argomenti dedotti dalla Bionorica)?

132.

Più in generale, nel caso del ricorso per carenza, come si deve valutare il fatto che si tratta in realtà di una discussione del tutto ipotetica in ordine all’incidenza diretta su una situazione giuridica che potrebbe verificarsi solo molti anni più tardi, ma viene riferita ai fatti quali si configurano nel presente?

133.

Le complessità inerenti alla nozione di presenza sul mercato (presenza ininterrotta? presenza sporadica? presenza minima? presenza imminente?) possono assumere rilievo, ad esempio, per la questione dell’interesse ad agire. A mio avviso, infatti, tali complessità sono decisive nel caso dell’operatore a monte Diapharm, ma non possono costituire un presupposto formale dell’interesse diretto.

134.

In secondo luogo, ritengo che siffatto approccio sarebbe intrinsecamente contraddittorio sotto il profilo sistematico. Un atto crea o meno diritti o divieti direttamente applicabili ai singoli. L’interesse diretto quale risulta dalla formula giurisprudenziale standard implica che occorre esaminare quali diritti o divieti si applichino ad un singolo, e non se quest’ultimo eserciti attivamente tali diritti o sia destinatario dei divieti in un dato momento. Di nuovo, la situazione di fatto particolare del ricorrente al momento della presentazione del ricorso può essere rilevante per accertare l’interesse ad agire ( 73 ), ma non può essere decisiva sotto il profilo dell’interesse diretto.

135.

Inoltre, a tale riguardo vale la pena di evidenziare un altro argomento sistematico. Secondo costante giurisprudenza, la presenza sul mercato è considerata del tutto irrilevante dalla Corte nella valutazione della situazione particolare del ricorrente al fine di determinare l’interesse individuale. In questi casi, è stato ripetutamente dichiarato che chiunque, in teoria, può entrare su un mercato in qualsiasi momento. Mi sembrerebbe strano che proprio il medesimo fattore ‑ l’effettiva presenza sul mercato ‑, che è ritenuto irrilevante in relazione ad un elemento della ricevibilità, diventasse improvvisamente decisivo per la valutazione apparentemente più oggettiva dei diritti e degli obblighi del ricorrente volta ad accertare l’interesse diretto.

136.

Riassumendo, ritengo che non si possa ravvisare nella nozione di interesse diretto un requisito consistente nella presenza sul mercato.

137.

Tuttavia, il requisito della presenza sul mercato può discendere dal regolamento stesso?

138.

In generale, un regolamento può ovviamente restringere la cerchia delle persone alle quali conferisce diritti o impone obblighi. Tuttavia, nel caso di specie e in relazione allo specifico regolamento di cui trattasi, non sussiste alcuna condizione restrittiva consistente nella presenza sul mercato.

139.

I divieti all’uso delle indicazioni sanciti dall’articolo 10 del regolamento sono applicabili in generale. Ciò significa che essi non sono circoscritti ad alcun gruppo in particolare. Un soggetto che vende generi alimentari contenenti gli ingredienti in questione o che preveda di farlo è interessato dal fatto che gli sia legalmente inibito l’utilizzo di specifiche indicazioni sulla salute. L’effettiva presenza sul mercato è irrilevante.

140.

Per quanto riguarda l’autorizzazione delle indicazioni menzionate all’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento, detta disposizione enuncia che «[l]e indicazioni sulla salute incluse negli elenchi di cui agli articoli 13 e 14 possono essere utilizzate (…) da qualsiasi operatore del settore alimentare (…)» ( 74 ). Ciò significa che l’atto richiesto dalle ricorrenti conferirebbe il diritto di utilizzare le indicazioni solo a un gruppo ristretto di persone definito in un momento specifico (gli «operatori del settore alimentare»)?

141.

Questa potrebbe essere effettivamente un’interpretazione della disposizione citata. Tuttavia, ritengo che non sia quella corretta. Per «operatore del settore alimentare» si intende «la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell’impresa alimentare posta sotto il suo controllo» ( 75 ). Ciò costituisce, più che una definizione chiara, una descrizione di un gruppo ampio e altamente eclettico che può comprendere chiunque, dai distributori di cavolfiori ai produttori di bevande energetiche, ai produttori di amminoacidi per l’impiego negli integratori alimentari. Inoltre, il gruppo è aperto e la sua composizione varia costantemente. Pertanto, come rilevato supra ai paragrafi 134 e 135, l’elenco delle indicazioni sulla salute autorizzate o vietate sarà immediatamente applicabile a chiunque svolga una simile attività e solo in virtù della stessa ( 76 ).

142.

Di conseguenza, sarebbe semplicemente illogico tentare di tracciare una netta distinzione tra, da una parte, un gruppo «chiuso» cui detta disposizione conferisce diritti direttamente e, dall’altra, chiunque altro ( 77 ).

143.

Il fatto che il riferimento contenuto nell’articolo 17, paragrafo 5, agli «operatori del settore alimentare» non sia inteso a definire un gruppo chiuso che beneficia di taluni diritti, ad esclusione di tutti gli altri, è ulteriormente dimostrato dalle differenze riscontrabili rispetto ai casi nei quali è stato adottato tale approccio. Così, ad esempio, nella causa T&L Sugars ( 78 ), la Corte ha respinto un ricorso diretto all’annullamento di un regolamento del settore dello zucchero che conferiva diritti ai produttori di zucchero – un gruppo chiuso definito in modo molto chiaro, delimitato mediante riferimento ad una procedura di autorizzazione ( 79 ) –in base al rilievo che le ricorrenti non facevano parte di tale gruppo e pertanto il regolamento non incideva sulla loro situazione giuridica ( 80 ).

144.

In conclusione, ritengo che la Bionorica sia direttamente interessata dall’atto di cui viene chiesta l’adozione, vale a dire l’elenco di indicazioni autorizzate relative alle sostanze botaniche, nel senso che tale atto incide direttamente sulla sua situazione giuridica.

4) Conclusione

145.

Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare ricevibile il ricorso per carenza proposto dalla Bionorica.

146.

Tale conclusione non richiede alcuna modifica dell’interpretazione delle attuali condizioni di ricevibilità. Tuttavia, essa invita effettivamente a chiarire in via confermativa le attuali condizioni e l’articolazione tra le stesse. In particolare, essa richiede la riaffermazione della differenza tra le nozioni di interesse ad agire e interesse diretto che forse, in alcun casi, possono essere state in qualche modo confuse ( 81 ).

147.

Conformemente alla giurisprudenza finora elaborata, l’interesse ad agire richiede che il ricorrente possa trarre un beneficio personale dall’adozione (o dall’annullamento) dell’atto di cui trattasi, o quanto meno una chiara possibilità o opportunità di ottenere tale beneficio ( 82 ), che può essere reale o giuridico.

148.

Sussiste interesse diretto se un atto «produc[e] direttamente effetti sulla sua situazione giuridica e non lasci[a] alcun potere discrezionale ai destinatari del provvedimento stesso incaricati della sua applicazione, applicazione avente carattere meramente automatico e derivante dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie» ( 83 ).

149.

Esiste chiaramente un certo grado di sovrapposizione tra le condizioni dell’interesse ad agire e dell’interesse diretto. Tuttavia, esse hanno contenuti e obiettivi diversi e vanno tenute distinte. Ciò non rappresenta un mero esercizio intellettuale, bensì ha un’evidente rilevanza pratica, segnatamente per i ricorrenti, ai quali la giurisprudenza della Corte impone di dimostrare che ricorrono entrambe le suddette condizioni, a pena di rigetto dei loro ricorsi.

150.

Pertanto, l’interesse ad agire riguarda la situazione di fatto o giuridica del ricorrente e l’impatto che l’esito del ricorso avrebbe su tale situazione. Si tratta di una condizione di ricevibilità intesa ad evitare la proposizione di ricorsi nell’interesse generale e le azioni che non presenterebbero alcuna utilità per il ricorrente. Ne consegue che deve sussistere un beneficio personale. In un certo senso, lo si può considerare come un «primo vaglio» dei ricorsi, magari con una soglia inferiore in termini di impatto personale rispetto alle condizioni principali dell’«interesse diretto» e dell’«interesse individuale».

151.

Per contro, la condizione dell’interesse diretto è inerente anzitutto alla natura dell’atto normativo impugnato e al tipo di diritti o obblighi che ne derivano. Essa tiene conto della discrezionalità dell’autore dell’atto e dell’eventuale intervento di atti che possano interrompere il nesso tra l’atto dell’Unione e il ricorrente. Se l’interesse diretto implica che debbano esservi conseguenze dirette sulla situazione giuridica del ricorrente ( 84 ), la questione è se l’atto crei diritti o obblighi che il ricorrente possa far valere o che possano limitare la sua azione. In proposito non è decisiva la circostanza se, in base ai fatti di causa, il ricorrente esercitasse attivamente tali diritti nel momento in cui ha proposto il ricorso.

VII. Conclusione

152.

Suggerisco che la Corte voglia:

1)

nella causa C – 596/15 P,

annullare l’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea nella causa T‑619/14 e dichiarare ricevibile il ricorso per carenza proposto dalla ricorrente in detta causa;

rinviare la causa al Tribunale affinché statuisca nel merito;

riservare le spese.

2)

nella causa C‑597/15 P,

respingere l’impugnazione in quanto infondata;

condannare la ricorrente a sopportare le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (GU 2006, L 404, pag. 9).

( 3 ) Ordinanze del 16 settembre 2015, Bionorica/Commissione (T‑619/14, non pubblicata, EU:T:2015:723), e del 16 settembre 2015, Diapharm/Commissione, (T‑620/14, non pubblicata, EU:T:2015:714).

( 4 ) V. punto 1 delle ordinanze impugnate.

( 5 ) Regolamento della Commissione, del 16 maggio 2012, relativo alla compilazione di un elenco di indicazioni sulla salute consentite sui prodotti alimentari, diverse da quelle facenti riferimento alla riduzione dei rischi di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini (GU 2012, L 136, pag. 1).

( 6 ) V. punti da 34 a 38 delle ordinanze impugnate.

( 7 ) V. punti da 40 a 45 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑619/14 e punti da 40 a 44 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑620/14.

( 8 ) Punti da 46 a 48 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑619/14 e punti da 45 a 47 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑620/14.

( 9 ) Punti da 49 a 53 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑619/14 e punti da 48 a 52 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑620/14.

( 10 ) Punto 54 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑619/14 e punto 53 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑620/14.

( 11 ) Punto 56 dell’ordinanza impugnata nella causa T‑620/14.

( 12 ) Le ricorrenti non numerano i motivi in questo modo. Ritengo opportuno farlo per semplicità espositiva.

( 13 ) Sentenze del 22 maggio 1985, Parlamento/Consiglio (13/83, EU:C:1985:220, punto 25); del 15 settembre 1998, Gestevisión Telecinco/Commissione (T‑95/96, EU:T:1998:206, punto 88), e del 7 marzo 2002, Intervet International/Commissione (T‑212/99, EU:T:2002:63, punto 61).

( 14 ) Matteo, 5:37.

( 15 ) V. supra, paragrafi da 18 a 20 delle presenti conclusioni.

( 16 ) Sebbene tale argomento sia esposto in una parte dell’impugnazione diversa da quella relativa all’interesse ad agire, sotto il capo «errori di fatto».

( 17 ) Sentenze del 1o giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a. (C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 49), e del 15 giugno 2000, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione (C‑237/98 P, EU:C:2000:321, punti 3536).

( 18 ) Ordinanza impugnata nella causa T‑619/14, punti 1 e 48.

( 19 ) Sentenza del 4 giugno 2015, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione (C‑682/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:356, punto 27); ordinanza del 31 luglio 1989, S./Commissione (206/89 R, EU:C:1989:333, punto 8). Generalmente, la giurisprudenza riguarda ricorsi di annullamento. V. tuttavia, in relazione a ricorsi per carenza, sentenze del 27 giugno 1995, Guérin automobiles/Commissione (T‑186/94, EU:T:1995:114, punto 25), e del 7 marzo 2002, Intervet International/Commissione (T‑212/99, EU:T:2002:63, punto 53).

( 20 ) Van Raepenbusch, S., «L’intérêt à agir dans le contentieux communautaire», in Mélanges en hommage à Georges Vandersanden, Bruxelles, Bruyant, 2008, pag. 381.

( 21 ) Sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 42); ordinanza dell’8 aprile 2008, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione (C‑503/07 P, EU:C:2008:207, punto 48); sentenze del 17 aprile 2008, Flaherty e a./Commissione (C‑373/06 P, C‑379/06 P e C‑382/06 P, EU:C:2008:230, punto 25), e del 4 giugno 2015, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione (C‑682/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:356, punto 25).

( 22 ) Sentenza del 10 luglio 1986, DEFI/Commissione (282/85, EU:C:1986:316, punto 18); ordinanza del 25 giugno 2003, Pérez Escolar/Commissione (T‑41/01, EU:T:2003:175, punti 3536), confermata su impugnazione con ordinanza del 1o ottobre 2004, Pérez Escolar/Commissione (C‑379/03 P, non pubblicata, EU:C:2004:580). A contrario, v. sentenza del 4 aprile 2001, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione (T‑288/97, EU:T:2001:115, punto 49).

( 23 ) Sentenza del 18 dicembre 1997, ATM/Commissione (T‑178/94, EU:T:1997:210, punti da 59 a 62), in cui è stato dichiarato che il mantenimento o l’annullamento della decisione non pregiudicava in alcun modo gli interessi della ricorrente e pertanto non sussisteva un interesse ad agire.

( 24 ) Sentenza del 24 giugno 1986, AKZO Chemie e AKZO Chemie UK/Commissione (53/85, EU:C:1986:256, punto 16): «[o]ccorre appurare se l’atto impugnato costituisca un provvedimento idoneo a produrre effetti giuridici e di natura tale da modificare in misura rilevante la situazione giuridica della ricorrente, ledendone quindi gli interessi». V. anche, ad esempio, ordinanza del 3 settembre 2014, Schutzgemeinschaft Milch und Milcherzeugnisse/Commissione (T‑112/11, EU:T:2014:752, punto 22); del 19 settembre 2001, Procter & Gamble/UAMI (Pasticca quadrata con incrostazione) (T‑129/00, EU:T:2001:231, punto 12); del 7 marzo 2002, Intervet International/Commissione (T‑212/99, EU:T:2002:63, punto 43), e del 3 aprile 2008, Kongra-Gel e a./Consiglio (T‑253/04, non pubblicata, EU:T:2008:88, punti da 82 a 85).

( 25 ) V., ad esempio, ordinanza del 15 ottobre 2013, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione (T‑13/12, non pubblicata, EU:T:2013:567, punto 31), confermata su impugnazione, e sentenza del 4 giugno 2015, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione (C‑682/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:356 punto 25).

( 26 ) Tali sentenze sembrano «confondere [il requisito dell’interesse] con quello della impugnabilità dell’atto», v. Lenaerts, K., Maselis, I. e Gutman, K., EU Procedural Law, Oxford University Press, Oxford, 2014, pag. 356, nota 528.

( 27 ) Nel caso dei ricorsi per carenza, l’atto che deve essere impugnabile, nel senso che produce effetti giuridici vincolanti, è l’atto definitivo. Tuttavia, l’oggetto specifico del ricorso può essere la mancata adozione di un atto preparatorio in una fase intermedia. V., ad esempio, sentenza del 26 settembre 2013, Pioneer Hi-Bred International/Commissione (T‑164/10, non pubblicata, EU:T:2013:503).

( 28 ) Analogamente, alcune sentenze giustappongono le dichiarazioni relative all’interesse ad agire a quelle concernenti l’interesse diretto. V., ad esempio, ordinanza del 3 settembre 2014, Schutzgemeinschaft Milch und Milcherzeugnisse/Commissione (T‑112/11, EU:T:2014:752, punti da 24 a 31). Tuttavia, essi restano due presupposti distinti.

( 29 ) V., ad esempio, sentenza del 4 luglio 2006, easyJet/Commissione (T‑177/04, EU:T:2006:187, punto 41).

( 30 ) Ordinanza del 5 marzo 2009, Commissione/Provincia di Imperia (C‑183/08 P, non pubblicata, EU:C:2009:136, punto 26).

( 31 ) Sentenza del 21 gennaio 1987, Stroghili/Corte dei conti (204/85, EU:C:1987:21, punto 11).

( 32 ) Sentenze del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 42), e del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione (C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 57).

( 33 ) Sentenza del 17 settembre 1992, NBV e NVB/Commissione (T‑138/89, EU:T:1992:95, punto 33).

( 34 ) Sentenza del 9 giugno 2011, Evropaïki Dynamiki/BCE (C‑401/09 P, EU:C:2011:370, punto 49).

( 35 ) Sentenza del 17 aprile 2008, Flaherty e a./Commissione (C‑373/06 P, C‑379/06 P e C‑382/06 P, EU:C:2008:230).

( 36 ) Sentenza del 22 dicembre 2008, Gordon/Commissione (C‑198/07 P, EU:C:2008:761).

( 37 ) Sentenza del 17 aprile 2008, Flaherty e a./Commissione (C‑373/06 P, C‑379/06 P e C‑382/06 P, EU:C:2008:230, punto 32).

( 38 ) Sentenza del 22 dicembre 2008, Gordon/Commissione (C‑198/07 P, EU:C:2008:761, punti da 41 a 53).

( 39 ) V. articolo 28, paragrafi 5 e 6, del regolamento.

( 40 ) V. articolo 17, paragrafo 5, del regolamento.

( 41 ) Tornerò più avanti, ai paragrafi da 87 a 90 e 97 delle presenti conclusioni, sulla questione se detto beneficio debba riguardare personalmente ciascuna ricorrente.

( 42 ) V. supra, paragrafo 55.

( 43 ) Nelle sue ordinanze, il Tribunale osserva che l’esercizio di tale discrezionalità implica che, in pratica, le indicazioni hanno possibilità molto ridotte di essere autorizzate. Ritengo che il fatto che le possibilità di successo siano pari al 10, al 50 o al 90% sia irrilevante al fine di determinare l’interesse ad agire. Sarebbe semplicemente errato far dipendere la nozione di interesse ad agire da statistiche generali relative alla casistica storica delle scelte operate dall’esecutivo in casi diversi.

( 44 ) V. in tal senso, sentenza del 26 settembre 2013, Pioneer Hi-Bred International/Commissione (T‑164/10, non pubblicata, EU:T:2013:503, punto 35). La questione dell’interesse ad agire non è stata esaminata in modo approfondito. Tuttavia, è opportuno menzionarla qui, dato che il Tribunale ha considerato ricevibile un ricorso che addebitava alla Commissione di non avere presentato al Consiglio una proposta di autorizzazione di un OGM, sebbene fosse stato pienamente riconosciuto che la proposta avrebbe potuto essere respinta dal Consiglio, ma anche accolta.

( 45 ) V. sentenze del 27 giugno 1995, Guérin automobiles/Commissione (T‑186/94, EU:T:1995:114, punto 25); del 7 marzo 2002, Intervet International/Commissione (T‑212/99, EU:T:2002:63, punto 61), e del 26 settembre 2013, Pioneer Hi-Bred International/Commissione (T‑164/10, non pubblicata, EU:T:2013:503).

( 46 ) In pratica, le sentenze del Tribunale nelle cause Intervet e Pioneer Hi‑Bred (citate alla nota 45) valutano l’esistenza di un interesse ad agire sotto il profilo dell’interesse all’esito finale del procedimento legislativo. Tuttavia, tale questione non è stata specificamente esaminata nelle sentenze citate.

( 47 ) Come rilevato supra al paragrafo 66, si tratta di una semplificazione. Ritengo che una concezione binaria di autorizzazione buona/rigetto cattivo sia troppo semplicistica (e potenzialmente fuorviante). Come affermato dalle ricorrenti, un rigetto può indubbiamente essere vantaggioso in termini di certezza del diritto. D’altro canto, un’autorizzazione non è necessariamente una carta bianca. Ad esempio, essa può essere corredata di condizioni che gli operatori potrebbero considerare più onerose rispetto a quelle imposte dal regime transitorio.

( 48 ) V. supra, nota 44. In quel caso, l’esistenza di un interesse ad agire non era nemmeno stata messa in discussione.

( 49 ) Invero, il ragionamento svolto dal Tribunale a tale riguardo prescinde sostanzialmente dalla situazione particolare delle ricorrenti.

( 50 ) Ciò rappresenta una differenza rispetto alla situazione oggetto della sentenza del 4 giugno 2015, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione (C‑682/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:356). In quel caso, la ricorrente sosteneva di avere subito uno svantaggio concorrenziale in quanto i suoi prodotti (yogurt biologici) erano in concorrenza con yogurt non biologici. Il regolamento controverso consentiva di utilizzare al posto dello zucchero il glucoside dello steviolo come additivo negli yogurt non biologici, senza tuttavia permetterne espressamente l’uso come ingrediente negli yogurt biologici. La Corte ha dichiarato che la ricorrente non aveva dimostrato un interesse ad agire in quanto il rapporto concorrenziale tra i prodotti biologici e quelli non biologici era semplicemente asserito e non comprovato.

( 51 ) Infatti, nell’ambito del primo motivo, ai punti da 42 a 46, il Tribunale afferma perfino (erroneamente) che tale ingresso è già avvenuto.

( 52 ) Occorre sottolineare che la questione discussa in questa sede è una questione procedurale relativa all’interesse ad agire, e non una questione sostanziale concernente il risarcimento dei danni.

( 53 ) Ordinanza impugnata nella causa T‑620/14, punto 53.

( 54 ) V., ad esempio, sentenza del 4 giugno 2015, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione (C‑682/13 P, non pubblicata, EU:C:2015:356, punto 27).

( 55 ) Sentenza del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione (C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punti 4748).

( 56 ) Sentenza del 26 novembre 1996, T. Port (C‑68/95, EU:C:1996:452, punto 59), e ordinanza del 1o ottobre 2004, Pérez Escolar/Commissione (C‑379/03 P, non pubblicata, EU:C:2004:580, punto 15).

( 57 ) Sentenza del 26 novembre 1996, T. Port (C‑68/95, EU:C:1996:452, punto 59).

( 58 ) Sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 57); conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2014:2283, punti 1920).

( 59 ) Sentenza del 1o aprile 2004, Commissione/Jégo-Quéré (C‑263/02 P, EU:C:2004:210), che ha annullato la sentenza del 3 maggio 2002, Jégo‑Quéré/Commissione (T‑177/01, EU:T:2002:112).

( 60 ) Sentenza del 25 luglio 2002, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (C‑50/00 P, EU:C:2002:462).

( 61 ) Sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17, pag. 107).

( 62 ) Cfr. sentenza del 30 aprile 2014, Hagenmeyer e Hahn/Commissione (T‑17/12, EU:T:2014:234, punto 61).

( 63 ) V. articoli 13, paragrafo 3, e 24, paragrafo 2, del regolamento.

( 64 ) Sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625). Il Tribunale ha concluso che il regolamento n. 432/2012 costituisce un atto regolamentare nella sentenza del 12 giugno 2015, Health Food Manufacturers’ Association e a./Commissione (T‑296/12, EU:T:2015:375, punto 37).

( 65 ) Sentenza del 12 giugno 2015, Health Food Manufacturers’ Association e a./Commissione (T‑296/12, EU:T:2015:375, punto 50).

( 66 ) Sentenze del 5 maggio 1998, Glencore Grain/Commissione (C‑404/96 P, EU:C:1998:196, punto 41); del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159, punto 47), e del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia (C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 43). V. altresì sentenze del 5 maggio 1998, Dreyfus/Commissione (C‑386/96 P, EU:C:1998:193, punto 43), e del 10 settembre 2009, Commissione/Ente per le Ville Vesuviane e Ente per le Ville Vesuviane/Commissione (C‑445/07 P e C‑455/07 P, EU:C:2009:529, punto 45). Rilevo che la causa Dreyfus è il primo caso in cui la Corte ha utilizzato la formula giurisprudenziale relativa agli atti che incidono direttamente sulla «situazione giuridica» del ricorrente. Sebbene il punto 43 della sentenza in detta causa richiami alcuni precedenti a sostegno di tale specifica conclusione, in realtà nessuno di essi indica che siffatta incidenza diretta costituisca un presupposto dell’interesse diretto (inoltre, nella causa Dreyfus, la Corte ha confermato in definitiva che l’atto contestato incideva direttamente sulla situazione giuridica del ricorrente, ribaltando così la decisione del Tribunale sul punto).

( 67 ) Tuttavia, condivido i dubbi già espressi in altra sede sulla questione se tale formula sia effettivamente idonea a rispecchiare pienamente le innumerevoli sottigliezze dell’«interesse diretto» applicato dalla Corte (v. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:21, paragrafo 71). In particolare, per quanto riguarda la prima parte del test, spesso viene dichiarato che sussiste un interesse diretto quando gli atti in questione che producono sul ricorrente effetti di natura non giuridica ma semplicemente reale, ad esempio perché incidono direttamente sulla sua qualità di operatore di mercato in concorrenza con altri operatori. La giurisprudenza sui ricorsi contro le decisioni in materia di aiuti di Stato e di concentrazioni costituiscono chiari esempi di tale fenomeno. V., in relazione agli aiuti di Stato, sentenza del 12 luglio 1990, Cofaz e a./Commissione (C‑169/84, EU:C:1990:301, punto 9), in cui la ricevibilità è stata data per scontata. V. altresì sentenza del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing (C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punti 31 e da 35 a 38). Per un esempio più recente v. sentenza del 15 settembre 2016, Ferracci/Commissione (T‑219/13, EU:T:2016:485, punto 44). Per quanto riguarda il controllo delle concentrazioni, v. sentenze del 3 aprile 2003, Babyliss/Commissione (T‑114/02, EU:T:2003:100, punto 89), e del 30 settembre 2003, ARD/Commissione (T‑158/00, EU:T:2003:246, punto 60).

( 68 ) Sentenza del 12 giugno 2015, Health Food Manufacturers’ Association e a./Commissione (T‑296/12, EU:T:2015:375, punto 50).

( 69 ) V. tuttavia infra, paragrafi da 137 a 139.

( 70 ) Sentenza del 12 giugno 2015, Health Food Manufacturers’ Association e a./Commissione (T‑296/12, EU:T:2015:375, punti 4041).

( 71 ) Sentenza del 30 aprile 2014, Hagenmeyer e Hahn/Commissione (T‑17/12, EU:T:2014:234). In quel caso, i ricorrenti erano docenti universitari che avevano chiesto l’autorizzazione per un’indicazione sulla salute che esaltava le virtù dell’acqua. Il loro ricorso diretto all’annullamento del diniego della Commissione sotto forma di regolamento (UE) n. 1170/2011 [regolamento della Commissione, del 16 novembre 2011, relativo al rifiuto dell’autorizzazione di determinate indicazioni sulla salute fornite su prodotti alimentari e riguardanti la riduzione del rischio di malattia (GU 2011, L 299, pag. 1)] è stato dichiarato irricevibile dal Tribunale.

( 72 ) Nella causa Microban International e Microban (Europe)/Commissione, definita con sentenza del 25 ottobre 2011 (T‑262/10, EU:T:2011:623), la ricorrente contestava il divieto di utilizzare il triclosan negli imballaggi alimentari. Essa produceva, vendeva e commercializzava additivi e aveva chiesto che il triclosan fosse incluso nell’elenco di additivi autorizzati dalla direttiva 90/128/CEE [direttiva della Commissione, del 23 febbraio 1990, relativa ai materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU 1990, L 75, pag. 19)]. Essa sarebbe stata chiaramente interessata commercialmente dal divieto (v. punto 28 della sentenza Microban). Tuttavia, non era effettivamente presente sul mercato a valle del confezionamento alimentare.

( 73 ) V. la precedente analisi relativa all’interesse ad agire (sezione C).

( 74 ) Il corsivo è mio.

( 75 ) V. articolo 2, paragrafo 1, lettera a), del regolamento e articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1).

( 76 ) Si pongono inoltre ulteriori questioni relative alle attività sporadiche o temporanee nel settore alimentare, come già sottolineato supra al paragrafo 131.

( 77 ) Infatti, una diversa soluzione equivarrebbe ad ammettere che le ricorrenti nel caso di specie potrebbero avere «congegnato» un interesse diretto svolgendo temporaneamente alcune attività marginali e del tutto scollegate nel settore alimentare al fine di ottenere lo status di «operatori del settore alimentare». Non sarebbe né credibile né coerente attribuire tali conseguenze giuridiche alla presenza su un tassello remoto del mosaico dell’industria alimentare e dichiarare nel contempo l’irrilevanza di una presenza consolidata su mercati strettamente connessi.

( 78 ) Sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284).

( 79 ) Nella sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punto 34), è stato dichiarato che i ricorsi potevano essere proposti solo da «(…) imprese produttrici di zucchero di barbabietola, zucchero di canna o isoglucosio riconosciute a norma dell’articolo 57 del regolamento n. 1234/2007 e alle quali sia stata attribuita una quota di produzione per tale campagna di commercializzazione».

( 80 ) Sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punto 37).

( 81 ) V. supra, nota 26.

( 82 ) V. supra, paragrafo 50 delle presenti conclusioni.

( 83 ) Sentenza del 5 maggio 1998, Dreyfus/Commissione (C‑386/96 P, EU:C:1998:193, punto 43). V. altresì la giurisprudenza citata supra alla nota 66. V anche supra, nota 71. Tuttavia, in questa sede non occorre esaminare la questione dell’interesse diretto «reale».

( 84 ) V. supra, nota 67.

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