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Document 62015CC0460

Conclusioni dell’avvocato generale E. Sharpston, presentate il 10 novembre 2016.
Schaefer Kalk GmbH & Co. KG contro Bundesrepublik Deutschland.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin.
Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Sistema per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra nell’Unione europea – Direttiva 2003/87/CE – Piano di monitoraggio – Regolamento (UE) n. 601/2012 – Articolo 49, paragrafo 1, e punto 10 dell’allegato IV – Calcolo delle emissioni dell’impianto – Sottrazione del biossido di carbonio (CO2) trasferito – Esclusione del CO2 utilizzato nella produzione di carbonato di calcio precipitato – Validità dell’esclusione.
Causa C-460/15.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:852

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 10 novembre 2016 ( 1 )

Causa C‑460/15

Schaefer Kalk GmbH & Co. KG

contro

Bundesrepublik Deutschland

[Domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Berlino, Germania)]

«Politica ambientale — Direttiva 2003/87/CE — Scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione europea — Articolo 3, lettera b) — Definizione di «emissione»– Regolamento (UE) n. 601/2012 — Monitoraggio e comunicazione — Biossido di carbonio trasferito da un impianto ad un altro impianto per la produzione di carbonato di calcio precipitato e chimicamente legato a tale prodotto»

1. 

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sul significato del termine «emissioni» ai sensi della direttiva 2003/87/CE ( 2 ). Tale nozione è al centro del sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (in prosieguo: il «sistema per lo scambio di quote») posto in essere da tale direttiva.

2. 

A tenore dell’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87, le «emissioni» di gas a effetto serra esistono ai sensi di quest’ultima solamente quando i gas (compreso il biossido di carbonio) ( 3 ) contemplati dal sistema per lo scambio di quote di emissioni sono rilasciate «nell’atmosfera». Talune disposizioni del regolamento (UE) n. 601/2012 Commissione ( 4 ), che attua la direttiva 2003/87, accolgono una nozione di «emissioni» possibilmente più ampia di quella contenuta nella direttiva. E ciò perché, ai sensi di tali disposizioni, il biossido di carbonio trasferito da un impianto ad un altro impianto, che trasforma questo gas in un prodotto chimico stabile ( 5 ), con cui è chimicamente legato (talché, effettivamente, non viene rilasciato nell’atmosfera) è considerato un’«emissione» proveniente dal primo impianto. Di conseguenza, l’operatore del primo impianto (l’impianto di origine) deve includere tale quantitativo di biossido di carbonio nella comunicazione annuale indirizzata all’autorità nazionale competente e restituire le corrispondenti quote di emissione. Il Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo, Berlino, Germania) (in prosieguo: il «giudice del rinvio») si chiede se ciò sia compatibile con la portata della nozione di «emissioni» contenuta nella direttiva 2003/87 e se, di conseguenza, le pertinenti disposizioni del regolamento stesso siano invalide.

Diritto dell’Unione

Direttiva 2003/87

3.

Come espressamente indicato al considerando 5, la direttiva 2003/87 è intesa a contribuire ad un più efficace adempimento degli impegni da parte dell’Unione europea e dei suoi Stati membri in forza del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici per ridurre le emissioni antropiche dei gas a effetto serra (in prosieguo: il «protocollo di Kyoto») ( 6 ), mediante un efficiente mercato europeo delle quote di emissione dei gas a effetto serra (in prosieguo: le «quote»), con la minor riduzione possibile dello sviluppo economico e dell’occupazione.

4.

La direttiva 2003/87 istituisce, in conformità del suo articolo 1, primo comma, un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea «al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica». Il secondo comma di tale articolo prevede che le riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra aumentino progressivamente al fine di contribuire ai livelli di abbattimento ritenuti necessari, dal punto di vista scientifico, per evitare i cambiamenti climatici.

5.

A tenore dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, quest’ultima si applica alle emissioni provenienti dalle attività indicate nell’allegato I e ai gas a effetto serra elencati nell’allegato II. Il biossido di carbonio (CO2) figura tra i gas elencati.

6.

L’articolo 3, lettera b), definisce le «emissioni» ai sensi della direttiva 2003/87 come «il rilascio nell’atmosfera di gas a effetto serra a partire da fonti situate in un impianto (...)». La lettera e) dello stesso articolo definisce «“impianto” un’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell’allegato I e altre attività direttamente associate che hanno un collegamento tecnico con le attività svolte in tale sito e che potrebbero incidere sulle emissioni e sull’inquinamento».

7.

L’articolo 10 bis («Norme comunitarie transitorie per l’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote»), dispone, in particolare, come segue:

«1.   Entro il 31 dicembre 2010 la Commissione adotta misure di attuazione comunitarie interamente armonizzate per l’assegnazione delle quote di cui ai paragrafi da 4, 5, 7 e12 (...)

(...)

Le misure citate al primo comma definiscono, ove possibile, parametri di riferimento comunitari ex ante per garantire che l’assegnazione avvenga in modo da incentivare riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra e tecniche efficienti sotto il profilo energetico, tenendo conto delle tecniche, dei prodotti sostitutivi e dei processi di produzione alternativi, della cogenerazione ad alto rendimento, del recupero energetico efficiente dei gas di scarico, della possibilità di utilizzare la biomassa e della cattura e dello stoccaggio di CO2, ove tali tecniche siano disponibili, e in modo da non incentivare l’incremento delle emissioni (...).

Per ciascun settore e sottosettore, il parametro di riferimento è calcolato, in linea di principio, per i prodotti finali piuttosto che per i materiali in ingresso, in modo da massimizzare le riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra nonché il risparmio e l’efficienza energetica nell’intero processo produttivo del settore o del sottosettore interessato.

(…)

2.   Nel definire i principi per la determinazione dei parametri di riferimento ex ante per i singoli settori o sottosettori, il punto di partenza è il livello medio delle prestazioni del 10% degli impianti più efficienti di un settore o sottosettore della Comunità nel periodo 2007-2008 (...).

I regolamenti adottati ai sensi degli articoli 14 e 15 prevedono norme armonizzate in materia di monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni di gas a effetto serra legate alla produzione, in vista della determinazione ex ante dei parametri di riferimento.

(...)».

8.

L’articolo 12 è intitolato «Trasferimento, restituzione e cancellazione di quote di emissioni». A tenore del suo paragrafo 3, «[g]li Stati membri provvedono affinché, entro il 30 aprile di ogni anno, il gestore di ciascun impianto restituisca un numero di quote di emissioni, diverse dalle quote rilasciate a norma del capo II [ ( 7 )], pari alle emissioni totali di tale impianto nel corso dell’anno civile precedente, come verificato a norma dell’articolo 15, e che tali quote siano successivamente cancellate».

9.

A termini dell’articolo 12, paragrafo 3 bis: «[n]on sussiste l’obbligo di restituzione delle quote per le emissioni di cui sono stati verificati la cattura e il trasporto ai fini dello stoccaggio permanente presso un impianto per cui è in vigore un’autorizzazione ai sensi della direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sullo stoccaggio geologico del biossido di carbonio [ ( 8 )]».

10.

L’articolo 14 («Monitoraggio e comunicazione delle emissioni») prevede, in particolare:

«1.   Entro il 31 dicembre 2011 la Commissione adotta un regolamento sul monitoraggio e la comunicazione delle emissioni (...) dalle attività che figurano nell’allegato I (...) ispirandosi ai principi di monitoraggio e comunicazione delle emissioni definiti nell’allegato IV [ ( 9 ) ] e specificando, nelle prescrizioni relative al monitoraggio e alla comunicazione delle emissioni, il potenziale di riscaldamento globale di ciascun gas a effetto serra considerato.

Tale misura, intesa a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 23, paragrafo 3.

2.   Il regolamento di cui al paragrafo 1 tiene conto dei dati scientifici più accurati e aggiornati disponibili, in particolare quelli forniti dall’IPCC [ ( 10 ) ], e può anche imporre ai gestori l’obbligo di comunicare le emissioni derivanti dalla produzione di beni da parte di industrie ad alta intensità energetica che possono essere esposte alla concorrenza internazionale. Tale regolamento può specificare inoltre che tali informazioni siano verificate in maniera indipendente.

(…)

3.   Gli Stati membri provvedono affinché ogni gestore di un impianto (…) controlli e comunichi all’autorità competente le emissioni rilasciate durante ciascun anno civile dall’impianto (…) dopo la fine di tale anno, secondo quanto stabilito dal regolamento di cui al paragrafo 1.

(…)».

11.

L’articolo 15, primo comma («Verifica e accreditamento») dispone che «[g]li Stati membri provvedono affinché le comunicazioni effettuate dai gestori (…) a norma dell’articolo 14, paragrafo 3, siano verificate secondo i criteri definiti all’allegato V e le eventuali disposizioni dettagliate adottate dalla Commissione ai sensi [dell’articolo 15], e provvedono affinché l’autorità competente ne sia informata».

12.

L’articolo 16 («Sanzioni»), prevede, in particolare, quanto segue:

«1.   Gli Stati membri determinano le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per l’applicazione di tali norme. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive (...)

(...)

3.   Gli Stati membri provvedono affinché il gestore che (...), entro il 30 aprile di ogni anno, non restituisce un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni rilasciate durante l’anno precedente sia obbligato a pagare un’ammenda per le emissioni in eccesso. Per ciascuna tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa da un impianto il cui gestore non ha restituito le quote di emissione, l’ammenda per le emissioni in eccesso corrisponde a 100 EUR. Il pagamento dell’ammenda per le emissioni in eccesso non dispensa il gestore dall’obbligo di restituire un numero di quote di emissioni corrispondente a tali emissioni in eccesso all’atto della restituzione delle quote relative alle emissioni dell’anno civile seguente».

Regolamento n. 601/2012

13.

Come dimostra il riferimento alla sua seconda base giuridica, il regolamento n. 601/2012 dà attuazione, in particolare, all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/87. L’articolo 1 di tale regolamento stabilisce che quest’ultimo istituisce norme per il monitoraggio e la comunicazione dei dati relativi alle emissioni di gas a effetto serra e dei dati relativi all’attività ai sensi della direttiva 2003/87 nel periodo di scambio del sistema per lo scambio di quote che decorre dal 1o gennaio 2013 e nei successivi periodi di scambio.

14.

L’articolo 5 stabilisce che il monitoraggio e la comunicazione «sono esaustivi e riguardano tutte le emissioni di processo e di combustione provenienti da tutte le fonti e i flussi di fonti di emissione riconducibili ad attività elencate nell’allegato I della direttiva 2003/87 (...) e relative a tutti i gas serra specificati in relazione a tali attività, evitando di contabilizzarle due volte» ( 11 ).

15.

A termini dell’articolo 11, paragrafo 1: «[o]gni gestore (...) esegue il monitoraggio delle emissioni di gas a effetto serra secondo un piano di monitoraggio approvato dall’autorità competente in conformità all’articolo 12, in base alla natura e al funzionamento dell’impianto (...) ai quali si applica» ( 12 ).

16.

A tenore dell’articolo 20, paragrafo 2: «[p]er definire la procedura di monitoraggio e comunicazione, il gestore tiene conto delle prescrizioni specifiche per alcuni settori di cui all’allegato IV». Al punto 10, lettera B, quarto comma, dell’allegato IV al regolamento n. 601/2012 si indica che «[q]uando il CO2 è usato nell’impianto o trasferito in un altro impianto per la produzione di PCC (…), questa quantità di CO2 è considerata emessa dall’impianto che produce CO2».

17.

L’articolo 49, paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Il gestore sottrae dalle emissioni dell’impianto qualsiasi quantitativo di CO2 proveniente da carbonio fossile nelle attività di cui all’allegato I della direttiva 2003/87/CE che non è rilasciato dall’impianto ma trasferito fuori da questo verso uno dei seguenti siti:

a)

un impianto per la cattura dei gas a effetto serra ai fini del trasporto e dello stoccaggio geologico a lungo termine in un sito di stoccaggio autorizzato a norma della direttiva 2009/31/CE;

b)

una rete di trasporto dei gas a effetto serra ai fini dello stoccaggio geologico a lungo termine in un sito di stoccaggio autorizzato a norma della direttiva 2009/31/CE;

c)

un sito di stoccaggio autorizzato a norma della direttiva 2009/31/CE ai fini dello stoccaggio geologico a lungo termine.

Per qualsiasi altro tipo di trasferimenti di CO2 fuori dall’impianto non è consentito sottrarre il CO2 dalle emissioni dell’impianto» ( 13 ).

Diritto tedesco

18.

La legge relativa allo scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra (Gesetz über den Handel mit Berechtigungen zur Emission von Treibhausgasen) del 21 luglio 2011 ha recepito la direttiva 2003/87 nell’ordinamento tedesco. Il suo articolo 3 definisce la nozione di «emissione» riferendosi al rilascio nell’atmosfera di gas a effetto serra provenienti dalle attività descritte nell’allegato I alla legge medesima. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di detta legge, il gestore calcola il quantitativo delle emissioni prodotte dal suo impianto per ogni anno civile e lo comunica all’autorità competente entro il 31 marzo dell’anno successivo. L’articolo 6 obbliga il gestore a sottoporre all’approvazione dell’autorità competente un piano di monitoraggio per ogni periodo di scambio.

Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

19.

La Schaefer Kalk GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Schaefer Kalk») gestisce un impianto per la produzione di calce mediante calcinazione ad Hahnstätten (Germania). Tale attività è soggetta al sistema per lo scambio di quote ( 14 ). La Schaefer Kalk trasferisce parte del biossido di carbonio prodotto come risultato di tale attività in un impianto in cui lo stesso viene impiegato per la produzione di PCC.

20.

Il 31 luglio 2012 la Schaefer Kalk chiedeva alla Deutsche Emissionshandelsstelle (l’«autorità tedesca competente in materia di scambio di emissioni») l’approvazione del suo piano di monitoraggio. In particolare, tale società chiedeva di essere esonerata dall’obbligo di comunicare la quantità di biossido di carbonio trasferita per la produzione di PCC (e quindi di restituire un numero di quote di emissioni equivalente al biossido di carbonio trasferito). La Schaefer Kalk sosteneva essenzialmente che il biossido di carbonio è chimicamente legato al PCC e che quindi non verrebbe rilasciato nell’atmosfera.

21.

Il 10 gennaio 2013 l’autorità tedesca competente in materia di scambio di emissioni approvava il piano di monitoraggio della Kalk, tralasciando la questione relativa al biossido di carbonio trasferito per la produzione di PCC. Con una successiva decisione del 29 agosto 2013 (in prosieguo: la «decisione dell’agosto 2013»), detta autorità respingeva la richiesta della Schaefer Kalk di sottrarre dal calcolo delle emissioni il biossido di carbonio trasferito, per il motivo che l’articolo 49 e l’allegato IV del regolamento n. 601/2012 non prevedevano tale possibilità.

22.

La Schaefer Kalk ha impugnato la decisione dell’agosto 2013 dinanzi al giudice del rinvio. Essa ha sostenuto essenzialmente che l’articolo 49, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 601/2012 e il punto 10, lettera B, quarto comma, dell’allegato I al regolamento medesimo, sono incompatibili con gli articoli 3, lettera b), e 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, in quanto includono, tra le «emissioni» prodotte da un impianto, il biossido di carbonio che non viene rilasciato nell’atmosfera ma viene trasferito ad un altro impianto ai fini della produzione di PCC, sostanza allaquale il biossido di carbonio è chimicamente legato. L’onere finanziario conseguente (ossia, la restituzione annuale di un numero di quote corrispondente a tale quantitativo di biossido di carbonio) è suscettibile di dissuadere i gestori dall’operare i detti trasferimenti, e quindi di pregiudicare l’obiettivo di riduzione delle emissioni perseguito dalla direttiva 2003/87.

23.

Il giudice a quo ha sospeso il procedimento e ha richiesto una pronuncia in via pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)

Se il regolamento n. 601/2012 della Commissione debba essere dichiarato invalido e se violi gli obiettivi della direttiva 2003/87/CE, nella misura in cui all’articolo 49, paragrafo 1, secondo periodo, stabilisce che il CO2 non trasferito in conformità dell’articolo 49, paragrafo 1, primo periodo, è considerato emesso dall’impianto che produce CO2.

2)

Se il regolamento n. 601/2012 della Commissione debba essere dichiarato invalido e se violi gli obiettivi della direttiva 2003/87/CE, nella misura in cui l’allegato IV, sezione 10, stabilisce che il CO2 trasferito in un altro impianto per la produzione di PCC (carbonato di calcio precipitato) è considerato emesso dall’impianto che produce CO2».

24.

Hanno presentato osservazioni scritte la Schaefer Kalk, il governo tedesco e la Commissione europea. Le stesse parti e l’autorità tedesca competente per lo scambio di emissioni hanno svolto osservazioni orali all’udienza del 30 giugno 2016.

Analisi

Ricevibilità della censura con cui la Schaefer Kalk contesta la validità del regolamento n. 601/2012

25.

Il governo tedesco si domanda se la Schaefer Kalk possa ancora invocare, nell’ambito del procedimento nazionale pendente dinanzi al giudice del rinvio, l’invalidità dell’articolo 49, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 601/2012 e del punto 10, lettera B, quarto comma, dell’allegato IV al regolamento medesimo, dal momento che non ha chiesto l’annullamento di detto regolamento dinanzi al Tribunale. Al riguardo, il governo tedesco si riferisce ai più ampi diritti di accesso alla giustizia dell’Unione di cui godono attualmente i singoli in forza dell’articolo 263, quarto comma, terza ipotesi, TFUE, a tenore del quale qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

26.

Secondo una giurisprudenza costante, la possibilità per il singolo di far valere dinanzi al giudice adito l’invalidità delle disposizioni contenute negli atti dell’Unione presuppone che tale parte non fosse legittimata a proporre, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto contro tali disposizioni ( 15 ). Tuttavia, soltanto una persona che avrebbe potuto legittimamente, senza alcun dubbio, chiedere l’annullamento dell’atto de quo alle condizioni previste da tale articolo non potrà eccepire la sua invalidità dinanzi al giudice nazionale competente ( 16 ). In un’altra occasione ho spiegato perché tale giurisprudenza dovrebbe applicarsi anche all’articolo 263, quarto comma, terza ipotesi, TFUE ( 17 ).

27.

Nella fattispecie, la Schaefer Kalk aveva fondati dubbi di poter impugnare direttamente dinanzi al Tribunale, in base all’articolo 263, quarto comma, TFUE, le disposizioni del regolamento n. 601/2012, che contesta adesso.

28.

È pur vero che il regolamento è un «atto regolamentare» ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, cioè a dire, un atto di applicazione generale che non è stato adottato in conformità di una procedura legislativa e quindi non ha carattere legislativo ( 18 ). Tuttavia, la legittimazione ai sensi della terza ipotesi del citato comma dipende anche, tra gli altri fattori, dall’assenza di misure di esecuzione nei confronti delle persone che chiedono l’annullamento dell’atto controverso. Tanto l’articolo 49, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 601/2012 quanto il punto 10, lettera B, quarto comma, dell’allegato IV al regolamento medesimo richiedevano l’adozione di misure di esecuzione applicabili alla Schaefer Kalk ( 19 ), come la decisione che l’autorità tedesca competente per lo scambio di emissioni ha adottato il 10 gennaio 2013, su domanda della società interessata, per approvare il piano di monitoraggio di quest’ultima ( 20 ).

29.

In tali circostanze, si deve riconoscere alla Schaefer Kalk il diritto di contestare la validità di tali disposizioni del regolamento n. 601/2012 dinanzi al giudice a quo e di chiedere che la Corte si pronunci in via pregiudiziale su tale questione.

Osservazioni preliminari

30.

È pacifico che la produzione di calce mediante calcinazione è un’attività soggetta all’applicazione della direttiva 2003/87. Per contro, la produzione di PCC non figura nell’elenco di cui all’allegato I della direttiva e quindi non è soggetta al sistema per lo scambio di quote.

31.

Tanto il governo tedesco quanto l’autorità tedesca competente in materia di scambio di emissioni sostengono che la trasformazione del biossido di carbonio impiegato per la produzione di PCC è incompleta, giacché almeno un 20% dei gas in entrata viene da ultimo rilasciato nell’atmosfera come gas di scarico ( 21 ). Nelle osservazioni scritte, la Commissione spiega che il processo chimico di produzione del PCC non comporta di per sé il rilascio di emissioni. Tuttavia, all’udienza, in risposta ad un quesito che le era stato rivolto dalla Corte, la Commissione ha riconosciuto la possibilità che una parte del biossido di carbonio «in entrata» venga, da ultimo, dispersa e quindi rilasciata nell’atmosfera. Inoltre, il governo tedesco asserisce che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, occorre prendere in considerazione le potenziali perdite di biossido di carbonio durante il trasporto o le fuoriuscite dall’impianto. All’udienza, la Schaefer Kalk ha confutato tali argomenti di fatto e ha spiegato che essi non sono stati sollevati nell’ambito del procedimento nazionale.

32.

Nel quadro di un procedimento a norma dell’articolo 267 TFUE, la Corte di giustizia può pronunciarsi sull’interpretazione o sulla validità di un testo dell’Unione unicamente sulla base dei fatti indicati dal giudice nazionale ( 22 ). Di conseguenza, non spetta alla Corte valutare se una parte del biossido di carbonio trasferito da un impianto della Schaefer Kalk verso un altro impianto ai fini della produzione di PCC sia andato (o verosimilmente potrebbe andare) perduto durante il trasporto o sia stato effettivamente rilasciato nell’atmosfera in conseguenza di tale produzione. In ogni caso, è pacifico che almeno la maggior parte del biossido di carbonio impiegato nel processo chimico per la produzione di PCC è chimicamente legata a tale prodotto. È in tale contesto che tratterò le presenti questioni pregiudiziali. Spetterà al giudice del rinvio, eventualmente, svolgere i necessari accertamenti di fatto.

33.

In una situazione come quella di cui al procedimento principale, dall’applicazione dell’articolo 49, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 601/2012 e del punto 10, lettera B, quarto comma, dell’allegato IV al regolamento medesimo, deriva che tutte le quantità di biossido di carbonio trasferite per la produzione di PCC sono considerate «emissioni» dell’impianto in cui sono state prodotte, anche se (almeno) la maggior parte di esse non viene rilasciata nell’atmosfera e che, di conseguenza, il gestore di tale impianto è tenuto, in forza dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, a dichiarare tali quantità di biossido di carbonio come emissioni e a restituire le quote corrispondenti. La questione da stabilire è se la Commissione potesseintrodurre tale regola senza contravvenire alla definizione di «emissioni» contenuta nell’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87, cui rinvia l’articolo 14, paragrafo 1, della medesima. Entrambe le questioni pregiudiziali riguardano tale aspetto e devono quindi essere esaminate congiuntamente.

Se il biossido di carbonio trasferito in un impianto per la produzione di PCC possa rientrare nella nozione di «emissioni » ai sensi del sistema per lo scambio delle emissioni

34.

Secondo il suo quinto considerando, la direttiva 2003/87 intende istituire il sistema per lo scambio delle quote di emissioni al fine di contribuire all’adempimento degli impegni da parte dell’Unione europea e dei suoi Stati membri ai sensi del Protocollo di Kyoto, che mira alla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra nell’atmosfera ad un livello che prevenga qualsiasi pericolosa interferenza antropica sul sistema climatico ed il cui fine ultimo è la protezione dell’ambiente ( 23 ).

35.

La logica economica del sistema di scambio di quote consiste nel far sì che le riduzioni di emissioni di gas a effetto serra necessarie ad ottenere un risultato ambientale prestabilito avvengano al minor costo possibile. In particolare, permettendo la vendita delle quote assegnate, questo sistema intende stimolare ogni suo partecipante ad emettere una quantità di gas a effetto serra inferiore alle quote ad esso inizialmente assegnate, al fine di cederne l’eccedenza ad un altro partecipante che abbia prodotto una quantità di emissioni superiore alle quote assegnate ( 24 ). Tale risultato è raggiungibile essenzialmente in due modi: riducendo la produzione di gas a effetto serra (di norma, con l’utilizzo di metodi di produzione più efficienti) oppure evitando il rilascio di gas a effetto serra nell’atmosfera (per esempio, con il trasferimento di tali gas in un prodotto con il quale sono chimicamente legati).

36.

Di conseguenza, uno dei pilastri sui quali poggia il sistema per lo scambio delle quote è l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, che sancisce l’obbligo per i gestori di restituire prima del 30 aprile dell’anno in corso, a scopo di cancellazione, un numero di quote di emissione dei gas a effetto serra pari alle loro emissioni nel corso dell’anno civile precedente ( 25 ).

37.

La portata di tale obbligo, che costituisce l’elemento centrale al fine di fornire una risposta al giudice del rinvio, dipende soprattutto dal significato del termine «emissioni», come definito dall’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87. Di conseguenza, conformemente a una costante giurisprudenza, interpreterò tale disposizione tenendo conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui fa parte ( 26 ).

38.

La formulazione dell’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87, indica chiaramente che non ci possono essere «emissioni» senza che vengano rilasciati gas a effetto serra «nell’atmosfera», vale a dire nello strato di gas che avvolge il globo terrestre. In conformità dell’obiettivo della direttiva di ridurre le emissioni per evitare i cambiamenti climatici pericolosi ( 27 ), la semplice produzione di gas a effetto serra pertanto non genera «emissioni», qualora tali gas non vengano rilasciati nell’atmosfera ( 28 ). L’allegato IV alla direttiva 2003/87, che stabilisce i principi generali di monitoraggio e comunicazione, non suggerisce una conclusione diversa, esigendo che il gestore includa nella comunicazione riguardante l’impianto le «emissioni complessive», calcolate o misurate per ciascuna attività soggetta al sistema per lo scambio della quote ( 29 ).

39.

Tuttavia, come hanno giustamente sostenuto l’autorità tedesca competente in materia di scambio di emissioni, il governo tedesco e la Commissione, la definizione di cui all’articolo 3, lettera b), non è circoscritta al rilascio «diretto e immediato» dei gas a effetto serra nell’atmosfera. Pertanto, la circostanza che tali gas vengano rilasciati nell’atmosfera solamente qualche tempo dopo che siano stati prodotti ed eventualmente al di fuori dell’impianto di provenienza, non inficia la loro classificazione come «emissioni». Un’interpretazione contraria permetterebbe ai gestori di eludere il sistema per lo scambio di quote catturando i gas a effetto serra prodotti in un impianto per trasferirli in un altro impianto, al fine di ritardare il loro rilascio nell’atmosfera.

40.

Concordo pertanto nel sostenere che, se in una situazione come quella di cui al procedimento principale, una parte del biossido di carbonio trasferito verso un altro impianto ai fini della produzione di PCC viene effettivamente rilasciata nell’atmosfera a causa di perdite o fuoriuscite verificatesi durante il trasporto, o nell’ambito dello stesso processo di produzione ( 30 ), considerare tale parte del biossido di carbonio trasferito come «emissioni» provenienti dall’impianto di origine è compatibile con la definizione di cui alla direttiva 2003/87. Tale interpretazione è coerente sia con la finalità della direttiva, come descritta dall’articolo 2, paragrafo 2, sia con la definizione di «emissioni» contenuta nell’articolo 3, lettera b): tale biossido di carbonio, in definitiva, viene «rilasciato nell’atmosfera» (anche se indirettamente) e deriva da un’attività che è soggetta al sistema per lo scambio delle quote (nel procedimento principale, la produzione di calce mediante calcinazione).

41.

Tuttavia, l’articolo 49, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 601/2012 e il punto 10, lettera B, quarto comma, dell’allegato IV al regolamento medesimo, producono effetti molto più ampi. Non solo la parte del biossido di carbonio trasferito che può eventualmente essere rilasciata nell’atmosfera, ma tutto il biossido di carbonio trasferito verso un altro impianto al fine di produrre PCC è considerato come «emissioni» dell’impianto di origine e quindi assoggettato al sistema per lo scambio delle quote di emissioni. In altri termini, tali disposizioni creano la presunzione assoluta che tutto il biossido di carbonio trasferito verrà rilasciato nell’atmosfera.

42.

Tale risultato non solo è incoerente con la formulazione dell’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87, ma inoltre rischia di compromettere l’obiettivo della direttiva di proteggere l’ambiente attraverso la riduzione delle emissioni ( 31 ).

43.

Come ha giustamente sostenuto la Schaefer Kalk all’udienza, l’incentivo economico che ispira il sistema per lo scambio delle quote viene meno se le quote debbono essere restituite per tutto il biossido di carbonio trasferito ai fini della produzione del PCC. Il fatto che le quote corrispondenti non possano più essere vendute come «eccedenze» implica che il gestore viene trattato esattamente come se rilasciasse tutto il biossido di carbonio nell’atmosfera.

44.

Il governo tedesco nondimeno sostiene che le disposizioni controverse del regolamento n. 601/2012 sono necessarie per assicurare la coerenza con il parametro di riferimento ex ante per la produzione di calce stabilito dalla decisione 2011/278/UE della Commissione ( 32 ). Ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87, detto parametro serve per stabilire il numero delle quote assegnate gratuitamente per tale tipo di attività durante i periodi transitori indicati in tale disposizione. Conformemente al punto 1 dell’allegato I alla decisione 2011/278, tale parametro è calcolato prendendo in considerazione «tutti i processi legati, direttamente o indirettamente, alla produzione della calce». Ne deriva che al biossido di carbonio risultante dalla produzione di calce mediante calcinazione e trasferito ai fini della produzione di PCC sono assegnate quote gratuite, a prescindere dalla circostanza che, in definitiva, esso venga rilasciato o meno nell’atmosfera. Il governo tedesco sostiene, essenzialmente, che, in considerazione dell’obiettivo di armonizzazione insito nell’articolo 10 bis, paragrafo 2, secondo comma, la Commissione doveva assicurarsi che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, il gestore fosse soggetto all’obbligo di restituire le quote corrispondenti al biossido di carbonio in questione. La Commissione solleva un’argomentazione analoga.

45.

Non posso condividere tale argomento.

46.

L’articolo 10 bis, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2003/87 richiede l’adozione di regolamenti ai sensi, in particolare, dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva medesima, come il regolamento n. 601/2012, per prevedere norme armonizzate in materia di monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni di gas a effetto serra legate alla produzione, in vista della determinazione ex ante dei parametri di riferimento. Non vedo elementi in tale disposizione atti a suggerire che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, le emissioni annuali di un gestore dovrebbero includere – o includeranno – il biossido di carbonio trasferito ai fini della produzione di PCC e non rilasciato nell’atmosfera. È pur vero che i parametri di riferimento ex ante per la produzione di calce calcolati dalla Commissione nella decisione 2011/278 tenevano conto, tra gli altri fattori, del biossido di carbonio trasferito ai fini della produzione di PCC e non rilasciato nell’atmosfera. Tale trasferimento del biossido di carbonio effettivamente forma parte dei «processi legati direttamente o indirettamente alla produzione della calce». Nel procedimento principale, tale circostanza ha permesso di assegnare alla Schaefer Kalk un numero maggiore di quote gratuite di quelle che avrebbe ricevuto se il biossido di carbonio trasferito non fosse stato conteggiato ( 33 ). Tale fatto, tuttavia, non influisce sulla portata né dell’obbligo di restituire le quote stabilito dall’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, da un lato, né del regolamento sul monitoraggio e la comunicazione che la Commissione doveva adottare in conformità dell’articolo 14, paragrafo 1, della citata direttiva dall’altro. Entrambe le disposizioni riguardano unicamente le «emissioni» come definite dall’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87.

47.

Per lo stesso motivo, non condivido l’argomento esposto dalla Commissione all’udienza secondo cui la produzione di PCC con il biossido di carbonio trasferito non è innovativa e non offre garanzie contro un potenziale rilascio di gas nell’atmosfera. L’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2003/87 imponeva a tale istituzione di considerare il biossido di carbonio trasferito per produrre PCC alla stregua delle «emissioni». L’unica finalità di tale disposizione è quella di imporre alla Commissione, quando adotta un regolamento in conformità dell’articolo 14, paragrafo 1, di tenere conto «dei dati scientifici più accurati e aggiornati disponibili, in particolare quelli forniti dall’IPCC». Di conseguenza, non si può ritenere che tale disposizione ampli la definizione di «emissioni» data dall’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87 in modo tale da comprendere il biossido di carbonio non rilasciato nell’atmosfera. È irrilevante al riguardo che la possibilità di evitare tali fughe di biossido di carbonio derivi da un processo innovativo o meno.

48.

Contrariamente alle osservazioni svolte dall’autorità tedesca competente in materia di scambio di emissioni, dal governo tedesco e dalla Commissione, peraltro il gestore non fruisce di un indebito vantaggio concorrenziale qualora sia in grado di «economizzare» le quote gratuite corrispondenti al biossido di carbonio che trasferisce in un altro impianto ai fini della produzione di PCC, a differenza dei gestori che non realizzano tali trasferimenti.

49.

È pur vero che la preservazione delle condizioni di concorrenza nel mercato interno nell’ambito del sistema per lo scambio di quote figura tra gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2003/78 ( 34 ). Tuttavia, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, il «vantaggio» di avere quote «economizzate» non può considerarsi indebito e quindi distorsivo della concorrenza. Invece, tale vantaggio deriva semplicemente dalla differenza oggettiva tra un gestore che rilascia gas a effetto serra nell’atmosfera e un gestore che evita tali emissioni, trasformando chimicamente una parte del biossido di carbonio prodotto in una nuova sostanza chimica stabile con cui tale gas è legato. Siffatto vantaggio è pertanto perfettamente coerente con la logica economica del sistema per lo scambio di quote ( 35 ).

50.

Inoltre, non trovo convincente l’argomentazione (sostenuta dal governo tedesco, dall’autorità tedesca competente in materia di scambio di emissioni e dalla Commissione) secondo cui, in sostanza, i gestori sarebbero in grado di eludere il sistema per lo scambio di quote (in particolare, l’obbligo di restituire le quote) senza incontrare grandi difficoltà, se avessero il diritto di sottrarre dal totale delle loro emissioni i gas a effetto serra trasferiti ad altre unità di produzione. In risposta ad un quesito rivoltole dalla Corte all’udienza, la Commissione ha spiegato che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, il biossido di carbonio trasferito deve essere incluso tra le emissioni di un impianto poiché la produzione di PCC non rientra fra le attività soggette al sistema per lo scambio delle quote. In tali circostanze potrebbe non essere possibile eseguire ispezioni presso l’impianto in cui il biossido di carbonio è stato trasferito ai fini della produzione di PCC.

51.

Ovviare alle potenziali lacune correlate al trasferimento di biossido di carbonio è certamente un obiettivo legittimo ( 36 ). Tuttavia, tale argomento, secondo me, non tiene sufficientemente conto di tutte le garanzie offerte dal sistema di comunicazione e di monitoraggio istituito dalla direttiva 2003/87 e dai suoi regolamenti di applicazione.

52.

Dall’articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 si deduce che l’obbligo per i gestori di restituire le quote, che costituisce uno dei pilastri sul quale poggia il sistema per lo scambio di quote, è basato sulle comunicazioni che i gestori di un impianto redigono secondo le regole stabilite dal regolamento n. 601/2012 per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ( 37 ). Dette regole richiedono dal gestore, in particolare, completezza (articolo 5), accuratezza (articolo 7) ed integrità della metodologia usata (articolo 8) per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni. Ai sensi dell’articolo 8, secondo comma, del regolamento n. 601/2012, le comunicazioni relative ai dati sulle emissioni e le informazioni in esse contenute «non devono essere viziate da inesattezze rilevanti, devono essere imparziali nella scelta e nella presentazione dei dati e fornire un resoconto attendibile ed equilibrato delle emissioni di un impianto».

53.

In conformità all’esigenza di rigorosa contabilità delle quote attribuite e in forza degli articoli 6, paragrafo 2, lettera e), e 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, tali comunicazioni sono soggette, prima di essere sottoposte alle competenti autorità nazionali, ad una procedura di verifica prevista in particolare all’articolo 15 della direttiva suddetta ( 38 ). Da quest’ultima disposizione, letta congiuntamente all’allegato V della direttiva 2003/87, risulta che la verifica delle comunicazioni delle emissioni da parte di un responsabile indipendente costituisce una condizione indispensabile per la restituzione delle quote. Il gestore non può trasferire quote fino a quando la sua comunicazione non sia stata verificata e riconosciuta conforme ( 39 ).

54.

Uno dei principali compiti del verificatore consiste proprio nel concludere «con garanzia ragionevole che la comunicazione del gestore (...) non è viziata da inesattezze rilevanti» ( 40 ). Le inesattezze rilevanti possono riferirsi a emissioni che un gestore «dissimuli» come trasferimenti di gas a effetto serra verso un altro impianto. Ogni inesattezza rilevante che non sia stata corretta prima della presentazione della comunicazione viene inclusa nella dichiarazione di verifica redatta dal verificatore ( 41 ). E fino al momento in cui la sua comunicazione non sia stata verificata, il gestore interessato non può restituire le quote corrispondenti alla quantità totale delle emissioni generate dal suo impianto nell’anno civile precedente, come richiede l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. Tale gestore sarà quindi passibile di un’ammenda forfettaria ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva medesima ( 42 ).

55.

La direttiva 2003/87 non prevede altri meccanismi di controllo e non sottopone la restituzione delle quote a condizioni diverse dalla dichiarazione di conformità della comunicazione delle emissioni ( 43 ). Tuttavia, la Corte ha chiarito che dall’insieme delle disposizioni di tale direttiva risulta che quest’ultima non osta a che le autorità competenti degli Stati membri svolgano controlli o verifiche supplementari, anche nel caso in cui la comunicazione di un gestore sia stata verificata e dichiarata conforme. Siffatte verifiche, nei limiti in cui consentono di evidenziare irregolarità o tentativi di frode, contribuiscono anch’esse al buon funzionamento del sistema dello scambio di quote ( 44 ).

56.

A mio parere, l’utilizzo di tali poteri di controllo è particolarmente giustificato nel caso dei trasferimenti di biossido di carbonio da un impianto all’altro: tale situazione comporta un evidente rischio di elusione del sistema per lo scambio di quote. Così, in un caso come quello discusso nel procedimento principale, l’autorità competente di uno Stato membro ha il diritto di svolgere tutte le indagini necessarie per verificare se il biossido di carbonio trasferito sia effettivamente usato per produrre PCC e non venga rilasciato nell’atmosfera. Non vedo alcun motivo che impedisca di condurre tali ispezioni presso l’impianto in cui viene trasferito il biossido di carbonio. Qualora l’autorità competente concluda che una dichiarazione di verifica delle emissioni non include tutte le emissioni soggette al sistema dello scambio di quote, il gestore interessato è passibile di un’ammenda «efficace, proporzionata e dissuasiva», stabilita dal diritto nazionale conformemente all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2003/87, tenuto conto del comportamento del gestore, nonché della sua buona fede oppure delle sue intenzioni fraudolente ( 45 ).

57.

Si deve pertanto concludere, contrariamente alle argomentazioni dell’autorità tedesca competente in materia di scambio di emissioni, del governo tedesco e della Commissione, che una norma la quale obblighi un gestore a restituire le quote corrispondenti a tutto il quantitativo di biossido di carbonio trasferito in un impianto allo scopo di produrre PCC, indipendentemente dal fatto che tale biossido di carbonio sia rilasciato nell’atmosfera, non è necessaria per assicurare l’efficacia del sistema per lo scambio di quote di emissioni.

58.

La Commissione sostiene, essenzialmente, che dall’articolo 12, paragrafo 3bis, della direttiva 2003/87, il quale riguarda la cattura e il trasporto di gas a effetto serra a fini di stoccaggio geologico permanente, si evince che il legislatore dell’Unione non ha voluto prevedere altre deroghe all’obbligo di restituzione delle quote per il biossido di carbonio che non sia direttamente ed immediatamente rilasciato nell’atmosfera.

59.

Tuttavia, l’articolo 12, paragrafo 3bis, della direttiva 2003/87 non inficia il ragionamento che ho svolto in precedenza in ordine alla nozione di «emissioni» ai sensi della direttiva 2003/87.

60.

L’articolo 12, paragrafo 3bis, stabilisce le condizioni in base alle quali le emissioni di cui siano stati verificati la cattura e il trasporto ai fini dello stoccaggio geologico permanente sono esentate dall’obbligo di restituzione delle quote sancito dall’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva succitata. Detta disposizione è stata introdotta nella direttiva in parola al fine di incentivare l’uso di tale tecnologia da parte dei gestori ( 46 ), nello stesso momento in cui il legislatore dell’Unione decideva di includere nell’elenco delle attività soggette all’applicazione della direttiva 2003/87 (allegato I), la «cattura dei gas a effetto serra provenienti da impianti disciplinati [da tale direttiva] ai fini del trasporto e dello stoccaggio geologico in un sito autorizzato a norma della direttiva 2009/31/CE», nonché il «trasporto dei gas a effetto serra mediante condutture ai fini dello stoccaggio geologico in un sito di stoccaggio autorizzato a norma della direttiva 2009/31/CE», e lo «stoccaggio geologico dei gas a effetto serra in un sito di stoccaggio autorizzato a norma della direttiva 2009/31/CE» ( 47 ). Il legislatore dell’Unione ha quindi riconosciuto che, sebbene lo scopo principale di tali attività sia quello di evitare le emissioni (il che giustifica l’esenzione condizionata di cui all’articolo 12, paragrafo 3 bis), esse non mirano ad eliminare i gas a effetto serra: resta quindi il rischio elevato che tali gas possano, alla fine, essere rilasciati nell’atmosfera ( 48 ). Per contro, il legislatore dell’Unione non ha assoggettato il trasferimento di biossido di carbonio ai fini della produzione di PCC, in quanto tale, al sistema per lo scambio di quote di emissioni. Tale scelta è logica, giacché (per la maggior parte), il biossido di carbonio è chimicamente legato al PCC e quindi non può finire per essere rilasciato nell’atmosfera. Pertanto, tenuto conto della sua finalità specifica, l’eccezione prevista dall’articolo 12, paragrafo 3 bis, della direttiva 2003/87 non fornisce orientamenti generali sulla nozione di «emissioni» ai sensi dell’articolo 3, lettera b), della direttiva medesima.

61.

Infine, si può ritenere che le disposizioni controverse del regolamento n. 601/2012 modifichino semplicemente «un elemento non essenziale» della direttiva 2003/87, «completandola» e quindi rimanendo entro i limiti stabiliti dall’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, della citata direttiva?

62.

A mio parere la risposta è chiaramente negativa.

63.

Come ho già spiegato, tali disposizioni hanno l’effetto di ampliare la portata della nozione di «emissioni» di cui all’articolo 3, lettera b), della direttiva 2003/87, cui rinvia l’articolo 14, paragrafo 1 di tale direttiva. Detta nozione fa indiscutibilmente parte dell’essenza del sistema per lo scambio di quote istituito dalla direttiva 2003/87 e quindi assume un ruolo fondamentale nel conseguimento dell’obiettivo della direttiva di proteggere l’ambiente. Di conseguenza, la Commissione non poteva, attraverso l’adozione di un regolamento di attuazione, alterare la portata di tale nozione senza interferire in scelte politiche che spettano unicamente al legislatore dell’Unione ( 49 ).

Conclusione

64.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, ritengo che la Corte debba rispondere alle questioni sollevate dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo, Berlino, Germania) nei seguenti termini:

«L’articolo 49, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento (UE) n. 601/2012 della Commissione, del 21 giugno 2012, concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, e il punto 10, lettera B, quarto comma, dell’allegato IV al regolamento medesimo, sono invalidi, in quanto includono tra le «emissioni» di un impianto ai sensi della direttiva 2003/87/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, il biossido di carbonio derivante dalla produzione di calce mediante calcinazione e trasferito in un altro impianto ai fini della produzione di carbonato di calcio precipitato, indipendentemente dal fatto che tale biossido di carbonio venga o meno rilasciato nell’atmosfera».


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU 2003, L 275, pag. 32). La versione della direttiva rilevante ai fini del procedimento principale è quella da ultimo modificata dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 (GU 2009, L 140, pag. 63).

( 3 ) Nei paragrafi successivi utilizzerò indifferentemente i termini «biossido di carbonio» e «CO2».

( 4 ) Regolamento del 21 giugno 2012, concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87 (GU 2012, L 181, pag. 30).

( 5 ) Carbonato di calcio precipitato (Precipitated calcium carbonate; in prosieguo «PCC»). Tale sostanza è usata per la produzione di svariati prodotti industriali quali, ad esempio, colla, vernice, carta, ecc.

( 6 ) Il protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite è stato adottato l’11 dicembre 1997. Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il protocollo di Kyoto con la decisione 2002/358/CE (GU 2002, L 130, pag. 1).

( 7 ) Tale capo riguarda i «trasporti aerei»; pertanto, non assume alcun rilievo ai fini del procedimento principale.

( 8 ) GU 2009, L 140, pag. 114.

( 9 ) I principi di monitoraggio e comunicazione enunciati in tale allegato impongono al gestore di un impianto di includere nella comunicazione riguardante l’impianto, in particolare, le emissioni complessive dell’impianto di cui trattasi, calcolate o misurate per ciascuna attività inserita nell’allegato I.V. allegato IV, parte A «Comunicazione delle emissioni», lettere B e C.

( 10 ) Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici.

( 11 ) V. supra, al paragrafo 5.

( 12 ) Il piano di monitoraggio consiste in una documentazione precisa, completa e trasparente della metodologia di monitoraggio impiegata per un determinato impianto, comprese le informazioni generali sull’impianto, una descrizione dettagliata delle metodologie applicate, fondate su calcoli o su misure, e una descrizione dettagliata della metodologia di monitoraggio applicata al trasferimento di CO2 in conformità dell’articolo 49 del regolamento n. 601/2012. V. articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, e punto 1 dell’allegato I al regolamento n. 601/2012.

( 13 ) La ratio sottesa all’articolo 49 emerge dal considerando 13, in cui si spiega che «[p]er ovviare alle potenziali lacune correlate al trasferimento di CO2 (...) puro», tale trasferimento «avviene, in conformità al sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra, soltanto ai fini dello stoccaggio in un sito di stoccaggio geologico, che attualmente rappresenta l’unica forma di stoccaggio permanente di CO2 accettata nell’ambito di tale sistema».

( 14 ) L’allegato I menziona, tra le attività soggette al sistema per lo scambio di quote di emissioni la «produzione di calce viva o calcinazione di dolomite o magnesite in forni rotativi con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno».

( 15 ) V. tra la giurisprudenza più recente, sentenza del 28 aprile 2016, Borealis Polyolefine e a., C‑191/14, C‑192/14, C‑295/14, C‑389/14 e da C‑391/14 a C‑393/14, EU:C:2016:311, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata.

( 16 ) V., in particolare, sentenza del 17 marzo 2016, Portmeirion Group,C‑232/14, EU:C:2016:180, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata.

( 17 ) V. le mie conclusioni nella causa A e a., C‑158/14, EU:C:2016:734, paragrafi da 67 a 72.

( 18 ) V., al riguardo, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 60.

( 19 ) La questione se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione deve essere valutata con riferimento alla persona che invoca il diritto di ricorso a norma dell’articolo 263, quarto comma, terza ipotesi, TFUE. È quindi irrilevante stabilire se l’atto di cui trattasi comporti misure di esecuzione nei confronti di altri singoli. V., in particolare, sentenza del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata.

( 20 ) Tale approvazione è richiesta dall’articolo 12, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 601/2012.

( 21 ) All’udienza, l’autorità tedesca competente per lo scambio di emissioni ha sostenuto che, mentre un livello inferiore di «eccedenza» di biossido di carbonio è ipotizzabile, una raccolta ottimale di PCC comporta almeno un 20% di gas di scarico.

( 22 ) V., in particolare, sentenze del 9 ottobre 2014, Traum,C‑492/13, EU:C:2014:2267, punto 19, e del 21 luglio 2016, Argos Supply Trading,C‑4/15, EU:C:2016:580, punto 29.

( 23 ) Sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 29.

( 24 ) Sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 32. V., inoltre, sentenza del 7 aprile 2016, Holcim (Romania)/Commissione, C‑556/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:207, punti 6465.

( 25 ) Sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 29.

( 26 ) V., in particolare, sentenza del 4 febbraio 2016, Hassan,C‑163/15, EU:C:2016:71, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata.

( 27 ) Articolo 1, secondo comma, della direttiva 2003/87.

( 28 ) Un temperamento di tale principio risulta dall’inclusione nell’allegato I alla direttiva 2003/87 della cattura, del trasporto e dello stoccaggio geologico dei gas a effetto serra in un sito di stoccaggio autorizzato a norma della direttiva 2009/31. V., infra, paragrafi 59 e 60.

( 29 ) Allegato IV, parte A «Comunicazione delle emissioni», lettere B e C.

( 30 ) Come ho già indicato, non spetta alla Corte statuire su tali questioni di fatto.

( 31 ) V. al riguardo, sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 31.

( 32 ) Decisione del 27 aprile 2011, che stabilisce norme transitorie per l’insieme dell’Unione ai fini dell’armonizzazione delle procedure di assegnazione gratuita delle quote di emissioni ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva 2003/87 (GU 2011, L 130, pag. 1).

( 33 ) V. supra, paragrafo 44.

( 34 ) V., in particolare, sentenze del 29 marzo 2012, Commissione/Polonia,C‑504/09 P, EU:C:2012:178, punto 77, e del 22 giugno 2016, DK Recycling und Roheisen/Commissione,C‑540/14 P, EU:C:2016:469, punti 4950.

( 35 ) V. supra paragrafo 35.

( 36 ) V. il considerando 13 del regolamento n. 601/2012.

( 37 ) Sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 31.

( 38 ) Sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 31.

( 39 ) Sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 32.

( 40 ) Articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 600/2012 della Commissione, del 21 giugno 2012, sulla verifica delle comunicazioni delle emissioni dei gas a effetto serra e delle tonnellate-chilometro e sull’accreditamento dei verificatori a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2012, L 181, pag. 1).

( 41 ) Articolo 27, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del regolamento n. 600/2012 della Commissione.

( 42 ) V., al riguardo, sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 35.

( 43 ) Sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 34.

( 44 ) Sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 37.

( 45 ) V., in proposito, sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker,C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 39.

( 46 ) V. il considerando 20 della direttiva 2009/29, che ha inserito l’articolo 12, paragrafo 3 bis, nella direttiva 2003/87.

( 47 ) Il corsivo è mio.

( 48 ) V., al riguardo, il considerando 39 della direttiva 2009/29.

( 49 ) V., al riguardo, sentenza del 22 giugno 2016, DK Recycling und Roheisen/Commissione,C‑540/14 P, EU:C:2016:469, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata.

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