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Document 62015CC0320

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 30 marzo 2017.
Commissione europea contro Repubblica ellenica.
Inadempimento di uno Stato – Direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Articolo 4, paragrafi 1 e 3 – Trattamento secondario o trattamento equivalente.
Causa C-320/15.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:246

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 30 marzo 2017 ( 1 )

Causa C‑320/15

Commissione europea

contro

Repubblica ellenica

Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Trattamento delle acque reflue urbane – Articolo 4, paragrafi 1e 3, nonché allegato I, sezione B, e I, sezione D, della direttiva 91/271/CEE – Campioni rappresentativi

I. Introduzione

1.

La direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (in prosieguo: la «direttiva») ( 2 ) è finalizzata a proteggere l’ambiente dalle conseguenze negative, tra l’altro, dello scarico di acque reflue urbane non sottoposte a trattamento sufficiente. Essa stabilisce gli obblighi degli Stati membri di sottoporre le acque reflue urbane ad un trattamento adeguato. Per dimostrare che le acque reflue urbane soddisfano i requisiti pertinenti, gli Stati membri devono raccogliere campioni di dette acque che hanno sottoposto al trattamento prescritto.

2.

La Commissione sostiene che la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva con riferimento a otto agglomerati. Detto Stato membro non contesta la presunta violazione per cinque degli agglomerati. Con riferimento agli altri tre agglomerati, tuttavia, la Repubblica ellenica e la Commissione sono in disaccordo circa il fatto che lo Stato membro abbia fornito alla Commissione campioni sufficienti di acqua sottoposta a trattamento.

3.

Il problema del numero dei campioni richiesti ai sensi della direttiva non è certamente nuovo. Tuttavia, forse è giusto affermare che in passato la Corte non lo ha sempre affrontato in modo perfettamente uniforme. Conformemente alla richiesta effettuata dalla Corte, pertanto, le presenti conclusioni intendono chiarire questo specifico problema.

II. Quadro giuridico

4.

Gli obblighi sanciti dalla direttiva sono determinati in relazione ai cosiddetti abitanti equivalenti (in prosieguo gli «a. e.») dell’agglomerato in questione ( 3 ).

5.

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri dovevano provvedere, tra l’altro, affinché gli agglomerati con un numero di a. e. compreso fra 2000 e 15000 ( 4 ) fossero provvisti di reti fognarie ( 5 ) per le acque reflue urbane entro il 31 dicembre 2005.

6.

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri dovevano provvedere affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie fossero sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente. Gli agglomerati con un numero di a. e. compreso fra 10000 e 15000 e gli agglomerati con un numero di a. e. compreso fra 2000 e 10000 dovevano conformarsi alla suddetta disposizione entro il 31 dicembre 2005 per scarichi in acque dolci ed estuari.

7.

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva detti scarichi devono soddisfare i requisiti pertinenti previsti all’allegato I, sezione B, della medesima.

8.

L’allegato I, sezione B, specifica i requisiti per gli scarichi provenienti da un impianto di trattamento delle acque reflue urbane ed immessi in acque recipienti nel seguente modo:

«1.

La progettazione o la modifica degli impianti di trattamento delle acque reflue va effettuata in modo da poter prelevare campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati, prima del loro scarico nelle acque recipienti.

2.

Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sottoposti a trattamento ai sensi degli articoli 4 e 5 devono soddisfare ai requisiti figuranti nella tabella 1.

(…)».

9.

Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, della direttiva le autorità competenti esercitano controlli, fra l’altro, sugli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Ciò al fine di verificarne la conformità ai requisiti dell’allegato I, sezione B, secondo le procedure di controllo stabilite nell’allegato I, sezione D.

10.

La sezione D dell’allegato I della direttiva specifica i metodi di riferimento per il controllo e la valutazione dei risultati. Il punto 3 specifica che il numero minimo annuo di campioni è fissato in base alla dimensione dell’impianto di trattamento, con raccolta ad intervalli regolari nel corso dell’anno. Per gli impianti di trattamento aventi dimensioni comprese fra 2000 e 9999 a. e., il numero minimo è 12 campioni nel primo anno. Negli anni successivi sono richiesti quattro campioni se i campioni racconti nel primo anno sono conformi alle disposizioni della direttiva. Se uno dei quattro campioni non è conforme, nell’anno successivo devono essere prelevati altri 12 campioni. Per gli impianti di trattamento aventi dimensioni comprese fra 10000 e 49999 a. e., il numero minimo è 12 campioni.

III. Procedura

11.

Con lettera datata 29 maggio 2007, la Commissione ha chiesto alla Repubblica ellenica di fornire dati relativi all’attuazione della direttiva entro 6 mesi. Più specificamente, detti dati sono stati richiesti affinché la Commissione potesse valutare la conformità con l’articolo 4 della direttiva. La richiesta riguardava gli agglomerati con un numero di p. e. superiore a 2000.

12.

Dopo aver esaminato i dati forniti dalla Repubblica ellenica per il 2007, la Commissione è pervenuta alla conclusione che 62 agglomerati avevano violato l’articolo 4 della direttiva.

13.

Con lettera datata 5 ottobre 2010, la Commissione ha chiesto chiarimenti alla Repubblica ellenica. Questa ha risposto alla suddetta lettera il 21 dicembre 2010 fornendo ulteriori informazioni.

14.

Il 17 giugno 2011, la Commissione ha emesso una lettera di contestazione degli addebiti in cui affermava che la Repubblica ellenica non aveva adempiuto gli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva. La Repubblica ellenica ha risposto a detta lettera l’11 agosto 2011, fornendo ulteriori informazioni circa gli agglomerati in questione.

15.

Il 1o giugno 2012 la Commissione ha indirizzato alla Repubblica ellenica un parere motivato in cui si affermava che detto Stato membro continuava a violare la direttiva.

16.

A seguito di un ulteriore scambio di informazioni, la Commissione ha inviato un ulteriore parere motivato alla Repubblica ellenica il 21 febbraio 2014. Essa ha affermato che otto agglomerati, ossia Prosotsani, Doxato, Eleftheroupoli, Vagia, Desfina, Galatista, Polychrono e Chaniotis continuavano a violare l’articolo 4 della direttiva.

17.

Il 26 giugno 2015 la Commissione ha avviato una procedura d’infrazione ai sensi dell’articolo 258 TFUE, in cui chiedeva alla Corte di dichiarare che la Repubblica ellenica era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva.

18.

Hanno presentato osservazioni scritte la Repubblica ellenica e la Commissione. Entrambe hanno presentato anche difese orali all’udienza del 25 gennaio 2017.

IV. Analisi

19.

Le presenti conclusioni sono articolate nel seguente modo: fornirò in primo luogo una concisa panoramica della giurisprudenza precedente che ha affrontato, esplicitamente o implicitamente, la relazione fra le disposizioni della direttiva e le sezioni B e D del suo allegato I (A). Cercherò in secondo luogo di organizzare in maniera sistematica la suddetta giurisprudenza attorno a due elementi fondamentali del presente ricorso: la logica e la struttura interne della direttiva e la relazione fra le sue disposizioni e l’allegato I (B.1.), nonché i relativi obblighi degli Stati membri con riferimento ai campioni che devono essere forniti (B.2). La terza parte (C) riguarda il caso di specie e affronta in primo luogo gli agglomerati per i quali la mancata fornitura di campioni non è contestata (C.1.) e successivamente quelli per cui vi è contestazione (C.2).

A. Giurisprudenza esistente

20.

Il problema della fornitura dei campioni ai sensi della direttiva presenta due aspetti fondamentali: in primo luogo la natura specifica del collegamento fra gli articoli 4 e 15 della direttiva, da un lato, e fra le sezioni B e D dell’allegato I, dall’altro. Da ciò discende la questione della quantità e della qualità dei campioni che devono essere presentati dagli Stati membri ai sensi di ciascuna delle disposizioni.

21.

La Corte ha già avuto diverse opportunità di esprimersi circa il rapporto fra le rispettive disposizioni della direttiva e il suo allegato I, sezioni B e D.

22.

Nella sentenza Commissione/Italia ( 6 ) la Corte ha affermato che il rispetto dei requisiti stabiliti dall’allegato I, sezione D, della direttiva consentiva di concludere per l’ottemperanza all’articolo 4 della stessa.

23.

La veridicità della conclusione inversa, ossia che l’ottemperanza all’articolo 4 può essere accertata solo se lo Stato membro interessato fornisce il numero di campioni raccolti secondo il metodo descritto nell’allegato I, sezione D, è stata successivamente contestata nella sentenza Commissione/Belgio. Il Belgio ha sostenuto che «in conformità all’articolo 4 e all’allegato I, punto B, della direttiva, qualora sia stato attivato un impianto di trattamento per provvedere alle esigenze di un agglomerato e i primi risultati delle analisi dimostrino che la composizione degli scoli è conforme alle norme iscritte nella tabella 1 dell’allegato I della direttiva, gli obblighi derivanti dalla direttiva sarebbero adempiuti» ( 7 ).

24.

La Corte si è pronunciata sulla causa senza adottare una posizione esplicita su tale punto. Essa ha osservato che, con riferimento agli specifici agglomerati interessati «alla data del deposito del ricorso della Commissione, essi disponevano di impianti di trattamento, ma che, in contrasto con quanto previsto dall’allegato I, punto D, della direttiva, nel corso del primo anno del funzionamento di tali impianti non erano stati prelevati dodici campioni». Tuttavia, la Corte ha poi aggiunto che «(…) alla scadenza del termine assegnato nel parere motivato, i due agglomerati di cui trattasi non [disponevano] di impianti di trattamento e che, di conseguenza, essi non [ottemperavano] ai requisiti di cui all’articolo 4 della direttiva» ( 8 ).

25.

Nella causa Commissione/Portogallo («Commissione/Portogallo I») la Commissione ha sostenuto che «gli obblighi che incombono agli Stati membri in forza dell’articolo 4 della direttiva (…) implicano la realizzazione dei controlli previsti all’allegato I, sezione D, di tale direttiva, ai fini dei quali è necessario prelevare, su un periodo di un anno, un numero minimo di campioni (…)» ( 9 ).

26.

Nella medesima causa, il collegamento fra l’articolo 4 e le sezioni B e D dell’allegato I è stato analizzato lucidamente nelle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón. Questi ha concluso che, ai fini della valutazione degli obblighi degli Stati membri a termini dell’articolo 4 della direttiva, la disposizione pertinente è l’allegato I, parte B, e non già l’allegato I, parte D. L’avvocato generale ha sottolineato che l’allegato I, parte D, si riferisce all’articolo 15 della direttiva, che riguarda i controlli successivi all’installazione. Ciò comporta «un obbligo continuato inteso a garantire che gli scarichi rispondano nel tempo ai requisiti di qualità che devono essere soddisfatti a partire dall’attivazione dell’impianto» ( 10 ). Al fine di accertare se un determinato impianto soddisfi i requisiti di cui all’allegato I, sezione B, «non occorre completare la procedura relativa ai campioni di cui alla lettera D dell’allegato I» ( 11 ).

27.

L’avvocato generale Cruz Villalón, inoltre, ha osservato che prescrivere la raccolta di campioni nel corso di un anno per valutare l’ottemperanza all’articolo 4 comporterebbe che detti campioni devono essere forniti entro le date specificate all’articolo 4. Ciò comporterebbe di fatto che la scadenza entro cui gli agglomerati devono essere attrezzati con le reti fognarie, come stabilito all’articolo 3, dovrebbe essere interpretata come riferentesi ad un anno prima delle date effettivamente previste ( 12 ).

28.

Nella sentenza Commissione/Portogallo I la Corte ha sposato l’interpretazione suggerita dall’avvocato generale. In risposta alla tesi della Commissione, secondo cui la conformità all’articolo 4 deve essere dimostrata tramite un metodo delineato all’allegato I, parte D, la Corte ha osservato che l’articolo 4 della direttiva 91/271 non opera un rinvio all’allegato I, sezione D. Aderendo alla posizione dell’avvocato generale, la Corte ha osservato che l’allegato I, sezione D, si riferiva a «un obbligo continuato inteso a garantire che gli scarichi rispondano “nel tempo”» ai requisiti di qualità specificati nell’allegato I, sezione B ( 13 ). Esso, invece, non prescrive che i campioni siano raccolti per un periodo di un anno. La Corte ha aggiunto che «qualora uno Stato membro sia in grado di presentare un campione corrispondente alle prescrizioni previste all’allegato I, sezione B, della [direttiva], gli obblighi derivanti dall’articolo 4 di quest’ultima devono essere ritenuti soddisfatti» ( 14 ).

29.

La stessa interpretazione è stata accolta dalla Corte anche nella sentenza Commissione/Spagna ( 15 ). In detta sentenza la Corte ha ricordato che qualora uno Stato membro sia in grado di fornire un campione conforme ai requisiti dell’allegato I, sezione B, della direttiva, gli obblighi che discendono dall’articolo 4 devono essere considerati rispettati. Ciò perché detta disposizione non richiede che il prelievo di campioni sia effettuato per un periodo di un anno. La Corte ha poi applicato la stessa soluzione relativamente alla valutazione degli obblighi discendenti dall’articolo 5 della direttiva ( 16 ).

30.

La posizione secondo la quale un campione è sufficiente non sembra, tuttavia, essere stata pienamente accolta nella sentenza Commissione/Repubblica ellenica ( 17 ). In detta sentenza la Corte ha basato la propria conclusione circa l’eventuale violazione da parte della Repubblica ellenica dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulla mancata produzione da parte di detto Stato membro della prova di cui all’allegato I, parte D ( 18 ).

31.

In una causa successiva, sempre riguardante il Portogallo («Commissione/Portogallo II») ( 19 ), è stato presentato un ricorso a termini dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE ( 20 ). Anche in questo caso la Commissione ha sostenuto che per dimostrare la conformità con l’articolo 4 della direttiva, la valutazione dei campioni deve essere effettuata nel corso di un anno ai sensi dell’allegato I, sezione D, che stabilisce il numero di campioni minimo all’anno ( 21 ).

32.

Nelle conclusioni presentate in detta causa ( 22 ), l’avvocato generale Kokott ha affermato che «[d]alla direttiva (…) non si evince (…) che l’attuazione dell’articolo 4 impone un campionamento rispetto a un determinato impianto di trattamento. Sussiste invece un autonomo obbligo di campionamento periodico accanto all’obbligo di compiere un efficace trattamento secondario» ( 23 ). L’avvocato generale ha osservato che «il campionamento costituisce una prova adeguata del fatto che un impianto di trattamento soddisfa i requisiti della [direttiva]» ( 24 ).

33.

Senza adottare una posizione esplicita sulla tesi della Commissione nella causa Commissione/Portogallo II, la Corte ha osservato che, dal momento che il Portogallo aveva prelevato campioni relativamente agli agglomerati interessati ad intervalli regolari per diversi mesi, gli scarichi in questione rispondevano ai requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva ( 25 ).

34.

Per concludere: dopo talune ambiguità iniziali circa la precisa valenza giuridica dell’allegato I, sezione D, nella sentenza Commissione/Italia ( 26 ) e Commissione/Belgio ( 27 ) la Corte ha operato una distinzione fra un obbligo una tantum relativo all’attivazione di un’installazione ai sensi dell’articolo 4 e l’obbligo di controllo continuato successivo all’istallazione ai sensi dell’articolo 15 della direttiva nella sentenza Commissione/Portogallo I. La Corte ha affermato che è sufficiente un campione perché uno Stato membro possa dimostrare l’ottemperanza all’articolo 4 della direttiva.

B. Prova dell’ottemperanza all’articolo 4 della direttiva

35.

Alla luce della sintesi di cui sopra, non si può negare che la prima giurisprudenza non sia stata un faro di chiarezza. A partire dalla sentenza Commissione/Portogallo I, tuttavia, tale questione è stata chiarita.

36.

La presente sezione fornisce una breve riformulazione degli elementi principali del quadro giuridico pertinente, concentrandosi ancora sui due elementi chiave: la struttura e la logica interne delle disposizioni pertinenti della direttiva (1) e, successivamente, i dettagli dell’obbligo di prelevare campioni da parte degli Stati membri (2).

1.  Struttura interna della direttiva

37.

Come illustrato nella precedente sezione delle presenti conclusioni, una chiara distinzione fra l’articolo 4 e l’allegato I, sezione B, da un lato, e l’articolo 15 e l’allegato I, sezione D, dall’altro, è stata tracciata dall’avvocato generale Cruz Villalón nelle conclusioni da lui presentate nella causa Commissione/Portogallo I. Essa è stata ribadita successivamente dalla Corte.

38.

La Commissione ha sostenuto in passato, e continua a sostenere nelle sue memorie scritte nel presente caso, che il metodo previsto dal legislatore dell’Unione per il controllo successivo all’istallazione ai sensi dell’allegato I, sezione D, deve essere applicato anche per verificare l’adempimento dell’obbligo una tantum di cui all’articolo 4.

39.

Un siffatto approccio, tuttavia, è contrario alla struttura e alla logica interne della direttiva.

40.

Si deve ricordare che gli articoli 4 e 15 della direttiva assolvono finalità diverse. L’articolo 4 è finalizzato ad assicurare che gli Stati membri sottopongano le acque reflue urbane in specifici agglomerati ad un trattamento secondario o equivalente entro determinate scadenze. L’articolo 15 è finalizzato a garantire che gli Stati membri continuino a sottoporre dette acque reflue urbane al trattamento secondario o equivalente per l’intera vita operativa di un determinato impianto di trattamento.

41.

Conformemente a queste diverse finalità, ciascuna di dette disposizioni si riferisce a una diversa sezione dell’allegato I della direttiva. Dette sezioni stabiliscono i dettagli degli obblighi di prelievo incombenti agli Stati membri. Il loro contenuto è adattato alle diverse finalità perseguite dagli articoli 4 e 15.

42.

L’articolo 4, paragrafo 3, si riferisce all’allegato I, sezione B. Quest’ultimo stabilisce i valori specifici del trattamento secondario o equivalente che devono essere rispettati quando le reti fognarie sono attivate.

43.

L’articolo 15 rinvia all’allegato I, sezione D. Quest’ultimo stabilisce le procedure di controllo per verificare la conformità continuata ai valori indicati nell’allegato I, sezione B, una volta che la rete fognaria è stata attivata. Queste norme sul controllo successivo all’istallazione sono pensate per operare su base annuale. Gli Stati membri sono tenuti a raccogliere campioni delle acque reflue urbane nel corso dell’anno e a intervalli regolari.

44.

In sintesi: la valutazione degli obblighi prescritti dall’articolo 4 e dell’allegato 1, sezione B, è incentrata logicamente su un singolo punto nel tempo: il momento in cui la rete fognaria in discorso è attivata. La valutazione degli obblighi prescritti dall’articolo 15 e dall’allegato I, sezione D, è, per definizione, un processo continuato di durata indeterminata. Inoltre, l’allegato I, sezione B, continua a stabilire i requisiti sostanziali pertinenti (valori) che devono essere rispettati successivamente, nel corso dell’intera vita operativa della rete fognaria.

2.  Obbligo di prelievo dei campioni ai sensi dell’articolo 4 della direttiva

45.

La questione dei dettagli specifici degli obblighi di campionamento discende logicamente dalla struttura interna della direttiva precedentemente descritta.

46.

È già stato chiarito che la Commissione non può prescrivere agli Stati membri la raccolta di 12 campioni in un anno in base all’allegato I, sezione D, al fine di verificare l’ottemperanza all’articolo 4 della direttiva.

47.

Il requisito di 12 campioni precedentemente prospettato sembra essere stato ormai abbandonato dalla Commissione. Nel corso dell’udienza, tuttavia, la Commissione ha ribadito l’argomentazione secondo cui, in ogni caso, i campioni forniti dagli Stati membri devono essere rappresentativi.

48.

Dall’allegato I, sezione B, punto 1, risulta infatti che «[l]a progettazione o la modifica degli impianti di trattamento delle acque reflue va effettuata in modo da poter prelevare campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati, prima del loro scarico nelle acque recipienti» ( 28 ).

49.

La Commissione, pertanto, è nel giusto quando afferma che i campioni richiesti ai sensi del combinato disposto dell’articolo 4 e dell’allegato I, sezione B, dovrebbero essere rappresentativi. Il testo dell’allegato I, sezione B (o della direttiva stessa), tuttavia, non specifica il contenuto della nozione di rappresentatività dei campioni.

50.

Cosa sono pertanto «campioni rappresentativi»? Due dimensioni di detta nozione devono essere chiariti: quella quantitativa e quella qualitativa.

51.

Per quanto attiene alla dimensione quantitativa, ossia il numero di campioni, tre punti meritano di essere evidenziati.

52.

In primo luogo, come segnalato supra, la struttura interna della direttiva opera una distinzione fra gli articoli 4 e 15. Entrambi fanno riferimento a diverse sezioni dell’allegato I. Il numero dei campioni che possono essere richiesti in base a ciascuna delle disposizioni, pertanto, deve essere logicamente differente. Qualora il legislatore dell’Unione avesse voluto subordinare la possibilità di dimostrare l’ottemperanza all’articolo 4, paragrafo 3, al prelievo di campioni per un intero anno, avrebbe utilizzato la stessa soluzione procedurale di quella adottata nell’allegato I, sezione D.

53.

In secondo luogo, il numero di campioni che devono essere forniti ai sensi dell’allegato I, sezione B, deve inoltre essere inferiore a quello che deve essere fornito in base all’allegato I, sezione D. Anche ciò discende dalla diversa logica delle due disposizioni: il requisito degli obblighi di monitoraggio continuo successivo all’installazione, concepito per essere rispettato su base annuale, è necessariamente più stringente rispetto alla dimostrazione che, in un determinato momento nel tempo, l’impianto è stato attivato e ha cominciato a sottoporre le acque reflue urbane al trattamento secondario o a un trattamento equivalente.

54.

L’insieme di valori «inferiori a 12» può essere alquanto chiaro nel dominio dell’aritmetica dei numeri naturali. Esso, tuttavia, può necessitare di ulteriori chiarimenti sotto il profilo delle prove che devono essere prodotte dagli Stati membri nell’ambito della direttiva.

55.

In terzo luogo, questo è il motivo per cui la logica e la finalità dell’articolo 4 della direttiva acquisiscono nuovamente rilevanza. Come già evidenziato nella sezione precedente delle presenti conclusioni, l’articolo 4 e l’allegato I, sezione B, inquadrano sostanzialmente un determinato momento nel tempo e la corrispondente verifica: l’attivazione del richiesto trattamento secondario delle acque reflue urbane entro le scadenze stabilite. Dal momento che ciò, contrariamente ai controlli continuativi successivi effettuati ai sensi dell’articolo 15 della direttiva, è sostanzialmente una verifica una tantum, concentrata in un dato momento, un campione dovrebbe essere sufficiente.

56.

Pertanto, nella sentenza Commissione/Portogallo I, la Corte ha confermato espressamente che, per quanto riguarda il numero specifico di detti campioni, un campione conforme ai valori enunciati nell’allegato I, sezione B, è sufficiente per dimostrare l’ottemperanza all’articolo 4 della direttiva.

57.

Alla luce degli elementi suesposti, giova reiterare che, naturalmente, la valutazione delle prove è, per sua stessa natura, legata al singolo caso. Essa deve prendere in considerazione i singoli fatti di ciascun caso. Tuttavia, in generale, al fine di confermare che la rete fognaria di uno Stato membro è conforme ai requisiti enunciati all’articolo 4, paragrafo 3, e all’allegato I, sezione B, un campione è sufficiente.

58.

Deve nondimeno essere ricordato che il testo dell’allegato I, sezione B, utilizza il plurale. Esso fa riferimento a campioni rappresentativi e non già a un campione rappresentativo.

59.

Questo elemento è tuttavia legato, a prima vista in modo piuttosto sorprendente, non alla quantità dei campioni, ma piuttosto alla qualità e alla composizione interne del campione richiesto.

60.

Come la Commissione ha spiegato utilmente in udienza, l’uso del plurale nell’allegato I, sezione B, riflette il fatto che la valutazione della conformità con allegato I, sezione B, ai fini dell’articolo 4 della direttiva richiede due diversi tipi di campioni: uno per le acque reflue in arrivo e l’altro per i liquami trattati in uscita.

61.

La Commissione, pertanto, ha operato una distinzione fra la qualità dei campioni e la loro quantità. Essa ammette che, alla luce della sentenza nella causa Commissione/Portogallo I ( 29 ), un campione è sufficiente in termini di qualità dei campioni raccolti nel corso del tempo. Essa, tuttavia, sottolinea la qualità necessaria del campione fornito.

62.

Fatta salva la possibilità di sollevare questa argomentazione ai fini del presente procedimento (che affronto nella sezione C.2. delle presenti conclusioni al paragrafo 84 e segg.), ritengo che, in generale, un siffatto approccio sia in linea con il testo dell’allegato I, sezione B. Il punto 1 dell’allegato I, sezione B, infatti, si riferisce a «campioni (…) sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati».

63.

In sintesi: per dimostrare l’ottemperanza all’articolo 4 della direttiva, lo Stato membro è obbligato a fornire almeno un campione rappresentativo. La Commissione può, in linea di principio chiedere che uno Stato membro fornisca un paio di campioni, uno per le acque reflue urbane in arrivo e l’altro per i liquami trattati, in linea con il tenore letterale del punto 1 dell’allegato I, sezione B. Tuttavia, seguendo la sentenza Portogallo/Commissione I, entrambi gli elementi di questa coppia possono essere raccolti, nella misura in cui ciò sia tecnicamente fattibile, nello stesso momento. Il campione è «plurale», nel senso che esso è composto dai due elementi di cui sopra e, pertanto, rappresentativo, ma può essere «singolare» in quanto tutti gli elementi dello stesso possono essere raccolti nello stesso momento.

C. Il caso di specie

64.

In base alla giurisprudenza costante, nell’ambito di una procedura per inadempimento avviata dalla Commissione ai sensi dell’articolo 258 TFUE, l’onere della prova incombe a quest’ultima. Essa è tenuta a fornire alla Corte tutti gli elementi necessari affinché quest’ultima accerti l’esistenza dell’inadempimento. L’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato ( 30 ).

65.

Nel caso di specie, come confermato dalla Commissione all’udienza, detto termine è scaduto il 21 aprile 2014.

1.  Gli agglomerati di Prosotsani, Doxato, Eleftheroupoli, Vagia e Galatista

66.

La Repubblica ellenica non ha contestato l’asserita violazione con riferimento agli agglomerati di Prosotsani, Doxato, Eleftheroupoli, Vagia e Galatista. Essa ammette che i lavori necessari per la costruzione e il potenziamento delle reti fognarie non sono stati ancora completati. Per quanto concerne gli agglomerati di Prosotsani, Doxato, Eleftheroupoli e Vagia, essa riconosce che i requisiti della direttiva saranno soddisfatti solo a conclusione dei lavori in corso. Relativamente all’agglomerato di Galatista, la Repubblica ellenica concorda sul fatto che il funzionamento della rete fognaria non è conforme alla direttiva e deve essere modificato.

67.

In una procedura ai sensi dell’articolo 258 TFUE spetta alla Corte accertare la sussistenza o meno dell’inadempimento contestato ( 31 ), anche qualora lo Stato interessato non contesti l’inadempimento.

68.

Nel caso di specie, la Repubblica ellenica ammette che le reti fognarie negli agglomerati di cui sopra non sono state completate o necessitano di adeguamenti. Detta posizione è stata sostanzialmente ribadita nel corso dell’udienza. Non vi è nulla, pertanto, che confuti le prove fornite dalla Commissione relativamente alla violazione dell’articolo 4 della direttiva, secondo cui le acque reflue urbane in questi cinque agglomerati non sono state sottoposte a trattamento secondario o equivalente prima dello scarico.

2.  Gli agglomerati di Polychrono, Chaniotis e Desfina

69.

La violazione dell’articolo 4 è contestata relativamente ai seguenti tre agglomerati:

70.

Per Polychrono, la Repubblica ellenica ha fornito 12 campioni per il 2012 e 12 per il 2013. La Commissione afferma che quattro campioni forniti per il 2012 superano i valori prescritti. Essa afferma inoltre che anche tre campioni forniti per il 2013 superano detti valori. Secondo la Commissione i campioni non conformi sono superiori al numero autorizzato in base alla tabella 3 dell’allegato I. Essa è dell’avviso che i campioni forniti non possono essere considerati rappresentativi perché non sono stati raccolti conformemente all’allegato I, sezione D. Più specificamente, non sono stati forniti campioni per il periodo gennaio - aprile 2012, gennaio - aprile, e novembre - dicembre 2013. La posizione della Commissione, secondo cui la Repubblica ellenica avrebbe omesso di fornire campioni a prova della conformità, non è mutata, in linea di principio, alla luce dei 16 campioni che detto Stato membro ha presentato a sua difesa per il 2013 nell’ambito della fase scritta della procedura.

71.

Per quanto riguarda Chaniotis, sono stati forniti 12 campioni dalla Repubblica ellenica per il 2012. Secondo la Commissione, solo un campione non era conforme ai valori prescritti. Tuttavia, essa asserisce che i campioni forniti non possono essere considerati rappresentativi e raccolti a intervalli regolari dal momento che non è stato raccolto alcun campione fra gennaio e aprile 2012. Inoltre, inizialmente non è stato fornito alcun campione per il 2013. Riguardo ai campioni che la Repubblica ellenica ha fornito a propria difesa durante la fase scritta della procedura, la Commissione ritiene che quelli per il 2013 non siano conformi ai valori prescritti, e che quelli per il 2014 non siano stati raccolti ad intervalli regolari.

72.

Con riferimento a Desfina, la Repubblica ellenica ha fornito quattro campioni per il 2011, due campioni per il 2012 e otto campioni per il 2013. La Commissione nota che, ai sensi dell’allegato I, sezione D, nel 2012 avrebbero dovuto essere raccolti 12 campioni, dal momento che uno dei campioni raccolti nel 2011 non è risultato conforme ai valori prescritti. Analogamente, dal momento che uno dei campioni raccolti nel 2012 è risultato non essere conforme, la Repubblica ellenica avrebbe dovuto raccogliere 12 campioni nel corso del 2013. Non è stato poi possibile prendere i campioni raccolti a intervalli regolari, in quanto il loro numero non era sufficiente. Uno dei parametri di uno dei campioni forniti per il 2013, inoltre, non era conforme ai valori enunciati al punto 4 dell’allegato I, sezione D, della direttiva.

73.

In altre parole, nelle sue osservazioni scritte la Commissione asserisce che la fattibilità di una valutazione affidabile ai sensi dell’articolo 4 della direttiva avrebbe richiesto da parte della Repubblica ellenica, per ciascuno degli agglomerati interessati, la presentazione di risultati soddisfacenti per un periodo corrispondente ad almeno un anno successivo all’inizio dell’attivazione del rispettivo sistema fognario, secondo i metodi illustrati nell’allegato I, sezione D.

74.

Alla luce del ragionamento tracciato nella sezione precedente, le argomentazioni della Commissione sono errate. Da qualsiasi prospettiva si vogliano considerare i campioni forniti per questi tre agglomerati, essi rispondono, quantitativamente, ai requisiti di cui all’articolo 4 in combinato disposto con l’allegato I, sezione B. È stato fornito più di un campione.

75.

All’udienza la Commissione è stata invitata a commentare la decisione della Corte nella causa Commissione/Portogallo I. Alla luce di detta sentenza la Commissione ha convenuto che un campione può rappresentare una prova sufficiente dell’ottemperanza all’articolo 4 della direttiva.

76.

Pur ammettendo questo punto, tuttavia, la Commissione sostiene che i campioni forniti nel caso di specie non siano rappresentativi sotto il profilo della qualità.

77.

In primo luogo, la Commissione spiega che, affinché un campione possa essere considerato rappresentativo, esso deve essere prelevato in un momento specifico da valutarsi caso per caso e che, in linea di principio, rifletta il massimo inquinamento probabile all’interno dell’agglomerato di cui trattasi (l’estate per gli agglomerati vicini al mare, un periodo successivo alla vendemmia per le regioni vinicole e l’inverno per gli agglomerati montani).

78.

Una siffatta estensione eccessiva della nozione di «rappresentatività» deve essere respinta. Con questa sua asserzione categorica la Commissione cerca sostanzialmente di reintrodurre in maniera surrettizia i requisiti di controllo di cui all’allegato I, sezione D – cosa che chiaramente non è applicabile agli obblighi degli Stati membri ai sensi dell’articolo 4 della direttiva – nell’allegato I, sezione B.

79.

Come è stato precedentemente osservato, la fornitura di un campione conforme ai requisiti di cui all’allegato I, sezione B, è sufficiente per dimostrare la conformità ai sensi dell’articolo 4 della direttiva. L’articolo 4 e l’allegato I, sezione B, non menzionano il momento in cui il campione deve essere prelevato. Secondo la struttura interna della direttiva, il prelievo del campione una tantum deve aver luogo nel momento in cui la rete fognaria viene realizzata.

80.

Dovrebbe essere sottolineato che nulla impedisce alla Commissione di chiedere allo Stato membro interessato di fornirle la prova della conformità ai requisiti specificati nella sezione D dell’allegato I. Ciò, tuttavia, deve essere richiesto ai sensi dell’articolo 15 della direttiva e non dell’articolo 4. Come ha osservato correttamente la Repubblica ellenica nel caso di specie, la Commissione ha invocato solamente la violazione dell’articolo 4 e non dell’articolo 15.

81.

In secondo luogo, la Commissione ha anche affermato in udienza che, al fine di valutare la natura rappresentativa di un campione, essa deve disporre anche di elementi che possano essere raffrontati, ossia di informazioni relative alle acque reflue in arrivo e ai liquami trattati. Senza i suddetti dati gli esperti non possono, secondo la Commissione, valutare il carattere rappresentativo del campione fornito.

82.

Come osservato supra ai paragrafi da 60 a 62 delle presenti conclusioni, una siffatta posizione può essere sostenuta, in generale, alla luce del testo del punto 1 dell’allegato I, sezione B. Detto testo si riferisce infatti a «campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati».

83.

Nel contesto del caso di specie, tuttavia, queste argomentazioni sono state sviluppate per la prima volta dalla Commissione durante l’udienza.

84.

Secondo una giurisprudenza costante, il ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE non può essere fondato su addebiti diversi da quelli formulati nel corso del procedimento precontenzioso. La Corte ha più volte dichiarato che il parere motivato e il ricorso devono avere lo stesso oggetto ed essere fondati sugli stessi addebiti. Ciò perché il procedimento precontenzioso ha lo scopo di offrire allo Stato membro interessato l’opportunità, da un lato, di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e, dall’altro, di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione ( 32 ).

85.

Si potrebbe certamente sostenere formalmente che l’oggetto del ricorso è rimasto invariato, ossia la violazione da parte della Repubblica ellenica degli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva. In realtà, tuttavia, sostenere che i campioni forniti della Repubblica ellenica non siano rappresentativi della qualità è un argomento completamente nuovo. Dal punto di vista sostanziale, ciò si discosta totalmente dal ragionamento sviluppato della Commissione fino ad allora, riportato con riferimento ai tre agglomerati controversi ai paragrafi 70‑73 supra.

86.

Detto argomento, pertanto, dovrebbe essere respinto. La Corte, in questa fase del procedimento, non è in grado di verificare nessuno degli argomenti presentati dalla Commissione. Aspetto ancora più importante, consentire alla Commissione di discostarsi in modo così significativo dai cardini del proprio ricorso priverebbe lo Stato membro interessato della possibilità di presentare le proprie osservazioni e di tutelare in modo efficace i propri diritti di difesa. Come ha osservato la Repubblica ellenica in udienza, essa non solo non ha potuto prendere posizione sull’argomento sostenuto dalla Commissione: la Commissione non ha neanche chiesto gli elementi di prova reclamati in udienza con riferimento agli altri agglomerati di cui essa si è inizialmente occupata nella fase precontenziosa del presente caso ( 33 ).

87.

In conclusione, pertanto, dovrebbe essere ribadito che la Commissione ammette, in linea di principio, che per quanto riguarda gli agglomerati di Polychrono, Chaniotis e Desfina, la Repubblica ellenica è stata in grado di fornire, alla fine del periodo fissato nel parere motivato, almeno un campione conforme requisiti di cui all’allegato I, sezione B, come precedentemente inteso dalla Commissione stessa.

88.

Ritengo pertanto che, con riferimento ai suddetti agglomerati, la Commissione non sia riuscita a dimostrare la violazione dell’articolo 4 della direttiva da parte della Repubblica ellenica. Sotto questo profilo, il presente ricorso dovrebbe essere respinto.

V. Costi

89.

Dal momento che ciascuna delle due parti è risultata vittoriosa su alcuni dei propri capi e soccombente su altri, suggerisco alla Corte di decidere a termini dell’articolo 138, paragrafo 3, prima frase, del regolamento di procedura e di ordinare la compensazione delle spese.

VI. Conclusione

90.

Per i motivi sopra esposti propongo alla Corte di:

a)

Dichiarare che la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva del Consiglio 91/271/CEE, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, per quanto riguarda gli agglomerati di Prosotsani, Doxato, Eleftheroupoli, Vagia e Galatista. Relativamente a detti agglomerati la Repubblica ellenica non ha assicurato, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane fossero sottoposti a un livello adeguato di trattamento, come prescritto dall’allegato I, sezione B, della medesima direttiva.

b)

Respingere il ricorso relativamente agli agglomerati di Polychrono, Chaniotis e Desfina.

c)

Disporre la compensazione delle spese fra le parti.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Consiglio, del 21 maggio 1991, (GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40).

( 3 ) Detto parametro è definito all’articolo 2, paragrafo 6, della direttiva come il carico urbano biodegradabile, avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni di 60g di ossigeno al giorno.

( 4 ) Tutti gli agglomerati interessati nel caso di specie hanno un numero di a. e. compreso fra 2000 e 15000 – il numero più basso è 2024 (agglomerato di Desfina) e quello più alto 10786 (agglomerato di Chaniotis).

( 5 ) La «rete fognaria» è definita all’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva come un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane.

( 6 ) Sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia, C‑565/10, non pubblicata, EU:C:2012:476, punto 37.

( 7 ) Sentenza del 6 novembre 2014, Commissione/Belgio, C‑395/13, EU:C:2014:2347, punto 22.

( 8 ) Sentenza del 6 novembre 2014, Commissione/Belgio, C‑395/13, EU:C:2014:2347, punti 4648.

( 9 ) Sentenza del 28 gennaio 2016, Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2016:61, punto 33.

( 10 ) Conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2015:625, paragrafo 43.

( 11 ) Conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2015:625, paragrafo 44.

( 12 ) Conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2015:625, paragrafo 37.

( 13 ) Sentenza del 28 gennaio 2016, Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2016:61, punto 37.

( 14 ) Sentenza del 28 gennaio 2016, Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2016:61, punto 39. Il corsivo è mio.

( 15 ) Sentenza del 10 marzo 2016, Commissione/Spagna, C‑38/15, non pubblicata, EU:C:2016:156, punto 24.

( 16 ) L’articolo 5 della direttiva riguarda le cosiddette aree sensibili. Il paragrafo 3 del medesimo articolo, inoltre, stabilisce un collegamento con l’allegato I, sezione B.

( 17 ) Sentenza del 15 ottobre 2015, Commissione/Repubblica ellenica, C‑167/14, non pubblicata, EU:C:2015:684.

( 18 ) La Corte ha osservato essenzialmente che la Repubblica ellenica non aveva dimostrato di avere raccolto campioni a intervalli regolari, come richiesto dall’allegato I, sezione D. Ciò ha precluso, secondo la Corte, la possibilità di verificare se i requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva fossero soddisfatti. Sentenza del 15 ottobre 2015, Commissione/Repubblica ellenica, C‑167/14, non pubblicata, EU:C:2015:684, punto 48.

( 19 ) Sentenza del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:471.

( 20 ) Detto ricorso riguardava l’esecuzione di una sentenza precedente del 7 maggio 2009, Commissione/Portogallo, C‑530/07, non pubblicata, EU:C:2009:292.

( 21 ) Sentenza del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:471, punto 43.

( 22 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:119.

( 23 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:119, paragrafo 29.

( 24 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:119, paragrafo 30.

( 25 ) Sentenza del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:471, punto 63.

( 26 ) Sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia, C‑565/10, non pubblicata, EU:C:2012:476.

( 27 ) Sentenza del 6 novembre 2014, Commissione/Belgio, C‑395/13, EU:C:2014:2347.

( 28 ) Il corsivo è mio.

( 29 ) Sentenza del 28 gennaio 2016, Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2016:61.

( 30 ) V. sentenza del 28 gennaio 2016, Commissione/Portogallo, C‑398/14, EU:C:2016:61, punti da 47 a 49 e giurisprudenza ivi citata.

( 31 ) Sentenze del 22 giugno 1993, Commissione/Danimarca, C‑243/89, EU:C:1993:257, punto 30; del 3 marzo 2005, Commissione/Germania, C‑414/03, EU:C:2005:134, punto 9, e giurisprudenza ivi citata; nonché del 6 ottobre 2009, Commissione/Svezia, C‑438/07, EU:C:2009:613, punto 53, e giurisprudenza ivi citata.

( 32 ) Sentenze del 24 novembre 1992, Commissione/Germania, C‑237/90, EU:C:1992:452, punto 20; del 22 settembre 2005, Commissione/Belgio, C‑221/03, EU:C:2005:573, punti 3638 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’11 settembre 2014, Commissione/Germania, C‑525/12, EU:C:2014:2202, punto 21.

( 33 ) Nella fase precontenziosa la Commissione si è occupata inizialmente di 62 agglomerati (v. paragrafo 12 delle presenti conclusioni).

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