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Document 62015CC0248

Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 22 settembre 2016.
Maxcom Ltd e a. contro City Cycle Industries.
Impugnazione – Dumping – Regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 – Importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia – Estensione a tali importazioni del dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese – Regolamento (CE) n. 1225/2009 – Articolo 13 – Elusione – Articolo 18 – Omessa collaborazione – Prova – Insieme di indizi concordanti – Motivazione contraddittoria – Difetto di motivazione – Violazione dei diritti procedurali.
Cause riunite C-248/15 P, C-254/15 P e C-260/15 P.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:713

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 22 settembre 2016 ( 1 )

Cause riunite C‑248/15 P, C‑254/15 P e C‑260/15 P

Maxcom Ltd (C‑248/15 P),

Commissione europea (C‑254/15 P),

Consiglio dell’Unione europea (C‑260/15 P)

contro

City Cycle Industries

«Impugnazione — Politica commerciale — Dumping — Regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 — Importazione di biciclette provenienti in particolare dallo Sri Lanka — Estensione a tali importazioni del dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese — Regolamento (CE) n. 1225/2009 — Articoli 13 e 18 — Elusione — Omessa collaborazione di una parte dei produttori esportatori coinvolti nell’inchiesta — Prova dell’elusione — Insieme di indizi concordanti — Difetto di motivazione»

1. 

Le presenti conclusioni si riferiscono a tre impugnazioni con le quali la Maxcom Ltd, la Commissione europea e il Consiglio dell’Unione europea chiedono alla Corte l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 19 marzo 2015, City Cycle Industries/Consiglio ( 2 ) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), che ha annullato l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 del Consiglio ( 3 ) (in prosieguo: il «regolamento controverso»), nei limiti in cui riguarda la società City Cycle Industries (in prosieguo: la «City Cycle»), ricorrente dinanzi al Tribunale.

2. 

Le presenti conclusioni sono presentate contestualmente alle mie conclusioni relative alle cause C‑247/15 P, Maxcom/Chin Haur Indonesia, C‑253/15, Commissione/Chin Haur Indonesia, e C‑259/15 P, Consiglio/Chin Haur Indonesia (in prosieguo: le «conclusioni relative alle cause Chin Haur») che riguardano tre impugnazioni proposte dai medesimi ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale, Chin Haur Indonesia/Consiglio ( 4 ), pronunciata lo stesso giorno della sentenza impugnata e relativa allo stesso regolamento controverso. Le questioni sollevate in tali tre impugnazioni sono analoghe a quelle sollevate nelle presenti cause ( 5 ).

3. 

In sostanza, tutte queste cause offrono alla Corte l’opportunità di chiarire i requisiti della prova che la Commissione e il Consiglio (in prosieguo, collettivamente: le «istituzioni») devono fornire per dimostrare la sussistenza di un’elusione, ai sensi dell’articolo 13 del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (in prosieguo: il «regolamento di base») ( 6 ), in circostanze caratterizzate da un’omessa collaborazione di una parte dei produttori esportatori interessati dall’inchiesta antielusione.

I – Contesto normativo

4.

Per un’esposizione dettagliata del contesto normativo, rinvio ai paragrafi da 5 a 10 delle mie conclusioni relative alle cause Chin Haur. Ai fini del presente procedimento, mi limito a ricordare che l’articolo 13 del regolamento di base consente alle istituzioni, a determinate condizioni, di estendere l’applicazione dei dazi antidumping istituiti sulle importazioni di un prodotto proveniente da un paese terzo alle importazioni di prodotti simili provenienti, in particolare, da un altro paese terzo, al fine di impedire che le originarie misure antidumping siano eluse.

5.

Dalla definizione della nozione di elusione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, terzo periodo, del regolamento di base risulta che, al fine di determinare la sussistenza dell’elusione, devono essere soddisfatte quattro condizioni: i) si deve verificare una modificazione della configurazione degli scambi tra i paesi terzi in causa e l’Unione; ii) tale modificazione deve derivare da pratiche, processi o lavorazioni per i quali non vi sia una sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all’istituzione del dazio; iii) deve essere provato che sussiste un pregiudizio, e iv) deve essere provato che esiste un dumping. Nelle presenti cause, soltanto il secondo di tali elementi costitutivi dell’elusione è oggetto di contestazione ( 7 ).

6.

Inoltre, occorre altresì rilevare che, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base, un produttore esportatore del prodotto interessato originario del paese oggetto dell’inchiesta antielusione può ottenere la concessione di un’esenzione individuale dai dazi antielusione istituiti se ha presentato, entro i termini stabiliti, una richiesta di esenzione sostenuta da sufficienti elementi di prova, e – nel caso in cui le pratiche elusive abbiano luogo al di fuori dell’Unione – quando siano soddisfatti due requisiti: in primo luogo, che il produttore sia in grado di dimostrare di non essere collegato ad alcun produttore interessato dalle misure e, in secondo luogo, che si sia accertato che tale produttore non è coinvolto in pratiche di elusione.

7.

Infine, ai sensi dell’articolo 18, paragrafi 1 e 6, del regolamento di base, rubricato «Omessa collaborazione», da un lato, «[q]ualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro i termini fissati (…) oppure ostacoli gravemente l’inchiesta, possono essere elaborate conclusioni provvisorie o definitive, affermative o negative, in base ai dati disponibili» e, dall’altro, «[l]’esito dell’inchiesta per una parte interessata che non collabora oppure collabora solo in parte, impedendo in tal modo l’accesso ad informazioni pertinenti, può essere meno favorevole rispetto alle conclusioni che eventualmente sarebbero state raggiunte se la parte avesse collaborato».

II – Fatti e regolamento controverso

8.

I fatti relativi alle controversie sono esposti ai punti da 1 a 28 della sentenza impugnata, ai quali si rinvia. Ai fini del presente procedimento, mi limito a ricordare che, nel 2012, la Commissione ha avviato, tramite regolamento ( 8 ), un’inchiesta relativa alla possibile elusione delle misure antidumping, istituite dal regolamento n. 990/2011 ( 9 ), attraverso importazioni di biciclette provenienti, fra l’altro, dallo Sri Lanka.

9.

Nel contesto di tale inchiesta, la City Cycle ha presentato una richiesta di esenzione a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base. La Commissione ha proceduto a una visita di verifica nei locali della City Cycle in Sri Lanka e ha infine respinto la richiesta di esenzione ( 10 ).

10.

Il 29 maggio 2013 il Consiglio ha adottato il regolamento controverso.

11.

In detto regolamento, ai considerando da 35 a 42, il Consiglio ha innanzitutto sottolineato che sei società dello Sri Lanka, che rappresentavano il 69% del totale delle importazioni dallo Sri Lanka nell’Unione durante il periodo di riferimento, avevano presentato una richiesta di esenzione a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base. Una di tali società ha interrotto la produzione di biciclette nello Sri Lanka e ha ritirato la richiesta di esenzione. Altre due società, fra cui la City Cycle, non hanno collaborato in modo soddisfacente. Di conseguenza, i dati da esse forniti non sono stati presi in considerazione e le conclusioni riguardanti tali società si sono basate sui dati disponibili, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base.

12.

Il Consiglio ha poi constatato che tutte le condizioni per l’accertamento della sussistenza di un’elusione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base erano soddisfatte ( 11 ).

13.

Con specifico riguardo alle pratiche elusive nello Sri Lanka, il Consiglio ha esaminato, innanzitutto, l’esistenza di operazioni di trasbordo. A tal proposito, i considerando da 77 a 79 del regolamento controverso enunciano quanto segue:

«(77)

Le esportazioni delle società dello Sri Lanka che hanno inizialmente collaborato hanno rappresentato il 69% del totale delle esportazioni dello Sri Lanka verso l’Unione nel periodo di riferimento. Dall’inchiesta non sono emerse pratiche di trasbordo per tre delle sei società che hanno inizialmente collaborato. Per quanto riguarda le restanti esportazioni verso l’Unione, è mancata qualsiasi collaborazione, come enunciato nei considerando da 35 a 42.

(78)

Di conseguenza, alla luce della modificazione della configurazione degli scambi tra lo Sri Lanka e l’Unione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, richiamata, a titolo di conclusione, nel considerando 58 e tenuto conto del fatto che non tutti i produttori esportatori dello Sri Lanka si sono manifestati e/o hanno collaborato, si può concludere che siano riconducibili a pratiche di trasbordo le esportazioni di questi produttori esportatori.

(79)

È dunque confermata l’esistenza di pratiche di trasbordo di prodotti originari della RPC attraverso lo Sri Lanka».

14.

Inoltre, il Consiglio ha dichiarato che non era stata accertata l’esistenza nello Sri Lanka di operazioni di assemblaggio ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base ( 12 ).

15.

Alla luce di tali circostanze, il Consiglio, da un lato, ha ravvisato l’esistenza di un’elusione tramite operazioni di trasbordo attraverso lo Sri Lanka e ha esteso il dazio antidumping definitivo previsto dal regolamento d’esecuzione n. 990/2011 alle importazioni di biciclette spedite dallo Sri Lanka ( 13 ) e, dall’altro, ha negato l’esenzione, a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base, richiesta dalle due società, fra cui la City Cycle, che non avevano collaborato ( 14 ).

III – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

16.

Il 9 agosto 2013 la City Cycle ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale diretto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento controverso.

17.

L’8 ottobre 2013 il Tribunale ha accolto la domanda, proposta dalla City Cycle, di trattazione della causa secondo il procedimento accelerato ( 15 ).

18.

Con ordinanza dell’11 novembre 2013, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha accolto la domanda della Commissione di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. La Commissione non è stata però autorizzata a presentare una memoria d’intervento ( 16 ). Il 25 giugno 2014, essendo la causa trattata con procedimento accelerato, la Commissione ha presentato istanza di autorizzazione a depositare una memoria d’intervento come misura di organizzazione del procedimento ( 17 ). Tale istanza è stata respinta dal Tribunale.

19.

La Maxcom è stata autorizzata a intervenire con ordinanza del 16 luglio 2014.

20.

A sostegno del proprio ricorso, la City Cycle ha dedotto cinque motivi. In particolare, il primo motivo verteva sulla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Con la prima parte di tale motivo, la City Cycle censurava la conclusione del Consiglio relativa all’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi. Con la seconda parte del detto motivo, la City Cycle contestava l’affermazione del Consiglio, segnatamente al considerando 78 del regolamento controverso, relativa alla realizzazione di operazioni di trasbordo ( 18 ).

21.

Durante l’udienza, la Commissione ha confutato la ricevibilità del ricorso nella sua integralità, sostenendo che la City Cycle sarebbe non un produttore esportatore dello Sri Lanka, ma un semplice fornitore locale che agisce per conto di un’impresa cinese.

22.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto la prima parte del primo motivo nonché tutti gli altri motivi in quanto infondati. Ha invece accolto la seconda parte del primo motivo, in particolare la sua prima censura, vertente su un errore di valutazione che vizia il considerando 78 del regolamento controverso.

23.

A tal proposito, il Tribunale ha esaminato, in primo luogo, ai punti da 82 a 97 della sentenza impugnata, gli elementi forniti dalla City Cycle nel corso dell’inchiesta. In esito a tale analisi, il Tribunale ha concluso che detti elementi non consentivano di dimostrare che la City Cycle fosse effettivamente un esportatore originario dello Sri Lanka o soddisfacesse i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

24.

In secondo luogo, al punto 98 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, tuttavia, il Consiglio non disponeva di alcun indizio per concludere espressamente, al considerando 78 del regolamento controverso, che la City Cycle effettuasse operazioni di trasbordo.

25.

In terzo luogo, al punto 99 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che, certamente, non si poteva escludere che, nel complesso delle pratiche, dei processi o delle lavorazioni prive di sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all’istituzione del dazio antidumping iniziale, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento di base, la City Cycle avesse compiuto operazioni di trasbordo. Tuttavia, secondo detto giudice, il fatto che la City Cycle non avesse potuto dimostrare di essere un produttore dello Sri Lanka o di rientrare nell’ipotesi prevista dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base non consentiva al Consiglio di concludere, a priori, che la City Cycle avesse effettuato trasbordi, in quanto tale facoltà non è affatto prevista dal regolamento di base o dalla giurisprudenza.

26.

Il Tribunale ha pertanto dichiarato che la prima censura della seconda parte del primo motivo doveva essere accolta, senza che occorresse esaminare le altre tre censure sollevate dalla City Cycle nel contesto della medesima parte di detto motivo. Di conseguenza, il Tribunale ha annullato l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento controverso ( 19 ).

IV – Conclusioni delle parti

27.

Con le rispettive impugnazioni, la Maxcom, la Commissione e il Consiglio chiedono alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di respingere il ricorso di primo grado e di condannare la City Cycle alle spese. In via subordinata, la Commissione e il Consiglio chiedono di rinviare la causa dinanzi al Tribunale per riesame e di riservare la decisione relativa alle spese dei due gradi di giudizio.

28.

La City Cycle chiede alla Corte il rigetto integrale delle impugnazioni avverso la sentenza impugnata e la condanna della Maxcom, della Commissione e del Consiglio alle spese. In subordine, nel caso in cui la Corte dovesse annullare la sentenza impugnata, la City Cycle chiede alla Corte di pronunciarsi sul suo ricorso in primo grado, di accogliere le tre restanti censure della seconda parte del primo motivo da essa sollevate dinanzi al Tribunale e di annullare parzialmente l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento controverso, nella parte in cui tali disposizioni estendono il dazio antidumping istituito sulle importazioni di biciclette originarie della Cina alla City Cycle e respingono la sua richiesta di esenzione.

V – Analisi

29.

La Maxcom deduce due motivi avverso la sentenza impugnata, il primo in via principale e il secondo in via subordinata; la Commissione ne deduce quattro e il Consiglio, a sua volta, ne deduce due. I motivi invocati nelle tre impugnazioni si sovrappongono in larga misura e possono, in sostanza, essere riuniti in quattro gruppi.

30.

In primo luogo, la Commissione sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto per aver rifiutato di valutare d’ufficio l’irricevibilità del ricorso della City Cycle ( 20 ). In secondo luogo, la Maxcom, la Commissione e il Consiglio sostengono che il Tribunale ha commesso vari errori di diritto nell’applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base ( 21 ). In terzo luogo, la Commissione e il Consiglio deducono che la sentenza impugnata è viziata da un difetto di motivazione e da una motivazione contraddittoria; nello stesso contesto, il Consiglio afferma inoltre che il Tribunale avrebbe snaturato i fatti ( 22 ). In quarto luogo, la Commissione sostiene che il Tribunale ha violato i suoi diritti processuali ( 23 ).

31.

Il quarto motivo d’impugnazione della Commissione, attinente alla violazione dei suoi diritti processuali, è identico, tanto in fatto quanto in diritto, al terzo motivo sollevato da detta istituzione nel contesto della causa C‑253/15 P, Commissione/Chin Haur Indonesia, le cui conclusioni vengono presentate contestualmente alle conclusioni riguardanti le presenti cause. Pertanto, per l’esposizione degli argomenti della Commissione e delle ragioni per le quali ritengo che tale motivo debba essere respinto, rinvio ai paragrafi da 102 a 111 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

A – Sul primo motivo dedotto dalla Commissione nella causa C‑254/15 P, attinente a un errore commesso dal Tribunale per non aver esaminato ex officio la ricevibilità del ricorso della City Cycle

1. Argomentazione delle parti

32.

La Commissione contesta l’analisi, contenuta ai punti da 42 a 44 della sentenza impugnata, con la quale il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità da essa sollevata in udienza nei confronti del ricorso della City Cycle. La Commissione lamenta, in particolare, che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto rifiutando di valutare d’ufficio l’irricevibilità di tale ricorso.

33.

In primo luogo, secondo la Commissione, la decisione del Tribunale di non esaminare la ricevibilità del ricorso è contraria alla giurisprudenza della Corte secondo la quale l’irricevibilità deve essere rilevata d’ufficio dal giudice dell’Unione. In secondo luogo, il fatto che la Commissione abbia potuto sollevare un’eccezione d’irricevibilità soltanto in udienza sarebbe conseguenza della decisione del Tribunale di non autorizzarla al deposito di una memoria d’intervento. In terzo luogo, la Commissione sostiene che gli atti di causa contenevano elementi sufficienti per poter affermare che sulla ricevibilità del ricorso della City Cycle gravavano seri dubbi, e non mere congetture. Il Tribunale stesso ha del resto constatato che la City Cycle non aveva dimostrato di essere un produttore o un esportatore di biciclette.

34.

La City Cycle contesta gli argomenti della Commissione.

2. Valutazione

35.

Ai punti da 41 a 45 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione in udienza. Il Tribunale ha innanzitutto rilevato che, poiché il Consiglio non aveva sollevato alcuna eccezione d’irricevibilità, la Commissione, in quanto parte interveniente, non era, secondo giurisprudenza, legittimata a sollevare tale eccezione. Inoltre, il Tribunale ha rilevato che, in ogni caso, la Commissione aveva esposto in udienza mere congetture, in uno stato particolarmente avanzato del procedimento giurisdizionale, senza fornire nuovi elementi di prova a sostegno del proprio motivo vertente sull’irricevibilità del ricorso.

36.

A tal proposito, occorre rilevare che, per giurisprudenza costante, l’interveniente non è legittimato a sollevare un’eccezione di irricevibilità che non sia stata formulata nelle conclusioni del convenuto ( 24 ) e che, pertanto, il giudice dell’Unione non è tenuto a esaminare tale eccezione.

37.

Tuttavia, l’irricevibilità di un ricorso di annullamento per difetto di legittimazione ad agire del ricorrente costituisce un motivo di ordine pubblico ( 25 ) che, in quanto tale, deve essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione ( 26 ).

38.

Nel caso di specie, si deve constatare che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, il Tribunale ha effettivamente esaminato la ricevibilità del ricorso alla luce degli argomenti che essa ha esposto in udienza. Al punto 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che tali argomenti, relativi ai rapporti fra la City Cycle e l’impresa cinese messi in discussione dalla Commissione, non erano corroborati da nuovi elementi di prova che avrebbero potuto rimettere in questione la ricevibilità del ricorso della City Cycle.

39.

In ogni caso, come sottolinea la City Cycle, quest’ultima ha partecipato all’inchiesta antielusione di cui trattasi, è stata specificamente citata nel regolamento controverso in quanto esportatore di biciclette provenienti dallo Sri Lanka verso l’Unione e il regolamento di esecuzione le ha individualmente negato il beneficio della collaborazione e l’esenzione dai dazi. In tali circostanze, ritengo che non possa dubitarsi del fatto che detta società sia stata direttamente e individualmente interessata dal regolamento controverso ( 27 ).

40.

Ne consegue che la Commissione non può sostenere che il Tribunale ha commesso un errore nel respingere l’eccezione di irricevibilità da essa sollevata in udienza. Per tali motivi, a mio parere, il primo motivo dedotto da tale istituzione nella causa C‑254/15 P deve essere respinto.

B – Sui motivi attinenti all’applicazione errata dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base

1. Argomentazione delle parti

41.

La Maxcom, la Commissione e il Consiglio sostengono che il ragionamento contenuto ai punti 98 e 99 della sentenza impugnata, sulla base del quale il Tribunale ha annullato il regolamento controverso, è viziato da vari errori di diritto nell’applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base.

42.

In primo luogo, la Maxcom censura Tribunale per aver applicato in modo manifestamente errato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, dichiarando che il Consiglio non poteva ravvisare l’esistenza di trasbordi compiuti dalla City Cycle sulla base del rilievo che quest’ultima non era un vero produttore dello Sri Lanka e non realizzava operazioni di assemblaggio che superassero le soglie stabilite all’articolo 13, paragrafo 2, del medesimo regolamento. La Maxcom ritiene, pertanto, che la Corte debba annullare le conclusioni del Tribunale relative alla seconda parte del primo motivo.

43.

Innanzitutto, la Maxcom sostiene che la valutazione di cui ai punti 98 e 99 della sentenza impugnata si basa su una comprensione fondamentalmente errata dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e premia, in sostanza, la City Cycle per aver fornito, nel contesto dell’inchiesta, informazioni incomplete, contraddittorie e non verificabili. Secondo la formulazione di tale articolo, si può ravvisare l’esistenza di operazioni di trasbordo in condizioni come quelle discusse nella presente causa, nelle quali la City Cycle ha importato pezzi originari della Cina e ha esportato biciclette verso l’Unione senza dimostrare di essere un produttore o che le operazioni di assemblaggio da essa realizzate superassero le soglie stabilite dall’articolo 13, paragrafo 2, di detto regolamento. Inoltre, la valutazione del Tribunale non sarebbe conforme né allo scopo del regolamento di base, vale a dire difendere l’industria dell’Unione dalle importazioni oggetto di dumping da parte di paesi terzi, né alla costante giurisprudenza secondo la quale le istituzioni godono di un ampio potere discrezionale nell’ambito delle inchieste antidumping.

44.

La Maxcom sostiene, poi, che le conclusioni di cui ai punti 98 e 99 della sentenza impugnata sono contraddette dalle conclusioni del Tribunale relative al secondo motivo del ricorso della City Cycle, con le quali, da un lato, il Tribunale ha rilevato che le informazioni fornite dalla City Cycle erano insufficienti e, dall’altro, ha respinto la censura vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe violato l’articolo 18 del regolamento di base, il principio di proporzionalità e l’obbligo di motivazione per quanto riguarda la constatazione di omessa collaborazione da parte della City Cycle.

45.

In secondo luogo, la Commissione e il Consiglio sostengono che, nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe preso le mosse dalla premessa implicita secondo cui l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base esigerebbe che le istituzioni dimostrino che ciascun produttore esportatore nel paese oggetto dell’inchiesta effettua trasbordi. Tale ricostruzione sarebbe errata. Innanzitutto, essa sarebbe in contrasto con l’obbligo di valutare i requisiti di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base a livello di paese, e non a livello di singoli esportatori. Essa renderebbe poi l’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base del tutto privo di oggetto. Inoltre, essa confonderebbe la nozione di «pratica di elusione» con una delle sue manifestazioni, cioè il trasbordo. Orbene, le istituzioni non sarebbero tenute a provare specificamente l’esistenza di precise pratiche di elusione. Infine, il Tribunale avrebbe adottato interpretazioni contraddittorie della nozione di pratica di elusione nella valutazione dei differenti motivi.

46.

In terzo luogo, la Maxcom, la Commissione e il Consiglio sostengono che quanto rilevato dal Tribunale ai punti 98 e 99 non sarebbe sufficiente, giuridicamente, per ravvisare una violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base. Infatti, anche se il Consiglio avesse commesso un errore di diritto nel concludere, come risulta dalla sentenza impugnata, che la City Cycle era coinvolta in operazioni di trasbordo, tale istituzione sarebbe tuttavia stata legittimata a concludere, sulla base degli elementi probatori relativi agli altri produttori esportatori dello Sri Lanka e della modificazione della configurazione degli scambi, che erano avvenuti trasbordi attraverso lo Sri Lanka. Infatti, la circostanza che il Consiglio abbia constatato che una pluralità di produttori esportatori che non avevano collaborato in Sri Lanka si dedicavano ai trasbordi resterebbe giuridicamente valida anche qualora la constatazione si riveli errata in relazione a uno di questi. Ritenendo che la constatazione del trasbordo riguardante un produttore abbia reso illegittimo tutto l’insieme degli indizi sui quali si basava la conclusione relativa all’esistenza di trasbordi a livello di paese, il Tribunale avrebbe falsato il senso del considerando 78 del regolamento controverso e avrebbe violato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base.

47.

La City Cycle confuta gli argomenti della Maxcom, della Commissione e del Consiglio.

2. Valutazione

a) Richiamo dei principi giurisprudenziali riguardanti la disciplina dell’Unione in materia di elusione

48.

Ai paragrafi da 42 a 54 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur ho effettuato un’analisi dettagliata della disciplina dell’Unione in materia di elusione alla luce della giurisprudenza della Corte, analisi alla quale rinvio. Per le necessità della presente causa, mi limito a ricordare, innanzitutto, come risulti dalla giurisprudenza che l’onere della prova dell’esistenza di un’elusione e, più precisamente, di tutti e quattro i suoi elementi costitutivi previsti dall’articolo 13, paragrafo 1, terzo periodo, del regolamento di base e citati al paragrafo 5 delle presenti conclusioni, è a carico delle istituzioni ( 28 ).

49.

Inoltre, nelle predette conclusioni, ho rilevato come dalla logica e dall’economia della disciplina dell’Unione in materia di elusione risulti che l’analisi diretta a verificare la ricorrenza delle quattro condizioni previste dall’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base mira a dimostrare l’esistenza di un’elusione dei dazi antidumping a livello del paese oggetto dell’inchiesta antielusione. Invece, la situazione specifica dei singoli produttori esportatori viene presa in considerazione nel contesto dell’analisi condotta ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base ( 29 ).

50.

Nelle stesse conclusioni, ho osservato che dalle sentenze Simon, Evers & Co. ( 30 ) e APEX ( 31 ) risulta che, in caso di omessa collaborazione di tutte le parti interessate dall’inchiesta antielusione, l’onere della prova di un’elusione a carico delle istituzioni è nettamente attenuato. La Corte ha riconosciuto una tale attenuazione tenendo conto della possibilità, prevista all’articolo 18, paragrafi 1 e 6, del regolamento di base, di elaborare conclusioni, anche definitive, in base ai dati disponibili e di trattare la parte che non collabora oppure collabora solo in parte in modo meno favorevole che se avesse collaborato. Così, in casi simili, le istituzioni sono autorizzate a basarsi su un insieme di indizi concordanti che consentano di ravvisare l’esistenza di un’elusione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base ( 32 ).

51.

Nelle medesime sentenze, tuttavia, la Corte ha parimenti precisato che il legislatore dell’Unione non ha inteso stabilire una presunzione legale che consenta di dedurre direttamente dal difetto di cooperazione delle parti interessate o coinvolte l’esistenza di un’elusione e che, quindi, dispensi le istituzioni dell’Unione da qualsiasi esigenza di prova ( 33 ).

52.

Al paragrafo 69 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur ho altresì ritenuto che la ratio dell’interpretazione adottata dalla Corte nelle sentenze Simon, Evers & Co. e APEX in caso di omissione totale di collaborazione, cioè l’esigenza di non compromettere l’efficacia delle misure di difesa commerciale dell’Unione ( 34 ), è del tutto valida anche nel caso in cui le imprese interessate che non hanno collaborato all’inchiesta rappresentino una porzione maggioritaria delle importazioni nell’Unione del prodotto di cui trattasi.

53.

Tale giurisprudenza trova dunque, a mio parere, applicazione in un caso come quello in esame, in cui i produttori esportatori che hanno effettivamente collaborato con l’inchiesta antielusione rappresentano appena il 25% delle importazioni totali dallo Sri Lanka verso l’Unione del prodotto di cui trattasi ( 35 ). Pertanto, in un caso in cui il livello di omessa collaborazione è così elevato, ritengo che le istituzioni siano autorizzate a basarsi su un insieme di indizi per poter provare in modo giuridicamente sufficiente l’esistenza degli elementi costitutivi di un’elusione ai sensi dell’articolo 13 e, più in particolare, per dimostrare che la modificazione della configurazione degli scambi deriva da pratiche elusive ( 36 ).

b) Sulla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base

54.

Nel caso in esame, il Tribunale ha accolto, nella sentenza impugnata, la seconda parte del primo motivo del ricorso della City Cycle, relativo a violazioni dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Così, sebbene, nei relativi punti della sentenza impugnata, il Tribunale non abbia precisato espressamente quali disposizioni fossero state, a suo parere, violate dal Consiglio nel regolamento controverso, il Tribunale ha necessariamente basato l’annullamento del regolamento sulla violazione di tali disposizioni.

55.

Più precisamente, al punto 98 della citata sentenza, il Tribunale ha rilevato che il Consiglio non disponeva di alcun indizio che consentisse di concludere espressamente, al considerando 78 del regolamento controverso, che la City Cycle era coinvolta in operazioni di trasbordo.

56.

Orbene, come risulta dal paragrafo 13 delle presenti conclusioni, al considerando 78 del regolamento controverso il Consiglio ha dichiarato che le esportazioni dei produttori esportatori che non avevano collaborato all’inchiesta potevano essere riconducibili a pratiche di trasbordo sulla base di due elementi: da un lato, la constatazione dell’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi tra lo Sri Lanka e l’Unione e, dall’altro, il «fatto che non tutti i produttori esportatori dello Sri Lanka si sono manifestati e/o hanno collaborato». Sulla base della sola constatazione di cui al considerando 78 del regolamento controverso, il Consiglio, al successivo considerando 79, ha concluso che «[era] dunque confermata l’esistenza di pratiche di trasbordo di prodotti originari della RPC attraverso lo Sri Lanka».

57.

La lettura dei citati considerando 78 e 79 mi induce a formulare due considerazioni.

58.

In primo luogo, osservo che, a differenza di quanto fatto nello stesso regolamento per quanto riguarda l’Indonesia – paese oggetto delle cause relative alla Chin Haur –, con riferimento allo Sri Lanka il Consiglio non si è basato sulla constatazione relativa a un singolo produttore per affermare l’esistenza di trasbordi a livello del paese, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base ( 37 ).

59.

Infatti, il considerando 78 del regolamento controverso non contiene alcuna constatazione esplicita, come quella di cui al considerando 62 del medesimo regolamento, secondo la quale, in base a un’analisi individuale, il Consiglio avrebbe concluso che una determinata società era coinvolta in pratiche di elusione attraverso il trasbordo ( 38 ). Il citato considerando 78 si limita a ritenere tali operazioni riconducibili a imprese che non hanno collaborato, deducendo la loro esistenza dai due elementi indicati al paragrafo 56 delle presenti conclusioni: da un lato, la constatazione dell’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi e, dall’altro, l’omessa collaborazione della maggioranza dei produttori esportatori dello Sri Lanka.

60.

Tuttavia, in secondo luogo, si deve rilevare che questi due elementi, sui quali il Consiglio ha basato la propria conclusione, non consentono, singolarmente o nel loro insieme, di affermare né la partecipazione di un singolo operatore a pratiche elusive, in particolare trasbordi, né l’esistenza di tali pratiche a livello di paese. Sulla sola base di tali due elementi, il Consiglio non poteva pertanto concludere che la seconda condizione per la sussistenza di un’elusione – cioè che la modificazione nella configurazione degli scambi era causata da pratiche, processi o lavorazioni per i quali non vi era una sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all’istituzione del dazio – fosse dimostrata ( 39 ).

61.

Infatti, il primo di tali due elementi, cioè l’esistenza della modificazione nella configurazione degli scambi, non costituisce altro che la prima condizione per affermare la sussistenza di un’elusione. Non lo si può quindi, in quanto tale, considerare un indizio dell’esistenza della seconda di tali condizioni, poiché le istituzioni devono invece dimostrare che siano soddisfatte tutte le condizioni per la sussistenza di un’elusione ( 40 ).

62.

Per quanto riguarda il secondo di tali elementi, cioè l’omessa collaborazione dei produttori esportatori che rappresentano il 75% delle esportazioni verso l’Unione, dalla giurisprudenza citata al paragrafo 51 delle presenti conclusioni emerge che l’omessa collaborazione in quanto tale, in mancanza di altri elementi, non può fare presumere l’esistenza di un’elusione. Pertanto, il Consiglio non può dedurre direttamente dal solo fatto dell’omessa collaborazione di una parte, sebbene maggioritaria, dei produttori esportatori interessati che essi fossero coinvolti in pratiche di elusione.

63.

Certo, come si evince dai paragrafi 50, 52 e 53 delle presenti conclusioni, nel caso, come quello in esame, in cui gli interessati che non hanno collaborato all’inchiesta rappresentino una parte maggioritaria delle importazioni del prodotto di cui trattasi nell’Unione, l’onere della prova di un’elusione gravante sulle istituzioni è nettamente attenuato. Tuttavia, sebbene, in circostanze siffatte, non sia necessario che le istituzioni provino l’esistenza di pratiche elusive specifiche, esse devono, quanto meno, disporre di qualche elemento che sembri indicare l’esistenza di tali pratiche ( 41 ).

64.

Orbene, nel caso di specie, non risulta né dal regolamento controverso né dagli atti di causa che, esclusi i due elementi citati al considerando 78 del regolamento controverso (la modificazione della configurazione degli scambi e l’omessa collaborazione), le istituzioni disponessero di altri elementi vertenti sull’esistenza di pratiche elusive, in particolare operazioni di trasbordo. Al contrario, in risposta a una domanda della Corte in udienza, la Commissione ha espressamente confermato che le istituzioni si sono basate esclusivamente su quei due elementi per accertare l’esistenza di pratiche elusive relativamente allo Sri Lanka.

65.

Ciò considerato, la Maxcom, la Commissione e il Consiglio non possono, a mio parere, validamente contestare al Tribunale di avere commesso un errore per aver concluso che il Consiglio aveva violato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e per avere, per tale motivo, annullato il regolamento controverso.

66.

Siffatta conclusione non è rimessa in discussione dagli altri argomenti dedotti nelle impugnazioni.

67.

In primo luogo, la Maxcom sostiene che, in circostanze come quelle oggetto della presente causa, si potrebbe concludere che la City Cycle era coinvolta in operazioni di trasbordo. A tal riguardo, tuttavia, ho osservato ai paragrafi 58 e 59 delle presenti conclusioni che, diversamente dal caso dell’Indonesia, per quanto riguarda lo Sri Lanka il Consiglio non ha basato la propria conclusione relativa all’esistenza di pratiche elusive a livello di paese, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, terzo periodo, del regolamento di base (precisamente l’esistenza di operazioni di trasbordo in Sri Lanka) su una constatazione individuale riguardante uno specifico produttore esportatore (precisamente la City Cycle). Il Consiglio si è limitato a dedurre l’esistenza di tali pratiche da due elementi – indicati ai paragrafi 56 e 59 delle presenti conclusioni –, i quali, come è stato rilevato, non erano idonei, da soli, a giustificare una tale conclusione. Di conseguenza, anche supponendo che, sulla base degli elementi agli atti di causa, fosse teoricamente possibile concludere che la City Cycle era coinvolta in operazioni di trasbordo, il Consiglio non ha basato la propria conclusione circa l’esistenza di pratiche elusive a livello di paese su una tale constatazione. Ciò considerato, poiché la conclusione del Consiglio non poggia su elementi sufficienti ad avvalorarla, il Tribunale non può essere censurato per aver dichiarato che detta istituzione aveva violato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base.

68.

La Maxcom deduce inoltre argomenti relativi a pretese contraddizioni contenute nella sentenza impugnata ( 42 ). A tal proposito, osservo tuttavia che la circostanza che le informazioni fornite dalla City Cycle nel corso dell’inchiesta fossero insufficienti e non manifestassero uno spirito di effettiva collaborazione, tanto che il Tribunale ha approvato il rigetto da parte del Consiglio della richiesta di esenzione presentata dalla City Cycle a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base, non è affatto in contraddizione con la constatazione di cui ai paragrafi da 60 a 65 delle presenti conclusioni, cioè che il Tribunale non ha commesso alcun errore nel concludere che il Consiglio aveva violato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base ( 43 ).

69.

In secondo luogo, per quanto riguarda gli argomenti della Commissione e del Consiglio riassunti al paragrafo 45 delle presenti conclusioni, è sufficiente, per respingerli, rilevare che questi si basano su una lettura errata della sentenza impugnata e, dunque, su una premessa erronea. Infatti, in nessuna parte di tale sentenza il Tribunale ha affermato che le istituzioni devono fornire la prova positiva che ogni singolo produttore esportatore effettua operazioni di trasbordo.

70.

In terzo luogo, a proposito delle censure, riassunte al paragrafo 46 delle presenti conclusioni, con le quali si nega che le conclusioni del Tribunale siano sufficienti ad annullare il regolamento controverso, deriva dalle considerazioni di cui ai paragrafi da 60 a 65 delle presenti conclusioni che queste devono essere respinte.

71.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che i motivi dedotti dalla Maxcom, dalla Commissione e dal Consiglio attinenti a un’errata applicazione da parte del Tribunale dell’articolo 13, paragrafo 1 del regolamento di base debbano essere respinti.

C – Sui motivi attinenti a mancanza di motivazione, motivazione contraddittoria e snaturamento dei fatti

1. Argomentazione delle parti

72.

Rispettivamente nel loro terzo e secondo motivo, la Commissione e il Consiglio contestano la motivazione della sentenza impugnata. Il Consiglio lamenta anche uno snaturamento dei fatti.

73.

In primo luogo, le istituzioni sostengono che la sentenza impugnata non spiega per quale motivo il Consiglio avrebbe violato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base. Innanzitutto, la sentenza impugnata non indicherebbe se l’errore commesso dal Consiglio sia un semplice errore di valutazione o un errore manifesto di valutazione. Il Tribunale non spiegherebbe, poi, perché gli elementi di prova esibitigli, compresi i dati disponibili, non consentano di concludere che la City Cycle si è dedicata ad attività di trasbordo.

74.

In secondo luogo, la Commissione ritiene che la motivazione della sentenza impugnata sia contraddittoria. A tal riguardo, detta istituzione osserva come dal punto 97 della sentenza impugnata risulti che gli elementi probatori prodotti dalla City Cycle non sono idonei a dimostrare che quest’ultima fosse effettivamente un esportatore originario dello Sri Lanka o che soddisfacesse i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. La Commissione si chiede a tal proposito come tali elementi probatori, che pure indicano che la City Cycle commette un’elusione tramite pratiche di assemblaggio, possano non essere idonei a dimostrare che la stessa sia anche coinvolta in operazioni di trasbordo.

75.

Il Consiglio sostiene, in via subordinata, che il Tribunale avrebbe snaturato i fatti accertati. Sotto un primo profilo, dato che il trasbordo è stato debitamente dimostrato a livello di paese e che la richiesta di esenzione della City Cycle era infondata, il Consiglio ritiene che l’unica conclusione che il Tribunale poteva trarre dai fatti fosse che la City Cycle svolgeva operazioni di trasbordo. Il Tribunale, giungendo a una conclusione diversa, avrebbe snaturato i fatti. Sotto un secondo profilo, tale snaturamento risulterebbe anche dalle conclusioni della sentenza impugnata relative alla richiesta di esenzione della City Cycle, che escludono che la stessa abbia soddisfatto le condizioni che dovevano ricorrere affinché l’assemblaggio nel paese interessato dall’inchiesta conferisse ai prodotti un’origine locale.

2. Valutazione

76.

Per quanto riguarda, in primo luogo, le censure attinenti alla mancanza di motivazione, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la motivazione di una sentenza deve far apparire in modo chiaro e non equivocabile il ragionamento del Tribunale, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale. L’obbligo di motivazione imposto al Tribunale ai sensi degli articoli 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea è adempiuto quando, pur essendo implicita, la motivazione adottata consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi e alla Corte di disporre degli elementi necessari per esercitare il suo controllo ( 44 ).

77.

Orbene, come risulta dai paragrafi 54 e 55 delle presenti conclusioni, sebbene il Tribunale non abbia, nella sentenza impugnata, sviluppato dettagliatamente il ragionamento che l’ha condotto a concludere per il parziale annullamento del regolamento controverso nei limiti in cui riguarda la City Cycle, tale ragionamento può dedursi inequivocabilmente da detta sentenza, il che consente alla Corte di esercitare il proprio controllo giurisdizionale. Da questo punto di vista, la sentenza impugnata non può dunque ritenersi, a mio parere, viziata da difetto di motivazione.

78.

Per quanto riguarda le altre censure, quella vertente sul difetto di motivazione, che vizierebbe la sentenza impugnata perché essa non spiega se l’errore commesso dal Consiglio sia un semplice errore di valutazione o un errore manifesto di valutazione, non può, a mio giudizio, essere accolta. Infatti, sebbene sia certamente auspicabile che il Tribunale, nelle sue sentenze, chiarisca il criterio di controllo giurisdizionale applicato, una sentenza non può ritenersi viziata da difetto di motivazione per il solo fatto che il Tribunale non abbia espressamente chiarito il criterio di controllo giurisdizionale applicato. Orbene, poiché le istituzioni non hanno censurato nel merito l’applicazione di un criterio di controllo giurisdizionale errato, ma si sono limitate a lamentare il difetto di motivazione ( 45 ), la questione se il criterio applicato in concreto nella sentenza impugnata fosse errato o meno non fa parte dell’oggetto delle impugnazioni in esame.

79.

Non può essere accolta nemmeno la censura vertente sul fatto che il Tribunale non avrebbe spiegato perché gli elementi di prova esibitigli, compresi i dati disponibili, non consentano di concludere che la City Cycle si sia dedicata ad attività di trasbordo. Infatti, risulta dalla giurisprudenza che la Corte non deve esigere dal Tribunale che esso motivi ciascuna delle sue scelte quando, a fondamento della sua decisione, esso pone un elemento probatorio piuttosto che un altro. Decidere diversamente finirebbe col consentire alla Corte di sostituire la sua valutazione di tali elementi a quella effettuata dal Tribunale, il che non rientra nella sua potestà ( 46 ).

80.

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la censura relativa alla motivazione contraddittoria, ritengo che essa sia fondata su una lettura errata della sentenza impugnata. Infatti, al punto 97 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha affatto ritenuto che le prove fornite dalla Chin Haur indicassero che la stessa realizzasse un’elusione tramite pratiche di assemblaggio.

81.

Per quanto riguarda, in terzo luogo, le censure del Consiglio attinenti allo snaturamento dei fatti, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, un tale snaturamento deve risultare manifestamente dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove ( 47 ).

82.

Orbene, tutto il ragionamento del Consiglio si basa sulla premessa secondo la quale l’esistenza dei trasbordi a livello di paese, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, sarebbe stata dimostrata. Tuttavia, come si evince dai paragrafi da 60 a 65 delle presenti conclusioni, a mio parere, il Tribunale ha ritenuto legittimamente che non fosse così. Ne consegue che la premessa della censura del Consiglio è erronea. Pertanto, il Tribunale non ha snaturato i fatti, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio.

83.

Per quanto sin qui esposto, a mio parere, sia il terzo motivo dell’impugnazione della Commissione nella causa C‑254/15 P sia il secondo motivo dell’impugnazione del Consiglio nella causa C‑260/15 P devono essere respinti.

84.

Alla luce di tali considerazioni, ritengo che le impugnazioni della Maxcom, della Commissione e del Consiglio debbano essere interamente respinte.

VI – Sulle spese

85.

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

86.

Qualora la Corte condivida le mie valutazioni sulle tre impugnazioni riunite, la Maxcom, la Commissione e il Consiglio risulteranno soccombenti. Poiché la City Cycle ha chiesto la loro condanna alle spese, propongo alla Corte di condannare la Maxcom, la Commissione e il Consiglio alle spese sostenute dalla City Cycle sia in primo grado sia nelle presenti impugnazioni.

VII – Conclusione

87.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)

Le impugnazioni sono respinte.

2)

La Maxcom Ltd, la Commissione europea e il Consiglio dell’Unione europea sono condannati alle spese sostenute dalla City Cycle Industries in primo grado e nei presenti procedimenti.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) T‑413/13, EU:T:2015:164.

( 3 ) Regolamento del 29 maggio 2013, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia (GU 2013, L 153, pag. 1).

( 4 ) T‑412/13, EU:T:2015:163.

( 5 ) Per esigenze di sintesi, nelle presenti conclusioni farò più volte riferimento all’analisi più dettagliata contenuta nelle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 6 ) Regolamento del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51, e rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22), come modificato dal regolamento (UE) n. 1168/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2012 (GU 2012, L 344, pag. 1).

( 7 ) Infatti, nel caso di specie, la sussistenza degli altri tre elementi è stata definitivamente constatata nella sentenza impugnata e non è rimessa in discussione nei presenti procedimenti.

( 8 ) Regolamento (UE) n. 875/2012 della Commissione, del 25 settembre 2012, che apre un’inchiesta relativa alla possibile elusione delle misure antidumping, istituite dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese, con importazioni di biciclette provenienti dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia, e che dispone la registrazione di tali importazioni (GU 2012, L 258, pag. 21).

( 9 ) Regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 del Consiglio, del 3 ottobre 2011, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese a seguito di un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009 (GU 2011, L 261, pag. 2). V. punti da 2 a 6 della sentenza impugnata per i riferimenti ai regolamenti precedenti.

( 10 ) A tal proposito, v., più nel dettaglio, punti da 8 a 18 della sentenza impugnata.

( 11 ) V., rispettivamente, considerando da 45 a 58 e da 77 a 79 del regolamento controverso, nonché considerando 92 (sulla mancanza di motivazione o giustificazione economica oltre all’elusione delle misure antidumping in vigore), da 93 a 96 (sull’indebolimento degli effetti correttivi di tali misure) e da 107 a 110 (sull’esistenza di un dumping rispetto al valore normale precedentemente determinato) del regolamento controverso.

( 12 ) V. considerando da 80 a 82 del regolamento controverso.

( 13 ) V. considerando da 115 a 117 e articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento controverso.

( 14 ) V. considerando 126 e articolo 1, paragrafo 1, del regolamento controverso.

( 15 ) V. articolo 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale in vigore all’epoca dello svolgimento del procedimento dinanzi a detto organo giurisdizionale.

( 16 ) La decisione è stata adottata ai sensi dell’articolo 76 bis, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale in vigore all’epoca dello svolgimento del procedimento dinanzi a detto organo giurisdizionale.

( 17 ) Ai sensi dell’articolo 76 bis, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale in vigore all’epoca dello svolgimento del procedimento dinanzi a detto organo giurisdizionale, in caso di trattazione di una causa con procedimento accelerato, l’interveniente poteva depositare memoria d’intervento soltanto se il Tribunale lo autorizzava nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento adottate ai sensi dell’articolo 64 del regolamento medesimo. L’istanza della Commissione si basava su quest’ultima norma.

( 18 ) Il secondo motivo verteva sulla violazione dell’articolo 18 del regolamento di base, del principio di proporzionalità nonché dell’obbligo di motivazione. Esso riguardava la constatazione del Consiglio sulla mancanza di collaborazione da parte della City Cycle. Il terzo motivo atteneva alla violazione dei principi di diligenza, di buona amministrazione, nonché dell’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento di base e dei diritti di difesa della City Cycle. Con esso si voleva dimostrare che il Consiglio, da un lato, non l’aveva debitamente informata circa la sua volontà di rigettare l’istanza di esenzione e, dall’altro, non le aveva consentito l’accesso integrale agli atti. Il quarto motivo atteneva alla violazione del principio di parità di trattamento. Il quinto motivo atteneva alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e del principio di parità di trattamento e verteva sulla constatazione del Consiglio relativa all’esistenza di un dumping.

( 19 ) V. punti 100 e 185 della sentenza impugnata.

( 20 ) Primo motivo dell’impugnazione della Commissione nella causa C‑254/15 P.

( 21 ) Primo e secondo motivo d’impugnazione della Maxcom nella causa C‑248/15 P, secondo motivo d’impugnazione della Commissione nella causa C‑254/15 P e primo motivo d’impugnazione del Consiglio nella causa C‑260/15 P.

( 22 ) Terzo motivo dell’impugnazione della Commissione nella causa C‑254/15‑P e secondo motivo d’impugnazione del Consiglio nella causa C‑260/15 P.

( 23 ) Quarto motivo dell’impugnazione della Commissione nella causa C‑254/15 P.

( 24 ) Sentenza del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a. (C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 67 e giurisprudenza citata).

( 25 ) V., in particolare, sentenza del 29 aprile 2004, Italia/Commissione (C‑298/00 P, EU:C:2004:240, punto 35), nonché ordinanza del presidente della Corte del 24 marzo 2009, Cheminova e a./Commissione [C‑68/08 (R), non pubblicata, EU:C:2009:181, punto 31].

( 26 ) V. sentenza del 24 marzo 1993, CIRFS e a./Commissione (C‑313/90, EU:C:1993:111, punto 23 e giurisprudenza citata). A tal proposito, occorre ricordare che l’articolo 150 del regolamento di procedura precisa che la Corte può decidere d’ufficio, in qualsiasi momento, di statuire sui motivi di irricevibilità di ordine pubblico. Inoltre, secondo giurisprudenza ormai consolidata, la Corte ha dichiarato che spetta al giudice dell’Unione rilevare d’ufficio i motivi di ordine pubblico [v., in particolare, sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 67); dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑272/09 P, EU:C:2011:810), e del 19 dicembre 2013, Siemens/Commissione (C‑239/11 P, C‑489/11 e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 321). A tal riguardo, v. altresì conclusioni dell’avvocato generale Bot relative alla causa Philips Lighting Poland e Philips Lighting/Consiglio (C‑511/13 P, EU:C:2015:206, paragrafo 56).]

( 27 ) A tal riguardo, v. sentenza del 18 settembre 2014, Valimar (C‑374/12, EU:C:2014:2231, punto 30 e giurisprudenza citata). Per una panoramica sulla giurisprudenza concernente la legittimazione ad agire avverso decisioni in materia di misure antidumping in generale, v. paragrafi 92 e ss. delle conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Philips Lighting Poland e Philips Lighting/Consiglio (C‑511/13 P, EU:C:2015:206).

( 28 ) V. sentenza del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co. (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punto 35) e paragrafo 45 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 29 ) V. paragrafi da 46 a 48 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 30 ) Sentenza del 4 settembre 2014 (C‑21/13, EU:C:2014:2154).

( 31 ) Sentenza del 17 dicembre 2015 (C‑371/14, EU:C:2015:828).

( 32 ) V. sentenze del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co. (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punti da 30 a 37), e del 17 dicembre 2015, APEX (C‑371/14, EU:C:2015:828, punti da 62 a 69); v. paragrafi 49, 50 e 52 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 33 ) V. sentenze del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co. (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punto 36), e del 17 dicembre 2015, APEX (C‑371/14, EU:C:2015:828, punto 68); v. paragrafo 51 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 34 ) V. sentenze del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co. (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punto 37), e del 17 dicembre 2015, APEX (C‑371/14, EU:C:2015:828, punto 69).

( 35 ) Tale dato non risulta dal regolamento controverso, ma è stato fornito dalla Commissione in udienza.

( 36 ) V. paragrafo 69 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 37 ) V. paragrafo 49 delle presenti conclusioni.

( 38 ) V. considerando 62 e 64 del regolamento controverso nonché paragrafi 56, 57 e 75 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 39 ) A tal proposito, v. anche l’analisi di cui al paragrafo 87 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 40 ) V. paragrafo 48 delle presenti conclusioni e riferimenti di cui alla nota 28.

( 41 ) V., in tal senso, sentenza del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co. (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punto 53) e, più in dettaglio, paragrafi 70 e 71 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 42 ) V. paragrafo 44 delle presenti conclusioni.

( 43 ) Sulle relazioni fra i paragrafi 1 e 4 dell’articolo 13 del regolamento di base, v. paragrafo 49 delle presenti conclusioni. V. anche paragrafo 48 e nota 36 delle conclusioni relative alle cause Chin Haur.

( 44 ) V., in particolare, in tal senso, sentenza del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione (C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punti 5455).

( 45 ) Nel contesto del proprio secondo motivo, vertente su un errore di applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, la Commissione, dopo aver affermato che la sentenza impugnata non è sufficientemente motivata per quanto riguarda le ragioni per le quali il regolamento impugnato avrebbe violato tale disposizione, qualifica come errore di diritto la circostanza che «la sentenza impugnata non cita alcuna norma sul controllo giurisdizionale e, in particolare, non precisa se il Consiglio abbia commesso un semplice errore di valutazione o un errore di valutazione manifesto». In tale contesto, tuttavia, la Commissione non sviluppa alcuna argomentazione riguardante tale censura, ma si limita a rinviare esplicitamente, «per un’analisi più dettagliata», al suo secondo motivo, vertente sul difetto di motivazione. Orbene, è giocoforza rilevare che la semplice qualificazione come errore di diritto dell’omessa menzione del criterio di controllo giurisdizionale applicato dal Tribunale, qualificazione non supportata da alcun argomento o sviluppo, a parte un generale rinvio al motivo vertente sul difetto di motivazione, non può essere interpretata come una censura autonoma relativa al fatto che il Tribunale avrebbe oltrepassato il limite del controllo giurisdizionale richiesto, violando in tal modo il potere discrezionale riconosciuto alle istituzioni dalla giurisprudenza [sentenza del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co. (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punto 29 e giurisprudenza citata)]. Ciò considerato, questa censura della Commissione coincide, in sostanza, con quella vertente sul difetto di motivazione analizzata nel presente paragrafo. A tal proposito, osservo come risulti dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte che spetta alla parte che propone l’impugnazione sviluppare sufficientemente gli argomenti dedotti a sostegno delle proprie impugnazioni.

( 46 ) V. sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 161).

( 47 ) V. sentenza del 2 giugno 2016, Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (C‑31/15 P, EU:C:2016:390, punto 52 e giurisprudenza citata).

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