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Document 62014TJ0574

    Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione) del 26 settembre 2018.
    European Association of Euro-Pharmaceutical Companies (EAEPC) contro Commissione europea.
    Concorrenza – Intese – Commercio parallelo di medicinali – Accordo che opera una distinzione tra i prezzi applicati in caso di rivendita in Spagna e i prezzi applicati in caso di esportazione verso altri Stati membri – Richiesta di riesame di una denuncia a seguito delle sentenze della Corte e del Tribunale – Articolo 266 TFUE – Rigetto di una denuncia – Mancanza di interesse dell’Unione – Cessazione della pratica anticoncorrenziale – Assenza di effetti anticoncorrenziali persistenti – Trattazione del caso da parte di un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro – Obblighi nell’istruzione di una denuncia – Articolo 105 TFUE – Articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003 – Diritti procedurali del denunciante – Obbligo di motivazione.
    Causa T-574/14.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2018:605

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

    26 settembre 2018 ( *1 )

    «Concorrenza – Intese – Commercio parallelo di medicinali – Accordo che opera una distinzione tra i prezzi applicati in caso di rivendita in Spagna e i prezzi applicati in caso di esportazione verso altri Stati membri – Richiesta di riesame di una denuncia a seguito delle sentenze della Corte e del Tribunale – Articolo 266 TFUE – Rigetto di una denuncia – Mancanza di interesse dell’Unione – Cessazione della pratica anticoncorrenziale – Assenza di effetti anticoncorrenziali persistenti – Trattazione del caso da parte di un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro – Obblighi nell’istruzione di una denuncia – Articolo 105 TFUE – Articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003 – Diritti procedurali del denunciante – Obbligo di motivazione»

    Nella causa T‑574/14,

    European Association of Euro-Pharmaceutical Companies (EAEPC), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da J.L. Buendía Sierra, L. Ortiz Blanco, Á. Givaja Sanz e M. Araujo Boyd, avvocati,

    ricorrente,

    contro

    Commissione europea, rappresentata da F. Castilla Contreras, F. Jimeno Fernández e C. Vollrath, in qualità di agenti,

    convenuta,

    sostenuta da

    GlaxoSmithKline plc, con sede in Brentford (Regno Unito),

    e

    GlaxoSmithKline SA, con sede in Madrid (Spagna),

    rappresentate inizialmente da I.S. Forrester, QC, e A. Komninos, avocat, successivamente da A. Komninos,

    intervenienti,

    avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2014) 3654 final della Commissione, del 27 maggio 2014, che respinge la denuncia presentata dalla ricorrente relativa a una violazione dell’articolo 101 TFUE asseritamente commessa dalla Glaxo Wellcome SA (caso COMP/AT.36957‑Glaxo Wellcome),

    IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

    composto da H. Kanninen, presidente, C. Iliopoulos (relatore) e L. Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín, giudici,

    cancelliere: C. Heeren, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 aprile 2017,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Fatti

    1

    La ricorrente, European Association of Euro-Pharmaceutical Companies (EAEPC), è un’associazione europea con sede in Bruxelles (Belgio), che rappresenta gli interessi di società indipendenti che operano nel settore dell’esportazione o dell’importazione e del riconfezionamento di prodotti farmaceutici finiti nello Spazio economico europeo (SEE).

    2

    La GlaxoSmithKline SA, già Glaxo Wellcome SA, è una società di diritto spagnolo con sede in Madrid (Spagna), la cui attività principale consiste nello sviluppo, nella produzione e nella commercializzazione di medicinali in Spagna. La GlaxoSmithKline plc, società madre della GlaxoSmithKline SA (in prosieguo, congiuntamente: la «GSK» o le «intervenienti»), ha sede in Brentford (Regno Unito) ed è uno dei principali produttori mondiali di prodotti farmaceutici.

    Procedimento amministrativo iniziale

    3

    Il 6 marzo 1998 la Glaxo Wellcome SA ha notificato alla Commissione delle Comunità europee le sue nuove condizioni generali di vendita ai grossisti autorizzati in Spagna (in prosieguo: l’«accordo»), al fine di ottenere un’attestazione negativa ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 17 del Consiglio del 6 febbraio 1962, primo regolamento di applicazione degli articoli [85 e 86 del trattato CE, divenuti articoli 81 e 82 CE, divenuti a loro volta articoli 101 e 102 TFUE] (GU 1962, 13, pag. 204) o, in subordine, una dichiarazione di esenzione individuale ai sensi dell’articolo 4 dello stesso regolamento, ormai abrogato dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato CE (divenuti articoli 101 e 102 TFUE) (GU 2003, L 1, pag. 1). Con lettera del 28 luglio 1998, la Glaxo Wellcome plc, società madre della Glaxo Wellcome SA, ha trasmesso una notifica supplementare alla Commissione, attirando la sua attenzione su certi fattori che avevano un impatto sulle sue attività e su quelle delle sue filiali in tutto il territorio dell’Unione europea e che non erano specifici delle attività della Glaxo Wellcome.

    4

    L’accordo riguardava 82 medicinali destinati ad essere venduti ai grossisti stabiliti in Spagna, con i quali la GSK intratteneva relazioni commerciali. Questi ultimi potevano destinarli alla rivendita o a ospedali e farmacie in Spagna oppure in altri Stati membri. Orbene, l’articolo 4 dell’accordo operava una distinzione tra i prezzi applicati ai grossisti per i medicinali destinati ad essere rivenduti entro i confini nazionali e quelli applicati per i medicinali destinati all’esportazione. L’accordo è stato firmato dalla GSK e 75 grossisti, è entrato in vigore il 9 marzo 1998 ed è stato sospeso dal Tribunal de Defensa de la Competencia (Tribunale della concorrenza, Spagna) il 16 ottobre 1998.

    5

    Il 19 gennaio 1999 la ricorrente ha presentato alla Commissione una denuncia ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 17 (in prosieguo: la «denuncia del 1999»), con la quale chiedeva alla Commissione di rifiutare il rilascio di un’attestazione negativa o di un’esenzione e di ingiungere alla GSK di porre fine alla politica di prezzi prevista dall’accordo. La ricorrente concludeva che il regime di doppia tariffazione previsto dall’accordo implicava un divieto indiretto di esportazione e uno strumento per chiudere il mercato in contrasto con l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e non poteva beneficiare di alcuna esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

    6

    L’8 maggio 2001 la Commissione ha adottato la decisione 2001/791/CE relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 del trattato CE [casi: IV/36.957/F3 Glaxo Wellcome (notifica), IV/36.997/F3 Aseprofar e Fedifar (denuncia), IV/37.121/F3 Spain Pharma (denuncia), IV/37.138/F3 BAI (denuncia) e IV/37.380/F3 EAEPC (denuncia)] (GU 2001, L 302, pag. 1; in prosieguo: «la decisione del 2001»), secondo la quale l’accordo notificato aveva per oggetto ed effetto di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. L’articolo 1 di tale decisione stabilisce che la Glaxo Wellcome «ha violato l’articolo [101], paragrafo 1, [TFUE] attuando un accordo con i grossisti spagnoli che opera una distinzione tra i prezzi applicati ai grossisti in caso di rivendita di farmaci rimborsabili a farmacie od ospedali entro i confini nazionali e i prezzi, più elevati, applicati in caso di esportazioni in qualsiasi altro Stato membro». L’articolo 2 della decisione del 2001 stabilisce che le condizioni di vendita notificate non soddisfano le condizioni di esenzione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Infine, gli articoli 3 e 4 della decisione del 2001 ingiungono alla Glaxo Wellcome, rispettivamente, di «po[rre] immediatamente fine (…) alle infrazioni constatate all’articolo 1» e di informare la Commissione dei provvedimenti adottati a tal fine.

    Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

    7

    Il 23 luglio 2001 la GlaxoSmithKline Services Unlimited, già Glaxo Wellcome plc, ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione del 2001. La ricorrente è intervenuta a sostegno delle conclusioni della Commissione.

    8

    Con sentenza del 27 settembre 2006, GlaxoSmithKline Services/Commissione (T‑168/01, in prosieguo: la «sentenza nella causa T‑168/01»; EU:T:2006:265), il Tribunale ha respinto il ricorso per quanto riguarda l’articolo 1 della decisione del 2001. A tal riguardo, esso ha ritenuto che, pur non essendo corretta la conclusione principale della Commissione in virtù della quale la clausola 4 dell’accordo aveva per oggetto il restringimento della concorrenza, la GlaxoSmithKline Services non era stata in grado di rimettere in discussione la conclusione tratta in subordine della Commissione, secondo la quale tale pattuizione aveva l’effetto di restringere la concorrenza ed era pertanto contraria all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza nella causa T‑168/01, punti 147 e 194). Per contro, il Tribunale ha accolto il ricorso nella parte in cui riguardava gli articoli da 2 a 4 della decisione del 2001 ed ha annullato tali articoli sulla base del fatto che la Commissione non aveva effettuato un esame adeguato della questione se le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE fossero soddisfatte (sentenza nella causa T‑168/01, punti 308 e da 316 a 318).

    9

    Con le loro impugnazioni, la GlaxoSmithKline Services, la Commissione e la ricorrente hanno chiesto alla Corte l’annullamento parziale della sentenza nella causa T‑168/01.

    10

    Con sentenza del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a. (C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P; in prosieguo: la «sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P», EU:C:2009:610), in primo luogo, la Corte ha confutato il ragionamento del Tribunale confermando la conclusione della Commissione nella decisione del 2001 secondo cui l’accordo aveva per oggetto di restringere la concorrenza in violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, la Corte ha considerato che l’errore di diritto commesso dal Tribunale non era tale da invalidare la sua sentenza, dal momento che, in tale sentenza, il Tribunale aveva concluso che l’accordo era contrario all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, punti da 64 a 67). In secondo luogo, la Corte ha confermato la conclusione del Tribunale secondo cui la Commissione non aveva eseguito un esame completo degli argomenti dedotti dalla GlaxoSmithKline Services a proposito dell’esenzione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE (sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, punti da 68 a 168). La Corte ha, pertanto, respinto le impugnazioni.

    Procedimento dinanzi alla Commissione a seguito della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P,

    11

    Il 26 gennaio 2010 la GSK ha formalmente ritirato la domanda di attestazione negativa o di esenzione individuale del 6 marzo 1998 per ragioni di economia processuale e al fine di evitare inutili perdite di tempo e risorse, sottolineando che la notifica dell’accordo era stata effettuata nel 1998, che da quel momento essa non aveva più fatto uso del sistema tariffario in Spagna e che le condizioni del mercato erano notevolmente cambiate.

    12

    In seguito alla pronuncia nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, la Commissione ha condotto una serie di riunioni con la ricorrente e alcune altre parti interessate, preso contatto con le autorità spagnole, esaminato nuove osservazioni della ricorrente e avviato, il 24 gennaio 2012, un’indagine su presunte pratiche di doppia tariffazione messe in atto da imprese diverse dalla GSK (caso AT.39973 – Regime dei prezzi per la distribuzione di medicinali in Spagna).

    13

    Con lettera del 9 aprile 2013, la ricorrente ha chiesto alla Commissione, in forza dell’articolo 265 TFUE, di «adottare una decisione sul [reclamo del 1999] e di conformarsi al suo obbligo di riesaminare il caso Glaxo, come disposto dai giudici europei».

    14

    Con lettera del 6 giugno 2013, in base all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), la Commissione ha informato la ricorrente della sua intenzione di respingere la denuncia del 1999. In seguito alla domanda della ricorrente del 19 giugno 2013, la Commissione le ha conferito accesso, il 5 luglio 2013, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, ai documenti a supporto della sua valutazione provvisoria.

    15

    Con lettera del 18 luglio 2013, la ricorrente ha presentato le sue osservazioni in risposta alla lettera della Commissione del 6 giugno 2013 e ha sostenuto che quest’ultima era tenuta a portare avanti le indagini.

    16

    L’11 settembre e il 3 ottobre 2013 la Commissione ha incontrato alcuni rappresentanti della ricorrente al fine di discutere la sua posizione e i suoi argomenti di cui alla lettera del 6 giugno 2013.

    Decisione impugnata

    17

    Con la decisione C(2014) 3654 final del 27 maggio 2014 (caso COMP/AT.36957 –Glaxo Wellcome) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha respinto la denuncia del 1999 sulla base dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 773/2004, per mancanza di interesse dell’Unione alla prosecuzione delle indagini sulle infrazioni denunciate. Dopo aver ricordato, ai punti da 19 a 22 della decisione impugnata, che essa disponeva di un margine discrezionale nel trattamento delle denunce, il che le consentiva in particolare di respingere una denuncia per mancanza di interesse dell’Unione alla prosecuzione dell’esame del caso, la Commissione ha concluso che era necessario respingere la denuncia del 1999 sulla base delle seguenti considerazioni.

    18

    In primo luogo, ai punti 24 e 25 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso che il comportamento controverso era cessato a partire dal 16 ottobre 1998 e che nessun elemento del fascicolo né l’insieme dei fatti e degli argomenti dedotti nelle comunicazioni della ricorrente fornivano indicazioni del fatto che la GSK avesse ripristinato oppure previsto di ripristinare il suo regime di doppia tariffazione in Spagna.

    19

    In secondo luogo, al punto 26 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato l’assenza di effetti persistenti delle presunte infrazioni. In particolare, la Commissione ha affermato che non vi erano prove del fatto che la capacità dei grossisti spagnoli di esportare gli 82 farmaci oggetto dell’accordo avesse subito limitazioni dopo la sospensione dell’accordo intervenuta il 16 ottobre 1998. Inoltre, la Commissione ha stimato che il verificarsi di effetti persistenti era improbabile, tenuto conto anche del fatto che tali pratiche erano durate solo sette mesi, vale a dire dal 9 marzo al 16 ottobre 1998. La Commissione ha rilevato parimenti, al punto 27 della decisione impugnata, che non sussisteva alcun nesso causale tra il modo in cui essa aveva trattato il caso in questione e l’adozione di altre pratiche tariffarie da parte di altri fabbricanti in Spagna.

    20

    In terzo luogo, la Commissione ha ritenuto, ai punti da 39 a 41 della decisione impugnata, che il caso potesse essere portato dinanzi alle autorità nazionali, rilevando al contempo che non era stato provato che i diritti della ricorrente fossero insufficientemente tutelati dalle autorità garanti della concorrenza e dai giudici nazionali.

    21

    In quarto e ultimo luogo, ai punti da 42 a 47 della decisione impugnata e in risposta agli argomenti addotti dalla ricorrente, la Commissione ha affermato che essa non era tenuta ad adottare una nuova decisione alla luce delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P e ai sensi dell’articolo 266 TFUE, per esaminare se l’accordo soddisfacesse le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. La Commissione ha rilevato, sotto un primo profilo, che l’ipotesi di carenza, ai sensi degli articoli 265 e 266 TFUE, riguardava la mancata pronuncia o la mancata presa di posizione, e non l’adozione di un atto diverso da quello che gli interessati avrebbero auspicato; sotto un secondo profilo, che essa non poteva pronunciarsi su una domanda di esenzione che era stata ritirata; sotto un terzo profilo, che essa non era tenuta a dare seguito alla denuncia del 1999 a causa dell’annullamento della decisione del 2001 da parte della Corte e, sotto un quarto profilo, che un denunciante ex articolo 7 del regolamento n. 1/2003 non aveva diritto di pretendere dalla Commissione una decisione circa la sussistenza di un’infrazione.

    Procedimento e conclusioni delle parti

    22

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1o agosto 2014 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

    23

    La Commissione ha depositato il proprio controricorso il 16 ottobre 2014.

    24

    Con decisione del Presidente del Tribunale del 28 ottobre 2014, la presente causa è stata assegnata a un giudice relatore appartenente alla Sesta Sezione.

    25

    Il 19 dicembre 2014 la ricorrente ha depositato la memoria di replica.

    26

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 gennaio 2015, la GSK ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione, ai sensi dell’articolo 115 del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

    27

    La Commissione ha depositato una controreplica il 25 febbraio 2015.

    28

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 marzo 2015, la ricorrente ha chiesto il trattamento riservato nei confronti della GSK relativamente ad alcuni elementi del ricorso, del controricorso e della replica, ivi compresi gli allegati.

    29

    Con ordinanza del 6 maggio 2015 il presidente della Sesta Sezione del Tribunale ha accolto la domanda d’intervento della GSK. La GSK ha depositato la sua memoria di intervento l’8 luglio 2015 e la Commissione e la ricorrente hanno presentato le loro osservazioni su tale memoria, rispettivamente, l’8 e il 9 settembre 2015.

    30

    Con ordinanza del 9 novembre 2015, EAEPC/Commissione (T‑574/14, non pubblicata, EU:T:2015:872), il presidente della Sesta Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di trattamento riservato nei confronti della GSK.

    31

    Il 18 aprile 2016 la presente causa è stata attribuita a un nuovo giudice relatore, appartenente inizialmente alla Terza Sezione e poi, in ragione della nuova composizione delle sezioni del Tribunale, alla Quarta Sezione, cui la presente causa è stata, conseguentemente, attribuita.

    32

    Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

    33

    Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 4 aprile 2017.

    34

    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    annullare la decisione impugnata;

    condannare la Commissione e le intervenienti alle spese.

    35

    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso in quanto infondato;

    condannare la ricorrente alle spese, comprese le spese da essa sostenute relative all’intervento.

    36

    Le intervenienti chiedono che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso;

    condannare la ricorrente alle spese, comprese le spese da esse sostenute relative all’intervento.

    In diritto

    37

    A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca tre motivi. Il primo motivo verte su un errore manifesto di valutazione nell’applicazione degli articoli 266, 101 e 105 TFUE e dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003 per quanto riguarda l’interpretazione delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, nonché su una violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto ad essere sentiti. Il secondo motivo, dedotto in subordine, verte su un errore manifesto di valutazione e su una violazione dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda l’interesse dell’Unione a proseguire l’indagine, nonché su una violazione del diritto ad essere sentiti. Il terzo motivo verte, in sostanza, su una motivazione insufficiente, in quanto la decisione impugnata non contiene l’analisi di alcuni elementi di fatto e di diritto trasmessi dalla ricorrente alla Commissione dopo la sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P.

    38

    La Commissione e la GSK contestano tutti gli argomenti della ricorrente.

    Sul primo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione nell’applicazione degli articoli 266, 101 e 105 TFUE e dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, riguardante l’interpretazione delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, nonché su una violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto ad essere sentiti

    39

    Con il suo primo motivo, la ricorrente fa valere che, respingendo la denuncia del 1999, la Commissione ha applicato in modo manifestamente erroneo gli articoli 266, 101 e 105 TFUE e l’articolo 7 del regolamento n. 1/2003. La decisione impugnata si baserebbe sulla premessa erronea che le sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P dichiarino la decisione del 2001 «nulla e non avvenuta», mentre tale decisione resta invece parzialmente valida nella parte in cui constata che l’accordo è contrario all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto dare esecuzione a dette sentenze non «conduce[ndo] una nuova indagine approfondita della denuncia [del 1999]», come indicato dalla Commissione, ma riprendendo il procedimento amministrativo dal momento esatto in cui l’illegittimità si è verificata, al fine di accertare se l’accordo poteva essere esentato sulla base dell’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE. Inoltre, la ricorrente sostiene che la Commissione, da un lato, sarebbe venuta meno al suo obbligo di motivazione ai sensi dell’articolo 296 TFUE, omettendo di spiegare per quale motivo riteneva la decisione del 2001 «nulla e non avvenuta», e, dall’altro lato, avrebbe violato il diritto della ricorrente ad essere sentita in merito agli effetti da attribuire alle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P.

    40

    Secondo la Commissione e le parti intervenienti, questo primo motivo è inconferente e, in ogni caso, infondato.

    Sulla pertinenza del primo motivo

    41

    La Commissione e le parti intervenenti sostengono che il primo motivo deve essere respinto in quanto inconferente, dato che un’eventuale interpretazione erronea degli effetti delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P non può incidere sulla legittimità della decisione impugnata. Più specificamente, il rigetto della denuncia del 1999 si baserebbe unicamente sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione nel trattamento delle denunce e l’argomento della ricorrente non può quindi legalmente condurre al suo annullamento. Non sarebbe nelle intenzioni della ricorrente, infatti, contestare la valutazione principale della Commissione sulla quale è basata la decisione impugnata, vale a dire la mancanza di un interesse dell’Unione al proseguimento delle indagini.

    42

    Occorre ricordare, in via preliminare, che, nell’ambito di un ricorso di annullamento, l’inconferenza di un motivo dedotto è riferita all’idoneità dello stesso – nel caso in cui sia fondato – a determinare l’annullamento richiesto dalla parte ricorrente (sentenze del 21 settembre 2000, EFMA/Consiglio, C‑46/98 P, EU:C:2000:474, punto 38, e del 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, T‑30/05, non pubblicata, EU:T:2007:267, punto 127).

    43

    Nel caso di specie, con il suo primo motivo, la ricorrente si basa sull’obbligo per la Commissione di rispettare il dispositivo delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P per constatare che la suddetta era tenuta, alla luce delle disposizioni degli articoli 266, 101 e 105 TFUE e dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, a pronunciarsi sulla questione se le condizioni per l’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE fossero soddisfatte, dando quindi, a fortiori, seguito alla sua denuncia nel merito. In altre parole, la ricorrente reputa che la Commissione non possa ritenere, salvo porsi in conflitto con tali sentenze, che non vi sia alcuna necessità di proseguire l’indagine. La Commissione, da un lato, dovrebbe rettificare gli atti illegittimi commessi nella decisione del 2001 e accertati nelle summenzionate sentenze e, dall’altro, non avrebbe avuto diritto a chiudere l’indagine per mancanza di interesse dell’Unione.

    44

    Ne consegue che, nei limiti in cui la decisione impugnata si fonda proprio su una mancanza di interesse dell’Unione a proseguire l’esame della denuncia, il primo motivo, qualora fosse fondato, potrebbe comportare l’annullamento richiesto dalla ricorrente.

    45

    Deriva da quanto precede che il presente motivo non può essere respinto a priori in quanto inconferente. Occorre pertanto esaminarne la fondatezza.

    Sulla fondatezza del primo motivo

    46

    Il primo motivo si suddivide, in sostanza, in tre parti, vertenti, in primo luogo, su una violazione dell’articolo 266 TFUE; in secondo luogo, su una violazione degli articoli 101 TFUE e 105 TFUE letti in combinato disposto con l’articolo 7 del regolamento n. 1/2003 e, in terzo luogo, su un difetto di motivazione e su una violazione del diritto ad essere sentiti.

    – Sulla prima parte del primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 266 TFUE

    47

    La ricorrente sostiene che la Commissione è venuta meno al suo obbligo di adottare tutte le misure necessarie per conformarsi alle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, violando in tal modo l’articolo 266 TFUE. La Commissione avrebbe interpretato tali sentenze in maniera erronea sostenendo, in primo luogo, che la decisione del 2001 era, in sostanza, «nulla e non avvenuta», in secondo luogo, di non essere «tenuta a dare seguito alla denuncia a causa dell’annullamento della decisione da parte della Corte» e, in terzo luogo, che occorreva «condurre una nuova indagine approfondita sulla base della denuncia [del 1999]». Infatti, la ricorrente fa valere che, a seguito di tali sentenze, da un lato, la decisione del 2001 è stata annullata solo parzialmente, in quanto l’articolo 1 di detta decisione che constatava l’infrazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non era stato annullato, e, dall’altro, la Commissione era unicamente tenuta a valutare, sulla base degli elementi di prova che la GSK le aveva già fornito, se suddetta infrazione così constatata poteva essere esentata sulla base dell’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE.

    48

    Va ricordato innanzitutto che, conformemente all’articolo 266, primo comma, TFUE, spettava all’istituzione dalla quale emanava l’atto annullato prendere le misure per conformarsi all’esecuzione della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P. Tali disposizioni prevedono una ripartizione di competenze tra l’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa, in forza della quale spetta all’istituzione dalla quale emana l’atto annullato stabilire quali provvedimenti siano necessari all’esecuzione di una sentenza di annullamento (v. sentenza del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione, T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

    49

    Secondo una giurisprudenza costante, le sentenze di annullamento pronunciate dai giudici dell’Unione godono, una volta divenute definitive, dell’autorità assoluta di cosa giudicata. Essa copre non solo il dispositivo della sentenza di annullamento, ma anche i motivi che ne costituiscono il sostegno necessario, e ne sono pertanto inseparabili (v. sentenza del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione, T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

    50

    L’autorità di cosa giudicata di una sentenza riguarda, tuttavia, unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi (sentenza del 19 febbraio 1991, Italia/Commissione, C‑281/89, EU:C:1991:59, punto 14). In tal senso, l’articolo 266 TFUE obbliga l’istituzione che ha emanato l’atto annullato solo nei limiti di quanto è necessario per assicurare l’esecuzione della sentenza di annullamento (sentenza del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punto 30).

    51

    L’annullamento parziale di un atto di diritto dell’Unione, pertanto, è possibile solo se gli elementi di cui si chiede l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto. Tale requisito non è soddisfatto quando l’annullamento parziale dell’atto produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dello stesso, circostanza che deve essere valutata sul fondamento di un criterio oggettivo e non di un criterio soggettivo legato alla volontà politica dell’autorità che ha adottato l’atto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

    52

    Il procedimento inteso alla sostituzione di un atto annullato deve, inoltre, essere ripreso nel punto esatto in cui l’illegittimità è intervenuta (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 1986, Consiglio/Parlamento, 34/86, EU:C:1986:291, punto 47), in quanto l’annullamento di un atto non incide necessariamente sugli atti preparatori (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 1990, Fédesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 34). L’annullamento di un atto che pone fine ad un procedimento amministrativo comprendente varie fasi non comporta necessariamente l’annullamento di tutto il procedimento precedente l’adozione dell’atto impugnato indipendentemente dai motivi, di merito o procedurali, della sentenza di annullamento (v. sentenza del 15 ottobre 1998, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, T‑2/95, EU:T:1998:242, punto 91 e la giurisprudenza citata). L’autore dell’atto deve pertanto collocarsi alla data in cui esso aveva adottato l’atto annullato per adottare quello sostitutivo [v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 2006, O2 (Germany)/Commissione, T‑328/03, Racc., EU:T:2006:116, punti 4748]. Esso può tuttavia invocare, nella sua nuova decisione, motivi diversi da quelli sui quali aveva fondato la sua prima decisione (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punti da 30 a 32). Inoltre, esso non è tenuto a pronunciarsi nuovamente su aspetti della decisione iniziale che non sono stati rimessi in discussione dalla sentenza di annullamento (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 1997, Tremblay e a./Commissione, T‑224/95, EU:T:1997:187, punto 53).

    53

    È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre verificare se la Commissione, nel caso di specie, abbia adottato le misure per conformarsi alla sentenza della Corte nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P e, in tale contesto, esaminare in particolare se il dispositivo e la motivazione di tali sentenze imponessero alla Commissione di dare seguito alla denuncia del 1999 indipendentemente dalla sussistenza di un interesse dell’Unione a tal fine.

    54

    In via preliminare, vanno ricordati la motivazione e il dispositivo delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, al fine di meglio valutare le misure necessarie per conformarsi a tali sentenze.

    55

    Da un lato, per quanto riguarda la violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre ricordare che, con la sentenza nella causa T‑168/01, il Tribunale ha ritenuto, in sostanza, che l’accordo non aveva per «oggetto», ma per «effetto», una restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE (v. punto 8 supra). La Corte, tuttavia, ha constatato che l’accordo aveva per «oggetto» di restringere la concorrenza e che, pertanto, il Tribunale era incorso in un errore di diritto nella motivazione della sentenza. Tuttavia, tale errore di diritto non era, secondo la Corte, tale da comportare l’annullamento della sentenza pronunciata nella causa T‑168/01, dal momento che il dispositivo di tale sentenza su questo punto appariva fondato, in quanto confermava, in sostanza, che l’accordo violava l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v. punto 9 supra). Ne consegue che l’articolo 1 della decisione del 2001, citato al precedente punto 6, il quale constata la violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, non è mai stato effettivamente annullato.

    56

    Dall’altro lato, per quanto riguarda la violazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, si deve rammentare che il Tribunale, dopo aver concluso che la Commissione non aveva esaminato correttamente la domanda di esenzione dell’accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, ha annullato gli articoli da 2 a 4 della decisione del 2001, concludendo, ai punti 319 e 320 della sentenza nella causa T‑168/01, che, «[c]onformemente all’art[icolo 266, primo comma, TFUE], la Commissione [era] tenuta a prendere i provvedimenti che comporta[va] l’esecuzione della presente sentenza» e che«[a] questo scopo, sebbene la procedura di notifica prevista dal regolamento n. 17 non esist[esse] più in vigenza del regolamento [n. 1/2003], la Commissione, tenuto conto dell’annullamento parziale della [decisione impugnata] e degli effetti retroattivi ad esso connessi, d[oveva] pronunciarsi in merito alla richiesta di esenzione presentata dalla GSK, per la qual cosa d[oveva] collocarsi alla data di quest’ultima (…) nei limiti in cui continu(ava) ad esserne investita». La Corte ha confermato l’analisi del Tribunale a tale riguardo, ritenendo che «non spetta[va] al Tribunale sostituire le proprie valutazioni economiche a quelle dell’autore della decisione di cui d[oveva] verificar[e] la legittimità» (sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, punto 163). Ne consegue, come risulta dal dispositivo della sentenza nella causa T‑168/01, che gli articoli da 2 a 4 della decisione del 2001, citati al precedente punto 6, sono stati annullati.

    57

    Deriva da quanto precede che, per conformarsi alle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, la Commissione doveva, a fronte dell’effetto retroattivo dell’annullamento parziale della decisione del 2001, pronunciarsi unicamente in merito alla domanda di esenzione presentata dalla GSK, collocandosi alla data della notificazione dell’accordo e svolgendo, di conseguenza, il proprio esame nell’ambito del regolamento n. 17. Nel vecchio regime dell’autorizzazione amministrativa del regolamento n. 17, soltanto la Commissione poteva, infatti, adottare una decisione a seguito di una domanda di esenzione individuale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, non disponendo tale istituzione di un potere discrezionale di decidere o meno dell’esame della domanda di esenzione. Conformemente alla giurisprudenza, peraltro, il fatto che il regolamento n. 1/2003, che disciplina dal 1o maggio 2004 l’attuazione delle norme in materia di concorrenza previste dagli articoli 101 e 102 TFUE, ha abrogato la procedura di notificazione precedentemente esistente resterebbe senza conseguenze sull’esecuzione di una sentenza che accogliesse una domanda di annullamento [v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 2006, O2 (Germany)/Commissione, T‑328/03, EU:T:2006:116, punto 48].

    58

    Tuttavia, come risulta dal punto 320 della sentenza nella causa T‑168/01, la Commissione doveva pronunciarsi in merito alla domanda di esenzione unicamente «nei limiti in cui continu[ava] ad esserne investita». In altre parole, essa era esonerata da tale obbligo solo qualora il richiedente avesse deciso di ritirare la propria domanda. Ciò è per l’appunto quanto si è verificato nel caso di specie, giacché, in data 26 gennaio 2010, alcuni mesi dopo la sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, la GSK ha ritirato la sua domanda di attestazione negativa o di esenzione individuale del 6 marzo 1998 basata sull’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Di conseguenza, la Commissione non era più concretamente obbligata a pronunciarsi su una domanda di esenzione di cui non era più investita.

    59

    Per quanto riguarda il presunto obbligo della Commissione di dar seguito alla denuncia del 1999 per il solo fatto che la richiesta di riesame, presentata dalla ricorrente, verteva sulla decisione del 2001 che è stata annullata solo parzialmente, si deve constatare che l’articolo 266 TFUE obbliga l’istituzione che ha emanato l’atto annullato solo nei limiti di quanto è necessario per assicurare l’esecuzione della sentenza di annullamento (v. punto 50 supra). Come giustamente osservato dalle parti intervenienti, il Tribunale, al punto 320 della sentenza nella causa T‑168/01, ha espressamente chiesto alla Commissione di pronunciarsi in merito alla domanda di esenzione e non in merito alle diverse denunce depositate contro la GSK.

    60

    Di conseguenza, poiché la domanda di attestazione negativa o di esenzione presentata dalla GSK non era più pendente dinanzi alla Commissione, quest’ultima ha rispettato la motivazione e il dispositivo della sentenza nella causa T‑168/01 ai sensi dell’articolo 266 TFUE, in quanto da tale sentenza non risulta che la Commissione era obbligata a svolgere una nuova indagine sulle denunce relative alla decisione del 2001, ma lo era unicamente per quanto riguarda la domanda di esenzione.

    61

    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti della ricorrente vertenti su una valutazione manifestamente errata degli effetti delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P ai considerando 9, 18 e 46 della decisione impugnata.

    62

    Per quanto riguarda, innanzitutto, la qualificazione asseritamente erronea della decisione del 2001 come, in sostanza, «nulla e non avvenuta», occorre constatare che, come risulta dai precedenti punti 55 e 56, le sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P hanno avuto chiaramente l’effetto di annullare parzialmente la decisione del 2001, avendo annullato non l’articolo 1 ma unicamente gli articoli da 2 a 4 di tale decisione.

    63

    Ne consegue che la valutazione della Commissione, di cui ai considerando 9 e 46 della decisione impugnata secondo la quale, rispettivamente, «[l]a sentenza della Corte ha avuto l’effetto di rendere nulla la decisione del 2001, che doveva essere considerata come mai adottata dalla Commissione» e «dato che risulta nel caso di specie dalla sentenza della Corte che la decisione [del 2001] è ritenuta nulla e non avvenuta e che deve essere considerata come mai adottata, la Commissione non è tenuta a dare seguito alla denuncia a causa dell’annullamento della decisione [2001] da parte della Corte», è erronea, poiché l’articolo 1 della decisione del 2001 in realtà non è mai stato annullato.

    64

    Lo stesso vale per la formulazione, quantomeno ambigua, del punto 18 della decisione impugnata, secondo la quale la Commissione avrebbe dovuto «condurre una nuova indagine approfondita sulla base della denuncia [del 1999]», qualora tale frase dovesse essere interpretata come riferita a una nuova indagine su tutti gli aspetti dell’articolo 101 TFUE, ivi compresa la sussistenza stessa della violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, come sostiene la ricorrente.

    65

    Inoltre, tali conclusioni non possono essere inficiate dall’argomento della Commissione secondo cui, da un lato, gli effetti giuridici della decisione del 2001 deriverebbero unicamente dagli articoli da 2 a 4 di tale decisione, che sono stati annullati, e non dal suo articolo 1, e, dall’altro, nell’ambito del precedente regime del regolamento n. 17, la GSK non avrebbe violato l’articolo 101 TFUE nel suo complesso, poiché la situazione si sarebbe presentata come se non fosse stata adottata nessuna decisione in merito alla domanda di esenzione.

    66

    Tuttavia, anche se la Commissione ha omesso di tenere conto del fatto che l’articolo 1 della decisione del 2001 era ancora valido, occorre rilevare che, come constatato ai precedenti punti 57 e 58, nel regime del regolamento n. 17, la Commissione non aveva più alcun obbligo di adottare misure di esecuzione una volta ritirata dalla GSK la domanda di attestazione negativa o di esenzione. Pertanto, adita il 9 aprile 2013, ossia più di tre anni dopo la revoca, il 26 gennaio 2010, della domanda di attestazione negativa o di esenzione della GSK, con la domanda di riesame della denuncia del 1999, la Commissione era autorizzata a trattare la denuncia del 1999 alla luce delle nuove circostanze, ivi incluso il fatto che la domanda di attestazione negativa o di esenzione era stata nel frattempo ritirata. Dato il contesto fattuale molto particolare, la Commissione era quindi autorizzata a valutare l’interesse dell’Unione alla data di adozione della decisione impugnata, malgrado la decisione del 2001 rimanesse parzialmente in vigore.

    67

    Alla luce di quanto precede, va respinta la parte del motivo vertente sulla violazione dell’articolo 266 TFUE.

    – La seconda parte del primo motivo, vertente su una violazione degli articoli 101 e 105 TFUE letti in combinato disposto con l’articolo 7 del regolamento n. 1/2003

    68

    In primo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione, decidendo di «abbandonare il caso» in seguito al ritiro da parte della GSK della domanda di esenzione, è venuta meno al suo obbligo ex articolo 105 TFUE di vigilare affinché sia applicato l’articolo 101 del TFUE. Secondo la ricorrente, sia nella vigenza del precedente regolamento n. 17 sia in quella del regolamento n.1/2003, dal momento che era stata individuata dalla Commissione un’infrazione del tipo «per oggetto» all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e che la GSK si rifiutava di provare che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE potessero essere soddisfatte, la Commissione avrebbe avuto un’unica alternativa per non violare l’articolo 105 TFUE: effettuare essa stessa l’analisi richiesta dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE «con mezzi propri» o, qualora questa prima opzione non fosse stata realizzabile, vietare l’accordo ed impedire la reiterazione del comportamento. Nel caso di specie, la Commissione avrebbe dovuto considerare che, ritirando la sua domanda di esenzione, la GSK rinunciasse a difendersi sulla base dell’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE.

    69

    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto almeno sostituire gli articoli 3 e 4 della decisione del 2001, annullati dalle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, con una nuova decisione che definisse le conseguenze dell’infrazione accertata, conformemente all’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, il quale prevede che essa deve «far cessare effettivamente l’infrazione», e in ossequio al principio della certezza del diritto, in quanto la Commissione è tenuta ad informare le imprese in modo chiaro e preciso sulle conseguenze della constatazione di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

    70

    In terzo luogo, la ricorrente ricorda che la Commissione ha sempre la facoltà di prendere decisioni individuali ai sensi dell’articolo 101 TFUE e in forza dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, anche qualora un’autorità nazionale garante della concorrenza si stia già occupando del caso. Infatti, nella replica, essa rileva che, nel caso di specie, la Commissione aveva privato l’autorità spagnola della competenza a continuare a trattare il caso che riguardava il sistema della doppia tariffazione della GSK (v. decisione R 515/02 dell’autorità spagnola garante della concorrenza del 30 giugno 2003). Pertanto, la Commissione sarebbe stata tenuta a dare seguito all’inchiesta alla luce della lettera e dello spirito dell’articolo 105 TFUE e degli articoli 7 e 11 del regolamento n. 1/2003.

    71

    In via preliminare, va rilevato che, secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 7 del regolamento n. 1/2003 non conferisce all’autore di una denuncia il diritto di esigere dalla Commissione una decisione definitiva quanto alla sussistenza o meno dell’asserita infrazione e non obbliga la Commissione a proseguire comunque il procedimento sino allo stadio di una decisione finale [v., in tal senso, sentenze del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C‑56/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:575, punti 5782, e dell’11 gennaio 2017, Topps Europe/Commissione, T‑699/14, non pubblicata, EU:T:2017:2, punto 61; v. anche punto 41 della comunicazione della Commissione sulla procedura applicabile alle denunce presentate alla Commissione ai sensi degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, C 101, pag. 65; in prosieguo: la «comunicazione sulla procedura applicabile alle denunce»)].

    72

    La Commissione, infatti, investita dall’articolo 105, paragrafo 1, TFUE del compito di vigilare sull’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, è chiamata a definire e ad attuare la politica della concorrenza dell’Unione. Tuttavia, la Commissione dispone soltanto di risorse limitate, che deve utilizzare per agire nei confronti di un numero potenzialmente elevato di condotte contrastanti con il diritto della concorrenza. Quindi, al fine di svolgere efficacemente tale compito, la Commissione ha il diritto di attribuire un diverso grado di priorità alle denunce ad essa presentate e dispone a tal fine di un potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza dell’11 gennaio 2017, Topps Europe/Commissione, T‑699/14, non pubblicata, EU:T:2017:2, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

    73

    Al fine di valutare l’interesse dell’Unione a proseguire l’esame di un caso, la Commissione deve tener conto delle circostanze della fattispecie e, segnatamente, degli elementi di fatto e di diritto esposti nella denuncia presentatale (v. sentenza del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑450/98 P, EU:C:2001:276, punto 57 e giurisprudenza ivi citata). Spetta, in particolare, alla Commissione, dopo avere valutato, con tutta l’attenzione necessaria, gli elementi di fatto e di diritto addotti dalla parte autrice della denuncia, mettere a confronto la rilevanza dell’asserita infrazione per il funzionamento del mercato comune, la probabilità di poterne accertare l’esistenza e la portata delle misure istruttorie necessarie al fine di adempiere, nel miglior modo possibile, al proprio compito di vigilanza sul rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE (sentenze del 18 settembre 1992, Automec/Commissione, T‑24/90, EU:T:1992:97, punto 86, e del 12 settembre 2007, UFEX e a./Commissione, T‑60/05, EU:T:2007:269, punto 178).

    74

    Tuttavia, siccome la valutazione dell’interesse dell’Unione rappresentato da una denuncia dipende dalle circostanze di ogni singolo caso, il numero dei criteri di valutazione che possono essere applicati dalla Commissione non va limitato né, viceversa, la Commissione deve essere tenuta a ricorrere esclusivamente a determinati criteri. In considerazione del fatto che, in un settore come il diritto della concorrenza, il contesto fattuale e giuridico può variare considerevolmente da un caso all’altro, è possibile, da un lato, applicare criteri che possono variare notevolmente invece di criteri predeterminati ad applicazione obbligatoria e, dall’altro lato, applicare criteri che non erano stati considerati in precedenza o privilegiare un unico criterio per valutare il suddetto interesse dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C‑56/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:575, punto 85 e giurisprudenza ivi citata, e dell’11 gennaio 2017, Topps Europe/Commissione, T‑699/14, non pubblicata, EU:T:2017:2, punto 65 e giurisprudenza ivi citata; v. anche punto 43 della comunicazione sulla procedura applicabile alle denunce).

    75

    Occorre rammentare altresì la giurisprudenza secondo cui la Commissione è legittimata ad adottare un provvedimento di archiviazione di una denuncia per mancanza di interesse dell’Unione sufficiente non soltanto prima di aver avviato l’istruzione della pratica, ma anche dopo aver adottato provvedimenti di istruzione, qualora concluda in tal senso in questa fase del procedimento (v., in tal senso, sentenze del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑449/98 P, EU:C:2001:275, punto 37, e del 24 gennaio 1995, BEMIM/Commissione, T‑114/92, EU:T:1995:11, punto 81; v. anche punto 45 della comunicazione della Commissione sulla procedura applicabile alle denunce).

    76

    Tuttavia, il potere discrezionale della Commissione non è illimitato. Da un lato, al fine di valutare l’interesse dell’Unione a proseguire l’esame di un caso, la Commissione deve prendere in considerazione tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti al fine di decidere del seguito da dare ad una denuncia. Essa deve, più in particolare, esaminare con attenzione gli elementi di fatto e di diritto esposti dal denunciante (v., in tal senso, sentenze del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑450/98 P, EU:C:2001:276, punto 57 e giurisprudenza ivi citata, e dell’11 luglio 2013, BVGD/Commissione, T‑104/07 e T‑339/08, non pubblicata, EU:T:2013:366, punto 157 e giurisprudenza ivi citata; v. anche punto 42 della comunicazione della Commissione sulla procedura applicabile alle denunce). A tale riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che, quando le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale, il rispetto nei procedimenti amministrativi delle garanzie approntate dall’ordinamento giuridico dell’Unione riveste un’importanza ancor più fondamentale e che tra dette garanzie si annovera in particolare l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato ed imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (v. sentenza del 21 gennaio 2015, easyJet Airline/Commissione, T‑355/13, EU:T:2015:36, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

    77

    Da un lato, la Commissione è vincolata a un obbligo di motivazione quando rifiuta di continuare l’esame di una denuncia. Poiché la motivazione dev’essere sufficientemente precisa e dettagliata in modo da consentire al Tribunale di svolgere un effettivo controllo sull’esercizio da parte della Commissione del suo potere discrezionale di definire determinate priorità, tale istituzione deve menzionare i dati di fatto dai quali dipende la giustificazione della decisione e le considerazioni giuridiche che l’hanno indotta ad adottarla (sentenza del 4 marzo 1999, Ufex e a./Commissione, C‑119/97 P, EU:C:1999:116, punti 9091, e ordinanza del 31 marzo 2011, EMC Development/Commissione, C‑367/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:203, punto 75).

    78

    Infine, è opportuno rilevare che il controllo del giudice dell’Unione sull’esercizio, da parte della Commissione, del potere discrezionale riconosciutole in materia di esame delle denunce non deve condurlo a sostituire la propria valutazione dell’interesse dell’Unione a quella della Commissione, bensì a verificare se la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da errori di diritto, da manifesti errori di valutazione o da sviamento di potere (v. sentenza del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, EU:T:2010:517, punto 65 e giurisprudenza ivi citata). Non spetta al Tribunale, infatti, sostituire la propria valutazione dell’interesse dell’Unione a quella della Commissione, esaminando se altri criteri rispetto a quelli utilizzati dalla Commissione nella decisione impugnata avrebbero dovuto indurre quest’ultima a concludere nel senso della sussistenza di un interesse dell’Unione alla prosecuzione dell’esame di un caso [v. sentenze del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 89 (non pubblicata), e del 30 settembre 2016, Trajektna luka Split/Commissione, T‑70/15, EU:T:2016:592, punto 76 (non pubblicata)]. Parimenti, secondo una giurisprudenza costante in materia di rigetto delle denunce, l’accertamento della Commissione vertente su allegazioni di violazione degli articoli 101 o 102 TFUE implica valutazioni economiche complesse, e ciò a maggior ragione quando la Commissione svolge analisi prospettiche, rispetto alle quali il controllo del giudice dell’Unione deve limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza di errori manifesti di valutazione e di sviamento di potere (v. sentenza del 27 settembre 2006, Haladjian Frères/Commissione, T‑204/03, EU:T:2006:273, punto 30 e giurisprudenza ivi citata; sentenza dell’11 luglio 2013, Spira/Commissione, T‑108/07 e T‑354/08, non pubblicata, EU:T:2013:367, punto 185).

    79

    È alla luce di tali principi che disciplinano le decisioni di rigetto delle denunce da parte della Commissione che occorre esaminare le censure della ricorrente.

    80

    Nel caso di specie, la ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione avrebbe dovuto conformarsi alle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, ai sensi dell’articolo 105 TFUE letto in combinato disposto con l’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, vuoi esaminando se il comportamento anticoncorrenziale per oggetto potesse essere esentato in forza dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, vuoi vietando l’accordo e impedendo che la condotta si ripetesse. In altri termini, la ricorrente fa valere che la Commissione avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva circa la sussistenza o meno della violazione segnalata nella denuncia del 1999.

    81

    In primo luogo, si deve ricordare, da un lato, che, secondo la giurisprudenza costante citata ai precedenti punti da 71 a 79, la Commissione dispone di un potere discrezionale per quanto riguarda l’istruzione di casi a seguito di una denuncia e che essa non è tenuta ad adottare una decisione definitiva circa la sussistenza o meno della violazione segnalata nella denuncia. L’obbligo per la Commissione di prendere in considerazione gli elementi di diritto e di fatto pertinenti al fine di decidere del seguito da dare ad una denuncia verte, nel caso di una denuncia respinta per mancanza di interesse dell’Unione, non sugli elementi costitutivi di un’infrazione dell’articolo 101 o dell’articolo 102 TFUE, ma sugli elementi pertinenti al criterio adottato al fine di determinare suddetta mancanza di interesse dell’Unione (sentenza dell’11 luglio 2013, Spira/Commissione, T‑108/07 e T‑354/08, non pubblicata, EU:T:2013:367, punto 155).

    82

    Ne consegue che, non essendo la Commissione tenuta ex lege ad adottare una decisione definitiva circa la sussistenza o meno della violazione segnalata in una denuncia, si deve statuire che, indipendentemente dalla fondatezza dell’argomento relativo all’erronea interpretazione della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, la ricorrente non può sostenere che la Commissione era tenuta a statuire definitivamente sulla sussistenza o meno di un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 101 TFUE e, più in particolare, a pronunciarsi sulla questione se un comportamento che viola l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE soddisfi comunque le quattro condizioni per l’ottenimento di un’esenzione individuale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

    83

    Occorre ricordare, d’altro canto e a complemento, che la sussistenza del potere discrezionale della Commissione non dipende dal grado più o meno avanzato dell’istruzione di un caso. Secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 75, infatti, la Commissione può adottare una decisione di archiviazione di una denuncia per mancanza di sufficiente interesse dell’Unione non soltanto prima di aver avviato l’istruzione del caso, ma anche dopo aver adottato provvedimenti di istruzione, qualora concluda in tal senso in quella fase del procedimento. Di conseguenza, il potere discrezionale della Commissione si applica a prescindere dalla fase del procedimento, indipendentemente dal fatto che la richiesta riguardi l’esame di una nuova denuncia o, come nel caso di specie, di una denuncia pendente dinanzi alla Commissione a seguito di un procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione.

    84

    In secondo luogo, per quanto riguarda, più specificamente, l’asserita infrazione all’articolo 101 TFUE letto in combinato disposto con l’articolo 105 TFUE, è vero che la Commissione è investita del compito di vigilare sull’applicazione dei principi fissati dall’articolo 101 TFUE istruendo i casi di presunta infrazione e proponendo «i mezzi atti a porvi termine». Tuttavia, nel caso di specie, non solo l’applicazione dell’accordo era stata sospesa fin dall’ottobre del 1998 dal Tribunal de Defensa de la Competencia (Tribunale della concorrenza), ma la Commissione ha verificato l’assenza sia di effetti persistenti del comportamento della GSK sul mercato nel 1998 sia di rischi di reiterazione dell’infrazione (v. punti da 18 a 20 supra).

    85

    In terzo luogo, per quanto riguarda la presunta violazione dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003 e del principio della certezza del diritto per aver omesso di sostituire gli articoli 3 e 4 della decisione del 2001, come rileva la Commissione, l’articolo 7 di detto regolamento prevede che essa «può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata», lasciando loro quindi la scelta di come far rispettare il diritto della concorrenza. La Commissione ha ritenuto che, in mancanza di un interesse dell’Unione a proseguire l’esame di un accordo non più in vigore da molto tempo e che non produceva più effetti persistenti, non era necessario adottare una decisione ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003. Al riguardo, la legittimità della decisione impugnata per quanto riguarda la mancanza di interesse dell’Unione a proseguire l’esame della denuncia sarà esaminata nell’ambito del secondo motivo (v. punti da 97 a 138 infra).

    86

    In quarto luogo, per quanto riguarda il rinvio operato dalla ricorrente all’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, va rilevato che, certamente, la decisione della Commissione di avviare un procedimento finalizzato all’adozione di una decisione ha avuto l’effetto di privare l’autorità spagnola garante della concorrenza della sua competenza ad applicare l’articolo 101 TFUE al caso di specie. Tuttavia, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la sola circostanza che è stato avviato un procedimento e che l’autorità spagnola garante della concorrenza è stata privata della sua competenza non significa che la Commissione fosse tenuta ad adottare una decisione ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003. Come indicato al precedente punto 83, la Commissione può adottare una decisione di archiviazione di una denuncia per mancanza di interesse dell’Unione sufficiente anche dopo aver adottato provvedimenti di istruzione, qualora concluda in tal senso in quella fase del procedimento. Inoltre, nulla osta a che l’autorità garante della concorrenza spagnola recuperi la sua competenza ad applicare l’articolo 101 TFUE come risultato del rigetto della denuncia del 1999. Risulta, infatti, dalla giurisprudenza, che l’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 non fa perdere alle autorità nazionali garanti della concorrenza la loro competenza in via permanente, ma unicamente finché dura il procedimento dinanzi alla Commissione (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punti da 68 a 92).

    87

    In quinto luogo e ad abundantiam, si deve osservare che, come indicato dalla Commissione nelle sue osservazioni, a seguito della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, essa ha riesaminato il caso e intrapreso una serie di azioni che hanno condotto, in particolare, all’apertura di un’indagine separata avente ad oggetto le pratiche correnti in materia di prezzi legate al commercio parallelo in Spagna (caso AT.39973 – Regime dei prezzi per la distribuzione di medicinali in Spagna). Non è pertanto corretto affermare che la Commissione ha deciso di «abbandonare» il caso, come sostiene la ricorrente.

    88

    La seconda parte del primo motivo va quindi respinta in quanto infondata.

    – Sulla terza parte del primo motivo, vertente su un difetto di motivazione e una violazione del diritto ad essere sentiti

    89

    Da un lato, la ricorrente fa valere che la Commissione è venuta meno al proprio obbligo di motivazione ai sensi dell’articolo 296 TFUE, in particolare, omettendo di far apparire, nella decisione impugnata, le ragioni per cui essa ha ritenuto che anche l’articolo 1 della decisione del 2001 fosse stato annullato dalle sentenze pronunciate nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P.

    90

    Dall’altro lato, la ricorrente ritiene che, in assenza di qualsiasi riferimento agli effetti delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P nella lettera del 6 giugno 2013, con cui la Commissione le aveva comunicato la sua intenzione di respingere la denuncia del 1999, essa non ha mai avuto la possibilità di presentare osservazioni scritte in merito all’interpretazione da dare a dette sentenze, di modo che era stato violato il suo diritto ad essere sentita ai sensi dell’articolo 27 del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 11 del regolamento n. 773/2004.

    91

    In primo luogo, per quanto riguarda la censura relativa a un difetto di motivazione, occorre rilevare che secondo giurisprudenza costante la motivazione di un atto deve essere adeguata alla natura dell’atto in esame e deve fare apparire, in forma chiara e inequivocabile, l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

    92

    Nel caso di specie, risulta dalla motivazione della decisione impugnata che la Commissione ha ritenuto che un intervento supplementare da parte sua non fosse nell’interesse dell’Unione per la ragioni chiaramente espresse sia nella suddetta decisione (v. punti da 18 a 21 supra) sia nella lettera del 6 giugno 2013, inviata ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004. La Commissione ha, quindi, esposto gli elementi di fatto dai quali dipende la giustificazione della decisione impugnata e le considerazioni di diritto che l’hanno indotta ad adottarla (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2012, Comité de défense de la viticulture charentaise/Commissione, T‑192/07, non pubblicata, EU:T:2012:116, punto 69 e giurisprudenza ivi citata). La circostanza che la Commissione non abbia correttamente o sufficientemente analizzato gli effetti delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P non modifica in alcun modo tale conclusione (v. anche punto 106 infra). Inoltre, occorre notare a tale proposito che la Commissione non è tenuta a esprimersi su tutti gli argomenti addotti dai denuncianti a sostegno della loro denuncia. È sufficiente che essa esponga i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’impianto della decisione (v. sentenza del 12 luglio 2007, AEPI/Commissione, T‑229/05, non pubblicata, EU:T:2007:224, punto 61 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 17 gennaio 1984, VBVB e VBBB/Commissione, 43/82 e 63/82, EU:C:1984:9, punto 22). Di conseguenza, la ricorrente non può validamente sostenere che la decisione impugnata presenta un difetto di motivazione su questo punto.

    93

    In secondo luogo, per quanto riguarda l’asserita violazione del diritto ad essere sentiti, il Tribunale rammenta che dalla giurisprudenza risulta che il procedimento aperto a seguito di una denuncia non costituisce un procedimento in contraddittorio tra le società interessate, ma un procedimento avviato dalla Commissione, a seguito di una domanda, al fine di adempiere il proprio compito di vigilare sul rispetto delle norme sulla concorrenza. Ne consegue che le imprese contro cui il procedimento è avviato e quelle che hanno presentato una denuncia non si trovano nella stessa situazione procedurale e che queste ultime non possono avvalersi dei diritti di difesa. I denuncianti, invece, devono essere messi in condizione di tutelare i loro legittimi interessi nell’ambito del procedimento avviato dalla Commissione e, pertanto, devono essere strettamente associati al procedimento, anche se i loro diritti procedurali non sono ampi come i diritti di difesa delle imprese nei confronti delle quali la Commissione conduce le indagini (v., in tal senso, sentenze del 17 novembre 1987, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, 142/84 e 156/84, EU:C:1987:490, punti 1920, e del 30 novembre 2000, Industrie des poudres sphériques/Commissione, T‑5/97, EU:T:2000:278, punto 229; v. anche il considerando 8 del regolamento n. 773/2004 e il punto 59 della comunicazione sul trattamento delle denunce). Dalla giurisprudenza risulta, inoltre, che i terzi non possono pretendere di disporre di un diritto di accesso al fascicolo in possesso della Commissione secondo modalità identiche a quelle cui possono aver diritto le imprese oggetto di indagini (sentenze del 15 luglio 1994, Matra Hachette/Commissione, T‑17/93, EU:T:1994:89, punto 34; del 30 marzo 2000, Kish Glass/Commissione, T‑65/96, EU:T:2000:93, punto 34, e del 30 novembre 2000, Industrie des poudres sphériques/Commissione, T‑5/97, EU:T:2000:278, punto 229; v. anche il punto 59 della comunicazione della Commissione sulla procedura applicabile alle denunce). Risulta altresì dai punti 7, 8, 30 e 31 della comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della Commissione nei casi relativi all’applicazione degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE], degli articoli 53, 54 e 57 dell’accordo SEE e del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (GU 2005, C 325, pag. 7), che il diritto di accesso dei denuncianti è limitato ai documenti su cui la Commissione basa la sua valutazione provvisoria e non ha la stessa portata del diritto di accesso al fascicolo della Commissione accordato alle persone, imprese o associazioni d’imprese alle quali la Commissione ha inviato la comunicazione degli addebiti, che riguarda tutti i documenti ottenuti, prodotti o raccolti dalla Commissione nel corso dell’indagine.

    94

    Nel caso di specie, con lettera del 6 giugno 2013 inviata a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, la Commissione ha indicato gli elementi determinanti riguardo alla mancanza di interesse dell’Unione a proseguire l’esame della denuncia, tra i quali, nell’ambito della sua valutazione provvisoria, non rientrava l’interpretazione delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P. A tal riguardo, la ricorrente non ha dimostrato in che modo essa sarebbe stata privata della possibilità di presentare osservazioni scritte sugli effetti delle sentenze citate, poiché, nella lettera del 18 luglio 2013, da un lato, essa riassume la lettera della Commissione del 6 giugno 2013 come «descrittiva delle azioni intraprese dalla Commissione a seguito della sentenza della Corte» e, dall’altro lato, al punto 4.3, intitolato «Obbligo della Commissione ex articolo 266 TFUE», essa presenta la propria interpretazione degli effetti delle suddette sentenze, senza lamentare l’assenza di analisi delle medesime nella lettera della Commissione.

    95

    Ne consegue, pertanto, che non può essere riscontrata alcuna delle presunte violazioni invocate dalla ricorrente nell’ambito della terza parte del primo motivo di ricorso.

    96

    Per le ragioni esposte ai precedenti punti da 47 a 95, il primo motivo deve essere respinto in toto in quanto infondato.

    Sul secondo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione nell’applicazione degli articoli 101 e 105 TFUE, su un difetto di motivazione in violazione dell’articolo 296 TFUE nel valutare la sussistenza di un interesse dell’Unione e su una violazione del diritto della ricorrente ad essere sentita

    97

    Con il suo secondo motivo, dedotto in subordine, la ricorrente contesta l’insieme delle valutazioni che hanno indotto la Commissione a respingere la denuncia del 1999 per mancanza di interesse dell’Unione. Più specificamente, la Commissione avrebbe violato gli articoli 101 e 105 TFUE nell’ambito della valutazione dell’interesse dell’Unione, l’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 TFUE e il diritto fondamentale ad essere sentiti ai fini della valutazione dell’interesse dell’Unione a procedere con l’indagine.

    98

    Innanzitutto, pur ammettendo che la Commissione abbia il potere discrezionale per rigettare una denuncia, la ricorrente sostiene che il caso presenta una «peculiarità», in quanto la Commissione ha segnatamente adottato una decisione che è stata oggetto di due importanti sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, alla luce delle quali non si può concludere che manca un interesse dell’Unione.

    99

    Inoltre, riferendosi ai vari criteri che la giurisprudenza ha ritenuto pertinenti per la valutazione dell’interesse dell’Unione, la ricorrente afferma che la decisione impugnata menziona in maniera selettiva ed erronea solamente tre motivi su cui la Commissione fonda la mancanza di interesse dell’Unione: in primo luogo, il fatto che l’infrazione segnalata nella denuncia del 1999 era cessata ormai da molti anni; in secondo luogo, il fatto che l’infrazione in questione non produceva effetti persistenti e, in terzo luogo, il fatto che il caso era stato e poteva ancora essere trattato dai tribunali e dalle autorità nazionali.

    100

    Il secondo motivo si articola, in sostanza, in quattro parti.

    Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulla sussistenza di un interesse dell’Unione per il solo fatto che sono state pronunciate le sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P

    101

    La ricorrente sostiene che sussiste un interesse dell’Unione in ragione della peculiarità del caso in oggetto che lo distingue da quelli fin qui esaminati dai giudici dell’Unione vertenti sull’interesse dell’Unione a proseguire l’esame della denuncia: si tratta dell’adozione da parte della Commissione di una decisione che è stata oggetto di due sentenze pronunciate dalla Corte e dal Tribunale, nello specifico le sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, ampiamente dibattute in dottrina.

    102

    Per rispondere agli argomenti della ricorrente, conformemente alla giurisprudenza, si deve accertare se la decisione impugnata, nel rigettare la denuncia del 1999 sulla base dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 773/2004, non sia fondata su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da nessun errore di diritto né da nessun errore manifesto di valutazione o da uno sviamento di potere (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2010, CEAHR/Commissione, T‑427/08, EU:T:2010:517, punto 65 e giurisprudenza ivi citata). Non spetta, infatti, al Tribunale sostituire la propria valutazione dell’interesse dell’Unione a quella della Commissione, esaminando se altri criteri rispetto a quelli utilizzati dalla Commissione nella decisione impugnata avrebbero dovuto indurre quest’ultima a concludere nel senso della sussistenza di un interesse dell’Unione alla prosecuzione dell’esame di un caso [sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 89 (non pubblicata)].

    103

    Nel caso di specie, in primo luogo, il fatto che la Commissione non abbia preso in considerazione gli effetti delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P ai fini della valutazione della sussistenza dell’interesse dell’Unione non costituisce una circostanza illegittima. La Commissione, infatti, come già rilevato, da un lato, dispone di un potere discrezionale nella scelta dei criteri da applicare nella valutazione della sussistenza di tale interesse (v. sentenza del 9 marzo 2012, Comité de défense de la viticulture charentaise/Commissione, T‑192/07, non pubblicata, EU:T:2012:116, punto 80) e, d’altro lato, come constatato al precedente punto 66, nel contesto fattuale molto particolare del caso di specie, era autorizzata a valutare l’interesse dell’Unione alla data di adozione della decisione impugnata alla luce delle nuove circostanze.

    104

    In secondo luogo, si deve osservare che, certamente, come sostenuto dalla ricorrente, le sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P hanno suscitato un interesse giuridico per quanto riguarda l’analisi dei sistemi di doppia tariffazione alla luce dell’articolo 101 TFUE. Tuttavia, tale constatazione non può, di per sé sola, giustificare che sia dato seguito alla denuncia della ricorrente. L’oggetto della decisione impugnata, infatti, non verte sulla sussistenza di un interesse astratto e accademico nato dall’esecuzione delle summenzionate due sentenze, ma sulla sussistenza di un interesse concreto e reale che giustifichi l’impiego di risorse da parte della Commissione per dare seguito alla denuncia del 1999, tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti.

    105

    Alla luce di quanto precede, il Tribunale non può sostituire la propria valutazione dell’interesse dell’Unione a quella della Commissione prendendo in considerazione un criterio diverso, vale a dire il fatto che la Corte ha pronunciato una sentenza con lo stesso oggetto della denuncia del 1999. Ciò a prescindere dall’incontestabile rilevanza di tale sentenza per l’esame nel merito della denuncia del 1999. In altri termini, tale criterio addizionale, invocato dalla ricorrente, non può, di per sé, impedire alla Commissione di concludere che manca un interesse dell’Unione sufficiente sulla base di altre considerazioni, in particolare le tre considerazioni indicate al precedente punto 99 ed esaminate qui di seguito.

    106

    Infine, anche supponendo che l’argomento della ricorrente sia da intendere come vertente anche, per quanto riguarda l’esistenza di un interesse dell’Unione, su un’interpretazione erronea da parte della Commissione della portata delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, in quanto esse mantengono parzialmente in vigore la decisione del 2001, è opportuno ricordare l’errore commesso nella decisione impugnata e constatato ai precedenti punti da 62 a 64. Resta da esaminare se tale errore potesse avere un’influenza determinante, date le circostanze del caso di specie, sulla valutazione da parte della Commissione di un interesse sufficiente dell’Unione a proseguire l’istruzione della denuncia (v., in tal senso, sentenze del 14 maggio 2002, Graphischer Maschinenbau/Commissione, T‑126/99, EU:T:2002:116, punti 4849, nonché del 12 settembre 2007, UFEX e a./Commissione, T‑60/05, EU:T:2007:269, punti 7778). Nel caso di specie, risulta dal punto 23 della decisione impugnata che la Commissione si basa, per stabilire la mancanza di un interesse dell’Unione, su tre criteri concernenti la cessazione nell’ottobre del 1998 del comportamento in questione, la mancata produzione di effetti persistenti e il fatto che i giudici e le autorità nazionali erano in una posizione idonea per trattare le questioni sollevate. La Commissione era, a tal riguardo, autorizzata a limitare il numero di criteri di riferimento scelti ai tre summenzionati (v., in tal senso, sentenze del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑449/98 P, EU:C:2001:275, punti da 45 a 47, e del 24 novembre 2011, EFIM/Commissione, T‑296/09, non pubblicata, EU:T:2011:693, punto 105). Ne consegue che si deve valutare l’eventuale influenza della valutazione erronea da parte della Commissione sulla portata delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P e, pertanto, quella della decisione del 2001, alla luce dei tre criteri applicati nella decisione. Orbene, nessuno di tali criteri può essere influenzato in maniera determinante, nella sua attuazione, dal parziale mantenimento della decisione del 2001. Il sussistere della decisione del 2001, infatti, trattandosi di una circostanza di diritto, non influisce sul persistere del comportamento in questione o dei suoi effetti, che è una circostanza di fatto. Lo stesso vale per l’intervento delle autorità e dei giudici nazionali, che resta possibile, come è stato rilevato al precedente punto 86, anche dopo che la Commissione stessa abbia preso una decisione in merito al comportamento in questione (sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punti da 68 a 92). Inoltre, risulta parimenti dai punti da 39 a 41 della decisione impugnata che la Commissione prende in esame tale criterio unicamente con riferimento all’applicazione eventuale, da parte delle autorità o dei giudici nazionali, dell’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE, il quale indubbiamente non trova applicazione nella decisione del 2001 dopo l’annullamento parziale della medesima.

    107

    La prima parte del secondo motivo va quindi dichiarata infondata.

    Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente su una valutazione manifestamente erronea e un difetto di motivazione della Commissione relativamente alla cessazione del comportamento della GSK nel 1998 come criterio di valutazione della sussistenza di un interesse dell’Unione

    108

    Sotto un primo profilo, la ricorrente lamenta che la Commissione non ha esaminato e debitamente motivato le sue conclusioni, in particolare ai punti 24 e 25 della decisione impugnata, secondo cui l’infrazione era già cessata nel 1998 ed era durata solamente sette mesi (dal 9 marzo al 16 ottobre 1998), visto che la Commissione si sarebbe basata su tale durata limitata e sul venir meno del rischio di reiterazione da parte della GSK per giustificare la mancanza di interesse dell’Unione. Sotto un secondo profilo, essa rileva una contraddizione tra il fatto che il comportamento era cessato nell’ottobre del 1998 e la decisione della Commissione di proseguire le indagini dopo tale data, tra il 1998 e il 2009, adottando la decisione del 2001 e difendendo quest’ultima dinanzi ai giudici dell’Unione.

    109

    Secondo la giurisprudenza, la Commissione può decidere che non è opportuno dare seguito a una denuncia quando le pratiche denunciate sono successivamente cessate. La Commissione può anche decidere che non vi sia più un interesse dell’Unione sufficiente quando le imprese interessate accettano di modificare il loro comportamento in un senso favorevole all’interesse generale (sentenza del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑449/98 P, EU:C:2001:275, punti 4849; v. anche il punto 44, sesto trattino, della comunicazione sulla procedura applicabile alle denunce).

    110

    Nel caso di specie, in primo luogo, la censura della ricorrente vertente su un errore manifesto di valutazione e un difetto di motivazione a proposito della cessazione della condotta nel 1998 non può essere accolta. Sotto un primo profilo, infatti, la ricorrente non critica direttamente l’effettiva cessazione del comportamento della GSK nell’ottobre del 1998 e non presenta alcun elemento concreto che dimostri il contrario. Sotto un secondo profilo, la motivazione della decisione impugnata è sufficiente a tal riguardo, nei limiti in cui, al punto 7 della decisione impugnata, viene precisato in termini chiari che l’applicazione delle clausole controverse dell’accordo era stata sospesa dal Tribunal de Defensa de la Competencia (Tribunale della concorrenza) il 16 ottobre 1998 e che la GSK si era astenuta dall’applicarle a partire dalla data della sospensione fino alla data della decisione del 2001. Sotto un terzo profilo, al punto 24 della decisione impugnata, la Commissione spiega che non esiste alcun elemento nel fascicolo prima facie indicativo del fatto che la GSK intendesse applicare nuovamente tali misure in Spagna.

    111

    In secondo luogo, è inevitabile rilevare che la data di cessazione del comportamento non può essere rimessa in discussione dalla decisione della Commissione di sostenere la decisione del 2001 fino alla pronuncia della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P nel 2009. Tale presunta contraddizione, infatti, non prova in alcun modo che il comportamento della GSK non fosse cessato e, di conseguenza, che la Commissione avesse erroneamente concluso che il comportamento non era più in atto a partire da tale data.

    112

    In tale contesto, dato che la ricorrente non ha fornito indizi concreti del fatto che suddetto comportamento era continuato dopo il 16 ottobre 1998 o che la GSK intendeva attuare nuovamente tali misure in Spagna, la Commissione nella decisione impugnata non è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che il comportamento della GSK fosse effettivamente cessato nel 1998.

    113

    La seconda parte del secondo motivo deve pertanto essere respinta.

    Sulla terza parte del secondo motivo, vertente su una valutazione manifestamente erronea della Commissione circa l’assenza di effetti persistenti sul mercato spagnolo derivanti dall’accordo

    114

    La ricorrente fa valere, in sostanza, che gran parte degli effetti anticoncorrenziali dell’infrazione persistono sul mercato spagnolo a causa di numerosi sistemi di doppia tariffazione attualmente applicati dalla maggior parte dei produttori di farmaci. Secondo la ricorrente, il ragionamento della Commissione di cui ai punti da 27 a 37 della decisione impugnata è viziato da errori di valutazione di tale gravità ed evidenza che la Commissione non potrebbe legittimamente concludere nel senso di una mancanza di interesse per l’Unione del caso in esame. In particolare, la ricorrente contesta le conclusioni secondo cui non vi sarebbe alcun nesso causale tra le pratiche della GSK e la successiva introduzione di un sistema di doppia tariffazione da parte di altri produttori (punti 27 e 28 della decisione impugnata).

    115

    Secondo una giurisprudenza costante, la Commissione non può basarsi unicamente sul fatto che siano cessate pratiche assertivamente contrarie al Trattato FUE per decidere di archiviare per mancanza di interesse dell’Unione sufficiente la denuncia che segnala tali pratiche, senza aver verificato che non persistano effetti anticoncorrenziali e che, all’occorrenza, la gravità delle asserite violazioni della concorrenza o la persistenza dei loro effetti non siano tali da attribuire a tale denuncia un interesse dell’Unione (sentenze del 4 marzo 1999, Ufex e a./Commissione, C‑119/97 P, EU:C:1999:116, punto 95, e del 14 febbraio 2001, SEP/Commissione, T‑115/99, EU:T:2001:54, punto 33; v. anche punto 44, quinto trattino, della comunicazione sulla procedura applicabile alle denunce). Tale giurisprudenza si applica soltanto nel caso in cui la Commissione si basi, per adottare la sua decisione, sulla cessazione delle pratiche asseritamente anticoncorrenziali (sentenze del 12 settembre 2007, UFEX e a./Commissione, T‑60/05, EU:T:2007:269, punto 74, e dell’11 luglio 2013, Spira/Commissione, T‑108/07 e T‑354/08, non pubblicata, EU:T:2013:367, punto 178).

    116

    In primo luogo, da quanto precede risulta che è a giusto titolo che la Commissione non si è unicamente accontentata, nella decisione impugnata, di constatare la cessazione dell’accordo nel 1998 e che ha anche verificato che gli effetti anticoncorrenziali non persistessero.

    117

    In secondo luogo, è inevitabile constatare che la ricorrente non ha fornito alcun elemento concreto di prova che dimostrasse che la capacità dei grossisti spagnoli di esportare i medicinali, direttamente colpiti dalla clausola di doppia tariffazione applicata dalla GSK nel 1998, era stata soggetta a restrizioni o che la portata di tali restrizioni nel 1998 era tale da rendere persistenti gli effetti anticoncorrenziali sul mercato spagnolo. Pertanto, è senza incorrere in alcun errore manifesto di valutazione che la Commissione afferma, al punto 26 della decisione impugnata, che «[i] grossisti spagnoli devono far fronte oggi a prezzi e volumi di acquisto per l’esportazione dei suddetti 82 medicinali che sono determinati dalle attuali dinamiche del mercato piuttosto che dal comportamento della GSK nel 1998».

    118

    In terzo luogo, occorre rilevare che la giurisprudenza citata al precedente punto 115 è incentrata principalmente sugli effetti anticoncorrenziali direttamente connessi a pratiche asseritamente anticoncorrenziali che sono cessate e costituiscono oggetto della denuncia del 1999. Gli effetti anticoncorrenziali non possono essere quindi, in linea di principio, determinati con riferimento alle pratiche di terzi. Non è escluso tuttavia che gli effetti anticoncorrenziali siano esaminati alla luce di pratiche messe in atto da terzi, qualora sia chiaramente stabilito un nesso causale tra tali pratiche e la pratica denunciata. Tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente non produce alcun elemento di prova atto a dimostrare un nesso causale fra le pratiche della GSK attuate nel 1998 e la successiva introduzione della doppia tariffazione da parte di altri fabbricanti. La circostanza, peraltro, che le pratiche delle altre imprese facciano potenzialmente sorgere gli stessi problemi di concorrenza del caso oggetto della denuncia del 1999 è, di per sé, irrilevante, poiché il fatto che i comportamenti siano comparabili nei due casi non significa che l’uno abbia determinato o influenzato l’altro.

    119

    In quarto luogo, va parimenti respinto l’argomento secondo cui un siffatto nesso causale tra suddette pratiche potrebbe essere dimostrato dal fatto che la presunta inerzia della Commissione nel caso oggetto della denuncia del 1999 avrebbe dato «de facto il via libera» all’introduzione delle restrizioni all’esportazione in Spagna. Da un lato, come ha giustamente rilevato la Commissione, la mancata adozione di una decisione di infrazione non può essere di per sé decisiva per l’autovalutazione operata dalle imprese ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, poiché essa dovrebbe basarsi sulle attuali condizioni di mercato e non su una decisione di rigetto di una denuncia per mancanza di interesse dell’Unione relativa ad un’infrazione che ha cessato di produrre effetti dal 1998. Dall’altro lato, la reazione della Commissione in seguito alla pronuncia della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P (v. punto 14 supra) e l’apertura di una nuova inchiesta su presunte pratiche di doppia tariffazione in Spagna da parte di imprese diverse dalla GSK (caso AT.39973 – Regime dei prezzi per la distribuzione di medicinali in Spagna) non possono essere intese dalle altre imprese come un’«inerzia» che dà loro il via libera per introdurre regimi di doppia tariffazione in Spagna.

    120

    In quinto luogo, è inevitabile constatare che non è possibile ravvisare una contraddizione tra, da un lato, il punto 28 della decisione impugnata, secondo cui il presunto uso diffuso di sistemi di doppia tariffazione da parte dei produttori in Spagna sarebbe collegato, tra gli altri fattori, a misure legislative introdotte durante l’istruzione del caso GSK, in particolare la Ley 29/2006 de garantías y uso racional de los medicamentos y productos sanitarios (legge 29/2006 sulle garanzie e sull’utilizzo razionale dei farmaci), del 26 luglio 2006 (BOE n. 178, del 27 luglio 2006, pag. 28122), e, dall’altro, il rigetto, con lettera della Commissione del 4 novembre 2008, di un’altra denuncia presentata dalla ricorrente in relazione alle summenzionate nuove modifiche legislative introdotte dalla legge 29/2006. Da un lato, risulta dal tenore letterale del punto 28 della decisione impugnata che tali misure legislative sono uno dei fattori, e non l’unico fattore, alla base del presunto uso dei sistemi di doppia tariffazione e, dall’altro, tale contraddizione attiene a considerazioni che vanno al di là della portata della denuncia del 1999 e che, in ogni caso, non possono dimostrare gli effetti persistenti della prassi controversa nel caso di specie.

    121

    Alla luce di quanto precede, la tesi della ricorrente secondo cui il comportamento della GSK continua a produrre effetti anticoncorrenziali è infondata, poiché essa non ha dimostrato l’esistenza di un nesso causale tra il sistema attuato dalla GSK brevemente nel 1998 e i presunti «effetti anticoncorrenziali» dovuti a pratiche attualmente in corso di attuazione da parte di altri produttori farmaceutici.

    122

    Di conseguenza, si deve concludere che non è stato dimostrato che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione circa l’assenza di effetti persistenti sul mercato spagnolo derivanti dall’accordo.

    Sulla quarta parte del secondo motivo, vertente su una valutazione manifestamente erronea della Commissione sulla possibilità di sottoporre legittimamente il caso oggetto della denuncia del 1999 alle autorità nazionali

    123

    La ricorrente ritiene che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, il caso che è oggetto della denuncia del 1999 non possa essere proficuamente sottoposto alle autorità nazionali, in quanto queste ultime non sono nella posizione più idonea per valutare un caso simile. Secondo la ricorrente, la Commissione si troverebbe, in generale, in una posizione migliore rispetto alle autorità nazionali. Sotto un primo profilo, essa dispone degli elementi pertinenti contenuti nel fascicolo. Sotto un secondo profilo, il commercio parallelo, in ragione della sua natura particolare, concerne per definizione vari Stati membri. Sotto un terzo profilo, è incontestabile che le autorità e i giudici spagnoli non dispongono delle risorse, delle conoscenze e nemmeno dell’esperienza necessarie per ottenere e analizzare i dati economici complessi che sarebbero indispensabili nell’ambito dell’analisi da effettuare ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Sotto un quarto profilo, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di interpretazione degli articoli 5 e 10 del regolamento n. 1/2003 affermando che l’autorità spagnola garante della concorrenza potrebbe «legittimamente adottare una decisione relativa all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE nel caso della GSK». Secondo la ricorrente, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento n. 1/2003, le autorità nazionali non possono adottare decisioni individuali che sanciscano che le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sono soddisfatte e, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 1/2003, solo la Commissione può decidere mediante una decisione che le quattro condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3 del TFUE sono applicabili. Sotto un quinto profilo, la Commissione era parimenti in una posizione migliore per elaborare e adottare una decisione ex articolo 101, paragrafo 3, TFUE, al fine di garantire, da un lato, una gestione amministrativa efficace, in quanto la Commissione aveva già dedicato grande impegno a questo caso, e, dall’altro, la certezza del diritto per le autorità nazionali garanti della concorrenza che dovranno affrontare casi simili in futuro.

    124

    In primo luogo, si deve ricordare che, in forza degli articoli 4 e 5 del regolamento n. 1/2003, la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri dispongono di competenze parallele per l’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE e che l’impianto sistematico di detto regolamento poggia su una stretta cooperazione tra le stesse (sentenza del 16 ottobre 2013, Vivendi/Commissione, T‑432/10, non pubblicata, EU:T:2013:538, punto 26). Pertanto, nell’ambito della sua valutazione, la Commissione può altresì prendere in considerazione le misure predisposte dalle autorità nazionali (v. sentenza del 3 luglio 2007, Au Lys de France/Commissione, T‑458/04, non pubblicata, EU:T:2007:195, punto 72 e giurisprudenza ivi citata). In effetti, la Commissione può respingere una denuncia qualora il denunciante abbia la possibilità di far valere i suoi diritti promuovendo un’azione dinanzi alle autorità e ai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenze del 18 settembre 1992, Automec/Commissione, T‑24/90, EU:T:1992:97, punti da 88 a 96; del 24 gennaio 1995, Tremblay e a./Commissione, T‑5/93, EU:T:1995:12, punti da 65 a 74, e del 9 gennaio 1996, Koelman/Commissione, T‑575/93, EU:T:1996:1, punti 7879; v., anche, comunicazione sulla procedura applicabile alle denunce, punto 44, primo trattino, e capitolo II). Né il regolamento n. 1/2003 né la comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43) prevedono invece una regola di ripartizione delle competenze fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o creano diritti e aspettative in capo a un’impresa quanto al trattamento del suo caso da parte di una determinata autorità garante della concorrenza (sentenze del 13 luglio 2011, ThyssenKrupp Liften Ascenseurs/Commissione, T‑144/07, da T‑147/07 a T‑150/07 e T‑154/07, EU:T:2011:364, punto 78, e del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punti 3839).

    125

    Pertanto, anche volendo ritenere che, come sostiene la ricorrente, la Commissione si trovi in una posizione particolarmente idonea per trattare un caso e le autorità nazionali siano in una posizione meno idonea per farlo, le imprese denuncianti, come la ricorrente, non hanno alcun diritto a che il loro caso sia trattato dalla Commissione [v., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punto 40, e del 30 settembre 2016, Trajektna luka Split/Commissione, T‑70/15, EU:T:2016:592, punto 43 (non pubblicata)].

    126

    In secondo luogo, occorre ricordare che risulta dal preambolo al regolamento n. 1/2003 e, in particolare, dai considerando 1, 6, 8 e 35, che il maggiore coinvolgimento delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri nell’attuazione degli articoli 101 e 102 TFUE, nonché l’obbligo a esse imposto di applicare tali disposizioni quando il commercio tra gli Stati membri può essere pregiudicato mirano proprio a garantire l’obiettivo di effettività perseguito da tale regolamento. Di conseguenza, l’esigenza di efficacia non può comportare, senza rimettere in questione la portata dell’articolo 13 del regolamento n. 1/2003, secondo cui la Commissione può respingere una denuncia qualora questa sia all’esame dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro, l’obbligo per quest’ultima di verificare, applicando quella specifica disposizione, se l’autorità della concorrenza interessata disponga delle capacità istituzionali, finanziarie e tecniche necessarie per svolgere la missione affidatale ai sensi del regolamento n. 1/2003 (sentenza del 17 dicembre 2014, Si.mobil/Commissione, T‑201/11, EU:T:2014:1096, punti 5657).

    127

    Di conseguenza e tenuto conto del sistema di cooperazione instaurato dal regolamento n. 1/2003 tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, si deve constatare che la Commissione poteva presumere, senza incorrere in un errore di valutazione, che le autorità nazionali avessero la capacità di attuare efficacemente le regole, le norme e le politiche che costituiscono il corpus legislativo dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 30 settembre 2016, Trajektna luka Split/Commissione, T‑70/15, EU:T:2016:592, punto 53) e, in particolare, poteva ritenere che le autorità nazionali spagnole fossero in grado di dare seguito al caso oggetto della denuncia del 1999 a livello nazionale, ottenendo tutte le prove necessarie, anche mediante il ricorso ai meccanismi di cooperazione di cui agli articoli 12 e 15 del regolamento n. 1/2003. Inoltre e in ogni caso, gli elementi presentati dalla ricorrente alla Commissione, in particolare quelli relativi alla presunta mancanza dell’esperienza necessaria per effettuare un’analisi economica o alla difficoltà di ottenere informazioni indispensabili, non forniscono prova sufficiente di carenze istituzionali sussistenti in seno all’autorità spagnola garante della concorrenza che impedirebbero a quest’ultima di svolgere tale compito.

    128

    Allo stesso modo, non è stato dimostrato che i giudici spagnoli non sarebbero in grado di verificare la legittimità delle decisioni dell’autorità spagnola garante della concorrenza. Come giustamente rilevato dalla Commissione, nessuno dei procedimenti in corso aventi ad oggetto le presunte pratiche di doppia tariffazione in Spagna, a cui fa riferimento la ricorrente, permette di dimostrare l’asserita incapacità dei giudici spagnoli di applicare correttamente l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Da un lato, nessuno di tali procedimenti giudiziari riguarda l’accordo e, dall’altro, per quanto riguarda quelli relativi alle pratiche asseritamente commesse da altre imprese, non risulta dagli elementi forniti dalla ricorrente che il giudice nazionale abbia interpretato erroneamente le sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P. A titolo indicativo, la sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) pronunciata il 3 dicembre 2014 nella causa 4792/2011 Pfizer Pharma/SLU, che fa riferimento altresì alle suddette sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, pur concentrandosi principalmente sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, mostra che tale giudice dispone di tutti gli strumenti per effettuare un’analisi conforme alla giurisprudenza risultante dalle suddette sentenze anche, se del caso, alla luce dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

    129

    In terzo luogo, va osservato che, anche se la prassi controversa ha un impatto sul territorio di più Stati membri a causa della particolare natura del commercio parallelo, tale circostanza non è sufficiente, di per sé, per concludere che la denuncia del 1999 rivestisse interesse sufficiente per l’Unione. La Commissione sarebbe altrimenti obbligata a dare seguito a tutte le denunce relative ad una presunta infrazione che coinvolga diversi Stati membri, indipendentemente dal vaglio degli altri criteri di valutazione dell’interesse dell’Unione e dalla fondatezza della denuncia (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2007, UFEX e a./Commissione, T‑60/05, EU:T:2007:269, punto 158, e del 13 settembre 2012, Protégé International/Commissione, T‑119/09, non pubblicata, EU:T:2012:421, punto 77). Ne consegue che la portata transnazionale del comportamento in questione non è di per sé sufficiente ad attribuirgli un interesse dell’Unione.

    130

    In quarto luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 5 del regolamento n. 1/2003, risulta chiaramente dai termini del suddetto articolo che «[l]e autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli articoli [101] e [102 TFUE] in casi individuali» e che «[a] tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono adottare le seguenti decisioni: (…) ordinare la cessazione di un’infrazione, (…) disporre misure cautelari, (…) accettare impegni [e] comminare ammende, penalità di mora o qualunque altra sanzione prevista dal diritto nazionale». A norma dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, le autorità nazionali garanti della concorrenza possono anche decidere «di non avere motivo di intervenire». Va rammentato, peraltro, che il regolamento n. 1/2003 ha posto fine al regime centralizzato del regolamento n. 17, che si basava su un sistema di notificazione tramite una domanda di attestazione negativa o, in subordine, di esenzione individuale, per sostituirlo con un sistema di eccezione legale, riconoscendo alle autorità garanti della concorrenza e ai giudici degli Stati membri il potere di applicare non solo l’articolo 101, paragrafo 1, e l’articolo 102 TFUE, ma anche l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE (v. considerando 3 e 4 del regolamento n. 1/2003). Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le autorità nazionali garanti della concorrenza possono chiaramente valutare se le condizioni stabilite dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sono soddisfatte.

    131

    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui, in forza dell’articolo 10 del regolamento n. 1/2003 e conformemente alla sentenza del 3 maggio 2011, Tele2 Polska (C‑375/09, EU:C:2011:270), solo la Commissione può stabilire mediante decisione che le quattro condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. TFUE sono applicabili.

    132

    Innanzitutto, si deve osservare, infatti, che l’articolo 10 del regolamento n. 1/2003 prevede che la Commissione «può stabilire mediante decisione che l’articolo [101 TFUE] è inapplicabile a un accordo (…) o perché le condizioni di cui all’articolo [101, paragrafo 1, TFUE] non sono soddisfatte, o perché sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo [101, paragrafo 3, TFUE]». Conformemente alla prima frase del medesimo articolo, tale decisione, che ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, può essere adottata dalla Commissione unicamente «d’ufficio» e «[p]er ragioni di interesse pubblico [dell’Unione] relative all’applicazione degli articoli [101 e 102 TFUE]» (v. anche considerando 14 del regolamento n. 1/2003). Poiché la decisione impugnata non stabilisce che le autorità nazionali possono adottare una decisione ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 1/2003, anche tale censura deve essere respinta.

    133

    Per quanto riguarda, poi, la sentenza del 3 maggio 2011, Tele 2 Polska (C‑375/09, EU:C:2011:270), indubbiamente la Corte ha rilevato, al punto 32 di tale sentenza, che «un’autorità nazionale garante della concorrenza non [poteva] adottare una decisione concludente per l’assenza di violazione dell’[articolo] 102 TFUE». Tale giurisprudenza è applicabile, per analogia, anche all’articolo 101 TFUE, nei limiti in cui la Corte ha constatato che «una simile decisione “negativa” sul merito rischierebbe di ledere l’applicazione uniforme degli [articoli] 101 TFUE e 102 TFUE» (sentenza del 3 maggio 2011, Tele2 Polska, C‑375/09, EU:C:2011:270, punto 28; v. anche, in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2015, easyJet Airline/Commissione, T‑355/13, EU:T:2015:36, punto 32).

    134

    Tuttavia, il fatto che un’autorità nazionale non possa adottare decisioni che constatino l’assenza di una violazione dell’articolo 101 TFUE non comporta l’incapacità dell’autorità nazionale garante della concorrenza di applicare l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE. Più precisamente, ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, un’autorità nazionale garante della concorrenza, qualora, in base alle informazioni di cui dispone, ritenga che non sussistano le condizioni per un divieto a norma dell’articolo 101 TFUE, può decidere di non avere motivo di intervenire. Di conseguenza, un’autorità nazionale garante della concorrenza può valutare se le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sono soddisfatte e, in tal caso, decidere di non avere motivo di intervenire.

    135

    Occorre rimarcare, inoltre, che ciò che rileva per valutare se un caso possa essere validamente proposto dinanzi a un’autorità nazionale, non è l’esito dell’esame della denuncia da parte di tale autorità garante della concorrenza, bensì il fatto che esiste una possibilità che essa sia esaminata da quest’ultima (v., per analogia, sentenza del 21 gennaio 2015, easyJet Airline/Commissione, T‑355/13, EU:T:2015:36, punto 27), circostanza che si è verificata incontestabilmente nella fattispecie.

    136

    In quinto e ultimo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione era parimenti obbligata a dar seguito all’indagine, giacché aveva privato l’autorità spagnola garante della concorrenza della sua competenza a continuare a trattare il caso, da un lato, occorre notare che, secondo la giurisprudenza della Corte, il regolamento n. 1/2003 non prevede che l’avvio di un procedimento da parte della Commissione comporti la perdita permanente e definitiva, in capo alle autorità nazionali garanti della concorrenza, della loro competenza ad applicare la normativa nazionale in materia di concorrenza. La competenza delle autorità nazionali garanti della concorrenza è ripristinata una volta terminato il procedimento avviato dalla Commissione (sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punti da 78 a 80). D’altra parte e in ogni caso, ai sensi del considerando 18 del regolamento n. 1/2003, un’eventuale sospensione o chiusura di un caso da parte di un’autorità garante della concorrenza ove un’altra autorità se ne stia già occupando o lo abbia già trattato «non dovrebbe pregiudicare la possibilità, riconosciuta alla Commissione dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, di respingere una denuncia per mancanza di interesse [dell’Unione] anche nel caso in cui nessun’altra autorità garante della concorrenza abbia manifestato l’intenzione di occuparsene».

    137

    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che non è stato dimostrato che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione nell’affermare che il caso poteva essere sottoposto alle autorità nazionali. Ne consegue che questa parte del secondo motivo dev’essere respinta.

    138

    Da quanto sopra esposto consegue che il secondo motivo deve essere dichiarato interamente infondato.

    Sul terzo motivo, vertente su un mancato esame e una motivazione insufficiente con riguardo a taluni elementi di fatto e di diritto comunicati dalla ricorrente alla Commissione dopo la pronuncia della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P

    139

    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha esaminato tutti gli elementi di diritto e di fatto da essa comunicati dopo la pronuncia delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, vale a dire quelli menzionati nei suoi memorandum presentati il 4 marzo 2010 e l’8 ottobre 2011, e che dalla motivazione della decisione impugnata non emerge alcuna analisi verosimilmente condotta dalla Commissione su tali elementi.

    140

    In primo luogo, relativamente al presunto mancato esame da parte della Commissione, risulta dalla giurisprudenza che, per valutare l’interesse dell’Unione a proseguire l’esame di un caso, la Commissione deve prendere in considerazione tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti al fine di decidere del seguito da dare ad una denuncia. Essa, più in particolare, è tenuta a esaminare con attenzione tutti gli elementi di fatto e di diritto sottoposti alla sua attenzione dal denunciante (v. punto 76 supra).

    141

    Nel caso di specie, va ricordato che dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha seguito la procedura prevista all’articolo 7 del regolamento n. 773/2004. Infatti, nella lettera del 6 giugno 2013, la Commissione ha reso edotta la ricorrente della sua analisi vertente sulla denuncia del 1999 e le ha consentito di presentare argomenti. La ricorrente ha in effetti presentato osservazioni il 18 luglio 2013, di cui la Commissione ha tenuto conto nella decisione impugnata. Quanto ai memorandum presentati dalla ricorrente il 4 marzo 2010 e l’8 ottobre 2011, di cui tratta il presente motivo, emerge dal punto 11 della decisione impugnata che la Commissione li ha «esaminati con attenzione». A tale riguardo, si deve constatare che i suddetti due memorandum vertevano: il primo, su un’analisi del sistema della doppia tariffazione della GSK alla luce della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, che concludeva, in sostanza, che l’accordo non può essere esentato ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE e, il secondo, sulla necessità di un’azione urgente da parte della Commissione con suggerimenti di possibili linee d’azione. Sebbene non sia possibile avere la conferma, sulla base del contenuto della decisione impugnata, del fatto che i suddetti memorandum siano stati effettivamente esaminati dalla Commissione, dal loro contenuto risulta che essi non sollevano questioni diverse da quelle sollevate nel corso del procedimento amministrativo, ivi incluso quello successivo alla sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P. Giustamente non era quindi indispensabile che tali memorandum fossero presi in considerazione attraverso un riferimento esplicito al loro contenuto nella decisione impugnata. Pertanto, la censura vertente sulla circostanza che i suddetti memorandum non sono stati presi in considerazione dev’essere respinta.

    142

    In secondo luogo, per quanto riguarda la censura relativa a un difetto di motivazione, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione di un atto deve essere adeguata alla natura dell’atto in esame e deve fare apparire, in forma chiara e inequivocabile, l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza ivi citata). A tale riguardo, la Commissione è vincolata a un obbligo di motivazione allorché rifiuta di proseguire l’esame di una denuncia. Poiché la motivazione dev’essere sufficientemente precisa e dettagliata in modo da consentire al Tribunale di svolgere un effettivo controllo sull’esercizio da parte della Commissione del suo potere discrezionale di definire determinate priorità (sentenza del 21 gennaio 2015, easyJet Airline/Commissione, T‑355/13, EU:T:2015:36, punto 70), tale istituzione è tenuta ad esporre gli elementi di fatto dai quali dipende la giustificazione della decisione e le considerazioni di diritto che l’hanno indotta ad adottarla (v. sentenza del 9 marzo 2012, Comité de défense de la viticoltura charentaise/Commissione, T‑192/07, non pubblicata, EU:T:2012:116, punto 69 e giurisprudenza ivi citata). La Commissione, infine, non è tenuta ad esprimersi su tutti gli argomenti dedotti dagli interessati a sostegno della loro denuncia. È sufficiente che essa esponga i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’impianto sistematico della decisione (sentenza del 17 gennaio 1984, VBVB et VBBB/Commissione, 43/82 e 63/82, EU:C:1984:9, punto 22; v. anche, in tal senso, sentenza del 12 luglio 2007, AEPI/Commissione, T‑229/05, non pubblicata, EU:T:2007:224, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    143

    Nel caso di specie, per quanto concerne la presunta violazione dell’obbligo di motivazione incombente alla Commissione, anche se quest’ultima non ha risposto a tutti gli argomenti dedotti dalla ricorrente nei due memorandum menzionati al precedente punto 142, essa ha tuttavia chiaramente esposto l’iter logico che aveva seguito e in particolare i tre criteri indicati al punto 23 della decisione impugnata, che l’hanno indotta a concludere per la mancanza di interesse dell’Unione, consentendo in tal modo alla ricorrente di conoscere i motivi del rigetto della sua denuncia. Come indicato al precedente punto 141, la Commissione non è tenuta a prendere esplicitamente posizione su tutti gli argomenti dedotti dagli interessati a sostegno della loro denuncia. È sufficiente che essa esponga i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’impianto sistematico della sua decisione.

    144

    Risulta, dunque, dalle osservazioni suesposte che la Commissione ha soddisfatto il suo obbligo di esame e di motivazione esponendo, in modo chiaro e non equivoco, gli elementi di fatto e le considerazioni di diritto che l’hanno indotta a respingere la denuncia del 1999. Poiché tali precisazioni consentono al Tribunale di svolgere un effettivo controllo sull’esercizio da parte della Commissione del suo potere discrezionale nell’adottare la decisione impugnata, si deve concludere che quest’ultima è sufficientemente motivata a tal riguardo, anche in assenza di una presa di posizione della Commissione sugli argomenti dedotti nei memorandum della ricorrente del 4 marzo 2010 e dell’8 ottobre 2011.

    145

    Il terzo motivo deve pertanto essere dichiarato infondato e, di conseguenza, il ricorso deve essere integralmente respinto.

    Sulle spese

    146

    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sostenga, oltre alle proprie spese, soltanto una quota delle spese dell’altra parte, oppure che non debba essere affatto condannata a tale titolo.

    147

    Nella specie, la ricorrente è risultata soccombente. Tuttavia, nell’ambito dell’esame del presente ricorso, è emerso che la Commissione, da un lato, ha effettuato un’errata qualificazione della decisione del 2001 ai punti 9 e 46 della decisione impugnata (v. punti 62 e 63 supra) e, dall’altro, ha utilizzato una formulazione quantomeno ambigua in merito all’indagine che essa doveva condurre sulla base della denuncia del 1999 al punto 18 della decisione impugnata (v. punto 64 supra).

    148

    In tali circostanze, il Tribunale ritiene che sia giusto disporre che ciascuna parte sopporti le proprie spese, ivi incluse le parti intervenienti.

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il ricorso è respinto.

     

    2)

    Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

     

    Kanninen

    Iliopoulos

    Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 settembre 2018.

    Il cancelliere

    E. Coulon

    Il presidente

    Indice

     

    Fatti

     

    Procedimento amministrativo iniziale

     

    Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

     

    Procedimento dinanzi alla Commissione a seguito della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P,

     

    Decisione impugnata

     

    Procedimento e conclusioni delle parti

     

    In diritto

     

    Sul primo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione nell’applicazione degli articoli 266, 101 e 105 TFUE e dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, riguardante l’interpretazione delle sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, nonché su una violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto ad essere sentiti

     

    Sulla pertinenza del primo motivo

     

    Sulla fondatezza del primo motivo

     

    – Sulla prima parte del primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 266 TFUE

     

    – La seconda parte del primo motivo, vertente su una violazione degli articoli 101 e 105 TFUE letti in combinato disposto con l’articolo 7 del regolamento n. 1/2003

     

    – Sulla terza parte del primo motivo, vertente su un difetto di motivazione e una violazione del diritto ad essere sentiti

     

    Sul secondo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione nell’applicazione degli articoli 101 e 105 TFUE, su un difetto di motivazione in violazione dell’articolo 296 TFUE nel valutare la sussistenza di un interesse dell’Unione e su una violazione del diritto della ricorrente ad essere sentita

     

    Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulla sussistenza di un interesse dell’Unione per il solo fatto che sono state pronunciate le sentenze nella causa T‑168/01 e nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P

     

    Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente su una valutazione manifestamente erronea e un difetto di motivazione della Commissione relativamente alla cessazione del comportamento della GSK nel 1998 come criterio di valutazione della sussistenza di un interesse dell’Unione

     

    Sulla terza parte del secondo motivo, vertente su una valutazione manifestamente erronea della Commissione circa l’assenza di effetti persistenti sul mercato spagnolo derivanti dall’accordo

     

    Sulla quarta parte del secondo motivo, vertente su una valutazione manifestamente erronea della Commissione sulla possibilità di sottoporre legittimamente il caso oggetto della denuncia del 1999 alle autorità nazionali

     

    Sul terzo motivo, vertente su un mancato esame e una motivazione insufficiente con riguardo a taluni elementi di fatto e di diritto comunicati dalla ricorrente alla Commissione dopo la pronuncia della sentenza nelle cause C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P

     

    Sulle spese


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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