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Document 62014CP0376

Presa di posizione dell'avvocato generale Szpunar presentata il 24 settembre 2014.
C contro M.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Supreme Court - Irlanda.
Causa C-376/14 PPU.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:2275

PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentata il 24 settembre 20141 ( 1 )

Causa C‑376/14 PPU

C.

contro

M.

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Irlanda)]

«Procedimento pregiudiziale d’urgenza — Spazio di libertà, sicurezza e giustizia — Cooperazione giudiziaria in materia civile — Regolamento (CE) n. 2201/2003 — Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori — Nozione di “residenza abituale” di un minore a seguito del divorzio dei genitori — Trasferimento lecito del minore in un altro Stato membro — Mancato ritorno illecito»

I – Introduzione

1.

Una coppia franco-britannica ha divorziato. La coppia ha una figlia piccola. La madre, sulla base di una sentenza pronunciata da un tribunale francese, ha portato la bambina con sé dalla Francia in Irlanda. Sette mesi più tardi, questa sentenza è revocata da una Corte d’appello francese, che ordina che la minore risieda con il padre. La madre, tuttavia, non riporta la bambina in Francia.

2.

Dov’è e dov’era la residenza abituale della minore? È stata commessa una sottrazione di minore sotto forma di mancato rientro illecito? Queste sono le questioni su cui la Supreme Court (Irlanda) deve pronunciarsi nel contesto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

3.

È ben noto che nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea la competenza in materia di responsabilità genitoriale è disciplinata dal regolamento (CE) n. 2201/2003 ( 2 ) del Consiglio, conosciuto anche come «regolamento Bruxelles II A» (o come «Bruxelles II bis»). È altrettanto ben noto che la Convenzione del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, adottata sotto gli auspici della Conferenza dell’Aia di Diritto Internazionale Privato ( 3 ) (in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia del 1980») prevede una procedura per il ritorno di un minore.

4.

La risposta del legislatore dell’Unione relativamente al modo in cui sia opportuno calibrare la relazione tra questi due strumenti giuridici si trova all’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003. La presente causa, che si colloca sulla linea di demarcazione tra la Convenzione dell’Aia del 1980 e il regolamento n. 2201/2003, riguarda l’interpretazione di tale norma e il modo in cui il regolamento n. 2201/2003 e la Convenzione dell’Aia del 1980 si relazionano fra loro.

II – Contesto normativo

A – La Convenzione dell’Aia del 1980

5.

L’articolo 1 della Convenzione dell’Aia del 1980 così dispone:

«La presente Convenzione ha come fine:

a)

di assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente;

(…)».

6.

A tenore dell’articolo 3 della Convenzione:

«Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:

a)

quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e

b)

se tali diritti [erano] effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbe potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.

Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato».

7.

L’articolo 12 della Convenzione dell’Aia del 1980 è del seguente tenore:

«Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell’istanza presso l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato.

L’autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore sia integrato nel suo nuovo ambiente.

Se l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di ritenere che il minore è stato condotto in un altro Stato, essa può sospendere la procedura o respingere la domanda di ritorno del minore».

8.

L’articolo 13 di tale Convenzione dispone quanto segue:

«Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

a)

che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o

b)

che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.

L’autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall’Autorità centrale o da ogni altra autorità competente dello Stato di residenza [abituale] del minore, riguardo alla sua situazione sociale».

9.

L’articolo 16 della Convenzione dell’Aia del 1980 così recita:

«Dopo aver ricevuto notizia di un trasferimento illecito di un minore o del suo mancato ritorno ai sensi dell’articolo 3, le autorità giudiziarie o amministrative dello Stato contraente nel quale il minore è stato trasferito o è trattenuto non potranno deliberare per quanto riguarda il merito dei diritti di affidamento fino a quando non sia stabilito che le condizioni della presente Convenzione, relativa al ritorno del minore, sono soddisfatte, a meno che non venga presentata una istanza, in applicazione della presente Convenzione, entro un periodo di tempo ragionevole a seguito della ricezione della notizia».

10.

L’articolo 19 della Convenzione dell’Aia del 1980 così recita:

«Una decisione relativa al ritorno del minore, pronunciata conformemente alla [Convenzione dell’Aia del 1980], non pregiudica il merito del diritto di custodia».

B – Diritto dell’Unione

11.

Il considerando 17 del regolamento n. 2201/2003 è redatto nei termini seguenti:

«In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto».

12.

Ai termini dell’articolo 2 di tale regolamento, rubricato «Definizioni»:

«Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(…)

7)

“responsabilità genitoriale”: i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita;

8)

“titolare della responsabilità genitoriale”: qualsiasi persona che eserciti la responsabilità di genitore su un minore;

9)

“diritto di affidamento”: i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza;

10)

“diritto di visita”: in particolare il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo;

11)

“trasferimento illecito o mancato ritorno del minore”: il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

a)

quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro;

e

b)

se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».

13.

Il capo II del regolamento n. 2201/2003, relativo alla «Competenza», contiene la sezione 2, riguardante la «Responsabilità genitoriale» (articoli da 8 a 15).

14.

L’articolo 8 del regolamento n. 2201/2003, rubricato «Competenza generale», è formulato come segue:

«1.   Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adite.

2.   Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12».

15.

L’articolo 9, che riguarda l’«Ultrattività della competenza della precedente residenza abituale del minore», così dispone:

«1.   In caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro della precedente residenza abituale del minore permane in deroga all’articolo 8 per un periodo di 3 mesi dal trasferimento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtù della decisione sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente residenza abituale del minore.

2.   Il paragrafo 1 non si applica se il titolare del diritto di visita di cui al paragrafo 1 ha accettato la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui risiede abitualmente il minore partecipando ai procedimenti dinanzi ad esse senza contestarla».

16.

L’articolo 10 riguarda la «Competenza nei casi di sottrazione di minori». Detto articolo è così formulato:

«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e:

a)

se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o mancato rientro;

o

b)

se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni:

i)

entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro;

ii)

una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i);

iii)

un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7;

iv)

l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore».

17.

L’articolo 11, intitolato «Ritorno del minore», così dispone:

«1.   Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (in seguito “la convenzione dell’Aia del 1980”) per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

2.   Nell’applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell’Aia del 1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

3.   Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma, l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

4.   Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della convenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

5.   Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilità di essere ascoltata.

6.   Se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno di un minore in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, l’autorità giurisdizionale deve immediatamente trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi al giudice, all’autorità giurisdizionale competente o all’autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, come stabilito dalla legislazione nazionale. L’autorità giurisdizionale riceve tutti i documenti indicati entro un mese dall’emanazione del provvedimento contro il ritorno.

7.   A meno che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno non sia già stata adita da una delle parti, l’autorità giurisdizionale o l’autorità centrale che riceve le informazioni di cui al paragrafo 6 deve informarne le parti e invitarle a presentare all’autorità giurisdizionale le proprie conclusioni, conformemente alla legislazione nazionale, entro tre mesi dalla data della notifica, affinché quest’ultima esamini la questione dell’affidamento del minore.

Fatte salve le norme sulla competenza di cui al presente regolamento, in caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il termine stabilito, l’autorità giurisdizionale archivia il procedimento.

8.   Nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della convenzione dell’Aia del 1980, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente ai sensi del presente regolamento è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III, allo scopo di assicurare il ritorno del minore».

18.

L’articolo 12 riguarda la «Proroga della competenza» e recita:

«1.   Le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui viene esercitata, ai sensi dell’articolo [3], la competenza a decidere sulle domande di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio sono competenti per le domande relative alla responsabilità dei genitori che si ricollegano a tali domande se:

a)

almeno uno dei coniugi esercita la responsabilità genitoriale sul figlio;

e

b)

la competenza giurisdizionale di tali autorità giurisdizionali è stata accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco dai coniugi e dai titolari della responsabilità genitoriale alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite, ed è conforme all’interesse superiore del minore.

2.   La competenza esercitata conformemente al paragrafo 1 cessa non appena:

a)

la decisione che accoglie o respinge la domanda di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio sia passata in giudicato;

o

b) nei casi in cui il procedimento relativo alla responsabilità genitoriale è ancora pendente alla data di cui alla lettera a), la decisione relativa a tale procedimento sia passata in giudicato;

o

c)

il procedimento di cui alle lettere a) e b) sia terminato per un’altra ragione.

3.   Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti in materia di responsabilità dei genitori nei procedimenti diversi da quelli di cui al primo paragrafo se:

a)

il minore ha un legame sostanziale con quello Stato membro, in particolare perché uno dei titolari della responsabilità genitoriale vi risiede abitualmente o perché è egli stesso cittadino di quello Stato

e

b)

la loro competenza è stata accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco da tutte le parti al procedimento alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite ed è conforme all’interesse superiore del minore.

4.   Se il minore ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato che non è parte della convenzione dell’Aia, del 19 ottobre 1996, concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, si presume che la competenza fondata sul presente articolo sia nell’interesse del minore, in particolare quando un procedimento si rivela impossibile nel paese terzo interessato».

19.

Ai sensi dell’articolo 16, rubricato «Adizione di un’autorità giurisdizionale»:

«1.   L’autorità giurisdizionale si considera adita:

a)

alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso l’autorità giurisdizionale, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata la notificazione al convenuto;

o

b)

se l’atto deve essere notificato prima di essere depositato presso l’autorità giurisdizionale, alla data in cui l’autorità competente ai fini della notificazione lo riceve, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché l’atto fosse depositato presso l’autorità giurisdizionale».

20.

L’articolo 19, relativo a «Litispendenza e connessione», così dispone:

«1.   Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri divers[i] e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

2.   Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

3.   Quando la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

In tal caso la parte che ha proposto la domanda davanti all’autorità giurisdizionale successivamente adita può promuovere l’azione dinanzi all’autorità giurisdizionale preventivamente adita».

C – Diritto irlandese

21.

La legge sulla sottrazione di minori e sull’esecuzione delle sentenze in materia di affidamento (Child Abduction and Enforcement of Custody Orders Act) ( 4 ) del 1991 recepisce la Convezione dell’Aia del 1980 nel diritto irlandese. Questa legge è stata modificata dai regolamenti relativi alle Comunità europee (sentenze in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale) del 2005 [European Communities (Judgments in Matrimonial Matters and Matters of Parental Responsibility) Regulations 2005] (S.I. 112 del 2005) ( 5 ), al fine di tenere conto del regolamento n. 2201/2003 nei procedimenti tra Stati membri dell’Unione europea aventi ad oggetto la Convenzione dell’Aia del 1980.

III – Fatti e svolgimento del procedimento

22.

La causa dinanzi al giudice del rinvio riguarda il mancato rientro illecito di una minore, H., cittadina francese, nata in Francia il 14 luglio 2008 da genitori all’epoca coniugati, ossia C., il padre, cittadino francese, e M., la madre, cittadina britannica nata in Inghilterra da genitori irlandesi.

23.

Il matrimonio dei genitori ha iniziato a deteriorarsi subito dopo la nascita della figlia. Il 17 novembre 2008 la madre ha presentato una domanda di divorzio in Francia. Da allora in poi i genitori hanno ingaggiato una lunga battaglia legale riguardante i diritti genitoriali sulla figlia ( 6 ).

24.

In data 2 aprile 2012, il giudice per le questioni familiari del Tribunal de grande instance d’Angoulême ha pronunciato il divorzio delle parti, con effetto dal 7 aprile 2009. Con la medesima sentenza ha inoltre disposto che i genitori esercitassero la potestà genitoriale congiuntamente, ma ha fissato la residenza abituale della minore presso la madre. Il cambiamento di residenza sarebbe dovuto avvenire in modo progressivo, con pieno effetto a partire dal 7 luglio 2012 ( 7 ). Tale giurisdizione ha altresì acconsentito a che la madre stabilisse la propria residenza in Irlanda con la bambina, ed ha concesso al padre il diritto di visita (una volta al mese), tenendo conto dell’eventualità del trasferimento della madre in Irlanda.

25.

Il 23 aprile 2012, il padre ha impugnato questa pronuncia sulla responsabilità genitoriale chiedendo la sospensione dell’esecuzione immediata della parte della sentenza che autorizzava la madre a trasferirsi in Irlanda.

26.

Il 5 luglio 2012, il Primo Presidente della Cour d’appel de Bordeaux ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecuzione immediata.

27.

Il 12 luglio 2012, la madre e la figlia si sono trasferite in Irlanda, rimanendovi da allora. In base alle informazioni fornite dal giudice del rinvio, la madre non ha adempiuto il disposto della sentenza del 2 aprile 2012, che le ordinava di garantire al padre il diritto di visita.

28.

Il 5 marzo 2013, la Cour d’appel de Bordeaux, pronunciandosi sull’appello avverso la sentenza del 2 aprile 2012, ha disposto l’esercizio congiunto della potestà genitoriale e ha ordinato che la minore risiedesse con il padre, concedendo specifici diritti di visita e di ospitare alla madre.

29.

Il 29 maggio 2013 il padre, per mezzo di atto di citazione speciale, si è rivolto ai giudici irlandesi per ottenere il ritorno della figlia alla sua residenza abituale in Francia, ai sensi dell’articolo 12 della Convenzione dell’Aia del 1980, al fine di dare esecuzione alle ordinanze di affidamento emesse dai giudici francesi, al proprio diritto di affidamento e di visita e di ottenere una dichiarazione attestante che la madre aveva trattenuto la figlia in Irlanda illecitamente.

30.

Il 2 luglio 2013, durante un’udienza dinanzi al giudice per le questioni familiari del Tribunal de grande instance de Niort, il padre ha chiesto che gli venisse attribuita la potestà genitoriale esclusiva e che fosse vietato il trasferimento della minore dalla Francia. La madre ha sollevato eccezioni processuali relative al procedimento avviato dinanzi ai giudici irlandesi il 29 maggio 2013.

31.

Il 10 luglio 2013 il giudice per le questioni familiari del Tribunal de grande instance de Niort ha emesso la propria sentenza, respingendo le eccezioni processuali sollevate dalla madre, ritenendo che la causa pendente dinanzi ai giudici irlandesi non riguardasse il merito del diritto di affidamento e che non vi fosse il rischio di conflitto di competenza tra i tribunali poiché i giudici irlandesi «non appaiono competenti a decidere sull’eventuale ritorno di una minore la cui residenza abituale, che costituisce il merito della controversia, è stata fissata in Francia con una decisione assai recente in sede di appello». Il suddetto giudice ha quindi ordinato il ritorno della minore al domicilio del padre in Francia, ha attribuito a quest’ultimo la potestà genitoriale esclusiva e ha vietato il trasferimento della minore dal territorio francese senza il consenso del medesimo. Da allora, la minore non è più rientrata in Francia.

32.

Il 13 agosto 2013 la High Court of Ireland ha respinto la richiesta di un’ordinanza ai sensi dell’articolo 12 della Convenzione dell’Aia del 1980 diretta a ottenere il ritorno della minore in Francia, e ha rigettato la richiesta di emissione di una dichiarazione attestante che la madre aveva illecitamente trattenuto la minore in Irlanda (articolo 3 della Convenzione dell’Aia del 1980) ( 8 ). Il giudice ha infatti dichiarato che era stato dimostrato che la residenza abituale della minore era in Irlanda approssimativamente da luglio 2012, quando la minore e la madre si erano trasferite in Irlanda. Il giudice ha ritenuto che tale trasferimento fosse lecito, in quanto fondato sulla decisione del giudice per le questioni familiari del Tribunal de grande instance d’Angoulême del 2 aprile 2012.

33.

Il 10 ottobre 2013 il padre ha impugnato la decisione della High Court. Dinanzi alla Supreme Court, ha sostenuto che un trasferimento lecito può trasformarsi in mancato ritorno illecito, che i giudici irlandesi sono tenuti ad attenersi alle decisioni delle autorità giurisdizionali francesi che erano state preventivamente adite e cui era affidata la minore e che, con la decisione del 10 luglio 2013, il giudice per le questioni familiari del Tribunal de grande instance de Niort aveva riaffermato, in particolare, di essere l’unica autorità competente ai sensi del regolamento n. 2201/2003, e che la residenza abituale della minore era in Francia.

34.

La madre, in particolare, asserisce che, in conseguenza della decisione del Tribunal de grande instance d’Angoulême del 2 aprile 2012, aveva il diritto di stabilire la residenza abituale della figlia senza il consenso del padre, e che tale residenza era cambiata dopo il trasferimento in Irlanda, cosicché la figlia risiedeva abitualmente in Irlanda da prima di marzo 2013 e il suo mancato rientro dall’Irlanda non era illecito.

35.

Nel contesto della questione relativa alla procedura di ritorno su cui era tenuta a pronunciarsi, la Supreme Court ha sottoposto alla Corte tre questioni sull’interpretazione del regolamento n. 2201/2013 (v. paragrafo 39 infra).

36.

Il 18 dicembre 2013, il padre si è rivolto al «Master» della High Court of Ireland, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 2201/2013, per ottenere l’esecuzione dell’ordinanza del 5 marzo 2013 della Cour d’appel de Bordeaux. La domanda è stata accolta e l’ordinanza è stata notificata alla madre il 20 dicembre 2013.

37.

A sua volta, la madre ha richiesto la sospensione del procedimento esecutivo. La domanda è stata presentata il 9 maggio 2014 dinanzi alla High Court irlandese, e l’esito del procedimento è al momento ignoto.

38.

Il 7 gennaio 2014 la madre ha presentato un ricorso (pourvoi en cassation) dinanzi alla Cour de cassation francese contro la decisione della Cour d’appel de Bordeaux del 5 marzo 2013. È stata fissata un’udienza il 25 giugno 2014, ma anche in questo caso non è ancora noto l’esito del procedimento.

IV – Questioni sottoposte alla Corte

39.

Con ordinanza del 31 luglio 2014, pervenuta alla Corte il 7 agosto 2014, la Supreme Court ha sottoposto le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’esistenza in Francia di un procedimento relativo all’affidamento della minore osti, nelle circostanze del caso di specie, a che la residenza abituale della minore venga stabilita in Irlanda.

2)

Se il padre sia rimasto titolare del diritto di affidamento della minore o se i giudici francesi restino competenti quanto all’affidamento della medesima, con conseguente illiceità del mancato ritorno della minore dall’Irlanda.

3)

Se i giudici irlandesi siano legittimati ad esaminare la questione relativa alla residenza abituale della minore, considerato il fatto che quest’ultima ha risieduto in Irlanda a partire dal luglio 2012, data alla quale il suo trasferimento verso l’Irlanda non violava il diritto francese».

V – Procedimento d’urgenza

40.

Con la stessa ordinanza del 31 luglio 2014, il giudice remittente chiede per il presente rinvio pregiudiziale un procedimento d’urgenza ai sensi dell’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. A giustificazione della sua richiesta fa valere che, ai termini del considerando 17 del regolamento n. 2201/2003, in caso di trasferimento o mancato rientro illeciti di un minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno.

41.

La Terza Sezione della Corte ha deciso, il 14 agosto 2014, su proposta del giudice relatore e sentito l’avvocato generale, di accogliere la domanda del giudice del rinvio di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento d’urgenza. Il ricorrente e la resistente nel procedimento principale nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Le stesse parti, insieme alla Repubblica francese, hanno partecipato all’udienza del 22 settembre 2014.

VI – Valutazione

A – Osservazioni preliminari

42.

Nella sua ordinanza di rinvio, il giudice fa riferimento a molteplici disposizioni del regolamento n. 2201/2003. In particolare, chiede un’interpretazione degli articoli 2, 12, 19 e 24 del regolamento n. 2201/2003 e sembra, inoltre, fondare il proprio ragionamento sugli articoli 8, 9, 10, 13, 16, 17 e 23 del regolamento medesimo. Inoltre, dall’ordinanza di rinvio sembra che il giudice remittente presupponga che si applichi l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 2201/2003 in materia di litispendenza.

43.

In tale contesto, prima di proporre le risposte alle tre questioni pregiudiziali andrebbero chiariti alcuni aspetti.

1. Ricevibilità delle questioni

44.

Innanzitutto va rilevato che il giudice del rinvio è adito nel contesto di una domanda diretta a ottenere il ritorno del minore in base alla Convenzione dell’Aia del 1980, menzionata nell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003.

45.

È necessario un breve chiarimento del rapporto giuridico tra la Convenzione dell’Aia del 1980 e l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, un rapporto che dovrebbe essere esaminato sotto una prospettiva storica.

46.

Inizialmente, sia la Convenzione Bruxelles II ( 9 ) sia il regolamento Bruxelles II ( 10 ), precursore del regolamento n. 2201/2003, tentarono di mantenere separate la Convenzione dell’Aia del 1980 e le norme comunitarie sulla competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Di conseguenza, l’articolo 4 del regolamento Bruxelles II conteneva semplicemente un riferimento alla Convenzione dell’Aia del 1980 ( 11 ). Oltre a questo riferimento, non vi era alcun’altra interazione con la Convenzione dell’Aia del 1980. Nel procedimento legislativo che condusse all’adozione del regolamento n. 2201/2003, in una bozza del capo III la Commissione propose inizialmente un sistema intracomunitario di procedura di rientro ( 12 ). Sebbene tale sistema non intendesse sostituire interamente la Convenzione dell’Aia del 1980 ( 13 ), esso avrebbe essenzialmente «comunitarizzato» la procedura di rimpatrio. La proposta non fu accolta e, invece, si optò per un compromesso: la procedura di rientro continua a fondarsi sulla Convenzione dell’Aia del 1980, ma essa è tuttavia integrata dall’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 ( 14 ).

47.

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, quando una persona titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla Convenzione dell’Aia del 1980 per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

48.

Dalla formulazione dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 si evince subito come tale norma non stabilisca direttamente quale autorità giurisdizionale sia competente a esaminare la questione del ritorno del minore ( 15 ). Al contrario, l’articolo fa riferimento alle «autorità competenti ( 16 ) in uno Stato membro [alle quali la domanda dovrà essere presentata] affinché emanino un provvedimento sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980». L’articolo 11, paragrafo 1, pertanto, non costituisce di per sé un fondamento normativo per emettere un provvedimento di ritorno ( 17 ). Tale fondamento deriva da altre disposizioni del diritto nazionale o internazionale.

49.

Ne consegue che deve essere adottata una procedura ai sensi della Convenzione dell’Aia del 1980 affinché si applichi l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003. Questa procedura è essenzialmente stabilita dagli articoli 12 e 13, in combinato disposto con l’articolo 3, della Convenzione dell’Aia del 1980. Sostanzialmente, il giudice nazionale deve accertarsi se il minore sia stato illecitamente trasferito dalla sua residenza abituale o illecitamente trattenuto.

50.

L’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 integra dunque ( 18 ) la procedura di rientro della Convenzione dell’Aia del 1980 nel modo seguente: i paragrafi 2 e 5 richiedono che il minore venga ascoltato durante il procedimento, il paragrafo 3 impone alle autorità giurisdizionali adite di procedere alla rapida trattazione della domanda e il paragrafo 4 sottolinea che, qualora siano state adottate misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno, tale ritorno non può essere negato sulla base all’articolo 13, lettera b), della Convenzione dell’Aia del 1980. Tuttavia, la funzione principale dell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 va ricercata nei paragrafi 6 e segg. Qualora un’autorità giurisdizionale emetta un provvedimento ostativo al ritorno di un minore ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione dell’Aia del 1980, le autorità giurisdizionali dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno hanno l’ultima parola in merito al ritorno del minore ( 19 ). La spiegazione di tale potenziamento della procedura della Convenzione dell’Aia del 1980 va ricercata sostanzialmente in un più elevato grado di cooperazione e di fiducia tra gli Stati membri dell’Unione europea ( 20 ).

51.

Naturalmente, laddove l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 si sovrappone alla Convenzione dell’Aia del 1980, l’articolo 11 prevale ( 21 ), mentre la Convenzione continua ad avere effetto in relazione a questioni non disciplinate dal regolamento ( 22 ).

52.

Il fatto che sia essenzialmente la Convenzione dell’Aia del 1980 a stabilire il procedimento nella presente causa fa sorgere la domanda se le questioni sottoposte alla Corte siano ricevibili; in altre parole, se la Corte sia competente in materia di interpretazione della Convenzione dell’Aia del 1980, come menzionata nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 ( 23 ).

53.

In tale contesto, andrebbe rilevato che, mentre l’Unione è un membro della Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato ( 24 ), ma non parte contraente della Convenzione dell’Aia del 1980, tutti gli Stati membri dell’Unione sono parti della suddetta Convenzione ( 25 ).

54.

In molteplici casi, il regolamento n. 2201/2003 contiene formulazioni simili a quelle contenute nella Convenzione. Nella fattispecie, in particolare quanto detto è vero per ciò che concerne le definizioni giuridiche contenute nell’articolo 2 del regolamento n. 2201/2003, da un lato, e per i termini utilizzati negli articoli 3 e 12 della Convenzione dell’Aia del 1980, dall’altro. Inoltre, l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, facendo riferimento alla Convenzione dell’Aia, riproduce parte della sua terminologia.

55.

In simili circostanze, un’interpretazione della Corte, anche nel contesto della Convenzione dell’Aia del 1980, sarebbe certamente di aiuto al fine di assicurare un’applicazione parallela e coerente con il regolamento, di assicurare un’applicazione uniforme del regolamento n. 2201/2003 e di contribuire a una coerente interpretazione della Convenzione dell’Aia del 1980 per quanto riguarda i 28 Stati membri dell’Unione ( 26 ).

56.

La Corte tende ad assumere un approccio liberale quando si tratta di interpretare la procedura di rientro ai sensi della Convenzione dell’Aia del 1980 e dell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003. Nella causa McB. ( 27 ), nella quale il diritto irlandese esigeva che un giudice nazionale interpretasse la Convenzione dell’Aia del 1980 allo stesso modo del regolamento n. 2201/2003, la Corte ha ritenuto ricevibile una questione relativa alla Convenzione dell’Aia del 1980 ( 28 ). Nella medesima sentenza, la Corte ha dichiarato inoltre che, dal momento che le sottrazioni di minori da uno Stato membro all’altro erano regolamentate ormai da un insieme di regole costituito dalle disposizioni della Convenzione dell’Aia del 1980, come completate da quelle del regolamento n. 2201/2003, fermo restando che, nell’ambito di applicazione del regolamento, il primato spetta a quest’ultimo, l’interpretazione richiesta dal giudice del rinvio non appariva priva di pertinenza rispetto alla decisione che quest’ultimo era chiamato a prendere ( 29 ).

57.

In conclusione, mi sembra che esistano motivazioni valide per rispondere alle questioni sollevate, al fine di guidare il giudice del rinvio nella sua decisione relativamente alla domanda di ritorno della minore.

2. Insussistenza della litispendenza

58.

Nell’ambito dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 2201/2003, sussiste litispendenza nel caso in cui procedimenti concernenti la responsabilità genitoriale sullo stesso minore e relativi allo stesso oggetto di controversia vengano proposti dinanzi alle autorità giurisdizionali di Stati membri differenti. Tale disposizione ha la funzione di prevenire decisioni che si contraddicono ( 30 ).

59.

Ciò non si verifica nel caso di specie. Tutti i procedimenti dinanzi ai giudici francesi hanno per oggetto la questione della responsabilità genitoriale e, più precisamente, la determinazione del diritto di affidamento e di visita della minore. Di contro, non vi è alcun procedimento dinanzi ai giudici irlandesi che riguardi la responsabilità genitoriale. Vi sono due serie di procedimenti dinanzi ai giudici irlandesi: in primo luogo, il procedimento della presente causa, nella quale il padre adisce le autorità giurisdizionali irlandesi richiedendo il ritorno in Francia della minore ( 31 ), ai sensi dell’articolo 12 della Convenzione dell’Aia del 1980, in combinato disposto con l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003; in secondo luogo, un procedimento diretto all’esecuzione della sentenza della Cour d’appel de Bordeaux del 5 marzo 2013, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 2201/2003.

60.

Dal momento che il procedimento in Irlanda relativo alla presente causa verte su un oggetto diverso da quello del procedimento in Francia, non vi è litispendenza. È pertanto irrilevante stabilire se i giudici francesi siano ancora «competenti in materia» ( 32 ).

3. Nessuna incompetenza da dichiarare

61.

Risulta inoltre dall’ordinanza di rinvio pregiudiziale come il giudice del rinvio chieda alla Corte di stabilire se sia «necessario che i giudici irlandesi dichiarino la propria incompetenza ( 33 ) in favore delle autorità giurisdizionali francesi ai sensi del regolamento n. 2201/2003». In un simile contesto, il giudice del rinvio afferma inoltre che «il giudice irlandese dovrà, ai sensi del regolamento e fatte salve circostanze eccezionali, dichiarare la propria incompetenza in favore dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita, che resta competente (articolo 19, paragrafo 3, del regolamento)».

62.

Dal momento che, come è stato precedentemente spiegato, nel presente caso l’autorità giurisdizionale irlandese non è stata adita al fine di deliberare sul merito della responsabilità genitoriale, bensì esclusivamente in relazione a una domanda diretta a ottenere il ritorno della minore, non si pone la questione della dichiarazione di incompetenza. Soltanto una volta stabilito che la minore non dovrà ritornare in Francia ai sensi della Convenzione dell’Aia e dell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, potrà essere presa una decisione nel merito ( 34 ).

4. Disposizioni prive di rilevanza per il presente procedimento

63.

Dalle precedenti considerazioni emerge che, in realtà, ciò che il giudice del rinvio deve sapere è come applicare la Convenzione dell’Aia del 1980 e l’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 quando attinge dalle definizioni giuridiche dall’articolo 2 del regolamento n. 2201/2003. Il giudice del rinvio non ha bisogno di applicare alla causa in questione, né pertanto di interpretare, gli articoli 8, 9, 10, 12, 23 e 24 del regolamento n. 2201/2003, come cercherò di descrivere brevemente nei paragrafi seguenti.

64.

L’articolo 8 è la norma generale sulla competenza in materia di responsabilità genitoriale. Esso stabilisce che i giudici di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi. Tenuto conto che la causa in oggetto non riguarda la responsabilità genitoriale, l’articolo 8 può essere del tutto escluso.

65.

In deroga all’articolo 8, l’articolo 9 prevede che, in caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro della precedente residenza del minore permanga per un periodo di tre mesi dal trasferimento, al fine di modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore. Il diritto di visita viene definito nell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento n. 2201/2003 come comprensivo, in particolare, del diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo.

66.

Chiaramente, la causa in questione non riguarda il diritto di visita, ma qualcosa del tutto diverso ( 35 ): il padre non cerca né di condurre la minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale ( 36 ), né di farlo per un periodo di tempo limitato. Il padre desidera ottenere l’affidamento della minore a tempo indeterminato attraverso un’ordinanza diretta a ottenere il ritorno della minore ai sensi della Convenzione dell’Aia del 1980.

67.

Allo stesso modo, l’articolo 10 del regolamento n. 2201/2003 non può applicarsi alla causa in questione. In virtù di detta disposizione, in caso di trasferimento o mancato ritorno illeciti del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza abituale in un altro Stato membro, qualora venga rispettato un certo numero di condizioni. Ribadisco che la presente disposizione si occupa della responsabilità genitoriale e non, come in questo caso, del provvedimento atto a disporre il ritorno del minore.

68.

La medesima motivazione si pone alla base dell’inapplicabilità dell’articolo 12 sulla proroga di competenza giurisdizionale relativa alla causa in questione ( 37 ).

69.

Gli articoli 23 ( 38 ) e 24 ( 39 ) del regolamento n. 2201/2003 non sono di alcun interesse per la presente causa, in quanto si riferiscono al riconoscimento delle decisioni, che non è oggetto della questione.

B – Sulla prima questione

70.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede essenzialmente un’interpretazione dei termini «residenza abituale», di cui all’articolo 3 della Convenzione dell’Aia del 1980 e all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003. Sembra che nutra dubbi sulla possibilità che il minore acquisisca una residenza abituale al di fuori della Francia, considerato il procedimento sul diritto di affidamento pendente in Francia.

71.

Al fine di decidere sulla domanda diretta a ottenere il ritorno del minore sulla base della Convenzione dell’Aia del 1980, come menzionata nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, risulta rilevante soltanto la residenza abituale del minore immediatamente prima dell’asserito mancato ritorno o illecito trasferimento ( 40 ).

72.

Nel contesto di specie, andrebbe sottolineato che, contrariamente agli articoli 8, 9, 10 e 12, ai fini dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 il concetto di residenza abituale non costituisce un criterio di collegamento per la determinazione di competenza, dal momento che, come spiegato in precedenza, scopo dell’articolo non è attribuire la competenza giurisdizionale, ma attivare la procedura di rientro.

73.

Detto questo, la giurisprudenza della Corte relativa alla residenza abituale con riferimento agli articoli 8 e 10 del regolamento n. 2201/2003 può fungere da guida per il caso in questione. Potrei qui sintetizzare, dal momento che il giudice del rinvio sembra conoscere bene la giurisprudenza della Corte di giustizia pertinente, e sviluppare il concetto di residenza abituale facendo riferimento alle due cause A ( 41 ) e Mercredi ( 42 ).

74.

Nel regolamento n. 2201/2003 non vi è alcuna definizione di residenza abituale. Dall’utilizzazione dell’aggettivo «abituale» si può semplicemente dedurre che la residenza deve avere una certa stabilità o regolarità ( 43 ). Come rilevato dalla Corte ( 44 ), il concetto di residenza abituale si associa all’interesse del minore e, in particolare, al criterio di vicinanza ( 45 ).

75.

Nel determinare la residenza abituale, la Corte fa ricorso a elementi di fatto.

76.

Per giurisprudenza consolidata, la nozione di «residenza abituale» corrisponde al luogo che denota un certo grado di integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare. A tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore in detto Stato ( 46 ). Inoltre, la residenza abituale deve avere una certa durata che rispecchi un adeguato grado di permanenza ( 47 ). Bisogna tenere in considerazione l’età del minore nonché il fatto che, come regola generale, l’ambiente in cui vive un bambino è essenzialmente un contesto familiare, determinato dalla persona o dalle persone di riferimento con le quali il minore vive, da cui è effettivamente accudito e che si prendono cura di lui ( 48 ).

77.

Fondamentalmente, è compito del giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore tenendo conto di tutte le circostanze di fatto specifiche di ciascuna fattispecie ( 49 ).

78.

Dalla giurisprudenza citata si deduce, quindi, che la residenza abituale va intesa come un concetto di fatto. Una simile interpretazione è supportata dalla Relazione esplicativa alla Convenzione dell’Aia del 1980, che è chiarissima al riguardo. Nella suddetta Relazione, «la nozione di residenza abituale [è] un concetto consolidato all’interno della Conferenza dell’Aia che la considera una questione di puro fatto e, per questo, distinta dal domicilio» ( 50 ).

79.

Inoltre, anche le opere della dottrina sulla Convenzione dell’Aia del 1980 guardano alla residenza abituale come ad un concetto di fatto ( 51 ). Lo stesso vale per la dottrina sul regolamento n. 2201/2003 e i suoi precursori ( 52 ), o per il diritto privato internazionale in genere ( 53 ). Di fondamentale importanza è dove di fatto si svolge la vita del minore ( 54 ).

80.

Posto che la residenza abituale è un concetto di fatto, ne consegue che è indipendente dalla questione se essa sia stabilita in modo lecito. Se così non fosse, l’articolo 10 del regolamento n. 2201/2203 verrebbe privato del suo scopo, in quanto tale disposizione consente l’acquisizione della residenza abituale a prescindere dall’illiceità del trasferimento. In altre parole, l’acquisizione della residenza abituale non ha nulla a che vedere con la liceità dello spostamento. In teoria, la residenza abituale può essere acquisita in conseguenza di un trasferimento illecito.

81.

Va inoltre chiarito che, sebbene il giudice per le questioni familiari del Tribunal de grande instance d’Angoulême abbia utilizzato i termini «residenza abituale» della minore al fine di decidere che la minore stesse presso il domicilio della madre, ciò non ha alcun rapporto con la questione se di fatto la minore abbia acquisito la residenza abituale in Irlanda ai sensi delle disposizioni della Convenzione dell’Aia del 1980 e del regolamento n. 2201/2003.

82.

Il giudice del rinvio, nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale, sembra propendere per un’interpretazione che faccia dipendere la residenza abituale dall’assenza di procedimenti giudiziari, nel senso che il procedimento in corso in Francia relativamente al diritto di affidamento osta a che la residenza abituale della minore venga trasferita dalla Francia in Irlanda ( 55 ).

83.

A mio avviso, non vi è ragione di non conformarsi alla qualificazione largamente maggioritaria di residenza abituale quale concetto di fatto. Non è necessario sovrapporre a tale nozione costrutti giuridici. La certezza del diritto richiede una nozione di facile applicazione. Se si ammettesse che la residenza abituale di un minore non può essere trasferita a causa del sussistere di un procedimento pendente, ciò comporterebbe, in pratica, che l’acquisizione della residenza abituale sarebbe ostacolata per un periodo di tempo imprecisato. Ciò significherebbe, inoltre, che, in cause come questa, la mera esistenza di un ricorso avrebbe un valore preponderante rispetto a tutti gli altri elementi di fatto cui si è fatto riferimento in precedenza. Non può essere stata questa l’intenzione dei redattori della Convenzione dell’Aia del 1980 o del legislatore del regolamento n. 2201/2003.

84.

Si dovrebbe pertanto persistere nell’interpretazione della residenza abituale come un concetto di fatto. Un giudice (nazionale) dovrebbe essere in grado di stabilire tempestivamente la residenza abituale del minore, sulla scorta degli elementi di fatto presentati. Sulla base dei suddetti criteri, ciò dovrebbe essere fattibile. Non si può richiedere a un giudice nazionale di indagare nei dettagli sullo sviluppo della controversia tra le due parti in un altro Stato, semplicemente per stabilire la residenza abituale del minore.

85.

Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione che, in una fattispecie quale quella oggetto del procedimento principale, nella quale un minore sia stato trasferito da uno Stato membro a un altro insieme al genitore che, in quel momento, era titolare del diritto di affidamento sul minore ed era autorizzato da un tribunale dello Stato membro d’origine a trasferirsi nell’altro Stato membro, il minore può, in linea di principio, acquisire la residenza abituale nell’altro Stato membro. Il fatto che il procedimento relativo all’affidamento del minore sia ancora pendente nello Stato membro d’origine non altera tale conclusione, in quanto la residenza abituale è un concetto di fatto e non dipende dall’esistenza di procedimenti giudiziari.

C – Sulla seconda questione

86.

Con la seconda questione, il giudice del rinvio vorrebbe sapere se il padre sia rimasto titolare del diritto di affidamento della minore o se i giudici francesi restino competenti quanto all’affidamento della medesima ( 56 ), con conseguente illiceità del mancato ritorno della minore dall’Irlanda. Ciò significa, in sostanza, che il giudice del rinvio necessita di un’interpretazione della Convenzione dell’Aia come citata nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, affinché possa stabilire se la presenza della minore in Irlanda costituisca un mancato ritorno illecito commesso dalla madre.

87.

È importante ricordare che la madre è partita per l’Irlanda il 12 luglio 2012 e lì è rimasta. Questo trasferimento era fondato sulla sentenza del Tribunal de grande instance d’Angoulême del 2 aprile 2012. In data 5 marzo 2013, la Cour d’appel de Bordeaux ha ordinato che la minore fosse ricondotta in Francia.

88.

Il trasferimento del 12 luglio 2012 era lecito. In quel momento, la madre non stava violando alcun diritto di affidamento ( 57 ).

89.

Il giudice del rinvio allude alla possibilità di un mancato ritorno illecito «a seguito della prima violazione dei provvedimenti sul diritto di visita stabiliti dal giudice per le questioni familiari del Tribunal de grande instance d’Angoulême, il 2 giugno 2012» ( 58 ). Ciò si basa sull’assunto «che gli stessi giudici francesi affermano che continuavano ad avere la competenza sulla “responsabilità genitoriale” nei confronti della minore nonostante la presenza di quest’ultima in Irlanda» ( 59 ).

90.

Non si può sostenere una simile argomentazione.

91.

Sia la Convenzione dell’Aia del 1980 sia il regolamento n. 2201/2003 fanno riferimento ad una violazione del diritto di affidamento e non del diritto di visita. Per quanto concerne la Convenzione dell’Aia del 1980, tale formulazione riflette chiaramente l’intenzione dei suoi redattori ( 60 ).

92.

È pertanto inconcepibile affermare che la madre abbia illecitamente trasferito o trattenuto la minore il 12 luglio 2012 o nei mesi immediatamente successivi ( 61 ).

93.

Ma cosa si può dire del periodo successivo al 5 marzo 2013?

94.

A tal proposito il padre sostiene che la minore sia stata trattenuta illecitamente in Irlanda a partire dalla decisione della cour d’appel de Bordeaux ( 62 ). In altre parole, la domanda è se nel caso di specie un trasferimento lecito si sia trasformato in un mancato ritorno illecito.

95.

Nutro qualche dubbio sul fatto che le parti contraenti della Convenzione dell’Aia del 1980 volessero inserire tale situazione nell’ambito del mancato ritorno illecito. Secondo la Relazione esplicativa alla Convenzione dell’Aia del 1980, le situazioni previste dalla presente Convenzione sono quelle derivanti dall’utilizzo della forza per instaurare legami giurisdizionali artificiali a livello internazionale, nell’ottica di ottenere l’affidamento del minore ( 63 ). Secondo la Relazione esplicativa, ciò che conta è che il minore viene sottratto alla sua famiglia e al contesto sociale in cui è vissuto ( 64 ). Una simile situazione non è riscontrabile in questo contesto. Quando fu emessa la sentenza della Cour d’appel de Bordeaux, la minore si trovava già in Irlanda da oltre sette mesi. In quel momento non è stata, quindi, sottratta improvvisamente alla sua famiglia e al contesto sociale.

96.

Non vedo come, secondo le circostanze della presente causa, un trasferimento lecito possa essersi trasformato in un mancato ritorno illecito ( 65 ).

97.

La motivazione su questo punto è molto in linea con la motivazione relativa alla questione sulla residenza abituale di cui sopra.

98.

Una simile conclusione è, a mio avviso, in linea con la ratio della Convenzione dell’Aia del 1980 e del regolamento n. 2201/2003. Stiamo solo esaminando se siano stati rispettati i criteri per una decisione diretta a ottenere il ritorno del minore in conformità con la Convenzione dell’Aia del 1980, come citata nell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003.

99.

La presente questione differisce da quella concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese dai giudici francesi in merito al diritto di affidamento. A tale riguardo, il regolamento prevede una procedura di riconoscimento e di esecuzione ai sensi del capo III del regolamento.

100.

Ne consegue che la risposta alla seconda questione dovrebbe essere che, in una causa come quella oggetto del procedimento principale, nella quale un minore sia trasferito da uno Stato membro a un altro insieme al genitore che, in quel momento, era titolare del diritto di affidamento sul minore ed era autorizzato da un tribunale dello Stato membro d’origine a trasferirsi nell’altro Stato membro, la modifica del diritto di affidamento attraverso un giudizio di appello nello Stato membro d’origine non comporta l’illiceità del mancato ritorno.

D – Sulla terza questione

101.

Con la terza questione, il giudice del rinvio desidera sapere se sia autorizzato a esaminare la questione relativa alla residenza abituale.

102.

La risposta a questa domanda è affermativa.

103.

Desidererei ribadire e sottolineare, tuttavia, che è compito dei giudici irlandesi stabilire la residenza abituale della minore soltanto ai fini della Convenzione dell’Aia del 1980, come citata nell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, vale a dire semplicemente per chiarire se si sia verificato un mancato ritorno illecito.

104.

La questione della competenza giurisdizionale in materia di affidamento è di diversa natura e va determinata sulla base degli articoli 8, 10 e 12 del regolamento n. 2201/2003, che non sono in discussione nel presente procedimento.

105.

Propongo, pertanto, come risposta alla terza questione che l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro dinanzi alla quale viene presentata una domanda di ritorno di un minore in base alla Convenzione dell’Aia del 1980, come citata nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, è competente a esaminare la questione della residenza abituale del minore immediatamente prima del presunto illecito trasferimento o mancato ritorno.

VII – Conclusione

106.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dalla Supreme Court (Irlanda) come segue:

1)

Ai fini di una pronuncia su una domanda di ritorno di un minore ai sensi della Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, come citata nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, in una fattispecie quale quella oggetto del procedimento principale, nella quale un minore sia stato trasferito da uno Stato membro a un altro insieme al genitore che, in quel momento, era titolare del diritto di affidamento sul minore ed era autorizzato da un tribunale dello Stato membro d’origine a trasferirsi nell’altro Stato membro, il minore può, in linea di principio, acquisire la residenza abituale nell’altro Stato membro. Il fatto che il procedimento relativo all’affidamento del minore sia ancora pendente nello Stato membro d’origine non altera tale conclusione, in quanto la residenza abituale è un concetto di fatto e non dipende dall’esistenza di procedimenti giudiziari.

2)

Ai fini di una pronuncia su una domanda di ritorno ai sensi della Convenzione dell’Aia, come citata nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, in una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, nella quale un minore sia trasferito da uno Stato membro a un altro insieme al genitore che, in quel momento, era titolare del diritto di affidamento sul minore ed era autorizzato da un tribunale dello Stato membro d’origine a trasferirsi nell’altro Stato membro, la modifica del diritto di affidamento attraverso un giudizio di appello nello Stato membro d’origine non comporta l’illiceità del mancato ritorno.

3)

L’autorità giurisdizionale di uno Stato membro dinanzi alla quale viene presentata una domanda di ritorno di un minore in base alla Convenzione dell’Aia, come citata nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, è competente a esaminare la questione relativa alla residenza abituale del minore immediatamente prima del presunto illecito trasferimento o mancato ritorno.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione di decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1).

( 3 ) Disponibile all’indirizzo: http://www.hcch.net/upload/conventions/txt28en.pdf.

( 4 ) Disponibile all’indirizzo: http://www.irishstatutebook.ie/1991/en/act/pub/0006.

( 5 ) Disponibile all’indirizzo: http://www.irishstatutebook.ie/2005/en/si/0112.html.

( 6 ) Il procedimento giurisdizionale svoltosi anteriormente alla pronuncia del divorzio non verrà riportato nel presente atto, in quanto non ha rilevanza per il procedimento in esame.

( 7 ) Le relative parti della sentenza così recitano: «Fissa la residenza abituale della minore presso il domicilio della madre a partire dal 7 luglio 2012».

( 8 ) La domanda di pronuncia pregiudiziale afferma che la High Court of Ireland si è pronunciata sia sull’istanza per ottenere il ritorno della minore, sia sull’istanza per l’emissione di una (cosiddetta) «dichiarazione» di mancato ritorno illecito. Considererei singolare che tale istanza per l’emissione di una «dichiarazione» fosse diretta, come sembra ritenere il giudice del rinvio, a ottenere «una decisione o attestato (…) comprovante che il trasferimento o il mancato rientro era illecito ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione» di cui all’articolo 15 della Convenzione dell’Aia del 1980. Un’ordinanza di ritorno, a tenore dell’articolo 12 della Convenzione dell’Aia del 1980, e una «decisione o un attestato (…) comprovante che il trasferimento o il mancato rientro era illecito ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione» di cui all’articolo 15 della Convenzione dell’Aia del 1980, sono due questioni completamente diverse. Nella mia interpretazione della Convenzione dell’Aia del 1980, non è possibile presentare le due istanze dinanzi allo stesso giudice. Infatti, «una decisione o attestato comprovante che il trasferimento o il mancato rientro era illecito ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione» deve essere ottenuta da una autorità giurisdizionale che non è stata adita per ottenere un’ordinanza di ritorno ai sensi dell’articolo 12 della Convenzione dell’Aia del 1980.

( 9 ) Si veda l’Atto del Consiglio del 28 maggio 1998 che stabilisce, sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, la Convenzione concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale (GU 1998, C 221, pag. 1). Tale Convenzione non è mai entrata in vigore, in quanto è stata sostituita dal regolamento «Bruxelles II», in seguito alla «comunitarizzazione» della cooperazione giudiziaria in materia civile attraverso il trasferimento del capitolo corrispondente dal precedente terzo pilastro al primo pilastro (parte III, titolo IV, del Trattato CE) con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam del 1o maggio 1999.

( 10 ) Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU L 160, pag. 19).

( 11 ) L’articolo era rubricato «Sottrazione di minori» e recita come segue: «I giudici competenti a norma dell’articolo 3 esercitano la propria competenza giurisdizionale in conformità con le disposizioni della Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, in particolare secondo quelle degli articoli 3 e 16».

( 12 ) Si veda la Proposta per un regolamento del Consiglio concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 e che modifica il regolamento (CE) n. 44/2001 nelle questioni relative al mantenimento [COM(2002) 222 definitivo, GU 2002, C 203E, pag. 155].

( 13 ) Si veda l’articolo 61, lettera e), della Proposta, op. cit.

( 14 ) Si veda nel dettaglio P. McEleavy, «The new child abduction regime in the European Union: symbiotic relationship or forced partnership?», 1 Journal of Private International Law, pagg. 5‑34, in particolare pagg. 8‑14.

( 15 ) Si veda, tra gli altri, J. Rieck, «Kindesentführung und die Konkurrenz zwischen dem HKÜ und der EheEuGVVO 2003 (Brüssel IIa)», Neue Juristische Wochenschrift, 2008, pagg. 182‑185, in particolare pag. 184.

( 16 ) Il corsivo è mio.

( 17 ) È stato accuratamente evidenziato da M. Frank, in: M. Gebauer, T. Wiedmann, Zivilrecht unter europäischem Einfluss, 2a edizione, Stoccarda e a., 2010, capitolo 29, paragrafo 42.

( 18 ) Si veda il considerando 17 del regolamento n. 2201/2003.

( 19 ) Viene definito come un «significativo riallineamento nella metodologia in materia di sottrazione di minore» da P.R. Beaumont, P.E. McEleavy, Private International Law, A.E. Anton 3a edizione, Edimbourg 2011, paragrafo 17.100, pag. 838.

( 20 ) Si veda T. Rauscher, «Parental Responsibility Cases under the new Council Regulation “Brussels IIA”», 5 The European Legal Forum, 2005, pagg. I‑37‑46, in particolare pag. 43.

( 21 ) Si veda l’articolo 60, lettera e), del regolamento n. 2201/2003.

( 22 ) Si veda l’articolo 62, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003.

( 23 ) Per un’analisi dettagliata della questione generale relativa alla competenza della Corte sull’interpretazione degli accordi internazionali, si vedano le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa TNT Express Nederland (C‑533/08, EU:C:2010:50, paragrafi 45 e segg.).

( 24 ) Si veda la decisione del Consiglio, del 5 ottobre 2006, sull’adesione della Comunità alla Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (2006/719/CE, GU L 297, pag. 1).

( 25 ) Si veda la tabella di stato della Convenzione dell’Aia del 1980, disponibile all’indirizzo: http://www.hcch.net/index_en.php?act=conventions.status&cid= 24.

( 26 ) Si tratta, in particolare, di una situazione nella quale è difficile stabilire quali parti dell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003 facciano mero riferimento alla Convenzione dell’Aia del 1980 e quali parti di fatto la integrino, sebbene sia possibile fare una simile distinzione, come ho cercato di dimostrare in precedenza.

( 27 ) McB.(C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582).

( 28 ) V. sentenza McB. (EU:C:2010:582, punto 35), in cui la Corte ha dichiarato quanto segue: «Nella fattispecie, il giudice del rinvio ritiene di aver bisogno di un’interpretazione del regolamento n. 2201/2003, segnatamente del suo articolo 2, punto 11, per decidere sulla domanda di emettere una decisione o un attestato comprovante che il trasferimento o il mancato ritorno dei minori di cui trattasi nella causa principale fosse illecito. Risulta, del resto, dalla normativa nazionale in vigore, ossia dall’art. 15 della legge del 1991 sulla sottrazione di minori e sull’esecuzione delle sentenze in materia di affidamento, come modificata dal regolamento in materia comunitaria del 2005 (decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale), che, in caso di trasferimento di un minore in un altro Stato membro, il giudice nazionale richiesto di emettere una tale decisione o un tale attestato conformemente all’art. 15 della Convenzione dell’Aia del 1980 valuterà la liceità del trasferimento proprio alla luce dell’art. 2 del regolamento n. 2201/2003».

( 29 ) V. sentenza McB. (EU:C:2010:582, punti 36 e 37).

( 30 ) V. sentenza Purrucker (C‑296/10, EU:C:2010:665, punto 67).

( 31 ) In merito alla «dichiarazione» di mancato ritorno, si vedano i miei commenti di cui alla nota 8 supra.

( 32 ) Tale espressione è utilizzata dal giudice del rinvio.

( 33 ) Il corsivo è mio.

( 34 ) È chiarito anche nell’articolo 16 della Convenzione dell’Aia del 1980.

( 35 ) Ritengo che il presente elemento sia stato trascurato dalla High Court nella sua sentenza del 13 agosto 2013, op. cit. Si vedano, in particolare, i punti 35 e 52 di tale sentenza, disponibile all’indirizzo http://www.bailii.org/ie/cases/IEHC/2013/H460.html.

( 36 ) Il padre dichiara che la residenza abituale è in Francia.

( 37 ) In ogni caso, una volta adita un’autorità giurisdizionale competente, il principio è che essa conserva la competenza giurisdizionale anche se il minore acquisisce residenza abituale in un altro Stato membro durante lo svolgimento del procedimento giudiziario. Esso è conosciuto con il nome di principio di perpetuatio fori. Si veda K. Weitz, «Jurysdykcja krajowa w sprawach małżeńskich oraz w sprawach dotyczących odpowiedzialności rodzicielskiej w prawie wspólnotowym», in: 16 Kwartalnik prawa prywatnego, 2007, pagg. 81-154, in particolare pag. 126, il quale descrive più accuratamente il suddetto principio come principio di perpetuatio iurisdictionis. In conseguenza di tale principio, un cambiamento della residenza abituale del minore durante un procedimento pendente non comporta pertanto di per sé un cambiamento di competenza. Si veda a questo proposito Commissione europea, Guida pratica all’applicazione del nuovo regolamento Bruxelles II, Bruxelles 2005, pag. 15, disponibile all’indirizzo: http://ec.europa.eu/civiljustice/publications/docs/guide_new_brussels_ii_en.pdf.

( 38 ) Motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale.

( 39 ) Divieto di riesame della competenza giurisdizionale dell’autorità giurisdizionale d’origine.

( 40 ) E non, come previsto nell’articolo 8 del regolamento n. 2201/2003, la residenza abituale del minore al momento del ricorso all’autorità giurisdizionale.

( 41 ) V. sentenza A (C‑523/07, EU:C:2009:225).

( 42 ) V. sentenza Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829).

( 43 ) V. sentenza Mercredi (EU:C:2010:829, punto 44).

( 44 ) V. sentenza Mercredi (EU:C:2010:829, punto 46).

( 45 ) V. considerando 12 del regolamento n. 2201/2003.

( 46 ) V. sentenza A (EU:C:2009:225, punto 44).

( 47 ) V. sentenza Mercredi (EU:C:2010:829, punto 51).

( 48 ) V. sentenza Mercredi (EU:C:2010:829, punto 54).

( 49 ) Sentenza Mercredi (EU:C:2010:829, punto 56). In questa sentenza la Corte pone, inoltre, l’enfasi sull’intenzione della persona titolare della responsabilità genitoriale di stabilirsi definitivamente con il minore in un altro Stato membro, resa evidente da alcune azioni tangibili, quali l’acquisto o la locazione di un alloggio, che costituiscono indizi del trasferimento della residenza abituale. Sebbene nella causa in esame l’intenzione della madre andrebbe certamente tenuta in giusta considerazione come elemento di fatto, bisognerebbe ciononostante sottolineare che tale enfasi posta dalla Corte sull’intenzione va analizzata alla luce dei fatti relativi alla causa Mercredi nella quale il soggiorno della madre in un altro Stato membro aveva avuto durata assai breve. Infatti, come fa rilevare R. Lamont in «Habitual residence and Brussels IIbis: developing concepts for European private international family law», 3 Journal of Private International Law, 2007, pagg. 261-281, in particolare pag. 263: «Il desiderio di fissare una residenza abituale dopo un brevissimo periodo di tempo sta a significare che le intenzioni dell’individuo di essere residente sono diventate rilevanti per stabilire se si tratta di residenti abituali».

( 50 ) Si veda la Relazione esplicativa di Elisa Pérez‑Vera, Madrid, Aprile 1981, paragrafo 66, disponibile all’indirizzo: http://www.hcch.net/upload/expl28.pdf.

( 51 ) P.R. Beaumont, P.E. McEleavy, op. cit., paragrafo 7.67, pag. 178: «Le relazioni di fatto si trovano alla base del criterio di collegamento e per questo si distinguono dal domicilio»; T. Rauscher, Internationales Privatrecht, 3a edizione, Heidelberg 2009, paragrafo 273, pag. 65.

( 52 ) Si veda, ad esempio, R. Lamont, op. cit., pag. 263, che descrive accuratamente il concetto come «semplice da applicare e flessibile, mutevole con il cambiare nel tempo delle circostanze individuali o familiari».

( 53 ) Si veda, ad esempio, G. Kegel, K. Schurig, Internationales Privatrecht, München 2004, pag. 471. Si veda anche Świerczyński, in: M. Pazdan (ed.), System prawa prywatnego. Prawo prywatne międzynarodowe, tom 20A, Warszawa 2014, paragrafo 113, pag. 233.

( 54 ) Il termine utilizzato nella dottrina giuridica tedesca di «Daseinsmittelpunkt» (centro dell’esistenza) (T. Rauscher, op. cit., paragrafo 274, pag. 65) o «Lebensmittelpunkt» (centro della vita) (B. Heß, Europäisches Zivilprozeßrecht, Heidelberg 2008, § 7, punto 55, pag. 408) fornisce una descrizione molto accurata della questione. Per un’analisi estensiva del «Lebensmittelpunkt» in quanto luogo dei legami sociali di una persona, si veda G. Kegel, «Was ist gewöhnlicher Aufenthalt?», Recht im Wandel seines sozialen und technischen Umfeldes – Festschrift für Manfred Rehbinder, München/Bern 2002, pagg. 699-706, in particolare pag. 701.

( 55 ) Si potrebbe aggiungere che la madre si è trasferita con la minore in Irlanda sapendo che era stato presentato un appello dinanzi alla Cour d’appel de Bordeaux. In precedenza è stato descritto come il padre abbia presentato ricorso il 23 aprile 2012, mentre la madre si sia trasferita in Irlanda il 12 luglio 2012.

( 56 ) Com’è stato chiarito dalla Repubblica francese in udienza, in Francia i giudici non possono conservare detti diritti.

( 57 ) Come mostrato sopra, tale circostanza è pacifica.

( 58 ) Si dovrebbe leggere «2 aprile 2012».

( 59 ) Il riferimento da parte del giudice remittente nella decisione di rinvio alla sentenza Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:255, punto 59) al fine di stabilire se i giudici francesi conservano la propria competenza sulla «responsabilità genitoriale» nei confronti della minore è irrilevante. In detta sentenza, la Corte non fa altro che riprodurre le definizioni giuridiche dell’articolo 2, paragrafi 7, 8 e 9, del regolamento n. 2201/2003.

( 60 ) Si veda la Relazione esplicativa di Elisa Pérez‑Vera, Madrid, Aprile 1981, paragrafo 65, disponibile all’indirizzo: http://www.hcch.net/upload/expl28.pdf: «Sebbene i problemi che possono derivare da una violazione del diritto di visita, specialmente nel caso in cui il minore venga condotto all’estero da chi ne ha la custodia, siano stati sollevati in occasione della Quattordicesima Seduta, il punto di vista espresso dalla maggioranza era che simili situazioni non potevano essere equiparate al trasferimento illecito che si cerca di prevenire».

( 61 ) Ciò sembra essere ammesso anche dal giudice del rinvio e non contestato dal padre.

( 62 ) Ricordo che il 5 marzo 2013 la Cour d’appel de Bordeaux ha ordinato l’esercizio congiunto della potestà genitoriale e ha fissato la residenza della minore presso il padre, prevedendo in favore della madre determinati diritti di visitarla e ospitarla. L’ordinanza di rinvio pregiudiziale afferma che il padre lamenta un mancato ritorno illecito a partire dalla suddetta data, mentre la «madre sosteneva con successo dinanzi alla High Court in Irlanda che, immediatamente prima del 5 marzo 2013, H aveva residenza abituale in Irlanda e, di conseguenza, i giudici francesi non avevano più competenza in materia». Desidererei sottolineare ancora una volta che la domanda se ci sia stato un mancato ritorno illecito esula dalla questione se i giudici francesi «abbiano competenza in materia». Come descritto a grandi linee in precedenza, ciò è irrilevante dato che i procedimenti in Francia e in Irlanda hanno differente oggetto.

( 63 ) Si veda la Relazione esplicativa, op. cit., paragrafo 11.

( 64 ) Ibid.

( 65 ) Ciò non significa che voglio stabilire una regola generale per la quale un trasferimento lecito non può mai trasformarsi in un mancato ritorno illecito. Si veda anche la Relazione esplicativa, op. cit., paragrafo 12.

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